Francesco Crispi. La Personalizzazione Della Politica Tra Italia E Francia

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Francesco Crispi. La Personalizzazione Della Politica Tra Italia E Francia View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Archivio istituzionale della ricerca - Università di Urbino Tesi di Dottorato in cotutela Università degli Studi di Urbino Carlo Bo Université d’Orléans Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali: Storia, Culture, Lingue, Letterature, Arti, Media (DISCUI) Corso di dottorato di ricerca in Studi Umanistici Curriculum Storia contemporanea e culture comparate XXXI Ciclo Francesco Crispi. La personalizzazione della politica tra Italia e Francia Settore Scientifico Disciplinare: M-STO/04 Relatori Dottoranda Chiar.mo Prof. Massimo Baioni Sara Trovalusci Chiar.mo Prof. Jean Garrigues ANNO ACCADEMICO 2017-2018 INTRODUZIONE 5 Crispi e gli storici 5 Tornare a Crispi 9 Struttura del lavoro 17 CAPITOLO I. LA COSTRUZIONE DEL MITO 25 Un’immagine pubblica 25 «L’Eremita Crispi» 25 Il Crispi della questione sociale 32 L’ultimo titano del Risorgimento 38 Diffondere il mito 45 Narrare/Narrarsi 45 Parole in azione 49 Gli intellettuali e la stampa 55 Crispi alla regia 59 CAPITOLO II. IL MITO ALLA PROVA 65 Il concetto incarnato della Patria 65 «Io sono un principio, io sono un sistema di governo, dal quale può dipendere l’avvenire della patria» 65 La tensione permanente e il nemico interno 70 L’oro straniero 76 Potere diffuso 78 Autorità plurale 78 Il gruppo di fedelissimi 83 La stampa 87 La politica si rappresenta 95 Occupare lo spazio 95 Il potere chiama, la nazione risponde 97 Sotto silenzio 105 2 CAPITOLO III. RICEZIONE DEL MITO 108 Il mito Crispi 108 Intellettuali 116 1891-1892 121 L’Italia torna a Crispi 127 In piazza 129 CAPITOLO IV. TRA MITO E ANTIMITO 135 Le radici dell’antimito 135 L’antimito in parlamento 137 «Siete voi che volete la dittatura» 137 La libertà 142 «Un pericoloso abisso» 147 Titano o dittatore 150 La guerra di carta 154 Gli anarchici e la propaganda contro il ministro dell’agonia 154 «Italia o Crispalia?» 157 Piazze crispine e piazze anticrispine 161 L’assedio 161 La paura 165 In nome dell’Italia 170 L’Africa 177 Scontro di idee, scontro di leader 181 I due Rabegas 181 Cesare e Bruto 185 CAPITOLO V. SGUARDI INCROCIATI 191 L’uomo forte. Per una comparazione 191 3 La costruzione del mito Boulanger 191 «La guerre aux affiches» 198 Scandali e uomo forte 205 «Plus de Wilson !» 205 Le scandale comme épreuve 209 Crispi in Francia 215 Conclusione 223 FONTI 227 BIBILIOGRAFIA 231 4 INTRODUZIONE Not every Prime Minister is a titan1 Crispi e gli storici Nel 1991 Peter Clarke pubblica il saggio A question of leadership. Gladstone to Thatcher2 con lo scopo di dare risposta, come egli stesso scrive, alla domanda: «How much difference does leadership make in politics?»3. Alla radice del nostro lavoro sta questo interrogativo teorico, cui tenteremo di rispondere indagando le modalità di costruzione, propaganda e ricezione del mito dell’uomo forte attraverso la parabola politica di Francesco Crispi negli anni 1876-1896. Il nostro contributo trova dunque posto in un punto di intersezione tra due filoni storiografici differenti: quello relativo alla figura dell’uomo e del politico e un altro che ha a che fare con la teoria e la prassi del potere carismatico. Per quel che concerne la figura di Francesco Crispi (Ribera 1819 – Napoli 1901) la storiografia può essere suddivisa in due diverse stagioni di ricerca: una tutta racchiusa nei primi trent’anni del Novecento4 e una seconda cui si farà, come vedremo, più ampio riferimento. Gli scritti più datati sono infatti considerati «per lo più di scarso valore critico»5 poiché frutto di «un persistente ideologismo che ha caratterizzato ed influenzato, sugli opposti versanti, il pensiero storiografico fra Otto e Novecento»6. Dopo un lungo silenzio, all’indomani degli anni Sessanta, l’interesse per Crispi si riaccende e trova posto all’interno di un ripensamento più generale sulla storia dell’Italia liberale, sul 1 P. Clarke, Margaret Thatcher’s Leadership in Historical Perspective, «Parliamentary Affairs», 45 (I), Oxford, 1992, pp. 1-17, p. 1. 2 Id., A question of leadership. Gladstone to Thatcher, London, Hamish Hamilton, 1991. 3 Id., Introduction, ivi, p. 1. 4 Per quel che concerne questa datata storiografia ci riserviamo di fare affidamento esclusivamente sulle considerazioni di A.C. Jemolo in Crispi, Firenze, Vallecchi, 1922. Il testo è considerato ancora oggi uno dei lavori più equilibrati su Francesco Crispi, nonostante «l’incombere sull’autore del fascismo e della crisi dello Stato liberale, nella fase di redazione» come, tra gli altri, suggerisce U. Levra, Età crispina e crisi di fine secolo, in F. Levi, U. Levra, N. Tranfaglia (a cura di), Il mondo contemporaneo. Storia d’Italia, vol. 1, Firenze, La Nuova Italia, 1978, pp. 302-331, p. 319. 5 Ivi, p. 318. 6 G. Tricoli, Crispi nella storiografia italiana, Palermo, Mazzoni Editore, 1992, p. 10. Per quel che riguarda tali “opposti versanti” ci pare il caso di ricordare perlomeno le interpretazioni di Benedetto Croce in Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Roma-Bari, Laterza, 1928. Pur simpatizzando con l’uomo Crispi, Croce critica ampiamente il suo operato politico e, in polemica coi nazionalisti e fascisti, rifiuta l’immagine del Crispi precursore. In posizione antitetica, la biografia celebrativa: G. Volpe, Francesco Crispi, Venezia, La Nuova Italia, 1928. L’autore propone un’interpretazione positiva della parabola dello statista siciliano, acclamandolo come “profeta” della nuova Italia fascista. 5 rapporto tra Stato ed economia, Stato e amministrazione, istituzioni e potere politico7. In questo senso viene sancito non solo un superamento in toto delle interpretazioni fasciste8 ma anche una limatura di quelle marxiste di matrice gramsciana9. Va ricordata in primis l’opera di Federico Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, che inquadra il pensiero e l’azione di Crispi in una disamina più ampia dei valori propri alla sua generazione10. Nelle sintesi generali sull’Italia liberale si è per lo più riconosciuta la valenza, pur nelle sue contraddizioni, della parabola politica crispina come «fase di trapasso per la classe dirigente italiana, […] alla ricerca di soluzioni nuove e durature, e consone ad un’epoca che volge[va] ormai le spalle al liberalismo classico»11. Si è posta in luce, seppure nei suoi limiti, la logica di un disegno complessivo di riforme nel campo dell’amministrazione statale, della politica internazionale e dell’economia «con scelte funzionalizzate all’ammodernamento richiesto dallo sviluppo del paese»12. In questo senso, anche in relazione alla più spinosa questione sociale, su cui torneremo nella seconda parte del lavoro, la storiografia ha limato l’ipotesi di un’edizione fortemente autoritaria dell’ultimo mandato crispino, aprendo la riflessione a un nuovo giudizio critico13, e ha riconosciuto la coesistenza dell’«azione repressiva con quella 7 Su questo punto si ricordano, fra i molti altri: G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. VI, Lo sviluppo del capitalismo e del movimento operaio, Milano, Feltrinelli, 1970; R. Romanelli, L’Italia liberale (1861-1900), Bologna, Il Mulino, 1979; Id., Francesco Crispi e la riforma dello Stato nella svolta del 1887, «Stato e Amministrazione», fasc. speciale di «Quaderni Storici», n. 18, Ancona, settembre-ottobre 1971, ora in Id., Il comando impossibile. Stato e società nell’Italia liberale, Bologna, Il Mulino, 1988; F. Cammarano, Storia dell’Italia liberale, Roma-Bari, Laterza, 2011. Gli studi mirano a un superamento delle tendenze ideologiche al fine di «ritrovare le complessità delle articolazioni tra Stato e società» (R. Romanelli, Il comando impossibile, cit., p. 29). 8 Sulle controverse sorti della memoria del Risorgimento e dei suoi protagonisti si veda: M. Baioni, Risorgimento conteso. Memorie e usi pubblici nell’Italia contemporanea, Reggio Emilia, Diabasis, 2009. 9 A. Gramsci, Quaderni dal carcere: il Risorgimento, Torino, Einaudi, 1949. Il giudizio gramsciano su Crispi, «vero uomo nuovo della borghesia», ha profondamente influenzato la storiografia successiva anche se alcune considerazioni sono state in seguito maggiormente problematizzate. Nel 1976 Ernesto Ragionieri notava a proposito della posizione marxista sulla politica coloniale crispina: «Lo stesso campo della storiografia marxista, abbacinato dall’unicità del “caso italiano”, cioè di un paese nel quale la tendenza all’espansione coloniale si è presentata prima che l’accumulazione di capitali esportabili avesse raggiunto il suo acme, ha sovente oscillato tra una variante radicale dell’interpretazione liberale e la ricerca di una riaffermazione troppo letterale e puntigliosa della tesi leninista nella versione più diffusa. Ciò che, però, il dibattito sull’imperialismo italiano non ha forse messo ancora sufficientemente in luce è il fatto che l’imperialismo è un sistema mondiale» (E. Ragionieri, L’età crispina, in Id. (a cura di), Dall’Unità a oggi. La storia politica e culturale, vol. III, in R. Romano, C. Vivanti (a cura di), Storia d’Italia, Torino, Einaudi, 1976, p. 1747). 10 F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Roma-Bari, Laterza, 1971. 11 R. Romanelli, Il comando impossibile, cit., p. 249. 12 E. Ragionieri, L’età crispina, cit., p. 1760. 13 Giudizio che ancora, in relazione ai “momenti di autoritarismo” del sistema liberale, non appare del tutto definito (si vedano per esempio L. Violante, La repressione del dissenso politico nell’Italia liberale: stati d’assedio e giustizia militare, «Rivista di storia contemporanea», 4, 1976, pp. 481-524 e A. Boldetti, La repressione in Italia: il caso del 1894, «Rivista di storia contemporanea», VI, 1977, pp. 496-513) ma va nella direzione del superamento di una concezione semplicistica in cui si stabiliscono «nessi di tipo elementare tra Stato e società», mentre tende a evidenziare «quelle complesse mediazioni» che si stabilirono non tanto in nome dello «schema concettuale del modello liberale» quanto in relazione al «suo concreto operato storico» (R. Romanelli, Il comando impossibile, cit., p. 17-18).
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