RS 2018-1 Leila El Houssi.Pdf
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
ANNO XLVIII - NUMERO 1 GENNAIO-ApRILE 2018 RICERCHE STORICHE Via A. Gherardesca 56121 Ospedaletto-Pisa www.pacinieditore.it [email protected] ISSN 0392-162X ISBN 978-88-6995-432-0 In copertina Moschea di Mohammad Al-Amin e Cattedrale di San Giorgio Beirut (Libano) RICERCHE STORICHE Rivista Quadrimestrale Anno XLVIII - numero 1 Gennaio-Aprile 2018 sommario Minoranze in Nord Africa e in Medio Oriente tra tradizione e modernità (a cura di Leila El Houssi) L. El Houssi Tentativi di rimozione e di violazione nel processo di nation building della Tunisia. Il caso dell’Islam devozionale » 5 A. Melcangi Gli aqbāt al-mahjar e l’internazionalizzazione della questione copta dagli anni Settanta al regime di Mubarak» » 19 F. Petrucci Le comunità ebraiche del Maghreb, la loro emigrazione, il loro stato attuale » 35 M. Fois Il Nord Africa tra contestazione politica e culturale. Il caso Berbero » 55 B. Panchetti Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana in Siria dall’indipendenza alla guerra civile » 73 Discussioni e Ricerche A. Zagli Mezzadria e vita rurale nelle fattorie valdarnesi dei Serristori (secolo XVII) » 99 E. Caroppo Alle origini di un welfare per i ceti medi. L’Istituto internazionale per le classi medie e l’Italia nel primo Novecento » 133 G. Poidomani La storia “immaginata”: Public History e immaginario storico nelle serie tv » 153 Note R. Barzanti In ricordo di Maurizio Bossi » 171 Abstracts » 177 Gli autori » 187 TENTATIVI DI RIMOZIONE E DI VIOLAZIONE NEL PROCESSO DI NATION BUILDING DELLA TUNISIA. IL CASO DELL’ISLAM DEVOZIONALE 1. Introduzione All’indomani del rovesciamento del regime di Ben Alì (1987-2011), le elezioni per l’assemblea costituente (ottobre 2011) decretano la vittoria del partito Ennahda che pur rappresentando, un nuovo modello di Islam politico assente in altri contesti 1, ha rivendicato con forza il legame tra religione e identità del popolo tunisino 2. Per Ennahda, la laicità intesa in senso occidentale sarebbe stata un’imposizione dall’ester- no, mentre è l’Islam a costituire il tradizionale e fondamentale punto di riferimento normativo della società. Le tensioni tra il fronte laico e il governo non sono le uniche ad aver prodotto un inasprimento del clima sociale della Tunisia. Ulteriori inquietu- dini sono state provocate dalle correnti legate all’estremismo salafita (la salafīya, da salaf, “antenato”) d’ispirazione wahabita, sostenute dai paesi del Golfo come il Qatar e l’Arabia Saudita, che aspirano a un ritorno all’Islam originario con l’applicazione della Shari’a 3. Essa afferma la predicazione di un Islam “autentico” che si oppone fermamen- te a forme di un Islam parallelo a quello istituzionale, come quello delle confraternite religiose che hanno sviluppato dal basso una religiosità profondamente legata al culto dei Santi (walī) e delle Sante (lāllā), svolgendo nel corso dei secoli una funzione socio- religiosa estremamente preziosa 4. È noto come in questa regione, questi Santi che da vivi erano venerati e ascoltati, una volta morti le loro tombe fungono da santuario e da luogo di incontro e vengono visitate periodicamente in occasione del compleanno del Santo che rappresenta il punto di riferimento di una confraternita 5 che ha, nei luoghi di presenza, una o più zâwiya, che fungono anche da luogo di accoglienza e di rifugio. 2. L’Islam devozionale L’antropologo franco-algerino Jacques Berque nel 1955 scriveva che non vi è 1 S.M. Torelli, L’Islam politico in Tunisia: l’evoluzione istituzionalista di al-Nahda, in «Rivista Italia- na di studi sull’Islam politico», 0 (2013), p. 77. 2 L. El Houssi, La Rivoluzione velata in«il Mulino online», 23 febbraio 2012. 3 E. Pace, Sociologia dell’Islam, Roma, Carocci, 2008, p. 199.; J. Spencer Trimingham, Gli Ordini Sufi nell’Islam, Un viaggio singolare nel cuore dell’Islam, tra antichi riti e pratiche sufi, Nardò, Controluce, 2015; Les Voies d’Allah. Les ordres mystiques dans le monde musulman des origines à aujourd’hui, dirigé par A. Popovic-G. Veinstein, Paris, Fayard, 1996; N. Amri, La sainte de Tunis, Tunis, Sindbad, 2008. 4 L. El Houssi, La profanazione di un popolo, in Yalla Italia, 25 ottobre 2012, in http://www.yallai- talia.it/2012/10/la-profanazione-di-un-popolo/ 5 U. Fabietti, Medio Oriente. Uno sguardo antropologico, Milano, R. Cortina, 2016, p. 241. Ricerche Storiche anno XLVIII, numero 1, gennaio-aprile 2018 6 Leila El Houssi rien de plus commun, en Afrique du Nord, que ces coupoles blanches que la croyance populaire multiplie au bord des rivières, au sommet des collines, au milieu des plaines, bref partout où le concours du paysage et de l’histoire favorise une signalisation du sacré. Le voyageur pressé, des vitres de son wagon, ne peut rester insensible aux valeurs affec- tives et pittoresques non plus qu’au message archéologique de ces lieux. Lieux de rite, lieux d’élan si l’on peut dire, auxquels il en faut ajouter d’autres, plus humbles, moins panoramiques, mais infiniment plus nombreux : grottes à légende, arbres à nouets, simples enceintes de pierres. Milliers de points, en somme, où le sacré sous toutes ses formes, des plus brutes aux plus élaborées, perce la vieille terre du Maghreb. L’idée s’impose aussitôt que « magie et religion » ont ici la part essentielle, imprègnent toutes les catégories de la vie sociale : l’économie, inséparable de ses rites naturistes; le droit, infiniment plus proche d’un tel contexte que de ses prototypes savants ; la politique, toute pleine de prestiges irrationnels ; enfin le comportement de tous les jours, encore dominé par présages et prohibitions 6. Il culto dei santi–marabutti, oggetto di venerazione da parte della comunità tan- to da legittimare la definizione di “Islam devozionale”, ha una sua forma fortemente differenziata da quella dell’Islam istituzionale. Il ricorso a una formula “devozionale” è stata dettata dalla necessità di reclamare, in modo privativo, il legame religioso globale, quindi di contrassegnare la sfera pubblica con il sigillo dell’intimità 7. La credenza nel Santo o nella Santa dotati di barakāh (sorta di benedizione divina) è diffusa soprattutto nelle società rurali. La barakāh si trasmette ereditariamente: o per via familiare o di affiliazione. Clifford Geertz ha descritto così il significato di barakāh: Letteralmente barakāh significa benedizione, nel senso di favore divino. Ma oltre a quel significato primo, che lo specifica e lo delimita, esso racchiude un’intera serie di idee collegate: prosperità materiale, benessere fisico, soddisfazione corporale, completamen- to, fortuna, pienezza, e l’aspetto messo maggiormente in rilievo dagli scrittori occiden- tali ansiosi di costringerlo nella stessa casella con mana, potere magico. In termini più larghi, barakāh non è, come si è voluto sostenere spesso, una forza para fisica, una specie di elettricità spirituale – opinione che, benché non del tutto priva di fondamento, lo semplifica al punto di renderlo irriconoscibile. Come il concetto di centro esemplare, esso è una concezione del modo in cui il divino penetra nel mondo. Implicito, indi- scusso, e ben lungi dall’essere sistematico, anch’esso è una “dottrina”. Più esattamente, è un modo di costruire – emotivamente, moralmente, intellettualmente – l’esperienza umana, un’interpretazione culturale della vita. E per quanto questo sia un problema vasto e intricato, il significato centrale di questa costruzione, di questa interpretazione, così almeno mi pare, è l’affermazione (ancora, naturalmente, tacita) che il sacro appare più direttamente nel mondo come una dote – un talento, una capacità, un’abilità spe- ciale – di particolari individui. Più che l’elettricità, l’analogia migliore (ancorché non molto buona) per barakāh è la presenza personale, forza di carattere, vivezza morale. I marabutti possiedono il barakāh come gli uomini possiedono la forza, il coraggio, la dignità, l’abilità, la bellezza o l’intelligenza. Come questi, benché non sia la stessa cosa e nemmeno tutte e due messe insieme, è un dono che alcuni possiedono in grado mag- 6 J. Berque Une exploration de la saintete au Maghreb, in «Annales. Économies, Sociétés, Civilisations. 10e année», 3, 1955. pp. 367-371; http://www.persee.fr/doc/ahess_0395-2649_1955_num_10_3_2461. 7 M. Kerrou, Public et privé dans l’Islam, Tunis, Istituto di ricerca sul Maghreb contemporaneo, 2014. Tentativi di rimozione e di violazione nel processo di nation building della Tunisia 7 giore di altri e che pochi, i marabutti, possiedono in grado superlativo. Il problema è di decidere chi [...] ce l’ha, in che misura e come trarne beneficio 8. La teologia musulmana ha teorizzato attraverso il sufismo, lo sviluppo di catene mistiche (selselah) i cui anelli iniziali risalgono a Muhammad o ai suoi compagni, quali ‘Ali e Abu Bakr o dai loro discendenti diretti. Coloro che detengono la barakāh e che sono chiamati abitualmente mrabet 9 sono spesso individui dal comportamento parti- colare che conducono: una vita considerata pia, ascetica dedita alle pratiche religiose, insegnamento coranico compreso. Possiedono una sorta di mana, di origine teorica- mente divina ad azione automatica, benefica o punitiva il cui impiego filtra attraverso il temperamento del Santone stesso. La manifestazione pratica di barakāh può avvenire fin dalla giovane età o dopo la morte e il Santo opera anche a distanza di secoli purché entro il proprio recinto tombale, M’zara. Lo spazio sacro è, infatti, una caratteristica importante del Santo che esercita i suoi poteri attraverso gli Jnûn cioè spiriti custodi del luogo sacro 10. Il termine di origine berbera corrisponde a una concezione locale degli spiriti che trova riscontro nei gĭnn coranici. Le entità sovrannaturali, i gĭnn, possono possedere gli esseri umani. Il gĭnn “possessore” è detto mluk che significa anche re, dunque dominatore. Mluk è la forma plurale di melk (maschile singolare) o melka (femminile singolare). Mluk é usualmente indicato anche con il termine Jnûn (plurale), jinn (maschile singolare), jinniya o jinni- niya (femminile singolare) in arabo standard; vengono utilizzate anche le forme djinn o gĭnn al singolare, djnun o gn ̆un al plurale 11.