Mi ritorna in mente 5 Ricordi di Natale Amici e Luigi Giuliani sul territorio del comune di Fiorano modenese “di allora”, della gente di prima, di ciò che è stato a cura di Luigi Giuliani, Luciano Callegari e Alberto Venturi

Mi ritornadi Luigi Giuliani e inNatale Amicimente 5

1918 FINISCE LA PRIMA GUERRA MONDIALE. Il monumento ai caduti di Fiorano Modenese, prima nel parco della Rimembranza al santuario, poi nel balcone del municipio e quindi nel monumento ai caduti. Ricordi di Natale Amici, Luciano Callegari, Luigi Giuliani e Alberto Venturi di “allora”, della gente Midi prima ritornae di ciò che è stato in sul tementerritorio comunale 5 di Fiorano

Fotografie: collezione Luciano Callegari, Luigi Giuliani, privati e Archivio Fotografico Comunale Coordinamento editoriale: Luigi Giuliani e Alberto Venturi ndice Si ringraziano: Francesco Tosi 6 Dalla “Villa” di Nirano alla 14 Ricerca anagrafica: Emilio Leonardi Chiesa di Spezzanodi Ricerca storica: Domenico Iacaruso. Vincenzo Leonardi e Alberto Venturi Luigi Giuliani Bozze: Alberto Venturi e Lara Mammi Morena Silingardi 7 Testimonianze: Nino Bellori, Gastone Borelli, Elda Caselli, Romano Caselli, Bruno Casolari, Enzo Chiletti, Casa Leonardi 62 Ildo Chiletti, Vincenzo Chiletti, Natale Costanzini, Bonfiglio Delmonte, Luciano Fantuzzi, Noato Giberti, di Luigi Giuliani Romano Gilli, Domenico Iacaruso, Maria Luisa Indulti, Natale Indulti, Vincenzo Leonardi, Gabriella Manelli, Ginevra Manfredini, Lidia Montermini, Luigi Montermini, Maria Orlandi, Ermanno Paganelli, I Ercole Leonardi 8 Dal Cerreto a Villa Magera di 78 Maria Palladini, Domenico Rampionesi, Ruggero Rampionesi, Vincenzo Teggi, Maria Antonietta Valenti, Spezzano Bruna Vivi, Onelio Zanelli di Luigi Giuliani Grafica e impaginazione: Silvia Pini - Fattore P Famiglia Pini 9 Stampa: Artestampa Fioranese Mario Amici: un giovane 134 Fiorano Modenese, dicembre 2018 ardimentoso pilota aviatore di In collaborazione con: Fiorano Silvia Pini 10 di Natale Amici El riv dal Cooch 144 di Natale Amici Luigi Giuliani 11 Una fornace con sirena 148 di Natale Amici Luciano Callegari 12 Cent’anni fa finiva la prima 158 guerra mondiale di Alberto Venturi

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4 5 Con questo Natale giungiamo al quinto volumetto spregiativo del proprio nome. Eppure l’asino ha Mi trovo per la Mi unisco ai ringraziamenti per tutti quelli che han- di Mi ritorna in mente. Chissà se ne usciranno al- caratteristiche esattamente opposte e quelle che quinta volta a no contribuito alla realizzazione di “Mi ritorna in tri. Gli argomenti ci sarebbero, in quanto restano una certa tradizione gli attribuisce. Oggi, col pro- scrivere qualche mente...”; non cito nessuno perché mi piace pensare ancora inediti alcuni racconti di Natale Amici che gresso della tecnica l’asino, almeno da noi, non pensiero sparso sia il risultato della collaborazione di tanti: chiedo ai sarebbe bene far conoscere. Inoltre ci sono anco- serve più e per poco non ha rischiato l’estinzione: in accompagna- lettori di riconoscere l’apporto dei singoli e sostenerli ra alcune piccole zone, comunque piene di storia, questa è la gratitudine che spesso l’uomo ha nei mento alla serie per il loro lavoro lodevolmente volontario. come ad esempio il Ruvinello, che richiederebbero confronti di chi ha terminato la propria funzione di “Mi ritorna in A me piacerebbe che la festosità dei cittadini che riti- interviste a chi ha memoria e conoscenza del loro di utilità, che viene velocemente dimenticata. Per mente...” perché rano la copia nell’incontro prenatalizio, si trasferisse passato. questo mi piace vedere in questo animale la meta- anche quest’anno nel vivere quotidiano. Non credo basti, per rendere Non posso non ringraziare Luigi Giuliani per l’im- fora di un aspetto della storia dell’uomo, della non l’amministrazione migliore la nostra comunità, avere una “curiosità a portante lavoro volontario svolto per recuperare te- riconoscenza che a volte si ha nei confronti del pas- di Fiorano Mo- tempo” su ciò che ci ha preceduto, lodare il buon stimonianze e conoscenze da ... mantenere in vita. sato e del debito che tutti noi abbiamo in qualche denese ha voluto senso che sembra appartenere solo al passato, con- Quante cose andrebbero perse se non ci fosse chi modo con le vicende e le persone del passato. Ma festeggiare il Na- solarci nel ricordo di relazioni più salde e solidali. le racconta e soprattutto chi le scrive. Un pensiero la riconoscenza può derivare solo dalla conoscen- tale valorizzando Secondo me, leggere e compiacerci di tutto ciò che affettuoso va anche a Natale Amici e alla Sua fami- za, e questo volumetto può contribuire ad essa. i ricordi di tanti. abbiamo superato e trasformato, non fosse altro per glia, che ringraziamo per averci messo a disposizio- Sono cinque ora i la tenacia e l’energia diffusa che ci ha permesso di ne i suoi scritti. Francesco Tosi volumi dedicati ai affrontare periodi oggettivamente duri, potrebbe Grazie a Luigi Callegari, a Silvia Pini e alla sua Sindaco luoghi del comune, alle storie di chi vi ha vissuto, alle funzionare da guida per il presente. famiglia, ad Alberto Venturi, alla Lapam Confarti- fotografie in bianco e nero di un passato che appare Cerchiamo di fare nostri quei comportamenti che gianato di Fiorano Modenese. lontanissimo, eppure sempre presente nello spazio ora lodiamo come impossibili da riproporre: la natu- Questa volta, ho chiesto di sostituire in questa pa- conquistato nella memoria di molti. Questa raccolta, ralezza dell’incontro, il valore dell’accoglienza, l’ap- gina la mia foto con quella di un asino. Chi mi co- ne sono certa, diventerà un archivio che di tanto in prezzamento per un risultato raggiunto, l’interesse nosce sa della mia particolare simpatia per questo tanto consulteremo per rinverdire un dettaglio, veri- per le vicende umane di una comunità coesa. Io cre- animale umile e intelligente, affettuoso e tenace, ca- ficare l’esatta ubicazione di un palazzo, confrontare do che molti di noi troverebbero grande giovamento pace di diventare amico dell’uomo e di affezionarsi un vissuto presente con un racconto del passato. nel metterli a frutto, senza relegarli a un passato che (e io ne ho avuto prova diretta). Un tempo, l’asino Ogni anno si è arricchito il racconto corale di una può continuare a essere rappresentato attraverso i ha consentito all’uomo di sopravvivere, con grande comunità, attingendo a una sorta di pozzo senza fon- valori espressi, non necessariamente vagheggiati solo “spirito di servizio” trasportando pazientemente e do della memoria. Le pagine, ma soprattutto le foto- a Natale. fedelmente fardelli dove nessun altro avrebbe po- grafie pubblicate in questi libri, sono le tessere di un tuto, impiegato nei lavori più umili ma necessari mosaico collettivo, testimonianza del tanto che ci ac- Morena Silingardi e ricavando in cambio (guarda un po’) l’uso di- comuna e di ciò che ci ha resi quello che siamo oggi. Assessore

6 7 frenetico dove il presente è già passato. sciamo a spiegare quanto sia fondato e si sia svi- Siamo alla soglia di una nuova era, caratterizzata luppato su una solida cultura costruita nei secoli; da internet e dalla nascente intelligenza artificiale. nel caso di Fiorano Modenese, nei millenni. I robot usciranno dalle fabbriche per entrare nello spazio dove viviamo: casa, ufficio, scuole ed ospe- dali e condizioneranno il nostro modo di agire. Le Buon Natale a tutti; che il 2019 sia portatore di nuove generazioni nate con queste tecnologie, ri- serenità personale, famigliare, professionale e che tengono che tutto possa risolversi virtualmente. queste pagine sappiano tenervi una piacevole Non possiamo dimenticare che il nostro status è sta- compagnia. to garantito dal lavoro e dalla tenacia della nostra gente; siano essi operai, amministratori, artigiani o Paride Pini imprenditori. Hanno saputo creare un distretto che Fotografo vanta un posto significativo nella vita economica del nostro paese. Molti artigiani ed imprenditori, proprio perché radicati nel territorio, pur con mille difficoltà non hanno delocalizzato le attività. Con il cambio generazionale, alcune realtà imprendito- Siamo alla quinta edizione. Lapam Confartigiana- riali, sono entrate nell’orbita della grande finanza, Siamo orgogliosi di avere partecipato alla realiz- to Imprese, che ha da sempre contribuito alla re- dei fondi di investimento, che hanno come primo zazione di questo libro, che restituisce ai Fiorane- alizzazione della strenna natalizia del Comune di obbiettivo il profitto. Io credo e mi auguro che non si una parte della loro storia e ai nuovi Fioranesi si possa sostituire quel bene prezioso che è la cul- Fiorano Modenese, ringrazia quanti hanno parte- racconta le origini della comunità che hanno cipato, in particolar modo gli amici Luigi Giuliani tura del lavoro, punto di forza del nostro territorio. e Luciano Callegari. Tutte le pubblicazioni sono Credo anche sia necessario dare nuovo impulso al trovato. Siamo a fianco dell’amministrazione molto interessanti perché ci aiutano a capire la sag- distretto, in modo che possa rimanere al passo con comunale fin dal primo anno, quando la tradizio- gezza e l’insegnamento che ci hanno tramandato i i competitor mondiali. ne della strenna natalizia cominciò con la serie nostri nonni. Anche quest’anno ci viene descritto Per non avviarci verso il declino della delocalizza- Eravamo. uno stralcio di storia cittadina, dove protagonista zione occorre uno sforzo e presa di coscienza di tut- Ho diversi clienti, non solo Italiani, che mi chie- è la gente, con i suoi personaggi tipici, gli aneddoti ti noi e non solo da parte degli amministratori, sui dono notizie della pubblicazione e aspettano di temi strategici: infrastrutture e logistica. Mi riferi- e le storie spesso romanzate… Tali documenti, se riceverne una copia, dimostrandoci che un libro è non affidati alla memoria e alla coscienza del letto- sco alle opere nel cassetto da oltre 30 anni, quali la re, andrebbero persi. Noi tutti abbiamo forti radi- Bretella, il raddoppio della Pedemontana, lo scalo per tutti, è per sempre e non ha confini. ci dove siamo nati. I ricordi che ci accompagnano merci ed il collegamento con i porti. Credo sia il modo migliore per accompagnare il possono essere lieti o tristi ma fanno parte di noi. Ercole Leonardi nostro lavoro, che è tanto ed è impegnativo, co- Un proverbio cinese recita “studia il passato per Presidente Sede Fiorano stretto a misurarsi a livello mondiale. prevedere il futuro”. Oggi viviamo in un mondo Lapam Confartigianato Imprese e Reggio Emilia Attraverso la narrazione della nostra gente, riu-

8 9 le, stampe di qualità, ma se perdessimo il filo che mune; vicende dell’ultima guerra, il lavoro nei cam- ci ha guidati fin qui, ci perderemmo nel labirinto pi, le prime fabbriche, la scuola e i divertimenti di dell’impersonalità, mentre siamo convinti di pote- oltre mezzo secolo fa. Tutto senza inutili rimpianti, re mettere a disposizione un valore, che allo stile senza spostare lo sguardo sempre e solo indietro, italiano aggiunge la capacità delle nostre terre di sapere alternare velocità e lentezza, individualità ma coltivando quei ricordi con naturalezza e con il e collaborazione, la pazienza del lavoro manuale e piacere di farlo. E in questo nuovo tuffo nel passa- gli investimenti in tecnologie, esperienza e ricerca to ho scoperto anche un’importante testimonianza di nuovi talenti. storica rappresentata dalla “Casa Torre”, risalente Sempre protesi tutto l’anno verso il futuro, è un al periodo “matildico”, di Via Motta, a Spezzano. piacere e una necessità potere riscoprire il nostro Credo sia giusto mantenerne traccia scritta di tut- ieri, per darci consapevolezza e fiducia. to questo per non lasciare che si disperda. E’ vero: niente può restituirci il tempo passato, ma possia- Silvia Pini mo comunque trattenere le emozioni e le sensazio- Fattore P ni vissute per affrontare con più consapevolezza il presente.

Luigi Giuliani Sono cresciuta con la strenna natalizia dell’ammi- Rituffarsi per il quinto anno consecutivo nel mon- nistrazione comunale di Fiorano Modenese, pri- do dei ricordi, attraverso le testimonianze di tante ma trovandola sotto l’albero di Natale, poi sulla persone, e sfogliando fotografie di un passato non mia scrivania nell’azienda dei miei genitori, oggi troppo lontano, ha rappresentato nuovamente su quella di Fattore P, factory nata come proiezio- un’esperienza unica. Ho visitato, con le sue luci e le ne di Poligraph nel futuro, tra arte grafica e in- sue ombre, un passato di gente che ha vissuto dura- novazione tecnologica, perché ogni giorno i mer- cati ci pongono nuove sfide e una evoluzione che mente il lavoro nei campi con le giornate scandite vogliamo percorrere senza dimenticare il passato, dal suono delle campane o, raramente, in qualche nostro e del nostro territorio, al quale siamo pro- azienda del territorio. Ognuno ha raccontato i mo- fondamente legati e che riscopriamo con ‘Mi ri- menti che hanno segnato il suo vivere: le gioie, le torna in mente’. amarezze, le vittorie, le sconfitte, le tradizioni che Offriamo ai nostri clienti una veste comunica- poi fanno parte della nostra essenza. Da Cerreto tiva completa, operando con un’officina grafica a Nirano, e fino a Spezzano, ho sentito e scritto in moderna dotata di stampanti 3D, grafica digita- questo libro tanti viaggi nei ricordi della gente co-

10 11 ma anche una bella opportunità per manifestare i sentimenti di riconoscenza nei confronti dei nostri amici che ci hanno preceduto. Questo lavoro sulla nostra memoria, svolto con passione dai collaboratori, è una preziosa risorsa per tutti noi … e non mi resta preciò che augurarvi buona lettura! Da parte mia rinnovo l’impegno, assunto con Natale Amici continuando a divulgare i suoi racconti e ripeto le sue parole con le quali ci ha lasciati: “ Fiorano quanto mi piaci e quanto mi spiace lasciarti”

Luciano Callegari Visto l’interessamento e il gradimento per “ Mi ritorna in mente” , ecco perché siamo già arrivati alla 5° edizione, della quale dobbiamo dare merito agli amministratori, ma in particolare a tutti i cittadini che sempre numerosi lo richiedono. È evidente quanto interesse ci sia per la conoscenza e il legame con le tradizioni, la cultura, l’arte, la storia di un territorio, che rappresentano uno dei fattori costitutivi di quel rapporto profondo che la gente stabilisce con la realtà in cui è cresciuta, vive e lavora. ‘Mi ritorna in mente’ è un contributo di ricerca originale e particolarmente apprezzabile, perché ci offre l’opportunità di ricordare il legame strettissimo con il passato. E’ dunque un giusto omaggio ad 1918 FINISCE LA PRIMA GUERRA MONDIALE. Il monumento ai caduti di Spezzano, detto ‘del leone’. una storia non sempre adeguatamente conosciuta

12 13 all’altezza delle Case Bianche, seguiva due percor- si. Il primo, attraversato il fiume, si univa alla via del Castello, alla Motta e alla borgata, detta poi di S. Rocco. Il secondo, senza attraversare il torrente, partiva dalla borgata Villa si univa alla strada detta del Cappellano e da qui alla via Ghiarella. alla “Villa” di Nirano Questo lungo tratto, nella parte iniziale, ha il nome di Via Nuova del Gazzolo che, sostanzialmente, si Alla fine del ‘300 a Nirano iniziò l’abbandono pro- quali quelli delle località di Roncaglia, Roncadelli snoda sulla cresta dei monti che dividono la valle gressivo del vecchio alla centro fortificato, Chiesa per trasferirsi edi Ronco, Spezzano dimostrano un popolamento già avviato del torrente Fossa e quella del Rio Chianca. in borghi caratterizzati da molte case di contadini in età medievale ed indirizzato ad ampliare le aree Usciti dalla borgata Villa, la prima casa a destra, al Località Monte e da qualche villa padronale. Il lento processo di coltivabili. In una prima fase, la casa contadina è civico 11 della località conosciuta come Monte, è ridistribuzione dell’abitato trovò la sua definizione costruita in una parte elevata del terreno, su di un Borgo, a cui si aggiungevano altre minori come La stata l’abitazione della famiglia di Peppino Orlandi, solo nelD tardo Rinascimento e nei primi decenni del poggio o di una riva, da cui i nomi di Il Monte, Borella, Ca’ de Ceccarini, Pra Rosso, Ca’ del Gallo, coltivatore diretto, immigrato nel 1958 da Rocca ‘600, allorché le linee dell’insediamento potevano Montegatto o Mongigatto, Monte Pietro, Poggio di Ca’ Nuova, Ca’ de Lorenzi, Il Monte, Il Giardino, Santa Maria con la moglie e due figli. dirsi definite. S.Margherita, Serra e Serretta. Il Poggio ed Il Gazzolo. Uno di questi, Luciano, ha sposato nel 1958 Maria Dall’estimo della Comunità di Nirano, redatto nel L’impulso, che ebbe nel sec. XV il popolamento ca- Erano diverse le direttrici stradali che scendevano Luisa Indulti e si stabilì su questo podere di circa 1717, come ben descritto da Gianna Dotti Messori ratterizzato dall’insediamento sparso, è documen- dalle borgate di Nirano verso Spezzano per giunge- 15 ettari, di sua proprietà. Dal matrimonio sono e Alberto Venturi nel volume “Fiorano Modenese tato dalla forma toponimica di Ca’ o Casa con il re alla pianura. Una portava al rio Chianca e da qui nati Valeria e Andrea; quest’ultimo, alla prematura oggi, da settemila anni”, è possibile rilevare le lo- nome del proprietario, o diverse altre specificazio- al Crociale verso Fiorano (attuale via Ghiarella); morte del padre, finiti gli studi, ha condotto tutta calità o borgate che, a partire dal basso Medioevo ni: Ca’ Lizzano, Ca’ de Natali. Ca’ de Lorenzi, Ca’ sempre da Nirano partiva la via (chiamata anche l’attività agricola. fino alla metà del ‘600, si erano create. I toponi- de Cassani. Ca’ de Ceccarini. Ca’ Nuova e Ca’ del strada della Fossa o di Rio Serra o della Pellizzona) “Se essere piccoli agricoltori è complicato, es- mi risalenti a “runcare” (disboscare o dissodare), Gallo. Diversi toponimi, poi attestano la frequenza che, seguendo sulla sinistra il torrente Fossa, giunta sere donne e contadine lo è ancor di più - com- di frane e avvallamenti quali Borra, Borella, Rui- nazze, Lavine. Cosiazza o Lavina e la natura roc- ciosa. sassosa o sabbiosa di alcune zone, come Sas- so Bianco, Sasso Nero e Sabbioni. L’estensione, il tipo di manto boschivo e la fauna della zona, sono testimoniati dai nomi delle località Olmo, Vernaz- za, Gazzolo, Ruffola, Picolupo, Colombara, mentre i toponimi di Pra Rosso, Pra del Pomo e Pratisoli sottolineano l’importanza, nell’ottica di un’econo- mia agricola e pastorale, delle aree prative. Le bor- gate sufficientemente consistenti e dotate di diversi Zona salse di Nirano fabbricati, erano Villa, Monte Pietro, S. Martino, Il Località Gazzolo Cortile abitazione di Luciano Orlandi di Luigi Giuliani 14 15 menta Maria Luisa seduta sui gradini della scala in ingredienti a disposizione sassi che portano alla cucina - Come tutte le donne che venivano quasi tutti dai contadine, ritengo di aver spesso lavorato di più de- nostri campi e dai nostri ani- gli uomini, nei campi e in tutte le faccende di casa. mali. Mio marito andava a Ci si alzava verso le cinque, sette giorni su sette. Ero caccia e fortunatamente lepri impegnata nella stalla e nei campi, ma mi occupavo e fagiani non mancavano su anche dei figli, della casa, del mangiare... eppure... queste colline. Ogni anno si non ci si lamentava, anzi ero felice della mia scelta. macellava un bovino e questo Non trovavamo sosta - prosegue Maria Luisa - ne- garantiva anche la carne”. anche durante l’inverno, indaffarate a preparare, a In quei tempi il cibo delle fa- cucire e riparare gli abiti. In quei mesi c’era spa- miglie contadine era princi- zio per dedicarsi a lavori di manutenzione o di ne- palmente vegetariano e non Casa Orlandi, stalla cessità: si riparavano i carri, si pulivano i fossi, le Luciano Orlandi per scelta. “La carne - rileva do era più pungente e le notti più lunghe, qualche con i suoi salami Luciano, Valeria Orlandi e Maria Luisa Indulti siepi, si potavano gli alberi da frutto e nei giorni Maria Luisa - era consuma- piovosi si fabbricavano cesti, si accudivano gli ani- volta si andava nella stalla, il luogo più caldo del ta esclusivamente nelle ricorrenze e nei giorni di mali nelle stalle. Bisognava pulire le unghie, specie casolare e lì si trascorreva qualche ora recitando il festa… e non sempre. Mio marito Luciano aveva alle mucche da latte; crescevano tanto da richiedere Rosario e facendo lavori di cucitura e ricamo, men- la passione di preparare i salumi in casa. Andava una o due volte all’anno un taglio, per non rischiare tre gli anziani raccontavano storie vere, ma anche al macello di Zilibotti, a Fiorano, ad acquistare la l’azzoppamento. Per la ripulitura ci si serviva di un inventate”. carne necessaria. La nostra cucina si trasformava in paio di tenaglie e di un attrezzo chiamato incastro, Maria Luisa pensa un attimo a quel passato e ag- laboratorio dove la carne veniva macinata misce- usato anche per la spianatura e la riduzione a giusta giunge: “Dovevo essere anche molto brava nel landola con ingredienti ‘segreti’ per dare più gusto pendenza dello zoccolo. Alla sera, quando il fred- preparare da mangiare, tre volte al giorno, con gli ai salami, coppe, pancette e salciccia”. “Sicuramente - prosegue Maria Luisa - Luciano aveva capacità ed esperienza; le sue mani insac- cavano e legavano affinché i salumi prendessero forma per essere poi appesi, o meglio ‘esposti’, in una stanza. Quello era il momento della sua grande soddisfazione. Rimaneva lì, a contarli e ad ammi- rarli… e poi a contarli ancora, girandoli e rigiran- doli perché avessero la posizione più adatta e potes- sero, nel giro di qualche settimana, raggiungere la giusta stagionatura. Quando ricevevamo una visita di parenti o amici, mio marito faceva sempre met- Taglio unghie mucche. Da sx: Valeria, nonno Peppino e tere sul tavolo una bottiglia di vino e fette dei suoi Luciano e Andrea Orlandi Luciano Orlandi; Fernando e Maria Luisa Indulti Andrea Orlandi con le lepri salumi. Un rituale al quale teneva molto”.

16 17 sono nate le figlie Lorella e Mara. Andarono ad abi- tare, continuando a fare gli agricoltori, a Solignano. Luigi iniziò l’attività di muratore. Prese casa alla “Villa” di Nirano assieme alla moglie Pia Buffagni e ai figli Ruggero, Caren e Carla. Caterina andò a lavorare a Milano dove sposò Angelo Lomascolo: Idalba abitò prima in località Fasano e poi a Bag- giovara assieme al consorte Bruno Ferrari e ai figli Oriele, Maddalena e Villiam. Maria con il marito Giuseppe si stabilirono a Puianello come Marina e il coniuge Ferruccio Nadini e i figli Marta e Silvano. Andrea e Valeria Orlandi Mucche casa Orlandi Primo Caselli e Rosa Gianaroli Abramo sposò Antonietta Fontana ed ebbero due figli: Romano e Elda. “Resta il fatto - conclude la moglie di Luciano Or- Sempre qui stava Randolfo Munari. Veniva da To- la famiglia Mesini. “Ero adolescente quando la mia famiglia ha abi- landi - che fare il contadino era ed è stato un lavoro ano e nel 1956 andò ad abitare a Spezzano, in Via Subito dopo Pra Rosso, si arriva al borgo di case tato a Monte Pietro. Ho presente, però, la vita che duro e faticoso, ore ed ore di lavoro, senza possibili- Provinciale 8, dove iniziò l’attività di muratore. di Monte Pietro dove, fra i tanti, abitava Primo svolgeva il babbo - ricorda Romano - nei campi, tà di tregua, che impegnavano gli uomini e le bestie Proseguendo verso Monte Pietro, si incontra Pra Caselli, mezzadro, coniugato con Rosa Gianaroli di per se molto faticosa, spesso era resa più com- bovine, su e giù in questi terreni collinari, per i rac- Rosso, podere e casa rurale dei fratelli Casolari, e con i figli Abramo, Gelmo, Luigi, Caterina, Ma- plessa dal fatto che le colture si trovavano su di un colti e la preparazione dei terreni per la semina”. residenza di diversi nuclei famigliari come quello ria, Idalba e Marina. Questo nucleo famigliare si terreno collinare e difficile da lavorare. A questo Immigrati da Toano nel 1952, hanno abitato in que- di Enrico Manzini, con la moglie Giuseppa Zini e trasferì per cinque anni in Via Rio Salse, poi alle si aggiunga l’impegno degli animali nella stalla: a sta casa anche il mezzadro Giuseppe Munari assieme il figlio Aldino. Provenivano da Castelvetro e dopo Case Bianche e, per quanto riguarda Abramo, in volte - aggiunge Romano - la concomitanza di più alla moglie Domenica Cavalletti e ai figli Gianni, Igi- sette anni di permanenza, nel 1957, presero casa a Via Nirano in una casa di proprietà. attività determinava un notevole carico di lavoro no e Maria Luisa. Nel 1955 si trasferirono a Modena. . Subentrò, prima di trasferirsi a Fiorano, Il figlio Gelmo sposò Anna Pilati e dal matrimonio che lo obbligava a enormi sacrifici e a stare lontano dai propri cari per gran parte della giornata. Noi figli aiutavamo nei campi, nell’orto e davamo una mano alla mamma con gli animali da cortile”. Anche Elda, per i primi due anni, e Romano han- no frequentato le scuole elementari, a Nirano Primo Caselli mentre sta arando a Monte Pietro con una Maria Luisa Indulti nella stalla Pra Rosso coppia di buoi Romano Caselli e le cugine Oriella e Maddalena

18 19 “Sempre a piedi - testimoni Romano - in compa- lavorando un anno, circa 120.000 lire. A 18 anni gnia dei nostri coetanei di Monte Pietro; il percorso ha evitato il servizio militare pagando la somma di di andata e ritorno lo si faceva sulle carreggiate nei 100.000 lire ad fattore, legato al potere politico fa- campi. Al pomeriggio, se c’era del tempo libero, scista di allora”. con gli amici si giocava “alla piastra”. Partite che “In quegli anni i terreni da coltivare - continua non finivano mai con Natale Costantini, Baroni Bruna Vivi - erano completamente appannaggio o della Borella, Marino Andreotti, Ruggero Ram- di un nobile, o di un cittadino-borghese, o di un pionesi….e tanti altri amici coi quali ci si divertiva ente ecclesiastico. Tutti questi, nel contratto di mez- anche con le palline di vetro colorate che nel nostro zadria, fornivano la terra, con sopra la casa, la stal- immaginario erano macchine da corsa su un circu- la, il pozzo, il forno. In sostanza l’azienda agricola, ito che costruivamo generalmente con della sabbia. oltre alla metà delle sementi; la famiglia dei conta- Poi, d’estate, a nuotare nel lago del Rio Salse con dini garantiva le braccia, ossia la forza lavorativa e tutti i pericoli che questo comportava”. l’altra metà delle sementi; infine ci impegnavamo a Al posto della famiglia di Primo Caselli, fino al non svolgere alcun lavoro presso altri e ad utilizzare 1983, subentrò Leonilde Andreotti, nubile, coltiva- tutte le energie nella coltivazione soltanto di quella trice diretta di un piccolo appezzamento. Caterina Nasi Giovanni Pilati terra”. Monte Pietro era un borgo abitato prevalentemen- quella di Riccardo Despini, immigrato da Serra- A Monte Pietro, così come in tutto il territorio col- Gelmo Caselli, Angelo Lomascolo e Gioacchino Andreotti te di gente che lavorava i campi. Come due famiglie mazzoni nel 1955 per poi trasferirsi nel 1962 a Sas- linare, vivevano molte famiglie patriarcali, spesso di mezzadri; la prima, conosciuta come i Pigat, era suolo assieme alla moglie Desolina Iattoni e ai figli composta da Andrea Buffagni, immigrato nel 1941 Agnese, Fernando, Lucia e Mafalda. da Prignano ed emigrato nel 1956 a , la Aveva casa qui anche Giovanni Pilati, con sua mo- moglie Angela Paganelli e i figli Antonio, Ernesto, glie Caterina Nasi e i figli Mario, Anna, Oreste, Lorenzo, Maria e Rosa. La seconda famiglia era Maria e Rosa. Arrivati nel 1914 da Montegibbio, sono emigrati nel 1952 verso Saliceta San Giuliano. “Eravamo mezzadri - afferma Bruna Vivi, moglie di Mario Pilati - su un podere di Leonina Lenzotti e di Lorenzi che abitavano a Modena. Ho conosciuto Mario che avevo 14 anni e lui 16. Ci siamo inna- morati subito, ma solo al compimento dei miei 21 anni i nostri genitori ci hanno dato il benestare per sposarci. Mio marito, appena terminato il conflit- to mondiale, ha fatto per diversi anni il ‘servitore’ presso contadini della zona, che necessitavano di mano d’opera. Questo gli permetteva di mantene- Rosa, Anna, Maria Pilati. Romano Caselli e Domenico Zini nel lago Rio Salse Monte Pietro re anche i quattro fratelli più piccoli. Guadagnava, Sotto Oreste Nasi, Caterina, Caterima e Giovanni Pilati

20 21 numerose. Più generazioni abitavano nella stessa toglievano raramente. I motivi erano tanti, ma il e anziani, soldati, che partivano per le trincee in casa, dove si ritrovavano diverse coppie sposate con primo era salvaguardare i pochi vestiti che posse- Paesi sconosciuti e lontanissimi dal territorio di Ni- i loro figli, in un’unica economia familiare a reddito devamo. Noi avevamo un solo vestito da festa per rano, ma anche mogli e madri a casa, ad attendere indiviso. tre sorelle e una bicicletta a disposizione di tutta la una lettera dal fronte. E bambini in attesa di veder “I compiti di noi donne - spiega Bruna - riguar- famiglia”. tornare il papà con la divisa grigioverde. E questo, davano principalmente tre spazi: accudire alla casa In quel periodo vi era scarsità di cibo e tutte le per- purtroppo, tante volte non si è avverato. della famiglia, con i suoi interni e gli annessi ester- sone possedevano una tessera che consegnavano in “Mio zio Tito venne ferito in guerra - ricorda Er- ni, comprese le stalle e i ricoveri per gli animali; le negozi dove distribuivano una piccola quantità di manno Paganelli - Era partito per il fronte e da un terre da coltivare e l’orto del podere e qualche volta viveri. Fece la sua comparsa un manifesto murale po’ di tempo non avevano sue notizie. Tito stava al andare al mercato o in negozio per un minimo di in cui si vedeva un soldato con casco coloniale che, Gazzolo (Gasol) con la moglie Giovanna e la figlia spesa di quelle cose che i terreni o gli animali non battendo una mano sulla spalla di un borghese se- Pia nata da poco. Un giorno videro i carabinieri ci davano. Fra i compiti aggiuntivi, c’erano il lavo- duto ad una tavola ben fornita, ammoniva: “Se tu di Fiorano salire verso casa; mia zia Armida, assie- ro a maglia e la confezione dei capi più rustici di mangi troppo derubi la patria!”. me alle sorelle Maria, Brigida e Rina cominciarono In alto, da sx: Buffagni; Mario e Anna Pilati, il piccolo Vincenzo Teggi, Valeria Vivi e Maria Pilati. In basso: abbigliamento. Durante l’ultimo conflitto mondia- Era un periodo molto duro per tutti, quello dell’ul- ad abbracciarsi e a piangere perché pensavano che Cesarina Vivi, Oreste Pilati Caterina Nasi e Giovanni Pilati le - rammenta Bruna - i partigiani ci portarono un timo conflitto mondiale. Tante donne, a Nirano, Tito fosse morto. I militi, però, vennero a comuni- paracadute, che utilizzammo per realizzare vestiti. Spezzano, Fiorano e dintorni, abituate a lottare, care che lo zio Tito era stato ferito ed aveva perso Ricordo il grembiule, la divisa per eccellenza delle profondamente comprese nel ruolo di custodi della un occhio, ma era salvo”. massaie. Nonne, mamme e anche giovinette se lo sicurezza e della sopravvivenza familiare, si impe- “Anni di paura - conferma Bruna Vivi - e di conti- gnarono con coraggio a risolvere le enormi diffi- nua apprensione sia per chi aveva un famigliare in coltà che la guerra guerra, sia per quello che avveniva a Monte Pietro aveva creato. Tanti e dintorni. Si viveva fra partigiani, tedeschi e fa- mariti, padri, fra- scisti. Impossibile esternare i propri sentimenti. Ne telli erano al fronte andava della tua vita e di quella dei tuoi cari”. ed avevano lascia- Foto: 68 - Casa Giulia to vuoti nella lavo- Come scritto in un manoscritto del 1945 a Casa razione dei campi: Giulia, poco distante da Monte Pietro, si trovava il tuttavia furono comando dei partigiani. Le forze erano così distri- mogli, madri e so- buite: il Battaglione Ballotta, comandante Briscola, relle ad arare, se- operava a Torre Maina e Montagnana; il Batta- minare, raccoglie- glione Spitfair, comandante Fra Diavolo, operava re frutta, accudire da San Venanzio e Spezzano ed era di rincalzo ai le bestie. battaglioni Pinotti e Nocetti; il Battaglione Nocetti, C’erano giovani comandante Andrei, operava a , Formi- In alto da sx: Anna, Rosa, Giovanna Pilati; Caterina Nasi e gine, Spezzano e Fiorano; il distaccamento Maggi Anna Pilati, Cesarina Vivi e Rosa Pilati Pini e calanchi sulla punta del “Gazzolo” Mario Pilati. Sotto: Oreste Pilati e Valeria Vivi operava da S. Michele a .

22 23 meno forzata nei confronti dei proprietari più ric- ordini, direttive, informa- chi, dall’esproprio a spese dei possidenti fascisti al zioni, e il conferimento di prelievo di beni con rilascio di buoni del Comitato beni alimentari, medicine, di Liberazione Nazionale. armi, munizioni, stampa Era uno stato di emergenza per quanti vivevano clandestina. Il babbo col- alla macchia. So di molti casi, nonostante i gravi laborava e aveva realizzato rischi delle ritorsioni fasciste, di contadini che pre- un rifugio sotto il deposito ferirono spontaneamente offrire bestiame e grano del letame, usato come na- ai partigiani piuttosto che consegnarli all’ammasso scondiglio per i partigiani imposto dai Repubblichini”. e per le armi”. “Durante il periodo bellico - testimonia Noato Gi- Furono momenti di forte berti, anche lui residente a Monte Pietro - tutta Battista e Romeo Giberti criticità vissuti anche dal Giovanni Casolari Laura Tazzetti Mario e Rosa Pilati la zona di Nirano assunse un ruolo centrale nella coltivatore diretto Aldemi- buoi che trainavano il vomere per arare la terra; si Il battaglione Nocetti aveva un distaccamento in lotta partigiana. Le colline e la boscaglia offrivano ro Macchioni, da sua moglie Giovanna Magnani rastrellava l’erba o il fieno e si facevano tutti quei Spezzano, comandato da Rojal (Borelli Tolmino), un nascondiglio e una visione dell’intera vallata del e dai figli Luigi, Tina, Mario e Luciana. Venivano piccoli lavoretti a sostegno del babbo e della mam- ed alcuni uomini in Fiorano, con l’aiuto del distac- Fossa e della Chianca. Mio fratello Romeo faceva (1952) da Prignano e nel 1960 si trasferirono al civi- ma. Uno dei giorni più belli era quello della treb- camento Miglioli. Presso il comando a Casa Giulia, parte di un gruppo di partigiani; l’altro mio fratello co 8 della stessa strada a Monte Pietro. Poco distan- biatura del frumento, quando arrivava ‘la machina per accogliere i prigionieri tedeschi che si arrende- Ugo era una staffetta che curava i collegamenti tra te, l’edificio di Giovanni Casolari, arrivato nel 1927 da bàter’. A mezzogiorno la mamma preparava vano, fu predisposto un campo di concentramento. le varie formazioni, permettendo la trasmissione di da Monfestino per poi trasferirsi, nel 1953, al civico per macchinisti, trebbiatori e motoristi un pranzo, Tutt’intorno si fissarono le postazioni di mitraglia 8 della Via Gazzolo. Era marito di Laura Tazzetti; unico in tutto l’anno: in modo tale da evitare ogni tentativo di fuga. i due avevano sei figli Enrico, Luigi, Bruno, Maria, quadretti con brodo di “Abbiamo vissuto in mezzo ad azioni di guerriglia Pia e Vanda. gallina e manzo, vino e a ripiegamenti per sfuggire ai rastrellamenti nazi- La tanta gente contadina che abitava Monte Pietro, a volontà, verdure e fascisti. Avevamo terrore nell’uscire con l’oscurità e era accomunata dalla precarietà e dalla paura in frutta dell’orto. Il dolce - chiosa Bruna - poca sicurezza anche nell’andare a quegli anni, ma capace di gesti di solidarietà e di lo vedevamo in tavola lavorare i campi, lontano da casa. Dalla nostra abi- indignazione, da parte di chi lavorava duramente solo per le grandi feste tazione abbiamo assistito ad atrocità compiute nella nei campi 10 o 12 ore al giorno per assicurare la so- religiose: un bensone zona delle Salse di Nirano che coinvolsero persone pravvivenza di tutti e vedeva minacciata la propria con, per i più grandi, anche di nostra conoscenza”. Le cronache dell’im- esistenza. Ricorda Bruno Casolari: “La mia fami- vino dolce”. mediato dopoguerra raccontano di corpi riesumati glia coltivava inizialmente dei terreni di proprietà L’alimentazione della dalle Salse e trasportati al Cimitero di Nirano. dei Casolari di Nirano. Da Monte Pietro degrada- famiglia contadina era “Ai partigiani - rammenta Bruna Vivi - davamo da vano verso il basso. Poi si trasferì poco distante, alla semplicissima. “La co- mangiare quel po’ che avevamo a disposizione. Al- Cà Rossa dove sono nato”. lazione - spiega Bruno cuni di loro acquistavano del cibo presso i conta- “Anche noi ragazzini - testimonia Bruno - aiutava- - consisteva in una taz- dini; altri mettevano in atto una requisizione più o Vivi Vittorio, Elisabetta e Bruna mo i nostri genitori nei campi. Si stava davanti ai Bruno Casolari za di latte delle nostre

24 25 mutava di poco a seconda delle stagioni e di quello “Moglie, sei figli, bestiame da accudire e campi da si sono stabiliti al Borgo di Spezzano. che l’orto e i campi fornivano. I tortellini? Si man- lavorare hanno accresciuto in mio padre Giovanni “Il babbo aveva a mezzadria parte dei terreni di giavano tre volte in un anno: a Pasqua, Natale e per un impegno civile tanto che nel 1951 venne eletto proprietà dei fratelli Casolari di Nirano. Lavorava la sagra di Nirano”. nel Consiglio Comunale di Fiorano e per i cinque - ricorda Noato - quelli del ‘Tabarein’, verso Pra In occasione di alcune feste si poteva anche ballare anni della legislatura fece l’assessore in una giunta Rosso; poi terreni sopra casa e nella valle che de- all’aperto o in casa dfi qualcuno che avesse spazio guidata dal sindaco Giuseppe Morici. Erano anni - gradava verso il Rio Chianca, conosciuta come i sufficientemente. Una balera si allestiva in fretta: continua Bruno - politicamente difficili a causa del- ‘Camp dal pret’. Un altro piccolo terreno era vicino quattro assi di legno messi insieme con sopra un te- la guerra fredda, economicamente per la mancanza alle Salse; in totale i terreni erano 45 biolche. Poche lone e, come strumento musicale, una fisarmonica di un tessuto industriale e nell’impossibilità dell’a- viti e pochi alberi da frutta. Più che altro erba e e, a volte, una chitarra. “Le ragazze - ricorda Bru- gricoltura, del piccolo commercio e dell’artigianato fieno per il bue e le dieci mucche nella stalla; due no - erano accompagnate dalla mamma (la “vecia”) di garantire il sostentamento ai 5.256 abitanti del pecore che assieme a qualche maiale e animali da che aveva il ruolo di guardiano. Noi dovevano stare Comune di Fiorano. So che si impegnarono per cortile rappresentavano una risorsa importante per molto accorti a non farci vedere in atteggiamenti rendere concreto il diritto all’istruzione cercando la nostra famiglia”. Trebbiatura amorosi. Il fisarmonicista Pietro Toni era partico- di portare la scuola in ognuna delle comunità fio- Era un territorio dove la popolazione era, in gran- mucche, con pane fatto in casa. La farina veniva larmente richiesto per questo tipo di feste. General- ranesi”. dissima parte, rurale, non urbanizzata, una popola- dal nostro frumento, macinato nel mulino dei Ba- mente si faceva accompagnare da chitarristi prove- In questa borgata collinare con tutte le case poste zione che estraeva il suo sostentamento solo dall’a- ranzoni a Torre delle Oche o in quello di Spezzano. nienti da Pavullo”. sul lato del monte prospiciente la vallata del Fos- gricoltura. Il pranzo consisteva in un piatto di minestra, pasta La società contadina di quegli anni non aveva che il sa, alloggiava Battista Giberti, con la moglie Pia “Non c’era l’elettricità e la luce era data da lam- fatta sempre dalla mamma, uova e frutta. Alla sera ballo e il canto per divertirsi e far divertire i giovani. Pioventi e i figli: Ugo, Saverio, Germana, Oriele, pade a olio, petrolio o dalle candele di cera che si in tavola c’erano gli avanzi della giornata, pane e Un’occasione importante per ballare per i ragazzi Ebe, Ennio, Noato stava ben attenti a non consumare visto che co- qualche fetta di salume insaccato dal babbo con la era durante le feste patronali che arrivavano per lo (Novello), Renata e stavano molto. La luce a Monte Pietro arrivò nel carne del maiale che ogni anno macellava. Il menù più d’ estate, dopo che si era raccolto il grano. Romeo. Assieme a 1949. Davanti a casa - asserisce Noato - avevamo loro anche Miriam una pozza con acqua piovana, in comunione con Miri, una bambi- la famiglia Buffagni, che serviva per abbeverare il na adottata che nel bestiame. Durante l’esta- 1949, su decisione te si essiccava e quindi delle autorità, venne si partiva alla volta del portata in collegio a torrente Fossa con un bi- Modena. Il nucleo roccio, trainato da una famigliare fino al mucca, sul quale era sta- 1941 risiedeva a Pri- ta sistemata e bloccata gnano per trasferirsi una botte. La riempiva- nel 1952 nel Comu- mo d’acqua e si faceva ne di Nonantola. Noato Gilberto e la moglie ritorno a Monte Pietro. Pietro Toni e “Peppino” di Pavullo Pietro Toni e Giovanni di Pavullo Battista Giberti e Pia Pioventi Dopo qualche anno Annamaria Bellei Per l’acqua potabile, sem-

26 27 pre con i Buffagni, di- trimonio, anche lui come la sorella Renata nella via nulla perché tutto A Monte Pietro abitarono: dal 1942 al 1955 Gio- sponevamo di un poz- chiesa di Nirano, con Anna Guidi e ha preso casa doveva servire al so- acchino Andreotti che poi si trasferì al civico 1 (Cà zo. Anche la famiglia poco distante, alla Villa di Nirano. Hanno avuto stentamento famiglia- Tassi) della stessa strada; la famiglia di Nino Galan- Piumi ne sfruttava uno due figlie: Ivonne e Loretta. Ugo lavorava nei cam- re. Poi il babbo era ti con moglie e figli; Gaetano Manzini, con la mo- poco distante dal no- pi per Fernando Bandera, in un podere in fondo a anche un bravo cac- glie Concetta Sola e i due figli. Rimasero dal 1955 stro cortile”. Nirano”. ciatore e di lepri ne ho al 1959 quando tornarono a Sassuolo. “Nell’immediato do- Nei mesi caldi, anche a Monte Pietro, era consue- mangiate tante. Non Lasciando la Via Nuova del Gazzolo, proseguen- poguerra - continua tudine che le massaie ponessero al centro del cortile sparava alle pernici, do verso Torre delle Oche e Spezzano, la strada Noato - mia sorella un mastello pieno d’acqua per scaldarla al sole; alla pennuto con poca car- prende il nome di Via Rio Salse 2° Tronco e subito, Renata si è sposata sera, dopo una giornata di lavoro, gli uomini torna- ne, per risparmiare la raggiungibile con uno stradello, c’era la casa, co- con Toni Guerrino e vano dalla campagna e con quell’acqua si lavavano cartuccia”. nosciuta come Casa Tassi dove risiedeva Nello Ca- si è trasferita a Serra- il viso e i piedi per togliere la stanchezza e lo sporco. La borgata di Monte moratti, coltivatore diretto, che nel 1960 si trasferì mazzoni, nella località “La fatica era tanta. Il babbo e i miei fratelli più Pietro ospitava parec- a Maranello. Assieme a lui la moglie Aldegonda Ugo Giberti Barbona, continuando grandi - attesta Noato - si alzavano alle quattro per Nasi Caterina e Pia Pioventi chi nuclei famigliari. Giugni e i figli. il lavoro dei campi a andare a lavorare nei campi. Verso le otto parti- Altra famiglia era quel- Dal 1933 al 1952, abitò in questo edificio anche la mezzadria. Tre i figli: Sergio, Terzo e Luciana. vo con un cesto con la colazione, preparata dalla la di Artemio Iaccheri con la moglie Ermentina famiglia di Antonio Fontana. Venivano da Prigna- Un anno dopo, mio fratello Ugo si è unito in ma- mamma: gnocco fritto, crescentine, cipollotti, uova Casini e i figli Renzo e Caterina. Erano arrivati nel no ed erano a mezzadria su un terreno di proprietà fritte e poco vino. Tutti i contadini si aiutavano an- 1952 a Nirano e nel 1956 si sono trasferiti poco di- di Cesare Stefani. Assieme ad Antonio la moglie che perché si tirava avanti con quello che la natura stante, in Via Rio Salse 2° Tronco, 6. Domenica Prati e i figli Domenico, Duilio, Edoar- ci offriva. A volte la mamma mi mandava con uova C’era la famiglia di Renzo Imoldani, marito di do, Enrico, Marina e Silvia. e una gallina da un negoziante di Torre delle Oche Anna Franceschini. Era arrivato nel 1946 in Via Si trasferirono a Maranello e al loro posto subentrò che, in cambio, ci dava olio e sale. Fortunatamente, Nuova del Gazzolo, subito dopo la fine del secondo Emidio Costi sposato con Bruna Cagarelli. Aveva- ogni anno, il babbo ammazzava il maiale. Non si get- conflitto mondiale, per poi trasferirsi, nel 1975, in no quattro figli: Augusto, Dario Giuseppe e Olivie- Via Chiesa 5, sempre a Nirano. Inizialmente era af- fittuario, poi proprietario del podere che coltivava. Vicino abitava la famiglia di Vittorio Piumi, anche lui arrivato da Prignano e trasferitosi nel 1953 a Castelvetro. Mezzadro e sposato con Bruna Ferrari, la coppia aveva otto figli: Carlo, Domenico, Erme- ta, Eugenio, Giuseppe, Maria, Mirella e Rosanna. Giunto nel 1953 da Castelvetro, viveva qui anche Carlo Turbati, mezzadro, assieme alla moglie Mar- cella Prandini e ai figli Adele, Almerina, Giuseppe, Maria, Pietro e Renzo. Pochi anni dopo, nel 1957, Ugo Giberti, Anna Guidi, Ivonne e Loretta Giberti Campi da coltivare a Monte Pietro tava si trasferirono a Formigine. Cà Tassi e Monte Pietro

28 29 ro. Anche loro erano anni di mia madre. arrivati da Prignano e Dal loro matrimo- nel 1955 emigrarono nio sono nato io e anche loro a Maranel- mio fratello Ennio. lo. Mio padre abitava a Nuovo inquilino, diret- Casa del Pelato (Cà tamente da Monte Pie- dal Plee), uno stabi- tro, fu Gioacchino An- le formato da due dreotti con la moglie corpi di fabbrica Luigia Teggi e i figli adiacenti, entrambi Anna Maria, Marino, a pianta rettango- Dolfa e Lucia. lare ubicato all’in- “Mio padre Lederico - tersezione della Via afferma Vincenzo Teg- Santo Stefano con Lederico Teggi militare gi - andava a trovare Vincenzo Teggi e Maria Pilati Vincenzo e Ennio Teggi la Via Nirano. Qui Lavorazione mattoni spesso sua sorella Lui- stavano per arrendersi ai tedeschi, gli italiani nelle - afferma sempre peso precise, doveva contenere sabbia, ghiaia, limo gia che gli ha fatto conoscere l’amica Maria Pilati, regioni della Tripolitania e Cirenaica, attuale Libia, Vincenzo - c’erano le scuole elementari di Foglia- e argilla. Questo perché se c’era troppa argilla, si che diventerà sua moglie. Era appena tornato da e gli inglesi saldamente insediati in Egitto. Prima no costituite in una sola camera. Poi, fra gli altri, il formavano fessure durante l’essiccazione del mat- militare. Partito nel ‘39 per l’Etiopia vi era rimasto dell’8 settembre 1943 le sconfitte militari italiane laboratorio di Lederico Venturelli ‘marangone’, fa- tone; se c’era troppa sabbia, la coesione del matto- per sette anni, cinque dei quali prigioniero degli in- in Africa, in Unione Sovietica e in Sicilia avevano legname apprezzato e conosciuto nella costruzione ne era minore ed esso rischiava di sfaldarsi, mentre glesi. Mio nonno Vincenzo e mio zio Ennio, anche prodotto un elevato numero di prigionieri. I soldati delle ruote per carri; lo ‘scarpolino’ Adelmo Ingra- l’eccessiva quantità di materie organiche provocava loro militari, dopo pochi anni dal rientro in Italia, catturati dagli Inglesi in Africa settentrionale e in mi, chiamato Bersagliere perché fu sergente mag- porosità. morirono a causa di malattie contratte durante la Etiopia furono circa 400.000; gli italiani detenuti giore nella 1° Guerra mondiale e la casa colonica “Come macchinari - rievoca l’allora operaio del- campagna d’Africa. Se la cavò, dopo cinque anni nei campi inglesi, pur vivendo situazioni migliori della famiglia di Arturo Baranzoni, quella di Arturo la Tot Ruggero Rampionesi - avevamo una picco- sul fronte russo, l’altro mio zio Guido che assieme di quelli internati in Germania, erano considerati Rognoni, detto Toro, campanaro della chiesa par- la pressa che funzionava con un motore Landini, al babbo lavorava sul podere con le sorelle”. solo come manodopera a basso costo. Denominati rocchiale di Fogliano. a nafta. Dall’impasto che usciva, con un apposito Padre e tre figli maschi tutti sotto le armi. Lo scac- con l’appellativo dispregiativo di “Wops”, derivante Nel tratto di strada fra le case di Monte Pietro e l’i- filo, si tagliavano tre mattoni, i quali, posti su un chiere africano si rivelò, dal principio della con- dall’anagramma di “Pows” (“prigionieri di guerra”) nizio dello stradello che porta alla località Gazzolo, carrello, venivano depositati in fila su una base ce- tesa militare, il principale scenario dell’intervento e dalla trasposizione inglese del termine “guappo”, sul finire degli anni ‘50, in località Pozzo di Albano, mentata, sotto delle tettoie lunghe una decina di italiano nella seconda guerra mondiale, nel quale anche dopo l’8 settembre non migliorarono molto un imprenditore, certo Galante, avviò un’attività di metri. Qui essiccavano per una settimana ed erano emersero tutte le lacune logistiche e militari che la propria condizione costruzione all’aperto di mattoni, che chiamò Tot, riparati dalla pioggia. Venivano poi caricati su un avrebbero provocato l’inesorabile tramonto delle “Dopo la tristissima parentesi sotto le armi, babbo una locazione dettata dall’abbondanza di materia camioncino Delta e portati, per la cottura, alla for- aspettative di gloria dell’Italia fascista. L’Africa del e mamma si sono frequentati per un paio di anni; prima; veniva cavata, a mano, dal terreno; non nace Cuoghi di Fiorano. Si lavorava solo durante Nord, fino al 1940, era spartita tra i francesi, pre- le due famiglie - racconta Vincenzo - hanno fatto di conteneva ciottoli, radici o terra vegetale. Era un il periodo estivo. Eravamo in una decina di operai, senti nella zona tunisina e algerina, che in Europa tutto perché si sposassero al raggiungimento dei 21 materiale che, a fine lavorazione, con misure di quasi tutti residenti nella zona delle Salse. Con Ma-

30 31 da fuoco, di impasto chiaro con decorazioni a petti- la famiglia della sua cappello a tese larghe e il sigaro sotto gli immensi ne orizzontali. Il rinvenimento è avvenuto nella me- futura sposa. L’impat- baffi appuntiti, dirigeva la partenza. L’ultima spinta desima area in cui è stata individuata una fattoria to non fu dei migliori. fu data da mio zio Nicolino che caratterialmente di età romana. Lungo il pendio sud si sono ritrovati Giunto nei pressi del- assomigliava a suo padre. Il babbo - termina Ro- frammenti di laterizi romani e cocciopesto, mentre lo stradello che saliva mano - rimase sbalordito nel vederli scendere tutti lungo il pendio nord, oltre a laterizi, sono affiorati verso il Gazzolo, vide dentro la madia urlanti e felici e concludere la loro frammenti di ceramica estremamente frammenta- una specie di slitta folle corse nella piana sottostante. Con il cavallo ri- ta; tre fondi di coppe in ceramica a vernice nera; scendere sulla neve a portarono a casa la madia proprio mentre la nonna un’olla in ceramica grezza con orlo a mandorla. valle. I sette fratelli, ritornava dalla prima messa a Nirano. Quello che E’ stato ipotizzato che il materiale recuperato dal- con la complicità del successe è facile immaginarlo, ma nel giro di poco le due aree di dispersione sia franato dal pianoro padre Ermete, la notte tempo tutto si normalizzò”. soprastante, dove era ubicato il sito vero e proprio, prima avevano versato Iolanda, chiamata anche Brigida, si è unita in ma- interpretabile genericamente come edificio. dell’acqua lungo tutto trimonio con Natale Fantuzzi. Assieme ai figli Lu- Diverse le famiglie che hanno abitato nella grande Ermete Ferri lo stradello per creare ciano, Oriele e Emma si stabilirono a Casa Pellati, Pozzo casa colonica sul Gazzolo. A cominciare, negli anni una pista su cui slit- a Maranello. rino Andreotti, il più delle volte, avevamo il compi- della seconda guerra mondiale, da Ermete Ferri, tare. Il babbo li vide tutti assieme mentre stavano Presero casa a Sassuolo Bruno e sua moglie Ermida to, tramite una leva, di pompare acqua, prelevan- con la moglie Emma Talè e i figli: Maria Giuseppi- trasportando una enorme madia, un mobile rusti- Lusuardi; Carlo con la consorte Lina Filippelli e la dola dal pozzo, per l’impasto dei materiali”. na, Lucia (Rina), Iolanda (Brigida), Bruno, Carlo, co, costituito essenzialmente da una capace cassa figlia Maurizia; Giacinto, detto Nicolino, e la mo- “Era un lavoro faticoso, sotto il sole, mitigato, a Tonino e Giacinto (Nicolino). rettangolare a coperchio ribaltabile, destinata alla glie Viviana e il figlio Enzo. volte, dalla brezza che si sente quando ci si trova Nucleo importante per la sua storia che poi, coi figli lavorazione e conservazione del pane casalingo. A Maranello, nel ‘46, si stabilì Tonino, la moglie sul crinale di due vallate. Credo - testimonia Rug- grandi e coniugati, si è diviso quasi tutto nella zona Dopo aver rovesciato il mobile sull’aia, li vide salire Giovannina Lanzotti e i figli Carmen, Maria Pia, gero - che si trattasse di un lavoro temporaneo se compresa fra Sassuolo e Maranello. uno ad uno incitati da nonno Ermete che con il suo Giorgio e Romano. Tonino tornò a casa ferito dal non giornaliero, ma in quei tempi bastavano anche Maria Giuseppina ha sposato Carlo Paganelli e i fronte russo durante il secondo conflitto mondiale. poche lire per garantire alla famiglia una vita mi- figli sono stati tre: Ermanno, Bruna e Bruno. Han- Una scheggia lo aveva colpito ad un occhio. Dopo, gliore”. no abitato prima a Maranello per poi ritornare a per diversi anni, fu Vigile Urbano al Comune di Sulla stessa strada, poco dopo, su una proprietà Spezzano. Maranello, lavoro che in seguito fu svolto anche dal prima di Natale Morandi e poi della Curia Arci- Rina, conosciuta come Lucia, si è trasferita a Fio- figlio Romano. verscovile di Modena, si trova la località conosciuta rano, assieme al marito Gerardo Gilli e ai figli Ro- “Una grande famiglia quella della mamma Ma- come Gazzolo, pianoro che domina dall’alto l’am- mano e Oriele. Erano i contadini in un podere di ria Giuseppina - testimonia Ermanno Paganelli - pio anfiteatro delle Salse di Nirano, in prossimità Guastalla. Stavano al Gazzolo, allora una zona aspra, quasi della strada di crinale Spezzano-Montebaranzone. “La mamma - ricorda Romano - ha conosciuto il inospitale della collina, isolati e con scarsi mezzi di Proprio per la sua posizione (270 m s.l.m.) anche babbo a ballare. In quei tempi tante coppie si sono comunicazione. Le terre dovevano essere coltivate nei tempi antichi questa località era abitata. Una formate con la musica. Una domenica mattina, era in funzione degli animali, poiché solo una minima raccolta di superficie ha consentito di individuare inverno e durante la notte era gelato, il babbo, in Carlo, Brigida, Maria, Rina, Tonino, Giacinto (Nicolino) parte del raccolto era destinata al consumo umano. la presenza di un frammento sporadico di ceramica bicicletta, andò al Gazzolo per fare conoscenza con e Bruno Ferri Mucche e buoi venivano usati nei campi alleviando

32 33 così le fatiche manuali roco Don Zefferino Dopo la famiglia Fer- di mio nonno e degli Berselli. Ho ancora ri, al Gazzolo arriva- zii”. in mente quando con rono Primo Eumeni- “Dal Gazzolo si aveva l’avvicinarsi del 17 di e la moglie Aldina una visione completa gennaio, ricorren- Vecchi assieme ai di chi stava arrivando. za di Sant’Antonio cinque figli: Paolino, Quando il proprieta- Abate, protettore de- Faustina, Elide, Do- rio del podere veniva gli animali domestici, nato e Aldo, Erano a controllare la pro- arrivava accompa- immigrati nel 1948 prietà, i bambini si na- gnato dal sagrestano da e scondevano per evitare e da un chierichetto nel 1952 si trasferiro- di essere sgridati, se e si recava nella stalla no a . trovati a non fare nul- per benedire gli ani- Al loro posto, e fino la. Sono tanti gli aned- mali. Si spostava a al 1956, subentraro- doti di quegli anni, a piedi per raggiunge- no Amerigo Borghi Lucia (Rina) Ferri Giovannina Lanzotti con le figlie Casa Giulia e sopra Il Gazzolo Ermanno Paganelli volte divertenti ed a re le case dei conta- e la moglie Elena Carmen e Pia volte malinconici, ma stupiscono sempre in quanto dini, attraverso sen- ligioso era il giorno di S. Croce, il 3 maggio, quan- Giovannini con i figli Cornelio, Enzo, Marino e sono momenti vissuti”. tieri e strade sterrate che l’inverno spesso innevava do si piantava nei campi una croce fatta di canne, Polda. Venivano da Prignano e nel 1956 andarono Il mondo contadino, con i suoi ritmi legati alle sta- o ghiacciava. Don Zefferino si intratteneva con tut- sulla quale venivano posti dei ramoscelli di ulivo ad abitare a Nonantola. gioni e al lavoro nei campi, era fortemente perme- te le famiglie, conversando sullo stato di salute dei benedetto la Domenica delle Palme. Lo scopo era Quindi, a lavorare il podere arrivò la famiglia di ato di religiosità. suoi componenti e sui lieti e tristi eventi accaduti quello di proteggere le colture dai temporali e dalla Artemio Iaccheri, con la moglie Ermentina Casini “A Nirano - dice Ermanno - avevamo come par- nell’anno appena trascorso. Un altro momento re- grandine”. e i figli Michele, Caterina, Renzo, Giovanni, Gemi- niano e Franco. Qui abitava anche la famiglia di Guido Rampio- nesi e Almea Bioli, con li figli Ruggero, Giuseppina e Domenico, che nel 1954 si trasferirono un centi- naio di metri sotto, a Casa Giulia, proprio davanti alle Salse di Nirano, di proprietà prima di Natale Morandi e poi di Elio Grandi, mai iscritti all’ana- grafe di Fiorano.. Un podere, quello di Guido e Almea, di 45 biolche tagliato in due dalla strada Rio Salse, una stalla con diverse mucche, una coltivazione a vigneto e a fo- raggio. Il paesaggio del fondo si caratterizzava per Oriele Gilli, Lucia (Rina) Ferri, Gerardo e Romano Gilli Brigida, Lucia e Maria Giuseppina Ferri Maria Giuseppina Ferri e Carlo Paganelli la sua estrema diversità, determinata dalla morfo-

34 35 si faceva quasi lo stes- so percorso per anda- re alla dottrina nella canonica della chiesa dedicata a San Loren- zo. Alla domenica, di mattina, si andava alla Messa, al pomeriggio ai Vespri, con l’oppor- tunità di passare qual- che ora giocando con gli amici”. Ferri Ermete e Emma Talè Gazzolo forno Guido Rampionesi Almea Bioli sulla scala Maria Luisa Indulti e Luciano Quando nevicava an- Orlandi spalano la neve logia dell‘ambiente, dall‘inclinazione del versante, ni di lavoro erano durissime: nonostante questo il pratutto nella borgata di Monte Pietro, si univano dare a scuola diventa- davanti casa dal reticolo delle carreggiaste e dalla presenza an- benessere non era garantito. Bastavano condizio- altri compagni”. va un problema. Ogni che di alcune salse. ni atmosferiche avverse, la siccità o troppa pioggia “Un’ora andare e lo stesso tempo per ritornare a contadino cercava di pulire il tratto di strada che gli “I miei genitori - menziona Domenico - hanno la- per rovinare il raccolto e ciò voleva dire perdere un casa - aggiunge Noato Giberto che stava a Monte competeva, ma le difficoltà erano enormi. “A secon- vorato duro così come i tanti contadini di questa anno di fatiche e mettere a rischio la sopravvivenza Pietro - Se la stagio- da della neve caduta - rammenta Noato - si faceva zona collinare. Cercavano di rendere fertile il terre- del nucleo famigliare”. ne era buona si an- trainare la ‘puiana’ da uno o due buoi. Le due asce no, ma questo richiedeva molta fatica; si dovevano Anche per i bambini le opportunità di divertimento dava a scuola anche a punta, se non avevano peso sopra, difficilmente togliere le pietre che impedivano la coltivazione e non erano tante. “Andavamo a scuola a Nirano a per le carreggiate”. riuscivano a creare un passaggio, affondando nella spianare il più possibile il suolo per assicurare l’irri- piedi. Tutti i giorni - spiega Domenico Rampionesi “Una partiva da Pra gazione e ottenere un buon raccolto. In quegli anni - con qualsiasi condizioni atmosferiche. Il tragitto lo Rosso e scendeva l’unica occupazione era l’agricoltura. Le condizio- facevo con mio cugino Onelio e lungo la strada, so- fino a Nirano, con le scuole un centi- naio di metri più sopra. Altrimenti, in caso di pioggia e terreno bagnato, si andava per la strada normale che era più lunga”. “A questo si aggiunga - precisa Bruno Casolari - Gazzolo cortile interno Podere Guido Rampionesi Carreggiata località Pra Rosso che al pomeriggio Via Rio Salse con la neve

36 37 coni delle salse. Le cadute non si contavano, così ghetto, fece ritorno a piedi a casa, Senza bicicletta, lire l’acqua del bucato”. come le sgridate delle nostre madri quando tutti in- ma con salva la vita e non riuscimmo a capacitaci “La sfogliatura - rac- sozzati di fango tornavamo a casa”. come fece ad uscire dal fango”. conta Noato - avveniva L’area delle salse era un’opportunità anche di gioco. Ci si divertiva con poco. “Alla domenica pomerig- di sera, in un piccolo “Mi divertivo, al mattino mentre andavo a scuola gio - dice Noato Giberti - assistevo volentieri ad un spazio, pavimentato partendo dalla mia casa, conosciuta come Cà Ros- passatempo che riguardava i grandi. Chi aveva un con mattoni, sull’aia, vi- sa, a tappare con l’argilla le piccole salse che nasce- bue ne metteva a prova la forza contro quella degli cino al pozzo, dove le vano spontaneamente sul terreno - rievoca Bruno uomini. In palio qualche bottiglia di vino. L’anima- pannocchie erano sta- Casolari - Al pomeriggio, quando ero libero dagli le veniva legato con una fune tenuta ben stretta, te portate al momento impegni di studio o di lavoro, con un bastone foravo dall’altra parte, dalle mani di diversi contadini. Il della raccolta. Ad essa il tappo, che intanto si era solidificato. Ne usciva del bue andava da una parte e gli uomini cercavano di partecipavano anche i gas che incendiavo con un fiammifero e la fiamma trascinarlo all’indietro. Vinceva spesso il bue nono- vicini di casa ed assume- Casa Orlandi, candelotti di ghiaccio rimaneva viva a volte fino a notte inoltrata”. stante che a contrastarlo, a volte, fossero più di una Almea Bioli e la nipotina va l’aspetto di un rito. Ombretta coltre bianca,. Tante volte eravamo noi bambini a “Un tardo pomeriggio ci tornò malconcio, e per al- decina di persone”. Alla fine si mangiavano salirci per ottenere maggior pressione, finalizzata, tri motivi, anche il nostro amico Ermes che rischiò Una comunità, quella di Monte Pietro, dove cia- gnocco fritto, crescenti- se non alla pulizia, almeno a un passaggio. Non c’e- molto - ricorda Onelio Zanelli che stava alla Casa scuno sapeva di avere un ruolo utile nell’interesse di ne cotte dentro al fuoco, pancetta E poi si ballava. rano macchine, ma circolava solo qualche bicicletta Rossa - Dopo essere stati a pescare nel lago in mez- tutti. Da una parte c’erano l’asprezza della vita, la A volte, chi se lo poteva permettere, chiamava un e una Lambretta . zo alle Salse, Ermes in bicicletta prese la via per ri- povertà, gli incidenti e l’emigrazione… dall’altra la complesso, spesso quello dei Folk, che si esibiva fra “Di neve, assieme a mio marito Luciano, ne abbia- tornare a casa. Lo seguivamo a distanza, su un mo- tranquillità, la pazienza, l’aiuto reciproco, lo spirito balere, aie davanti alle case dei contadini, fiere e mo spalata tanta per aprire un varco dalla nostra torino, io e il nostro amico Aderito Baranzoni. Fatta comunitario… le speranze, le illusioni, e l’orgoglio feste patronali. Erano molto bravi e fra questi c’e- casa fino alla strada del Gazzolo - sottolinea Maria la semicurva prima delle due salse larghe, abbiamo di chi lavorava la terra. ra Erio Beneventi, fisarmonicista che abitava lun- Luisa Indulti, residente nella località Monte - Era visto Ermes completamente ricoperto di fango. Lo “Da bambino - rievoca Noato Giberti - ho vissuto go la Chianca. Poi c’era Piero Toni che veniva da un lavoro aggiuntivo a tutti quelli che, ogni giorno, riconoscemmo per il maglione rosso che indossava. momenti che difficilmente si dimenticano. Come Montegibbio. Spesso la musica la si faceva con un dovevamo affrontare. I bambini dovevano andare a Nell’affrontare un piccolo dosso probabilmente Er- in occasione .della ‘sfuieda’, vale a dire sfogliare il scuola; c’era la necessità di andare anche alla Villa, mes aveva perso il controllo ed era finito dentro alla granoturco”. o a Torre delle Oche, così come a Spezzano per “salsa” poco distante alla sede stradale. I contadini lo coltivavano in piccoli appezzamenti acquistare generi di prima necessità. Il freddo era “All’iniziale momento di paura - testimonia Onelio lavorati esclusivamente in modo manuale e fatico- tanto e i lunghi candelotti di ghiaccio che scende- - subentrò la concitazione di sapere dove era fini- so, perché il granoturco serviva al consumo fami- vano dalle grondaie lo testimoniavano”. ta la bicicletta. Immergemmo una lunga pertica, gliare soprattutto come polenta. Nel tempo libero, durante la buona stagione, lo senza risultato, dentro alla grande e profonda poz- “Della pannocchia di granoturco - sottolinea Noato spazio non mancava ai tanti bambini per giocare zanghera di fango. Nulla. Andammo a prendere - nulla veniva gettato. Le foglie più esterne andava- all’aperto. un raschio, attrezzo usato per recuperare i secchi no in pasto alle mucche; quelle interne, bianche e “Uno dei nostri divertimenti preferiti - rammenta nei pozzi, ma della bicicletta, dopo tanti tentativi, raffinate, riempivano i pagliericci; gli steli più gros- Domenico Rampionesi - era quello di scivolare con nessuna traccia. Era stata inghiottita dalla salsa ed solani, non utilizzati per l’alimentazione del bestia- i piedi nudi sull’argilla stemperata, che usciva dai Ernes, dopo essersi completamente lavato nel la- me, servivano per il fuoco, più che altro per far bol- Guido Rampionesi e la nipotina Ombretta

38 39 grammofono, per il quale occorreva sempre la pre- mo squadre del territorio e questo ci permetteva rami degli alberi (a la senza di un addetto. Compito che il più delle volte nuove conoscenze così come si cementavano quelle foia) per poi darle da mi veniva assegnato dai più grandi”. con alcuni compagni di squadra”. mangiare alle mucche. “Consisteva nel cambiare le puntine e i dischi di Le Salse rappresentavano già allora un fenomeno Un alimento, questo, 78 giri. Il classico suono dell’ago che inizia a legge- geologico di rilevanza internazionale. Hanno origi- che garantiva un gettito re i solchi sul microsolco è uno di quei rumori che ne da depositi di idrocarburi principalmente gasso- maggiore di latte. Nello associo alla mia infanzia e spensieratezza di quei si, in particolare metano, in comunicazione con la stesso tempo tagliava- momenti. Sfilavo delicatamente i pochi dischi dal- superficie attraverso fratture della cupola di giaci- no i rami (pudeven) che le copertine, stavo attento a non lasciarvi sopra le mento: il gas esce sospingendo e trascinando verso non servivano. Mia so- impronte, rimuovevo la polvere, mettevo il ‘padel- l’alto le acque sotterranee salate, legate al deposi- rella si tagliò un braccio lone’ sul piatto e via con tanghi, mazurche e val- to gassoso che escono da coni formati nel tempo con la roncola. Dopo il zer. Spesso partecipavo perché musica e ballo mi dall’argilla. Oltre a suscitare curiosità e ammirazio- necessario intervento hanno sempre affascinato. A volte, direttamente da ne, le Salse della zona di Nirano furono interessate Noato (Novello-Bracco) dei medici all’Ospedale Giberti Montegibbio, arrivava Piero e allora era musica dal da diversi fenomeni di sfruttamento per la presenza fu curata dai miei geni- vivo”. di oli minerali ed idrocarburi. In tempi più recenti tori con impacchi di fanghi delle salse e guarì per- Questi ritrovi serali, in tutta la zona delle Salse di gli studiosi hanno sentenziato che le Salse di Nira- fettamente”. Nirano, erano anche occasione di incontri ami- no non siano alimentate da giacimenti di idrocar- S quadra dello Spezzano In piedi, da sx: Giuseppe Partesotti, Anche in campo veterinario questa argilla era con- chevoli e, soprattutto, per i giovani, incontri in cui buri formatisi lentamente in tempi geologici, bensì Gaetano Giovanardi, Luigi Giuliani, Emilio Storti, Emilio siderata curativa. “Se una mucca si infortunava nel- sbocciavano gli amori. da cumuli ridotti di metano ‘giovane’. L’olio delle Giovanardi e Pierluigi Vivi. In ginocchio:Luciano Giuliani, le gambe, aveva delle infiammazioni alle articola- Noato Giberti, Piero Cassan, Roberto Montorsi e Canalini. “Ho giocato anche a calcio, agli inizi degli anni ‘60, Salse non veniva raccolto solo per l’alimentazione zioni, il dott. Bisighini, veterinario di Maranello, ci nella squadra dello Spezzano. Il mio ruolo - dice delle lampade; esso era infatti molto apprezzato an- nonché di assicurato valore come purgante e me- faceva mettere questo fango sulla parte indolenzita Noato Giberti - era quello di portiere. Incontrava- che in medicina per le qualità balsamiche e lenitive, dicinale contro pidocchi e acari della scabbia. Per dell’animale. E, visti i risultati, posso dire con ragio- queste proprietà, i monaci benedettini di S. Pietro ne” evidenzia Bruno. a Modena, raccoglievano e lavoravano il ‘petrolio’ “Il lunedì di Pasqua era uno dei giorni più attesi delle Salse per commercializzarlo come Olio di dell’anno. La tradizione - dice Domenico Ram- Santa Caterina. Anche farmacisti dei tempi nostri pionesi - voleva che si facesse una gita alle Salse di trattavano il prodotto per venderlo con il nome di Nirano e di gente in bicicletta ne arrivava tanta. Petrolio Bianco. Venivano per una passeggiata fra i vulcanetti, ma L’uso più celebre dei fanghi delle salse è stato in- anche per arrivare al Gazzolo e rendere omaggio dubbiamente, sino agli anni ‘70, l’impiego curati- ad una immagine della Madonna, o al Passo Stretto vo presso le Terme della Salvarola di Sassuolo per dove i più ardimentosi si avventuravano sulla cresta finalità dermatologiche e cosmetiche. “Noi, come dei calanchi cercando di arrivare, non senza peri- tanti, credevamo molto nei poteri curativi dei fan- colo, dalla parte opposta del monte . A Ca Rossa ghi delle Salse - sostiene Bruno Casolari - Le mie avevano organizzato, assieme a mio cugino Onelio Erio Beneventi alla fisarmonica con il complesso del Folk Piero Antonini, Adriano e Erio Beneventi sorelle Pia e Maria - stavano staccando foglie dai Zanelli, un deposito dove si poteva lasciare le bici

40 41 per una modica somma”. “Alla fine della giornata - invece, era un gioco. A questo punto scommette- forte. All’inizio degli ani ‘70 arrivarono su questo ammette Domenico - il guadagno arrivava a mala vamo che saremmo stati capaci anche di andare a territorio i primi cinghiali, poi i cerbiatti e caprioli pena alle cento lire. Tante per noi. Con quei soldi raccogliere qualche moneta in fondo ai calanchi, che andavano cacciati seguendo un preciso calen- potevamo permetterci anche un cono da dieci lire scendendo proprio dalla cresta. Gettavano qualche dario venatorio”. da Ceste, gelataio di Maranello, che piazzava il suo moneta e assieme a Domenico, come due gatti, a “Ricordo - afferma Ruggero - che il primo cinghia- carrettino proprio davanti a Ca Rossa e alle due zig-zag scendevamo, raccoglievamo e - ammette le lo uccidemmo sulle colline di Parma. Tornati a Salse, non a cono, ma grandi pozze piena d’acqua Onelio - fra la stupore dei presenti ritornavano su casa, fra l’ammirazione di tanti, l’animale fu cotto e fango dove, a intervalli ben precisi, uscivano bolle con l’incasso in tasca”. da un cuoco, parente dei Zanelli, che lavorava al con il loro tipico borbottio. In molti credevano che Le salse erano anche un punto di riferimento per le ristorante Fini di Modena. Era abitudine, allora, l’acqua stesse bollendo”. scolaresche. Rita Rina Battani, maestra elementare lasciarci il selvatico e per la mamma fu un disastro “Portavamo a Ceste un bottiglione di vino e lui ci di Domenico Rampionesi, durante una visita con culinario. Altri invece lo gradirono così tanto che si ripagava con del gelato - aggiunge Onelio Zanelli la sua scolaresca alle Salse, fermandosi un momen- presentarono il giorno dopo per prendere anche gli - Io e Domenico, ad ogni modo, riuscivamo a raci- to nella casa del suo scolaro con tutta la comitiva, Bioli Almea davanti al portico di casa avanzi”. molare dei soldi anche in un altro modo”. disse ai suoi genitori Guido e Almea che in quel ospitarla”. E’ risaputo che in quegli anni quanto fossero ab- “Al Passo Stretto - racconta - salivano in tanti, an- posto, di così grande interesse ambientale, mancava “Venne anche Enzo Ferrari e rimase entusiasta del- bondanti le lepri nella zona collinare di Fiorano, che gente be- un punto di ristoro per i visitatori. la cucina di mia madre, che col passare degli anni Spezzano e Fogliano di Maranello. “In Via Riola, nestante di “Il babbo e la mamma - commenta Domenico - aumentò la proposta dei piatti aggiungendo anche alla fine di un primo giorno di caccia, il babbo ne Modena. Noi intuirono le potenzialità contenute nell’idea della la cacciagione. La ragione - ammette Domenico uccise diciannove. Non sapevano - attesta Ruggero li invitavamo maestra, così decisero di provare richiedendo l’au- - era molto semplice. Mio padre Guido amava la - come fare a trasportarle tutte a casa. Assieme al ad affrontare torizzazione necessaria a poter somministrare al caccia e questa sua passione la trasmise immediata- mio amico Marino Andreotti decidemmo di torna- il lungo pas- pubblico cibo, acqua e bevande non alcoliche. Era- mente a me e a mio fratello Ruggero”. re al Gazzolo dove prendemmo il somaro nella stal- saggio fra le vamo a metà degli anni sessanta. Alla vigilia dell’apertura della caccia in settembre, il la. Caricammo creste dei ca- Per lo più la mamma faceva gnocco e crescentine territorio intorno alle Salse di Nirano veniva invaso tutte le lepri sul lanchi, ma il in cucina. Poi, da una finestra, le serviva ai clienti da torme di cacciatori locali e forestieri accompa- carretto e il lungo più delle volte sistemati in un locale vicino. Mancava il permesso gnati da numerosi cani da caccia e armati di lustre quanto prezioso non provava- degli alcolici e chi domandava del vino - fa sapere doppiette che la migliore tradizione dell’industria trasporto si con- no nemmeno Domenico - gli veniva portato al tavolo dentro ad italiana produceva incessantemente in quegli anni. cluse nel migliore e ci sfidavano, una bottiglia di birra”. “Anche noi eravamo una bella squadra - sostiene dei modi. Pre- affermando “Col passare degli anni questa attività divenne la Ruggero Rampionesi - Abitualmente si cacciava zioso perché fece che anche principale per la mia famiglia; la trattoria Da Gui- sulle Rive di Fiori e alla Barana, zone vicine al Rio contenta la mam- noi non ne do cominciò ad essere un punto di riferimento per Chianca; al Monte e a Casa Galli per stare vicino a ma, che il martedì fossimo ca- i visitatori delle Salse e per chi amava la buona cu- casa e alle Rive di Benzina, sul versante di Fogliano. seguente ci man- paci. Per noi, cina di un tempo. La stalla si trasformò in sala ri- Si sparava principalmente a lepri e fagiani. Pernici dò, con due lepri storante così come, negli anni seguenti, la rimessa no. Il babbo era contrario e amava giustificare que- Domenico Rampionesi al Passo Stretto degli attrezzi. Crescevano la clientela e gli spazi per sta sua decisione affermando che andavano troppo Guido Rampionsi con le lepri cacciate

42 43 il biroccio”, dichia- come braccianti o apprendisti nelle poche aziende ra Ruggero. “Dopo della zona. avergli messo i fini- “Molto tempo lo si passava in giro per cercare nidi menti da traino, si degli uccelli sugli alberi. Con la fionda, cercavamo partiva. Il percorso, di colpire qualche volatile fermo sui rami”. un circuito, passava “Diventati ometti, cambiarono anche i divertimen- dalla Chiesa di Ni- ti. Avevamo l’abitudine - menziona Ruggero - di rano, da Torre delle fare delle festine, al sabato sera, in casa dei Rosini, Oche e risaliva dal- al Tegori, località in Via Fiandri. Una volta mi pre- le Salse. A noi ra- sentai con una nuova bicicletta di colore rosso, da Fionda gazzi piaceva stare donna, di marca Gita. L’aveva comperata il babbo, Cariolino in legno seduti sul biroccio, per 15.000 lire, da Savino, a Maranello. La misi nel dietro. nonostante le bizze del mulo che, spesso, non ne corridoio, prima della camera dove ballavamo e In piedi da sx: Enzo, Guido e Antonio Rampionesi. “La partenza della gara era sempre in località voleva sapere di andare avanti. Un giorno, mentre tutti la guardavano con ammirazione, tanto era bel- Sotto: Renzo Iaccheri, Ruggero e Domenico Rampionesi e Sant’Antonio, altura con una nicchia del Santo vi- percorrevamo la discesa della Chiesa di Nirano, si la. Considerazione superiore, però, era per le ami- Pierino Bonezzi. cina a Monte Pietro; l’arrivo, dopo circa due chi- staccò il sotto pancia del mulo che continuò ad an- che con le quali si ballava solo fino a mezzanotte. nella saccoccia, a Sassuolo, da Gino, titolare di una lometri, in fondo alla discesa della Salse, a casa Pi- dare da una parte mentre noi sul carretto andava- Allo scoccare della fine della giornata si brindava ghiacciaia in Via Pretorio. In cambio delle lepri ci goni. Percorso sterrato e - spiega Ruggero - discese mo dalla parte opposta”. con del vino e si mangiava un pezzo di torta che le diede l’equivalente in mortadella, un alimento dif- scavezzacollo con continue uscite di strada, abrasio- “L’animale, incurante, proseguì il suo percorso e mamme, a turno, ci preparavano. Di bello il fatto ficile da trovare, allora, sulle tavole dei contadini”. ni, discussioni e ritorno alle abitazioni, quasi sem- noi, senza controllo sul carretto, passammo di lato, che non avevamo dischi, ma suonatori veri”. Ruggero Rampionesi, alla pari del fratello Domeni- pre triste per noi, visto che quelli di Monte Pietro distruggendola, una finestra aperta a mezz’aria “Veniva Luigi Macchioni con il suo organino e, co, può essere considerato figlio di queste terre. Si vincevano sempre”. dell’abitazione di Giu- a volte, Erio Beneventi con la fisarmonica e Nel- è sposato nel 1964 con Dirce Assorti e la coppia ha Il motivo? “Erano lio Casolari e finimmo lo Ugolotti con il clarino. Liscio, qualche tango e avuto tre figlie: Ombretta, Stefania e Michela. più pesanti e questo in un abbeveratoio che un’attenzione particolare a quelli che bussavano “Si viveva - conferma - con quello che la terra ci rendeva il carretto si trovava poco distante. per ‘prendere i due’, ossia a chiedere due balli an- dava e noi, ragazzini prima e giovani dopo, ci diver- più veloce”. Nessun ferito grave, ma che se non facevano parte della festa. Avevamo il tivamo con poco. Si giocava ad una specie di guer- Anche l’addestra- il peggio fu quello di re- timore che la loro domanda fosse finalizzata a farsi ra, fatta di lanci di fango, noi della “Salsa” contro i mento del mulo per cuperare il mulo, scap- belli con le ragazze e allora, spesso, non accettava- coetanei di Monte Pietro. Poi le gare con i carretti portare il latte al pato via”. mo la richiesta. Decisione che creava discussioni e che costruivamo, utilizzando i materiali che riusci- caseificio era mo- Vite giovanili vissute in- dissapori nei giorni seguenti”. vamo a trovare. A volte raggiungevano i due metri tivo di divertimen- tensamente e poi i pri- Di fronte, sul lato opposto di Casa Tassi, al civico 2, di lunghezza tanto da poterci salire in sette o otto. to. “Lo dovevamo mi lavori, chi nei campi nell’edificio rurale conosciuto come la Casa Rossa, Il nostro lo avevamo realizzato con ruote di legno e ‘istruire’ per tirare assieme ai genitori e chi stava Arturo Zanelli, coniugato con Rosa Rampio- cuscinetti. Quelli di Monte Pietro avevano monta- Ruggero Rampionesi e la mamma Almea Bioli il giorno del nesi e coi figli Dario, Dina e Anna. Era un mez- to quattro ruote da carro; piccole davanti e grandi Cariolino con Ennio Teggi e Italino Gagliardelli matrimonio zadro, giunto da Serramazzoni nel 1953 per poi

44 45 traslocare a Maranello fino alla casa dei parenti caseificio in località Gagliardella, sulla strada che nonno la aveva acquistato dai Benzi, a Spezzano ed nel 1966. Dina si sposò Rampionesi. La desti- arrivava a Fogliano di Maranello. era destinata alle corse. Non fu facile addestrarla con Geminiano Iac- nazione d’uso del suolo “I miei nonni, le zie e i miei genitori erano orgo- al trasporto di merci. Con molta pazienza e tanti cheri e dal matrimonio era a seminativo o prato gliosi del loro bestiame, lo curavano, lo pulivano, zuccherini il nonno Arturo riuscì a fargle saltare, o nacque la figlia Cinzia; arborato, vigneto, bosco davano loro da mangiare e da bere, due volte al evitare, i fossati e gli ostacoli nei campi e lungo le Anna prese per marito ceduo e pascolo; in par- giorno mattina e sera. Al momento della mungitu- strade”. Giuseppe Dalla Costa ticolare, come emerge ra - rileva Onelio - l’addetto prendeva una piccola Mezzi motorizzati, in quegli anni, se ne trovavano ed ebbero due figli: Sil- dalla documentazione seggiola e si accostavano alle mucche nella posta. pochi per il lavoro, così come per gli spostamenti via e Roberto. settecentesca, l’area in- Poggiava la testa contro il ventre della vacca, poi delle persone. Il figlio Dario sposò teressata dalla presenza cominciava a tirare le mammelle ora una, ora l’al- “Dario, il mio papà, possedeva una moto Benelli Teresa Franchini e dal delle Salse era indicata tra, fino a farne uscire il latte che finiva dentro il 125 e - fa sapere Onelio - poteva dirsi fortunato. matrimonio nacque come ‘terra lavorativa, secchio tenuto stretto fra le ginocchia”. Solo dopo tanti anni ha potuto acquistare una Fiat Onelio Zanelli, località il figlio Onelio. Il - ter prativa, sarsosa e steri- “La cavalla mi piaceva molto - ammette Onelio - Il 600. Tempi in cui l’uomo lavorava la terra, la don- Domenico Rampionesi, Onelio Quercia della Leonina Zanelli e Rosa Rampionesi reno da coltivare per le’. “Nella stalla - dice na lo aiutava e reggeva la casa, le bestie servivano la famiglia Zanelli era Onelio Zanelli - avevamo circa una quindicina di entrambi. C’era una sorta di mutua solidarietà fra ampio, ma impervio. Toccava tutta la riva sotto il mucche e sotto una piccola rimessa in legno tene- uomini e animali e c’era gratitudine nella comune Passo Stretto e si estendeva, sotto il Gazzolo, quasi vamo i vitellini. C’era anche una cavalla di nome fatica”. Dora, che serviva Anche Casa Rossa per trasportare era la tipica abita- l’erba dai campi e zione rurale delle il latte su di un bi- nostre colline. Da roccino, mattino una parte stalla e e sera, al punto di fienile e dall’altra raccolta a Torre l’abitazione del delle Oche. Qui contadino. veniva pesato da “Nella nostra, per Lisetta (Liseina) un certo periodo, Baranzoni che abbiamo avuto poi, servendosi di un’ospite indesi- una Fiat Topoli- derata - testimonia no trasformata Onelio - Si tratta- in camioncino, va di una piccola lo trasportava al salsa in cantina, Rosa Rampionesi, Giuseppe Dalla Costa, Teresa Franchini, Novella, Dario e Onelio Zanelli Teresa Franchini, Dario e Onelio Zanelli Foto: 19 - Dario Zanelli con la sua moto Dario Zanelli e la cavalla “Dora”

46 47 locale non pavimenta- e Romano. Al numero civico seguente, dal 1949 al L’ultima casa era detta ‘la Tana’, abitazione del to che si raggiungeva 1956, aveva casa Geminiano Lanzotti, mezzadro, coltivatore diretto Baldassarre Montanari e del- con alcuni scalini dalla con la moglie Albertina Tonelli e i figli: Giovanna, la moglie Maria Covili. Venivano, era il 1962, da cucina. Uscivano bolle Pierina, Attilio e Adele. Castelvetro ed avevano tre figli: Luciana, Emma e d’acqua limacciosa che, A questo punto, Via Rio Salse 2° Tronco muta de- Roberta. di volta in volta, i miei nominazione in Via Rio Salse 1° Tronco. A questo punto la strada, lasciando sulla destra il famigliari cercavano di Al civico 10 abitava il coltivatore diretto e proprie- ponticello sul Fossa di collegamento con Via Nira- ostruire. Passava qual- tario del terreno Celso Martini, assieme alla moglie no, località Torre delle Oche, la strada prendeva che giorno e rispuntava Rosa Dini. La famiglia si trasferì nel 1958, ad un il nome di Via Fiandri e qui abitava, dal 1948 al poco lontano rendendo anno dalla morte di Celso, a Formigine. Anche la fi- 1952, il fioranese dottore Ottavio Fiandri, assieme lo spazio quasi inutiliz- glia Anna Maria nel 1955 prese casa a Castelnuovo alla moglie Eugenia Stoppani e alla figlia Laura, di zabile. Tappa una volta, Rangone. Subentrò nel podere Carlo Pigoni, assie- professione architetto. Rosa Rampionesi e Novella Casa padronale Ottavio Fiandri Zanelli con la cavalla Dora tappa due volte e via di me ai figli Maria Assunta e Elisabetta. A fianco di questa villa padronale, nella casa rurale, seguito fino a quando Al civico 8, fino al 1951, stava l’agricoltore Inno- dal 1951 al 1976, ha abitato il mezzadro Giovanni inerenti all’abitazione della famiglia Fiandri: il bu- la salsa si è spostata nel ‘tavler’, la zona dietro alla cente Ronchetti con la moglie Matilde Galli e il fi- Delmonte con la moglie Elena Barbieri e il figlio cato, le pulizie, l’approvvigionamento della legna casa”. glio Onelio, coniugato con Zezia Ghirardini e i figli Bonfiglio. Inizialmente c’era anche Renzo, fratello per scaldare i locali e quant’altro fosse necessario. Un fenomeno naturale, quello delle salse, da tempo Wlliam e Ivano. Fino al 1957 ha abitato in questa di Giovanni che poi si trasferì altrove. L’acqua potabile la prelevavamo da un pozzo e non sotto l’attenzione degli studiosi, ma allora maledet- casa Giovanni Ferrari, poi trasferito in Via Rio Sal- “La mia famiglia - ricorda Bonfiglio - viveva nella so quanti secchi ho dovuto tirare su e portarli dove to dai contadini che usavano anche ararle per limi- se 1° Tronco e fino al 1965 stava qui anche la fami- piccola casetta a fianco della villa padronale abita- la mamma mi indicava. Il babbo, invece, andava a tarne l’attività. Facile immaginare lo stato d’animo glia di Abramo Caselli, padre di Elda e Romano, ta da Ottavio Fiandri. Sostanzialmente la mamma lavorare a ore dai vari contadini della zona a secon- della famiglia Zanelli che ne aveva una addirittura assieme alla moglie Antonietta Fontana; la famiglia era la loro domestica, svolgendo tutti quei lavori da delle loro necessità. Allora i giorni erano scanditi in casa. si è poi trasferita in Via Nirano, poco prima delle Prima la famiglia di Giovanni Casolari, poi quella Case Bianche. di Zanelli; quindi, a coltivare il podere, subentraro- Scendendo verso il torrente Fossa, al civico 6, no Roberto Manfredini e suo figlio Giuseppe (Pen- immigrato da Maranello nel 1941, aveva casa il na Bianca). mezzadro Quinto Montanari, assieme alla moglie Due famiglie dimoravano al civico 3, quella di Etto- Maria Popoli e ai figli Rina e Giorgio. Nel 1956 si re Giugni, proprietario e coltivatore diretto, celibe, trasferirono a Modena. che nel 1960 si trasferì a Modena e quella di Agosti- Al civico 4, dal 1941 al 1955, abitò Aurelio Ardilli, no Gall, non sposato anche lui, che nel 1952 prese coniugato con Amedea Nava. Emigrarono a Mo- casa a Formigine assieme al padre Giuseppe. dena assieme ai figli Giuseppe, Lorenzo, Silvestro e Dal 1943 al 1954, data di emigrazione a Sassuolo, Agostina. Nella conduzione del sito, da Serramaz- al numero 4, sempre di Via Rio Salse 2° Tronco, zoni, arrivarono Giuseppe Rosini, la moglie Matil- risiedeva Amedeo Adani con la moglie Giuseppi- de Badiali e i figli Angiolina, Gaetano e Ebe. Dopo na Schieri e i figli Anna, Giuseppe, Mario, Pietro soli quattro anni presero casa a Castellarano. Casa Montanari, località conosciuta come “la Tana” Casa famigli Bonfiglio dall’alto

48 49 dai lavori nei campi: il fieno, la mietitura, la ven- e dalla moglie Pia Leonardi che in seguito, assieme demmia, l’aratura e la semina”. ai figli, si trasferirono a Spezzano, in Via Crociale e “Purtroppo, fra le tante cose che hanno contrasse- di loro si parla nel quarto volume di questa collana. gnato la mia adolescenza - dice Bonfiglio - ho sem- Proseguendo verso Spezzano, al numero 4 sempre pre nella mia mente un fatto tragico successo sulla di Via Fiandri, abitava Alfonso Biolchini. Nel 1953 Via Nirano, dalla parte opposta del Fossa rispetto era arrivato da Pavullo e nel 1974 si era trasferito in alla nostra casa. Lì abitavano i miei cugini Antonio Via Flumendosa, a Spezzano. Coltivatore diretto, Barbieri, la moglie Teresa Franchini ed i figli. Uno Alfonso era marito di Maria Romani e la coppia di questi, Giovanni, di 12 anni, una domenica mat- aveva un figlio di nome Ermanno. tina prese una bicicletta e si inoltrò lungo Via Ni- Nella stessa casa, dal 1954 al 1957, stava Gennaro rano. Purtroppo finì sotto uno dei rarissimi camion Covili, mezzadro, assieme alla moglie Caterina Do- che transitavano su quella strada. Morì sul colpo e nati e alla figlia Maria. per tutta la zona di Spezzano e Nirano fu un fatto Cera poi l’agricoltore Giacomo Mezzaqui, la mo- drammatico, vuoi per l’età del ragazzo, vuoi perché glie Valentina Baldoni e le figlie Norma e Marisa. Foto 103 – famiglie di Antonio Chiletti e Luigia; Bartolomeo Bartolomeo Chiletti, Luigia Leonardi con famigliari e parenti fu uno dei primi incidenti mortali registrati su quel- Erano arrivati in Via Fiandri, provenienti da Pavul- Chiletti e Luigia e Giuseppe Chiletti e Bruna in occasione deo come “ Chichein Pasarai”. Uno dei tanti sopran- cinquant’anni di matrimonio (nozze d’oro) di Egidio Chiletti la strada. Era il 5 maggio del 1952”. lo, nel 1956 e nel 1968 si sono trasferiti in Via Po, e Anna Barbolini. nomi delle famiglie che i contadini condensano nel Sempre qui abitò, arrivando da Serramazzoni, fino a Spezzano. Dal 1959 al 1968 qui ha abitato anche Fila in alto: Antonio, Bartolomeo e Luigi Chiletti; Luigia giro di un’immagine, un episodio saliente della bio- al 1968 quando si trasferì in Via Castello 2, la fami- Ruggero Zanetti, marito di Norma Mezzaqui. Buffagni, Luigia Leonardi, Giuseppe Chiletti, Bruna grafia personale o un tratto fisico o un aspetto del glia di Giacomo Baldaccini, assieme alla moglie Le- Al civico 2 risiedeva Marino Volpi, figlio di Umber- Martinelli; Amelia, Mario e Rosa Chiletti;Ernesta in carattere, e per questa loro risoluzione fantastica tizia Bastai e al figlio Stefano. Il podere è stato con- to. Veniva, era il 1946, da Castelvetro e nel 1953 Chiletti;Raffaele, Pierangelo, Anna, Giorgio, Albertina, dei fatti dell’esistenza sfioravano talora la poesia. dotto anche, dal 1968 al 1972, da Carlo Leonardi emigrò a . Mezzadro, era sposato con Ormildo, Enzo Ildebrando, Giuseppina, Daniele Chiletti; Erano tempi - aggiunge Vincenzo - che se uno cer- Rina Cremonini e la cop- Giovanni Cuoghi; Iolanda e Luigia Chiletti in Tassi. cava una persona per il cognome difficilmente la Fila centrale: Teresa e Egidio Chiletti, Anna Barbolini; pia aveva due figli: Gian- Marisa, Maria, Vincenzo, Alfonso Chiletti. trovava. Con il soprannome della famiglia, o perso- carlo e Genoeffa. Fila sotto: Dino, Ildo, Rita, Lucia, Agnese, Laura Carlo nale, tutto era più facile”. Nell’ultima casa di Via Chiletti; Luigi Cuoghi La famiglia di Bartolomeo Chiletti “subì un mo- Fiandri, al civico 1, risie- mento di forte criticità “quando il babbo - spiega il dette, dalla metà del 1935 famiglia tipica contadina necessariamente numero- figlio Vincenzo - fu richiamato, come tanti, sotto le e fino al 1952, Bartolo- sa, in quanto la sussistenza economica era legata armi nel secondo conflitto mondiale. Fu destinato a meo Chiletti, coniugato al podere di spezzo preso a mezzadria, la cui la- e vi rimase fino a quando non sono nato. con Luigia Leonardi e vorazione richiedeva un’ampia composizione della Ero il sesto dei figli e questo determinò il suo con- dieci figli: Ildebrando, famiglia stessa. gedo dal servizio militare ”. Albertina, Giuseppina, “Era quasi da un secolo che la famiglia Chiletti la- Occorre ricordare che l’inizio del conflitto deter- Daniele, Pierangelo, Vin- vorava questo podere lungo il torrente Fossa e la minò una situazione obiettivamente difficile, in cui Bonfiglio Delmonte con la cenzo, Raffaele, France- Via Fiandri”, asserisce Vincenzo Chiletti. “Prima però era stato il regime a cacciare se stesso e pur- Giovanni Delmonte mamma Elena Barbieri Bonfiglio Delmonte sco, Marisa e Maria. Una del babbo c’era il nonno Francesco, conosciuto troppo l’Italia; la mobilitazione del Paese in guerra

50 51 Vincenzo - non fu costretta ad abbandonare la loro vengono a maturazione le condizioni e gli strumen- seguenza, anche delle casa. I figli più grandi, anche nel periodo di guerra, ti che determineranno nel giro di un decennio o amicizie.. Dalle frequen- continuarono a frequentare la scuola di Spezzano. poco più una trasformazione dell’agricoltura che tazioni in Parrocchia a In casa, oltre a fare i compiti di scuola, aiutavamo non ha precedenti storici confrontabili. Spezzano a quelle di Fio- i nostri genitori. Le mie sorelle erano impegnate, “Le mie sorella Marisa e Maria iniziarono a fare le rano, per fratelli e sorelle per lo più, nelle faccende domestiche. Noi maschi magliaie in casa. Giuseppina ebbe la vocazione e si Chiletti, il passo è stato rastrellavamo l’erba sui campi, stavamo davanti ai fece suora - rammenta Vincenzo - e anche Daniele beve. Anche se la distan- buoi che caricavano il foraggio, aiutavamo nei la- abbracciò la vita monastica. Io me ne andai da casa za, dalla via Gubellina, vori della stalla e dopo la mietitura del grano, la per una quindicina di mesi per assolvere l’obbligo era molto più lunga. vendemmia dell’uva o la raccolta della frutta “spi- del servizio militare, nel corpo degli alpini, a Bas- “La novità dove trascor- golavamo” le piccole quantità di prodotto rimaste sano sul Grappa e Ildebrando, dopo il matrimonio, rere parte del tempo sui campi o sulle piante “, trovò lavoro, all’inizio degli anni ‘60, come custode libero - sottolinea Vin- Adolescenza e gioventù trascorsi fra le mura dome- del campo di calcio a Fiora- cenzo - era rappresen- Marisa e Maria Chiletti stiche, la scuola e, nel periodo del tempo libero, la no”. Ildebrando Chiletti turista a tata, fra l’altro, dal bar si rivelò insufficiente, e quando non fu tale rimase Parrocchia che era forse l’unico punto di ritrovo e Nel 1952 la famiglia di Barto- Tivoli Acli, dal salone dell’asilo pur sempre poco efficace. Non fu realizzata nem- di aggregazione delle muove generazioni. Col pas- lomeo Chiletti si trasferisce in “Coccapani” e dal cine- meno la mobilitazione generale delle classi di leva. sare degli anni, anche per la famiglia di Bartolomeo Via Gubellina, laterale di Via ma Primavera dove proiettavano film e si poteva Alcune furono addirittura congedate, per essere poi Chiletti inizia un processo di trasformazione con un Ghiarola Nuova, a Fiorano. assistere a spettacoli teatrali. Uno dei momenti più talvolta richiamate in servizio. Ne derivarono gravi “trasloco” dei figli verso altre attività che non fosse- Prende casa, a mezzadria, su importanti era quello di “Ore liete” caratterizza- e spesso casuali ingiustizie. La piramide di età de- ro quelle dell’agricoltura. Tra gli anni 1946 e 1953 un podere di circa 30 biolche to da scenette, esibizioni musicali con protagonisti gli italiani che presta- di proprietà di Vincenzo Ca- buona parte dei ragazzi e ragazze di Fiorano. Ini- rono servizio militare vani, titolare di un mulino in zialmente si faceva nel salone dell’asilo delle suore e durante la guerra non Via Gramsci, a Fiorano. in seguito al Primavera. Coinvolti anche tanti geni- rispettò, come sareb- “Era un periodo caratterizza- tori nella preparazione del rinfresco finale ”. be stato ragionevole, to di un rapido quanto pro- Strutture parrocchiali come vitale punto di riferi- quella della popola- fondo mutamento della vita mento per la gente, polo positivo per il tessuto so- zione. Classi e contin- sociale. Il lavoro manuale nei ciale considerando la sua centralità nella vita non genti più giovani ri- campi - evidenzia Vincenzo - solo religiosa. Se si potesse avere una tavola con masero a casa mentre lasciava il posto alle macchi- tutte le infinite storie parrocchiali di Spezzano e classi e contingenti più ne e si iniziava a intravedere Fiorano, ricostruite con unità di metodo, avremmo anziani andavano in il repentino spostamento del veramente una grande storia del vissuto religioso guerra, talora a lungo, baricentro strutturale del no- nel nostro territorio: un obiettivo suggestivo, che e spesso morendovi. stro territorio dal mondo delle spiegherebbe tante cose della nostra mentalità e dei “Durante la guerra la Vincenzo Chiletti campagne a quello urbano”. nostri comportamenti sociali. Così come l’opera mia famiglia - spiega Bartolomeo Chiletti, secondo in piedi da destra, con alcuni Cambio di casa e, di con- dei tanti sacerdoti che si sono succeduti negli anni. Luigia Leonardi commilitoni prima del rancio alpino

52 53 Quello che rimane della famiglia di Bartolomeo ro - aggiunge Ildo - i nostri giochi erano frutto di Chiletti, visti i matrimoni e le partenze dei figli, da una fantasia infinita, poiché nessuno di noi aveva Via Gubellina si trasferisce in Via Sola dove Vin- un gran che, come oggetti di divertimento. I nostri cenzo e Raffaele coltivano le 12 biolche di terreno interessi, i nostri amici, ruotavano quasi sempre at- “prevalentemente a vigna - puntualizza Vincenzo torno alla chiesa e alla canonica, riconosciuta come - con vitigni di grasparossa, malva gentile e pigno- l’unico centro vitale di aggregazione”. letto destinati tutti alla Cantina Pedemontana”. Quella degli anni ‘50 e ’60 era una società ricca L’eccellenza prodotta dai due fratelli è, però, il mie- di spiritualità, di religiosità e di parsimonia che av- le. “E’ un’attività a volte da portare avanti in soli- volgeva ogni gesto e momento della vita contadina. tario e frutto di conoscenze e tradizioni antiche”, Tutte le case avevano la candela della Madonna sottolinea Vincenzo.”Lavoriamo lontano dai centri contro la grandine; recitavano il Rosario durante il abitati, d’inverno siamo stanziali e con l’arrivo della Salone del Pellegrino (1964). Festa per l’ordinazione mese di maggio e non solo; ogni domenica nessuno primavera diventiamo nomadi alla ricerca dei fiori. sacerdotale e prima Messa del fioranese Don Franco Leonardi. mancava alla Messa. E ancora le solenni proces- Partecipanti a “Ore liete” Da sx: Luigi Cuoghi, Aldo Leonardi, Augusto Berselli, Don Operiamo in simbiosi con le api che se rispettate ci Franco Leonardi, Vincenzo Chiletti e Ezio Ferrarini. sioni che radunavano tutto il paese, con il babbo forniscono un ottimo miele”. Mutamenti produttivi che portava uno stendardo in testa al corteo quasi che viaggiano assieme allo svilupparsi dei mercati vamo una ventina di mucche, un paio di scrofe nel sempre aperto dalle donne. Ricordo, fra le tante, agricoli.. Queste trasformazioni hanno cambiano porcile e animali da cortile, che accudiva con gran- quella delle Rogazioni per scongiurare malattie ai velocemente la posizione delle aziende agricole, da de cura la mamma. Aveva un amore profondo per cereali, in particolare la ruggine del grano. Era una produttrici di beni che venivano auto consumati la terra ed orgogliosa per la bellezza degli ortaggi (niente mercato) a produttrici di beni che, in parte, nell’orto, accanto ai quali coltivava sempre anche andavano sul mercato e, in parte, su quello finale, dei fiori. Eravamo bambini e si andava a scuola, perché beni destinati direttamente al consumo e a piedi, alle Menotti di Spezzano. Nel tempo libe- destinati anche ad un mercato intermedio, perché sono beni venduti all’industria, che li utilizza come materie prime per una successiva trasformazione e seguente immissione sul mercato. Tornando a Spezzano, in Via Fiandri, dal 1952 al 1967, il podere di 18 biolche e di proprietà dei fra- telli Cavallini, è stato coltivato da Giuseppe (Peppi- no) Chiletti, fratello di Bartolomea, con la moglie Bruna Martinelli e i figli Ildo, Rita, Laura, Dino e Enzo. “Vite per l’uva e bestiame erano le principali risor- Vanda Giugni, Benedetti, Leda Tagliati e Albertina Chiletti se di questa tenuta pianeggiante confinante con il Ildo, Giuseppe (Peppino), Laura Chiletti, Bruna Martinelli, nel ruolo di cuoche a “Ore liete” torrente Fossa - dice Ildo Chiletti - Nella stalla ave- Foto: Bruna Martinelli e Giuseppe (Peppino) Chiletti Rita Chiletti

54 55 processione durante la quale si cantavano antifone, coltivava il podere con passione ed amore senten- come garzone nel ca- “I soci - ricorda Enzo - erano 27 aziende contadine orazioni stazionali e soprattutto litanie, suppliche dosi parte di quel mondo dove lui era semplicemen- seificio Coop. Castel- che avevano eletto presidente Geremia Leonardi. contro le calamità”. te il custode ed agiva nel rispetto della terra, della lo, lungo la strada che Il lavoro, duro, iniziava alle cinque del mattino con Nelle campagne c’era sì la povertà, la fatica, ma fertilità del suolo e dei cicli naturali, usando solo portava la Castello di la pulizia delle porcilaie, occupate da circa 150 ma- c’erano anche i valori che gli uomini hanno dimen- prodotti naturali e sementi che si rigenerano da soli. Spezzano. Va detto che iali da alimentare, due volte al giorno, con il siero ticato: la parola data, la solidarietà, la cura di un Poi, anche la famiglia Chiletti decise l’abbandono il comparto lattiero-ca- residuato dalla cottura delle forme di formaggio. paesaggio bello da vedere. Il contadino di allora della terra. Enzo, in quegli anni, aveva lavorato seario fu interessato in Poi ritiravamo il latte portato dai contadini; lo la- quel periodo post-belli- voravamo attraverso diversi processi produttivi per co dall’espansione della ottenere il formaggio e pulivamo tutti i locali. Sosta formula cooperativa. a mezzogiorno per il pranzo, breve sonnellino e poi La stalla creava le con- in magazzino per pulire e controllare le forme. Ver- dizioni per una dimen- so le diciassette tornavamo a lavare le porcilaie, si sione di imprenditoria- distribuiva il pasto serale ai maiali e, finito, eravamo Bruna Martinelli lità parcellizzata, ma pronti per il ritiro del latte. Una giornata intesta e diffusa, che trovava nel- faticosa che generalmente terminava dopo le venti. la sperimentazione cooperativa una naturale evo- I soci portavano il latte al mattino e alla sera, circa luzione. Infatti, mentre il capitale bestiame doveva 20 quintali complessivamente, che permetteva di essere equilibrato alle possibilità di nutrizione del fare quattro forme di formaggio ogni giorno”. podere e alle necessità lavorative per la coltivazione “A fine anno - spiega Enzo - la cooperativa- pre dei terreni, grazie ai quali i conduttori (fossero essi parava e approvava il piccoli proprietari, affittuari o mezzadri) avevano la bilancio economico e garanzia della sopravvivenza della famiglia, i pro- il guadagno, dovuto in dotti della stalla prendevano quasi esclusivamente particolare alla vendi- la strada del mercato e in questo settore il condut- ta del formaggio e dei tore poteva rischiare e sperimentare cercando di maiali, veniva diviso fra conseguire maggiori i soci. Mai nessuno era guadagni. Si sviluppa- contendo, anche perché rono così le cooperative, i dividendi si aggirava- nelle quali i produttori no sempre sulle 250.000 mettevano in comune lire per chi, come il bab- non solo la lavorazione bo, aveva 6 o 7 muc- del latte, ma anche la che da latte. E questa commercializzazione somma, per i mezza- dei derivati, compresi i Giuseppe Chiletti in testa alla processione in Via Fiandri Giuseppe (Peppino) Chiletti maiali. Enzo Chiletti parte per il lavoro al caseificio

56 57 La sorella Rita ha sempre fatto la casalinga, mentre Laura ha gestito, a Maranello, un deposito di acque minerali. Nel 1967 nella casa di Via Fiandri andò ad abitare Angelo Covili. Una lunga strada quella che collegava la località Villa con la Chiesa di Spezzano, contrassegnata dalla presenza di tante attività agricole, capaci di rendere fertile un territorio difficile, salvaguardan- do l’ambiente, l’assetto idrogeologico, la protezione della fauna, il mantenimento delle sorgenti e l’ab- bellimento del paesaggio naturale caratterizzato dalle Salse di Nirano e dai calanchi. Bruna e Cristina Chiletti, Clara Scarabelli, Cristina e Clara Scarabelli e Giuseppe Ildo Chiletti (Peppino) Chiletti dri, era da dividere con il proprietario del podere. Il malcontento era anche dettato dal fatto che per acquistare una buona mucca da latte occorrevano Dino e il cugino Pierangelo Chiletti dalle 70 alle 100 mila lire”. Enzo Chiletti e il suo scuolabus Nel ‘68, l’ultimo a lasciare Via Fiandri, fu Ildo. Si era sposato nel ‘66 con Clara Scarabelli. Due le fi- sono nate due figli: Marco e Clelia. Assieme al fra- glie: Barbara e Cristina. tello Dino e alle sorelle Laura e Rita, si fece risto- “Iniziai a lavorare - rammenta Ildo - al maglificio ratore, dal ‘64 al ‘67, in un esercizio a Gorzano, Pelati di Maranello. Dava lavoro a circa 160 opera- chiamato ‘F.lli Chiletti’, scelta di lavoro dettata dal ie. Noi maschi eravamo una quindicina, quasi tutti fatto che Dino faceva il cameriere al ristorante Gat- a turno ai telai. Si producevano maglie. Terminata to Verde, alla Svolta di Maranello e portò la sua questa esperienza sono passato, come manutentore, esperienza nella nuova attività. per 20 anni, alle dipendenze del Comune di Fio- Stare in mezzo alla gente piaceva molto ad Enzo rano, prima di andare in pensione. Ora dedico il che iniziò l’attività di taxista in proprio e anche con mio tempo, assieme a mia moglie, a produrre aceto il servizio di scuolabus per il Comune di Fiorano. balsamico e questo, anche per i risultati raggiunti, Per ultimo divenne l’autista personale della fami- mi dà una grande soddisfazione” glia Marazzi di Sassuolo e questo fu il suo ultimo Enzo, conclusa l’esperienza di garzone nel casei- lavoro prima di dedicarsi, come il fratello Ildo, ficio, si sposò con Franca Ruini e dal matrimonio Ildo, Lara, Dino Chiletti, Brunetta Scarabelli e Vuinceno all’aceto balsamico. Chiletti melò ristorante “F.lli Chiletti” a Gorzano Enzo Chiletti e Maria Corti Marazzi

58 59 Foto di sinistra Anno 1956 – Giuseppe Sabatini, Antonio Vivi, Ivo Serri, Pier Luigi Vivi, Ferruccio Ascari (maestro) in basso: Giorgio Venturelli, Gianni Bettelli e Luciano Ferrari. Sotto: Giuseppina Baranzoni, Bruna Paganelli e Ines BoschettiZanelli e Berretti.. Foto di destra Alto da sx; Giuliano, Domenico Rampionesi, Berretti, mestra, Giorgio Fiandri e Olga Abati. Sotto: Anna Sernesi,, Brunella, n.n. n.n.. Fla sotto n.n., Omelio Zanelli e Berretti..

Foto in alto In alto: Anna Andreotti, Oriele Giberti, n.n., Guglielmo Manelli, Mario Lanzoti, n.n., n.n., Noe Manelli,n.n.. Fila centrale: Anna Pasini, Adalcisa Barbieri, Rosa, Abati, Agnese Gorrieri, Luisa Montanari, Cesarina Vivi,n.n., Mirella Buffagni e n.n.. Fila sotto: Francesco Manelli, Paolo Manelli, Bruno Casolari, n.n., Pietro Adani, Mario Montanari.Sotto: Giuseppina Baranzoni, Bruna Paganelli e Ines BoschettiZanelli e Berretti..

In alto maestro Tardini. Prima fila: N.N., Anna In alto maestro Tardini, Prima fila;N.N., Anna Sernesi, Brunella, Sernesi, Brunella, Olga Abati, Berretti, Onelio Mario Baroni, Domenico Rampionesi, Giorgio Olga Abati , Berretti, Onelio Zanelli, Vincenzo Caselli, Zanelli e Vincenzo Caselli. Sotto: Giorgio Fiandri e Onelio Zanelli. In basso Giuseppe Abati, , Sotto: Giorgio Fiandri, Berretti, Giuliano e Mario Baroni Fiandri, Berretti, Giuliano e Mario Baroni. Giuseppe, Giuliano Manfredini

60 61 La proprietà si rivolge ad un tecnico, per avere la datazione ed avviare un adeguato restauro, chieden- do alla Sovrintendenza di Bologna l’approvazione del progetto. “Da quel momento ho tenuto scritto, su una agen- da-diario, il procedere dei lavori che ogni giorno hanno riservato notevoli sorprese e conferme della Accanto al castello, un altro importanteasa di aggre -Leonardistrada comunale di Nirano, si inseriva nell’ambito storicità e importanza dell’edificio” evidenzia Vin- gazione sociale del territorio di Spezzano era rap- delle più importanti direttive di comunicazione via- cenzo Leonardi. presentato dalla chiesa che non si trovava nel luogo ria del territorio. L’analisi dell’antica viabilità me- Oltre a diversi studiosi ed esperti del settore, quel- dov’è oggi, ma a levante del torrente Fossa, nella dievale riconferma, infatti, sulla sinistra il torrente la conosciuta anche come ‘Casa Leonardi’ è stata zona abitata, senza dubbio, più antica del paese di Fossa l ‘ubicazione dei maggiori nuclei abitativi. Casa Torre prima del restauro descritta dallo storico dell’arte fioranese Domenico Spezzano, configurabile forse con lo stesso “fundus Una ulteriore conferma viene dal ritrovamento, za e la robustezza”. Iacaruso, nella sua tesi di laurea, presentata all’U- peccianus” di epoca romana. L’area, su cui gravita- sempre lungo la via Motta, di uno dei monumenti “L’arco - continua Leonardi - era formato da mat- niversità degli Studi di Milano, Facoltà di lettere e va anche il maniero, era delimitata geograficamente più interessanti e importanti del territorio modene- toni posti di taglio sul lato lungo e la centina di filosofia, Corso di Laurea Magistrale in Storia e Cri- dall’ andamento del torrenteC Fossa ad Ovest, dalla se. La sua scoperta è recente ed è stata fatta, guar- mattoni sovrapposti di piatto sulla faccia maggiore tica dell’Arte. via Claudia a Nord e dal rio di Spezzano ad Est, dando alcuni particolari di una finestra posta sul all’arco, come rinforzo e ornamento. Da questi par- In questa tesi e dalle testimonianze di Vincenzo Le- laddove, come scrive la storica Gianna Dotti Messo- lato sud dell’edificio, dall’attuale proprietario Vin- ticolari ho intuito la possibile datazione dell’edificio onardi, si trova conferma che l’edificio è ascrivibile ri nel volume “Spezzano: una comunità, un castel- cenzo Leonardi, che qui è nato e tuttora vive con risalente al 1.300 circa”. alle case-forti d’epoca medievale ed è costituito da lo”, è tuttora possibile ricostruire in parte il reticolo la sua famiglia. A questo medico si deve il grande L’iniziale curiosità si trasforma nella necessità di due corpi di diversa epoca: quello lungo la strada, centuriale romano, attraverso le tracce di antichi lavoro di restauro che ha portato a scoprire questa proseguire un’azione esplorativa sulle origini di con chiara funzione di sbarramento viario, ha l’a- percorsi parzialmente oggi ancora riscontrabili. ‘casa forte’ che meriterebbe, per la sua importanza, quella che, al momento, era una semplice casa co- spetto di una torre alquanto allargata in base, con La chiesa di S. Giovanni Evangelista di Spezzano, in maggiore attenzione e conoscenza. lonica. aperture a sesto acuto sul piano nobile e strette fe- una relazione del 1792, doveva sorgere “in un pic- “Mio zio Tommaso - ricorda Vincenzo Leonar- ritoie al piano terra; due più ampie aperture ad un colo piano di un poggio di faccia al castello, ove si di - quando gli chiedevo informazione sul passato livello intermedio, similmente alla torre matildica scorgono le vestigia” . La zona potrebbe essere iden- di questa struttura, mi rispondeva affermando che, del castello di Nirano, con la quale questo edificio tificata con quel poggio, che tuttora porta il nome di probabilmente, era stata sede di un convento. Ero ha molte somiglianze, ricollegano la struttura all’uso “Il monte”, situato alla destra (per chi viene dal cen- molto interessato alle origini del caseggiato ed un militare di controllo e difesa del territorio. tro di Spezzano) della via Motta. Il toponimo stesso giorno, guardando la facciata che dà sul cortile in- “Di feritoie - asserisce Vincenzo Leonardi - ce ne di Motta (dal radicale prelatino mut/mot = rialzo di terno, ho osservato attentamente la forma dell’arco sono tre: due sul lato prospetto Nord e una su quello terreno) indica ulteriormente l’ antichità della zona, di una finestra ogivale, posta nel prospetto sud del Est; ai lati di questa sono rimaste due piccole fine- nella quale forse esisteva un insediamento già dall’ primo piano. La caduta di una parte di placca d’in- stre rettangolari aggiunte, forse, nel ‘500. Le feritoie epoca preromana. tonaco mostrava la composizione dell’arco e della Nord hanno uno sguincio (conformazione ad an- La via Motta, inoltre, fino al secolo corrente allor- centina, elemento edilizio che si appoggia all’arco, golo ottuso di un vano o di una struttura muraria). ché si venne attuando la definitiva costruzione della da cui prende la forma pur accrescendone l’elegan- Casa Torre dopo il restauro simmetrico perché dovevano controllare lo stesso di Luigi Giuliani 62 63 storica in tutto il territorio. “Molto probabilmente - aggiunge Iacaruso - essa apparteneva ad una fami- glia legata a personalità di spicco, a giudicare dalla grande disponibilità economica, ma anche perché dedita al controllo di una strada importante (forse anche al fine di riscuotere gabelle) e del Rio Spez- zano. Una famiglia che a lungo visse in questa abi- tazione, anche se il passaggio del potere in mano ai Pio avrà spinto ad un cambio di politica e di allean- ze, dunque all’affidamento del controllo a famiglie legate ai nuovi dominatori e a radicali opere di re- Esterno della Casa Torre Parte del recupero parete abbattuta stauro, anche a fini di propaganda”. bondante calce, conducono ad una datazione al XII Sostanzialmente questa casa-forte la si può configu- pezzi di intonaco affrescati e i lavori sono stati im- secolo, confermata anche dal perdurante uso della rare col passare degli anni, siamo intorno al 1405, mediatamente bloccati. Dall’esame degli esperti è Finestra al primo piano Feritoia piano terra ‘spinapesce’ in alcuni punti”. più come residenza del signore e quale centro poli- emersa la conferma della presenza di disegni e colo- Sulla tipologia e la provenienza delle pietre usate tico-amministrativo e giuridico, sede del podestà o ri. Coi bisturi si sono ripuliti i lacerti (brandelli di un spazio esterno sia a destra che a sinistra, dato che la nella casa-forte, Vincenzo Leonardi sostiene “che commissario del feudatario, che come luogo di di- solido che va in frantumi) dell’intonaco ed è iniziata strada è parallela alla costruzione. A Est lo sguincio, arrivarono sicuramente dal torrente Fossa. Questa fesa, perdendo in tal modo le caratteristiche proprie immediatamente una ricognizione sulle pareti delle molto asimmetrico, è tutto a vantaggio della possibi- casa si rapporta con il territorio circostante per il del fortilizio. La struttura, non avendo subito par- due stanze: i diversi saggi hanno mostrato che una lità che l’osservatore pos- materiale pietroso con cui è stata realizzata e la po- ticolari rifacimenti successivi (neanche, come pare, era completamente affrescata. Abbiamo recuperato sa spaziare sul territorio sizione strategica dove è stata costruita”. dopo il terremoto del 1501) conserva le testimo- anche la parete abbattuta attraverso una anastilosi, posto alla sua destra”. Una casa-forte d’epoca matildica, dunque, al pari nianze di quella nuova situazione, purtroppo invece ossia rimettendo insieme, elemento per elemento, “Nel XIV secolo vi sono delle difese che si apprestavano in quella precisa fase quasi del tutto scomparse nel Castello di Spezzano, parte dei pezzi originali del tramezzo distrutto. Così stati restauri e abbelli- che forse era stato decorato e affrescato similmente facendo è tornato alla luce solo parte dell’affresco, menti: questa ipotesi - se- a Casa Leonardi nel ‘400. ma in alcuni contenitori ho tenuto ancora materiale condo Domenico Iacaru- Gli stupendi affreschi, l’importanza di quello che di recupero che, riordinandolo, potrebbero dare la so - è supportata dal fatto rappresentano, sono tornati al loro antico splendore configurazione originaria dell’affresco”. che i mattoni non sono quasi per caso. Quello rinvenuto, secondo lo storico Domenico Ia- presenti nella muratura “Nel progetto iniziale del restauro - spiega Leonar- caruso, “è un decorativismo d’impronta ancora go- in pietra più antica, che di - i tecnici avevano ipotizzato una stanza unica, al tica, o meglio, appartenente al primo Rinascimento, insieme alla disposizione primo piano della parte aggiunta alla casa-forte. Di come traspare da alcuni importanti edifici coevi fer- dei sassi, solo raramente locali però ce n’erano due e si decise di abbattere la raresi, oltre che modenesi. lavorati e immersi in ab- parete, senza nessun esame preventivo dello spesso- Da sottolineare anche il fatto che l’edificio ‘nuovo’ re dell’intonaco a cominciare dagli strati di calce. è interamente in mattoni, a dimostrazione della Lato Casa Torre sulla Via Motta prima delò restauro Particolare dei sassi usati per la Casa Torre Fra i rottami - prosegue Leonardi - ho notato dei grande disponibilità economica del proprietario

64 65 cinquecentesco”. Ora, pur tamponato, la forma di questa ampia fen- ditura è ben riconoscibile. Sul lato est è possibile osservare un muro matildico di buona pezzatura, una feritoia centrale e due finestrelle laterali. Sul lato sud ci sono due ampi e possenti archi ribassati; sul lato sinistro una meridiana. Infine, sul lato ovest, un muro di sassi interposto; un ampio portale ad arco ribassato e stipiti verticali che contrastano con il profilo inclinato della sezione dello sprone. Travatura originale Guardando ai particolari architettonici dei vari lo- Aquila imperiale di colore rosso Graffiti con la data 1739 sulla prima rampa di scale cali, nel piano terra, Vincenzo Leonardi rileva come (certamente anche per questa ragione legato ai Pio), “l’unico vano originario è ora diviso a metà da un medico indica uno spioncino, o guardiola, di circa vano sull’intonaco delle pareti delle stanze, della nonché, qui sì, della presenza della citata fornace di muro di pietra, largo circa trenta centimetri, che trenta centimetri di lato, ad altezza d’uomo, che scala e misteriosamente anche sul sottarco del prin- laterizi dal XIII secolo (che nel ‘500 compare anco- ospita, a metà, un portale quattrocentesco di mat- permetteva di farsi vedere da chi, entrando nel cor- cipale ingresso medioevale. ra nei documenti dei Pio)”. tone con arco ribassato, che permette il passaggio tile da Via Motta, si avvicinava alla Casa Torre. Vi- Tutti incisi sull’intonaco, “da una mano frettolosa, Tornando all’esame dell’edificio, c’è l’ingresso prin- dall’una all’altra stanza”. cino a questo spioncino si trova una fessura che par- ma ferma in alcuni; un graffito in particolare mi ri- cipale che dà alle scale; la presenza della cornice e “In origine, ognuna di queste due ampie sale co- te dal basso (pavimento del piano terra) larga circa porta ai momenti della mia infanzia - rammenta Le- la muratura, che sembra riutilizzare parti di struttu- municava con l’esterno attraverso due forti portali 20 cm., fino ad un’altezza di tre metri e da questa onardi quando accompagnavo mio padre dal pro- re più antiche, fanno pensare ad un intervento cin- affrescati nei ‘conci’ quota prosegue fino al pavimento del piano primo, prietario del podere da cui traeva il sostentamento quecentesco, ovvero dopo il terremoto che, pur non degli archi ogivali, allargandosi verso della numerosa famiglia. avendo irreparabilmente danneggiato l’edificio, ha nelle centine e negli l’alto. “Ritengo - af- “Numeri e date erano la memoria della quantità probabilmente reso necessario un restauro volto alla stipiti coi colori alter- ferma Leonardi - si dei beni (frumento, frutta, uova, animali da cortile) rimessa in sicurezza . nati di rosso e bianco tratti della sede di e del giorno in cui si assolveva a così grosso dove- “Al piano terra non mancano tanti e interessanti (Pio). Due particolari un palo di piccolo re da parte del contadino di pagare l’affitto. Sulle particolari - afferma Vincenzo Leonardi - A comin- li distinguevano: la ponte levatoio per mura della sala cinquecentesca - evidenzia Leonardi ciare dal muro di pietra, ad alcuni esempi di mura- grandezza (non rile- consentire l’accesso - affiorano sotto il manto di calce, barrette tracciate tura a spinapesce e alla particolare disposizione del- vante) e la presenza da Via Motta, dopo in serie (IIII...XXXX...OOOO,,,) verosimilmente le pietre fino ad un’altezza di 1,50 metri. In tutta la dell’aquila imperiale il riconoscimento e come numero di giornate di lavoro compiute da superficie del piano terra si aprono solo tre feritoie di color rosso, di lato l’attraversamento del parte di prestatori d’opera. e ci sono ampie superfici di intonaco alla ‘cappucci- ad un semi arco di ponte”. Ho notato anche il numero 1739, che si ripete per na’. Sul lato ovest sono stati utilizzati mattoni e pie- portale più grande”. Ci sono poi ulterio- tre volte. Cambia solo la grafia. Questa data mi ri- tre. Abbiamo poi una finestra centrale settecentesca Nella zona Ovest, il ri elementi storici di corda l’anno di inizio della costruzione della Via e un elemento architettonico da definire, lungo la grande rilievo come Vandelli”. linea di separazione dei due tipi di muro matildico e Portale interno affrescato con i colori dei Pio Graffiti nel sottoarco dei graffiti che si tro- Un terzo graffito interessante si trova all’inizio della

66 67 pegno di conservare il ricordo di tutto ciò che ,tanto fitomorfi. L’altra presenta lo stesso intonaco della o poco, si poteva chiamare‘tempo andato’. Quando prima, ma non è affrescata”. passammo davanti al graffito della chiesina, si sof- Anzitutto si deve notare che questo corpo aggiun- fermò ad osservarla più di quanto meritasse e mi to è stato edificato solo per queste stanze, poiché il chiese di fotografarla. Compresi le ragioni di tutto piano terra è aperto dal porticato e sopra questa questo, quando mi fece omaggio delle seconda edi- stanza non ve ne sono altre: dunque doveva trat- zione del suo libro su Fogliano, dove esprimeva giu- tarsi di un ambiente di grande importanza, al pun- dizi lusinghieri su Casa Leonardi di cui pubblicava to da rendere necessaria un’estensione dell’antica la fotografia, assieme a quella del graffito, afferman- casa-forte. “La stanza - precisa Iacaruso - proba- do che così doveva essere la chiesa di Fogliano prima bilmente serviva per due scopi: uno era legato alla del XI secolo”. funzione di rappresentanza del vassallo che posse- Graffiti con chiesetta Mensolone a sbalzo Nell’aggiunta quattrocentesca di Casa Leonardi, deva, in seguito all’investitura del feudatario (i Pio), seconda rampe di scale, sul lato destro di chi sale. E’ ci sono graffiti che dividono quelli descritti finora pietra: nella tipica impostazione di torre (casa-forte) la struttura e i diritti che da essa derivavano”. la figura di una chiesa come se fosse stata disegnata per qualità e importanza di documentazione. Nella l’edificio è costituito da stanze sovrapposte indivise. Il secondo “pare possa essere stato quello di ospi- da uno scolaro delle elementari. stanza del primo piano non affrescata, accanto alla Tanti i motivi sul perché venne aggiunto un nuovo tare le assemblee che vedevano presenti i rappre- “Il prof. Pier Luigi Bisbini di Fogliano venne a farmi porta d’ingresso, c’è una frase di otto parole di cui corpo, quello con la stanza affrescata, nel ‘400. sentanti del Comune, i vassalli, i feudatari locali e i visita - rammenta Leonardi - e lo accompagnai in ancora non si riesce a cogliere il significato. Domenico Iacaruso sostiene “che questa parte ri- rappresentanti del popolo, riunioni che nel periodo ogni stanza, sapendo quanto gli stesse a cuore l’im- “Quando la scoprii - asserisce Leonardi - ne parlai mase tale, con funzione di controllo e protezione, successivo saranno ospitate nello stesso Castello ove subito col prof. Albano Biondi, allora Ordinario di anche in relazione al Castello di Spezzano poco di- comunque da sempre rimanevano il tribunale e le Storia dell’Università di Bologna. stante, ma servivano locali da adibire ad altro sco- prigioni”. Venuto a visionare la stanza si rese presto conto che po: il piano nobile dell’aggiunta rinascimentale è “Considerando la disposizione degli stemmi, credo l’enigma era impenetrabile. Ripeté alcune volte che formato da una stanza completamente rivestita da - dice Domenico Iacaruso - che il podestà sedesse al la grafia era sicuramente di persona colta. affreschi che rappresentano stemmi gentilizi e fregi centro del lato corto, purtroppo danneggiato dall’in- Nient’altro. Nella stanza affrescata troviamo graffiti tra fiori e frutti; inoltre ci sono graffiti in miniatura, alcuni stemmi di famiglie facoltose di Spezzano. for- se, di Francesco Cavallinnius, personaggio eminente del Casato dei Cavallerini che finì in consiglio co- munale a Modena per più volte, nella prima metà del ‘400”. Salendo al piano superiore, terminata la scala, si accede ad una stanza che costituisce il piano nobi- le, illuminato sui quattro lati dalle monofore a sesto Scala per salire al acuto. Su un lato risultano tamponate per l’inseri- Vincenso Leonardi davanti ad una parete primo piano Scala con graffiti alle pareti mento del corpo rinascimentale con muratura in Particolare delle travi nel grande salone affrescata della stanza

68 69 Il piano nobile, a parere di Vincenzo Leonardi, può essere considerato anche lo studiolo del principe. “Di norma - dice - i castelli completano i decori delle stanze man mano che si verificano eventi che stanno a cuore ai Principi e ne esaltano pregi e vir- tù. Nel castello di Vignola, ad esempio, c’è la stanza delle donne. Ogni volta che una signora entrava a far parte della casata, la famiglia del marito aggiun- geva nel soffitto della sala lo stemma della nuova en- trata. Così non è - sostiene Leonardi - per la stanza nobile della Podesteria di Spezzano. Qui gli stemmi non sono accolti secondo l’ordine degli arrivi, ma disposti rigorosamente in base a quanto prevede il Stemma Comune di Modena Stemma dei Cortesi Stemma dei Cavallerini Scimmia Collocazione dipinto della progetto decorativo; inquartati nella parete nobile, scimmia serimento successivo di una finestra, ma che proba- no nel 1405; in alto v’era una scritta entro un car- parlanti nella parete sud, sbarrati a nord e quelli con bilmente mostrava il Santo protettore di Spezzano, tiglio, di cui resta la porzione destra con le sole let- la scimmia legge, ha il collare ed è posta su un pie- gli scaglioni a Ovest. I titolari degli stemmi sono di S. Giovanni Evangelista o, secondo ciò che avveni- tere RA74. Ai suoi lati sedevano le cariche elettive distallo: occupa cioè un posto definito, subito ac- famiglie elette nel governo della Comunità di Spez- va nel Castello, S. Agata, o ancora poteva esservi lo (massaro e sindaco), poi lungo le pareti lunghe gli canto allo stemma di Modena, nell’angolo destro; è zano o dal Comune di Modena” . stemma della Comunità di Spezzano, oppure anche altri rappresentanti e il notaio o il segretario. Que- addomesticata (perché ha il collare) e perciò non è Non mancano le particolarità cosi illustrate da Vin- quello degli Estensi, considerando il fatto che dagli sta disposizione è rispecchiata negli stemmi: quello rappresentazione del vizio o del peccato, bensì della cenzo Leonardi: “Alcuni stemmi correggono difet- Estensi era stato confermato il possesso di Spezza- dei Pio a sinistra del Santo, quello della comunità massima virtù della scimmia: l’imitazione, addome- ti evidenti in chi li guarda stando ad essi di fronte. di Modena a destra; nelle pareti lunghe si trovano sticata dall’uomo; inoltre legge. L’aggiunta di archetti e altre linee ai contorni delle stemmi di altre famiglie modenesi”. “Dunque - sostiene Iacaruso - unendo i dati disponi- figure (foglie, fiori e frutti) danno ad essi la sensazio- Elemento importante, a parere dello storico Iaca- bili essa simboleggia un personaggio che occupa un ne che si muovano come se una leggera brezza li ruso, è lo stemma del Comune di Modena, blu su posto definito, imita, ma la sua imitazione è piegata facesse ondeggiare. campo dorato. “Qui - sottolinea - appare bianco al civile uso, e legge, dunque l’imitazione riguarda la La celebrazione della bonifica in uno stemma, come poiché probabilmente il colore blu applicato a secco scrittura. In sostanza, qui era probabilmente il posto conservazione dei beni ambientali, ci sta a pennello; è caduto, mentre resta il giallo che simula il colo- del segretario (o dello stenografo/ scrivano/notaio) altri - continua il proprietario - si possono vedere re oro; riassumendo, dunque, abbiamo nella stanza che imita la parola dell’uomo e la fissa nel foglio, compiutamente solo con le persiane chiuse perché ‘della Ragione’ spezzanese una serie di ‘segnapo- quale mero esecutore di volontà altrui, cioè piega la sono per metà dipinti sulla parete e per l’altra metà sto’ indicanti le diverse famiglie legate ai Pio e agli sua capacità imitativa alla committenza e al ruolo sull’infisso”. Estensi. Ad un certo punto compare una scimmia subalterno che possiede. Questo ulteriore elemento Porre decori rinascimentali anche in piccoli spazi o, meglio, una bertuccia: non si tratta di semplice rafforza l’ipotesi non solo d’una committenza d’al- “mai accessibili agli sguardi dei visitatori, come i decoro, altrimenti vi sarebbero altri animali qua e tissimo livello, ma anche della presenza di un artista timpani delle finestre, denota (come a Casa Romei Stemma dei Valentini là, né può essere un vezzo dell’artista, poiché qui di pari qualità”. di Ferrara) che il principe - precisa Leonardi - non

70 71 voleva essere secondo a fa”. Dunque un edificio nato nel Medioevo come Tale attività passò ai suoi discendenti, innanzitutto nessuno. Altro accorgi- casa-forte che venne trasformato in arengario e luo- ai figli Giorgio e Pellegrino. Bartolomeo, assieme ai mento che fa trasalire go di riunioni, “ove - pone in evidenza Iacaruso - due fratelli maggiori Agnolo e Serafino, ed al cu- l’osservatore è l’abilità probabilmente risiedeva un delegato feudale, o un gino Benedetto, rappresentò la terza generazione rara dell’autore, nell’a- vassallo o il podestà. Per questo con l’arrivo dei Pio di pittori della famiglia. Anche il nonno materno, dattare fiori e frutti allo e il cambio di feudatario (e dunque di delegato), fu- Serafino de’ Serafini, era pittore, appartenente alla spazio sempre diverso rono necessarie opere di restauro, per dare maggior cerchia di Tommaso da Modena. Bartolomeo e che ogni stemma as- dignità all’importante luogo, con un chiaro intento Agnolo, assieme a Bartolomeo Bonascia, sono con- segnava loro. Infine le propagandistico e autocelebrativo del signore e del siderati i più importanti protagonisti della pittura cornici con scanalatura delegato”. del tardo gotico modenese. centrale per far gioca- Grande dispendio economico, grande scenografia “Se assolutamente analoga è la datazione, identica - re le ombre a seconda e risultato imponente, più simile alle corti di Car- puntualizza Iacaruso - è la modalità d’esecuzione, in della provenienza della pi o Sassuolo (a cui erano abituati i Pio) che non a particolare delle foglie (si raffronti, come esempio, luce”. Spezzano, che però proprio con i Pio inizia a diven- l’impresa del picchiotto con il fregio di Spezzano): All’interno della stanza tare una piccola capitale, anche dal punto di vista non credo vi possano essere dubbi sull’affinità fra Celebrazione della bonifica non mancano i richia- artistico. le mani che hanno eseguito le due opere, e siccome nello stemma mi ai valori dello spirito “Non stupisce dunque il coinvolgimento probabile negli stessi anni in cui Angelo e Bartolomeo degli e della virtù. “Il primo delle più alte personalità artistiche dell’epoca, che Erri operavano a Sassuolo, Pellegrino di Benedetto - evidenzia Leonardi - - dice Iacaruso - lavoravano a Sassuolo e Modena era impegnato nella decorazione del palazzo di San da parte dell’impresa e che probabilmente avevano operato anche al Ca- Martino in Rio, in collaborazione con altri maestri, nobile l’aquila, sopra lo stello di Spezzano, ma che, a causa del terremoto, si può escludere la presenza di Pellegrino”. stemma degli Estensi, non resta nulla. “Però - fa notare lo storico - i nomi che compaio- Corone di foglie e frutti intorno agli stemmi dominante al centro del- A maggior ragione la nostra fortuna - evidenzia lo no nei contratti sono solo una parte della totalità la parete est, a ricordo di storico - è di possedere ancora la Casa Leonardi che zione decorativa (corone di foglie e frutti intorno della bottega, San Giovanni Apostolo mostra quale clima culturale e storico-artistico vive- agli stemmi, cornici in alto e in basso); ben diversa non si possono ed Evangelista, patrono va Spezzano nel ‘400”. - pone l’attenzione Iacaruso - è non solo la tipologia escludere altre di Spezzano. “Diversi gli elementi, uniti alla datazione al 1450 degli stemmi che appaiono dotati di una tridimen- personalità ap- Il secondo con protago- circa, che permettono di collocare l’opera nell’am- sionalità arrotondata che manca a Spezzano, ma partenenti alla nisti un grappolo d’uva bito della bottega degli Erri, in quegli anni presenti anche la più raffinata ricerca cromatica e chiaroscu- stessa cerchia: (verosimilmente di Sa- a Sassuolo nella decorazione del Palazzo Ducale: rale sassolese”. in particolare, lamino di Santa Croce l’Appartamento dei Giganti mostra parte della de- Nella famiglia degli Erri, attestata a Modena a par- credo che se le vicini a Carpi), un fiore corazione con stemmi, risalenti ai primi anni del tire dal ‘300, il primo ad esercitare la pittura fu non- personalità di di papavero come moni- ‘500 e quelli del 1458 dipinti nel soffitto: chiara la no Bartolomeo, figlio del maestro di legname Gemi- maggior spicco Grappolo d’uva, papavero e to all’uso dell’oppio e la differenza fra gli stemmi dell’inizio del ‘500 rispetto niano, documentato dal 1372, quando compariva scimmia scimmietta antropomor- a quelli di Spezzano, anche se analoga è l’imposta- tra i fondatori della Compagnia della Buona Morte. Particolarità delle foglie a contorno di uno stemma

72 73 della famiglia (ovvero Benedetto, Angelo e Pelle- il medico “l’ho trovata tra l’affresco di San Martino al Santo . L’opera è conservata presso la Pinacoteca grino) erano occupati altrove, si possa ritenere che in Rio e lo stemma dei Pio di Carpi presente nella di Parma. Il tema di questo quadro-racconto pitto- questi affreschi spezzanesi siano stati affidati all’uni- casa-forte di Spezzano. Il primo spazio dello stem- rico, desunto dalla “Leggenda Aurea” di Jacopo da co membro della famiglia in quegli anni disponibile, ma dei Pio è occupato dalla croce rossa in campo Varagine, si pone come una vera e propria predica cioè ad un altro figlio di Giorgio [degli Erri], pure d’argento. Il secondo e il quarto dalle due fasce rosse figurata, ricca di brio e di vivacità, con pungenti an- pittore, ma più sfortunato, di nome Serafino”. (come quello stemma di Manfredo capostipite Pio). notazioni realistiche, in particolare nei vari elementi Serafino morirà assai giovane, eppure documentato Il terzo presenta il leone verde rampante in campo architettonici e paesaggistici, che fanno da sfondo come pittore; oltre alla coincidenza cronologica con d’oro, l’arto posteriore sinistro sollevato come pure alle composizioni. gli affreschi di Casa Leonardi (Serafino infatti muo- la coda. Non vi è dubbio che l’inquadrato più im- Nella stanza della casa-torre di Via Motta sono re nel 1448), v’è un’altra particolarità: era sposato portante è il primo perché permette la dotazione presenti diversi stemmi, al centro quello di famiglia con una certa Antonia Pio di ricca e importante fa- di tutta la stanza affrescata di Casa Leonardi”. Per- iscritto in una cornice doppia, di forma perfetta- miglia, probabilmente proprio un’esponente di quei ché? Vincenzo Leonardi spiega come “dopo il 1450, mente circolare, con sapiente gioco d’ombra in alto Pio feudatari di Spezzano, il cui stemma campeggia anno in cui i Pio di Carpi lasciano i Visconti di Mi- e in basso. nella parete più importante della Casa Leonardi, lano e si mettono al servizio dei Savoia, dai nuovi al- All’interno di questa cornice, nello spazio non occu- allo stesso livello del Comune di Modena. leati ricevono (oltre ad alte onorificenze) il privilegio pato dallo stemma, si nota una linea dell’orizzonte “Tutto ciò fa pensare - asserisce Domenico Iacaruso di sostituire la croce rossa in campo d’argento con “dove il cielo - evidenzia Leonardi - fa da sfondo Frutti raffigurati nella composizione degli stemmi - ad uno stretto rapporto fra questa casa e gli Erri, la croce bianca in a due piccoli abeti, a causa del matrimonio di Serafino che, a questo campo rosso (Savoia) mentre la terra (vedi stemmi, intorno alla cornice descritta sopra, si può punto, appare il più probabile esecutore degli affre- incorniciata d’azzur- confronto con l’o- ammirare una ghirlanda fatta con diversi tipi di fo- schi nella casa ‘di famiglia’, poco prima della morte ro”. pera di Pellegrino di glie per ogni stemma (alloro, quercia, ulivo) disposte avvenuta nel 1448”. Iacaruso poi ricorda “che la fa- Un altro aspetto im- Erri a San Martino in modo da renderla tridimensionale. miglia degli Erri ha lavorato a S. Martino in Rio; portante nello stem- in Rio) nella pro- Su di essa, ai punti cardinali, fanno bella mostra di ma in quel caso le pareti da loro affrescate hanno ma dei Pio lo si trova spettiva si presenta sè quattro rose canine e, nell’intervallo, sono posti figurazioni più complesse, fra le quali la nota scena nel primo inquartato coltivata (fiori con tre quattro lacci di mele lazzarine. Da ognuno di questi dell’unicorno presso lo stagno, degno di un grande dove è presente un petali). Più in basso otto elementi, rose e mele lazzarine, emergono otto personaggio della pittura modenese qual è Pellegri- altro particolare che, si notano elementi di rami che recano fori e frutti in un tripudio di forme no; Serafino, forse anche per questo raramente cita- sorprendentemente, degrado ambienta- e colori, tutti ben riconoscibili (melograno, albicoc- to nei documenti, pare appartenere più alla bottega lo si trova anche nel le che si richiamano ca, mela, susina, arance) tranne uno, guarda caso, e forse questa di Spezzano può essere una delle sue ritratto di San Pietro alla bonifica (liocor- proprio quello del primo inquartato dello stemma rare opere, ov’è possibile apprezzarlo quale invento- Martire, al vertice no-Borso d’Este)”. di Pio di Carpi. re oltre che esecutore”. del dorsale che An- Proseguendo la “Ai miei occhi - pone in evidenza Vincenzo Leonar- Il rapporto fra la casa-torre di Via Motta e gli Erri gelo e Bartolomeo descrizione della di - l’opera di Serafino assume connotati così nuovi, “è l’argomento - dice Vincenzo Leonardi - che più degli Erri dedicano composizione degli spontanei, immediati e freschi, da far dubitare che il mi impegna, ma che al contempo mi gratifica oltre giovane rampollo fosse contemporaneo dei due arti- ogni mia attesa”. Una prima corrispondenza, spiega Stemma dei Pio Piccolo abete raffigurato nello stemma dei Pio sti e maestri di Bottega.

74 75 Quello che Angelo e Bartolomeo avevano studiato tuita l’ogiva con una finestra più ampia, rettango- Prima fila in alto, da sx: Livio Bertogli, come luogo adatto all’incontro del genio della te- lare. n.n., Pattuzzi, n.n. - seconda fila: maestro ologia (i Santi Tommaso e Luigi D’Angiò) con il re Il recente restauro ha ritrovato i rami e i frutti a sini- Lorenzelli, Franco Fontanazzi, Boni, di Francia (l’opera inizialmente è stata In Francia e stra di chi guarda, mentre sulla destra rimane trac- N.N., n.n., n.n., Bruno Gamberi, Bonfiglio Delmonte. Terza fila: Giorgio Montorsi, in seguito della collezione E. Parravicini), costituito cia di un’aquila (coda, punta delle ali e una serpe n.n., Giuseppe Martini, Carlo Fava, Rina da fregi, balaustre, porte e finestre per chiaroscuri, avvinghiata agli artigli). Leonardi,n.n., Ermanno Biolchini. Gila decori severi e eleganti (in alto la cornice di racemi; La Casa Leonardi è dunque un monumento di no- in basso: Lina Cuochi Costantini, Giorgio fascione centrale con stemmi araldici nello spazio tevole importanza, non solo per il territorio fiora- Richetti, Maria Pia Fiandri, n.n., Alfa Tosi, parietale di mezzo e alla base il drappo appeso con nese ma, credo, per l’intera area modenese, poiché Trinelli, Cavani e Sandra Bordini. fiorellini colorati su sfondo scuro), nulla fa pensare il complesso stratificarsi di interventi e di aggiunte, al tripudio che scatena Serafino in balia della nuova tutte d’altissimo livello artistico, ci hanno conse- arte (energia) rinascimentale”. gnato un edificio che permette di abbracciare tutto Da notare che anche sul frontespizio degli statu- il Medioevo e di giungere alle più alte e raffinate ti medioevali del Comune di Modena, figurano a esecuzioni del Rinascimento, ad ulteriore prova di sinistra lo stem- quanto questo territori sia ricco e ancora, in gran ma degli Estensi parte, da scoprire. (aquila imperiale Le ipotesi di Domenico Iacaruso sull’autore degli nera), a destra lo affreschi legano con quelle di Vincenzo Leonardi. scudo crociato di Modena, croce azzurra in cam- po d’oro, senza trivelle e motto Avia Pervia e al centro il vescovo In alto: maestra Teresa Bertacchini, William Ronchetti, Armando Ossiani, Aurelio San Geminiano. Manfredini, Franco Tondi, Mario Luigi Ricci, Questo parti- Lorenzo Rossi, Ennio Giuliani, Anna Maria colare del santo Vivi, Franca Baranzoni patrono trova In mzzo: Gino Ricci, Franco Baruffi, Ermanno tracce anche a Paganelli, Rosa Bagni, Maria Antonietta Spezzano. Nel Rognoni, Maria Teresa Miglioli 1700, sulle aper- sotto:Silvana Rossi, Giuliano Manfredini, Viviano Piumi, Adriana Giacobazzi, Franca ture, è stata sosti- Casolari e Enzo Vivi La Giunta Comunale di Fiorano Modenese in visita alla Particolari esterni della Casa Torre Casa Torre

76 77 Siano, il Rio di Tacca, il Rio di Rocca S. Maria, il Rio Sabbioni, il Rio Zironi e il Rio Serra, molti di scarso rilievo, Quasi tutti erano oltre la località Cer- reto, dove partiva anche un canale, chiamato Cana- letto, ad uso dei diversi mulini che si trovavano verso Spezzano e per l’irrigazione dei campi. al Cerreto a Villa Magera Nella prima casa di Via Cerreto, ossia l’ultima del territorio di Fiorano Modenese, prima di Serramaz- L’importante asse stradale Est-Ovest, da Colomba- Questo nome risale ad epoca molto antica, perché zoni, al civico 14 abitava il mezzadro Ildebrando ro a Cameazzo (via Viazza) e quindi a Sassuolodi eSpezzano si ritrova anche in memorie del 931. Infatti da do- Toni. Era immigrato nel 1923 da Monfestino e nel alla strada del Passo delle Radici, proprio a Came- cumenti del Margini, il corso del Formigine iniziava 1952 si trasferì a . Domeni- azzo incrociava un’altra strada da Nord-Sud, pro- chiamandosi Rio Piombino, prendendo poi il nome ca Barbieri era la moglie e sette i figli della coppia: Ettore Bellori e Irene Despini veniente da Modena e passante accanto a Formigi- di Formigine in pianura. Nel 1546 al torrente fu Adele, Carolina, Francesco, Maria, Marino, Onorio neD (via Quattro Passi) attraversando poi Spezzano, cambiato percorso. e Pietro. na, Tina, Vincenzo e Bruno. Con i tre figli maschi, Torre Oche e il Cerreto (oggi le vie Canaletto, del Anticamente passava alla sinistra di Cameazzo, Al loro posto, e fino al 1959 quando si trasferirono a Ettore ha lavorato duramente sulle tredici biolche Mulino, Nirano, del Cerreto) per raggiungere la per attraversa Formigine, Casinalbo, Baggiovara e Modena, arrivò la famiglia di Adamo Manelli, con del podere collinare, conosciuto come Borella di Pieve di Rocca S. Maria. Strada, quest’ultima, le- Modena, risultando di grave danno e pericolo in la moglie Carmelina Giovanelli e i figli Domenica, Sotto, di proprietà, come tanti altri della zona, di gata al torrente Fossa, in quegli anni di difficile per- occasione delle piene. Il duca di Ferrara Ercole II Francesco, Luigi, Mariaa Teresa e Natalina. Aldo Lucchi. correnza, così descritta, nella sua ultima parte, dallo diede ordine che fosse deviato, a circa trecento metri Proveniente da Rocca di Santa Maria, frazione di “Se dovessi dare un’immagine ai ricordi di quegli storico Silvio Govi: “Presso la Villa Chiusuri si stac- a monte di Cameazzo, in un nuovo letto apposita- Serramazzoni, nel 1964, subentrò Ettore Bellori, as- anni la darei alle colline che lavoravamo - dice Nino ca da quella di Nirano una strada piuttosto cattiva mente scavato ed arginato, portandone le acque nel sieme alla moglie Irene Despini e ai figli Nino, Lilia- Bellori - Morbide in primavera, a volte anche malin- che salendo sul dorso del monte dopo circa quattro Secchia, nei pressi di Magreta. A seguito di questa coniche nei mesi inver- chilometri conduce a Rocca S. Maria”. E’ territorio deviazione prese il nome di Fossa o Soratore. Af- nali. Colline che sono del Comune di Serramazzoni, ma in località Cer- fluenti del torrente erano il Rio della Pulce, il Rio rimaste quelle di allora reto, subito dopo Via del Fazzano che porta in lo- perché a mantenerle calità Marzola, diventa di competenza del Comune così è stato il lavoro de- di Fiorano Modenese. Qui la strada si chiama Via gli uomini della terra, i Cerreto; nella borgata di Torre delle Oche attraver- contadini come mio pa- sa il territorio del Comune di Maranello e quando dre Ettore e mia madre rientra in quello di Fiorano Modenese, prende in Irene”. nome di Via Nirano. Buona parte di questa strada La famiglia Bellori rap- corre parallela al torrente Fossa che in origine era presenta uno spaccato chiamato Formigine, ma un antico documento del del mondo contadino 1154 attesta che alle sorgenti il suo nome era Rio del degli anni ‘60, nei quali Piombo o Piombino. Case lungo la Via Cerreto Casa di Ettore Bellori e Irene Despini Ettore Bellori rispettare la natura e la

78 79 terra erano principi pri- cortile - afferma Nino - Il corso delle stagioni influ- vità terziaria; con attrezzature di proprietà lavorava, quando era il momento esatto per seminare ed ave- oritari per chi li cono- iva sulla nostra vita contadina; dovevamo garantire quando era chiamata in altre aziende agricole. “Pre- re un buon raccolto, per tagliare le piante affinché sceva bene, ovvero per la concimazione, l’aratura, la semina, la raccolta e il valentemente - asserisce Nino - si andava ad arare non si tarlassero, per imbottigliare il vino, per inne- chi lavorava nei campi e trasporto di qualsiasi cultura. Il taglio e il trasporto in agosto per poter seminare ad ottobre. Ricordo stare. Il campagnolo poteva avere un sostegno per tramandavao un sapere del grano e del fieno rappresentavano una delle atti- molto bene quando si dissodava il terreno con i buoi organizzare l’anno agrario, prevedendo il tempo. che veniva da lontano. vità più pesanti nonostante avessimo un trattore. In aggiogati e l’antico aratro di legno. In seguito fu in- In quel mondo dell’immaginario, a causa di questo Liliana e Tina, le figlie primavera i ritmi di lavoro si facevano più pressanti: trodotto prima il solo vomere e poi l’intero aratro in rapporto complesso con la luna, alcuni animali ne di Ettore e Irene, se ne i prati venivano puliti e rastrellati per prepararli alla ferro. L’ultimo stadio evolutivo, che ha preso il posto diventarono i simboli: il tasso si rintana di giorno e erano già andate da fienagione. C’era un detto che recitava così: ‘Segare degli antichi attrezzi, è stato quello dei campi arati ricompare di notte; la lumaca appare e scompare Borella di Sotto a vive- l’erba o mietere il grano di venerdì non si sarebbe con i trattori”. nella sua conchiglia; la rana si gonfia, affonda e ri- re altrove, prima che la mai finito’. Chi ci credeva, ed erano in tanti, andava Chi è cresciuto in campagna, sa che, in ogni casa, i appare alla superficie delle acque. loro famiglia arrivasse a a fare due tagli al giovedì pomeriggio e così si sen- calendari indicavano i quarti di luna che ogni con- Le fasi lunari erano legate a proverbi e potevano es- Cerreto. Nino, Bruno e tiva in pace con la tradizione e finiva di venerdì il tadino rispettava per il suo lavoro nei campi. Nino sere messe in relazione con la pratica: “La luna di Nino Bellori e Anna Casolari Vincenzo rimasero con i lavoro iniziato il giorno prima”. Bellori ammette che “la luna, nel mondo agreste, gennaio è la luna del vino; luna di febbraio potar il giorno del matrimonio genitori. Nel corso degli “L’estate era la stagione più impegnativa - spiega era il vero e il più importante orologio naturale si deve; quando scema la luna, non seminar cosa anni Nino sposò Anna Nino - perché avveniva la mietitura del grano, de- delle campagne. Si iniziavano, ad esempio, i lavori alcuna; luna di febbraio madre di vendemmia; non Casolari ed ebbero due figli: Tiziano e Paola. Vin- gli altri cereali e la fienagione. Per la mietitura usa- nell’orto quando la luna aveva una precisa posizione travasare mai il vino con la luna nuova; alla luna cenzo si unì in matrimonio con Maria Rosa Toni ed vamo una macchina mietilega che univa le spighe, davanti alla nostra casa”. marzolina cresce l’insalatina”. Altri proverbi sono anche loro ebbero due figli: Marco e Irene. Bruno legandole, in govoni. La fine del ciclo agricolo era Osservando le lunazioni, i contadini sapevano stati ispirati al cattivo tempo: “tempo cattivo se la rimase celibe e si dedicò prevalentemente al lavoro in autunno: alcuni facevano la battitura dei cereali luna nuova ha le corna scure; segno di pioggia se di terzista agricolo. ormai essiccati. Dai nostri filari d’uva producevamo appare pallida; tempo ventoso se si presenta rossa; “Nella stalla avevamo una ventina di mucche e un buon vino da tavola. Prima che nevicasse si por- tempo buono se la luna è chiara e ben definita”. qualche manza da carne e latte, oltre ad animali da tava il letame nei prati per concimarli per il ciclo Ascoltando questi detti e proseguendo lungo Via successivo. Un altro Cerreto, al civico 12, su un podere del beneficio lavoro che facevano Parrocchiale d Nirano, proveniente nel 1949 da Pri- le donne di casa era gnano ed emigrato nel 1973 a Maranello, stava il la raccolta e conser- mezzadro Dante Baroni, celibe. vazione delle verdu- Poco dopo ecco la casa di Abramo Ghisellini. Arri- re e legumi”. vato nel 1952, prima era residente a Serramazzoni La famiglia Bellori, e dieci anni dopo si trasferì a Formigine, era sposato oltre alla conduzio- con Ines Giovanelli e avevano quattro figli: Giaco- ne del podere, svol- mo, Arianna, Artura e Loris. Subentrò nella con- geva anche un’atti- duzione del podere Calisto Pramarzoni, mezzadro, Abitazione di Ettore Bellori e Irene Despini conosciuta come coniugato con Maria Rosini. Due i figli: Gian Luigi “Borella di sotto” Nino e Tiziano Bellori, Anna Casolari Calendario lunare contadino e Giuseppe. E’ stato qui, proveniente da Serramaz-

80 81 zoni, dal 1959 al 1962 quando si è poi trasferito in emigrato nel 1961 a Formigine, ha abitato Natale “Avevamo una ventina di mucche da latte nella stal- una esistenza che non permetteva soste. Eppure un’altra strada. Bertoni, assieme alla moglie Emilia Toni e ai figli la; nei campi - menziona Maria Palladini - coltiva- l’attenzione posta in quella terra che gli permette- Su quasi tutti i poderi fra la proprietà e il contadi- Ferruccio, Francesco, Giuseppe e Teresa. vamo il frumento, l’erba per la fienagione e la vite va di sopravvivere era identica a quella donata alle no era messo in atto un rapporto di mezzadria, il Lì vicino risiedevano i fratelli Eugenio, Giovanni e che ci dava l’uva necessaria per il vino. I figli erano persone care. Tanti i lavori quotidiani e tutto questo contratto in forza del quale il concedente ed il mez- Attilio Pilati. Dal 1971 subentrò nella conduzione piccoli e tutto il lavoro si faceva manualmente. Gior- avveniva in un silenzio assoluto. zadro si associano per la coltivazione di un podere del podere Artemio Pilati, figlio di Attilio e nipote di nate che, dall’alba al tramonto, significavano soprat- “Provate a pensare - asserisce Maria - ai pasti pre- al fine di dividerne i prodotti e gli utili. Il fondo era Eugenio e Giovanni, con la moglie Maria Palladini. tutto attività fisica, sotto il sole, le nebbie autunnali e parati per tutta la famiglia, al momento dell’uccisio- un’azienda autosufficiente che portava avanti vari Artemio e Maria hanno avuto tre figli: Alessandro, con la neve, con gli animali da accudire nelle stalle. ne del maiale, ai giorni della raccolta del frumento tipi di colture (agricoltura promiscua): come la vite, Emanuela e Paola. Per noi mucche e buoi rappresentavano il suppor- e della battitura del grano, della vendemmia, alle l’olivo, gli alberi da frutta, il grano, l’erba medica L’abitazione della famiglia Pilati si trova nella parte to indispensabile per il lavoro. In modo particolare faccende svolte a sera in una casa silenziosa dopo per il bestiame. Parte dei prodotti del podere serviva piana della vallata, sotto l’altura del castello di Nira- quando si arava. Col passare degli anni e l’avvento le fatiche del giorno; lavori che vedevano all’opera a mantenere la famiglia del contadino e i suoi aiu- no, con una torre quadrilatera, posta sul punto più della motorizzazione anche in campo agricolo, fum- sempre le mie mani, creative al punto di tirare fuori tanti; la restante spettava alla proprietà. alto del colle, con la probabile funzione, nei tempi mo fra i primi, qui a Nirano, ad acquistare un trat- cibi o vestiti anche quando c’era poco”. Scendendo verso Nirano, sempre sulla sinistra della passati, di avvistamento. tore cingolato Fiat 45. Poi lo sostituimmo con una Erano tempi dove gran parte della popolazione carreggiata, un altro fondo facente parte del Benefi- Da questa zona si può controllare la strada per a ruote, sempre Fiat Special TD. Questo mezzo ci contadine, anche a Nirano, si nutriva per il 90% di cio Parrocchiale di Spezzano. Qui c’era l’abitazione Rocca S. Maria e il consentiva non solo di arare più velocemente e senza pane, cereali (base di zuppe e minestre), verdure e di Giovanni Fiandri, mezzadro, sposato con Cateri- Torrente Fossa; non l’ausilio degli animali, ma anche di trasportare erba legumi. na Vinazzani. Arrivarono a Nirano, provenienti da solo è la più alta, e fieno sui carri, molti dei quali erano contrassegnati “La carne era un cibo raro e prezioso, consumato Sassuolo, nel 1925 e rimasero fino al 1967. A Gio- ma pare rialzata, da un targa del Comune di Fiorano Modenese”. soprattutto nei giorni di festa, nelle occasioni specia- vanni è subentrato i figlio Erminio, con la moglie grazie ad una colli- Nel lavoro dei campi la donna non ha mai trova- li che poi erano tre: Natale, Pasqua e il giorno che si Marta Ferri e la figlia Giuseppina, moglie di Gian- netta artificiale fatta to opposizione. E’ sempre stata la compagna del batteva il grano. In tavola - riferisce Maria - porta- carlo Sernesi, abitanti in Via Nirano 1^ Tronco, 44. proprio per ospitare marito e spesso le è toccata la parte più ingrata e vamo i tortellini in brodo di gallina, il lesso e, come Al civico 6, immigrato nel 1926 da Monfestino ed la torre. faticosa, una vita caratterizzata dai tanti doveri di dolci, la zuppa inglese e gli ‘scarpacioun’, tortelli Il fondo di circa die- ci ettari, prima che Artemio Pilati lo acquistasse, era di proprietà della fa- miglia Chiossi. lati- fondisti di Modena che possedevano al- tri terreni a Nirano e dintorni.

Attilo Pilati e Zita Ferri Casa di Artemio Pilati Targa carro agricolo di Artemio Pilati Attilio Pilati Artemio Pilati e Vittorio Vivi

82 83 fatti in casa, con dentro la marmellata, Il vino non il giovedì anche perché passava il proprietario del iale situato fra le budella e la pancetta) sul camino concludeva ballando”. mancava, anche se spesso di trattava di ‘turcioun’ podere a prenderne un po’ per il suo fabbisogno. in un tegame con delle spezie. Si faceva cuocere La casa della famiglia Pilati si trovava a mezzavia fra (derivato dal vino buono)”. Prima si lavava il grano che veniva liberato dalle adagio fino a che il pezzo di grasso non diventava Cerreto e Nirano, fra la strada e l’inizio della colli- L’abbondanza era ancora riservata a pochissimi e pietruzze e dalle scorie. Poi, una volta asciutto, era liquido e si otteneva lo strutto, utilizzato per friggere na, dalla parte opposta rispetto al greto del torrente tutti gli altri potevano solo sognarla. I cibi prodotti di nuovo mondato chicco per chicco e portato alla e condire alimenti. Nei cibi consumati, l’apporto di Fossa e al fosso, conosciuto come Canaletto. La Via dalle industrie alimentari raggiungevano solo le cit- macina per essere raffinato. Impastata la farina, si nutrienti era in genere piuttosto sbilanciato verso un Cerreto era fra le più importanti per quelli che pro- tà e la parte più ricca della popolazione. L’elemento cuoceva il pane nel forno a legna, che avevamo die- eccesso di grassi, oltre che di carboidrati, ma l’ele- venivano e arrivavano a Rocca S. Maria. Da qui si comune di queste realtà contadine era l’apparte- tro casa. Per il resto il gnocco fritto e le crescentine vato dispendio energetico nel lavoro dei campi non staccava una seconda strada, la via del Poggio, un nenza a un mondo preindustriale, dove dominava erano quasi sempre presenti in tavola: si condivano dava ricadute sulla salute. Col passare degli anni la sistema viario oggi quasi completamente sparito e l’energia umana nelle coltivazioni, come nell’alle- con il lardo del maiale, che ogni anno si uccideva dieta, anche a Nirano, subì una serie di cambiamen- che risultava particolarmente frequentato. Nel 1946 vamento e dove i consumi, soprattutto gli alimenti, per garantire carne e salumi al sostenimento della ti. Se nell’Italia agricola e preindustriale era il pane iniziarono i lavori dell’Amministrazione Comuna- erano quasi completamente autoprodotti. Come il famiglia”. l’alimento principale della maggioranza della popo- le di Fiorano Modenese a favore dell’allargamento pane. Il lardo era un salume che si consumava crudo, a lazione, nel corso degli anni ‘60 il cibo identificativo della strada del Cerreto. In un Consiglio Comuna- “Da sempre io e mio marito Artemio - chiosa Ma- fettine sottili. Ai tempi in cui l’olio era una rarità diventò la pasta: agnolotti, bucatini, maccheroni, le, tenutosi nel marzo del 1946, venne affrontato lo ria - lo facevamo in casa secondo la tradizione e le sulla tavola del contadino, il lardo veniva usato in penne, spaghetti, purché fosse pasta, condita con stato di criticità di tutto il territorio di Nirano “la usanze locali. Era un rito settimanale. Lo si faceva diversi modi. Veniva messa la sugna (grasso del ma- salsa di pomodoro che per il pranzo della domenica frazione più povera del Comune - fu detto - perché diventava addirittura ragù. Mutava di poco, però, la più alta e disagiata dove mancano la luce, l’acqua la fatica quotidiana di chi lavorava nei campi, in- terrotta solo in occasioni di feste, sia familiari che del paese, accompagnate sempre, oltre che da tavole imbandite, da molta musica e lunghi balli. Erano momenti in cui le donne potevano pensare un po’ a se stesse e non mancavano mai di indossare un abito elegante. Come in occasione di un matri- monio “Un avvenimento - fa notare Maria - di grande rilievo non solo per coloro che dovevano pronun- ciare il fatidico ‘Sì’, ma pure per parenti ed amici che partecipavano con estremo entusiasmo e calore a questo evento. Per mesi si preparava la dote, che comprendeva sempre il corredo (biancheria e uten- sili per la casa) e, poche volte se non per i ricchi, i Gruppo parenti in occasione del matrimonio fra Mario Pilati e Bruna Vivi: in alto da sx:Valerio, Cesarina Vivi, Rosa Pilati, beni immobili e fondiari (case e terreni). Il pranzo si n.n., n.n., Caterina Nasi; Giovanni Pilati, Ugo Vivi, Maria Festa a casa Pilati con, da sx. Franco Sernesi, Donato Indulti, faceva sempre fra le mura domestiche e terminava a Pilati, n.n.. Fila sotto: Enrico e Valeria Vivi. Ennio Teggi e Artemio Pilati e Natale Costanzini Paolo Sernesi, Artemio Pilati e Natale Costanzini tarda ora, perché i festeggiamenti, quasi sempre, si Artemio Pilati.

84 85 potabile, ufficio postale e comunicazioni con il resto le querce, la cui sussistenza era tutelata ancora nella La gestione dell’attività è sempre stata portata avan- te dalla sua casa che si trovava alla Villa - Il casaro del territorio comunale”. prima metà dell’ 800 da un’apposita notificazione ti sotto forma di cooperativa. Il contadino doveva e i suoi aiutanti usavano la legna per alimentare il A Nirano la lontananza dalle più importanti vie di ducale che ne proibiva il taglio, ad eccezione che le accudire agli animali e coltivare la terra, ad occu- fuoco necessario a scaldare il latte della cagliata, il comunicazione e la mancanza di attività sia artigia- stesse non risultassero del tutto infruttifere: in ogni parsi della lavorazione del latte erano i casari della tutto in caldaie di rame, all’interno di colore rosa; il nali che industriali e commerciali, portarono ad un caso, qualsiasi pianta abbattuta doveva essere sosti- cooperativa, della quale gli agricoltori erano soci profumo era ineguagliabile”. “Da Spezzano - cita graduale abbandono della terra ed il conseguente tuita con altrettante giovani querce. e alla quale conferivano i loro prodotti ottenendo Gabriella Manelli, moglie di Natale - arrivavano progressivo spopolamento della zona (la popolazio- Dalla parte opposta della strada, al numero 2, si tro- vantaggi e sensibili remunerazioni. Il muro esterno blocchi rettangolari di ghiaccio per tenere in fresco ne pari a 269 abitanti nel 1910, arriverà, dopo mez- vava la casa del mezzadro Valerio Vivi e di suo fra- del caseificio di Nirano era caratterizzato da ampi il burro; veniva poi avvolto con grosse foglie di una zo secolo, intorno agli anni ‘60. a soli 132 residenti). tello Vittorio, immigrato nel 1903 da Sassuolo, dove finestroni dove l’aria entrava dalle feritoie dette ge- pianta conosciuta come Lingua di Vacca che cresce- Avvicinandosi al borgo storico di Nirano bassa, la nel 1963 ritornò assieme alla moglie Mafalda Beghi losie, con azione effetto persiana; realizzata da mat- va lungo strade e fossi”. prima casa a destra, civico 3, era quella di Alber- e al figlio Ugo. Subentrò alla conduzione del podere toni, messi in un modo particolare, lambiva il latte, Nell’agglomerato rurale dove parte la strada che va to Cavani; nel 1965 si trasferì altrove assieme alla di proprietà dell’Avv. Chiossi, nel 1951, la famiglia in quanto non usciva direttamente, ma vorticava alla Chiesa di San Lorenzo e alla borgata Villa, ini- moglie Iolanda Dallari, e ai quattro figli: Aurelia, di Gino Guidi, bracciante agricolo, coniugato con all’interno, facendolo cosi raffreddare lentamente zia Via Nirano 2° Tronco. Giancarlo, Luigi e Stefano. Alberto portava avanti Ernesta Ferretti e la figlia Olga. Nel 1953 si trasferì e naturalmente. L’aria, per effetto della convezione Al civico 1, fin dalla sua nascita, ha abitato Giovan- un allevamento di maiali con relativa porcilaia. La in Via della Chiesa 4. traeva calore dal latte; in questo modo, essendo l’a- ni Ferri coniugato con Domenica Vandelli. Otto i moglie Iolanda gestiva un piccolo negozio di generi Nel lungo caseggiato adibito a caseificio, immigrato ria calda più leggera rispetto alla fredda, saliva ed figli: Guido, Zita, Maria, Marta, Vito, Giuseppe, alimentari con privativa per la vendita di tabacchi, da Formigine nel 1917 ed emigrato a Maranello nel andava verso il tetto, dove c’era un camino che ne Ippolita e Bruna. attività che garantiva l’approvvigionamento del ne- 1960, lavorò il cascinaio Aldino Fanti, assieme alla permetteva l’uscita. Questa famiglia lavorava a mezzadria su di un po- cessario per tante famiglie, ma anche, e soprattutto moglie Pia Vecchi e alla figlia Concetta. Proveniente “Quello del caseificio rimane un bel ricordo -af dere della famiglia Lucchi, proprietaria, fra l’altro, per le massaie, un punto di aggregazione e socializ- da Sassuolo, nel 1960 e per soli due anni, suben- ferma Natale Indulti che spesso qui conferiva il lat- di una tipografia a Milano e una libreria a Roma. zazione dove scambiasi opinioni e informazioni sul- trò nella conduzione dell’attività il casaro Nando la vita quotidiana. Con lo spopolamento della fascia Giovanelli, assieme alla moglie Vilma Colli e ai figli collinare e con i residenti che se ne andarono a lavo- Ivan e Simonetta. rare nelle industria della ceramica, inevitabilmente vennero a mancare i potenziali clienti e quindi an- che per questa realtà commerciale arrivò il momen- to di abbassare per sempre la saracinesca. Occorre ricordare che solo metà, comunque, del territorio di Nirano era coltivato, essendovi diversi ‘terreni rui- nosi e rupi lavinose’. La campagna lavorativa servi- va soprattutto alla coltura del frumento, grano turco e marzatelli; assai curati ed abbondanti erano gli al- beri da frutto, come peri e meli, distribuiti più spes- so nei prati, ma anche nei campi, nelle vigne e nei canepari. Oltre ad olmi e castagni, tantissime erano Colline coltivate nella parte sud di Nirano Esterno caseificio di Nirano Borgo di Nirano

86 87 no, accompagnandolo dalla solita frase ‘Un per oc’ (Uno per occhio)”. Il crocevia davanti a questo esercizio pubblico era un punto di ritrovo, soprattutto nel tardo pomerig- gio, dei contadini di ritorno dal poco distante casei- ficio. Alla domenica si fermavano quelli che anda- vano a Messa nella chiesa di San Lorenzo. Quattro chiacchiere prima del pranzo domenicale. Nel cortile della casa abitata dalla famiglia di Gio- vani Ferri c’era un pozzo attorno al quale si risto- ravano i contadini. Un secchio d’acqua era sempre Giovanni Ferri e Domenica Vandelli il giorno delle nozze disponibile per i viandanti; ognuno poteva dissetarsi Vito, Marta e Giuseppe Ferri, i nipoti Gabriella e Artemio. Cà Nova d’oro nella Chiesa di Nirano e riposare prima di riprendere il cammino. In fa- Sotto: Guido Ferri e la moglie Bruna Vandelli e Ippolita Ferri “Mio nonno era una persona per bene, simpatica miglia, si attingeva l’acqua del pozzo per i molte- pentolini con dentro gli avanzi dei pasti del giorno Piumi, sposato con Ebe Ghirelli e i suoi quattro figli: e disponibile - afferma Gabriella Manelli - Gli pia- plici usi quotidiani: principalmente per abbeverare prima e poi si conservavano le vivande fresche in oc- Carmen, Ennio, Natalia e Ruggero. Nel 1959 emi- ceva girare a piedi. Spesso andava a Sassuolo nei il bestiame, pulire la stalla, irrigare l’orto, lavare gli casione dei pranzi domenicali. Cocomeri e meloni grarono a Reggio Emilia. giorni di mercato. Ho presente benissimo quando indumenti del lavoro e fare il bucato. Poi venivano la erano rinfrescati in questo modo. Subito dopo c’è la Cà Nova, un assieme di abitazio- andava a Fiorano, l’8 settembre, in occasione della cucina (scaldare l’acqua) e l’igiene personale. Nella Dalla parte opposta della strada, si trovava la casa ni rurali di proprietà del Prof. Zeno Paganelli. Qui grande festa della Madonna al Santuario. Spesso, stagione estiva il pozzo aveva le funzioni del frigori- dove risiedeva Bartolomo Mesini, chiamato Burtlin. stavano diverse famiglie, a cominciare da quella del lungo il percorso, qualche automobilista gli offriva fero. Al suo interno, come in tutti i pozzi delle fami- Arrivato nel 1949 da Serramazzoni ripartì nel 1954 mezzadro Lucilio Zanetti. Immigrato nel 1926 da un passaggio e lui rispondeva che “A vag perché a glie che vivevano in campagna, venivano calati dei con destinazione Maranello. Anche lui agricoltore Sassuolo andò, nel 1961, ad abitare a Modena. Co- gò prèsia” (Vado perché ho fretta). Era, assieme alla mezzadro, era sposato con Maria Gucciardi. I figli niugato con Cristina Lucenti, la coppia aveva tre famiglia, un grande lavoratore dovendosi occupare erano quattro: Anna Maria, Antonietta, Ernesto e figli: Franco, Francesca e Gemma.. Abitava qui an- di tutti i terreni che dalla strada andavano verso il Francesca. che Celso Zanetti, mezzadro, sposato con Ernesta torrente Fossa e del podere Casa Zironi. Mio cugino “Ricordo molto bene il giorno del suo matrimonio Pelloni e i quattro figli: Bruna, Gelsomina, Rosina Guido andò a servire dai ‘Piculein’ (Zini) e c’è un - dice Natale Costanzini - Vennero lui e sua moglie, e Gino. aneddoto che la dice lunga sulla voglia di fare che a piedi, a portarci i confetti. In quegli anni le bom- Sempre a Cà Nova risiedeva il coltivatore diretto animava i contadini. Era così tanto il lavoro da por- boniere venivano create in casa lavorando ‘di ferri e Fernando Costanzini (conosciuto anche come Ban- tare avanti, che il pranzo lo si faceva in piedi. Guido, uncinetto’ per creare piccoli contenitori coloratissi- dera), con la moglie Irma Casolari e i figli Natale e un giorno, prese tutte le sedie e le portò in solaio per mi, dalle forme più varie, per i confetti”. Anna Maria. Si erano trasferiti, da Solignano, nel evitare che qualcuno si sedesse. Padroni compresi. Da Castelvetro, nel 1953, erano venuti ad abitare 1921 dove a mezzadria avevano coltivato un fondo Il nonno Giovanni non era da meno. Dopo pranzo nella stessa casa anche Gaetano Valmori, sua mo- A Nirano erano in proprietà e Fernando abitò a Cà - prosegue Gabriella - lo si trovava a schiacciare un glie Cristina Uguzzoni e i figli Ennio e Lino. Tre Nova fino alla morte avvenuta nel 1978. breve pisolino dietro casa e non mancava di passare Giovanni Ferri e Domenica Vandelli con figli, nipoti e amici anni dopo presero casa a Maranello. Da Prignano, Fernando viene ricordato dai suoi compaesani dall’osteria di Giulio Casolari per farsi un grappi- all’incrocio di Via Nirano con Via della Chiesa nel 1956, arrivò la famiglia del mezzadro Dante come una persona buona e generosa. “Per lui - te-

88 89 riprendersi dopo il conflitto, le condizioni non lo na in canonica. Alle discese sul ghiaccio che si formava sulla strada ster- permettevano. L’emigrazione verso Paesi stranieri otto suonava la cam- rata. Il tempo libero era poco, ma con alcuni amici era vista come l’unica prospettiva allettante per ri- panella d’ingresso aspettavamo la primavera per andare a raccoglie- uscire a sopravvivere in quegli anni. Solo dopo gli in aula e spesso la re un po’ di frutta su alberi che generalmente non anni ‘60 si assistette a un inizio di attività industriali discesa dalla chie- erano nostri; qualcuno aveva la passione di cercare della ceramica nel territorio comunale. sa all’edificio della i nidi degli uccelli. Davano uno sguardo in contro- La famiglia di Fernando Costanzini era proprietaria scuole elementari luce alle uova e all’istante decidevano se era il caso di alcuni poderi nella zona pre-collinare e Fernando lo facevamo velo- di berle o di lasciarle al loro posto. L’uovo non fe- si spostava spesso, guidando una motocicletta Guzzi cemente su dei car- condato, o sterile, appariva piuttosto chiaro, senza 500 con il cambio a mano. rellini che avevamo anelli, striature o vasi sanguigni”. “Era molto rigoroso e rispettoso della legge. Aveva costruito con asce e Cresciuto d’età, anche per Natale arrivò un regalo dimenticato, questione di un paio di giorni, di pa- cuscinetti. dal babbo: un motorino Malanca 50cc, marchio bo- gare il bollo, ma nonostante avesse la necessità di Durante l’inverno, lognese che inizialmente utilizzava propulsori forniti usare la moto decise - rammenta il figlio Natale - di invece, ci si diverti- dalla Franco Morini, ma nel corso degli anni Ses- Chiesa Parrocchiale di Nirano Fernando Costanzini Irma Casolari prendere la bicicletta per arrivare all’Ufficio Postale va con delle piccole santa entrarono in produzione, in un nuovo reparto di Fiorano, fare il pagamento e ritornare a Nirano”. slitte in ardimentose della fabbrica, motori interamente prodotti e assem- stimonia il figlio Natale - una stretta di mano valeva Alla Cà Nova vivevano diversi adolescenti. “Ai tem- blati in proprio. un contratto e spesso si è adoperato per dare lavoro pi delle elementari - continua Natale - ci si alzava, Dell’Italia di metà anni Cinquanta, in corsa verso a chi ne richiedeva. Quando si trebbiava il grano, nel mio caso, molto presto. Facevo il chierichetto e la motorizzazione di massa, il ‘Cinquantino’ era il i macchinari necessari rimanevano alcuni giorni servivo la Messa quotidiana a cui seguiva la dottri- mezzo simbolo. Facile e accessibile. Per tutte le ta- nell’aia di Cà Nuova. Gli addetti alla lavorazione sche e tutte le età. E succede così anche nella zona di erano generalmente una decina e in molti sperava- Nirano, dove in tanti ragazzi si vedono regalare un no di trovare un posto di lavoro anche occasionale. motorino che rappresenta una tappa fondamentale Da Spezzano, e non solo, arrivavano uomini in bici- della gioventù. Ragazze e ragazzi che saltavano in cletta alla ricerca di una momentanea occupazione, sella e cominciavano ad esplorare il territorio, liberi per guadagnare qualche lira e garantire un pasto di andare dove volevano e quando volevano. alle proprie famiglie. Purtroppo, quasi sempre, il po- “Noi di Nirano - sottolinea Natale - eravamo un sto non c’era ed era abbastanza doloroso per la mia gruppo affiatato. Ci muovevamo alla sera. Tutti as- famiglia non riuscire a far fronte a queste richieste sieme, al giovedì, a Fiorano per incontrare ragazzi d’aiuto che si ripetevano quasi in tutte le case colo- di là che però avevano prevalentemente solo moto- niche in occasione della battitura del grano”. rini Italjet, fabbricati da un’azienda motociclistica Dopo l’ultima guerra anche nel Comune di Fiora- di Castel Guelfo di Bologna. Al sabato l’appunta- no Modenese l’agricoltura era in forte crisi; l’indu- mento era con quelli di Maranello, dove fra i locali strializzazione non si era ancora sviluppata e, no- furoreggiava il Motom, moto prodotta da una casa nostante i residenti avessero numerose speranze di Moto “Guzzi 500” di Fernando Costanzini Campi e alberi da frutto a Nirano motociclistica milanese, specializzata soprattutto in

90 91 diretto Giovanni Ca- solari, con sua moglie Bianca Ruini. Anche a Nirano i luoghi dove si viveva e si era occupati nei campi si fregiavano di numerosi segni devozionali, vetusti e recenti. Moto Malanca Moto Motom Maestà votiva Madonna dei Queste testimonian- Carreggiata della Marzola verso Montegibbio Querciolini ze, sia pure collocate ciclomotori e motociclette di piccola cilindrata, atti- Scendendo verso il ponte sul torrente Fossa, sempre in un contesto di più abitativo c’era un’edicola dedicata alla Madonna va tra il 1948 e il 1970”. in Via Nirano 2° Tronco, nella casa contrassegna- evoluta civiltà rispetto all’epoca della loro realizza- dei Querciolini. Si trovava, su una quercia, subito Quasi sempre i ragazzi facevano delle gare, a volte ta dal numero 8, stavano, dal 1951 al 1980, Gino zione, erano idealmente legate al passato e dimo- dopo la cappelletta di Mongigatto, sulla strada ster- con motori sparati a tutto gas e copertoni che lu- Castelli, coltivatore diretto, la moglie Fernanda Co- stravano l’eterna tensione dell’uomo verso l’assolu- rata che va alla Marzola e a Montegibbio”. cidavano l’asfalto; moto imbizzarrite tra impennate stanzini, i figli Giancarlo e Maria Giuditta. Subito to. “Erano molte le case dotate - assicura Gabriella La via Marzola iniziava dalle ultime case di Mon- e frenate improvvise per alzare la ruota posteriore, dopo, c’era l’abitazione di Giuseppe Costantini, Manelli - sulle mura esterne, di una sacra rappre- tebaranzone e passava da una località chiamata, davanti ad amici con il fiato sospeso. celibe, coltivatore diretto arrivato nel 1921 a Nira- sentazione, di piccole o grandi dimensioni; talvolta, appunto, Marzola per poi arrivare alla Villa di Ni- “Fortunatamente - afferma Natale - non si sono mai no da Castelvetro. A fianco risiedeva il coltivatore si trattava semplice- rano. Sostanzialmente divideva in due il territorio registrati gravi incidenti, se non qualche caduta con mente di un santino della frazione; serviva per il trasporto delle derrate delle abrasioni che si cercava di nascondere agli oc- inchiodato sulla porta e per la coltivazione delle terre. La carreggiata si chi dei genitori quando si tornava a casa”. di casa o della stal- univa a sud con la via Montebaranzone, comune di la ma, in ogni caso, Sassuolo, e con Rocca Santa Maria, comune allora l’intento rimaneva di Monfestino; a nord con la via Provinciale Sas- sempre il medesimo: suolo-Fiorano-Maranello e in direzione ovest, con la dichiarazione di la via Comunale per la Villa, nel comune di Fiorano una fede autentica e Modenese. subordinata alla ne- “La maestà, come tante altre, la rubarono, ma fu cessità di protezione sostituita - richiama alla memoria Gabriella - da da ogni male, fisico o un’altra immagine devozionale posta su un’altra morale. quercia. Ne ricordo una seconda che si trova sul- Fuori dal contesto la via del Gazzolo e un’altra, oggi scomparsa, su di un olmo davanti all’inizio della salita che porta alla Moto Italjet Maestà votiva sul Gazzolo Cappelletta di Mongigatto Chiesa parrocchiale. Anche questa era dedicata alla

92 93 Madonna che a Nirano primaverile. no ‘la notte di San Paolo dei segni’. All’alba del 25 - dice Gabriella - era ed Per il resto dell’anno si affidavano generalmente alle gennaio (intorno alle 5.30 del mattino) si ritiravano è particolarmente vene- calende, o meglio alla lettura delle cipolle dorate e dentro gli spicchi e nel giro di 15-20 minuti occor- rata. Il santo protettore del sale fino non iodato. Sostanzialmente si posizio- reva procedere alla lettura perché il calore interno è San Lorenzo che si fe- navano dodici spicchi di cipolla dorata su un taglie- avrebbe potuto modificare l’impatto del sale con i steggia il 10 agosto, ma re di legno, si versava un giusto quantitativo di sale veli dell’ortaggio. nei tempi passati una e si metteva il tagliere fuori, o in cantina, per tut- La lettura avveniva interpretando e analizzando grande festa era quella ta la notte, rivolto ad oriente. La tradizione voleva come la cipolla aveva interagito con il sale e con dedicata alla Madonna che il rito dovesse avvenire il 24 gennaio, data della l’ambiente esterno. Sulla base di questo si potevano del Rosario, la seconda conversione di San Paolo, che i contadini chiamava- prevedere precipitazioni o clima secco (a seconda domenica di ottobre”. che il sale si fosse sciolto oppure no). Guardando il calenda- Lavoro, religiosità, tradizioni di un territorio sicura- Giuseppe Montermini e Irma Ronchetti rio delle feste religiose, mente non facile a cominciare dalle strade tanto che il 2 febbraio si celebrava l’Amministrazione Comunale di Fiorano, nel 1948, darono ad abitare a Fiorano, in Via Brascaglia 23. Maestà della Madonna in la Candelora con la be- approvò la realizzazione di una variante alle strada Giuseppe inizia a lavorare quando è molto piccolo Via del Gazzolo nedizione delle candele. della Villa finalizzata alla sua valorizzazione, perché e, all’età di sedici anni, deve emigrare: trova lavoro Generalmente non veni- conduceva alle Salse, allora raggiungibili solo da come servitore presso una famiglia di agricoltori a vano subito consegnate ai fedeli, ma conservate e una carreggiata ripidissima e posta a nord, imprati- Fiorano, che raggiunge in bicicletta ogni settimana distribuite durante la benedizione delle case dopo cabile durante l’inverno. Il civico consesso approvò da Carpineti. Passano gli anni, Giuseppe ed Irma si Pasqua. Erano ricambiate dai contadini general- anche l’esecuzione di un nuovo tronco di strada sul- incontrano, si conoscono e si innamorano. Dopo un mente con un uovo. La Candelora aveva però anche la riva sinistra del Fossa atto a congiungere la strada breve periodo di fidanzamento, si sposano a Braida un’altra funzione fondamentale per chi lavorava nei di Rio Serra con quella di Cerreto a Nirano. il 28 dicembre 1940. campi: in questo giorno essi prevedevano il tempo Passato il territorio del Comune di Maranello (loca- “La mamma ci raccontava che il suo babbo - dice lità Torre delle Oche), la strada prende il nome di il figlio Luigi - aveva venduto una mucca per com- Via Nirano 1° Tronco. prarle un cappotto nuovo. Ci diceva anche che le In una borgata rurale, conosciuta come Capurèla ha amiche non erano molto d’accordo su questa unio- abitato Giuseppe Montermini. Era nato a Valestra ne, perché lei, benestante, sposava un servitore; ma di Carpineti e proprio dalla località dell’appennino a questo lei rispondeva che era molto innamorata, reggiano si era trasferito in Via Nirano. Era mez- ed era quello ciò che contava”. zadro su di un podere coltivato prevalentemente a Dopo il matrimonio, vanno ad abitare a Spezzano, foraggio e piante da frutto. Assieme a lui la moglie nella zona detta Capùrela. Sono boari in nel sito Irma Ronchetti, nata a Maranello per poi trasferirsi detto ‘Fondo Oratorio’, di proprietà della Curia di a Braida di Sassuolo e i figli: Lidia; le gemelle Adal- Modena, in affitto al nonno materno, con mediato- gisa e Emilia; Lina, Antonio e Luigi. Giuseppe e la re Alfonso Bergamini. Maestà della Madonna in Via del Gazzolo Calende sua famiglia rimasero fino al 1957 quando poi an- “L’anno successivo, il 14 dicembre 1941 nasce mia

94 95 Luigi - venne fatto prigioniero e trasferito da Udine di chiamarla, scoprendo che si trattava della sorella in Germania. Durante il viaggio di trasferimento, della mamma; così, tramite la zia, siamo riusciti a i prigionieri buttavano dal finestrino del treno in metterci in comunicazione, per poi incontrarci”. transito dei biglietti, con la speranza che qualcuno Oltre 650.000 soldati italiani furono catturati dai na- li raccogliesse e li inviasse al destinatario, allo scopo zisti, dopo che il Maresciallo Badoglio a settembre di informare la famiglia su quanto stava accadendo. del 1943 aveva firmato l’armistizio con gli Alleati. Una bambina di Udine raccolse il biglietto gettato Più di 50.000 morirono in prigionia. Il patto dell’I- dal babbo e lo fece pervenire a casa nostra. Final- talia con la Germania nazista si era così spezzato. I mente la mamma ebbe notizie: non erano belle, ma soldati italiani, ancora impegnati nei combattimen- almeno aveva saputo che lui era ancora vivo”. ti al fianco dei soldati tedeschi della Wehrmacht, “A questo proposito, dopo tanti anni - racconta Li- si trovarono effettivamente tra più fuochi. Erano i dia - ci siamo incontrati con Alberta, quella ragazza tedeschi di cui erano stati alleati fino ad allora che Giuseppe Montermini con alcuni commilitoni residenti vicino ormai diventata adulta. Infatti, lei aveva un grande adesso li stipavano nei treni merci, per deportarli nel a Fiorano: Mariano Fantoni, Taddeo Castelli e Giuseppe desiderio di sapere come fossero andate le cose e ave- Deutsches Reich e in Polonia, dove li costringeva- Ghinelli va persino pensato di ricorrere ad una trasmissione no a svolgere lavori pesanti e logoranti, soprattutto televisiva, Portobello di Enzo Tortora, per riuscire a nell’industria degli armamenti. costrette al lavoro nelle più inumane condizioni. Tra contattarci. Poi però, sull’elenco telefonico di Mode- Ed erano gli ex alleati che adesso li bandivano aper- gli internati militari italiani coloro che si ammalaro- Località “La Capùrela” na, aveva trovato una Ronchetti di Spezzano: decise tamente e a gran voce come traditori. Operai spe- no e persero la vita furono, nella maggior parte dei cializzati dell‘Europa casi, quelli che vennero impiegati nelle miniere, nel- sorella Lidia: è ancora occidentale, contadini le ditte edili e anche negli stabilimenti dell’industria piccina - afferma Luigi polacchi, civili russi e pesante: ciò, soprattutto, a causa dell’assenza delle - quando scoprono che di altre nazionalità, in- benché minime condizioni di sicurezza osservate ha problemi alle gambe ternati militari italiani, sui luoghi di lavoro, ma anche, come già si è detto, e deve essere operata per donne e uomini, addi- per la mancanza della necessaria alimentazione e poter camminare. Verso rittura bambini, duran- dell’assistenza medica indispensabile ed essenziale. la metà del 1942, il bab- te il secondo conflitto I prigionieri si ammalavano soprattutto di tifo, tu- bo viene richiamato alla mondiale furono ridotti bercolosi, pleurite, malattie legate alle privazioni ali- guerra e deve partire, in schiavitù. Nell‘epoca mentari, per infezioni batteriche e da virus, nonché lasciando a casa la mam- del regime nazionalso- a causa delle pessime condizioni igieniche in cui si ma con la bimba di circa cialista, in Germania e ritrovarono a vivere e a lavorare. Non tenendo in al- otto mesi e un fondo che nei territori occupati, cun conto i valori della vita umana, la maggioranza deve lavorare da sola. vennero impiegate più dei dirigenti delle aziende che avevano al loro servi- Mio padre - continua di 13 milioni di persone, zio i prigionieri italiani fecero lavorare allo sfinimen-

Irma Ronchetti Lettera uno Lettera due Giuseppe Montermini militare del 3^ Reggimento Artiglieri

96 97 mamma ci preparava e ci mandava a Messa: parti- vamo a piedi da Torre Oche per Spezzano, passan- do da Via Fiandri. I più grandicelli dovevano essere a digiuno dalla mezzanotte per fare la Comunione. La mamma ci seguiva in bicicletta, perché poi, dopo la funzione, poteva tornare a casa più in fretta a pre- parare il pranzo”. Negli anni ‘53/’54 l’Amministrazione comunale as- sume Giuseppe come necroforo. “Proprio in quegli anni - testimonia Lidia - il babbo, all’età di 43 anni, ha frequentato la Scuola Popolare di Pozza ed il 5 maggio 1953, ha conseguito la licenza del Corso Elementare Superiore, titolo necessario per il lavoro di necroforo. Giuseppe Montermini sul letto dell’ospedale militare di La famiglia era numerosa, ma poteva contare sul Bologna suo stipendio sicuro. “Quando ero piccolo non mi piaceva essere chiamato ‘al fiòl dal bècamòrt’, os- Antonio, Lina e Luigi Montermini sa di siccità o calamità naturali (come la grandine), Giuseppe Montermini con altri soldati italiani nel campo di sia il figlio del becchino - fa sapere Luigi - Certo il prigionia in Germania il raccolto scarseggiava sempre, mentre la famiglia babbo non è che facesse un mestiere come tanti alri, cresceva. Nel 1946 nascono due gemelle Adalgisa ma io rispondevo, dopo aver conosciuto il significato to anche i malati, non fornendo loro né le necessarie e Emilia, nel 1948 un’altra figlia femmina Lina. Fi- in italiano, che ero “Luigi, il figlio del necroforo di medicine né, come sarebbe stato doveroso, delle ra- nalmente nel 1951 nasce Antonio il primo maschio, Fiorano”. zioni alimentari supplementari, indispensabili per il il quinto figlio. “Ogni domenica - ricorda Lidia - la Secondo un’ironica leggenda popolare la parola loro sostenimento. italiana beccamorto risalirebbe invece al Medioe- “Fortunatamente - testimonia la figlia Lidia - all’ini- vo, quando c’era la pratica di chiamare il medico zio del 1945, il babbo è tornato a casa, perché am- per verificare se un uomo fosse realmente morto. Il malato di pleurite; così, dopo tanta attesa, con gran- dottore verificava allora se il defunto si muovesse in- de gioia, la mamma lo vede arrivare da lontano, con fliggendogli dolore ed era solito mordergli una parte la sua valigia di legno. Rientrato, insieme decidono del piede, generalmente l’alluce. Se non registrava di fare operare Lidia, che ancora non camminava. nessuna risposta allo stimolo allora si procedeva alla L’intervento è stato eseguito all’Ospedale Rizzoli sepoltura. “Tante volte andavo con mio padre al di Bologna. Mia sorella, dopo una lunga degenza, dove lui era impegnato nella sua attivi- all’età di oltre quattro anni iniziò a camminare”. tà. Mi divertivo a giocare con i soldatini nelle fossa In alto: amica di famiglia, Lina Montermini. Fila sotto: scavate. Gli amici mi chiedevano se non avevo pau- Negli anni successivi, Giuseppe e Irma hanno con- Adalgisa Montermini, Maria Andreoli, Antonio e Emilia tinuato a lavorare il fondo dove, soprattutto a cau- Valigia di legno usata da Giuseppe Montermini Montermini, Alfonsina Soncini e Luigi Montermini. ra. Di chi? era la mia risposta. Proprio non provavo

98 99 nessuna sensazione sce l’ultimogenito, secondo maschio e sesto figlio. vizi: spesso rimaneva di criticità dovuta, “Nasce in casa - ricorda la sorella Lidia - e all’inizio l’unica risorsa per i probabilmente, an- della Novena di Natale. più bisognosi, perché che alla presenza Riguardo al parto, noi fratelli non dovevamo vedere i servizi pubblici non del babbo”. e sentire nulla, perciò ci hanno mandati tutti alla erano sufficienti alle Il 26 novembre Novena, che allora era celebrata alle 6 del mattino. nuove necessità, o sem- 1956 la famiglia Siamo usciti così presto che la porta della Chiesa era plicemente perché nei Montermini/Ron- ancora chiusa! momenti di criticità la chetti si trasferi- Quando siamo tornati a casa, a nostra insaputa e parrocchia era l’uni- sce a Fiorano in con grande sorpresa, sul tavolo della cucina abbia- ca organizzazione che via Brascaglia, nel mo trovato un fagottino, che sembrava un bambo- aiutava, nel limite delle Sasso, zona det- lotto e, invece, era il nostro piccolo fratellino”. sue possibilità, chi ne ta Piccola Russia, Gli anni trascorrevano normalmente, come in tutte Matrimonio di Emilia con Mario Mescoli. Da sx: Luigi, Luigi Montermini con il nonno aveva bisogno. “Ricor- Lidia, Adalgisa , Mario, Emilia, Lina e Antonio comprando e sta- le famiglie numerose di allora. Noi figli incomincia- Luigi il giorno della prima do - continua Luigi - Comunione bilendosi in una mo a lavorare e a guadagnare qualche soldo, così i Cristina e Carlo Alberto. Poi si sposano Antonio quando, a settembre, si casa vecchia. Il 16 genitori pensarono di acquistare il terreno per co- con Oriella Cucchi; tre i figli: Fabio, Paolo e Giulia. andava con il parroco a Certificato di studio di Montermini Giuseppe dicembre 1957 na- struire una nuova abitazione, più dignitosa. Nel 1980 Luigi con Patrizia Ferrari. Nascono tre fi- casa dei contadini per la “serca” dell’uva, ossia a ri- Le femmine si sposano; gli: Francesca, Matteo e Chiara. Ultima a Sposarsi tirare un po’ d’uva donata alla chiesa e anche al ne- il primo matrimonio di Adalgida con Pietro Richetti. croforo, ossia al babbo. Tanta era la generosità che, Lidia con Pietro Rizzi av- “Sono tanti i ricordi - afferma Luigi - degli anni alla fine, permetteva alla mia famiglia, e anche al viene nel 1964. Nascono quando abitatavamo in Via Brascaglia. Frequenta- parroco, di avere il vino per buona parte dell’anno”. due figli: Marisa e Gio- vo, come tanti miei coetanei, la Parrocchia, allora Il babbo era conosciuto da tutti e ogni mese, fra i vanni. Nel 1968 inizia diretta da Don Ercole Bertolani. Era punto di ri- suoi pochissimi passatempi, c’era in programma la costruzione della casa ferimento nel quale iniziava l’opera educativa, alla una cena dalla famiglia Pellesi in Via Ruvinello. e avviene il matrimo- cui base stavano la conoscenza e la spiegazione dei Abitavano l’ultima casa del territorio di Fiorano pri- nio di Emilia con Mario Sacramenti. Non solo. Attorno al campanile si tro- ma di quello di Sassuolo. Quasi sempre erano pre- Mescoli. I due hanno un vavano tanti amici coi quali giocare al pallone e pas- senti Camillo Calanchi, segretario comunale; Gino, figlio di nome Luca Nel sare il tempo libero”. la guardia municipale e Nello che era il bidello del- 1969 entrano nella casa La vita era decisamente più dura: sia per il parroco, le scuole. A volte si aggiungevano altri commensali nuova in Via Andrea Do- sia per la gente comune. Entrambi, da due punti di per una conviviale - spiega Luigi - dove si discuteva ria, in gran parte ancora vista diversi, dovevano affrontare i problemi di chi di tutto quello che avveniva a Fiorano e dintorni. grezza. Nel 1970 si sposa aveva bisogno, della perdita della casa e del lavoro, Mio padre ha sempre messo l’Istituzione prima di Lina con Mauro Santu- della solitudine, i contrasti legati all’arrivo dei primi tutto. Quando, ragazzino, gli dissi che ero andato Aldino Fiori, Borghi e Luigi Montermini premiati ad una I fratelli Luigi e Antonio nione. Dal matrimonio lavoratori immigrati. In quel contesto, la chiesa si ad aiutare ad attaccare manifesti politici mi avvertì gara sportiva Montermini nascono i figli: Simone, trovava ad avere il ruolo chiave di fornitrice di ser- che schierarsi politicamente comportava sempre dei

100 101 nia; aveva poi pensato di una figlia di nome Gi- vita - dice la nipote Ginevra, figlia di Carlo - Il mio riprenderla, però non lo ha nevra. Carlo era figlio nome è lo stesso di mia zia, rimasta uccisa da una mai fatto”. di Domenico e Emma bomba. Con lei anche il figlio che portava in grem- La vita di Giuseppe e Irma Giuliani, proprietari bo ed uno più grandicello che si trovava in casa. è stata costellata di tante terrieri, che abitavano Abitava a Modena ed era sposata con il notaio Fer- rinunce e sacrifici, ma è in una casa padronale, nando Cornia. Era sfollata, come tanti, dalla città stata anche allietata da nu- con annessa quella dei tornando dai miei nonni in Via Castello”. merose gioie, tra le quali contadini, subito dopo Per comprendere meglio cosa stava succedendo, ri- sicuramente la nascita dei il Castello di Spezzano. portiamo cosa scriveva il 18/19 agosto 1943 la Gaz- nipoti e dei primi pronipo- Nove i figli di Domeni- zetta che titolava: “Un imperativo per tutti: sfollare ti. Attualmente la famiglia co e Emma: Antonio, dalla città”. “Gli sviluppi della situazione bellica nei di Giuseppe e Irma è com- Alcide, Carlo, Giusep- confronti del territorio civile hanno già chiaramente Luigi Montermini Prima comunione a Fiorano: Luigi Montermini con gli amici posta tra figli, generi, nuo- pe, Umberto, Ginevra, dimostrato quali siano le intenzioni e quali il pre- Claudio Tomei e Roberto Guidetti re, nipoti e pronipoti di 35 Gina, Giulio e Lavinio. ciso programma del nemico potente e spietato che pro e dei contro. Quindi bisognava ponderare bene persone. Ingresso abitazione della Una famiglia numerosa ci fronteggia (…) L’invito a sfollare le città non è di ogni scelta che si doveva fare”. Erano anni in cui Lasciando l’abitazione di Giuseppe Montermini, famiglia di Domenico come ce n’erano tante oggi né di ieri soltanto: anche ai Modenesi esso è si registrava l’insuccesso dei governi di centro-sini- sempre in Via Nirano, al civico 21 stava il mezzadro Manfredini e Emma Giuliani in quegli anni. Durante stato altre volte ripetuto. Molti, moltissimi anzi, lo stra: le alleanze erano sempre più fragili e litigiose, Antonio Barbieri. Arrivato nel 1921 da Monfestino, l’ultimo conflitto mon- hanno già accolto: l’esodo di questi giorni verso le divise sulle soluzioni da dare alla crisi economica. nel 1953 emigrò a Formigine. Antonio era sposato diale fu colpita da una vicine campagne si è fatto particolarmente intenso Nello stesso periodo si verificò uno dei più dramma- con Teresa Franchini e la coppia aveva 8 figli: Anna tragedia. (…) Ci sono moltissime persone che hanno parenti tici eventi della nostra storia recente: il rapimento e Maria, Domenico, France- “Una disgrazia che per tanto tempi ci ha segnato la stretti in località suburbane o rurali e presso i quali la successiva uccisione di Aldo Moro da parte della sco, Giovanni, Giuseppe, possono trovare ospitali- Brigate Rosse. La solidarietà nazionale entrò in cri- Luigi, Maria e Marco. Pro- tà”. si, e fu sostituita da nuovi governi instabili di cen- seguendo verso Spezzano, “Mia zia Ginevra fu una tro-sinistra. Con la fine della politica della solida- al 141 s’incontrava la casa di queste assieme ai fi- rietà internazionale, vennero meno anche i dialoghi di Geminiano Dallari e di glioletti Nino e Domeni- tra imprenditori e movimenti sindacali”. sua moglie Angela Dioda- co - testimonia la nipote Nel 1972 Giuseppe Montermini inizia a lavorare in to; quella di Viscardo Mar- che riporta, per averlo ceramica, prima all’Alpe, poi alla Gardenia Orchi- chiorri e di Guido Giaco- sentito dai genitori, cosa dea di Spezzano. “Ha sempre viaggiato con l’Ape bazzi. avvenne quel giorno - Car, oppure - asserisce Lidia - con una bicicletta Poco distante c’era la casa Vivevano sempre nel- speciale di colore nero, che noi scherzosamente di Carlo Manfredini, immi- la paura, ma il babbo, chiamavamo ‘il biciclone del babbo’. Questo perché grato nel 1944 da Maranel- la mamma e i parenti la patente di guida, che aveva conseguito da giova- Luigi Montermini con la lo. Agricoltore, coniugato ne, gli era stata strappata nel periodo della prigio- cavalla “Zara con Idalba Meglioli, aveva Domenico Manfredini Emma Giuliani Emma e Idalba Meglioli e Carlo Manfredini

102 103 ospitati si sentivano più sicuri che a Modena. Era il 13 dicembre del 1944. Una giornata cupa, vuota e fredda non solo perché era l’alba di un giorno di pieno inverno, ma anche per il continuo pericolo di bombardamenti da parte di aerei inglesi, la zia andò al forno che si trovava nel cortile vicino al pozzo. Sentì chiaramente il rumore degli aerei inglesi e cer- cò rifugio in un piccolo fabbricato. Iniziò il bom- bardamento della zona e un ordigno esplose poco distante dalla zia, che rimase gravemente ferita. Una scheggia entrò in casa dalla finestra, spezzan- do l’inferriata della finestra e colpì alla testa il suo figlioletto che, in braccio a mia madre, stava man- Ginevra Manfredini con il Esterno della casa dei Carlo Manfredini detto “Carlòun Bèrgala” Caro Manfredini e Aurelio Idalba Meglioli e Carlo giando. Morì all’istante. Fu chiamato anche il me- cugino Nino Cornia, figlio di Manfredini restaurata dopo Mattioli Manfredini dico, il dott. Giovani Tosi di Fiorano, che nulla ha Ginevra e Fernando, salvatosi lo scoppio della bomba potuto, vista la gravità delle ferite, per salvare la vita dallo scoppio della bomba sua scelta di stare in campagna. I contadini di al- prio di maglieria; aveva cinque macchine e rappre- a zia Ginevra. Fino all’ultimo è riuscita a pronun- lora erano portatori di passione, preparazione, soli- sentava una delle tante aziende di lavoro per con- ciare alcune parole. Aveva 33 anni. Le schegge della sonalmente. Evidentemente aveva tantissime buone darietà, radicamento nel territorio, fiducia, scambi, to terzi, svolto da una miriade di piccole imprese bomba ferirono anche il nonno. Mio padre, dallo ragioni per farlo: esattamente come per l’orto, la valori che nel tempo sono stati, purtroppo, dimen- specializzate in alcune fasi del processo produttivo. spostamento d’aria causato dalla deflagrazione, fu coltivazione di un frutteto è un regalo che si fa al ticati”. Non solo a Carpi, ma anche a Maranello e Fiorano sbalzato a terra e la casa semidistrutta”. proprio benessere e al mantenimento della famiglia. In quel mondo non c’era molta cultura, ma tanta operavano aziende capofila che misero in atto un Furono una quindicina le incursioni anglo-america- Era un contadino, la terra l’aveva nel sangue ed era saggezza maturata dal sentito dire delle persone an- processo di decentramento all’esterno delle fasi di ne sul territorio fioranese, con un pesante bilancio vitale per lui stare nei campi. Non ne poteva fare a ziane di casa, dalla vita di tutti i giorni, dalla fatica produzione, concentrandosi solamente sull’attività di nove morti, fra i quali quattro bambini, oltre a meno anche se doveva lavorare con pochi e semplici e dalla soddisfazione del lavoro e dai rapporti con 11 feriti. attrezzi e poteva contare solo sull’energia muscolare gli altri. Terminato il conflitto mondiale, nella divisione del propria e degli animali da lavoro”. “Ero molto legata anche agli zii da parte di mia patrimonio famigliare del Cav. Domenico Manfre- Carlo aveva tanti amici “e mai l’ho sentito tirarsi madre Idalba. Quando Natale, conosciuto con il so- dini, al figlio Carlo toccò un podere di circa cinque indietro - testimonia la figlia Ginevra - quando c’era prannome di Nadalèin, tornò dal servizio militare biolche, in Via Nirano, che coltivò con alberi a frut- da aiutare chi si trovava nella necessità. I contadini - racconta Ginevra - cercò di aprire un negozio di to, vigna e foraggio destinato agli animali nella stal- avevano un’umanità esemplare, di chi si dedicava al generi alimentari a Nirano, ma la clientela era poca la. “Il babbo ha sempre amato lavorare la terra. Lo lavoro quotidiano, sul campo. Il babbo aveva una e allora iniziò l’attività nel rione San Rocco di Spez- conoscevano in tanti con il soprannome di Carlòn luce negli occhi; spesso sorrideva, magari era stanco zano. Ci trovavamo spesso, noi parenti, nella sua Bergala e gli piaceva farci divertire facendo delle perché lavorava dalla mattina alla sera, ma aveva bottega dove si parlava di tutto Grazie agli studi si impegnò anche nella vita amministrativa cittadina”. smorfie. La sua simpatia era innata, così come la energia e vitalità. Si lamentava raramente e come Natale, Idalba, Emma e Luigi Meglioli con la mamma sua dedizione agli alberi da frutto che seguiva per- tutti i contadini era propositivo motivando così la Idalba, la moglie di Carlo, avviò un’attività in pro- Giuseppina Paradisi

104 105 di progettazione, commercializzazione e coordina- frequentavano la prima, come per quelli della quin- dalle preghiere. I banchi casa-ferie fra i pini. Poi a Carpi, ma sempre con par- mento della produzione esterna. La produzione di ta classe. Alla fine fui rimandata. Fortunatamente erano simili a quelli del- tecipanti al femminile. Belle esperienze che ci hanno maglieria nel secondo dopoguerra aveva un model- della mia situazione scolastica se ne interessò Bice la scuola elementare del dato conoscenze nuove”. lo organizzativo basato su imprese di piccola dimen- Ligabue, direttrice allora della scuola elementare tempo e si stava parec- Divenuta grandicella Ginevra, abbandonati i sogni sione, elevata disintegrazione verticale delle fasi di di Spezzano. Sua figlia, la maestra Teresa Cassiani, chio seduti: tante le ore dell’adolescenza, aiuta la mamma nel lavoro di ma- produzione e una fitta rete di rapporti tra le diverse mi aiutò con delle lezioni a mettermi alla pari con i passate a fare disegni sul glieria, più specificatamente con il ‘puntino’, ossia aziende, rete caratterizzata da un elevato grado di miei coetanei e l’anno dopo iniziai a frequentare il quaderno. Fiori soprat- l’applicazione e la rifinitura dei capi. A Spezzano, le fiducia e collaborazione. plesso di Spezzano, dotato delle cinque classi, dove tutto. Nella stanza dove imprese di subfornitura erano tra le più piccole e le Ginevra, figlia di Carlo e Idalba, rievoca ancora ho terminato le elementari”. si svolgevano le attività - più specializzate per fase di produzione, anche per- quei tempi, il rumore sistematico delle macchine e il Le condizioni necessarie, ma spesso non sufficienti, evidenzia Ginevra - c’e- ché operavano solitamente su serie corte di prodotti via vai in casa. Lei era piccola e a sei anni affrontò per la frequenza alla scuola elementare era la sua ra un armadio di legno ad alta qualità, differenziati e con brevissimi tempi le scuole elementari in una multiclasse a Torre delle presenza capillare sul territorio anche attraverso scuro; dentro erano de- di consegna. In quel periodo aveva maggiore rilievo Oche. Una sede staccata scelta perché la più vicina le pluriclassi. In queste scuole, a volte, bastavano, positate delle bambole e il comparto della maglieria, che, rispetto al com- a casa. Altrimenti bisognava andare a Spezzano o pochi rudimenti, per lo più quelle abilità essenziali oggetti che per noi bam- parto confezione, decentrava in misura maggiore le a Casa Pelato dove, anche qui, in una stanza unica ai bisogni di quelle stesse comunità che dovevano bini erano una meravi- commesse di lavoro. erano riuniti gli scolari delle cinque classi. accollarsi il costo del fare trascorre alcune ore tra i glia. Si trovavano anche “Sono stata occupata da Maria e Luciana Meglio- “La maestra - ricorda Ginevra - era quasi sempre banchi ai bambini, altrimenti utili in altre occupa- Ginevra Manfredini altri giochi, ad esempio li. Avevano un piccolo laboratorio artigianale a La una supplente. Scriveva sulla lavagna una serie di zioni domestiche fuori dall’aula. uno che si faceva tutti Chiusa di Torre delle Oche. Qui insegnavo alle frasi per ogni classe che dovevano essere ricopiate “Ho sempre avuto la passione per la pittura - af- insieme. Era in una grande scatola: mattoncini grez- occupate il lavoro di rifinitura delle maglie con le da noi scolari. Anche le spiegazioni delle varie ma- ferma Ginevra - Anche a scuola spesso venivo rim- zi di legno resi lisci dall’uso. Poi le gite. Indimentica- terie erano, a volte, incomprensibili per quelli che proverata perché usavo perfino i quaderni dei miei bili. Spesso a Villa Prediera, a compagni, oltre alla lavagna, per disegnare”. per respirare aria buona, dove le Suore avevano una Il disegno e la pittura sono strumenti di comunica- zione particolarmente intensi ed emotivi, che ben si adattano alla mentalità e al livello di sviluppo dei bambini. Sono un vero e proprio atto espressivo con cui i piccoli possono rappresentare il loro vissuto in- teriore, le sensazioni che provano, il loro modo di interpretare il mondo e gli eventi che intorno a loro si verificano. E col passare degli anni Ginevra met- terà in pratica tutto questo. “Noi bambini passavamo molto del nostro tempo libero dalle suore di Spezzano. Si studiava e si gio- cava. Si socializzava e si bisticciava Nei miei ricordi Carlo Manfredini e la moglie Idalba Meglioli di bambina, la giornata all’asilo era scandita sempre Gita a Villa Prediera di Pavullo Gita a Carpi

106 107 decoratrice. Nel laboratorio fu il maestro Luciano più delle volte, a conferire agli ambienti un partico- diatamente il costo della Vespetta”. Ossetti ad insegnarmi correttamente come tenere il larissimo tocco di stile”. La sua storia alla Piemme si concluse quando Ce- pennello. Assieme a lui lavoravano altri due grandi Ginevra ricorda volentieri una sua prima esperienza sare Bettini, allora direttore della ceramica, lasciò pittori: Ferruccio Bertoni e Raffaello Meglioli. Per quando ancora si stavano scaldando i forni della ce- l’azienda di Torre delle Oche per avviarne una, la determinati periodo, a mezza giornata, venivano ramica: “Probabilmente avvenne al momento dell’i- Flawiker, allaBolognina” di Castelvetro. Ginevra anche Maria Grazia Minozzi, Giuseppe Generali e naugurazione del Gatto Verde, alla Svolta di San inizi un’attività di consulenza grafica, sposa Mario Angelo Baldaccini. Un team di affermati designer Venanzio di Maranello. Abbiamo pitturato e deco- Bettini e in seguito apre un negozio di cartolibretria ed artisti che si cimentavano in nuove interpretazio- rato 3.000 gattini in ceramica (logo del ristorante), a Spezzano. ni delle superfici ceramiche, che diventavano una regalati agli intervenuti all’apertura del locale che Non abbandona la passione per il decoro e trasfe- tavolozza con cui realizzare grafica e decorazione”. ha fatto la storia della ristorazione. La grande dif- risce il suo talento su vasi, maioliche e oggetti vari, “Un team di pittori e decoratori veramente ad altis- ficoltà fu degli addetti ai forni, perché abituati alle comprese le bottigliette di aceto balsamico prodotto Ginevra Manfredini con Ginevra Manfredini e simo livello che ha sicuramente contribuito, ne sono piastrelle non sapevano come far rimanere dritti i dalla ‘Acetaia del riccio’, che Mario e Ginevra por- la macchina del puntino la sua “Vespetta” sicura, al successo mondiale ottenuto dell’azienda. gattini in ceramica per una cottura completa. Molti tano avanti da anni. Decoravano - aggiunge Ginevra - grandi e picco- cadevano e fu veramente un’impresa titanica riusci- Staccata dalla strada, si trova l’abitazione di Bruno macchine del puntino, Per andare e tornare dal la- li pannelli in modo personalizzato. C’è chi faceva re a completare l’ordine”. Orlandi con i genitori Felice e Dorina, alla moglie voro acquistai una moto Vespetta dal costo di circa decori generici; a noi si chiedeva un valore aggiun- Ginevra rimase stupita quando prese la prima bu- Ciamaroni Giovanna e ai figli Maria, Paolo e Sil- 45.000 lire firmando, per pagarla, cambiali mensili to: Bertoni amava dipingere le persone, io le rose sta paga. “Ero abituata, con la maglieria, a stipendi vano. Venivano dalla località Valle d’Anna, vicina a dal valore di 4.000 lire”. mentre Ossetti privilegiava i paesaggi. Le piastrelle di 5.000 lire al mese. La mia prima busta paga alla Pazzano di Serramazzoni, dove Bruno era mezza- Le donne, negli anni ‘50 e ‘60, si compravano a in ceramica erano una tela vuota per un artista ispi- Piemme fu di 37.000 lire e non avevo fatto il mese dro su un podere. A Spezzano acquistò dal Conte prezzo di grandi sacrifici, le macchine per lavorare rato e le possibili decorazioni e motivi da dipingere completo. Quella seguente arrivò a 42.000 lire. Una Umberto Pignatti Morano quattro biolche circa e a casa e le sfruttavano giorno e notte per ricavare il erano innumerevoli e svariati. Il tutto finalizzato, il cifra impensabile che mi permise di saldare imme- la casa colonica, destinando il terreno prevalente- massimo del guadagno possibile. mente a vigneto e al Poi, anche per Ginevra, arriva l‘opportunità di lavo- foraggio per le muc- ro che veramente le piaceva e che coltivava già sui che nella stalla. banchi della scuola. L’occasione le arrivò quando “Questa abitazione, l’intero territorio iniziò una nuova fase di sviluppo, per noi ragazzi, ci modellata dalle più mature democrazie europee, so- riservò inizialmente stenuta da un vasto consenso, ossia l’industrializza- una novità che prima zione con l’arrivo del settore ceramico, l’espulsione non conoscevamo: la forzata di manodopera non solo dalle campagne, luce elettrica - rievoca ma anche da altre piccole attività. la figlia Maria - Io e Come per la stragrande maggioranza dei residenti miei due fratelli non della zona di Nirano, anche Ginevra trovò lavoro facevamo altro che alla Ceramica Piemme di Torre delle Oche. “Era Ginevra Manfredini decoratrice apparsa su un manifesto della Matrimonio Ginevra Manfredini con Mario Bettini. Sotto il 10 settembre del 1962 quando fui assunta come ceramica Piemme in occasione della Fiera di Bologna Pezzo unico di decoro di Ginevra Manfredini Angiolina Marchi, madre di Mario

108 109 andare su e giù per le scale a pigiare gli interruttori allora, a Braida di Sassuolo. Otteneva sempre una della Medie, a Fiorano. “Fortunatamente - sottoli- trodomestici, autovetture, ecc.), divenuti accessibili per ritrovarsi la stanza illuminata dalle lampadine. gradazione alta per diverse ragioni, compresa anche nea Maria - potevamo usufruire del servizio di scuo- non solo da una larga platea di ceti medi, ma anche Nella nostra casa di Valle d’Anna, come luce, aveva- la posizione dei filari in costa. Il raccolto di un’uva labus guidato da Irmo Ruini che si fermava poco di crescenti strati di ceti popolari. Tutto questo te- mo le lampade a petrolio. Non c’erano ovviamente sana, al punto giusto della sua maturazione, e quin- sotto la nostra abitazione. Altri ragazzi, però, arriva- stimoniò un innalzamento sostanziale del benessere né radio né televisione; il buio delle stanze veniva di con una buona acidità e una buona struttura, de- vano da lontano come Cesarina, Marisa e Isella del- e si tradusse in una rapido quanto profondo muta- rischiarato dal fioco tremolio della lampade e dal terminava un vino ad alta gradazione”. la famiglia dei Vignudini. Abitavano nella casa so- mento della vita sociale. Nel corso degli anni Ses- fuoco del camino sul quale pendeva il paiolo con “La mamma accudiva ai lavori di casa, oltre che pra al Castello di Spezzano e dovevano percorrere santa, anche nel territorio di Fiorano Modenese, si l’acqua calda”. aiutare il babbo quasi tutti i giorni. Di quegli anni una lunga carreggiata per arrivare alla nostra casa realizzò una dinamica di trasformazione, caratteriz- Anche in Via Nirano la notte, allora, era illumina- ricordo il periodo trascorso dalle Suore, all’asilo di e poi alla fermata dello scuolabus. Con la pioggia e zata dal repentino spostamento del baricentro strut- ta solo dalle stelle e da qualche rarissimo fanale di Spezzano. Quando nevicava, o le condizioni atmo- la neve per evitare di bagnarsi i piedi indossavano turale dal mondo delle campagne a quello urbano, una moto, o macchina, che transitava su una strada sferiche erano proibitive, le Suore - testimonia Ma- degli stivali. La mamma le faceva entrare in casa per effetto delle migrazioni interne su breve e lunga polverosa, piena di buche e, in caso di nebbia, peri- ria - mi davano da mangiare e il babbo le ripagava dove si riscaldavano e mettevano le scarpe, per poi distanza e dell’attrazione che la vita e il lavoro nelle colosa. Le ore del sonno erano poche per chi lavo- con del latte o qualche prodotto dei nostri campi. Il andare a scuola”, prime ceramiche esercitarono su schiere crescenti di rava i campi. Alle prime luci dell’alba anche Bruno mio divertimento preferito, nel salone, era quello di Erano gli anni di quello che viene ricordato nel no- giovani contadini. Orlandi iniziava la pulizia nella stalla, la mungitura usare gli ‘scattini’ (modo popolare di chiamare gli stro Paese come boom economico del quinquennio “Il babbo resistette sul suo podere. Cercò, con il mio delle mucche, il trasporto del latte al caseificio e poi schettini, pattini a rotelle), ma c’era anche un bi- 1958-1963 (quando il Pil crebbe ad un tasso del aiuto, di prendere anche la patente di guida per le prendeva la strada dei campi per tornare a casa per liardino e altre possibilità per giocare assieme agli 6,3% annuo), con un aumento dei consumi, special- macchine e questo - aggiunge Maria Orlandi - gli il pasto di mezza giornata. amici”. mente i cosiddetti beni di consumo durevoli (elet- garantiva maggiori possibilità di spostamento. Pur- “Dal vigneto - menziona la figlia Maria - il babbo Periodo dell’asilo e poi della scuola. La casa colo- troppo un grave incidente stradale, mentre guidava otteneva un ottimo vino Merlot. Destinava l’uva nica di Maria Orlandi era distante sia dal plesso di la sua Vespa con la mamma a bordo, mise in crisi la raccolta alla Cantina Pedemontana che si trovava, Spezzano delle Elementari e ancora di più da quello sua grande voglia di fare”. “Noi figli studiavamo. Silvano giocava a calcio, nel ruolo di terzino, nella squadra dello Spezzano e mio fratello Paolo maturò ben presto il suo grande amore per il ciclismo. Finiti gli studi andò a lavorare come tornitore in un’officina a Spezzano. “Come ciclista fu tesserato per la società sportiva Coop Sassuolo dove c’erano diversi ragazzi di Fio- rano e Spezzano; con Ermanno Paganelli e Vin- cenzo Teggi formavano un trio inseparabile. Amici nella vita - pone in rilievo la sorella - così come sui pedali. Si allenavano assieme su e giù per le strade delle nostre colline e credo che Paolo avesse delle In alto, da sx: Paolo Orlandi, Oloni Felice; Dorina, Silvano e Bruno Orlandi e Giovanna Ciamaroni. In basso Maria buone possibilità ancora inespresse in questa sua Casa colonica di Bruno Orlandi Orlandi con il cugino Mauro Ciamaroni Bruno e Maria Orlandi pratica sportiva”.

110 111 “Grande tifoso di Gianni Motta, Paolo in gara era no Orlandi. si arriva razione nazionale per insediare il primo consiglio particolarmente attento e intelligente perché riusci- alle “Case Bianche”, comunale dopo la liberazione che avrebbe avuto il va a ‘vedere’ la corsa” - ricorda l’amico Vincenzo uno storico caseg- compito di nominare il sindaco e la giunta. Com’e- Teggi - Nella categoria degli Esordienti si aggiudi- giato che ha ospitato ra noto, le disposizioni normative provvisorie ema- cò anche un Gran Premio Sassuolo. Era unico per anche le carceri e un nate per per governare la transizione prevedevano come affrontava le discese, ma anche sul piano e mulino. Qui hanno però che a essere insediati alla guida dei comuni del in salita andava molto bene”. A soli 17 anni Paolo, abitato, fra le altre, Nord fossero solamente sindaco e giunta designa- però, se ne è andato per un improvviso problema fi- le famiglie di Gino ti dai CLN e dai prefetti. Non sfugge certamente il sico, lasciando un grande vuoto e un ricordo indele- Silingardi, Fausto grande valore simbolico assunto dalla convocazio- bile. Un tragedia che ha scosso Spezzano e dintorni Borelli delle quali ne e dall’insediamento di un consiglio comunale; di e tutto il movimento ciclistico per la sua assurdità abbiamo già parla- quell’ organismo, cioè, che nella coscienza della po- e imprevedibilità. “Paolo - fa presente Vincenzo - to nei precedenti li- polazione aveva a lungo simboleggiato il segno della ha amato questo sport fin da bambino, rispettando bri di ‘Mi ritorna in libertà e che dunque, dopo la caccia del fascismo Gianni Motta e Paolo Orlandi Ermano Paganelli, Vincenzo Teggi, Paolo Orlandi e Luciano sempre chi gli ha dato la possibilità di vivere in quel mente’, perché poi si Ferrari e la fine della guerra, avrebbe dovuto incarnare la mondo insegnandogli a lottare con tutte le sue forze sono trasferite, sem- volontà popolare. Fiorano affronta il dopoguerra e solo con quelle”. pre a Spezzano, in altre strade. ra. Così la racconta la storica Gianna Dotti Messori come ha attraversato la Rivoluzione Francese, il Ri- Lasciata sulla destra, un po’ in alto, la casa di Bru- Fausto Borelli era figlio di Aurelio e Ida Brandoli. nel libro “L’Amministrazione Comunale a Fiorano, sorgimento, il Fascismo, l’occupazione tedesca e la Era fratello di Tolmino ed nell’immediato dopoguerra 1945-1948”, Fuggite le Resistenza: facendosi coinvolgere il meno possibile, aveva tre sorelle: Paola, truppe tedesche e dileguatisi gli ultimi fascisti, il 3 con una capacità di adeguarsi che le ha permesso, Olga e Maddalena. Fa- maggio 1945 si tenne a Fiorano la prima assemblea al termine di ogni avvenimento, di curarsi le ferite, miglia molto conosciuta popolare per la costituzione del Comitato di libe- mai così profonde da mettere in dubbio il suo cam- sia per il ruolo assunto da mino e la sua unità Tolmino a livello di am- Il Comitato di Liberazione Nazionale nominò pri- ministrazione pubblica, mo sindaco di Fiorano proprio Tolmino Borelli. In sia per l’attività di fabbro poche settimane si susseguirono nell’incarico Alfre- svolta da Aurelio, poi pro- do Mondaini, Marcantonio Ruini che aveva già ri- seguita da Fausto, in una coperto il ruolo di Commissario Prefettizio durante piccola stanza del caseg- il periodo bellico e Umberto Ravazzini. Il 4 luglio giato allora abitato a altre 1945 con la nomina a sindaco di Vittorio Guastal- famiglie. La vicenda am- la, che sarà confermato dopo le elezioni ammini- ministrativa di Tolmino strative del 1946, Fiorano fu in grado di affrontare nasce alla fine della guer- i mille gravi problemi determinati dal conflitto. così profonde da mettere in dubbio il suo cammino e la Squadra ciclistica “Coop Sassuolo”. Da sx., in alto: Dante Corti detto “Pirol” (DS), Belloni, Andreoli, A. Davoli, N.N., W. Davoli, Vincenzo Teggi, Luciano Ferrari (1) e Manni (Presidente). In basso: Gaetano Antoniani, Paolo Orlandi, Alberghini, sua unità”. Luciano Ferrari (2), Ermanno Paganelli, Gabriele Baldelli, N.N. E Adriano Pelloni. Aurelio Borelli Ida Brandoli Aurelio era un artigiano che godeva di molta consi-

112 113 derazione su un territo- come soprano, in diversi spettacoli che si tenevano neri. Usava che la sposa, parenti e di amici. rio prevalentemente a nei teatri del modenese. Era accompagnata da una aiutata dalla mamma, La speranza che un domani uno dei suoi figli potes- vocazione agricola che maestra di piano e spesso cantava anche durante le preparasse un corredo, se proseguire la sua attività, per Aurelio si realizza non poteva fare a meno funzioni in chiesa a Spezzano. mentre Olga si sposò costituito dalla bianche- in Fausto, che da lui aveva imparato l’antica ma- di questo professionista con Vittorino Negrini di Maranello che gestiva un ria (lenzuola e coperte estranza del fabbro. La moglie Pina accudiva alle lavoratore dei metalli. mobilificio. Avevano un figlio di nome Bruno. L’al- ricamati a mano) piega- faccende di casa, quando tornava dalle risaie, nel Tranne Fausto gli altri tra figlia Maddalena andò in moglie ad un Maini e ta e legata con dei nastri Piemonte, e quando non era impegnata a lavorare a figli, diventati grandi, si trasferì, come abitazione, a Modena. di raso. Alla fine veniva domicilio presso alcune famiglie. Ogni anno, per la se ne andarono dalle Fausto sposò Giuseppina Pinelli, conosciuta come riposto in un baule. Di campagna risicola, migliaia di donne si riversavano Case Bianche. Tolmi- Pina, Due i figli: Gastone e Aurelio. Negli anni solito ci si sposava ab- nel Vercellese e nel Novarese dove la mano d’opera no scelse la carriera dell’immediato dopo guerra non era uso, come è bastanza giovani, ma di- locale, non era sufficiente. militare diventando oggi, che le coppie convivessero prima del matrimo- pendeva: potevano es- Per l’ammissione al lavoro occorreva essere in pos- Tolmino Borelli maresciallo dell’aereo- nio. Ci si sposava e si cominciava la vita a due. I Fausto e Olga Borelli serci anche coppie sui sesso dell’atto di nascita e una dichiarazione dell’Uf- nautica. Con la moglie vestiti da sposa generalmente erano lunghi, di colori trent’anni. Ci si sposa- ficio Sanitario del Comune di provenienza, atte- Tina Ranuzzi e i figli Donato, Pierpaolo e Patrizia diversi, anche se non tutti potevamo permettercelo. va sempre alla mattina del sabato. Erano diffuse sia stante l’immunità da malattie infettive e condizioni si stabilì a Brescia. Il vestito dello sposo era composto da giacca, cra- le cerimonie religiose che quelle civili, in particolare, fisiche di salute da permettere il lavoro in risaia. Il Paola rimase nubile. Amava il bel canto e si è esibita, vatta, gilè e pantaloni. Erano generalmente grigi o però, ci si sposava in chiesa, con la partecipazione di contratto collettivo prevedeva che ad ogni lavoratri- ce fosse corrisposto, oltre al salario, un chilogrammo di riso bianco originario, raffinato, mercantile, pos- sibilmente di produzione locale per ogni giornata di prestazione e senza detrazione sulla paga. In questo modo le mondariso ricevevano alla fine del periodo di monda circa kg 40 di riso, la cui qualità non sem- pre era buona, perché non tutte le aziende erano

I cugini Gastone, Aurelio, Donato, Pierpaolo e Patrizia I cugini Gastone, Aurelio, Donato, Pierpoalo e Patrizia sulla davanti all’ingresso di Villa Rossi legnaia di casa-ferie Matrimonio di Fausto e Giuseppina Matrimonio di Fausto e Giuseppina

114 115 attrezzate per la pulitura del riso. clienti”. tutta la sua abilità nel comandare i movimenti. E carda Brandoli, che svolgeva l’attività di bidella alle “Nella piccola officina del babbo si lavoravano gli “Fra le tante cose che impegnavano il babbo, c’era Fausto era molto bravo a fare tutto questo”. scuole elementari di Spezzano. Quando si amma- strumenti in ferro; principalmente, in quegli anni, anche quella del campanaro. Lo svolgeva, assieme “L’officina del babbo è stata anche un punto di ri- lava, la sostituiva Giuseppina che poi, col passare sia alle Case Bianche come a San Rocco dove ci tra- ad altri, sia alla chiesa parrocchiale di Spezzano, sia trovo perché si poteva ascoltare una delle prime ra- degli anni, prese il suo posto nel plesso scolastico che sferimmo di casa, mio padre Fausto - ricorda Gasto- all’Oratorio di San Rocco che, quando ci trasferim- dio della zona - testimonia Gastone - La gente si ospitava cinque classi. Riccarda e Giuseppina erano ne - riparava tutte le parti in metallo dei carri, degli mo, lo avevamo proprio a fianco della nostra casa”. fermava per sentire non solo notizie di carattere ge- un punto di riferimento per gli alunni e i loro geni- aratri e degli attrezzi agricoli o casalinghi. Ogni fa- Le campane in quegli anni scandivano e caratte- nerale, ma, in modo particolare, quelle sportiva. Il tori, il collegamento fra la scuola e le famiglie. Ci miglia, ad esempio, possedeva una mazza per spac- rizzavano l’esistenza delle comunità, descrivendo- ciclismo era lo sport più seguito con le grandi vitto- teneva moltissimo alla scuola e nulla doveva essere care la legna; compito del fabbro era fissare i due ne l’incanto, la poesia, la bellezza. I movimenti dei rie di Coppi e Bartali che, inevitabilmente, avevano fuori posto; i pavimenti, seppur di mattoni vecchi, anelli di ferro che rinforzavano questo strumento, campanari energici, precisi, creavano rintocchi mu- creato tifoserie opposte”. dovevano sempre essere lucidi e puliti. Giravano che altrimenti si sarebbe facilmente spezzato. Il bab- sicali. Erano veri e propri compositori, che con arte Dopo gli anni della guerra, in cui la radio fu messag- quotidianamente le aule per accendere le stufe d’in- bo svolgeva il suo lavoro servendosi della forgia per informavano la comunità dell’imminente Messa o gera di fatti e misfatti (gli stentorei annunci della ca- verno, per rifornire di caffè e tè gli insegnanti e di rendere incandescente il ferro, dell’incudine e del altra funzione, un modo per chiamare a raccolta i duta di Mussolini o i messaggi cifrati di Radio Lon- inchiostro i calamai conficcati nei banchi di legno martello per modellarlo con vigorosi colpi e di vari fedeli, per annunciare il sacro rito. Raccontava e dra) seguirono quelli della ricostruzione. Quell’Italia con il piano d’appoggio reclinabile. La fine delle le- tipi di tenaglie per afferrare il ferro caldo e immer- dava concretezza, anche nel caso di Fausto, al con- che pedalava in salita si esaltò per le radiocronache zioni era sancita da una campanella che, Riccarda gerlo nell’acqua, così da dargli la giusta durezza. Per cetto di volontariato, riempendolo di significato e ciclistiche di Mario Ferretti, cantore delle imprese di prima e Giuseppina dopo, agitavano con forza per aumentare il tiraggio sul carbone di legna, il babbo valore. Ascoltare il Salve Regina suonato dalle cam- Fausto Coppi e Gino Bartali. renderla udibile a tutti. A loro ci si rivolgeva con il utilizzava un mantice a forma di soffietto fatto di pane riempiva di musica il cuore, lo liberava facen- Foto 209 - Fausto Borelli con la moglie Giuseppina ‘lei’, anche perché erano sempre pronte ad interve- legno e cuoio”. do vibrare il diaframma quando tutte le campane La famiglia Borelli aveva una parente di nome Ric- nire per curare improvvisi mal di pancia, qualche Un lavoro duro che sembravano cantare a briglia sciolta. ginocchio o gomito dolorante, sedare discussioni fra occupava Fausto per “Se non salivano in alto, il babbo e chi lo aiutava - scolari e tenerli in custodia, a lezione finita, quando tutta la giornata. spiega Gastone - non vedevano le campane che sta- i genitori arrivavano in ritardo per riportarli a casa. “La prima cosa cui vano in cima al campanile, Si piazzavano alla base, La Riccarda aveva realizzato un piccolo orto all’e- non teneva sott’oc- in uno stanzino dove le corde penzolano giù. Sul- sterno della scuola, che creava interessa da parte dei chio - rammenta Ga- le pareti erano scritti i numeri che corrispondono più piccoli e malefatte da quelli della quinta classe. stone - era l’orologio, alle campane e ognuno si metteva al proprio posto. “Io e mio fratello Aurelio abbiamo frequentato l’a- poiché spesso andava Quasi sempre al più anziano spettava la campana silo gestito dalle suore - rievoca Gastone - e poi le oltre ad un normale più piccola; la più grande, a volte, toccava a due scuole elementari, sempre a Spezzano. Un’adole- orario di lavoro di un persone. Non era facile comandarle, diceva sempre scenza come tanti altri nostri amici coi quale abbia- artigiano, ma un im- il babbo, visto che stavano venti metri più in alto mo condiviso non solo le ore d’apprendimento, ma pegno necessario per e che non si vedevano e sentivano direttamente. anche del tempo libero. I nostri giochi erano frutto poter soddisfare le Non mancavano le difficoltà Ogni campana aveva di una fantasia infinita poiché nessuno di noi aveva esigenze dei diversi un tempo di risposta diverso a seconda del diame- un gran che come oggetti di divertimento”. tro, secondi o frazioni di secondi in più o in meno. Fausto con i figli Gastone eGiuseppina con il figlio “Siamo stati, come tanti, in colonia. Non solo al Pausa pranzo in risaia per Giuseppina Pinelli e un’amica Il campanaro doveva saperlo e sentirlo e ci voleva Aurelio Aurelio mare, ma anche a , in montagna”, rammen-

116 117 ta Gastone. re infinite partite col pallone, Qui abbiamo giocato, Dopo la Seconda Guerra Mondiale cresce ulterior- pregato, fatto i chierichetti, frequentato il catechi- mente la notorietà delle colonie marine e montane a smo, il cinema e iniziato, come tanti nostri coeta- cui vengono inviati bambini di tutte le classi sociali. nei, a maturare molte delle passioni che ci hanno Figli di contadini, di operai, di impiegati, di artigiani accompagnato da adulti. Ricordo alcuni locali an- e commercianti, grazie alla organizzazione di colo- nessi alle parrocchie, che si animavano delle voci di nie estive hanno potuto usufruire di vacanze salutari tanti ragazzi per interminabili disquisizioni sportive, al mare e in montagna. Bambini che sono andati, a pareti che si coloravano con i primi cartelloni e al dall’età di 6 anni in poi e, ogni anno, sull’Adriatico terreno di gioco che si riempiva delle grida e del tifo o in Appennino per quindici giorni. alle prime partite di calcio giovanile. Poi le gite orga- l ragazzini negli anni ‘50 e ‘60, dal più piccolo al più nizzate sempre dalla parrocchia che mi hanno fatto grande, avevamo tanti doveri da rispettare poiché conoscere località lontane e vicine. A questo aggiun- dovevamo dare una mano in famiglia. Soldi in casa go l’aiuto che, come chierichetti, davamo al parroco per stupidaggini non ce n’erano, per cui avevano accompagnandolo in occasione delle benedizioni Gastone, primo in alto a sx., in colonia a Milano Marittima davvero pochi giocattoli. pasquali. L gente offriva sempre qualche cosa. Poco Gita al Colle di Santa Lucia: Paolo Montorsi, maestra “I giochi si facevano prevalentemente all’aperto, nei denaro, ma tante uova da parte dei contadini. Un Elena Bonacorsi, Gastone Borelli e Paolo Silingardi cortili, anche per strada, o nei tanti spazi che la na- pezzo di torta, invece, ricevevamo per carnevale parare a vivere giocando e, se lo si voleva, avvici- tura concedeva... Il punto di riferimento - dice Ga- quando mascherati giravamo per le case. Un modo nandosi alla fede; una scuola che ha fatto la storia di Alle Case Bianche dal 1953 al 1956, hanno abitato stone - era la parrocchia col suo campo per disputa- come un altro per divertirsi, una tradizione che ve- tanti giovani di Spezzano. anche Claudio Valenti, sua moglie Ivalda Montana- niva rispettava da tutti”. A loro si affiancavano spesso dei seminaristi, che li ri e i figli Maria Antonietta e Pellegrino. Non solo trasferte in accompagnavano nella crescita verso la vita adulta. Come Fausto Borelli, anche Claudio era un perso- corriera, ma anche La parrocchia, per i genitori, rappresenta un luogo naggio di riferimento dell’intero territorio: grande campeggi estivi erano estremamente rassicurante, uno snodo che inter- lavoratore, onesto e disponibile a far fronte alle ri- una costante di ogni cettava le domande delle famiglie, dei giovani, dei chieste più disparate da parte della gente, Claudio estate per quei ragazzi bambini. Col passare degli anni questo è notevol- Valenti può senz’altro essere considerato un genio di Spezzano che vole- mente mutato nel modo di porsi delle famiglie: i ge- della meccanica e del saper fare. Tante cose le aveva vano parteciparvi e che nitori sono diventati meno disponibili a condividere apprese durante il servizio militare fatto prevalente- hanno segnato fasi della con altre figure di educatori il percorso formativo mente in Jugoslavia. L’invasione di questo Paese, da loro adolescenza, per dei figli e preferiscono la ‘delega accuditiva’ a quella parte delle forze dell’Asse, iniziò il 6 aprile del 1941 molti versi sane e spen- ‘educativa’. e si protrasse fino al 1945. Anche gli alpini italiani sierate. Una scuola di Foto 216 In alto da sx: seminarista Giancarlo Dalla- furono coinvolti in questo fronte di guerra. Claudio vita senza libri e senza ri, Mario Fontanazzi, Franco Fiandri e seminarista Valenti fu uno di questi e fin dall’inizio fu destinato, voti, dove si poteva im- Gianni Gilli. In basso: Vincenzo Zironi, Agostino viste le sue grandi capacità e passione, al lavoro di meccanico ai mezzi motorizzati. Esperienza quella Riccarda Brandoli con Aurelio Casali, Giambattista Barbieri, Aurelio e Gastone Riccarda Brandoli Borelli Aurelio e Gastone in colonia a Sestola Borelli. maturata durante il servizio militare, che Claudio

118 119 ha trasferito nel suo pic- un anno prima. legate alle vetture di ser- zia. Poco si sa della storia dei modenesi durante que- colo laboratorio dove “Il babbo ha imparato il lavoro di meccanico a Mo- vizio. Claudio, fra l’al- sto periodo. Perché, infatti, seppur gli Estensi non ha svolto tantissime at- dena dove andava e ritornava, ogni giorno, in bici- tro, commercializzava fossero sempre stati amati dai modenesi, a causa di tività. cletta. All’inizio collaborava con Fausto Borelli che anche macchine usate e diverse modalità di governo a seconda del reggen- . “E’ vero” evidenzia la faceva il fabbro ed aveva il laboratorio sempre in nuove. Mi è difficile fare te, vedevano in ogni caso in Napoleone un invasore figlia Maria Antonietta questa casa dove abitava con la famiglia”. un conto di quante Fiat straniero. Per questo il piccolo paese di Spezzano che continua a vivere Claudio sapeva fare di tutto. “Aggiustava motori 500 e 600 abbia vendu- si organizzò per arrestare l’esercito napoleonico. Si nella casa dei genito- delle macchine come riparava gli orologi o qualche to alla gente di Spezza- costituì l’esercito spezzanese, composto da appena ri che si sposarono nel utensile di casa che si spezzava. Aggiustava - sostie- no e dintorni tramite una ventina di persone che si allenarono e si prepa- 1955 e andarono ad ne Maria Antonietta - le macchine da maglieria pre- una concessionaria di rarono alla battaglia. Napoleone si trovava a Pavullo abitare a Villa Magen- senti in quasi tutte le case, dove le donne si davano Modena”. con il suo esercito e cosi decisero di attraversare i ta, in Via Motta, prima da fare per racimolare qualche lira lavorando per Era anche il meccanico monti e raggiungere gli invasori nel territorio frigna- di trasferirsi, nel ‘62, dei grossisti o laboratori di Fiorano, Maranello e dei Conti Pignatti che, nese. Quando gli uomini dell’esercito spezzanese vi- assieme ala figlia e al Carpi”. soprattutto d’estate, di- dero le truppe francesi rimasero senza parole. Non In alto, da sx: Don Angelo nonno Pellegrino, alle Lo faceva anche Ivalda, moglie di Claudio. Oltre ad Maria Antonietta Valenti moravano nel vicino avevano mai visto e mai immaginato un esercito di Vecchi, il seminarista Case Bianche. Nel ‘66 accudire alle faccende domestiche svolgeva l’attività Castello di Spezzano. tali dimensioni. Spaventati tornarono a Spezzano Giancarlo Dllari, Filippo Claudio e Ivalda mise- di sarta. In modo particolare preparava e riparava “Lo chiamarono un giorno - ricorda la figlia - per a gran velocità e conquistarono simbolicamente il Gilli, astone Borelli Enea. In Basso: Nino Borghi, ranco ro al mondo un figlio pantaloni da uomo e questo le permetteva anche rimettere in ordine il letto su cui dormì una sola not- paese in nome di Napoleone. Un fatto che sembra Fiandri, Aurelio Borelli e che fu chiamato come di seguire l’attività del marito che, come rievoca la te Napoleone, che si trovò a passare da queste parti. più idoneo ad una commedia, ma che la storia do- Vincenzo Zironi. il nonno che era morto figlia Maria Antonietta, “spesso veniva pagato in Ai lati aveva quattro pigne in bronzo che si erano cumenta e che ancora oggi lascia un sorriso a chi la natura, ossia con qualche uovo o pollo se il lavoro danneggiate e il babbo legge. svolto era stato particolarmente impegnativo”. rimise tutto in ordine”. Tornando a Claudio Come aggiustare una macchina. “Non c’era il solle- E sul rapporto di Spez- Valenti, nell’immediato vatore e - rimarca Maria Antonietta - il babbo l’alza- zano con Napoleone c’è dopoguerra, fu l’auti- va da terra con grande fatica appoggiandola su delle una vicenda riportata sta della prima linea di pietre; ci si sdraiava sotto e non rientrava in casa in alcune pubblicazio- corriere che, nei giorni fino a quando non aveva finito. Non riusciva a dire ni storiche che merita di mercato del martedì di no a chi gli chiedeva aiuto. Tante volte, a qualsi- di essere ricordata. Nel e venerdì, collegava Ni- asi orario, si partiva per far fronte ad una richiesta 1796 Napoleone Bo- rano con Sassuolo. L’i- d’intervento, sempre con la presenza della mamma naparte valicò le Alpi dea di questo servizio la dalla quale mio padre non si staccava mai”. e giunse a Modena, co- prese Lavinio Partesotti, Claudio Valenti per molti è stato punto di riferi- stringendo alla fuga la un altro personaggio te- mento e di apprendimento “come i Carabinieri di famiglia d’Este a Vene- stimone dell’inventiva di Fiorano - afferma Maria Antonietta - che spesso si Claudio Valenti Ivalda Montanari fermavano a parlare con il babbo di problematiche foto: 151 - Pellegrino Valenti il giorno della Cresima Ivalda Montanari

120 121 alcuni spezzanesi, sfruttando un autobus che l’eser- Orchidea, e Almerigio bligo, ho frequentato il Corni professionale, a Mode- quando, alla sera, si arrivava nelle aie dei contadini cita statunitense aveva, non si sa perché, abbando- netturbino al Comune na, per prendere, dopo i cinque anni, la specializza- con il trattore dal rumore possente che trainava la nato dopo il passaggio del fronte. Pare, però, che il di Fiorano Modenese. zione in torneria. Andavo e ritornavo, ogni giorno, trebbia. Valenti non avesse la patente di guida. Subito dopo c’era l’a- in bicicletta. Ne avevo una molto bella; si trattava di Con abile manovra veniva posizionata, impostata e Claudio è stato molto amico di Almo, fratello di La- bitazione di Abramo una Legnano, acquistata con i soldi guadagnati du- livellata e tutto era pronto per cominciare all’alba. vinio e con lui passava il suo tempo libero a riper- Caselli (Albano), della rante l’estate facendo la stagione con una squadra Quasi sempre alle cinque e quando il trattore ini- correre la storia vissuta e coltivando una delle poche moglie Antonietta Fon- della ditta Giacobazzi, per la trebbiatura del grano. ziava l’indomani a ruggire, tutti erano pronti. Gli passioni che aveva: la fisarmonica. Se alla sera qual- tana e dei figli Elda e Costava circa 45.000 lire. Pedalare su una biciclette uomini addetti alla meta della paglia - spiega Roma- cuna passava dalle Case Bianche, qualche volta era Romano. Tappa finale Legnan” era un sogno. Coppi, con questa bici, vin- no - controllavano che il palo fosse conficcato bene. attratto dalla musica accattivante della fisarmonica, di un percorso abitativo se il Giro d’Italia nel 1940 e il giorno dopo l’Italia La cinghia di trasmissione fra motore e trebbia si suonata da Claudio che si dilettava a fraseggiare iniziato assieme ai geni- entrò in guerra. Un marchio che, purtroppo, non ha metteva in movimento e si iniziava. I covoni alzati con le dita sulla tastiera, mentre la moglie e i figli lo tori, fratelli e sorelle di avuto vita facile tanto che, ad un certo punto, rinun- sulla spianata della trebbia, venivano passati al mac- ascoltavano in doveroso silenzio. Abramo prima a Mon- ciò alla produzione diretta dei prodotti avviando il chinista che li introduceva nel battitore. La paglia Claudio Valenti non è stato solo il meccanico che Claudio Valenti alpino in te Pietro, poi in Via Rio cosi detto ‘conto lavorazione’. La Legnano acqui- vomitata dalla bocca della trebbia veniva traspor- tutti volevano per la sue capacità, ma anche qual- Jugoslavia Salse, quindi alle Case stava dai fornitori le diverse parti meccaniche per tata dalla scala verso gli addetti ad alzare la meta; cosa di molto più importante per molti spezzanesi Bianche. L’ingresso nel- poi assemblarle. Il fascino però rimaneva tale anche un uomo, quasi sempre tutto nero di polvere, con e non: un vero e proprio personaggio di grande ca- la sua nuova casa di Via Nirano per Abramo segnò quando il marchio fu licenziato prima alla famiglia un rastrello tirava da sotto la trebbia la pula, altri ratura capace di farsi amare da tantissime persone. anche la conclusione della sua attività nei campi. Fu Trapletti e poi alla rivale Bianchi”. trasportavano con un sacco sulla spalla il grano in Al civico 75 c’era la casa di Dario Flaminio Dona- assunto alla Ceramica Piemme mentre la moglie Una bicicletta che è costata, per comprarla, enormi casa, mentre un signore segnava la produzione con delli, padre di Romano, poi portinaio alla Gardenia Antonietta ha sempre fatto la casalinga. sacrifici a Romano. “Ho ben presente - rammenta - una tacca su una canna. Ogni tanto - sottolinea il La figlia Edda ricorda come “dopo le scuole- ele figlio di Albano - una donna con un vassoio girava mentari, le prime due classi a Nirano e le ultime in mezzo a questa bolgia offrendo un po di ristoro: tre a Spezzano, ho iniziato subito a lavorare nella vino o acqua”. maglieria. Prima nel maglificio di Enrico Casali, in La fatica, ribadisce, “fu tanta”. Coi soldi arrivò la via Motta, poco distante da casa. In seguito sono an- bici Legnano “che tenevo con me nella camera da data da Maffei, a Maranello, azienda che dal 1930 letto. Poco contava se continuavo a faticare per an- produceva maglieria, in continua espansione fino a dare a scuola. Una quarantina di chilometri al gior- toccare il centinaio di dipendenti. Terminata questa no e la delusione finale fu che una persona disonesta esperienza occupazionale ho preso una macchina mi rubò, un giorno maledetto, il frutto di tanti sa- da puntino, lavorando in casa e mi sono sposata con crifici”. Franco Ruini, che faceva il carrozziere nell’attività Al civico 71, la casa era abitata dai cognati Natale di suo padre e dei suoi fratelli alla Contrada di Spez- Fantuzzi e Carlo Paganelli. Avevano sposato due so- zano”. relle Ferri che abitavano al Gazzolo, figlie di Ermete Pellegrino Valenti assieme a Abrano Caselli con la Pellegrino Valenti con la Davide e Luca nel retro delle Il fratello Romano, invece, rammenta così alcuni moglie Antonietta Fontana e Emma Talè: Natale con Brigida e Carlo con Giu- sua “Vespetta” “Case Bianche” momenti della giovinezza: “Dopo la scuola dell’ob- e il figlio Romano Elda e Romano Caselli seppina (Maria).

122 123 Dopo una vita passata a lavorare nei campi per le meccanizzata Granatieri di Sardegna. Una gran- assicurativa, se non quella dei familiari. due famiglie iniziava un periodo nuovo della loro de unità dell’Esercito Italiano, di stanza sempre a In questo contesto avviene il trasferimento di Natale vita con un’occupazione, per i Natale e Carlo, Roma. Alla data dell’8 settembre 1943, quando Na- Fantuzzi, con moglie, figli, nonni, sorelle e fratelli, in nell’industria ceramica. tale prestava servizio militare, i Granatieri di Sar- via Antica Cava 1, a Spezzano, su un fondo di una Mutamenti che hanno interessato l’intero territorio degna erano adibiti alla difesa della capitale ed era- trentina di biolche di proprietà del possidente Corsi- fioranese e dettati da diverse ragioni come quella del no schierata nella zona sud di Roma a presidio dei ni di Maranello. Una conferma di come fili della pa- rapporto di qualità della vita rispetto a tutte le altre capisaldi predisposti in corrispondenza delle vie di rentela non si separavano mai. I fili della parentela categorie di lavoro che si stava modificandosi velo- accesso alla Capitale, lungo un semicerchio dell’e- restavano e si stringevano sotto lo stesso tetto finché cemente a sfavore dei contadini. Le cause si ritro- stensione di circa trenta chilometri, dalla via Boccea il tetto ne poteva contenere. Lo stradello sterrato di vavano anche in tutte quelle sostanziali migliorie di a via Collatina. Via Antica Cava partiva dalla Statale, all’intersezio- benessere derivate da uno stipendio sicuro e in cre- La famiglia dei Fantuzzi era conosciuta come i Me- ne con Via Nirano, a terminava in via Canaletto, in scita costante. Il denaro in tasca dava la possibilità zanòt, soprannome di difficile interpretazione tanto località Borgo di Spezzano. Nella sua prima parte di accedere alla dilagante motorizzazione; vivere in che Luciano, figlio di Natale, afferma sorridendo era tutto ombreggiato, principalmente da robinie e Brigida Ferri con Carlo e Bruno mentre stanno arando abitazioni confortevoli, munite di servizi e dei primi “che è un richiamo al momento abituale d’intimi- alberi d’alto fusto che offrivano ombra ai viandanti elettrodomestici; possibilità nell’abbigliamento, nel tà notturno (i feven i ‘simitoun’) dei miei bisnonni”. insignificante, ma curioso, incisivo e originale, che e, di notte, qualche paura ai bambini . divertimento e di come gestire la propria giornata. Anche a Spezzano le vecchie famiglie, da tempo qui colpiva e rimaneva impresso nella mente dei suoi “Una famiglia di gran lavoratori la nostra - dice Negli anni ‘50 Giorgio Fantuzzi, assieme alla moglie radicate, avevano l’usanza di identificarsi con l’uso conoscenti. Luciano - Non c’erano Maria Paganelli e al suo nucleo famigliare di cui ne del soprannome. Questa tradizione è stata alimen- Una famiglia numerosa quella dei Mezanòt, come cose né belle, né simpa- facevano parte i figli Natale, Carmen, Ester, Bruna tata dai pochi abitanti e dalle loro residenze stanziali tante, perché servivano più braccia in una situazione tiche; si doveva lavorare e Ettore (Natalina si era sposata ed e risiedeva altro- per cui era facile conoscersi un po’ tutti. Spesso un sociale dove lo Stato non era familiare, non vicino, e basta. ve), abitava a Fogliano di nomignolo veniva attribuito ad una persona dopo ma lontano e si agganciava solo con le cartelle del- La terra, lo ricordava Maranello e lavorava a che si era verificato un evento particolare, legato alla le imposte e le cartoline precetto dell’arruolamento sempre il babbo, era mezzadria su un podere sua vita, che poteva essere anche apparentemente per i maschi. generosa solo se le dedi- di proprietà dei Bisbini. L’essenzialità della cavi tutte le tue energie. Anni di criticità quella vita era endemica C’era sempre qualcosa del dopoguerra. Il figlio ed a garanzia di un da fare: falciare l’erba, Natale, durante l’ulti- piatto di minestra e mietere il grano, rastrel- mo conflitto mondiale, qualcos’altro per ac- lare il fieno, mungere, aveva prestato servizio compagnarla doveva fare il pane per l’intera a Roma nei “Granatieri intervenire la fatica settimana, travasare il di Sardegna”, il corpo di molti. La malattia, vino, insaccare le salcic- militare più antico d’I- l’infortunio, la disabi- ce. Tutto e di più ». talia, le cui tradizioni lità, la vecchiaia non La mamma Brigida sta- attualmente sono state godevano di coper- Natale Fantuzzi in divisa di va in casa per la faccende Romano Caselli ereditate dalla Brigata Le sorelle Brigida, Rina e Maria Ferri Maria Paganelli tura assistenziale ed “Granatieri di Sardegna” domestiche, ma anche

124 125 nella stalla e nei campi ad aiutare il marito. “Sono rava il mio modo di scrivere con la sinistra. Quando no messo a contatto - prosegue il figlio di Natale - sia come mio padre e mia madre - testimonia Luciano state tante le energie che la mamma ha speso in casa ho iniziato la terza classe, a Spezzano, la nuova in- con i momenti belli che ti può riservare una vita sco- - che li hanno trasmessi a noi figli e non solo per e fuori casa per mandare avanti la famiglia - attesta segnante Bice Ligabue ha fatto di tutto perché usassi lastica, ma anche fatto vedere le criticità nelle quali quanto riguarda i rapporti fra persone, ma anche il figlio Luciano - Una donna che era una roccia, al- la destra. Non c’è riuscita nonostante abbia chiesto vivevano tante persone nell’immediato dopoguerra. nel rispettare la natura perché indicava come dare tro che soggetto debole come ci hanno tramandato l’intervento anche dei miei genitori e del direttore Ogni giorno arrivava da Fiorano un incaricato, pro- un significato al proprio passato e preparare il futu- alcuni stereotipi culturali. La mamma, come tutte le didattico. Probabilmente sono stato uno dei pochi babilmente dell’Amministrazione Comunale, che ro”. donne contadine, non poteva essere considerata una mancini che ho finito regolarmente le elementari”. portava con se un contenitore dal quale prelevava Anche i tre figli di Natale e Brigida, con gli anni delle tante variabili perché ne era parte costitutiva, A cavallo fra gli anni ‘40 e ‘50, alle scuole elementari minestra da dare agli scolari più bisognosi. che passavano, iniziarono a mostrare insofferenza al elemento fondativo della famiglia”. si insegnava, a volte con l’uso della forza, ad usa- E non erano pochi. E queste situazioni di pover- periodo adolescenziale, nell’attesa di godere i frutti Luciano e le sorelle, come tanti della loro età, hanno re solamente la mano ‘giusta’, la destra, tanto che tà si manifestavano anche con l’oscurità quando - della giovinezza con momenti di divertimento. frequentato le scuole elementari a Spezzano. anche Ronald Reagan dovette imparare a firmare spiega Luciano - nei campi venivano tagliate e ruba- Luciano li ricorda così: “Si andava in parrocchia e “I primi due anni li ho fatti a Torre delle Oche - ri- i documenti ufficiali con la destra piuttosto che con te piante secche. Servivano come legna per riscalda- si giocava a calcio nel campetto fra la canonica e la corda Luciano - con una maestra giovane che tolle- la sinistra. re locali di famiglie che non avevano nulla. strada. Altrimenti, prevalentemente con i miei amici La scienza non fu da meno: nei primi del ‘900 ven- Il babbo, di notte, sentiva che qualcuno nei campi Massimo Leoni, i fratelli Franco e Luciano Cuoghi, nero realizzati fantomatici studi che abbinavano il gli stava portando via una pianta, ma non ha mai mio cugino Franco Fantuzzi, Silvano Giovannini e mancinismo alla demenza e alla dislessia. rincorso o denunciato nessuno, sapendo le reali con- Mafaldo Molinari, si assisteva alla proiezione di un Solamente tra gli anni ’60 e ’70 si iniziò a considera- dizioni in cui si trovava chi era costretto a fare quella film e, divenuti più grandicelli, si iniziarono ad orga- re il mancinismo una semplice caratteristica indivi- determinata azione”. nizzare delle festine in casa di uno e dell’altro. duale e si iniziò a contrastare il pregiudizio che fino Una testimonianza di come, nella maggioranza del Musica, balli lenti e i primi amori che nascevano ad allora aveva imperato nel mondo. mondo contadino, esistessero dei valori che non con le note di un disco a 45 giri. Giravo, a sedici Cinque anni dietro ai banchi di scuola “che mi han- conoscevano confini “e che per fortuna c’era gente anni, con una Vespa e ho scoperto la bellezza del viaggiare su due ruote, con un mo- tore e con il ven- to tra i capelli e l’aria fresca contro il viso”. Poi le strade di Lu- ciano e delle sorel- le si dividono. Lui, quando la stagione dei campi è ferma, inizia a fare il mu- In alto: Oriele Fantuzzi, Leda Franchini e Brigida Ferri. In basso: Natale Fantuzzi con in braccio la nipote Fernanda, ratore nell’impresa Emma Fantuzzi e Maria Paganelli Emma, Fernanda, Natale, Francesco, Oriele e Brigida Brigida con il figlioletto Luciano Emma Ferri e Luciano Fantuzzi di Amedeo Ingra-

126 127 mi. E’ chiamato al servizio di leva, a Barletta, nel non indifferente per la famiglia. Per il mancato gua- Intanto l’intera famiglia da Via Antica Cava si era gnificava perdere non solo il lavoro, ma anche la corpo dei Bianchi Fucilieri che facevano parte del dagno nei 15 mesi e più di ferma e per la somma trasferita nella nuova casa di Via Nirano e Natale casa. In questo giorno avvenivano quindi i traslochi 9° Reggimento oggi di stanza a Trani. Un distacca- esigua rappresentata dal soldo militare insufficiente iniziò a lavorare alla ceramica Balzac, che fu costru- e spesso s’incrociavano le famiglie che andavano e mento che anche nel primo conflitto mondiale, si è a svolgere una vera funzione retributiva, anche se, ita proprio sopra al podere che aveva coltivato per quelle che tornavano: le stesse scene si ripetevano di reso protagonista di fatti eroici dove il coraggio, fino nel periodo di naja, il soldato viveva nutrito e vestito tanti anni. L’azienda faceva parte della Gardenia & cascina in cascina. all’estremo sacrificio. è valso la concessione della più a spese dello Stato. Orchidea, la cui sede era poco distante, gruppo che “Dopo essere tornato ad abitare a Spezzano, il bab- alta onorificenza, la Medaglia d’Oro al Valor Mili- Dagli ‘otto soldi giornalieri’ ricordato dalle reclute controllava anche le ceramica Dei Castelli e Vetta, bo - afferma Ermanno Paganelli - trovò un’occupa- tare alla Bandiera di Guerra. degli Anni ’40 alla ‘deca’, chiamata così perché pa- che poi prenderà il nome di Azalea. zione, come tanti della zona, alla ceramica Piemme “Posso considerarmi fortunato per quanto riguarda gata ogni dieci giorni, si è passati a importi di 1.270 Nella stessa casa stava Carlo Paganelli marito di di Torre delle Oche. Ben presto sentì nuovamente il la permanenza sotto le armi”, attesta Luciano. “Il lire per il soldato e 1.350 per il caporale, rimasti in Giuseppina Ferri (Maria) e i figli Ermanno, Bruno, e richiamo dei campi e decise di lavorare un piccolo mio contingente è stato il primo a fare i 15 mesi di vigore fino agli anni ‘70. Successivamente, si è pas- Bruna. La famiglia veniva da Fogliano di Maranel- podere lungo la Via Chianca dove coltivava del fo- naia e non più i 18. Era il 1964”. sati alla diaria rimasta in uso fino a prima dell’ado- lo, dove faceva il mezzadro su di un podere di pro- raggio e dell’uva. Come compagnia allevava diversi La durata della coscrizione è andata progressiva- zione del servizio permanente. prietà della Curia Arcivescovile di Modena. Poi si è animali da cortile e dei piccioni”. mente diminuendo, l’ultima riduzione fu fatta nel Luciano si congeda, lascia Barletta, torna a Spezza- trasferito, per sette anni, a Casa Pelato, in Via Santo Erano gli anni in cui le prime industrie sottraeva- 1997 (10 mesi), ed era obbligatoria per tutti gli uo- no e sposa Leda Franchini. Dal matrimonio nasco- Stefano 7, in un fondo del Prof. Giuseppe Bisbini. In no braccia all’agricoltura; una parte consistente di mini di sana e robusta costituzione (previo accerta- no due figli: Fernanda e Federico. La sorella Emma seguito altro trasferimento in Via Fiandri (al Tegorì) contadini si spostò dal settore primario all’industria; mento medico) di nazionalità italiana. prende marito e fa così anche Oriele che diventa per un anno, poi a Modena, in località Santa Maria il fenomeno di inurbamento fu dilagante, e seletti- La leva è stata sospesa a partire dal 1º gennaio 2005. moglie di Giuseppe Bovino, allora carabiniere a Mugnaio per tre anni e quindi il ritorno a Spezzano. vo per genere ed età, perché i primi che andarono La ferma obbligatoria per i ragazzi ‘abili e arruo- Fiorano, e si stabilisce a Bologna: due i figli: France- L’anno del contadino, in quei tempi, iniziava l’un- a lavorare nella nascente industria ceramica erano lati’, costituiva in passato un problema finanziario sco e Vittorio. dici di novembre, San Martino e terminava il 10 di maschi giovani, mentre nelle campagne rimasero novembre dell’anno successivo. soprattutto donne anziane. Questa data segnava la fine dell’anno agrario e “Fu una scelta di vita quella di mio padre - chiarisce quindi il contratto di lavoro, che era annuale e che Ermanno - anche perché avrebbe potuto usufruire poteva essere rinnovato oppure no. di un posto in qualche Ente Pubblico essendo rima- Per il contadino al quale non veniva rinnovato, si- sto ferito in guerra. Durante la disastrosa campagna in Russia dell’e- sercito italiano gli si congelò una mano. Fortunata- mente riuscì, fra mille peripezie, a ritornare in pa- tria dove fu ricoverato all’ospedale militare di Imola. Salvò la mano e successivamente fece l’attendente ad un colonnello dell’esercito a Roma”. Anche per Carlo Paganelli (conosciuto come Car- bòr) e per la sua famiglia, dopo aver preso casa in Luciano Fantuzzi con la Via Nirano, l’11 novembre non significò più un pos- Franco Fantuzzi Mafaldo Molinari Silvano Giovannini divisa dei Bianchi Fucilieri Ceramica Balzac sibile trasloco, ma solo il ricordo di un cielo quasi

128 129 strumento di trasporto personale che rispecchiava fedelmente - sottolinea Ermanno - quello che noi riuscivamo a trasmettergli, che non aveva altro mo- vimento se non il nostro, che imponeva sacrificio, voglia e coraggio”. Ermanno Paganelli indossò prima la maglia della società ciclistica Coop di Sassuolo e poi, fra i dilet- tanti, quella della Pejo di Brescia. Vince qualche gara, ottiene dei piazzamenti fino a quando capisce che per andare oltre occorre affron- tare questa disciplina sportiva in maniera non con- Carlo Paganelli all’ospedale militare di Imola sona ai suoi principi. “Ho lasciato tutto pur avendo la possibilità di continuare - dice Ermanno - con sportiva, quella della bicicletta perché sapeva met- l’imperativo, però, di vincere a tutti i costi. Non ho tere insieme l’amicizia e la fatica, il divertimento e accettato quello che mi proponevano e sono tornato la costanza. Assieme a Vincenzo Teggi e Paolo Or- a pedalare solo per passione”. landi, abitavamo tutti vicini a Spezzano, amavamo “Ho sempre rimpianto - chiosa Ermanno - quando, la bici. Sostanzialmente non era altro che un mez- a tredici anni, sono andato in bicicletta da Spezzano zo che accelerava noi stessi, non solo la guidavamo fino a Rimini. L’anno dopo è venuto con me Vin- per indirizzarla dove volevamo, dovevamo anche La casa colonica di Natale Fantuzzi, in via Antica Cava, fra cenzo Teggi e sono stati chilometri di vera libertà. faticosamente spingerla per andare a Serramazzo- i capannoni delle ceramiche Balzac e Gardenia & Orchidea Lasciavamo la bicicletta a casa di una famiglia che ni, o a Rocca Santa Maria, o al Barigazzo; era uno conoscevamo e via in spiaggia a godersi un bagno sempre imbronciato e di carri trainati da cavalli ca- in un litorale comple- richi di mobili, di masserizie, di attrezzi, della cassa- tamente diverso da panca col vestiario ed altri con la legna per l’inver- quello attuale”. no, i polli nella stia, i conigli nella gabbia. Intanto inizia a la- “Gli spostamenti - asserisce Ermanno - mi hanno vorare come vivaista fatto perdere tante amicizie. In ogni muova località nell’azienda Levi, a trovavo coetanei coi quali si condividevano le ore Modena, la stessa dove libere e si andava anche a scuola. Qualcuno, negli il padre era stato agri- anni, non si è più visto, avendo legato il proprio de- coltore. Poi il richiamo stino ad altri luoghi e ad altre vite, ma mi ritorna di casa si è fatto forte e Ermanno partecipa al alla mente allorquando il pensiero vola agli anni re- Lavorazione sgranamento del granoturco nell’aia di Carlo moti della scuola elementare. Passato quel periodo Paganelli; a sx. Barbolini di Formigine, Zoello Baranzoni, Carlo Paganelli, secondo in alto da sx., assieme a parenti e - rammenta Ermanno - ho maturato una passione Roberto Storti e Letizia Bastai commilitoni Ermanno Paganelli

130 131 concorso per diven- circa 1.500 operai. Nei dieci anni seguenti le azien- Da sx: Prod. Giorgio Ferrari, tare Vigile Urbano a de diventarono 55 con 124 stabilimenti. Gli occu- Porf. Adonella Ferraresi, Fiorano, attività che pati salirono a 20.000; la produzione, mel ‘70, rag- Rossella Severi, Luana ha svolto dal 1973 a, giunse i 150 milioni di metri quadrati di piastrelle e Zanti,Giuliana Nicolini, Mariangela Agnani, Don 2003. l’expo toccò quota 35%. Una crescita costante che Giuseppe Manni, Maria Poco distante da que- continuò fino all’inizio del nuovo millennio. Giglia Pini, Mara Aguzzoli, ste case si arriva a Protagonista di tutto questo anche l’operosità degli Giuseppina Demurtas, Alis Villa Magiera dove agricoltori, il dinamismo, il coraggio e la tenacia Appio, Rita Giovanelli, nel fabbricato atti- della gente di queste terre e contrade che, stimola- Carmen Stefani, Annamaria guo, conosciuto come ti incessantemente dalle loro aspirazioni, seppero Richetti, Preside Roversi Ruggeri, Giovanna Fiandri, casa del custode, han- dare vita ad una grande “primavera economica” di Mirella Cuoghi, Maria no abitato tantissime quella che sarebbe poi diventata la piastrella valley, Cavalieri, Cleta Rovatti, n.n., famiglie, delle quali conosciuta in tutto il mondo. n.n.. se ne è parlato nel Paolo Orlandi. Ermanno Paganelli e Vincenzo Teggi volume ‘Mi ritorna in mente’ con riferi- mento alla Via Motta. Non tutte però. L’enorme edificio è stata la dimora anche di Luigi Gualandrini dal 1945 al 1951 quando si trasferì all’estero. Era un lavoratore giornaliero. Assieme a lui la moglie Zita Pedroni e la figlia Maria. Per un solo anno, dal 1952 al 1953, è stato qui anche Gino Silingardi con la moglie Irene Macchioni e, dal 1952 al 1962, Giovani Valenti, marito di Bruna Casarotti e padre di Gisberto. Questa famiglia, suc- cessivamente, si è trasferita alle Case Bianche. Chi risiedeva lungo questa lunga strada ha vissu- to in prima persona la grande trasformazione del territorio: da centro agricolo a forza industriale in un settore, quello ceramica, in continua espansio- ne. Negli anni ‘50 erano 10 le aziende ceramiche presenti nel distretto degli otto comuni modenese e reggiani. Da sx: Mirella Torlai, Elide Annovi,Giovanna Frassineti,Adriana Zivieri, Eleonora Brugioni, Mirella Cuoghi, Antonietta Producevano 22 milioni di metri quadrati di mate- Ermanno Paganelli vigile Pennini, Giovanna Fiandri, Paola Gibellini, Cracco, Mara Aguzzoli, Giuliana Nicolini, Rossela Severi, Mafalda riale con un export pari allo 0,4% e dando lavoro a urbano Giovanelli, Giuliana Zanella, Luana Zanti, Angela Agnani e Ambrogina Tostati. Insegnante: Ida Tacconi

132 133 quando parlavano di quei giorni, la cosa che più ri- quella metropoli. Quindi può essere per questo che cordavano come supremamente bella e interessante si è creata naturalmente in me l’idea che un cimi- non era il Duomo, il Castello Sforzesco o la Cena di tero possa anche provocare impressioni gradevoli e Leonardo, ma proprio il Cimitero Monumentale di suggestive. Oltretutto, quando mi soffermo ad osservare le la- pidi di parenti, amici o conoscenti, 1’immaginazio- ne corre al ricordo di loro quand’erano fisicamente ario Amici: un giovane presenti tra noi. Inducendo la mente a raffronti e considerazioni sul ardimentoso pilota aviatore quando, il come. il perché di tutto questo. Noi fioranesi abbiamo un bel cimitero. E se talvolta entravo nella piccola Chiesetta non po- Non so se sia appropriato usare quell’aggettivo rife- tevo non fermarmi un attimino davanti alla lapide rito al luogo, certamente qualcuno storcerà di il naso. Fiorano che ricorda Mario Amici, pilota aviatore. Da ragaz- Dentro di me, tuttavia, questa idea l’ho sempre avu- zo ero attratto forse dal fatto che allora gli aeroplani M erano rari. tanto che ogniqualvolta ne sentivamo il ta e coltivata. Sarà per quella posizione leggermente collinare in cui si trova per cui. giungendo da ovest, rumore, correvamo fuori con il naso per aria, stupiti cioè dal centro, la visuale viene catturata dalla pro- e attoniti. spettiva di quel frontale roseo a portico che si staglia Adesso sarà perché quel giovane e un Amici, anche netto nel cielo , sia questo azzurro o bianco di nubi. se non parente, una delle famiglie più comuni un Inoltre un tempo era contornato, direi immerso, nel verde dei campi e del relativo silenzioso vivere di erbe e piante, forti motivi predisponenti l’animo al raccoglimento, alla meditazione, alla memoria. Anche adesso quando mi avvicino camminando per una visitina si forma in me una fantasmagori- ca immagine come se tutto il complesso stesse pro- tendendosi verso l’alto, quasi campo di lancio ver- so la immensità infinita del sublime, dell’altissimo, dell’eterno. Comunque non sono solo nel pensare che un cimi- tero possa essere bello. Vi racconterò un aneddoto personale, cioè della mia famiglia. I miei genitori, quando si sposarono, Nel cimitero di Fiorano si conserva la lapide di Mario Amici, con l’immagine e l’epigrafe “Sergente pilota aviatore, rifulgente scelsero (si fa per dire) come viaggio di nozze la città di gloria per mirabili prove di ardimento e di valore, vittima nel cielo di Cinisello di incidente aviatorio, i parenti e i concittadini di Milano dove furono ospitati da una zia. Ebbene, addolorati e ammirati, qui pietosamente composero. 10 febbraio 1924. di Natale Amici 134 135 tempo nel nostro Fiorano, un tempo passato verso una gerarchia. Ma partiamo dall’inizio. Mario era Resta comunque il fatto che dai melodiosi suoni cre- cielo di Fiorano per dare ai compaesani, oltre ad cui nutro morbosa attrazione, tempo che al presente nato a Fiorano nel 1901 da Francesco e da Gugliel- ati con lo strumento musicale il nostro eroe passò a un saluto in forma del tutto particolare, anche un si e impossessato di tutta la mia immaginazione e ma Bellini. Il papà era muratore, nato nel 1870 e disegnare fuggevoli ghirigori in cielo, accompagnati breve saggio delle proprie capacità e del proprio dei miei interessi di incallito sognatore. E questo è deceduto nel 1928, figlio di Gaetano e della Augusta e sottolineati dalle sonorità di un rombante motore coraggio. Si diceva che avesse sfiorato più volte la talmente vero che già in due miei precedenti rac- Balestrazzi, quindi di una modesta famiglia locale. Negli anni della mia infanzia tante volle ho senti- cupola del nostro Santuario, quasi a toccarla Forse contini ho accennato alla tragica morte di Mario Secondo quanto riferitomi dai parenti, si era dedi- to raccontare di quando giunse col suo biplano nel nell’immaginazione degli astanti quei passaggi sono Amici. cato in giovane età allo studio del violino. Quand’ecco che l’altro giorno un nipote mi fa leg- Prima ancora che le speranze di una onorevole car- gere fotocopia di una lettera scritta dal nostro Mario riera professionistica prendessero piede, a causa di ad uno zio circa venti giorni prima di cadere col suo un infortunio. Mario subì un grave danno al tendine velivolo. di un polso per cui fu costretto a lasciare il violino. E’ una lettera sconvolgente che non avrei mai pensa- Non abbiamo notizie del come e del perché dal vio- to di poter leggere. In breve, il giovane si dice molto lino passò ad una scuola di pilotaggio d’aeroplani, inquieto e insicuro, stato d’animo sommamente pe- attività del tutto diversa dalla prima. Forse fu sem- ricoloso per un pilota d’aeroplano, specie per quelli plicemente un caso. Fatto sta che passare da una li- d’allora, quasi del tutto sprovvisti di strumentazione, bera professione artistica ad una scuola per uomini quindi guidati a braccio. ardimentosi e coraggiosi ne corre. Teniamo presenti Noi non sapremo mai cos’era che turbava la sua si- anche le rigide regole strutturali e gerarchiche della curezza e il suo coraggio, potremmo fare soltanto vita militare. delle illazioni gratuite, non suffragate da fatti; quello Sembrerebbe un passaggio impossibile e strano se che possiamo dire è che è salito su quell’aereo in un non mi venisse di pensare a Gabriele D’Annunzio momento d’incertezza psicologica. ed ai suoi raid aerei durante la prima guerra mon- Ma sappiamo che era un militare perciò soggetto ad diale.

La base aerea di Cinisello Balsamo, dov’era Mario Amici e la partenza dallo stesso aeroporto della III Coppa Baracchi, nel 1923. Villino del Bel Soggiorno all’inizio di Via Ruvinello, dove abitava lo zio di Mario Amici

136 137 rimasti come una dimostrazione dell’impossibile, di Era stato cameriere del Principe di Piemonte ed Ultima lettera di Mario Amici voglia aiutarmi. Volo! una sfida suprema alle leggi della gravità terrestre. amico del Marchese Coccapani e del Conte Pignat- Cinisello 3-2-1924 Non mi sento sicuro! A terra non dovrei sentirmi certe In ogni caso tutti rimasero veramente stupiti e im- ti. In paese era soprannominato al Funzionari. cose, eppure non mi sento tranquillo lo stesso. pressionati. Nell’archivio Comunale era indicato come “ possi- Carissimo zio Scrivetemi zio, mi farete un gran piacere. So che siete I parenti mi hanno comunicato che la promozione dente”. Allora si diceva che fosse proprietario dei Non ricordo di avervi scritto in tutto il tempo che mi a sergente fu un premio per una sua traversata tra Villino del Bel Soggiorno, in tal modo era denomi- un indovino, provate anche a me, e sappiatemi prevedere l’Africa, probabilmente Libia, e l’Italia. nala la prima casa di Via Ruvinello. Possedeva un trovo sotto le armi. Ora però trovandomi in condizioni ciò che mi capiterà. E’ deceduto il 24 febbraio 1924 a causa di un altro caseggiato modesto in via Bonincontro. poco gradevoli trovo sollievo scrivendovi. Perdonerete Mi farete tanti saluti alla signora , e Gigi e consorte. incidente di volo dovuto a collisione tra il suo aereo Si diceva che fosse anche cartomante e ‘medium”, questa mia, se non vi farà l’impressione che dovrebbe Un abbraccio e un bacio a voi, vostro nipote Mario e quello del tenente Gilberto Rizzotti, avvenuto nel ecco perché il Mario, nella lettera citata, invoca da essendo sempre stato verso di me un buon zio. Vi penso cielo di Cinisello Balsamo, grosso centro alla perife- lui segnali sul proprio destino, chiamandolo indo- e invidio la vostra tranquillità. Discorso letto alle esequie dal Capita- ria di Milano. vino. Io giovane forte, ed anche abbastanza volonteroso per no Amedeo Mecozzi Nel discorso pronunciato alle esequie dal capitano Per noi e per i posteri non rimane che quella lapide l’amore e il benessere di tutto ciò che è bello, mi trovo Amedeo Mecozzi è stato cosi ricordato: “Sergente al cimitero con la fotografia dalla quale possiamo desolato, mi sento sempre più impaziente, non so di che Serg. pilota 91° squadriglia “ Baracca” Mario Amici, fanciullo entusiasta e ridente, cuore osservare il nostro Mario fiero in posa a fianco dei aperto ad ogni bontà e ad ogni ardimento, pilota biplano, suo compagno di ardimento, di gloria. di giudicare, non sono tranquillo! Ed appunto per questo campo d’aviazione Cinisello Milano peritissimo che sapeva temperare l’audacia con la sventura nonché di esaltazione e di lacrime. mi sono rivolto a voi, per sentire se sapete novità di meditata prudenza di un veterano”. Dopo queste Grazie Mario, ti porgo a nome di tutti i fioranesi un casa mia, ovvero se sapete consigliarmi qualche cosa Compagni d’Arme, io vorrei serrare fra i denti il più sublimi parole, non ci resta che esternare la nostra devoto e riverente saluto. che sappia farmi tornare l’uomo che ero poco tempo fa. amaro silenzio di fronte a queste due tombe così im- vivissima commozione, mista ad un sentimento Noi non sapremo mai cos’era che turbava la sua Zio, ho pensato anche al buon Dio sperando che lui provvisamente e così immaturamente dischiuse. d’orgoglio per questo nostro amico, uno di noi. nato sicurezza e il suo coraggio, potremmo fare soltanto da famiglia particolarmente colpita dalla sfortuna. delle illazioni gratuite, non suffragate da fatti; quello Pensiamo a quella povera mamma che dovette sop- che possiamo dire è che è salito su quell’aereo in un portare la immatura perdita anche di Vitalino e Ga- momento d’incertezza psicologica. Ma sappiamo etano che era un militare perciò soggetto ad una gerar- Lo zio che abbiamo nomi- chia. Ma partiamo dall’inizio. Mario era nato a Fio- nato, al quale la lettera era rano nel 1901 da Francesco e da Guglielma Bellini. indirizzata, si chiamava Il papà era muratore, nato nel 1870 e deceduto nel Celso Amici (1864-1940). 1928.,figlio di Gaetano e della Augusta Balestraz- Lo ricordo come perso- zi, quindi di una modesta famiglia locale. Secondo na dignitosa, un tantino quanto riferitomi dai parenti, si era dedicato in gio- appartata, fuori dalla vita vane età allo studio del violino. della nostra comunità. Grazie Mario, ti porgo a nome di tutti i fioranesi un devoto e riverente saluto. Lo stemma della 91° Squadriglia Baracca Francesco Baracca, eroe della 91° Squadriglia, la stessa di Mario Amici e un aereo usato dall’eroe della prima guerra mondiale.

138 139 Vorrei tacere per non prorompere in un grido d’ira te sulla terra nevosa e fangosa intorno agli apparec- ma restano campi di prova e di battaglia, dove pos- Molto più vi dico, di quelle vertigini di assalto, e glo- contro la sorte cieca e miserabile che volle troncare chi pronti. siamo strenuamente vivere e vincere dove possiamo riosa questa fermezza senza crollo di contro all’av- due volontà e due audacie meritevoli di più gloriosa Il dovere dell’addestramento vi chiamava ed eravate ancora morire. versa fortuna. fine. lieti per questo. Autorità civili, e cittadini che qui venite a portare il I nostri due compagni sono caduti, ma sono caduti Se essi fossero caduti sul Piave o sul Grappa, in un Facevate tripudio per questo. vostro tripudio di omaggio, voi che levando gli occhi per risorgere. combattimento strenuo contro i nemici della Patria, Non posso senza fremito ricordarmi del commiato da vostri traffici e dai vostri lavori, seguite talvolta Essi sono balzati veloci laggiù fra gli storni dei nostri ora potremmo intestare ghirlande di gloria; invece prima della partenza. il rombo dei nostri velivoli, voi gente lombarda la- morti che tutti li attendevano, fino all’estrema delle la morte li pigliò a tradimento sul campo stesso del- Non posso senza fremito ricordarmi di tanti simili boriosa artefice delle fortune d’Italia, dite voi tutti nostre sepolture eroiche. la loro laboriosità quotidiana, schiantandone d’un commiati fattimi sull’orlo della sorte. se vi sono anime italiane che a questa grandezza si Fino all’ultima delle nostre croci di legno e di ferro colpo le ali e la vita. La notte trascorsa, nella veglia funebre, davanti a offrano con maggior letizia al sacrificio. ed oltre e più oltre. Essi erano i più giovani fra noi, ma non erano i due corpi affiancati sulla rozza tavola mortuaria, Vedo qui coloro sulle cui spalle grava ilpeso e l’ono- Franco di Rudini, e Giovanni Sabelli, Luigi Olivari meno degni e meno valorosi. dove le coperte ruvide celavano male le membra re del comando, coloro che calcolano e disegnano ed il prode Francesco Baracca, li hanno scrutati nel Tenente Gilberto Rizzotti, amico devoto e solerte, tormentate e deformate dallo schianto dissero le mie i veicoli destinati a salpare verso il cielo, gli operai volo, hanno visto il segno del ardimento ed hanno che lasciasti da poco nella vita civile ogni speranza labbra senza suono: delle officine e del campo che traducono nel e nel esclamato: “Sono degni di noi!” di lucro e di tranquillo benessere per tornare fra noi Compagni, cari compagni della vita rischiosa, a metallo i concetti e le speranze alate. Gilberto Rizzotti e Mario Amici noi non veniamo sedotto dalla nostalgia fatale del volo, animo leale e quando anche la mia? Eccoli tutti qui raccolti a capo chino, e di fronte alla qui, come talvolta accade, per un atto imposto dalle schietto, cuor di soldato tenace. Quando cesserò anch’io d’essere un supersite di tan- morte incitatrice ed ammonitrice essi si sentono, convenienze del mondo, ma veramente perché nel Sergente Mario Amici fanciullo entusiasta e ridente, te lotte e di tante gramaglie? come mai forono, uniti in un palpito concorde. nostro cuore palpita un dolore infinito, e per pro- cuore aperto ad ogni bontà e ad ogni ardimento,pi- Famiglie dei due eroi caduti nell’adempimento del Qui i cuori sono fraterni, come quando una grande mettervi, e per giurarvi, che le vostre virtù ci servi- lota peritissimo che sapeva temperare l’audacia con dovere di periglio ch’è il nostro orgoglio quotidiano, sventura ricongiunge i consanguinei. ranno di esempio ed vostro spirito di guida. la meditata prudenza cessate, vi prego il vostro pianto. Infine vi sono i piloti. d’un veterano. Il loro sacrificio non è stato vano: in quest’ora con- Piloti della squadriglia Baracca miei piloti bravi e Benché il tempo av- sacrata al ridestramento dell’ala Italica, dopo lunga valorosi. verso togliesse final- notte pigra, il loro sacrificio dimostra ai vicini e ai Io dicevo dianzi che avrei preferito chiudermi nel mente il luogo divieto lontani che i piloti d’Italia come seppero in guer- più amaro dei silenzi. avevate dovuto argo- ra trionfare del nemico, ora nella pace travagli osa Non avrei voluto oggi parlare se questa parola non mentare ed insistere sanno sopperire con l’audacia ostinata, con attività fosse a me ed a voi un respiro del combattimen- Nel ricordare il passato ogni tanto soffermiamo l’attenzione per avere consenso di industre, alla scarsezza di mezzi, alla incomprensio- to quotidiano, una pausa nell’azione, un modo di su qualche concittadino che per il fatto di possedere abilità levarvi al volo nella ne, alle freddezze, alla avverse fortune. guardarci nelle pupille, di muoverci e giurarci insie- singolari, sia pure modeste, rimane nella nostra memoria, nei giornata tispida che Famiglie degli eroi morti cessate il pianto. me ancora una volta. ricordi di eventi gioiosi o dolorosi di cui siamo stati partecipi o pareva quasi annun- Ufficiali di terra e di mare, militi della camicia ne- Veggo il doloroso amore tremare nei vostri occhi. testimoni, o dei quali abbiamo avuto notizia. Non solo eventi, zio di primavera. ra,qui convenuti a portare il segno tangibile del Veggo il rimpianto dei nostri gloriosi , quando intor- ma anche persone: famigliari amici, conoscenti che ci han- Scherzavate e ideava- vostro cameratismo di qui dal profondo del cuore no alle bare dei compagni morti in battaglia, si riaf- no lasciato. Sentiamo ancora la loro presenza, udiamo le loro vi ringrazio, voi qui vedete ancora una volta che i fermano le volontà di combattimento e di vittoria. voci, le espressioni del loro viso, ma quello che non possiamo Capitano Amedeo Mecozzi, divenuto poi generale nostri campi non si sono tramutati in piazze d’armi, Alzate gli occhi, asciugata la pupilla. richiamare alla nostra presenza sono i loro pensieri e quelli che

___ 140 141 erano i loro ricordi. delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca Ognuno di noi vorrebbe rivolgere qualche domanda ad un pro- Presidente ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno i suoi prio caro, ma dopo la sua dipartita è andato per sempre perdu- uomini, e venne formata il 1° maggio del 1917 sul campo di to anche tutto il bagaglio delle sue esperienze e conoscenze che Santa Caterina di Udine con i migliori piloti della 70° squa- adesso ci mancano driglia degli assi. Grazie a Natale Amici, possiamo ancora Quando muore qualcuno, anche il più modesto degli uomini, ricordare Mario e le sue vicende aeree. E allora diciamo: scrivi, scompare anche la memoria di tutti coloro che lui ancora ricor- scrivi che alla fine qualcosa resterà. Sarà sempre qualcosa di dava i quali, solo a questo punto, diventano nulla, salvo non unilaterale, spesso qualcosa di poco conto, ma infinitamente siano grandi personaggi. Come il nostro concittadino Mario più del nulla. Grazie Natale Amici Amici che apparteneva alla 91° squadriglia la quale posse- Luciano Callegari deva una caratteristica che la rendeva forse unica nella storia

1918. FINISCE LA PRIMA GUERRA MONDIALE. Inaugurazione del municipio, 1939, con il monumento ai caduto Uno dei primi passaggi aerei su Sassuolo; idealmente come quello di Mario Amici ad accarezzare le cupole del Santuario. e il fregio dell’aquila.

142 143 noi chiamata “ I pozzi dell’olio”. E allora? Via libera al nascere di altri stabilimenti Il silenzio regnava sovrano e quel visitatore che vi si ceramici per produrre piastrelle, la base delle quali è fosse inoltrato, poteva essere colpito solo dalla mae- il cosiddetto biscotto che per farlo andava benissimo stosa bellezza di quelle rive incontaminate, modella- l’argilla dei calanchi limosi. In conseguenza ecco te da millenari eventi naturali. partire una corsa sfrenata, una specie di Far West Oltre ai colombi che becchettavano, il silenzio pote- nostrano, per accaparrarsi calanchi per trasformarli va essere interrotto dall’acuto “cri-cri” di un picchio in cave di argilla. Certo non era una novità. Un tempo passavano branchi di colombi,l riv prove - dalesaggio dell’alta Cooch valle del Corlo e che sono indicati in risposta all’altro che tambureggiava sul tronco di Se si andava verso Veggia, giunti sul ponte del Sec- nienti dalle tante case coloniche, che volavano verso con molta precisione dalla parola “calanco”. un albero. Alto nel cielo un falconide faceva volteggi chia, proprio di fronte, si notavano i segni di una sud. La via Riola terminava proprio contro i calanchi tipo “spirito santo”, forse della specie gheppio che cava già in atto da tempo. Noi dicevamo “i ven al riv”. Infatti chiamavamo grigio -azzurrini del grande Passo Stretto, quello nidificava nel breve strapiombo di Monte Ave. Tuttavia non era che ci fosse in giro manodopera “rive” quei pendii argillosi che dominavano il pa- che separa la vallata di quel nostro Rio da quella da Pace quasi idilliaca che mamma sfruttava annual- esperta. In ogni modo gruppi di braccianti, comun- mente per una gitarella a piedi con noi bimbi e dove que di non occupati, si riunirono in coperative per non mancava la merenda. La situazione rimase tale far fronte a quella insperata richiesta. per tutto l’arco degli anni trenta, ma qualche anno All’inizio erano contratti a cottimo, comunque ap- E dopo le fine della guerra i nostri calanchi entrarono petibili per tanti capifamiglia nell’occhio dei grandi ceramisti. Vedere quegli operai mentre lavoravano in pieno In quei momenti il progresso cominciava a farsi no- sole (se pioveva il lavoro veniva sospeso) fu cosa im- tare perché la gente, stanca delle vecchie catapec- pressionante. chie, sentiva il bisogno di case decenti dotate di ade- La fatica occorrente per vincere la compattezza di guate cucine e igienici bagni. quel materiale era ai limiti della capacità umana per

Operai in cava Operai in cava di Natale Amici 144 145 quelle persone dotate soltanto di vanga e piccone vanghe e badili lasciarono il campo all’intervento con l’aiuto di zappa e badile. delle macchine. Quei calanchi, risultato di un dilavamento in atto da Soltanto qualche calanco vinse la battaglia perché centinaia di migliaia di anni, cercavano di resistere composto da limi contenenti tanti, troppi, resti fos- anche all’attacco degli uomini. Il sudore della fronte sili di molluschi marini ed altro. Qualche decina non era qui una figura retorica. Il guadagno giorna- d’anni or sono ho potuto curiosare ed ho raccolto liero era di circa mille lire, bastevole per i modesti qualche reperto che conservo tuttora. bisogni della gente povera. Niente di bello e di mostrabile, comunque segnali di Quando andavo a dare un occhiata mi ritenevo vita animale forse antecedenti la presenza dell’uo- fortunatissimo per il fatto di avere un posto da tele- mo. grafista sicuro e al coperto. Quella situazione durò Pian piano i cavatori in esubero diventarono mura- qualche anno poi, diventando sempre più pressante tori o ceramisti. Tutto cominciava ad andare per il la richiesta di terra, arrivarono ruspe e possenti ca- meglio, era realtà visibile il fatto che tanti capannoni insuperabili mattonelle, anche per pavimentazione, Era migliore? Costava meno? Oltretutto le autori- terpillar. Avevamo già da tempo accettato la draga occupavano ampi spazi della nostra fertile pianura. esportabili in tutto il mondo. tà emanarono giuste necessarie regole per cui il Far che scavava terra per le fornaci, perciò anche qui Al posto di grano, uva,erba tante belle coloratissime Le rive hanno subito mutilazioni irreparabili, ma West dell’escavazione è cessato. Ora la nostra Valle se avessero un’anima sarebbero orgogliose di ave- è tornata alla pace di un tempo. re, per qualche anno, risollevato lo stato d’animo di Le rive hanno subito mutilazioni irreparabili, ma tanti compaesani anche se la fatica era davvero tan- se avessero un’anima sarebbero orgogliose di ave- ta, al massimo di ogni limite. Dopo qualche tempo re, per qualche anno, risollevato lo stato d’animo di la nostra argilla poté essere sostituita da altro mate- tanti compaesani anche se la fatica era davvero tan- riale proveniente anche dall’estero. ta, al massimo di ogni limite.

Cave Riola Nelle cave gli uomini lasciano spazio alle macchine

146 147 A Fiorano c’era una volta la fornace Carani. urbana. Carta intestata, 1942, dello Premiato stabilimento elet- na fornace con sirena tro-meccanico per la fabbricazione dei laterizi Fratelli Carani, Si trovava ai margini del paese ma era comunque al Si, perché è vero che c’erano tanti artigiani e pic- con filiale in Sassuolo, esercizio Fornace Benassati centro degliU interessi della nostra comunità, quella coli commercianti, ma le attività preminenti erano La Fornace Carani nel 1944

l’agricoltura e l’edilizia, quest’ultima espletata parte nella produzione di laterizi, parte dai tanti bravissi- mi maestri muratori alle dipendenze di alcuni sti- mati capomastri. In quel tempo, diciamo 1930 e dintorni, non si vi-

La Fornace Carani, immersa nella pianura e nel verde, vista Villa Carani, in Via Ghiarola Vecchia, palazzina della fornace dalle colline di Fiorano 1957 - Silvano Balestrazzi con fornace Carani

148 149 veva senza essere bene, spesso era giorno il quale, assieme interessati in qual- già impegnata per ai rintocchi dei campa- che modo a queste tappare qualche nili, avvertiva che era realtà. vecchio buco la- giunto il momento della Ciò è talmente sciato in inverno siesta per sedere intorno vero che quando si presso il proprio ad un accogliente dèsco avvicinava un tem- bottegaio. Solo i davanti ad un fumante porale gli anziani carriolanti pote- piatto di pasta e fagioli, scrutavano il cielo vano continuare riso con verza o qualco- mentre, più in ge- il proprio lavoro sa di similare. Il rientro nerale, si dibatte- sempre che aves- anticipato dei fornaciai va sull’andamento sero scorta di ma- si notava anche assisten- meteorologico sta- teriale pronto per do al loro passaggio perché a mezzogiorno incrocia- gionale anche con la cottura. Quel ragazzo che ero partecipava agli vano gli operai provenienti della ditta Ballarini di l’ausilio del “Pe- eventi sentendo il suono della sirena, quella stessa Sassuolo, nel caso in esame erano soli. scatore Reggiano” che scandiva i tempi d’inizio e cessato lavoro, la Trattatasi di lavoro stagionale in cui, oltretutto, le non solo in relazio- quale, nel caso di cui sopra, emetteva un suono mol- donne erano retribuite con tariffa più bassa, nono- ne all’annata agra- to più breve del solito, flebile, quasi lugubre, in piena stante che il loro lavoro fosse duro e pesante. ria, ma anche sui sintonia con la tristezza imperante all’intorno. Sollevare e manovrare mattoni pieni e forati, tegole problemi connessi Molto più disteso il segnale annunciante il mezzo- tabelloni, pignatte e simili è mestiere faticosissimo alle intemperie anche per uomini ro- nella cava e sulle busti. aie della fornace Un’altra cosa. I late- che dopo un forte rizi sopraccitati erano acquazzone resta- già negli anni trenta vano impraticabili prodotti con l’ausilio anche per alcuni di macchine di va- giorni. rio tipo. Tuttavia, sia Quindi ore, talvol- pure in numero limi- ta intere giornate tato, si producevano senza lavoro con anche mattoni fatti a relativa perdita di mano di alta classe. paga che, notiamo Una lunga aia ben livellata ricoperta da Due immagini della Cava Carani Operai in cava Operai al lavoro in fornaci fioranesi

150 151 minuziose ricerche. E’ banale dire che l’uomo comincia, almeno qui da Si tratta di un punto fermo, di un piccolo ‘mattone’ noi, a vivere secondo logica e buonsenso? Speriamo della nostra storia evolutiva. bene. E non mi riferisco alla sola storia di Fiorano ma a Una ultimissima notazione - domanda. quella dell’umanità nel suo complesso. In paese si usava dire “la chenta come na sirena” . Colpisce anche, secondo me, il fenomeno della rela- A quale sirena facevano riferimento: a quella mito- tiva conseguente stratificazione. logica il cui canto affascinava gli uomini, oppure al Infatti quel piano abitativo è stato ricoperto da me- suono squillante di quelle di cui abbiamo appena tri e metri di terra, frammenti argillosi strappati alle parlato? nostre collinette da violentissimi scrosci di pioggia. E dire che il bacino di provenienza, il nostro Rio Appendice 1 Corlo, è molto circoscritto. Storia di Carani Giuseppe Vestigia di popoli antichissimi ancora nomadi ma Raccontata dall’ing. Angelo Carani un leggero strato di fine sabbia, un banco di lavoro poi l’uomo si è fermato tanto che a lato di via Ni- in legno con spianatoia recante una piccola tettoia rano, dopo Torre Oche, esistono ruderi di una for- Nel 1850 una cometa stella segnò la nascita di un’a- per ripararsi dal sole. nace romanica databile a qualche millennio d’anni nima bella. Era bello anche in viso e nel cuore, tutto Materia prima la malta precedentemente prepara- addietro. intelligenza, onestà e amore. Si chiamava Carani ta. Questo il campo di battaglia degli addetti in con- Un’altra fornace esisteva a Mezzania subito dopo Giuseppe, degli industriali il vero primo ceppo. tinua lotta di resistenza contro fatica e stanchezza. l’osteria detta “della Barbona” e dopo l’ultima guer- Nel 1848 dopo varie prove, costruì da solo a Fiora- Solo in pochi reggevano il ritmo perché, essendo ra l’incipiente boom economico provocò il sorgere no la prima rudimentale fornace per laterizi, senza lavoro cottimizzato, oltre alla destrezza occorreva della fornace Sila e quella dei fratelli Cuoghi atti- l’aiuto degli ingegneri anche velocità di esecuzione. Si vedevano letteral- gua all’omonimo maglificio. Anche nella cava di come si poteva pensa- mente correre, sudatissimi, nel breve tratto tra ban- quest’ultima si è trovata traccia di un antico pozzo re solo ieri. Il materiale co e aia ove veniva deposto il parallelepipedo fresco che servì ad antichissimi abitatori. Ma il prorom- veniva fatto a mano con per la necessaria seccazione. Non so se ne vengano pente inarrestabile progresso qui da noi ha spazzato l’argilla locale, adope- ancora prodotti fatti a mano. via le fornaci. rando rustici stampi di Certamente davano un aspetto particolare all’edi- Siamo passati alla fabbricazione di prodotti tecni- legno fatti dal suddetto, ficio il cui “faccia a vista” produceva effetto distin- camente più elaborati e più remunerativi ed anche sempre guidato dal suo tivo, molto classicheggiante. Fornace, perciò argilla meno faticosi per l’uomo che lavora, un mondo genio antiquato sebben e relative da cui emergono reperti di lontane civiltà nuovo dove le nostre serenate romantiche non tro- tanto perfetto. Più tardi preistoriche. vano spazio. (modestamente come Non è che ciò sia sempre d’obbligo ma nella cava Ora come ora le esternazioni sentimentali avvengo- visse) costruì con arel- Carani i ritrovamenti sono stati significativi e furono no con l’ausilio di cellulari e via internet. le il primo ufficio della molto ben curati dal prof. Malavolti. Merito anche Nel contempo è sparito anche il suono delle sirene, L’ing. Eugenio Carani fornace dove riceveva ai signori Carani che hanno reso possibile le relative Operai alla fornace compreso quello allarmistico del tempo di guerra. (1896-1963) i clienti, che con lui si

152 153 Ceramica Veggia Carta intestata La fornace di Sassuolo, vicino alla stazione. La Fornace Carani di Mezzavia Si vede il collegamento ferroviario con la stazione di Reggio congratulavano della riuscita, dicendosi veramente vero genio, tutto modernizzò costruendo negli stessi che, la prima il 14 ottobre 1944 alle ore 8,30 otto contenti. paraggi un’altra fornace con moderni essicatoi e al- l’Edilcarani ecc. aerei nemici, dopo aver sorvolato il capoluogo, Col passar degli anni modificò la prima fornacetta trettanto fece nel 1926 a Trezzano di Castellarano. Il suo esempio servì a molti e infatti vediamo oggi mitragliando in località fornace sulla via Ghiarola aggiungendone volta per volta una modesta fetta, Fu lui, proprio Eugenio, l’ideatore della primissi- il risultato. Sempre il Carani Eugenio fu l’ideatore Vecchia. I proiettili investono le facciate a setten- di conseguenza aumentava il numero degli operai, ma ceramica locale che costruì nel 1934 a Veggia di una fabbrica per pavimento in legno poi di al- trione della fabbrica di laterizi Carani Eugenio, e il che, come il datore di lavoro, non erano degli sfati- di Sassuolo e dopo altre ancora come la S.A.C.E.S, cuni cinema, come a Bari, a Modena e a Sassuolo, tetto della medesima rimasto perforato in moltissimi cati, sebbene non spronati dai nostri sindacati. del Gatto verde di S. Venanzio, del Palace Hotel di punti. Anche parte del materiale laterizio è danneg- Tutta la popolazione di Fiorano che soffriva allora Modena, della casa di cura di Monticelli ecc. Così giato o distrutto. riportando seri danni. La seconda la fame, era alquanto soddisfatta perché trovava così è nata e vissuta per sommi capi (senza entrare nei è documentata fotograficamente. il pane e la minestra fatta. particolari) la Ditta Carani, che lascia in eredità La fornace da lavoro a molte donne, anche se con Nel 1880 poi il Carani Giuseppe chiamò in aiuto ai posteri il suo onorato nome e il suo coraggioso mansioni stagionali e con paghe inferiori a quelle i due figli Egidio ed Eliseo che con criteri più mo- esempio, a bene di tutta la popolazione con l’augu- degli uomini. L’occupazione nell’industria stimola derni ampliarono tutto facendo anche un nuovo rio ritorni la pace d’allora che renderà più bello il una maggiore coscienza sociale e un ruolo attivo impianto elettromeccanico per la fabbricazione del mondo, cioè più luminoso e rotondo. nella comunità. materiale che sebbene si tentasse di imitarlo dai neo Sono quaranta donne, nel luglio 1942, a presentarsi industriali, è sempre stato il migliore meritando così Appendice 2 in municipio per richiedere l’istituzione di una men- una premiazione governativa. Colpita la Fornace Carani sa in fabbrica, o comunque un aumento della razio- Nel 1923 i due fratelli Egidio ed Eliseo che avevano ne del pane. Ancora per diversi anni nel dopoguer- famiglia numerosa, si divisero. In archivio comunale si conserva un elegante foglio ra, la fornace Carani rimarrà l’unica vera industria Eliseo si trasferì a Mezzavia dove gestiva la fornace di carta intestata della fornace dei Fratelli Carani, fioranese, prima di essere affiancata da altre fornaci locale ed Egidio rimase a Fiorano, cedendo però le l’unica attività industriale di Fiorano. L’azienda è e dalle prime ceramiche. redini al figlio Eugenio che con acuta intelligenza e Ceramiche Saces, a Sassuolo, sulla via per Fiorano stata oggetto per ben 2 volte di azioni aeree nemi-

154 155 ai giovani come erano le fornaci di una volta. Infatti, La Fornace rinasce con il cav. Giuseppe Cuoghi il modello si apre e si vede all’interno la sezione con Il Cav. Giuseppe Cuoghi, scomparso nei mesi scor- i carrelli di mattino, gli sfiatatoi dei fumi e l’interno si, in quasi due anni di lavoro, utilizzando circa del forno». 320.000 mattoncini e più di 57.000 coppi, ha realiz- zato un plastico della ex fornace Carani di Fiorano di via Ghiarola Vecchia. Come aveva dichiarato alla Gazzetta di Modena: «Sono sempre stato affascina- to dall’hobby del modellismo - ci ha dichiarato l’al- tra mattina - e mi è venuta in mente la ricostruzione dell’ex fornace Carani, fondata nel 1870, la prima che nel 1920 fece le prove per la realizzazione del- le piastrelle in ceramica. Era stata fondata da Giu- seppe Carani ma poi tutto venne portato avanti da Eugenio Carani, parente della famiglia che ha poi fondato anche il teatro di Sassuolo. Eugenio Cara- ni fondò anche la ceramica Veggia, poi acquistò la Marca Corona, quindi fondò la Saces e l’Edilcara- Il fioranese cav. Giuseppe Cuoghi, indimenticato, ha realizzato in scala una fedele riproduzione della Fornace Carani e di tutti ni». «Ho costruito il manufatto anche per far sapere i procedimenti per la realizzazione dei laterizi.

La Fornace Carani dopo il bombardamento del 1944

156 157 i Ghiaroni, i Ghirardelli, i Gibellini, i Giordani, i mini, con questa potenza di chiudere in un gesto la giustifica- Giugni, i Guidetti, i Lazzarini, i Maramotti, i Me- zione e la ragione della vita”. dici, i Messori, i Montagnani, i Montanari, i Mon- I giovani fioranesi avevano probabilmente altra tecchi, i Montorsi, i Monzani, i Mosconi, i Nicolini, concretezza rispetto agli intellettuali e alla borghe- i Richetti, i Ruini, gli Schianchi, i Sereni, i Severi, sia cittadina; oppure no, forse anche loro sognavano i Sola, gli Stradi, i Taccini, i Tagliati, i Vandelli, i il riscatto e si sarebbero riconosciuti nelle parole di ent’anni fa finiva la prima guerra mondiale Violastri, gli Zanardi. Monelli: “Per questo forse. E per questo lievito di giovinezza Con l’armistizio firmato il 3 novembre 1918 ed en- tato Giancarlo Silingardi in ‘Fiorano, un borgo ai Sono passati cent’anni dalla conclusione della guer- che ci fa danzare sul filo del rischio con ebbrezza acuta per trato in vigore il giorno successivo, l’Italia conclude- piedi di un santuario’. ra e la memoria, quando non è stata fissata con la cui una fede ci piace se ardua ed un compito ci appassiona va da vincitrice la partecipazione alla prima guerra Molti giovani ricevettero la cartolina rosa; “di buon scrittura e le immagini, è confluita nella storia. Oggi se minaccevole, per amare di più geloso amore la vita scam- mondiale, ma c’era ben poco da festeggiare. Nel mattino andavano alla ‘Righi’ (la stazione ferrovia- sappiamo come non risolse uno solo dei problemi pandola dal combattimento come di più geloso amore l’amai nostro comunello, allora di neanche 5.000 abitanti, ria), a piedi per risparmiare i due soldi della giardi- per i quali era scoppiata, tanto da pretendere un riportandola intatta dall’insidia delle montagne”. stretto ai piedi del suo santuario e disteso lungo l’an- niera, salivano sul treno e se ne andavano, nessuno nuovo massacro mondiale vent’anni dopo. Non ri- La realtà è ben altra e la guerra si concluderà vitto- Ctica Via Claudia, dedito alla cura dei campi, molto poteva dire dove. Portavano con sé una medaglietta solse i problemi territoriali, non quelli economici e riosa sul campo, eppur sconfitta nei sogni di giustizia più attento a non litigare con la fame che ad acca- con l’immagine di Maria Vergine del Castello, Molti le troppe disparità sociali; non risolse e non mediò e nell’onore: “D’un colpo, tutto è crollato. Attoniti udiamo pigliarsi in vicende politiche, la guerra si era presa non tornarono”. Silingardi s’immaginò anche l’an- le grandi ideologie in rotta di collisione. Nel nome il frastuono del nuovo mondo, or che si è fatto silenzio in noi, e 72 giovani, le braccia e l’energia del suo futuro; altri nuncio della fine della guerra: “Il 4 novembre 1918 della patria e del Risorgimento da portare a compi- il cuore è gonfio di echi irrevocabili”. “Terminata la battaglia, 7, nel 1924, risultavano ancora dispersi (nessuno poi era una bella serata e si faceva il funerale di uno mento, su tutto si gettò una coltre di patriottismo, accorrono da ogni parte i corvi ingordi e gli sciacalli pavidi e sarebbe tornato), come apprendiamo dal prezioso dei morti di spagnola. Funerale malinconico. Pochi come la cenere sulle braci, che continuarono a bru- gli scarafaggi filosofi che si tennero in disparte e dicono: Basta, ricordino, stampato dalla Tipografia Immacolata seguivano il feretro che non fu portato in chiesa, per ciare per divampare nuovamente a pace conquista- la parentesi è chiusa, cerchiamo di trarre il minor male pos- Concezione di Modena. seguire le precauzioni del tempo. Il breve corteo an- ta, portando l’Italia e poi l’Europa al fascismo e al sibile da questa guerra, ripigliamo le regole di prima, peccato Diffuso il 28 settembre 1924 è una preghiera alla dava per la strada del cimitero lentamente e intorno nazismo. Paolo Monelli, grande giornalista fiorane- che ci avete guastato tante istituzioni e lasciato tanti debiti, Vergine del Castello di Fiorano, perché accolga nel- c’era il silenzio dei campi e del cielo che si faceva se (nostro compaesano per nascita, durante la villeg- beh, speriamo di rimetterci bene in piedi, per vivere adesso si fa la pace e nella gloria “l’anima dei tuoi Fioranesi che rosso. Poi il campanone suonò all’improvviso. Suo- giatura estiva della famiglia, ma poi sempre lontano così e così, partenza e rotaie e stazioni e caselli fissati lungo la col pensiero a te rivolto nella guerra mondiale, han- nò a festa e tutti scesero in strada. La guerra era e noi oggi altrettanto dimentichi di lui), sintetizza in linea”. “Che cosa hai fatto di buono? Hai vinto la guerra ed no lasciato la vita per la grandezza della patria”. finita. I soldati sarebbero ritornati”. quattro righe la follia di una generazione giovane, il pane cresce di prezzo e lo zucchero scompare e il carbone non Se però ci fidiamo dell’elenco riportato sul monu- Non tutti. Troppi mancarono all’appello, perché convinta d’essere chiamata all’alto compito di uni- viene e la Dalmazia non ce la danno. Fesso, valeva la pena che mento di Piazza Ciro Menotti, dobbiamo aggiunge- come un angelo sterminatore, il primo conflitto ficare l’Italia, di consegnarle un maggiore prestigio facessi il fesso su per la prima linea” re Gaetano Gibellini, Giovanni Giordani e Amedeo mondiale colpì praticamente ogni casa ed ogni fami- nello scacchiere europeo, di indebolire il sistema … e noi, cent’anni dopo, ancora qui ad illuderci che Vandelli, constatando nel contempo come Umberto glia, gli Amidei, gli Andreotti, gli Ascari, i Balestraz- borghese e di cercare un riscatto morale, per un’Ita- una guerra, una qualsiasi guerra, sappia risolvere Frigieri vi sia citato due volte (in effetti due erano zi, i Baranzoni, i Barbieri, i Barozzi, i Bergonzini, i lia lordata dalla democrazia parlamentare corrotta anche un solo problema. Davvero non impareremo gli Umberto, ma non abbiamo potuto appurare se Bertolani, i Betelli, i Biagini, i Boccolari, i Bondi, i e trasformista, senza ideali: “Più alta che la patria, più mai e, quel che imparammo con la seconda guerra entrambi deceduti in guerra), Ettore Bondi sia in- Boni, i Borghini, i i Botti, Cassiani, i Cavani, i Cor- forte che il dovere. Umanità. Ci sgozziamo ferocemente, in un mondiale, già lo abbiamo dimenticato? Ancora po- dicato come Boni e Sola Umberto come Sala: 82 radini, i Cuoghi, i Ferrari, i Ferri, i Fiandri, i Fiora- macello che ci ripugnerà forse domani, per valori che saranno niamo confini per contrapporci? I confini sono utili (83?) giovani che non tornarono, come ha raccon- vanti, i Forghieri, i Franchini, i Francia, i Frigieri, angusti o nulli domani. Ma uomini siamo, con dignità di uo- soltanto per comprendere, non per escludere.

di Alberto Venturi 158 159 160 161 1918 FINISCE LA PRIMA GUERRA MONDIALE. La chiesa di San Lorenzo a Nirano, con il monumento ai caduti.

162 163 Finito di stampare dicembre 2018 Luigi Giuliani, nato a Fiorano Modenese il 15/08/1946, risiede in via Statale, 36. Sposato, due figlie e due nipotini. Ha svolto il servizio militare volontario nei paracadutisti. Segretario Lapam-Licom dal 1968 al 1990; capo ufficio stampa della stessa organizzazione fino al 2004. Consigliere comunale di Fiorano nel 1970-1975-1980. Fra i fondatori, nel 1969, della Società Sportiva Spezzano. Dal 1977 al 1982 conduttore di trasmissioni e notiziari televisivi; fra i fondatori e direttore della emittente radiofonica “Antenna Uno”. Dal 1979 al 1983 direttore sportivo della “Edilcuoghi Pallavolo” nel campionato Italiano di seria A-l vincitrice della Coppa Italia (1981). Responsabile pagina di Sassuolo de “Il Resto del Carlino” dal 1981 al 2010, quotidiano col quale ha collaborato fino alle fine del 2013. Nominato Commendatore della Repubblica Italiana. Promotore degli e autore dalla collana “Mi ritorna in mente”.

Luciano Callegari vive a Fiorano Modenese, dove è nato nel 1941. Elettricista impiantista, prima presso la Strolin & C di Reggio Emilia e poi caporeparto presso la Ceramica Iris, nel tempo libero e dopo il raggiungimento della pensione ha condiviso con la moglie Augusta Bellei la passione per l’ambiente, l’ecologia e la cultura locale. Confondatore dell’associazione Be.Pa.Te.Ca., poi del G.E.Fi. , è membro del direttivo provinciale e responsabile di zona del comune di Fiorano Modenese e Riserva Naturale delle Salse di Nirano del Corpo Guardie Giurate Ecologiche della Provincia di Modena. E’ inoltre presidente dell’Associazione Filatelica Numismatica Sassolese e socio del Club Amici di Fiorano.Appassionato di fossili, flora, avifauna, storia e cultura locale, ha curato numerose pubblicazioni su storia e natura delle colline modenesi. Appassionato di fotografia, ha creato e costruito una collezione di immagini che raccontano 60 anni di ambiente e di storia fioranese.