Il Piccolo 10 ottobre 2017

Pianeta scienza Dai moscerini una cura per la Sla Il gruppo del dottor Fabian Feiguin (Icgeb) da 10 anni studia le malattie neurodegenerative di Lorenza Masè. Utilizzare i moscerini della frutta per studiare le malattie neurodegenerative. È quello che da oltre 10 anni fanno i ricercatori del laboratorio di Neurobiologia dell'Icgeb. In questi anni gli studi del gruppo internazionale di ricerca, guidato dal dottor Fabian Feiguin, sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche aprendo nuove possibilità terapeutiche per una malattia per cui ad oggi non esiste una cura. La SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una grave malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, causando una paralisi progressiva della muscolatura con effetti devastanti su salute, qualità e aspettativa di vita. Finanziato dalla fondazione AriSla, i ricercatori hanno concentrato l'attenzione sul ruolo di una particolare proteina la TDP-43 una delle principali proteine implicate nel processo di degenerazione dei motoneuroni e che risulta modificata nel 90% dei malati di SLA. Oggi la sua anomalia è collegata con l'insorgenza della malattia. Il moscerino della frutta o Drosophila melanogaster è geneticamente molto simile all'uomo: su 700 malattie causate per mutazione di un singolo gene nell'uomo, l'80% di questi geni è conservato anche nel moscerino, geneticamente molto meno sofisticato e con un solo gene per funzione. La Drosophila ha un omologo della TDP-43 per il controllo dell'attività motoria e dell'innervazione muscolare. «Capire in che modo la proteina funziona e regola la locomozione della mosca - commenta Feiguin - equivale alla possibilità di ottenere una cura per la SLA. Ci siamo pertanto chiesti quali sono i meccanismi che conducono alla neurodegenerazione, scoprendo che questa proteina è richiesta permanentemente nel sistema nervoso per determinare l'organizzazione funzionale dei motoneuroni e delle connessioni sinaptiche». Alla soppressione della TDP-43 in mosche adulte compaiono immediatamente evidenti problemi locomotori, sintomi neurologici di paralisi e la sopravvivenza appare seriamente compromessa: in qualsiasi momento della vita della mosca si interrompe la funzione della proteina compaiono i sintomi della SLA. «Abbiamo valutato anche se nelle mosche in cui avevamo soppresso la TDP-43 - spiega - era possibile rigenerare i neuroni. Abbiamo atteso tutto lo sviluppo della mosca riattivando in età adulta la proteina e ciò ha fatto sì che le mosche riprendessero a camminare, il motoneurone quindi ha una capacità funzionale residua e intervenendo ha una capacità di rigenerarsi». I risultati ottenuti dai modelli animali hanno dimostrato che una ripresa funzionale tardiva dell'attività neuronale è possibile. «Iniziamo a capire - commenta lo scienziato - le basi molecolari della modificazione della proteina e questo apre a nuove terapie farmacologiche» . Il team di Feiguin sta infatti cercando applicazioni farmacologiche per compensare la mancanza della funzione della TDP-43, in particolare manipolando farmacologicamente nelle mosche l'eccesso di glutammato, un aminoacido usato dalle cellule nervose come segnale chimico: quando il suo tasso è elevato ne determina un'iperattività che può risultare nociva, generato per la mancanza della TDP-43, e stiamo ottenendo buoni risultati».

«Nuove terapie post-infarto» La ricercatrice Serena Zacchigna è anche capofila del progetto Train di Mary B. Tolusso. Si è laureata a Trieste in Medicina, specializzata poi tra la Sissa e il Belgio sul parallelismo tra sistema vascolare e sistema nervoso. Dal 2008 Serena Zacchigna lavora presso l'Icgeb e dal 2015 ha il suo gruppo di ricerca. Due figli, con cui ama trascorrere tutto il tempo libero, ma adora anche la corsa: «Proprio la scorsa settimana», dice «ho partecipato alla Sincro-Run, la staffetta competitiva attorno all'anello di Elettra». La sua ricerca invece si svolge nei laboratori dell'Icgeb: «Ci occupiamo di trovare nuovi approcci terapeutici per

1 stimolare la rigenerazione del cuore e dei vasi sanguigni dopo l'infarto. Dai nostri esperimenti ci siamo resi conto che il cuore adulto è un po'refrattario alla formazione di vasi sanguigni. Questa scoperta ci ha portato a esaminare in quale misura questo sia correlato alla scarsa incidenza di tumori e di metastasi nel cuore». Una ricerca che collega la scienza alle imprese, Zacchigna infatti è capofila di Train, il progetto Interreg Italia-Slovenia finanziato per oltre un milione di euro: «Nell'ambito del progetto Train, vogliamo collaborare sempre più con le imprese e gli istituti di ricerca della regione transfrontaliera. Le nostre ricerche utilizzano degli screening ad alta processività. Presso l'Icgeb c'è una piattaforma che si chiama Hight- Throughput-Screening, ovvero dei robot che in maniera automatica dispensano cellule reagenti, quindi nel giro di poche ore si può testare l'effetto di 10. 000 farmaci». Ciò genera una grande quantità di dati che richiede un'elaborazione informatica: «Il progetto Train coniuga la nostra esperienza in biologia e medicina con dei gruppi sloveni che fanno bio- informatica. Per estrapolare dei dati da questi screening, che possono essere nuovi demarcatori o nuovi farmaci, bisogna aprirsi all'industria al fine di arrivare al mercato e alla clinica. Non è sostenibile oggi una vera traslazione della ricerca dalla realtà accademica».

La seduta» oltreconfine Ziberna rilancia la Casa del parto «Torniamo sulla carta d'identità» Riunione del Consiglio comunale assieme a quelli di Nova Goriza e Sempeter nella sala del Casino Perla Il sindaco scommette sul progetto finanziato con 700mila euro : " Nascite in Slovenia ? E' stato un flop " di Francesco Fain. «Entro due anni avrà la sua Casa del parto». L'annuncio porta la firma del sindaco Rodolfo Ziberna che intende concretizzare uno dei progetti più importanti (assieme al Cup transfrontaliero) inseriti nella programmazione del Gect, oggetto ieri di approfondimento da parte dei tre Consigli comunali di Gorizia, Nova Gorica, Sempeter Vrtojba, riuniti nella sala conferenze del casinò Perla di Nova Gorica. L'obiettivo è duplice: dotare la città di un centro avanzato per il parto naturale e, soprattutto, far rientrare dalla porta principale il nome di Gorizia sulle carte d'identità. La chiusura del Punto nascita, infatti, ha determinato la morte "anagrafica" del capoluogo. «La Casa del parto? Certo che si farà. Peraltro, c'è una fetta di finanziamenti (700mila euro) già nella disponibilità del Gruppo europeo di cooperazione territoriale e che serviranno per realizzare questa struttura. L'iniziativa parte dalla considerazione che il parto non è una patologia, è un evento naturale e la Casa introdurrebbe un percorso che oggi, in queste zone, non abbiamo. La partoriente viene presa per mano dalle ostetriche e accompagnata verso il parto. Se dovessero insorgere complicazioni, c'è l'ospedale di Sempeter. Ecco perché è giusto puntare tutte le nostre carte su una struttura dove le mamme che lo vorranno potranno partorire in modo naturale (sono escluse quindi le emergenze, le situazioni critiche e ovviamente i parti cesarei), secondo i ritmi fisiologici del travaglio, senza forzature e interventi non necessari e assistite da ostetriche esperte». Diciamo che sarà una versione "moderna" del vecchio parto casalingo. In Italia attualmente sono solo sei le Case del parto, tre in Lombardia, due in Emilia Romagna e una nel Lazio, ma il loro numero è in progressiva crescita per assecondare il desiderio di molte donne di affrontare un parto naturale, in un ambiente intimo, confortevole e tranquillo. La struttura sanitaria verrà realizzata presumibilmente nel Parco Basaglia o, in alternativa, nell'area di via Tuscolano dove c'è ancora il vecchio obitorio e un vasto parcheggio al servizio dell'ex ospedale civile. Perché tali location? Tali tipologie di servizio presuppongono, appunto, la presenza (preferibilmente nelle immediate vicinanze) di un Punto nascita per gestire le eventuali emergenze: siccome a Gorizia il reparto non c'è più, spazzato via dalla riforma regionale della sanità, gli eventuali casi complessi e le urgenze verrebbero dirottati a

2 Sempeter, dove il reparto materno-infantile continua regolarmente a operare. Ma Ziberna ha molto da dire anche sulla convenzione con l'ospedale di Sempeter Vrtojba per i parti oltreconfine. Nel 2014 si registrarono due nascite di bambini italiani "di là". Che diventarono quattro nel 2015. Nel 2016 c'è stata una conferma: altre quattro nascite al di là del confine che non c'è più. Il riferimento è ai numeri, assolutamente striminziti, dei parti (fisiologici, tramite taglio cesareo o ausilio ventosa, con o senza complicanze) di donne goriziane all'ospedale sloveno di Sempeter Vrtojba. Non serve nemmeno dire che l'esperimento non ha funzionato o, quantomeno, non come si pensava (o si sperava). A parlare sono i numeri. Meno del 2% delle gestanti goriziane si è rivolta al nosocomio d'oltreconfine per dare alla luce il proprio bambino. «È stato un flop vero, non ci sono altre parole - sottolinea Ziberna -. Quella convenzione sembra essere stata scritta con il manuale delle giovani marmotte. Era prevedibile che andasse così. Ci sono anche difficoltà linguistiche di mezzo e, poi, non tutti sono d'accordo nel vedere scritto sulla carta d'identità "nato a Sempeter, Slovenia". Semplicemente, è una convenzione che non serve. Piuttosto, è stato sbagliato, oltreché offensivo per la città, chiudere il Punto nascita. È vero, registrava meno di 500 all'anno, eppure era un'eccellenza perché nel nostro reparto c'era il tasso più basso di mortalità».

Messaggero Veneto 10 ottobre 2017

Liste d'attesa lunghe meno premi ai direttori Gli assegni staccati in base agli obiettivi raggiunti sono i più bassi di sempre Pesano le code per le visite e il mancato incremento dell'antinfluenzale di Anna Buttazzoni. UDINE. Asticella alta, irraggiungibile per tutti. L'attesa (lunga) per diverse visite taglia, per la prima volta in modo così netto, i premi ai direttori generali del sistema sanitario regionale. Che sono i più bassi di sempre. La giunta regionale assegna il trattamento economico aggiuntivo allo stipendio dei dg (come riportato nella tabella a destra), quota aggiuntiva riferita al 2015. Solo l'ex vertice dell'Egas - Ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi -, Giuliana Bensa, traguarda il 100 per cento degli obiettivi, ma alla struttura non sono assegnati compiti sanitari. «Non è un giudizio sulla professionalità dei nostri direttori - assicura l'assessore alla Salute, Mariasandra Telesca -, ma sull'andamento delle singole aziende, alle quali abbiamo chiesto di raggiungere mete molto ambiziose».Calano gli assegniIl sistema è stato modificato, perché nel 2014 la giunta Serracchiani ha stabilito di dimezzare i premi ai direttori. Oggi la retribuzione aggiuntiva non può superare il 10 per cento dello stipendio. Il tetto alle remunerazioni dei direttori generali è fissato in 135 mila euro annui lordi e quindi l'assegno per gli obiettivi è al massimo di 13 mila 500 euro. Non solo. L'esecutivo proprio nel 2015 ha modificato il controllo e la gestione delle liste d'attesa, creando un sistema più trasparente e restrittivo. I premi riferiti al 2015, quindi, sono lontani da quelli cui i direttori generali erano abituati.Viste, male Udine e Pordenone Ovunque il nodo è stato il monitoraggio dei tempi per le visite e i troppi ritardi. Le peggiori Aziende nel 2015 sono state Udine e Pordenone. Secondo la relazione necessaria per assegnare il premio, nell'Aas 5 Friuli Occidentale - diretta fino all'aprile 2016 da Paolo Bordon - le prestazioni controllate sono state 81. Il risultato è che in 52 casi i tempi d'attesa non sono stati rispettati, in 29 sì. Nell'Aas Friuli Centrale, che accorpa anche l'ospedale di Udine, invece - guidata oggi come allora da Mauro Delendi -, sono state monitorate 70 prestazioni e in 51 casi i tempi di visita sono stati troppo lunghi. Nessuna azienda della regione è andata meglio. Nell'azienda che raduna Alto Friuli, Collinare e Medio Friuli - dg Pier Paolo Benetollo - le prestazioni

3 passate ai raggi X sono state 63 e in 44 casi i tempi sono stati sforati. Nell'Aas Bassa Friulana- Isontina - guidata fino a pochi giorni fa da Giovanni Pilati e ora affidata a Antonio Poggiana - le prestazioni monitorate sono state 82 e in ben 61 casi i tempi d'attesa sono stati sforati. Nell'Azienda per l'assistenza sanitaria triestina, ospedale compreso, sotto la guida di Nicola Delli Quadri - appena sostituito da Adriano Marcolongo che ha lasciato la Direzione centrale della Salute -, le prestazioni controllate sono state 76 e in 30 casi le liste d'attesa sono risultate troppo lunghe. Non hanno fatto meglio i due istituti di ricerca e cura a carattere scientifico, il Cro di Aviano e il Burlo Garofolo di Trieste. Al Cro su 28 esami monitorati in 17 casi i tempi non sono stati rispettati, mentre al Burlo su 27 prestazioni in 12 casi i tempi d'attesa sono risultati troppo lunghi.Trieste e Cro al topNella valutazione generale i direttori generali con i punteggi più alti sono stati quelli di Trieste. Il migliore è risultato Delli Quadri (72,8 per cento degli obiettivi), seguito da Pierluigi Scannapieco (71,40 per cento) del Burlo e e da Mario Tubertini (70,20 per cento) del Cro di Aviano.Udine e Bassa friulana giùI dg che hanno più arrancato sono stati Delendi e Pilati. Nell'Aas del Friuli Centrale, ospedale di Udine compreso, sono mancati l'incremento della campagna vaccinale antinfluenzale, la riduzione dei parti cesarei, un maggior utilizzo della dialisi peritoneale. Traguardi parzialmente raggiunti sono stati la riduzione dei codici verdi e la comunicazione e condivisione degli obiettivi aziendali attraverso incontri tra dg e il personale. Nell'azienda tra Bassa Friulana e Isontino, invece, non sono state raggiunte soprattutto le mete dell'incremento del vaccino antinfluenzale, del taglio dei codici verdi.Telesca: obiettivi ambiziosiL'assessore comincia da una necessità, quella di accelerare le valutazioni, perché il ritardo è diventato cronico - si accumula da anni - tanto che il premi del 2015 vengono assegnati oggi. Sul merito, invece, Telesca ammette che, con una riforma che nel 2015 era appena stata avviata, i traguardi erano ambiziosi. «Gli obiettivi sanitari sono i più difficili da raggiungere - sostiene l'assessore -, i dg hanno responsabilità enormi e noi abbiamo alzato di molto l'asticella. Il nuovo modello - ha evidenziato Telesca - prevede un sistema più incisivo delle modalità di verifica e resta pertanto l'obiettivo più ambizioso nel quadro complessivo dei criteri di valutazione», conclude Telesca.

IL CASO Bensa e Regione ai ferri corti, ma la retribuzione aggiuntiva le va riconosciuta È il caso della sanità nei palazzi della Regione. Giuliana Bensa (nella foto), direttore generale dell'Egas - Ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi -, è l'unica che nel 2015 ha raggiunto il 100 per cento degli obiettivi assegnati dalla giunta e necessari per incassare il premio. Traguardi che però non erano sanitari, ma di gestione. Bensa però è arrivata all'Egas nel gennaio 2015 ed è stata cacciata a settembre, 267 giorni dopo, e oggi ha ancora in piedi un contenzioso con la Regione. «Se ha raggiunto gli obiettivi il compenso le è dovuto», spiega l'assessore alla Salute, Mariasandra Telesca. E l'assegno ammonta a 13 mila 500 euro. Il nuovo capitolo della battaglia tra la Regione e l'ex direttore generale dell'Egas è la cifra del risarcimento. L'ex direttore generale, 46 anni, goriziana, residente a Milano, punta a circa 400 mila euro o al reintegro. La Regione non ha alcuna intenzione di rimetterla al suo posto e come risarcimento punta al minimo indispensabile, non oltre i 150 mila euro. La Regione ha quindi presentato al Consiglio di Stato un ricorso per ottemperanza di chiarimenti, per sapere quale debba essere il risarcimento da riconoscere a Bensa.

La proposta «Potenziare la rete delle farmacie di comunità è prioritario» Potenziare la rete di farmacie per garantire più servizi ai cittadini. È l'impegno della Regione ribadito nel corso del convegno di Fondazione Cref, dall'assessore alla Salute. Maria Sandra Telesca, che ha ricordato come «le farmacie di comunità sono un servizio pubblico capillarmente diffuso sul territorio e ogni giorno forniscono prestazioni sanitarie anche in

4 contesti disagiati, laddove per distanza dai presidi ospedalieri, distrettuali e territoriali del Sistema sanitario regionale, c'è maggiore necessità di punti salute facilmente accessibili per la popolazione». I cambiamenti della sanità e della salute «ci pongono la sfida della cura delle patologie croniche, legate all'invecchiamento della popolazione, e la promozione delle pratiche di prevenzione, intese come stili di vita e diagnostica precoce - ha aggiunto Telesca -. Dobbiamo dare risposte che siano sempre più efficaci e rispettose del paziente non solo in quanto persona, ma anche come cittadino, individuo, portatore di interesse». Le opportunità che la farmacia dei servizi può realizzare sono sviluppate solo in parte «si possono intuire le grandi potenzialità che restano ancora da tradurre in risposte più efficaci e sostenibili per i bisogni di salute dei cittadini», ha affermato l'assessore, ricordando che in Friuli Venezia Giulia sia a livello regionale, che in ambito di singola azienda sanitaria, sono già stati sottoscritti vari importanti accordi con le farmacie per ampliare l'offerta dei servizi ai cittadini e facilitare l'accesso alle prestazioni, come per esempio la distribuzione per conto (Dpc) dei farmaci, il servizio di prenotazione Cup, lo screening colon-retto, la campagna vaccinale antinfluenzale.

Superbatterio killer Da Udine le linee guida e trattamenti efficaci Nell'ospedale Friulano il minor tasso di infezione da Kpc «Merito di lavoro di squadra e corretto uso di antibiotici» di Elena Del Giudice. UDINE. Sono made in Friuli Venezia Giulia le raccomandazioni per combattere al meglio le infezioni del superbatterio killer KPC, ovvero la Klebsiella pneumoniae, mortali nel 50% dei casi. E la Clinica di infettivologia dell'Asui Udine, diretta dal professor Matteo Bassetti, sta portando avanti tre studi di fase tre (e quindi applicati su pazienti) per individuare una cura efficace contro questo batterio. «Italia e Grecia - spiega Bassetti - sono i Paesi in cui l'incidenza del superbatterio è maggiore, con una prevalenza media tra il 30 e il 50% del totale infezioni da Klebsiella. Si tratta di un germe all'origine di diverse infezioni ospedaliere, dalle polmoniti alle infezioni alle vie urinarie, a quelle che colpiscono le ferite chirurgiche, alla sepsi. Negli anni questo battere è diventato sempre più frequente ed è causa del 10/15% delle infezioni che si contraggono in ospedale. Il problema nasce nel momento in cui si è scoperto che fino al 50% delle Klebsielle sono divenute resistenti all'ultima famiglia di antibiotici, piuttosto potente, a nostra disposizione. Nel caso specifico, il superbatterio killer Klebsiella pneumoniae, è produttore di carbapenemasi KPC, un enzima che inattiva la maggior parte degli antibiotici, compreso l'ultimo, della famiglia dei carbapenemi, ad ampio spettro, efficace contro numerosissimi germi». E dunque, di fronte a questo scenario, soccombere parrebbe inevitabile. Invece no. Diversamente da quel che accade in moltissimi ospedali italiani, a Udine si sono registrati casi mortali di infezione da Klebsiella KPC «ma meno che altrove - precisa Bassetti -. In nosocomi come quelli di Firenze, Genova, Bologna, un caso su due di infezione da Klebsiella è resistente agli antibiotici; da noi la percentuale è del 5%». Come mai? «Da molto tempo cerchiamo di imporre una disciplina sul corretto uso degli antibiotici, sul come usarli, per quanto tempo, con quale dosaggio... Facciamo lavoro di squadra tra infettivologia, microbiologia, reparti di degenza, dipartimenti chirurgici, igienisti. Abbiamo definito le regole-base dell'igiene fondamentali per la prevenzione delle infezioni, di tutte le infezioni. E inoltre - prosegue il professore - abbiamo lavorato anche sulla messa a punto di un cocktail di antibiotici che, nella pratica, si è rilevato efficace nel trattare le infezioni provocate dal battere-killer, riducendo di molto la mortalità».Ora questo lungo lavoro è stato raccolto in un corposo documento, pubblicato sotto forma di raccomandazione, che costituisce un vademecum per tutti i professionisti e le strutture ospedaliere, sul come gestire il superbatterio Klebsiella KPC.

5 La nomina Incarico europeo per l'infettivologo Matteo Bassetti Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive dell'Asui di Udine, l'Azienda sanitaria universitaria integrata, è stato confermato presidente del gruppo di studio delle infezioni gravi della European Society on Clinical Microbiology ad Infectios Diseases, la più importante società al mondo per lo studio e la cura delle malattie infettive. Tra i compiti di Bassetti in questo ruolo, quello di coordinare una task force europea composta da super esperti con il compito di definire le raccomandazioni utili per gestire al meglio le infezioni sostenute dalla KPC.

Psicologi in campo contro il disagio Parte la campagna "Buon segnale» UDINE. «La società moderna sembra essere come un motore che "batte in testa". Si perdono i riferimenti, si moltiplicano gli episodi sintomo di disagio e di assenza di coscienza civile. Le cronache sono ormai invase da femminicidi, bullismo, stalking, emarginazione, fake news che sono redatte unicamente per fomentare l'odio, spesso razziale». La considerazione è dell'Ordine regionale degli Psicologi che, assieme all'assessorato regionale alla Salute e ai quattro Comuni capoluogo, in occasione della "Giornata nazionale della Psicologia", in programma oggi, 10 ottobre, lancia la campagna di sensibilizzazione e comunicazione "Buon Segnale, lo Psicologo una guida sicura". «Si tratta di un'iniziativa - spiega il presidente degli Psicologi Fvg Roberto Calvani - che ha come obiettivo favorire il benessere emotivo, affettivo e relazionale della persona, favorire il confronto e la sensibilizzazione sulle tematiche di cui si occupa la professione psicologica, attraverso una corretta informazione e occasioni di approfondimento su temi sensibili, quali la promozione della persona, delle relazioni umane, della convivenza, la lotta alle diverse forme di disagio e fragilità, il benessere dei singoli, delle organizzazioni e delle comunità». Questa mattina alle 10, nella Sala del Popolo di Palazzo D'Aronco a Udine, ci saranno l'assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, i sindaci dei Comuni di Udine, Furio Honsell, di Pordenone, , e di Gorizia, Rodolfo Ziberna. Presente anche il presidente dell'Ordine degli Psicologi del Veneto, Alessandro De Carlo, con cui la campagna è stata condivisa: il lancio è in programma a Venezia, il 21 ottobre.

Dall'India per perfezionarsi nelle broncoscopie Il reparto di pneumologia punto di riferimento di un progetto aperto a giovani medici di tutto il mondo di Donatella Schettini. È arrivato due settimane fa dall'India per imparare a effettuare le broncoscopie nel reparto di pneumologia dell'ospedale di Pordenone. È un giovane medico che fa parte del progetto Trialact, promosso da un'agenzia americana, che ha come obiettivo la crescita dei medici in tutti i Paesi del mondo. Se normalmente sono i nostri medici ad andare all'esterno a imparare pratiche sanitarie, stavolta sono i professionisti del reparto guidato da Francesco Mazza a fare da insegnanti. «Trialact - afferma il dottor Carlo Barbetta, tutor del progetto - è un'agenzia americana che si occupa di partnership, di ricerca e di crescita del personale medico. Noi abbiamo aderito al programma e facciamo da tutori a colleghi che arrivano da tutto il mondo».Non tutti i reparti vengono inseriti nel progetto, solamente quelli che hanno raggiunto elevati standard a livello di diagnosi e di cure. A Pordenone i medici si specializzeranno nella broncoscopia. «Grazie al dottor Mazza - prosegue Barbetta -, che ci ha messo un notevole impegno personale e professionale, il nostro reparto è diventato una eccellenza in questo campo». Sono stati ottenuti ottimi risultati che hanno convinto negli anni la direzione dell'ospedale a investire in strumentazione. «Siamo orgogliosi di questo progetto - osserva il medico - perché di solito siamo noi ad andare nel mondo a imparare, mentre stavolta sono gli altri che vengono da noi».Due settimane fa è arrivato un 6 giovane medico indiano. «Il suo ruolo è quello di osservatore - sottolinea il tutor -, ma lo abbiamo coinvolto in tutte le nostre attività e lui è contento». Il suo obiettivo è quello di rientrare in India e aprire uno studio nel quale mettere in pratica le cose che ha imparato all'ospedale di Pordenone. Terminato il mese, arriverà un medico proveniente dal Sudafrica, Successivamente sarà la volta di uno dall'Uganda e di una dottoressa dagli Stati Uniti.Il progetto non ha costi per la Aas 5, dal momento che prevede il pagamento di una borsa di studio all'ospedale in cui i medici saranno impiegati: fondi extra, quindi, per l'azienda. È previsto anche un riconoscimento economico per i tutor, ma la scelta che è stata fatta è quella di rinunciare a questi soldi per implementare un fondo di reparto che viene utilizzato per l'acquisto di nuove attrezzature. Il progetto è appena nato, ma viene considerato in modo molto positivo dai medici del reparto. «È un bel lavoro di squadra», conclude Barbetta.

Al Cro di Aviano

Concorso per dirigente, «ma c'è già una graduatoria» «Perché al Cro di Aviano si è deciso di ricorrere a un concorso pubblico per la copertura del posto di dirigente delle professioni sanitarie, invece di attingere dalla graduatoria di candidati idonei stilata un anno fa dall'Asuits? Una procedura che fa perdere tempo e comporta anche un costo economico rilevante». È il quesito che pongono i consiglieri regionali di Roberto Novelli e Mara Piccin che hanno presentato un'interrogazione sul tema. «Con la determinazione del dirigente responsabile del centro di risorsa legale, affari generali e gestione risorse umane (la 350 del 3 ottobre 2017) del Cro di Aviano - rileva Novelli - è stato indetto un bando di concorso a tempo indeterminato per coprire la posizione di dirigente delle professioni infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica. Figura che si è resa necessaria a fronte della cessazione per quiescenza del dirigente delle professioni sanitarie il 17 settembre scorso».Nella determinazione si specifica che in istituto non sussistono precedenti graduatorie concorsuali valide e disponibili. «Peccato, però, che l'11 agosto 2016 - prosegue l'esponente di Forza Italia - l'Asuits abbia indetto un concorso per la stessa e identica posizione, che si è concluso con l'approvazione di una graduatoria con candidati idonei. Dov'è la tanto ventilata collaborazione tra enti del sistema sanitario? Perché allora il Cro non pesca da quella graduatoria, visto, peraltro, che viene richiesto di avviare le procedure con estrema urgenza e visti anche i risparmi economici che ne deriverebbero per le casse pubbliche?».Mara Piccin conclude: «L'indizione del nuovo concorso non soltanto impatta negativamente su tutti gli idonei nella citata graduatoria, ma sottrae risorse economiche che potrebbero essere investite in altri modi».

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