L'informazione Televisiva in Italia: Da Raiset Al Citizen Journalism

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L'informazione Televisiva in Italia: Da Raiset Al Citizen Journalism Good bye TV: appunti sulla televisione di fine decennio a cura di Cinzia Bianchi e Stefano Traini www.ocula.it L’informazione televisiva in Italia: da RaiSet al citizen journalism di Mara Cinquepalmi Ad Alessandro, Leda, Sandra e Marco coltivando, ogni giorno, i loro insegnamenti A Marco e al piccolo Fabrizio Abstract Dal tubo catodico alla tv on demand. Come è cambiata l’informazione te- levisiva in Italia con l’avvento delle nuove tecnologie e, in particolare, con il diffondersi del citizen journalism? Il saggio analizza l’attuale offerta infor- mativa televisiva ed il rapporto tra tv ed internet, con un particolare approfondimento dedicato alla crossmedialità e al giornalismo partecipativo. 1. “Ti aspetto qui, vengo dopo il tiggì" 2. “Viva la Rai” (Renato Zero docet) 3. Non è la Rai. La fine del monopolio: Mediaset, La7 e Sky 4. Le “tv di carta”: Repubblica e Corriere della Sera on demand 5. Citizen journalism. Il reporter della porta accanto 6. Youtube, broadcast yourself 7. Current Tv Italia, l’inchiesta 7 giorni su 7 8. YouDem Tv, informazione “ma anche” partecipazione 9. “Dì qualcosa di sinistra”. La controinformazione di Pdcitv 10. Conclusioni Good bye TV | Mara Cinquepalmi, L’informazione televisiva in Italia 1. “Ti aspetto qui, vengo dopo il tiggì” Lo cantava Renzo Arbore alcuni anni fa, ma oggi sarebbe difficile stabilire dopo quale tg. L’offerta informativa televisiva non si ferma più ormai al tg delle ore 20, evento che nel corso degli anni è diventato l’indiscutibile ap- prodo della giornata delle famiglie italiane. Oggi possiamo (ri)vedere il tele- giornale in qualunque momento su internet – come fanno le principali emit- tenti sui propri portali web – oppure per gli abbonati di Sky basta cliccare il tasto verde della modalità “Active” e scegliere uno dei sei approfondimenti che propone il canale all news edito da Murdoch. Nel corso degli anni l’informazione televisiva si è adeguata alle tecnologie, ai gusti, alle esigenze dei telespettatori e oggi si trova a fare i conti con la crossmedialità. I network tradizionali possono/devono contaminarsi con altri mezzi, che non sono soltanto di informazione. Alcuni si sono dovuti a- deguare per conquistare fette di pubblico che altrimenti non avrebbero rag- giunto; altri – più recenti - sono geneticamente crossmediali. La televisione ha imposto costumi e consumi negli ultimi decenni e que- sto si deve anche, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, all’avvento della tv commerciale. In Italia parlare di tv commerciale vuol dire parlare di Media- set e del suo “padre padrone” Silvio Berlusconi. La tv commerciale non solo ha cambiato i nostri consumi (quante delle cose che mangiamo o abbiamo in casa sono state comprate perché “suggerite” dalla pubblicità?), ma ha avuto un forte impatto anche dal punto di vista politico. Non starò a spiegare l’equazione “Berlusconi – tv - Forza Italia – Gover- no”, cosa che la letteratura politica e massmediologica hanno abbondante- mente affrontato, ma propongo un dato su tutti: in occasione delle ultime elezioni europee (giugno 2009) “il 69,3% degli elettori si è informato attra- verso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali per scegliere chi vota- re. I Tg restano il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i me- no istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casa- linghe (74,1%)”1. È quanto risulta da un sondaggio che il Censis ha realizzato dal 27 aprile al 5 maggio di quest’anno intervistando un campione rappresentativo della popolazione per sesso, età e distribuzione geografica. Il dato la dice lunga sul potere della televisione e, quindi, su quanto l’informazione televisiva possa influenzarci. Ben prima del sondaggio Censis, fu Pasolini a scrivere che la televisione ha “un’enorme responsabilità” nel “rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali” dell’uomo. La responsa- bilità della televisione sta “non certo in quanto ‘mezzo tecnico’, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo at- traverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. E attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la te- 1 http://www.censis.it -> comunicati stampa, “Elezioni 2009. Come si sono informati gli italia- ni”. I risultati del sondaggio sono disponibili anche su www.agcom.it. 2 Good bye TV | Mara Cinquepalmi, L’informazione televisiva in Italia levisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. […] Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appun- to, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre…”2. Era il 9 dicembre 1973 e Pasolini lo scriveva nell’articolo “Sfida ai dirigen- ti della televisione”, pubblicato sul Corriere della Sera, poi in parte ripreso negli Scritti corsari col titolo “Acculturazione e acculturazione”. 2. “Viva la Rai” (Renato Zero docet) Gennaio 1954, la Rai inizia il regolare servizio di trasmissioni e manda in onda il primo telegiornale (il 10 settembre 1952 era andato in onda il primo tg sperimentale). L’edizione del 3 gennaio è interamente dedicata all’inaugurazione degli otto ripetitori Rai sparsi nella penisola, ma solo due giorni più tardi andrà in onda il telegiornale vero e proprio. È l’inizio della rivoluzione. Il tg, diretto da Vittorio Veltroni, porta nelle case della gente le prime immagini della cronaca e della politica. Sono im- magini in bianco e nero, immagini di un’Italia che sta uscendo dal dopoguer- ra e che si avvia verso il miracolo del boom economico, di cui la tv sarà com- plice e protagonista. Il telegiornale non è ancora il prodotto giornalistico come lo conosciamo noi oggi. Stiamo parlando della cosiddetta “tv dei pionieri”. Il linguaggio è poco televisivo e molto più da carta stampata. Nelle prime edizioni scorrono semplicemente le immagini dei più importanti fatti di cronaca. Le televisioni sono ancora degli oggetti poco diffusi nelle case italiane, per lo più sopram- mobili che abbelliscono il salotto. Il costo di una tv è di 250.000 lire, il cano- ne di abbonamento 18.000 lire all’anno3 ed il segnale non copre tutto il terri- torio nazionale. Di lì a poco la televisione diventerà quel grande rito colletti- vo che ha cambiato le nostre vite. Sono passati molti anni da allora e non sono cambiati solo i costumi degli italiani. È cambiata la tv, è cambiata l'informazione in Italia ed è cambiato soprattutto, negli ultimi anni, il modo di fare informazione. Nel panorama informativo attuale la Rai è sempre alle prese con la lottizzazione ad uso e consumo dei partiti, la mancata realizzazione di servizio pubblico, l’omologazione di contenuti e format nel solco della tv commerciale fino a trasformarsi nel monstrum politico-televisivo “RaiSet” o “MediaRai”. Nel 1961 va in onda il Tg2 e poi nel 1979 il Tg 3, come inserto della testata Rai Regione. Si moltiplicano le edizioni ed i mezzibusti diventano volti fami- liari, ben più che semplici giornalisti. Ogni tg ha un suo linguaggio ed è e- spressione di una linea politica ben precisa: Tg1/Dc, Tg2/Psi, Tg3/Pci un tempo; Tg1/Pdl, Tg2/Lega, Tg3/Pd oggi. La Rai ha fatto scuola per nuovi format di informazione e approfondimento, ma recentemente anche per una certa deriva dell’informazione in infotainment. Oggi anche la Rai non sfrutta più soltanto l’etere, ma è sul web, sul satelli- te (Rai International, Rai News 24) e sul digitale terrestre (Rai 4, Rai Sport 2 Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1990, pp.22-25 3 Aldo Grasso, “Storia della televisione italiana”, Garzanti 2004 3 Good bye TV | Mara Cinquepalmi, L’informazione televisiva in Italia Più). Il portale Rai – http://www.rai.it - è una grande matrioska, spesso di difficile navigazione, all’interno della quale si trovano i siti dei canali radio e tv, delle testate giornalistiche e di tutte le altre ramificazioni Rai (da Raici- nema a Raifiction). La Rai on line vuol dire anche YouTube. La tv di Stato, infatti, ha un suo canale ufficiale su Youtube dove si trova il “meglio della Rai sul web”, come recita la descrizione del profilo. Nella sezione Podcast del portale gli utenti hanno la possibilità di caricare video. In particolare, la se- zione propone sette canali: I migliori anni (video dei tuoi migliori anni), To be an actor (partecipa alla tua fiction preferita), Dillo al Tg3, Scalo 76 Talent (invia le tue perfomance), Casting web (partecipa alle selezioni di X Factor), Il Tg1 sei tu, Invia le tue scorie (invia i tuoi video per il programma Scorie). Il Tg1 sei tu propone ai telespettatori di abbandonare la poltrona, imbrac- ciare la telecamera e diventare uno della redazione: “Il Tg1 entra da sempre nelle vostre case, ma ora ha deciso di capovolgere un po’ le carte, permetten- do a voi cari telespettatori di entrare nel Tg1”4. Allo spettatore si chiede di inviare video sui temi più disparati: “Può essere una festa o una denuncia, un curioso momento personale o la condanna di un sopruso, immagini diver- tenti o da meditare. Quello che vi capita intorno”. Da questa presentazione si ricavano alcuni elementi che fanno la diffe- renza con il citizen journalism proposto da Sky o dalle “tv politiche” esami- nate più avanti. Il testo ammicca al “caro telespettatore”, un concetto anni Cinquanta dell’abbonato Rai che subisce passivamente tutto quello che gli propina la tv di Stato; invita a “mandare i video”, quindi l’utente non può caricarli sul sito, ma deve inviarli alla redazione che poi lo contatterà per una eventuale pubblicazione; e per essere contattati dalla redazione bisogna compilare un form – come se fossimo all’Ufficio Anagrafe.
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