L'impegno Educativo Antimafia
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CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE POLITICHE E DI GOVERNO L’IMPEGNO EDUCATIVO ANTIMAFIA: L’ESPERIENZA DIDATTICA DI NANDO BENIGNO, “PROFESSORE DEL SUD” Tesi di Laurea di: Valeria Biasco Relatore: Prof. Fernando dalla Chiesa Correlatore: Prof. Ombretta Ingrascì Anno Accademico 2016/2017 1 A Sebastiano, essere speciale. 2 “L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza”. Giovanni Falcone 3 INDICE 6 PREFAZIONE 11 CAPITOLO I LA LEGISLAZIONE DELLA DIDATTICA ANTIMAFIA E IL CONTESTO STORICO 1.1 GLI INTERVENTI NORMATIVI A LIVELLO NAZIONALE 1.1.1 LA FASE DI ESPANSIONE: 1992 – 1999 ñ INTERVENTO DI LUIGI BERLINGUER – SEDUTA DEL 15 APRILE 1997 1.1.2 LA FASE DI ISTITUZIONALIZZAZIONE: DAL 2000 AD OGGI 1.2 GLI INTERVENTI NORMATIVI A LIVELLO REGIONALE 1.3 LE DIRETTIVE MINISTERIALI IN TEMA DI EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’ 40 CAPITOLO II EVOLUZIONE DELLA DIDATTICA ANTIMAFIA NELLE SCUOLE ITALIANE 2.1 LA SEMANTICA DELLA DIDATTICA ANTIMAFIA 2.2 LE METODOLOGIE DELL’EDUCAZIONE ANTIMAFIA 2.3 LE CARATTERISTICHE DELL’EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’ 55 CAPITOLO III LA PRIMA ESPERIENZA DI NANDO BENIGNO: IL DECENNIO 1980 E LA SCUOLA MILANESE 3.1 LE FONDAMENTA DEL METODO EDUCATIVO DI NANDO BENIGNO 3.2 LA PRIMA FASE DEL COORDINAMENTO INSEGNANTI E PRESIDI IN LOTTA CONTRO LA MAFIA 4 3.3 LA SECONDA FASE DEL COORDINAMENTO INSEGNANTI E PRESIDI IN LOTTA CONTRO LA MAFIA 80 CAPITOLO IV LA SECONDA ESPERIENZA DI NANDO BENIGNO: I DECENNI 1990 E 2000 E IL CONTESTO BRINDISINO 4.1 LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA PUGLIESE: DALLA SACRA CORONA UNITA ALLA NUOVA SACRA CORONA UNITA 4.2 LA PRIMA FASE DEL METODO EDUCATIVO A BRINDISI 4.3 LA SECONDA FASE DEL METODO EDUCATIVO A BRINDISI 112 CAPITOLO V L’ANALISI DEL MODELLO EDUCATIVO 5.1 IL MODELLO EDUCATIVO NEL SISTEMA DELLE INFLUENZE 5.2 IL MODELLO DI NANDO BENIGNO A MILANO E A BRINDISI 131 CONCLUSIONI TRA CONTINUITA’ E MUTAMENTO IL LAVORO DI NANDO BENIGNO 140 BIBLIOGRAFIA 5 Prefazione Nonostante le organizzazioni mafiose siano presenti nel nostro paese da più di centocinquanta anni, la didattica antimafia e i percorsi di educazione alla legalità hanno origini assai più recenti. Mentre Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita e Camorra hanno saputo strutturarsi e radicarsi nel tessuto sociale, economico e politico, ponendosi in taluni casi come potere antitetico ma paritario allo stato di diritto, le scuole italiane iniziano ad impegnarsi attivamente nel contrasto alla cultura mafiosa soltanto a partire dai primi anni Ottanta del Novecento. Lo “scatto” morale si ottiene con la scia di sangue, lunga più di un decennio, che stava devastando la città di Palermo, colpendo gli uomini simbolo delle istituzioni, siano essi magistrati, forze dell’ordine e politici. In particolare, nonostante già alla fine degli anni Settanta in alcune scuole palermitane si cominciava a praticare una nuova didattica antimafia, è possibile affermare che l’anno spartiacque e in qualche modo decisivo per la nascita di percorsi educativi innovativi sia il 1982. Infatti, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, si verificano due omicidi cosiddetti “eccellenti”: il 30 aprile viene assassinato in via Vincenzo Li Muli a Palermo, il segretario regionale del Partito Comunista Italiano, Pio La Torre, insieme al collega Rosario di Salvo; il 3 settembre sempre a Palermo, in via Isidoro Carini, vengono uccisi in un agguato il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la giovane moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. La sera del tre settembre un cartellone appeso al muro ancora insanguinato recitava: “qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Ma quegli omicidi, ultimi di una lunga lista, hanno generato una mobilitazione civile spontanea, senza precedenti nella storia del paese. La politica si è trovata nella condizione di dover dare una risposta concreta nella lotta alla criminalità organizzata, fino a quel momento trascurata e talvolta addirittura negata da esponenti istituzionali di primo piano. È cosi che, soltanto dieci giorni dopo il vile agguato mafioso di via Isidoro Carini, il Parlamento italiano approva la legge Rognoni – La Torre, l’articolo 416bis, introducendo nel codice penale il reato di associazione mafiosa e la successiva confisca dei beni (mobili ed immobili) ai mafiosi. Anche il mondo 6 della scuola non resta sordo all’indignazione popolare nata dopo il crescere della violenza intimidatoria delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. A Palermo come a Milano si sviluppano delle esperienze sperimentali di vera didattica antimafia, evolutasi negli anni successivi in percorsi di educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva. Questo elaborato, inizialmente, intende approfondire lo sviluppo degli interventi normativi, nazionali e regionali, riguardanti la didattica antimafia e l’educazione alla legalità, per poi concentrarsi in particolare su uno specifico caso di studio: l’impegno educativo antimafia del professor Nando Benigno, nelle due città che lo hanno visto protagonista e leader carismatico del Coordinamento insegnanti e presidi in lotta contro la mafia, attivo dagli anni Ottanta a Milano, e dagli anni Novanta a Brindisi. Dal punto di vista legislativo, osserveremo come le leggi e le direttive nazionali abbiano influito nei modelli educativi della nuova didattica antimafia e come esse, talvolta, siano state anticipate da importanti iniziative legislative regionali. È questo il caso, come vedremo nelle pagine successive, della legge regionale siciliana numero 51 del 1980, approvata in seguito all’omicidio, il 6 gennaio dello stesso anno, del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella. “Provvedimenti a favore delle scuole siciliane per contribuire allo sviluppo di una coscienza civile contro la criminalità mafiosa”, recitava il testo della legge, considerata da tutti gli studiosi la legge pionieristica per quanto concerne l’educazione antimafia nelle scuole italiane. Dal punto di vista sociologico, invece, non si può tralasciare l’evoluzione della didattica antimafia, delineata dal sociologo Nando dalla Chiesa (poi ripreso dallo studioso Giuseppe Intilla) che individua tre fasi distinte ma conseguenti, che hanno caratterizzato l’ultimo trentennio di storia del nostro Paese: - Fase di sperimentazione (1982 – 1992); - Fase di espansione (1992 – 1999); - Fase di istituzionalizzazione (dal 2000 ad oggi). Queste tre fasi hanno dei tratti distintivi, cominciando innanzitutto dal campo semantico. Infatti, se il decennio Ottanta si è contraddistinto per aver coniato un metodo e un modello educativo di carattere strettamente antimafia, il periodo 7 post stragista ha visto un mutamento lessicale e di contenuto notevole: si è passati infatti da un’educazione antimafia ad un’educazione alla legalità in senso più ampio, comprendente anche percorsi sullo studio della Costituzione e della Cittadinanza attiva. Dopo aver introdotto la legislazione della didattica antimafia, in correlazione con l’evoluzione dei metodi e dei modelli di educazione alla legalità, questo elaborato intende analizzare l’impegno educativo antimafia del professore Nando Benigno. Nato a Troia, in provincia di Foggia, e conclusi gli studi di Filosofia presso l’Università di Bari, si trasferisce a metà degli anni Settanta nella metropoli e capoluogo della Lombardia. Nella Milano che da lì a poco prende il nome di “Milano da bere”, il professore di storia e filosofia concentra la sua attività educativa sulla conoscenza del fenomeno mafioso. Nella Milano che negava la presenza della mafia nei suoi territori, declinando la criminalità organizzata come un fenomeno del Sud che non intaccava i tessuti produttivi settentrionali, Nando Benigno si inventa un nuovo metodo educativo antimafia destinato a sensibilizzare le nuove generazioni, i suoi studenti e l’intero mondo della scuola, al contrasto della criminalità organizzata di stampo mafioso. Questo metodo si basa innanzitutto sulla formazione, sia del corpo docente sia degli alunni coinvolti nei progetti didattici organizzati dal professore Benigno, i quali hanno lo scopo di fornire gli strumenti necessari per poter riconoscere e combattere le organizzazioni criminali presenti sul territorio nazionale. Inizialmente si organizzano dei corsi pomeridiani facoltativi. Vengono chiamati i migliori esperti per quanto concerne la tematica in questione: dal sociologo Nando dalla Chiesa al magistrato Gherardo Colombo, da Carlo Smuraglia a Giuliano Turone. Il primo corso raccoglie grande partecipazione che fornisce nuova linfa vitale per proseguire il percorso intrapreso dal professore Benigno. Nasce il Coordinamento insegnanti e presidi in lotta contro la mafia, con l’obiettivo di non disperdere le energie e non “cancellare” anni di progetti educativi nel momento in cui veniva applicata la rotazione della cattedra, catapultando professori inermi da una scuola all’altra, dalla periferia alla città. La nascita del Coordinamento acquisisce sempre più legittimazione sociale, sia per l’aumento degli attori (docenti e relatori) coinvolti, sia con l’apertura della 8 scuola alla città. Dal 1984 al 1987 vengono infatti organizzati dibattiti e convegni all’interno di teatri e palazzetti, al Teatro lirico, al Palalido e al Palatrussardi, partecipati da migliaia di studenti e cittadini attivi, che desideravano conoscere il fenomeno mafioso in tutte le sue forme e le sue caratteristiche. Dopo un triennio di grande partecipazione, si sente l’esigenza di ripensare il metodo