TAVOLE XVIII, XIX e XX te modeste, e sempre pronto per il progres­ giungere altra esemplificazione in questa di­ so e il bene pubblico a cui credeva. Morì a rezione di attività di ticinesi in Italia, va ci­ Bologna ilIO ottobre 1830. tato Giacomo Fumagalli di Lugano, «ispet­ Costruttori e artisti Ma dal fervore operativo dell'ingegnere ti­ tore de' canali navigabili della Lombar­ cinese emerge per complessità d'ideazione, dia», di cui si ricorda l' d'intervento UN INGEGNERE: per lucidità di esecuzione e per la sua fun­ sui navigli da Milano a Pavia, e Luigi Santi­ GIOVANNI BATTISTA MARTINETTI zionalità di servizio alla zona attraversata, ni di Campestro che gettò il gran ponte sul il progetto di tracciato della strada Porret­ a Boffalora, inaugurato nel 1827. «Giovanni Battista Martinetti avea nel sem­ tana che unisce l'Emilia alla Toscana, Bo­ biante e nelle maniere una certa grazia e logna e Firenze. piacevolezza congiunta a nobile gravità, Il progetto rivestiva per l'amministrazione Francesco Orioli, Giovan Battista Martinetti, in onde avveniva che generalmente egli traea a del periodo napoleonico un significato che «L'Educatore della Svizzera Italiana», 15 maggio 1869. sé l'animo e la considerazione di chiunque andava ben al di là della costruzione di una Angelo Baroffio, Storia del Cantone Ticin.o dal princi· il vedesse anche per la prima volta». Queste strada di servizio che incrementasse lo pio di sua autonomia politica, Lugano 1882. Giovanni Bortolotti, I cento anni della strada delia Por­ parole stanno nell' opuscolo dedicato alla sfruttamento delle Terme della Porretta. retta, in «La Mercanzia», Bologna, settembre 1950. Vrr memoria del progettista della strada della Aveva un significato politico duplice: avvi­ di anche, «Bollettino storico della Svizzera Italiana», Porretta nell' Appennino tosco-emiliano cinare due grandi regioni e fonderle malgra­ aprilrrgiugno 1951. scritto dalla di lui consorte, contessa Cor­ do le difficoltà naturali della comunicazio­ Necrologia dell'ingegnere Giacomo Fumagalli, in «La nelia Rossi Martinetti di Lugo, stampato a ne viaria, e in questo senso l'interesse poli­ Perseveranza» del 4 ottobre 1862. Bologna nel 1831. Bisogna subito dire che tico toccava la politica francese in Italia; la contessa non è certo meno famosa del ma anche un interesse politico locale poiché marito e meglio immortalata per la posteri­ la regione rimaneva isolata e di difficile ac­ tà. Essa si offerse, nel suo salotto letterario cesso e gli stessi capoluoghi dei «cantoni» e mondano, all'ammirazione del Foscolo in cui era divisa avevano difficoltà, soprat­ che la cantò nel carme Le Grazie; l'assidui­ tutto nelle stagioni inclementi, a comunica­ tà del grande poeta se da una parte poteva re tra loro. Una grande strada sicura del far sorgere qualche malignità nella società fondovalle avrebbe sollecitato la sistema­ aristocratica cittadina e sfocare la figura zione anche delle strade secondarie di valle stessa del consorte, dall'altra non riuscl a e di montagna. Politicamente i tempi erano diminuire «il massimo accordo ed un affet­ difficili, le strade insicure anche perché ina­ to profondo». Perciò non è da tacere la sin­ deguate ad un rapido intervento. Ciò si ve­ golare posizione dell'ingegner Martinetti de da episodi della storia locale che registra, perché, si sa, le «donne del Foscolo» s'insi­ per esempio, nel 1809, l'invasione del terri­ nuano di prepotenza nelle storie letterarie e torio da parte di torme di briganti, di reni­ coinvolgono coloro che gli stanno vicino. tenti alla leva, o forse soltanto di povera Del resto la casa bolognese dei Martinetti gente ridotta alla fame. Ecco perché un me­ aveva ospitato altri illustri, dal Canova a dico che scrive una memoria sull' argomen­ Byron, a riprova del clima intellettuale e to, certamente tenuta in considerazione dal d'arte dell'ambiente in cui viveva l'ingegne­ Martinetti, vede prima di tutto nella strada re ticinese che non era soltanto un tecnico una risoluzione di problemi sociali ed eco­ ma pure un cultore di belle arti. Non va di­ nomici e di sicurezza, e in sostanza un ac­ menticato che se il Martinetti si segnalò so­ quisizione alla «civilizzazione» di popola­ prattutto per opere d'ingegneria fu pure ar­ zioni emarginate. Evidentemente per il chitetto e restauratore di edifici e monu­ progettista-costruttore il primo e fonda­ menti. mentale problema è di ingegneria connesso Era nato a Bironico il 24 dicembre 1764. Il con le scelte di tracciato tra il fondovalle e i padre, capomastro, si era trasferito a Bolo­ crinali, di stabilità geologica e di situazione gna dove, tra l'altro, appaltò lavori di ripa­ idrografica. razione di ponti. Nel 1775 chiama presso di Il Martinetti non fu il solo a fare delle pro­ sé il figlio, che s'iscrive all'Università, dive­ poste, per cui le autorità amministrative nendo curiosamente «Priore della nazione dovevano valutare e confrontare le idee, le alemanna» cioè presidente della Corpora­ implicazioni finanziarie dei vari progetti. zione degli studenti tedeschi. Laureato, su­ Anche questo era uno scoglio difficile da bito è chiamato a lavori impegnativi di pro­ superare. La chiara proposta considerata gettazione e di restauro. Nominato inge­ «sotto i rapporti d'arte» ma anche in una gnere-architetto del comune interviene a si­ concezione che teneva conto degli elementi stemare luoghi pubblici, piazze e giardini, a cui ci siamo riferiti, è esposta in una lette­ particolarmente alla Montagnola, luogo ra del Martinetti, «ingegnere capo per le notevole del tessuto urbanistico di Bolo­ opere straordinarie», del 6 maggio 1812. gna. Tra gli altri incarichi, ne riceve alcuni L'opera del Martinetti per la Porrettana fu a Roma dal cardinal Consalvi, dove è ag­ tuttavia vista soprattutto come frutto di gregato alla Congregazione di Acque e una lucida concezione ingegneresca (<

Lo scultore, nato a Maroggia il 4 maggio f!l.,","' """ .', 1795 e morto a Milano il 13 agosto 1855, ebbe ai suoi tempi grande fama in patria, in Lombardia e in Piemonte, ma soprattutto a Milano dove si svolse la parte più interes­ sante e rilevante della sua attività artistica. Forse, da noi, si volle vedere in lui un conti­ nuatore della lunga opera dei ticinesi nella cultura artistica del periodo neoclassico lombardo, napoleonico e della Restaura­ zione, che aveva avuto i nostri artisti, dall' Albertolli a Simone Cantoni a Luigi Canonica in particolare, protagonisti so­ prattutto nell'architettura, ed ora si affac­ ciava e affermava con uno scultore che s'imponeva all'attenzione nel folto gruppo degli scultori milanesi contemporanei. Que­ sta idea della continuità ha giovato al So­ It.L... ___ _ maini, cosi come quella, reperibile negli scritti più tardivi, quando affermandosi un artista di superiore talento e risonanza, Vincenzo Vela, si scorse in lui un predeces­ sore. Né va taciuta un' altra impressione emanante dalla sua biografia, che è un dato gradito al pubblico e all'agiografia di molti artisti. Del Somaini, di umili origini, figlio di un mugnaio che l'avrebbe voluto avviato al tradizionale mestiere nella famiglia, è messa in rilievo la volontà di diventare arti­ sta e di distinguersi: un aspetto questo caro alla pedagogia edificante ottocentesca. Tut­ to questo può essere letto in stralci di gaz­ zette; e basti, per testimoniarlo nello spirito pubblico, questo: «I nostri concittadini proveranno una gioia tutta nazionale alla lettura di questa breve descrizione del più grande monumento italiano fatto nel secolo ...... ~ ...... presente (l'Arco della Pace di Milano). Tre .:: o..r- ...... ,...., ","/twt .... ,.,...... ,..,. valenti artisti luganesi cooperarono ad ab­ bellirlo». La «gioia tutta nazionale» s'iscri­ ve di certo nel ritrovato fervore di scoperta e di approfondimento della sola gloria na­ zionale ticinese: l'opera dei suoi artisti nel mondo. È una costante della cultura «na­ zionale ticinese» dell'Ottocento, che voleva creare una consistenza civile e culturale all' etnia appena accolta accanto alle altre T. l VlU etnie e culture confederali. Un valore e una dignità che abbisognano, per essere operan­ ti, di continuità. Un giudizio sull'arte del Somaini non può prescindere dal contesto in cui operava, an­ che perché spesso egli si è trovato ad «inse­ rirsi». È questo il caso nel quale ha potuto immettere una delle opere sue più conosciu­ canto a monumenti funerari, ricordare le Il Repubblicano della Svizzera Italiana dell'II settembre te, il bassorilievo rappresentante la batta­ statue che ornano la facciata del Palazzo 1838. glia di Arcis sull' Aube «figurandovi un'ani­ Civico di Lugano e che rappresentano la «Gazzetta Ticinese» del 24 agosto 1855. mata mischia di uomini, cavalli, carri ed ar­ Religione, la Concordia, la Forza, la Liber­ Ugo Donati, Vagabondaggi, Bellinzona 1939. tiglierie» e la rievocazione scultorea del tà: temi di simbolismo consono ai tempi Enrico Piceni e Mia Cinotti, La scultura a Milano dal 1815 al 1915, in Storia di Milano (Treccani degli Patto di Vienna. Al contemporaneo la figu­ trattati con quel realismo che segna nel me­ Alfieri), voI. XV, Milano 1972. razione sembrava contenere «bei caratteri glio la sua arte. «Gazzetta del Ceresio», marzo 1968. di teste, cavalli ben ideati e mossi special­ Onorato di aggregazioni accademiche, con­ mente nell'angustia dello spazio, studio sigliere accademico imperiale, ispettore nel­ dell' ottimo sui grandi maestri, buon stile e le scuole di disegno del Cantone, come vo­ buona esecuzione». Alla critica moderna leva la tradizione che chiamava a questi l'opera appare, come affermano Enrico Pi­ compiti artisti di consolidata fama, quando ceni e Mia Cinotti, «già avviata ad accenti mori fu sottolineata nei necrologi una circo­ più veristici». Un tratto che colpisce i con­ stanza significativa. Il Somaini - che la temporanei è pure il munumentale. Autore «Nuova Gazzetta di Zurigo» ricordava «fra di opere funerarie (da ricordare il monu­ i più celebrati artisti dell'Italia settentriona­ mento al grande Cagnola), il Somaini lasciò le» - era «rappresentato all'attuale esposi­ qualche esempio della sua arte anche in pa­ zione industriale di Parigi (come ve lo sono tria, come le statue che ornano il palazzo ci­ altri scultori ticinesi, fra cui Vela col suo vico di Lugano, ma operò pure a Novara Spartaco, ed il prof. Rossi); ma le produ­ (<

33 UN MUSICISTA: '21 a Monaco. Il relativo successo presso il CARLO EVASIO SOLIVA pubblico tedesco sorge forse anche dallo stile della musica del ticinese, che non ac­ «Scarsi sono stati i nostri progressi nella cettava di adeguarsi alla musica rossiniana, musica sia vocale che istromentale. Molte ma reinterpretava la lezione mozartiana. associazioni si sono formate, principalmen­ Non a caso l'accreditata rivista di diffusio­ te in questi ultimi trent'anni, per eseguire in ne europea «Allgemeine Musikalische Zei­ comune musicali concerti, ma i pregiudizi tung» di Lipsia segue con resoconti positivi de' luoghi piccoli, le invidie e le gelosie con l'attività del maestro. qualche dose d'indolenza sconcertarono Il Soliva intanto prosegue l'attività - se­ tutti... Molto è pur dovuto in questa mate­ gnalata anche dai giornali luganesi - di ria all' esule italiano conte Gio. Grilenzoni compositore di musica d'opera con due di Reggio, ora cittadino svizzero, che nuovi lavori, eseguiti rispettivamente alla coll' esempio e cogli eccitamenti tien viva in Scala e a Torino, nel corso del 1817, «La molti dilettanti la passione per la musica». zingara delle Asturie» e «Berenice d'Arme­ Così il Franscini in La Svizzera italiana; ed nia», argomento tratto dal «Lucio Vero» è così che nell'agosto del 1838 in casa Gri­ del poeta cesareo Apostolo Zeno, e l'anno lenzoni viene ospitato il «celeberrimo» seguente con «Giulia e Sesto Pompeo» pu­ Liszt, e le gazzette ne danno notizia. Ma la re dato alla Scala. Nel contempo egli inse­ situazione è confermata anche dal Barof­ gna al Conservatorio milanese e forse per i fio. Aggiunge il Franscini: «Nelle nostre rapporti che lo legano ad alcune famiglie chiese cantano e uomini e donne, ma quasi aristocratiche, ma più ancora per la buona dappertutto senza la minima tintura di be­ fama che si era fatta, è chiamato nel 1821 al ninteso canto popolare». La formazione Conservatorio di Varsavia, principalmente popolare al canto doveva affidarsi a tradi­ per insegnarvi canto. Il soggiorno polacco zione empirica o a operette come i Principj del Soliva, durato un decennio, è segnato di musica, pubblicati a Milano da Ricordi dall'abbandono della composizione operi­ nel '32 da Bonifacio Asioli, che fu maestro stica e dall'interesse per la musica sacra e al conservatorio milanese di Carlo Soliva, e per la musica vocale. Ecco perché tanta più tardi, nel '48, dagli Elementi di canto parte della ricostruzione dell' attività com­ popolare del curato Giovanni Frippo, positiva di questo periodo, così come una stampati a Lugano. completa informazione sul soggiorno var­ Qualche virtuoso emergeva nei teatri italia­ saviese, si potrà avere attraverso documenti ni, come il tenore Domenico Reina, che rintracciabili nelle biblioteche e negli archi­ mieteva successi. In questa pigra provincia vi di Varsavia e di Cracovia. A Varsavia co­ musicale giornali e gazzette però non erano nosce il giovane Chopin e nella sua qualità avare di notizie musicali e di elenchi e se­ di direttore d'orchestra dirige, avendo co­ gnalazioni dell' editoria musicale del tempo me solista lo stesso Chopin, per la prima e in particolare di quella milanese. volta pubblicamente il primo «Concerto La figura e l'opera del musicista e composi­ per pianoforte ed orchestra)) del grande tore Carlo Evasio Soliva vanno sempre me­ musicista polacco. Chopin ne fu soddisfat­ glio delineandosi grazie alle indagini e agli tissimo, come attestano le sue lettere; pur­ studi di Sergio Martinotti e Renzo Rota, troppo dei rapporti tra i due, anche quando nell'ambito del coordinamento del materia­ il Soliva si trasferirà a Parigi, si hanno scar­ le che attorno alla vita musicale e alle figure se notizie. Ma l'attività musicale e didattica emergenti del passato musicale del Ticino del ticinese dovette essere intensa come at­ conducono le Ricerche musicali nella Sviz­ testano una «rarità)), la pubblicazione di un zera Italiana. «metodo», consistente in 7 pezzi e intitola­ Carlo Soliva porta pure il nome di Evasio to «Jutrzenka pols~a (L'aurora polacca). proprio perché questo santo è il patrono Szkola praktyczna Forte Piano, Warszawa della città di Casale Monferrato. Infatti egli 1827)) e l' opera in due volumi «Szkola è nato a Casale il 22 novembre 1791, figlio spieure (di canto) Konserwatorium Mu­ di emigranti bleniesi. Il padre, Giovanni, zycznego w Warszawie)), senza data. era un modesto caffettiere originario di Se­ Il Soliva ebbe modo di entrare in contatto mione, la madre, Lucia Cima, era pur essa con Beethoven. Egli aveva dedicato al gran­ oriunda bleniese. Dopo gli studi al conser­ de maestro un «Gran Trio», ricevendone vatorio milanese, di recente istituzione, il una lettera di ringraziamento datata 9 feb­ giovane Soliva, diplomato in pianoforte, e braio 1821. Era questo un omaggio che po­ composizione, dà subito inizio alla sua atti­ teva rivestire sapore di «captatio benevo­ vità di compositore, e già nel 1816 fa rap­ lentiae)), ma il seguito del rapporto tra i due presentare alla Scala la sua prima opera, mostra come Beethoven avesse gradito la «La testa di bronzo», su libretto di Felice spontaneità del gesto (<