l’inchiesta Mozambico, l’Africa che funziona La PIETRO VERONESE e PAUL WOLFOWITZ Domenica il racconto L’orso della porta accanto DOMENICA 3 LUGLIO 2005 di Repubblica ANTONIO CIANCIULLO e PAOLO RUMIZ

Nella Spagna della rivoluzione sociale di Zapatero, Il cimitero siamo andati a cercare delle statue dove si è barricato il passato diFranco FOTO MIGUEL RIOPA/AFP

GUIDO RAMPOLDI spalancato per accogliere i visitatori, il “Centro social y cultu- le storie ral de la Armada”. Una breve rampa, un largo piazzale. Sul fon- FERROL do una grandiosa statua equestre celebra il genocida cui le Forze armate spagnole hanno concesso, per così dire, asilo L’Italia felice della Bussola politico. La pioggia ha ossidato qua e là il metallo, e da lonta- EDMONDO BERSELLI a quando Zapatero l’aveva espulso dalle piazze no sembrerebbe che Franco abbia ricevuto sulla testa l’ol- lo credevamo polverizzato, fuso, sbriciolato; o al traggio d’un gigantesco piccione. Da vicino il monumento ha cultura massimo ridotto in reliquie per un culto da di- qualcosa di sgraziato, il cavallo sembra andare da una parte e scarica, con giovani falangisti che salutano ro- il cavaliere dall’altra. Una riga di ruggine attraversa la gota del La nuova vita dell’esercito di terracotta Dmanamente un orecchio in bronzo e vecchi legionari raccolti Caudillo, rossa e vistosa come la lacrima dipinta sulla ma- FEDERICO RAMPINI davanti ad un piede di marmo per gridare «Viva la muerte!». schera d’un clown. Macché. Integro e a cavallo, è tornato in caserma: dove altro Tra tutti i Franco marmorei, bronzei ed equestri che la Spa- potrebbe riparare un Generalissimo? Qui a Ferrol, la sua città gna esibisce, il Franco di Ferrol è stato il primo a trasferirsi in la lettura natia, non è difficile trovarlo. «Quel cancello nero, lo vede? una base militare, tappa intermedia verso la destinazione fi- Là», indica il soldato di guardia all’ingresso dell’Arsenale. nale, l’antistante Museo naval. In questo modo ha inaugurato I dandy nell’Europa delle guerre Lungo la strada, tracce dell’impossibile compromesso tra il una traiettoria. Anche il Franco di Madrid, fino ad alcuni me- NATALIA ASPESI vituperio e l’ossequio tentato dalle autorità d’una città divisa. si fa al passo sul suo destriero davanti al ministero per l’Am- Su un ceppo lettere a sbalzo compongono la frase «Ferrol a biente, dovrebbe finire la sua carriera, o proseguirla, in un mu- le tendenze Franco»; ma tre palmi più in alto una ghirlanda in bronzo seo militare. A salvarli dalla fonderia, si motiva, è il loro valo- adesso fa da cornice al nulla: è sparita la faccia del dittatore. La re artistico. Ma se fosse questo, il brutto Franco di Ferrol sa- via si chiama Pablo Iglesias, leader storico del sindacalismo rebbe già stato ridotto a tubatura o a campana. Sdraio, una trasformazione di successo spagnolo. Però i pellegrinaggi di cui calle Iglesias è teatro pro- (segue nella pagina successiva) AURELIO MAGISTÀ e MICHELE SERRA

Repubblica Nazionale 25 03/07/2005 cedono verso le due enormi ancore e il cancello nero sempre con un servizio di CONCITA DE GREGORIO 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

la copertina Nonostante le disposizioni del governo Zapatero, Memoria divisa la Spagna non riesce ancora a buttare in una discarica o in una fornace i mille bronzi che ricordano il dittatore. Li rimuove dalle piazze ma li “nasconde” dentro caserme o arsenali. Una grande metafora della difficoltà a dissipare le ombre del passato L’ultimo nascondiglio di Franco

GUIDO RAMPOLDI lontana di Cuba, destinazione dei ba- rono contro la Repubblica (qui in Ga- e dopo la Guerra civile, malgrado quel Alle spalle stimenti carichi di emigranti che par- lizia gli insorti fucilarono subito tutti i mea culpa lo chiedessero sia molti ve- (segue dalla copertina) tivano dai porti galiziani. Di fatto qui il militari lealisti, dal generale coman- scovi sia prestigiosi cattolici “mode- del Generalissimo Caudillo tuttora gode di vaste simpa- dante al soldato semplice, e la regione rati” come lo storico Tussell. oprattutto non gli farebbe tie. Tre anni fa, quando il sindaco so- si arrese quasi senza combattere). Il Eppure anche in Galizia il culto di da spalla una lastra di me- cialista di Ferrol sfrattò dalla principa- politico di maggior peso, nonostante Franco appartiene da molto tempo tallo due metri per quattro a cavallo le piazza cittadina il Franco equestre, la recentissima sconfitta nelle elezio- solo a una minoranza minuscola, irri- dove il visitatore può legge- qui chiamato «l’asino a cavallo» dagli ni regionali, è l’ottantaduenne Ma- levante. La Chiesa è diversa dai suoi re il testamento del Caudil- c’è una lastra iconoclasti, un sondaggio rivelò che nuel Fraga Iribarne, da un trentennio vescovi anziani. Il vecchio Fraga è an- lo, defunto nel 1975. «Spa- metà della popolazione era contraria. leader storico del Partido popular in che l’uomo che ha teorizzato la «mar- gnoli,S nel momento di rendere l’ani- di metallo Galizia: negli ultimi anni di Franco era cia verso il centro» della destra spa- ma a Dio…». Se n’è andato con la con- Il sostegno del clero galiziano ministro della Propaganda. Buoni gnola. E il leader del Partido popular vinzione d’essere un uomo molto pio, col suo testamento: Se poi lasciamo questa città bruttina, amici di Fraga sono alcuni prelati ga- — pure lui un “gallego”, Mariano «vissuto e morto come cattolico nel retrovia casuale del suo enorme porto liziani, come l’arcivescovo di Madrid, Rajoy — è un conservatore totalmen- nome di Cristo»: e in trent’anni il ver- militare, e raggiungiamo La Coruna che gli hanno offerto un certo soste- te estraneo all’antropologia del fran- tice ecclesiastico non l’ha mai smenti- “Perdono i miei costeggiando i boschi d’eucaliptus af- gno indiretto durante l’ultima cam- chismo. In altre parole il Franco di to. Aggiunge: «Perdono i miei nemici, facciati sull’Atlantico, scopriremo pagna elettorale. Qui, come altrove in Ferrol è finito in caserma non perché i che trattai come tali». nemici, che trattai una sorprendente continuità. Il co- Spagna, i vertici ecclesiastici non han- generali intendessero salvarlo ma Più esattamente, li sterminò. È vero mandante della regione militare è il fi- no mai fatto autocritica per il sostegno perché la Spagna non sa ancora dove che durante la guerra civile (‘36-’39) come tali” glio di uno dei generali che si solleva- offerto dalla Chiesa a Franco durante mettere quel passato. Non riesce a anche i repubbli- cani si mostraro- no spietati, ma mai come lo furo- no le truppe e le Parla Paloma Aguilar politologa all’università di Madrid: “I crimini sono stati rimossi” milizie agli ordini di Franco. Secon- do lo storico nor- “I nipoti della guerra civile al potere damericano Ga- briel Jackson, i franchisti assassi- narono duecen- per chiudere i conti con la storia” tomila civili nella zone che control- CONCITA DE GREGORIO lavano, la mag- gior parte nei tre aloma Aguilar, diremmo noi in Italia, è una giovane patto di silenzio che metta sullo stesso piano vittime e as- mesi successivi studiosa. Titolare della cattedra di Scienze politiche sassini dei due schieramenti rispetto alla dittatura no, alla sollevazione Pall’Università Uned di Madrid, è tra le voci più auto- questo non si può fare. C’è una responsabilità politica pre- militare, dieci vol- revoli sul tema della memoria e dell’oblio. Su quanto ab- cisa, deve essere riconosciuta». te le vittime civili bia pesato l’eredità del franchismo e della guerra civile È quel che Zapatero si sta avviando a fare, anche se dal dei repubblicani. nella transizione alla democrazia, e su quanto ancora og- dibattito in corso sembra che resistano molti tabù. Una storiografia gi il tema del senso di colpa collettivo orienti le scelte e pe- «Ce ne sono ancora molti. Zapatero è un nipote di Fran- più recente modi- si sulle coscienze. È molto stupita, seriamente e sobria- co, suo nonno una vittima del regime. Emilio Silva, a cui fica il rapporto da mente stupita di essere definita giovane. «Non lo sono, ho tanto si deve nella strada della restituzione di un’identità un dieci a uno a un 40 anni». La Spagna è un paese in cui a 40 anni sei accade- ai morti delle fosse comuni, anche: nipote di un ucciso. È sei a quattro. Però mico e titolare di cattedra, preside di facoltà. Il capo del go- una generazione che non ha più paura né si sente coin- Franco continuò verno è nato nel 1960. Emilio Silva, presidente della Asso- volta in quel che è stato, non lo è di fatto. Ma bisogna pro- ad uccidere anche ciazione per il recupero della memoria storica, nel 1965. cedere con prudenza, perché anche a sinistra c’è chi pen- dopo la vittoria. La generazione al governo del Paese — nelle amministra- sa che riaprire la ferita possa portare a una radicalizzazio- Nei tre anni suc- FOTO PAUL WHITE/AP zioni nelle scuole nelle imprese — ha fra i 30 e i 45 anni. ne dello scontro. Si teme che l’attribuzione di colpe reci- cessivi (1939- MONUMENTI SMANTELLATI Quando è morto Franco era, in media, in terza elementa- proche porti a una polarizzazione del dibattito, che da noi 1942) il regime fu- Sopra e in basso, due momenti della imbragatura re. Il tema dell’età anagrafica non è affatto marginale né ha sempre avuto, la Seconda repubblica insegna, conse- cilò almeno tren- e della rimozione, il 17 marzo scorso, dell’ultima ozioso. È questo il cuore della questione, piuttosto. È il te- guenze disastrose. Ci sono storici di sinistra che respingo- tamila prigionie- statua equestre di Franco rimasta a Madrid. ma del tempo che guarisce e restituisce la vista, che estin- no l’ipotesi della riapertura delle fosse comuni come qual- ri; e altre decine di In basso a destra, un altro monumento a Franco gue i rancori. È il fatto che al governo ci siano i “nipoti del- cosa di morboso, inquietante». migliaia moriro- viene rimosso, il 23 marzo, a Guadalajara. la guerra civile” quel che consente, dice Paloma Aguilar, di I discendenti di Federico Garcia Lorca non hanno vo- no a causa di sten- A destra, due immagini dell’assembramento guardare finalmente la storia «liberi dalla paura e dal sen- luto che il suo corpo fosse riesumato. ti, malattie, tortu- di nostalgici del Generalissimo so di colpa dei nonni e dei padri». «Appunto. E hanno impedito così l’identificazione de- re, e d’un lavoro a Madrid, davanti al piedistallo vuoto L’amnistia del ‘77, il “Punto finale” in base a cui le vio- gli altri morti in quella fossa. Le ossa fanno paura. Sono forzato che in- della statua smantellata il 17 marzo lazioni dei diritti umani commesse sotto la dittatura non qualcosa di concreto, reale. Ci sono i fori dei proiettili. È grassò anche in sono più giudicabili, il “Patto del silen- difficile distogliere lo sguardo, e la memoria, di fronte alle seguito imprese zio” si fondano dunque su questo? Sen- ossa. Così si dice: è andata così, lasciamoli dove sono. Re- edili tuttora sul so di colpa e paura? siste l’istinto alla rimozione, è più facile dire è stata colpa mercato. Un mi- «La dittatura franchista non sarebbe di tutti dunque di nessuno. Del resto guardi, ho appena lione di spagnoli, durata così a lungo senza una importan- terminato uno studio sul successo di pubblico dei film sul- nel 1936 il quattro te connivenza sociale. La società, nella la guerra civile e sul franchismo negli ultimi trent’anni. I per cento della stragrande maggioranza, non si oppose documentari più importanti, i film ispirati per così dire popolazione, fu al regime. Dopo la miseria degli anni ‘30 e dalla sinistra sono stati i meno amati. Un successo enor- costretta all’esi- il declino degli anni ‘40 la priorità era la ri- me hanno avuto invece le opere “pacificatorie”, indul- lio. Altri trecento- presa economica, il miglioramento delle genti col franchismo e spesso realizzate in forma di com- mila furono licen- condizioni di vita individuali: la dittatura media. Il riso ha grande capacità di esorcizzare colpe e ziati, soprattutto coincise col ritorno alla prosperità, o al- paure. Il revisionismo, in fondo, affonda le sue radici nel nelle scuole, dove meno il regime fece in modo tramite la desiderio di sentirsi assolti». i preti partecipa- propaganda di essere identificato con lo Anche “Soldati di Salamina”, il libro che racconta la rono attivamente sviluppo economico. Ci fu una crescita storia vera del soldato che decide di non uccidere il suo all’epurazione. I formidabile, emerse la classe media che nemico, è stato accolto con freddezza da storiografi e po- franchisti uccise- al destino di Franco vedeva legato il suo litologi. A destra e a sinistra. Eppure ha avuto un succes- ro sistematica- benessere. Anche chi non ne approvava i so enorme. mente i militanti metodi e aveva idee politiche diverse finì «Il punto è proprio questo: si è detto che si tratta di un li- dei partiti che per godere di quel che il regime offriva. bro asettico, che non prende posizione e dunque non mi- aderivano al Una vera coscienza politica diffusa, d’al- litante, e lo si è criticato. Quel libro racconta dell’umanità Fronte popolare, tra parte, ha tardato molto ad affermarsi. di un soldato che evita una morte con una decisione indi- un confuso arco- I crimini di entrambe le parti sono stati in viduale. Racconta della famiglia di repubblicani che ac- baleno dalla sini- qualche modo rimossi, dopo, dall’idea coglie in casa un falangista. È come se dicesse: se ciascu- stra liberale fino che in fondo quel che era successo era col- no avesse fatto un gesto di umanità, se fosse stato meno vi- agli anarchici e ai pa di tutti». le le conseguenze della guerra non sarebbero state così comunisti; i mas- In questo consiste la colpa. Non esser- terribili. E forse, visto il successo del romanzo, è arrivato il soni; i sindacalisti si ribellati agli orrori in cambio di un pez- momento di far questo: i nipoti possono permettersi di del Ugt socialista zo di pane, o di una torta di meringhe. deideologizzare lo scontro e leggerlo per quello che è sta- e della Cnt anar- «Molto in sintesi. Bisogna però fare due to. Non una guerra romantica, come si è a lungo definita, chica; i membri importanti distinzioni. C’è stata la colpa ma uno scontro in cui chi si è trovato a combattere spesso delle giurie miste di chi si è sentito complice, un sentimen- non aveva chiaro perché lo stesse facendo né per chi. La che avevano ac- to passivo, la paura di chi ha temuto che Spagna fu divisa in due zone e molte persone ebbero in colto le richieste sapendo la verità non avrebbe resistito al- sorte di combattere nel fronte assegnato dalla circostan- delle Commissio- la tentazione di vendicarsi e infine la pau- za geografica». ni operaie, espro- ra attiva di chi invece ha temuto le repres- Non si finisce di nuovo così per assolvere tutti? priando terreni e sione. Parlerei allora di viltà. La gerarchia «Sto parlando della guerra civile, non della dittatura. Il proprietà. La re- ecclesiastica ha avuto un ruolo fonda- franchismo è stato un regime politico: le responsabilità pressione perse il mentale in questo: mai, dopo, ha ricono- sono molto precise, possono e devono essere accertate». suo zelo omicida sciuto di aver appoggiato la dittatura, mai Però le statue di Franco sono ancora oggetto di pelle- quando cominciò ha chiesto perdono per i crimini perpe- grinaggio, per quanto nei magazzini in attesa di finire nei ad essere eviden- trati sotto le sue insegne durante la guer- musei militari. te che Hitler e Mussolini non avrebbe- ra civile. Con codardia, ha continuato a presentare candi- «Questo è inevitabile, ma si tratta di una minoranza. ro vinto la guerra. dati per la canonizzazione uccisi dai repubblicani, i preti Serve molto tempo per restituire un dittatore alla tomba. Davanti a questo vasto cimitero è assassinati dal franchismo non li ha neppure rivendicati. Il centro nazionale di studi sociali fa da 25 anni agli spa- sorprendente che Franco abbia anco- È la principale responsabile dell’asimmetria nel tratta- gnoli la stessa domanda, nel questionario annuale. “La ra diritto a «perdonare» le sue vittime, mento dei morti delle due parti: con la connivenza dei par- dittatura ha portato cose buone, cattive o entrambe?”. Il cioè a deriderle, grazie all’ospitalità roci, salvo luminose eccezioni, le uniche vittime ricono- 50% risponde “buone e cattive insieme”. Ancora oggi, do- che gli concede la Marina. Potremmo sciute sono stati i morti uccisi per mano dei repubblicani». po trent’anni. È solo l’ultima fascia d’età, quella che aveva spiegare questa singolarità con la par- La seconda distinzione? nove anni nel ‘75, a dare un giudizio nettamente negativo ticolarità della Galizia, la regione più «Tra guerra civile e franchismo. Se rispetto alla guerra del regime. Quelli che erano in terza elementare, i qua- conservatrice della Spagna anche per- civile si può andare verso una pacificazione, accettare un rantenni. I nipoti, sì». ché a lungo la più isolata. Un tempo si

Repubblica Nazionale 26 03/07/2005 diceva che da qui Madrid fosse più DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 27

LA STORIA IL GIOVANE GENERALE LA GUERRA CIVILE LA DITTATURA LA TRANSIZIONE Franco entra all’Accademia L’insurrezione dal Marocco Nonostante le pressioni Nel 1969 restaura Militare di Toledo a soli 14 si allarga a tutta la Spagna: di tedeschi e italiani, la monarchia e nomina anni; a 34 è il più giovane sostenuto da Germania sceglie di mantenersi suo successore il principe generale d’Europa. e Italia, Franco viene neutrale nella Seconda Juan Carlos I di Borbone. Messo in disparte nominato generalissimo guerra mondiale. Alla fine Ma lui resta al potere dalla vittoria del Fronte e capo di Stato e gode del conflitto, si avvicina fino alla morte avvenuta, popolare, nel ’36 assume del sostegno della Chiesa ai Paesi occidentali dopo una lunga agonia, la guida delle truppe insorte di Spagna. Nel ’39 come sostenitore sei anni più tardi, nel Marocco la vittoria contro il Fronte dell’anticomunismo il 20 novembre 1975

buttarlo dentro una fornace. A cancel- larlo, a liberarsene. Perfino tra i socia- listi alcuni vengono presi da crampi quando si tratta di scalpellare Franco dalla scena pubblica, come peraltro richiesto proprio dal governo Zapate- ro. Capoluogo della provincia cui ap- partiene Ferrol, La Coruna ha un sin- FOTO MARIO FOURMY/REA daco socialista, il manovriero senato- re Francisco Vazquez. Il Pp è all’oppo- sizione. Eppure in città resistono sia un viadotto Francisco Franco sia stra- de intitolate ai generali franchisti, al fondatore della Falange, al fondatore della Legione, al corpo dei volontari franchisti. Mentre nulla ricorda i nomi dei militari fucilati perché leali alla Re- pubblica. La prudenza delle autorità spagno- le muove da ragioni note. Il Pp teme di alienarsi la sua fetta di elettorato no- stalgico, il Psoe di passare per partito che riapre le ferite del passato, qual- cosa che l’elettorato spagnolo, ten- denzialmente moderato, non gradi- sce. Inoltre c’è in tutti la percezione, confortata dagli studi più recenti, che la Guerra civile non fu uno scontro tra buoni e cattivi. Storiografie del margi- nale come A ras de suelo dell’america- no Michael Seidman, stanno sfatando alcune leggende care alla sinistra (se- condo Seidman «spesso non esisteva alcuna solidarietà nei collettivi agri- coli, fossero anarchici o socialisti», e le donne erano relegate nei ruoli più umili). Alcuni storici cominciano a va- lorizzare «la terza Spagna»: leale alla Repubblica e sostanzialmente al me- todo democratico, combatté i fran- chisti ma spesso fu colpita alle spalle dai forsennati della propria parte. I “vincitori” e i “vinti” Ma a tutto questo bisogna aggiungere un sentimento forse decisivo, di cui la Spagna quasi non ha consapevolezza. Una politologa quarantenne, Paloma Aguilar, lo chiama «il senso di colpa dei nostri padri». La generazione dei padri si tenne Franco per trentasei an- ni (la dittatura finì solo per esito biolo- gico, la morte del Generalissimo). In sostanza venne a patti con quella Spa- gna franchista che pugnalò la Spagna repubblicana; la derubò di tutto (vita, beni, libertà, il futuro dei figli); e, com- piuta questa gigantesca rapina, poi si riciclò nella democrazia tenendosi il bottino e spargendo la prole nel Pp ma anche nel Psoe. FOTO AFP È per questo che da sempre in Spa- gna si parla di «vincitori» e di «vinti» (sono soprattutto i «vinti» a usare que- sta terminologia). Zapatero viene da una famiglia di «vinti»: suo nonno fu fucilato. La circostanza potrebbe spiegare il rancore che il premier su- scita sia nella destra del Pp sia in parte della curia. Zapatero inquieta, e non solo per il varo di leggi molto contro- verse come quella recentissima che autorizza le nozze gay. Con lui riappa- re quella Spagna ingombrante e sco- moda che ha subìto un’ingiustizia enorme, tuttora neppure ammessa. Le code di paglia sembrano leggere al- cune decisioni del suo governo (ri- muovere Franco dal panorama urba- no, aprire le fosse comuni per dare una sepoltura decente alle vittime della repressione franchista) come un atto d’accusa: voi discendete da ladri e assassini, e voialtri foste vili. Proprio il complesso di colpa po- trebbe spiegare perché «tuttora ci ri- fiutiamo di guardare in faccia il geno- cidio che fu commesso in Spagna», co- me scrive al Pais il lettore Emilio Igle- sias Delgado. Ma con Zapatero s’af- faccia una generazione innocente, non fosse altro per ragioni anagrafi- che, che può finalmente misurarsi con l’esercizio più difficile per qualsiasi nazione, riconoscere la propria viltà. Da tempo impegnata a rendersi accet- tabile il proprio passato “fascista”, l’I- talia sembra procedere nella direzio- ne opposta. Sui giornali, in tv, si avver- te uno sforzo continuo per dimostrare l’equivalenza tra fascismo e antifasci- smo, trasformati in estremismi consi- mili (con risultati bizzarri: Giovanni Gentile, lodatore di Mussolini e di Hi- tler, oggi ha migliore stampa di quei cinque cattedratici che rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo e scelsero l’esilio). Pare che questo barcamenar- si si addica allo spirito moderato, che come ognun sa adesso è considerato la vetta dell’eleganza; ma potrebbe anche trattarsi d’un modo per confer- mare a noi stessi che una moderata viltà non guasta, oggi come ieri. 28 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

l’inchiesta Viaggio a Maputo nel cuore di un Paese che dopo Aspettando il G8 la lunga guerra civile sta crescendo con ritmi da “tigre” asiatica. Nella capitale sono comparsi bar alla moda e ristoranti, i giovani usano il telefonino e vestono all’occidentale. Ma molti investimenti finiscono ancora in tasche straniere Il boom del Mozambico l’Africa che sorride

PIETRO VERONESE di conquistatori. Le donne vengono dopo. MAPUTO Infine i ragazzini, che si contendono quello che resta: i rifiuti dei rifiuti. An- ourdes Mutola, campio- cora qualche chilometro in direzione nessa olimpionica e mon- opposta alla baixa, il quartiere che cir- diale degli 800 metri dalla conda il porto di Maputo affacciato sul- straordinaria longevità l’Oceano Indiano, e riprende presto il sportiva,L sorride gigantesca sui muri di sopravvento il mondo contadino. L’A- Maputo. È testimonial di un provider di frica dei villaggi, delle donne armate di telefonia mobile. Ha la maglia della na- zappe, piegate ad angolo retto sui sol- zionale di atletica, un telefonino all’o- chi degli orti coi figli legati alla schiena, recchio e lo slogan dice: «Orgogliosa- scalze, infangate, devastate da una fati- mente mozambicana». ca animale e sorrette da una forza indo- Chi era stato qui l’ultima volta quin- mita. Madri, cuoche, lavandaie, porta- dici anni fa, quando la guerra stava fi- trici d’acqua e di legna. Protagoniste di nendo ma la pace non era ancora inco- una vita durissima, dotate di una capa- minciata e Lourdes Mutola non aveva cità di sopportazione infinita, disposte ancora vinto le sue medaglie d’oro, ad accettare la vita molto più di quanto aveva nella memoria una città che sta- noi non siamo in grado di capirla, orgo- va rinascendo, ma dai muri spogli, dal- gliosamente mozambicane molto più le facce smarrite e dalle pance vuote. di quanto un poster non riesca ad espri- Qualche imprenditore portoghese era mere. Niente telefonini qui, rari sorrisi tornato, capitali sudafricani avevano e il perpetuarsi di una lotta per la so- cominciato ad affluire nella scarna in- pravvivenza apparentemente immu- dustria alberghiera e nel turismo, qual- tabile. che ristorante aveva riaperto, nelle vie Queste donne sono erano tornati a circolare i gipponi dei la maggioranza: in un SCENE DI VITA cooperanti internazionali ma nessuno Paese grande quasi tre QUOTIDIANA si sognava allora di spendere soldi in volte l’Italia ma con Una maestra fa pubblicità, perché nessuno avrebbe meno di un terzo di lezione ai bambini avuto di che comprare. abitanti, oltre il 50 per più poveri di Maputo Ricordi che si sovrappongono alla cento di analfabeti e A sinistra: il sorriso Maputo degli anni Ottanta, in piena un reddito pro capite dell’atleta Lourdes guerra, stretta dalla guerriglia della Re- di meno di 200 euro al- Mutola pubblicizza namo e dagli occasionali attacchi suda- l’anno, è così che vivo- un telefonino fricani. Una capitale affamata, assedia- no i più. Una casa di sui muri della città ta, completamente isolata dal resto del terra, una dieta di po- Sotto: due donne Paese, ricca di slogan ma senza nulla da lenta di mais e verdure davanti alla grande mangiare. Impegnata allo stremo in con un po’ di capretto fonderia Mozal una lotta mortale, immiserita, presso- o un sugo di pollo alle Nella foto a centro ché disperata. feste, un pesce per chi pagina, un cartellone La settimana scorsa, sabato 25 giu- sta sulla costa, alla pubblicitario gno, il Mozambico ha festeggiato il mercé delle piogge e della birra M2, trentennale della sua indipendenza. delle malattie (110mi- una delle due Appena il tempo di una generazione la morti di Aids nel prodotte ma una vita intera per un mozambica- 2003, un milione e in Mozambico no, cui le statistiche concedono la spe- 200mila sieropositivi, ranza di restare al mondo per non più di il 12 per cento della po- 38 anni e mezzo. La metamorfosi del polazione adulta). Paese, a giudicare dalla sua capitale, è Eppure, in termini impressionante. Bar, ristoranti, caffè africani, il Mozambico all’ultimo grido, cellulari onnipresenti, è oggi una storia di suc- ingorghi automobilistici rivelano l’av- cesso. Nei documenti vento di una classe media urbana in preparatori del G8 che una società che rimane tuttora emi- si riunisce questa setti- nentemente contadina. I cartelloni mana in Scozia, dove i pubblicitari si alternano a quelli della grandi del mondo rin- campagna elettorale per le presiden- noveranno solenni ziali, che si sono svolte alla fine dell’an- impegni di aiuto all’A- no scorso: l’astensione è stata altissi- frica, questo Paese vie- ma, ma le cose si sono svolte in manie- ne portato ad esempio ra più o meno regolare, il presidente è di un continente che ce cambiato (pur appartenendo sempre la può fare. Che non è allo stesso partito) e tutto è filato liscio. condannato alla po- vertà eterna e non è de- Le villette in costruzione stinato a un futuro di Per le strade del centro e sul traghetto crescente miseria e di che all’imbrunire riporta i pendolari a insolubile dipenden- Catembe, dall’altra parte della baia, i za. L’Africa, dicono i ragazzi scambiano sms; l’abbiglia- bene intenzionati, non mento giovanile, seppure rimediato, è soltanto Darfur, ca- imita dappresso quello delle nostre restie, guerre civili, città. Le gru sono al lavoro un po’ dap- colpi di Stato e presi- pertutto e tirano su un complesso di vil- denti che spendono il lette dopo l’altro. C’è sempre il caniço, prodotto nazionale cioè i quartieri di baracche fatte di can- lordo in rubinetti d’oro ne e di fango, ma si sono come ritirati in e aerei personali: guar- zone circoscritte, mentre vent’anni fa date il Mozambico. davano riparo alla maggioranza della C’è in particolare popolazione cittadina. una cifra che viene ri- Maputo, che è sempre stata bella e petuta fino alla nau- dolcissima ma per lunghi anni ha vis- sea. Il Mozambico ha suto in totale povertà, vestita di stracci, un tasso d’incremento non è più la periferia abbandonata del del Pil dell’otto per mondo ma un suo quartiere nuovo. cento: un ordine di Non un’Africa perduta, nemmeno grandezza che dieci un’Africa che rinasce. Un’Africa rinata. anni fa era appannag- Orgogliosamente mozambicana. gio esclusivo delle “ti- È un’apparenza fragile, come una gri” asiatiche. Indica- crosta sottile che riposa sull’Africa di tore certo di un’econo- sempre. Al margine del quartiere Hule- mia rivitalizzata, di ne c’è la discarica cittadina, la lixeira, una crescita robusta e dove una popolazione stabile di poveri una ricchezza colletti- aspetta i camion pattumiera armata di va in aumento. Un da- uncini, con i quali rovista tra i rifiuti in to che insieme a quello cerca di qualcosa da mangiare oppure di altri Paesi africani da rivendere. Passano qui le loro gior- contribuisce a dare al- nate, tra fumi, miriadi di mosche, un l’intero continente, complessivamen- tanfo d’inferno, organizzati in una rigi- te, un più cinque per cento. L’econo- Il segno positivo però non viene dallo spirito d’impresa da gerarchia sociale. I giovani maschi mia africana, dicono i portavoce di hanno la prima scelta, saltano sul ca- questo nuovo ottimismo, si è rimessa in della nascente classe media, ma dalla grande fonderia Mozal. mion prima ancora che rovesci al suo- moto; non è vano dunque aiutarla, so- lo il suo contenuto, stanno in piedi sul- stenerla, finanziarla.

Repubblica Nazionale 28 03/07/2005 la montagna di immondizia con piglio Il Mozambico non è il solo Paese. Che produce ricchezza, ma attira anche molte critiche DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 29

Se la speranza non è più un tabù

PAUL WOLFOWITZ er me è stato un onore essere scelto come presi- dente della Banca Mondiale, ma l’onore è durato Psolo pochi minuti. Si commette un errore, infatti, se si accetta un incarico del genere per l’onore che com- porterà. Io l’ho accettato con un immenso senso di re- sponsabilità, un senso di particolare responsabilità nei confronti dell’Africa perché so quanto la Banca Mondia- le sia fondamentale e necessaria in Africa. So che la Ban- ca come istituzione ha un ruolo pressoché esclusivo da esercitare in Africa. In un certo senso ho iniziato dal pun- to di partenza di sei anni fa, quando mi incontrai con il governatore George W. Bush a Austin, nel Texas, per ana- lizzare il contenuto di un discorso di politica estera che avrebbe letto di lì a poco. Non vi è dubbio: c’è un’enor- me, innegabile impellenza morale nei confronti della si- tuazione in cui sta l’Africa e vi sono molte impellenti ne- cessità. Per me tuttavia è stata una piacevole sorpresa scoprire che c’è qualcosa di più: c’è davvero l’impressio- ne che sia in corso un cambiamento. Una parola che mi piace usare è “speranza”: l’Africa è in procinto di diventare il continente della speranza e questa sarebbe una cosa meravigliosa non soltanto per l’Africa e gli africani, ma anche per il mondo intero, per- ché il mondo non può permettersi di lasciare alle spalle 600 milioni di persone. Non solo è moralmente sbaglia- to, ma è anche poco lungimirante. La corruzione è una vera malattia, è una minaccia allo sviluppo ovunque nel mondo e penso che in passato es- sa abbia causato danni incommensurabili allo sviluppo dell’Africa. Tuttavia, constatare che i leader africani af- fermano che la corruzione è un problema, non limitan- dosi però a dirlo ma facendo anche qualcosa per porvi ri- medio, è una delle ragioni principali per credere che sia- mo entrati in una nuova era e che siamo ad una svolta. L’assistenza pubblica allo sviluppo è importante, è cruciale, ma in passato spesso la gente ha creduto che questa fosse l’unica risposta. Oggi, invece, la gente ha compreso che questa è soltanto una parte della risposta e neppure la più importante. Perché gli aiuti pubblici funzionino, tutto dipende dalla gestione dei governi che ricevono le somme, intendendo con gestione i buoni ri- sultati nella lotta alla corruzione e nel miglioramento de- gli standard di trasparenza e responsabilità. L’esperienza degli ultimi 50 anni non potrebbe essere più chiara: i paesi che si sono sviluppati con successo so- no stati sostenuti da forti settori privati. Non tutti, e non tutti nello stesso modo, sicuramente. Il settore privato in Cina, per esempio, è poca cosa se messo a confronto con il nostro settore privato, nondimeno chiunque conosca bene la storia della Cina potrà dirvi che, quando i cinesi si sono resi conto di dover avere un florido settore priva- to, si è trattato di una svolta decisiva. Ovviamente, l’obiettivo reale non sono soltanto gli in- vestimenti stranieri in Africa, ma gli investimenti interni in Africa. Non sono soltanto le multinazionali straniere che operano in Africa, bensì le società africane evolutesi da piccole imprese in medie imprese e quindi in grandi società, qualcosa che io credo potrà sicuramente avve- nire grazie alla partnership e che sarà di cruciale impor- tanza ai fini del successo del continente. Nelle cifre dello sviluppo in Africa si vedono segni di speranza: dalla metà degli anni Cinquanta quindici pae- si hanno visto il loro Pil annuale crescere al di sopra del cinque per cento. Per molti di questi paesi, tra i quali Uganda, Mozambico, Tanzania, Ghana e Senegal l’alta crescita è stata accompagnata dalla diversificazione del- le economie e delle esportazioni. I costi della manodo- pera africana sono molto competitivi: confezionare una camicia in Ghana costa 12 centesimi di dollaro, meno della metà dei 29 che costa in Cina. Madagascar, Mo- zambico, Kenya e Lesotho possono produrre lo stesso ti- po di camicia per meno di venti centesimi. Come ho detto, credo che il settore privato sia il moto- re più importante di questo sviluppo, ma è chiaro che il settore privato non può fare tutto da solo. Ci sono alcu- ne cose molto importanti che devono essere fatte dal set- tore pubblico ed ecco l’area di intervento della Banca Mondiale. Ho fatto visita a due Paesi senza sbocco sul mare, il Burkina Faso e il Ruanda, dove le difficoltà per le infrastrutture non sono soltanto nazionali, ma anche re- gionali. La difficoltà di far arrivare i prodotti sul mercato è enorme. Per non parlare del problema energetico. Se in Africa riuscissimo ad abbassare i costi dell’energia por- tandoli agli stessi livelli di quelli della Cina, i costi per le imprese in Kenya scenderebbero del 35 per cento, in

FOTO GIAN MARCO ELIA Zambia del 23 per cento e in Nigeria del 22 per cento. L’ultimo argomento che vorrei affrontare è la sfida del Tanzania, Angola, Ghana, Botswana ed to. Il resto è capitale australiano, giap- stengono che è perché la produzione commercio. “Commercio, non aiuti” è uno slogan mol- altri vanno altrettanto bene o poco me- ponese, sudafricano. dell’alluminio è altamente tossica e in- to valido, ma sfortunatamente in troppi casi i prodotti no. Ma qui sono riunite tutte le compo- Milioni di tonnellate di alluminio so- quina l’aria e la falda acquifera. Al che che gli africani producono o potrebbero produrre devo- nenti virtuose di questo decantato suc- no uscite dai colossali impianti della l’ufficio stampa della fabbrica ribatte no superare enormi ostacoli sui mercati internazionali, cesso, sottolineate dal fatto che la guer- Mozal, vasti come 340 campi di calcio che il suo impatto ambientale è il più compresa la sfida rappresentata dai prodotti agricoli for- ra civile è finita solo poco più di un de- uno attaccato all’altro. Ma la bauxite, basso al mondo. Ma nessuno a Mapu- temente sovvenzionati provenienti dagli Stati Uniti, dal cennio fa. La stabilità politica è notevo- che è la materia prima per la produzio- to, se non i portavoce stipendiati della Canada e dall’Europa. Credo che, se dobbiamo cercare le; la politica economica segue tutti i ne, viene dall’Australia. Il prodotto fini- Mozal, ne sembra particolarmente fie- di risolvere questo problema, come dobbiamo assoluta- dettami di donatori e agenzie interna- to viene immediatamente reimbarcato ro. Nemmeno Alfredo Namitete, un mente fare, occorrere farlo su scala globale. L’opportu- zionali; privatizzazione, libero merca- ed esportato ad Amburgo, da dove vie- dottorato in Gran Bretagna e una pol- nità ci è data dagli accordi commerciali di Doha — to, politica fiscale compiacciono l’Oc- ne venduto in tutto il mondo (parte di trona da viceministro dell’Industria. un’opportunità che costituisce una sfida, me ne rendo cidente con un’osservanza da primo esso va a finire nei jet della Boeing, civi- Alle domande su questa cattedrale nel- conto, ma una sfida che tuttavia auspico venga raccolta della classe. li e militari). Al Mozambico rimangono la savana risponde che è certamente un — per iniziare una riduzione sostanziale dei sussidi in soltanto circa 1.200 stipendi (tanti sono grande successo, che dà un magnifico tutto il mondo e per cominciare ad eliminare gli ostaco- La lotta alla corruzione gli operai della Mozal) e un formidabile sostegno alla bilancia dei pagamenti, li che impediscono ai prodotti africani di arrivare sul La corruzione c’è, è costata la vita a Car- aiuto alla sua bilancia dei pagamenti. ma che «la grande sfida del Mozambico mercato. los Cardoso, il più celebre giornalista I portavoce della Mozal informano è piuttosto l’industrializzazione dell’a- Potrei concludere con un aneddoto, ma ce ne sono mozambicano, che l’aveva denunciata, con orgoglio che dell’incremento del gricoltura». molti, moltissimi. Proprio fuori da Ouagadougou, in ma rimane a livelli economicamente 7,1 per cento del Pil mozambicano nel Burkina Faso, la Banca Mondiale ha collaborato con il tollerabili. Viva dunque il Mozambico. 2003, il 5,8 consisteva nel fatturato del- I negozi pieni governo per costruire la struttura di una scuola privata. I dati macroeconomici che tanto gra- la fabbrica di alluminio. Un classico Sarebbe facile concludere che, vista Ci si può stupire che sia privata. Si tratta di un villaggio tificano gli stanchi donatori internazio- esempio di quella che gli economisti e i dal Mozambico, la rinascita economi- poverissimo, ma prima di tutto mi ha molto colpito l’at- nali possono tuttavia essere inganne- critici della globalizzazione definisco- ca africana tanto decantata dai propa- teggiamento degli studenti e subito dopo il fatto che i lo- voli. Anzi, per dirla con le parole di Cé- no «crescita senza sviluppo»: le cifre gandisti del prossimo G8 è solo un ro genitori così poveri abbiano lavorato duramente per sar Herculano Guitunga, un imprendi- vanno su e le contadine continuano a trucco contabile, una fabbrica che una raggranellare cento dollari in modo tale che i loro figli tore agricolo venuto ad esporci il suo spezzarsi la schiena. barriera di filo spinato separa da un possano andare a scuola. È davvero impressionante scontento in una poltrona del lussuoso «I soldi vanno e vengono e a noi non eterno esercito di zappaterra e di don- prendere atto di quello che la gente in Africa è pronta a hotel Polana, «una grande farsa». L’in- rimane niente», dice César Guitunga. ne che se ne vanno lente con le fascine fare se appena ha una chance di poter offrire ai propri fi- cremento del Pil mozambicano, o al- «Anzi, nemmeno passano dal Banco de della legna sulla testa. gli un futuro migliore. Io credo che il settore privato ab- meno la sua quasi totalità, non viene da- Moçambique. È solo uno scambio di «Prima non c’era niente da compra- bia l’opportunità concreta di espandere quella chance a gli animati ristoranti della baixa di Ma- lettere: fatturato prodotto e debito rim- re», dice César Guitunga, «adesso nei molti altri genitori e a molti altri bambini e penso che co- puto, dallo spirito d’impresa della sua borsato». Non è del tutto chiaro perché negozi di Maputo non manca nulla ma sì facendo, come ho già detto, non soltanto si aiuteran- nascente classe media urbana e ancora la fonderia d’alluminio stia stata dislo- la gente compra con gli occhi». Ma a no gli africani, ma anche tutti noi, perché lasciare che l’A- meno dalla micidiale fatica dei suoi mi- cata proprio qui, se il Mozambico non noi piace credere piuttosto a Jumito, frica resti indietro è una formula sicura di insuccesso. lioni di contadini. Sta racchiuso in una fornisce né la materia prima né un mer- sette figli, un buono stipendio di auti- Noi non dobbiamo permettere che ciò avvenga. Come fabbrica-fortezza presso la zona indu- cato per il prodotto ed anzi l’una e l’al- sta alle dipendenze di un ente italiano ha detto il presidente Olesegun Obasanjo, l’Africa si è striale di Matola, poco fuori città. È que- tro si trovano a migliaia di miglia nauti- a Maputo, orgoglioso proprietario di messa in moto e sarà entusiasmante essere in grado di sta la Mozal, una delle cinque più gran- che dalle coste mozambicane. La Mo- una vecchia Lancia Delta che può an- avanzare insieme ad essa. di fonderie di alluminio al mondo, en- zal dice che è perché le condizioni eco- dare solo avanti perché «funziona be- L’autore è presidente della Banca Mondiale trata in funzione quattro anni fa. Uno nomiche e produttive (basso costo del ne, soltanto la marcia indietro non Traduzione di Anna Bissanti scintillante progetto da due miliardi lavoro, alte esenzioni fiscali, disponibi- funziona». «La vita è pesante come lo dollari al quale il governo mozambica- lità di energia idroelettrica, prossimità era prima», dice Jumito. «Ma adesso la

Repubblica Nazionale 29 03/07/2005 no partecipa per uno scarno 4 per cen- del porto) erano favorevoli. I critici so- gente costruisce». 30 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005 il racconto Trentino, il progetto di ripopolamento nel parco Tornano i predatori Adamello-Brenta sta cominciando a funzionare e finora sono nati dodici cuccioli. Così gli “incontri ravvicinati” con i grandi plantigradi si sono moltiplicati e si sono moltiplicate anche le polemiche dei valligiani e dei vicini sudtirolesi

Vite di montagna la sfida dell’orso della porta accanto

PAOLO RUMIZ cuccioli, un evento unico su scala con- zioni pratiche. Jurka, la ladra di polli, potesse lo accopperebbe subito, l’orso. tinentale. Succede perché in autunno e Sempre più l’hanno dissuasa i guardiacaccia, dopo L’anno scorso gli ha devastato le greggi TRENTO primavera, prima e dopo il letargo, il no- cinque incursioni consecutive, con una parcheggiate a Malga Campa, un posto stro ha una fame boia e non si accon- frequenti i raid bella fucilata a pallini di gomma. Ma selvaggio sopra i duemila metri nel cuo- a quando, a notte fonda, tenta del sottobosco. Entra nei pollai, poi? «Qualcuno mi ha consigliato di re- re del gruppo del Brenta. Ma persino lui, ha visto quell’ombra gi- nei recinti dei maiali, devasta alveari, nei pollai cintare la casa con un filo elettrico — quando ne parla, si intenerisce: «La gen- gantesca uscire dal bo- traversa strade e autostrade, ti si para dei paesi ammette il signor Cristan — ma io non te dovrebbe imparare dall’orso a muo- sco ed entrare nel pollaio davanti mentre rincasi di notte. lo farò mai. Non voglio vivere barricato. versi nella foresta. Dovresti vedere come Ddi casa, il rottweiler Zora è diventato un Uno shock? Fino a un certo punto. Per e nelle malghe Servono altre soluzioni». mangia i mirtilli. Con delicatezza, senza agnellino. Per giorni, il roccioso cagno- il Trentino è la conferma di una coabi- Mario Vidmann, un gigante che lavo- toccare le foglie con i denti, usando solo ne che difende la villetta della signora tazione antica. Da metà Ottocento al di alta quota ra sulle transumanze del bestiame, se la lingua. Insomma, l’è ‘na bella bestia, Maria Turrini, a Lover in Val di Non, 1950 l’orso fu sterminato Trentino, non è uscito dalla tana, ha ri- ovunque, tranne qui, nel fiutato cibo, guaìto di terrore, e forse parco del Brenta. Pochi anche di vergogna. Dicono che quella esemplari, ma quanti ba- notte non abbia nemmeno abbaiato. starono per resistere altri Che in casa le fosse entrato un ladro decenni, fino ad oggi. «Og- molto speciale, la signora Maria non gi si sa che la sua sopravvi- l’ha capito affatto dal suo cane, ma dal- venza non dipende tanto le urla di oche e galline, quando l’intru- dall’habitat, quanto dal- so ha cominciato a servirsene tranquil- l’atteggiamento della gen- lamente per cena. te», spiega Claudio Groff, Se lo cerchi, l’orso, non lo vedi mai. che segue il progetto per la C’è gente che lo insegue inutilmente da Provincia. L’orso si adatta anni. Poi, un giorno, all’improvviso, ti a vivere ovunque: sulle ne- capita in casa, com’è successo alla Tur- vi del Grande Nord e nel rini. Nei bar della valle ti raccontano la deserto infuocato del Go- storia come fosse un film. La donna spa- bi. «Una sola cosa lo fa soc- lanca le finestra e si trova davanti a combere. L’uomo». E di- un’ombra che scardina la recinzione, la fatti l’orso non lo attacca scavalca, si butta in uno starnazzar di mai. Si muove di notte pollame, afferra i volatili e torna sul pra- proprio per questo. to dietro casa per far merenda. Quaran- «Ci hanno scelti perché ta minuti di picnic, quanto basta per siamo i più fessi» scherza- chiamare il servizio-orsi, i vicini, e una no al bar di Sporminore, fotografa, Maria Montibeller. La quale Val di Non, i cui pollai sono immortala il plantigrado che si lecca stati visitati a ripetizione. beatamente i baffi, con una piuma d’o- Citano con invidia i sudti- ca sul naso. rolesi, che hanno ultimato Il paese è in subbuglio, ma Jurka — nel lo sterminio già dagli anni frattempo s’è saputo il nome dell’orso, Venti, e se l’orso sconfina nel loro terri- GIGANTE DEI BOSCHI una femmina con due cuccioli introdot- torio, sono «capaci di risolvere la cosa In alto e qui a destra, ta con altri animali dalla Slovenia — gio- senza fare rumore, meglio dei siciliani». due esemplari di orso ca sulla sorpresa e ritorna, tre ore dopo. In realtà, i valligiani sanno benissimo bruno, che in Italia Ha ancora appetito. Mangia altri polli, che nelle Alpi non c’è mai stato orso che sopravvive ed è stato nello stesso recinto, di nuovo con la pa- abbia aggredito l’uomo. Claudio Cri- recentemente ripopolato drona alla finestra e il Rottweiler immo- stan abita a cinquanta metri della Tur- nel parco bile in cuccia. Nella prima luce dell’alba, rini, ed è convinto che i suoi boschi re- dell’Adamello-Brenta. si fa un bel giretto del paese, lasciando stano «più sicuri di qualsiasi grande Sopra, il lago impietriti alcuni mattinieri. Poi rientra città alle due di notte». Ma sa pure che se di Tovel, in Trentino, pacifica nel bosco. Fine del film. ti ritrovi un animale da tre quintali in al centro della zona Trentino, vita con l’orso della porta cantina, o i bambini lo incontrano per abitata dall’orso bruno. accanto. Incontri del terzo tipo sempre strada in mezzo al paese, lo spavento A destra, un orso più frequenti da quando il progetto «Li- non lo controlla nessuno. «Se quello ha marsicano fotografato fe Ursus», partito sei anni fa, ha comin- fame, ti sfonda la porta di casa con una nel parco d’Abruzzo ciato a funzionare e le sei femmine im- zampata». migrate (insieme a tre maschi) hanno Ma almeno, in Trentino, la questione figliato tra Adige e Adamello: dodici i non è più «vivere sì o no con l’orso», ma «come viverci». La sua presenza è bene o male accettata, il settanta per cento della popolazione resta favorevole. Quello che la gente chiede sono solu- FOTO PER GENTILE CONCESSIONE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO ARCHIVIO SERVIZIO FORESTE E FAUNA DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 31 FOTO PANDA impari un sacco di cose a osservarla». stremida… Mi si sono piegate le ginoc- peso in bacche. Ma se gli porti su un bel l’Aprica. «Allora rimpiangerete l’orso» ti Stazione di Mezzocorona, sole alto, il chia, ho pensato: son perduto. E invece Ma durante l’estate gregge, è come se gli arrostissi salsicce dicono al Parco dello Stelvio. Tutto è in trenino per Malé che arranca, un bic- no, anche lui ha preso una paura bestia. sotto il naso. E così, nel 2004, di pecore favore del plantigrado. I cani sono infi- chiere di Traminer aromatico freddo Ha fatto uno scatto e via nel bosco. Poi si cibano soltanto ne ha fatte fuori una trentina. E almeno nitamente più aggressivi con l’uomo; i sul tavolo, e Vidmann racconta i suoi in- ho scoperto che aveva fatto fuori il man- il doppio son morte cadendo nei burro- caprioli fanno tre volte più danni, per contri con l’orso. «Pioviggina, sento ru- gime dei cani nella stalla». ni per la paura. Insomma, il mestiere è non parlare dei cinghiali che ti caricano more nella stalla, penso che sia il cane Vidmann sale alle malghe ogni anno delle bacche cambiato, ti tocca stare all’erta anche di in mezzo al bosco. Ma contro quelli non del pastore. Esco, vado alla fontana a ti- a fine giugno, con millecinquecento pe- notte, le bestie non le puoi più lasciar li- urla nessuno. Motivo: cervi e cinghiali si rar fuori da una busta la carne messa in core. D’estate l’orso è disinteressato al- e dei frutti bere, la sera devi chiuderle nel recinto possono cacciare, l’orso no. Non diven- fresco sott’acqua e a fianco mi trovo la carne. Gli bastano i mirtilli; pare che con la corrente elettrica… «La pastori- ta spezzatino. È tutelato dall’Unione l’orso che beve. Madonna, go ciapà ‘na ogni giorno si mangi un terzo del suo del sottobosco zia stava ricominciando su queste Europea, e per accopparlo devi far do- montagne, e ora c’è il rischio che nel manda al Prefetto. 2006 nessuno vada più lassù. Ci servo- La battaglia — ne è convinto anche no risposte chiare dalla politica. E cer- l’instancabile Andrea Mustoni, del Par- tezze negli indennizzi». co Adamello-Brenta, che dieci anni fa ha «Servirebbe un “Avvocato dell’orso” lanciato l’idea del ripopolamento — si per comporre subito i conflitti e impe- vince solo parlando. La gente vuole capi- In Abruzzo si prova il guinzaglio elettronico dire che nascano stupide leggende me- re, anche perché non esiste animale che tropolitane» azzarda Mauro Fattor, del- scateni altrettanta curiosità. Lavorare l’Alto Adigedi Bolzano, che nel bestione sull’orso significa lavorare sul sociale». ANTONIO CIANCIULLO ha trovato un filone inesauribile di sto- Non si finisce mai di dire che l’orso non rielle di strapaese. «Che l’orso sloveno assale l’uomo. In Europa è dal 1906, cioè se ne torni a casa sua!» urlano i leghisti, da quando esistono statistiche sul tema, una sorta di versione radiofonica dell’Isola dei fa- ro che faceva da esca, sono stati anestetizzati, visitati, come fosse un immigrato albanese. che il nostro non assale persone. Unica mosiambientata nel Parco d’Abruzzo, con quattro pesati e rimessi in libertà con la loro cimice elettronica. «Che i trentini se lo ripiglino!», sbraita- eccezione la Romania, dove però è stato Èorsi per protagonisti. Ma la selezione è decisa- Dall’inizio dell’anno vengono seguiti con una radio- no i sudtirolesi, con una variante mini- l’uomo ad alterare l’habitat liberando mente più dura. Sono sopravvissuti solo tre concorren- cronaca minuto per minuto che ha registrato il fallito ma sul tema. Entrambi gli mettono il animali dagli zoo, bestie stressate e inca- ti: Gemma, Marina e Bernardo. Di Serena è rimasto il approccio di Marina con Bernardo e il successo di Gem- timbro etnico, come se non fosse, sem- paci di vivere fuori dalla gabbia. collare satellitare che unisce il gruppo di cavie alla squa- ma, che poi il 17 marzo ha sfornato due cuccioli. plicemente, un orso bruno. In realtà è Una gatta da pelare, ma anche «una dra di biologi osservatori. «L’autunno per noi sarà il momento decisivo, quello semmai l’orso a svelare l’etnìa degli magnifica sfida culturale e identitaria», «Era un orso troppo confidente, si avvicinava ai pae- che ci consentirà di comprendere il reale livello di ri- umani. In Alto Adige, per esempio, ha sorride il presidente della Provincia si, entrava nelle stalle e nelle cantine, evidentemente schio per la popolazione di 40-60 orsi marsicani che vi- scatenato un allarme fuori misura. Ma Maurizio Dellai. «Siamo sotto gli occhi ha dato fastidio a qualcuno», racconta Aldo Di Bene- vono nel territorio del parco», continua Di Benedetto. non per paura: per turbativa dell’ordi- dell’Europa» ha spiegato ai pastori che detto, il direttore del Parco d’A- «Anche Gemma ha fatto qualche ne. Nella terra del maso chiuso, dove volevano invadere Trento con seimila bruzzo. «Io stesso l’ho incontrata incursione a Bisegna e a Villalago, tutto è regolamentato e discende da un pecore dopo gli sbranamenti nelle mal- varie volte in un meleto vicino a ca- e Bernardo si è procurato una cena potere unico, il partito sudtirolese Svp, ghe. E ora, con gli uomini del reparto sa mia, è spuntata all’improvviso a a base di maiale. Se queste abitudi- l’orso genera panico semplicemente faunistico, ha lanciato un’offensiva due metri di distanza. Ma non cre- ni venissero trasmesse ai cuccioli, perché se ne frega dei regolamenti. d’informazione per raccontare ai mon- do che l’abbiano uccisa per paura, quando smetteranno di essere al- Qualche mese fa, su queste monta- tanari chi è il nuovo vicino di casa e spie- sapevano tutti che era un orso tran- lattati, la situazione sarebbe molto gne, succede che un cacciatore si ferma gare che gli uffici pagheranno in fretta i quillo: avrà fatto dei danni, avrà ru- grave: la consuetudine domestica in una baita con due amici e dalla finestra danni di quest’ambiziosa operazione bato qualche animale. Fatto sta che rischierebbe di aggravarsi genera- vede un orso traversare il prato e infilar- che può dare a Trento un marchio spe- abbiamo trovato il collare tagliato zione dopo generazione fino a ren- si nella macchia. «Ora ve lo faccio vede- ciale sulla bontà del territorio. sulle montagne tra Alfedena e Bar- dere impossibile la convivenza». re» scommette l’uomo. Esce e si infila tra Se andrà bene, sarà anche un affare. La rea; di Serena non ci sono state più Il fronte del pericolo si è dunque gli arbusti, contando di stanare l’anima- Slovenia ha seicento orsi su due milioni notizie». rovesciato. Per anni si era temuto le di cui conosce la timidezza. Nella mac- di abitanti, e se li tiene ben stretti, tanto Superata la stagione della diffi- che gli orsi venissero spinti dalla chia trova l’orso accucciato. L’animale si ci guadagna tra turismo, caccia regola- denza, superata l’epoca delle taglie pressione umana in zone sempre spaventa, cerca di scappare, ma è chiuso mentata ed esportazione di animali vivi. per far fuori i grandi predatori che più marginali mentre oggi la cin- da tre lati. Dietro un roccione; sul fianco Se la scommessa fallirà, le Alpi perde- davano noia al super predatore uo- quantina di orsi del parco può es- destro e sinistro arbusti impenetrabili. ranno il loro più straordinario inquilino. mo, l’orso rischia di sparire dalle sere considerata una popolazione Non ha altra scelta che andarsene verso «Un giorno d’autunno — racconta Clau- montagne d’Abruzzo per eccesso accettabile visto che ognuno ha bi- l’uomo. Il cacciatore capisce, pensa «so- dio Groff — ho trovato un orso dalle par- di fiducia. Perché rischia di trasformarsi in un pet, in un sogno di un territorio compreso tra i 2.500 e i 4.000 et- no fritto», arretra, inciampa in una radi- ti di Tovel. Era sceso sulle chiappe per un animale da compagnia, in uno Yoghi che d’autunno si tari e quindi possono espandersi solo colonizzando il ce, cade all’indietro. Ma non succede pendio umido di erbe alte. Pensai che era mette a frugare nelle cantine alla ricerca della scorta di parco dei Simbruini e la Maiella. Al contrario i guai ven- niente, il bestione di tre quintali gli pas- scivolato. E invece no. Rieccolo risalire e zuccheri per l’inverno. gono da un eccesso di vicinanza e di confidenza. Ma il sa sopra senza sfiorarlo e se ne va. ridiscendere altre due volte per il suo to- Proprio per misurare questo pericolo è stato deciso di risultato non cambia: il finale di partita è sempre incer- Dovrebbe bastare a calmare le acque, boga. L’aveva fatto apposta. Mancava studiare un gruppo di orsi con i nuovi radiocollari che to. Anche perché la ricerca che può aiutare ad antici- e invece no. C’è sempre qualche irridu- solo che ridesse come un matto». permettono un controllo estremamente efficiente. In pare i problemi a ottobre chiuderà i battenti per man- cibile che urla contro l’evidenza di dati quattro hanno seguito la scia olfattiva del pesce azzur- canza di fondi. inconfutabili. Le stragi vere le fa il lupo, che si muove in branco e in questi mesi

Repubblica Nazionale 31 03/07/2005 sta arrivando in Trentino dal passo del- DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33

le storie Il 2 luglio del 1955 si alza il sipario su uno dei simboli Riti collettivi del boom, qui si ritrovano gli artisti migliori e i protagonisti del jet set. Qui scoppiano litigi furiosi come quello di Paoli contro il “pubblico borghese”, nascono amori, si consumano tragedie e crescono nuove dive come Mina che diventa presto la regina incontrastata del locale

EDMONDO BERSELLI Se poi si vogliono exploit divi- stici, scene madri, gigionerie, ca- inquant’anni do- nagliate da artista, colpi di teatro, po la serata dell’i- ce n’è un repertorio infinito. Do- naugurazione, av- menico Modugno che pretende venuta fra le note gli sia triplicato l’ingaggio, perché martellanti di Ca- si è svenato per un quadro da col- ravan Petrol ve- lezione. Lady Patachou, la cantan- Cnerdì 2 luglio 1955, a dire Busso- te che viene dai cabaret di Mont- la torna in mente un’immagine martre, che cantando Le foglie mor- dell’Italia felix. Il boom, la Ver- te scende in sala munita di forbici e silia, l’aria dolce che scende comincia a tagliare le cravatte di se- dalle Apuane. Inevitabile, la ri- ta ai cumènda. Sandie Shaw che valità con la Capannina di nella serata di compleanno della si- Franceschi a Forte dei Marmi. gnora Ferragamo invita tutti a butta- In ogni caso, un set che sembra re via le scarpe. Il compresissimo pensato per classici esercizi di Paoli che, snobbato dai clienti sedu- nostalgia e di revival. ti sugli sgabelli del bar in fondo alla Perché allora c’era l’ottimi- sala, dopo la celebre e dolorosa Ne me smo. La certezza che in un’e- quitte pas di Jacques Brel, esplode in state alla Bussola potevano una serie violentissima di insulti ver- passare gli idoli dello spetta- so tutti loro, «borghesi di merda». colo mondiale, la vocalissi- Se volete la politica, ecco il pianista ma cantante nera Shirley Romano Mussolini, raccomandato da Bassey o il trombettista Chet Sophia Loren e Carlo Ponti per «la festa Baker, e che magari una sera hollywoodiana che la Bussola aveva si poteva assistere alla colle- regalato loro il giorno del loro fidanza- ra furiosa di Frank Sinatra, mento», a cui sputano in faccia augu- offeso a morte perché qual- randogli di fare la fine del padre Benito. cuno gli aveva presentato il De Andrè che chiede di ufficializzare conto dello champagne. che una parte del suo compenso andrà In modo appena più pro- a sostegno di Potere operaio. C’è anche vinciale, per la vipperia di allora, per i ro- la tragedia, la notte di San Silvestro del tocalchi, per la tv, la Bussola, ossia il lo- 1968, allorché fra urla, spintoni, schiaffi, cale di Sergio Bernardini alle Focette di lanci di sassi e cariche della polizia viene Viareggio, è stata soprattutto il santua- ferito da un colpo di pistola e rimarrà pa- rio in cui si manifestava il culto, anzi l’i- ralizzato per sempre, il giovane Soriano dolatria, per Mina. Su quel palco la Tigre Ceccanti (che a distanza di tempo con- aveva esordito, di straforo, «per scom- quisterà una medaglia nella spada alle messa», nell’estate del 1958, cantando para-Olimpiadi di Atlanta). Per chi ama Un’anima pura, dopo l’interpretazione Quell’Italia felice gli show eccentrici, ecco Mogol e Lucio ufficiale e romantica di Don Marino Battisti che appaiono accompagnati da Barreto junior. due cavalli, uno bianco e uno nero (e dal In seguito, al culmine della fama (la palco della Bussola, prima di riprendere cronaca è di Silvio Bertoldi) «appariva la cavalcata verso Roma, il “maestro so- verso le undici di sera nel fascio di luce litario” annuncerà il suo totale ritiro dal- del riflettore puntato su di lei e la sala la scene). piombava nel silenzio, in attesa dell’ini- Ma l’evento memorabile, un colpo di zio del rito… dava il via alle sul set della Bussola genio da diva irripetibile, coincide con il canzoni, abbandonandosi debutto italiano di Marlene Dietrich. «A come all’abbraccio d’un parte il fatto», scrive l’autore Bernardini, amante, consumandosi, «che, tre ore prima dello spettacolo, Ser- spossata, terminando stra- gio fu costretto a chiamare un volta da un raptus, con due o decoratore per far ridipinge- tre chili persi, mentre gli ap- re l’intero camerino in colo- plausi diventavano urla da re amaranto altrimenti la stadio…». grande star non sarebbe en- Per capire la Bussola, oc- trata», il clou arriva subito corre riandare al tempo in cui prima di andare in scena, l’Italia riprendeva a cercare quando l’Angelo azzurro una sua gioia di vivere, dopo reclama «una frappeuse», la guerra e la ricostruzione. In un secchiello pieno di quel clima, nel profumo dei ghiaccio fino all’orlo. Glie- pini marittimi, l’esibizione di lo porta ansimante un ca- Mina era un evento da delirio: meriere, con dentro una centinaia di auto che si acca- bottiglia di Veuve Clic- tastavano sulla litoranea, fol- quot. Bussa trafelato alla le di cinquantenni sudati. porta del camerino: «la Quando ricompare alla Bus- Dietrich apre, afferra la sola nel 1978, per celebrare i frappeuse, tira via la bot- vent’anni di carriera, accom- tiglia di champagne e la pagnata da fenomenali cla- scaraventa via, poggia il mori, è quasi deforme, avvi- cestello di metallo in luppata in un peplo nero lun- terra, solleva la gonna, go fino ai piedi: una dea dive- si abbassa le mutandi- nuta donna per punizione, ne e fa la pipì in quel- «bersagliata dai flash di cen- l’incredibile pappa- to fotografi, straziata dalle gallo improvvisato». urla e dagli squittii di una Una trovata degna pattuglia di adoratori- di un’allieva di Josef gay...». Quella volta quasi von Sternberg, un non ce la fa, finisce stravolta colpo di scaraman- dalla fatica, la riportano nel zia cinica degno di camerino quasi a braccia. un Kabarett weima- Per ricordare la Bussola, riano realizzato nel Marco Bernardini, giornali- cuore della dolce sta di Tuttosport, ex Gazzetta Versilia. Eppure la del popolo, ma soprattutto Bussola ha cono- nipote del Bernardini deus sciuto davvero co- ex machina di quel mitologi- me regina soltanto co locale, ha appena pubbli- Mina. La divina. O invece la scape- cato un libro, Li abbiamo fat- strata dal cuore d’oro capace di litigare ti cantare (Robin Edizioni, con il suo manager Elio Gigante perché 224 pagine, 10 euro), che ri- questi aveva multato il chitarrista del- percorre la storia della famiglia l’orchestra, che aveva la febbre e non riu- Bernardini. Sergio Bernardini, animato- parte». È così che in quel 2 luglio a metà L’ULTIMO CONCERTO testa per la bellissima Scilla Gabel, «che sciva a suonare come doveva. Era una re delle notti italiane: «Che poi, per dirla degli anni Cinquanta si accende l’inse- In alto, l’ultimo concerto bambola!», prima di schiantarsi con la chiara ingiustizia. «Si scannano, lei e Gi- come veramente è, il suo nome non era gna della Bussola — millecinquecento di Mina nel 1978. sua Thunderbird rosa alle quattro del gante, per un’ora. Alla sera Mina è pun- neanche Sergio. Carta d’identità alla persone in sala, «la madre di tutte le esta- In basso, da sinistra, mattino contro un camion di mattoni. tualmente sul palco e, dopo il solito mano, Antonio Bernardini, nato a Pari- ti» che comincia — e lentamente, grazie Milva nel 1970; Oppure che il nuovo talento Peppino Di trionfo, in camerino trova un mazzo di gi». Il fatto è che i suoi genitori, Italo e Vir- anche all’ingaggio di Renato Carosone Marcello Mastroianni Capri faccia innamorare la bruna Ro- rose rosse accompagnato da un bigliet- ginia, erano stati assunti dalla famiglia per la cifra stratosferica di centosessan- nel 1967 berta sulle note della canzone omoni- tino con le firme di tutti gli orchestrali». Lumière come giardiniere e tata, e il me- tamila lire a serata, si avvia anche l’epo- e Fabrizio De Andrè ma, mentre tutt’attorno nascono storie, È una di quelle storie che sarebbero dico e il prete si erano trovati d’accordo, ca fatata degli smoking bianchi e neri, nel 1975 unioni, matrimoni: «Felice Riva e Lui- piaciute a Bernardini, Antonio detto Ser- a dispetto delle intenzioni di mamma e con le signore rigorosamente in lungo, e sella. Massimo Moratti e Milly. Giancar- gio, morto nel 1993. Ma storie che mo- papà, sull’idea che tutti gli italiani si do- il cavalier Angelo Moratti, tutto gran- lo Antognoni e Rita. Adriano Panatta e strano anche un paese in parte ingenuo, vessero chiamare Antonio. deur meneghina, pronto a ordinare Rosaria. Alida Chelli e il conte Agusta. e in parte crocevia del mondo. E dove Comunque dev’essere un segno del un’altra bottiglia di champagne. Pavarotti e Adua». A cui va aggiunto al- una serata con Ella Fitzgerald o Louis destino nascere nel 1925 nella casa dei Alla Bussola avviene più o meno di meno l’amour foutra Gino Paoli e la gio- Armstrong, ma anche con Xavier Cougat padri del cinematografo, e più tardi ri- tutto. Succede che il finto duro Fred Bu- vanissima Stefania Sandrelli («mi venne e Abbe Lane, induceva a pensare che cevere gli oroscopi del chitarrista Peter scaglione si disamora della moglie Fati- un colpo quando, dopo, mi confessò davvero l’estate di quella passione non

Repubblica Nazionale 33 03/07/2005 Van Wood, «pianeti ottimi tutti dalla tua ma, la ragazza del tirassegno, e perde la che aveva appena sedici anni…»). sarebbe finita mai. 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

i luoghi Il quartiere littorio, le immense piazze comuniste, Sfide urbanistiche il museo fatto dai cinesi, il palazzo della cultura dei russi: tutto rimescolato, come se la città fosse fatta da pezzi di tempo e non da fette di spazio. E ora Edi Rama, quarantenne sindaco-artista, copre il grigio universale con un arcobaleno di vernici sgargianti. Tra speranze e litigi

Tirana alla battaglia del colore

STEFANO BOERI bum di famiglia», ci dice Ong, i rappresentanti Ma l’azione più sorprendente e Edi Rama, «non è un caso della Banca Mondiale, i eclatante di Edi Rama non entra nel TIRANA che qui abbiamo comin- suoi stessi concittadini. novero delle cose da demolire o da co- ciato a costruire la nuova Mentre tutti si aspettano struire. Riguarda piuttosto l’identità e urbo-folk: litanie popolari capitale, chiamando a la presentazione pubbli- l’autorappresentazione della città. con striature orientaleg- raccolta e mettendo in ca di un grande Piano di «Vedevo tutta questa energia moleco- gianti, basso rock, scarti gara un gruppo di archi- rilancio della città, le re- lare, individuale, cambiare la città. Mi da hard-metal, il tutto tetti europei ed interna- toriche del buon gover- sembrava di vedere mille mani che mixatoT da voci soliste in stile Sanremo zionali». Il concorso per il no, promesse sulla qua- dentro gli edifici spostavano muri, co- Sessanta. La musica dei Balcani, la piano urbanistico del lità della vita — insomma struivano pareti, solette, nuovi volumi musica che corre nelle radio, nei bar, centro della città è stato il kit di ogni buon sinda- a sbalzo… e mi chiedevo come inter- nelle automobili è la stessa a Belgrado, vinto da un gruppo fran- co in carriera — Rama fa venire, come orientare questo pulvi- a Zagabria, Sarajevo, Pristina. Ma a Ti- cese, Architecture Stu- tre cose impreviste. In- scolo di forze, pur disponendo di ri- rana il Turbo-folk è qualcosa di più: è dio. Ma altri progetti, co- nanzitutto comincia a sorse limitatissime». un’idea di spazio, un mix di paesaggi, me quelli per le due torri a demolire gli edifici abu- La risposta, davvero inaspettata, è un’idea di società. Esci da un aeropor- uffici che si affacceranno sivi che hanno cancella- stata di cominciare, progressivamen- to di baracche, prendi una ampia stra- su piazza Skan- to i parchi, i giar- te, a colorare le facciate delle case, dei da sgangherata dove sfilano spider derbeg, vinti dal dini e interrotto le palazzi, degli isolati. I colori, all’inizio, fiammanti, trattori, vecchie merce- danese Henning strade del centro, li sceglie proprio lui, il sindaco-artista: des, e ti infili in un viale che tra nuovi Larsen e dai tre ra- trasferendo i loro gli servono per sottolineare le superfe- palazzi ad uffici, centri commerciali, gazzi belgi del abitanti nei nuovi tazioni, segnalare i nuovi volumi, di- autolavaggi, scheletri di edifici abban- gruppo 51N4E, quartieri massicci stinguere un edificio dall’altro. Colori donati, moschee, ti porta fino al cen- cominceranno tra che stanno na- accesi, sgargianti, accostamenti bru- tro della città. Ma solo quando vedi le breve a essere co- scendo appena schi che squarciano il grigio universa- prime case costruite in mezzo a una struiti. A segnare attorno. E fa risco- le dell’intonaco socialista e fanno in- strada, cominci a capire che sei in un anche a Tirana, prire alla città gli furiare quasi tutti: i suoi colleghi am- posto davvero speciale. come spilli di una spazi collettivi, ministratori, i rappresentanti dell’U- Tirana è piena di edifici costruiti in agopuntura urba- anche quelli dete- nione Europea, gli stessi cittadini. Ma mezzo a una strada o in mezzo a una na, la presenza del stati del periodo la sua performance urbana raggiunge piazza o a un giardino. Cresciuti come mondo globaliz- socialista («il sa- subito un risultato fondamentale. Si funghi dopo la caduta del regime co- zato — media- bato, non poteva- discute, tutti insieme, sul tipo di colo- munista, quando è esplosa una sel- building, kun- mo fare altro che re. Si discute sull’immagine pubblica vaggia corsa ad appropriarsi dello sthalle, internet- vestirci bene e della città. Sul lato esposto della vita spazio pubblico, fino ad allora un sim- cafè, loft — e delle camminare a pic- quotidiana. Certo, pochi sono d’ac- bolo estraneo e freddo della dittatura. sue ossessioni. Ad coli gruppi, su e cordo sul tono del colore che rappre- Negli anni Novanta, dopo la caduta di arricchire e ren- giù, nella piazza senterà l’esterno del loro interno do- Enver Hoxha, a Tirana si è costruito dere ancora più principale, salu- mestico, ma pochissimi sono disposti dappertutto, anche nella speranza di forte il Turbo-folk tandoci a distan- a rinunciare ad accogliere sui muri di acquisire un diritto di proprietà dopo urbano. za»). Mentre la casa l’onda caleidoscopica inventata decenni di assenza di un regime di re- La chiave di Ti- speculazione edi- dal sindaco. Che infatti cresce, si golazione dei suoli. Dappertutto si- rana, di questa lizia impazza gra- estende, coinvolgendo nuovi edifici e gnifica anche sopra e sotto gli edifici pulsante e ancora zie all’assenza di soprattutto nuovi “performer”, scelti esistenti, nei seminterrati diventati traballante po- regole urbanisti- tra artisti e architetti internazionali. negozi, nei balconi diventati bagni, lifonia di periodi che nazionali e lo- nei sottotetti diventati uffici e abita- storici attualizzati cali (ancora oggi Il trionfo della musica turbo-folk zioni. Oppure nel letto del fiume Lana, non ce l’ha ovvia- si può costruire in Una cosa è certa: la sua biografia di ar- il piccolo torrente che attraversa la mente nessuno. È altezza quanto si tista non l’ha aiutato solo nella scelta città e che era scomparso alla vista fi- in mano a energie vuole purché si ri- di dipingere la sua città. È piuttosto la no a quando nel 2000 Edi Rama, il sin- economiche, fi- spetti il perimetro sopravvivenza di un pensiero lonta- daco quarantunenne che un anno fa nanziarie, com- del lotto), i soldi nissimo dalle logiche del discorso po- ha ricevuto il World mayor award, non merciali che in- degli aiuti inter- litico che lega le azioni del sindaco del- ha avviato le prime imponenti opere travedi nel par- nazionali vengo- la capitale ad alcune pratiche dell’e- di demolizione. lottìo delle prime no usati da Rama sperienza artistica contemporanea. file dei comizi non solo per ag- Un modo di pensare laterale, che ope- La casa in mezzo al fiume elettorali, negli giungere, ma so- ra per dirottamenti e deviazioni dal Ma anche oggi che il Lana, rigagnolo happy hours fre- prattutto per to- senso comune per poi cogliere di sor- sopravvalutato, è tornato a scorrere quentati da affari- gliere, per dirada- presa il vero cuore del problema. Che davanti a tutti, bordato da due declivi sti tedeschi, ita- re le concrezioni a Tirana non era (solo) quello di ravvi- di prato svizzero dove capita ancora di liani, francesi, abusive e costrui- vare una scenografia urbana cupa; ma veder pascolare qualche pecora, la nelle mercedes re i nuovi luoghi piuttosto di scardinare la rassegnazio- nuova passeggiata lungo l’acqua è in- blindate e nei pubblici della ne dei cittadini nei confronti dello terrotta. Una casa rosa, diroccata, è re- bodyguards in sti- città. Che lenta- spazio collettivo; di capovolgere l’a- stata in piedi giusto al centro del letto le Armani. Eppu- mente ricomincia patia prodotta da cinque decenni di del fiume. Dentro la casa solitaria abi- re, a distinguere a scoprire le sue regime comunista durante i quali la tano con i loro figli tre sorelle, vedove Tirana dalle altre piazze, i giardini, sfera di ciò che era pubblico corri- di vittime di faide tra famiglie locali, città dei Balcani, il fiume. Senza spondeva al potere di pochi, alla cen- che nessuno ha avuto il coraggio di da molte altre vergognarsi. Sen- sura, alla violenza. Il colore a Tirana spostare. La casa rosa del Lana — sola città europee è za l’ossessione di non è solo una decalcomania da ap- e irriducibile — è qualcosa di più di un forse oggi soprat- nascondere i se- piccicare sui palazzi, ma un vero e pro- edificio abusivo sopravvissuto: è un tutto una presen- gni del passato re- prio codice di comunicazione sociale. monumento involontario allo straor- za particolare: il cente — l’utopia Una specie di virus benigno che ha re- dinario meticciato di tempo e spazio fatto che a guidare negativa e falli- so di colpo evidente sulle facciate del- che Tirana oggi ospita. il Municipio c’è mentare del pe- le case il modo di cambiare della città Nulla infatti, apparentemente, è an- qualcuno che riodo socialista — per centinaia di piccoli interventi in- dato perso. La Tirana contemporanea questa chiave non ma anzi recupe- terni e invisibili. Che ha finalmente e vibrante della moltitudine indivi- pretende e non si FOTO CORBIS randoli a un di- portato fuori, nelle strade, il turbo- dualista, selvaggia, arrogante, sta illude di averla, ma che non rinuncia verso utilizzo. folk di Tirana. dentro, letteralmente dentro, alla Ti- comunque alla sfida di orientare, di In secondo luogo, il giovane sinda- Camminando lungo il Lana, dove rana dei monumenti del regime co- governare le trasformazioni di questa co chiama un gruppo di giovanissimi comincia qua e là a spuntare qualche munista, con le sue piazze immense e nebulosa di cemento. tecnici a dirigere l’ufficio tecnico co- alberello, il sindaco decisionista, at- i grandi viali. Che a sua volta ha inglo- Edi Rama, rieletto sindaco l’anno munale. Come Ariela Kushi, 26 anni, tentissimo alle sfumature, ci raccon- bato pezzi di altri periodi di storia ur- scorso, è oggi uno degli uomini politi- appena laureata all’Accademia di ta il suo nuovo progetto visionario e bana, come il grande quartiere littorio ci più popolari in Albania. Artista, fi- Mendrisio, che dirige l’ufficio del Pia- pragmatico. Quello di costruire tra le dei ministeri costruito dagli italiani glio di un noto scultore, scampato a un no regolatore di Tirana. È lei che con- due sponde del fiume una serie di proprio a ridosso della piazza princi- grave attentato, Rama viveva a Parigi trolla e smista i disegni in arrivo dagli ponti-libreria, ponti pieni di libri, co- pale della città, piazza Skanderbeg. — fuggito come molti suoi concittadi- studi dei progettisti internazionali; struiti con le risorse dei paesi che Fianco a fianco alla Moschea di ni dopo la guerra civile del ‘97. Nel ‘98 che prepara le nuove norme del piano hanno lasciato un segno nella cultura Et’hem Beu, alla torre di Sahat, al Mu- la morte del padre lo aveva richiamato regolatore. Ariela ragiona come un ur- dell’Albania contemporanea. «E vor- seo nazionale costruito dai cinesi e al a Tirana, quando una telefonata del banista svizzero e agisce come un am- rei cominciare proprio con il ponte Palazzo della cultura progettato dagli premier Nano lo convinse ad accetta- ministratore mediterraneo: diagnosi della letteratura italiana, il più im- architetti russi. Tutto in scena, insie- re la carica di Ministro della Cultura. lucide, regole chiare, ma anche una in- portante per noi albanesi e per la no- me, come se la città fosse fatta da pez- «È accaduto subito dopo il funerale, cessante snervante concertazione stra lingua… nonostante l’Italia oggi zi di tempo e non da fette di spazio. una scelta improvvisa, emotiva… se- con gli operatori, i developer, gli archi- sia così lontana…». «Questa piazza è un po’ il nostro al- guita da una notte in bianco accompa- tetti locali. La grande sala dove lavora L’autore è il direttore di “Domus” gnata dal latrare di un gruppo di cani FOTO AFP con i suoi collaboratori è insieme un randagi — era come se la politica, che TORRE E MOSCHEA laboratorio di idee e la promessa di un stava per accogliermi, mi volesse rac- Sopra, il sindaco-artista nuovo codice di comportamento per contare di che pasta fosse fatta…». di Tirana, Edi Rama gli operatori della città. Una sfida a 360 Sta di fatto che, una volta eletto sin- In alto, due simboli gradi, da seguire con grande attenzio- daco nel 2000, Edi Rama si muove della città: la Torre Sahat ne e un po’ di ansia, che può decidere spiazzando tutti: il suo partito, le e la moschea Et’hem Beu il futuro di Tirana. Repubblica Nazionale 34 03/07/2005 DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35 FOTO CATHERINE KARNOW/CORBIS AUTOBUS CINESI Una delle sale di preghiera all’interno della moschea Et’hem Beu. A destra, un vecchio autobus di fabbricazione cinese percorre stracarico le strade del centro di Tirana FOTO PANOS TINTE VIVACI Sopra, vecchie case nel centro di Tirana ritinteggiate con colori vivaci. In basso, mercatino alimentare per le vie della capitale e il Museo nazionale riflesso in una fontana Repubblica Nazionale 35 03/07/2005 FOTO PANOS FOTO AFP 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

L’11 luglio del 1975 un contadino cinese cercando di scavare un pozzo contro la siccità trovò per caso uno dei più famosi reperti archeologici dell’umanità. L’imponente armata adesso è diventata il simbolo dei recenti successi di Pechino: con gli studiosi impegnati a valorizzare il passato, tracciando analogie tra la grandeur degli imperatori e gli attuali trionfi nell’economia globale L’esercito di terracotta

FEDERICO RAMPINI XIAN uando visitate l’armata La nuova carica degli ottomila soldati dei guerrieri di terracotta a Lintong, vicino all’anti- Qca capitale imperiale di compagni, ottomila statue individuali Mao. Fino a quel momento tutte le atti- ne della storia codificata dal materiali- Xian, non disdegnate il di dimensioni imponenti (da 1,75 a due In un clima vità culturali, compresa l’archeologia, smo marxista in versione maoista. Se- negozio che sta vicino alla biglietteria metri di altezza ciascuno, ben più alti erano state soggette al dominio assolu- condo la visione ufficiale imposta dal del museo. Con un po’ di fortuna è lì che del cinese medio). Un esercito magni- di rivalutazione to dell’ideologia di Stato. Come ha ri- partito comunista al mondo accademi- vedrete un ometto gioviale, col volto fico, immenso simbolo pietrificato di cordato l’archeologo Chang Kwang- co, la Cina era passata prima dal perio- rotondo disegnato dalle rughe di un questa civiltà, proporzionato alle di- Cina imperiale chih, «dagli anni Cinquanta fino alla do primitivo allo schiavismo, poi al feu- eterno buonumore. Sta seduto per ore mensioni demografiche della Cina, e della morte di Mao, per gli archeologi in Ci- dalesimo, per approdare infine al capi- vicino al bancone dei souvenir ed è alla sua “profondità” nel tempo. È la na non contavano i fatti, ma la dottri- talismo borghese, secondo una evolu- sempre pronto a regalare sorrisi e auto- possente e misteriosa armata di terra- nessun simbolo na». I cimeli antichi erano considerati zione dei «rapporti di produzione» e dei grafi a chi lo riconosce. Senza farsi pre- cotta di cui si era persa ogni traccia per degni di attenzione solo a patto che conflitti di classe determinata dallo gare si farà fotografare insieme a voi, e due millenni, al punto che la sua de- può eguagliare questo confermassero la rigida interpretazio- «sviluppo delle forze produttive» cioè con l’aiuto di un interprete per la mille- scrizione tramandata dall’anno 100 dalla tecnologia. sima volta racconterà la sua storia. prima di Cristo nelle Memorie storiche I ritrovamenti archeologici serviva- Ascoltatela tutta: lui non è un mito- di Sima Qian, l’Erodoto cinese, era sta- no solo se confermavano quelle tesi mane, né una comparsa pagata per di- ta scambiata per pura fantasia. precostituite. L’amore per le bellezze vertire i turisti. Quel 72enne è proprio L’apparizione delle statue trent’anni dell’antichità invece era una «devia- Yang Zhifa in persona, il contadino che fa ha trasformato il destino di questa zione di destra», una forma di esteti- trent’anni fa si imbatté per caso in una terra. Da povera contrada rurale, Lin- smo decadente messo al bando dalla meraviglia archeologica senza eguali al tong è diventata una delle più popolari rivoluzione proletaria. In quanto al- mondo, portando alla luce la più gran- destinazioni del turismo mondiale. l’interesse per il business turistico, era diosa eredità della Cina antica. Negli itinerari dei viaggi organizzati in del tutto inesistente in un paese che dal «Il fiume Wei — dice Yang — in quel- Cina è una tappa obbligata accanto al- 1949 si era progressivamente isolato, l’estate era quasi a secco. Nel mio vil- la Città proibita e alla Grande muraglia. vedeva con sospetto gli occidentali, e laggio di Xiyang noi contadini eravamo Da Bill Clinton in poi l’hanno visitata viveva nella psicosi dei «complotti im- disperati per la siccità, avevamo ormai tutti i potenti della terra. La città più vi- perialistici». Ma quando Yang partì usato ogni goccia d’acqua disponibile. cina, Xian, trent’anni fa aveva ancora le con la vanga sulla schiena per scavare Con un gruppo di compaesani deci- apparenze esterne di un borgo medie- il suo pozzo ai piedi del monte Lihan, a demmo di scavare un pozzo ai piedi del vale rinchiuso fra le mura imperiali, mille chilometri a nord-est da lì, nei pa- monte Lihan, vicino alle sorgenti del con al centro la moschea e il quartiere lazzi di Pechino, divampava la furiosa Wei. A furia di scavare eravamo arriva- islamico, oggi è una metropoli da nove lotta di potere che avrebbe visto il ti a una profondità di quattro metri, milioni di abitanti che ha sommerso le trionfo del moderato Deng Xiaoping, e quando trovai l’uomo di terracotta. La sue bellezze antiche fra selve di gratta- il progressivo abbandono di tutti i fa- testa, il corpo, le braccia e le gambe era- cieli, shopping mall, catene di hotel natismi della Rivoluzione culturale. no state spezzate. Lo portai fuori dal americani a cinque stelle e lo smog di Da quel momento in poi anche gli ar- pozzo e avvisai le autorità». un traffico impazzito a tutte le ore del cheologi potevano tornare a fare il loro Era l’11 luglio 1975 quando gli ar- giorno. Il detto coniato dai compaesa- mestiere senza timore di essere accu- cheologi cinesi intuirono per la prima ni della contea di Lintong è: «Il presi- sati di «tendenze borghesi». volta di avere a che fare con uno dei più dente Mao ci ha reso liberi, il vecchio Ben presto una nuova direzione po- importanti ritrovamenti nella storia Yang ci ha reso ricchi». litica doveva addirittura esaltare la ri- dell’umanità. Quella statua rotta sco- La scoperta del contadino Yang era scoperta della Cina antica. Via via che perta da Yang era solo la prima vedetta stata fortunata anche per il periodo sto- Deng indirizzava il paese verso l’eco- affiorata in avanscoperta dalle viscere rico in cui venne a cadere. Nel 1975 si nomia di mercato e incoraggiava l’a- della terra. Dietro quella figura di sol- stava esaurendo la Rivoluzione cultu- scesa di una classe di nuovi ricchi, l’i- dato, sotto di lui, c’erano altri ottomila rale, l’anno seguente sarebbe morto deologia maoista veniva sostituita da DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37

I PERSONAGGI Quasi ottomila guerrieri: un vero esercito in terracotta a grandezza naturale, provvisto di armi, carri, cavalli ed armature. È stato ritrovato una mattina del 1975 da un contadino che si accingeva a scavare un pozzo, a pochi chilometri dalla città di Xian. Ogni guerriero è diverso dall’altro, non solo nei tratti somatici ma anche nell’abbigliamento: le statue, eseguite con stampi realizzati a mano, sono perfette in ogni dettaglio, persino nei difetti. L’altezza dei guerrieri varia dal metro e 75 al metro e 97. I soldati sono disposti in formazione da battaglia: ogni squadra è scortata da un carro trainato da quattro cavalli con a bordo guidatore ed arciere FOTO GAMMA

L’ARTE KOLOSSAL mate che, da vivo, furono lo strumento Gli 8000 guerrieri di terracotta dell’egemonia di Shi Huangdi. Da schierati in assetto di guerra morto devono accompagnarlo e pro- sotto una tettoia protettiva, teggerlo nell’aldilà. La scelta di co- nel sito archeologico struire lo sterminato esercito di terra- della città cinese di Xian cotta è l’alternativa “moderna” all’uc- cisione sacrificale dei soldati veri nella un diverso collante sociale: il naziona- capi e vestiti per differenziare i soldati tomba dell’imperatore. lismo. Per i nuovi padroni della Cina, semplici dagli ufficiali e dai generali. A un esame ravvicinato non regge il cioè la nomenklatura comunista con- Oltre al rango si distinguono le funzio- mito dell’umanità del primo impera- vertita al capitalismo, la valorizzazio- ni: gli arcieri in ginocchio, i cavalieri, i tore. Già lo storico Sima Qian, a soli ne del passato è un’impresa strategica. guidatori dei carri. cent’anni dalla morte di Shi Huangdi, Serve a eccitare i sentimenti patriottici L’artefice di questo monumento nelle sue cronache d’epoca racconta del popolo, evocando implicite analo- grandioso è circondato da una venera- che per edificare il mausoleo funebre gie fra la “grandeur” delle dinastie im- zione molto significativa (l’ultimo il sovrano «ha fatto condannare ai la- periali e gli attuali trionfi di Pechino esempio è il film Hero di Zhang Yimou, vori forzati settecentomila uomini do- nelle sfide dell’economia globale. Una che ruota attorno alla sua storia). Se- po averli sottoposti alla pena della ca- prova del nuovo trend è visibile ogni condo la storiografia ufficiale, e nella strazione». Se alla piramide tombale si sera sugli schermi televisivi. Fra le doz- versione che i bambini imparano fin aggiunge l’armata di statue sepolte, gli zine di canali delle tv di Stato, naziona- dalle scuole elementari, Shi Huangdi storici calcolano che i preparativi del- li e regionali, almeno un terzo offrono re dei Qin è il primo sovrano a comple- la morte dell’imperatore hanno occu- regolarmente telefilm storici a puntate tare l’unificazione della Cina soggio- pato per 38 anni tre milioni di cinesi. sulle vicende delle dinastie più impor- gando le sette dinastie rivali nel 221 Alla sua morte, avvenuta nel 210 avan- tanti. avanti Cristo. È quindi presentato ai ci- ti Cristo, la sepoltura simbolica degli L’ultimo esempio è la serie intitolata cotta, del resto, il coevo tumulo funera- nesi come il capostipite della lunga ca- ottomila soldati di terracotta a difesa Il Grande Imperatore Han Wudi, della rio dell’imperatore Qin Shi Huangdi è L’artefice tena di dinastie che assicurano la con- del defunto non evita lo sterminio «di dinastia Han, che visse fra il 140 e l’87 una montagna artificiale che supera in tinuità dell’impero fino all’anno 1911. tutti gli operai e artigiani che avevano prima di Cristo. Un affresco storico po- volume la più grande delle piramidi del monumento A Shi Huangdi sono attribuite tali e lavorato a nascondere i tesori nella polarissimo fra i telespettatori, ormai d’Egitto. tante realizzazioni da farne il padre au- tomba, sepolti vivi insieme all’impe- giunto alla sessantesima puntata. Co- L’armata stessa ha dimensioni im- tentico della Cina, che infatti prende ratore». me recita il lancio pubblicitario, Han pressionanti: è interrata in undici cor- è circondato uno dei suoi nomi antichi dalla dina- Il tratto dominante del regno di Shi Wudi «costruì una nazione dotata di ridoi-trincee lunghi 200 metri ognuno, stia Qin (pronuncia «cin»). È il primo a Huangdi si presta a maliziosi confron- una dignità senza precedenti e diede al su un perimetro che occupa 22.000 da una venerazione collegare tanti pezzi di fortificazioni ti tra epoche diverse, che gli storici ci- suo popolo una fiducia incrollabile». metri quadri. Gli squadroni di fanti co- trasformandoli nella Grande mura- nesi evitano con cura. L’imperatore In questo clima di rivalutazione del- razzati sono preceduti dai carri traina- molto significativa: glia; è l’iniziatore della rete stradale ordinò che fossero distrutti tutti i libri la storia imperiale nessun simbolo può ti da cavalli, coi conducenti che tendo- unificata; è lui che inaugura un’ammi- che non coincidevano con le sue vedu- eguagliare la maestosa potenza degli no le braccia in avanti. 30.000 armi so- Shi Huangdi, nistrazione pubblica con funzionari te. Il confucianesimo che era la filoso- ottomila guerrieri di Xian. Anche se il no l’arsenale dell’esercito: lance, frec- retribuiti dal potere centrale. fia dominante sottolineava la respon- turista alla prima visita può rimanere ce, spade e asce da combattimento. Le Crea un solo standard nazionale per sabilità dell’imperatore verso la sua deluso dall’orrenda tettoia (sembra un statue non sono delle copie di un solo re dei Qin, la lingua, la scrittura, la moneta. Dove gente; insegnava che se il sovrano hangar per jumbo jet) che ricopre l’e- modello. Anche se è azzardata l’affer- c’era il caos impone l’ordine e la stabi- spreme troppe tasse dai sudditi e non sercito di terracotta — una costruzione mazione dei dépliant turistici, secon- è considerato il padre lità, cioè quei valori che la classe diri- governa secondo principi etici il suo che si è resa necessaria per proteggere do cui non ci sono due soldati eguali fra gente attuale tiene in massima consi- regno è effimero e condannato a cade- le statue dalle intemperie e dai furti, e loro (in realtà una delle rivelazioni sto- autentico del Paese derazione. Gli viene perfino ricono- re sotto la ribellione. Shi Huangdi mise per delimitare il perimetro degli scavi e riche dell’esercito di terracotta è pro- sciuto un livello di civiltà eticamente al bando il confucianesimo e chi lo in- dei restauri che continuano a oltranza prio che la Cina di 2.200 anni fa aveva superiore ai suoi predecessori, visto segnava. Per sua volontà 460 intellet- — comunque il primo impatto con già sviluppato forme quasi industriali che gli ottomila guerrieri modellati tuali vennero eliminati insieme alle lo- questa apparizione è sempre emozio- di produzione di massa), è vero tutta- nell’argilla sostituiscono i sacrifici ro opere, in quello che i manuali scola- nante. Nessun altro sovrano al mondo via che gli scultori hanno impresso al- umani in vigore prima di lui. Quell’e- stici definiscono con molta semplicità ha saputo raggiungere la megalomania le statue tanti tratti individuali, e han- sercito infatti ha una funzione rituale e «il rogo dei libri e la sepoltura dei mae- dei cinesi. Vicino all’esercito di terra- no usato una enorme varietà di copri- propiziatoria. Riproduce le forze ar- stri confuciani». DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39 la lettura Si chiamava Alexis von Rosemberg, barone di Redé. Autobiografie Ha traversato il Ventesimo Secolo occupandosi solo della propria eleganza, degli oggetti d’arte da collezione, dei favolosi balli in costume della Cafè Society. Il tutto senza un soldo, da mantenuto di lusso. Ora, a un anno dalla morte, escono le sue corrosive Memoirs Il ‘900 scandaloso dell’ultimo dandy NATALIA ASPESI gnora del bel mondo, in questo caso la duchessa de grande gioia dell’esclusione: come piaceva a Etien- piano di uno dei più bei palazzi barocchi di Parigi, Gramont, che gli aveva presentato l’indispensabile ne de Baumont che faceva circolare in anticipo la l’Hotel Lambert nell’Ile St. Louis, costruito da Louis tavola all’Eliseo, dialogo tra mada- miliardaria, una nipote di John D. Rockefeller. Con voce del suo ricevimento, per assistere al crescere Le Vau nel 1641. Ci aveva vissuto Voltaire con l’a- me Tiberi, moglie del sindaco di Pa- i soldi di lei riuscì finalmente a fondare la sua famo- dell’ansia dei non invitati. Anche l’etichetta andava mante Emilie, Mozart aveva suonato in quella che rigi, e Alexis von Rosemberg, barone sa compagnia di ballo, che alla sua morte nel 1961, rispettata. La mondanissima Maharani di Baroda, era diventata la camera da letto di Alexis, e per anni di Redé: «E lei cosa fa monsieur?». fu rilevata da un pupillo, il giovane cileno Raymun- detta con spregio «La Wally Simpson indiana» fece con l’entusiastico aiuto finanziario di Lopez, la re- «Niente». «Niente? Non c’è nessuno do de Larrain, l’ennesimo irresistibile seduttore di sapere ad Alexis che non avrebbe accettato un suo gale dimora si era riempita di meraviglie. che non faccia niente». «Ma guardi ricchi ambosessi, diventato famoso per aver aiuta- invito se non indirizzato a «Sua Altezza Reale». Il Du- Nel marzo di quest’anno Sotheby’s ha disperso i Ache io sono sempre molto occupato. Non c’è mai to Nureyev a chiedere asilo politico in Francia. Lar- ca di Windsor, debitamente consultato, rispose che frammenti di una vita già incoerente nel secolo abbastanza tempo per non fare nulla». E infatti nel- rain, mietendo ovunque passioni, aveva affascina- la signora non meritava neppure il semplice titolo scorso e che nessuno ormai può o sa più donarsi. la sue Memoirs pubblicate da poco (Dovecote to anche Arturo Lopez, diventando una seria mi- di Sua Altezza. Eppure i 781 lotti sono andati tutti venduti a privati Press, pp. 174, euro 100) il barone, morto a 82 anni naccia per la vita dorata di Alexis. Ma donne rapaci I balli mascherati memorabili di quegli anni, ol- misteriosi, per un totale di 7.126.864 euro. E come nel luglio 2004, racconta quanto lavoro e creatività se lo tenevano stretto: dopo Jacqueline de Ribes, fa- tre a quello Bestegui, li diedero il marchese de Cue- sempre in questi casi di bulimia di oggetti, c’erano e talento richieda non far nulla: o meglio occupar- mosa beauty anni Cinquanta, un’altra doviziosa vas a Biarritz nel ‘53, tema Goya e Velasquez; Marie- pezzi oggi troppo unici per essere sopportabili, co- si solo della propria eleganza, delle meraviglie del- stella mondana, Douce François, voleva a tutti i co- Hélène de Rothschield nel castello di Ferrière nel me il lampadario di bronzo e cristallo Luigi XV ven- la propria dimora, organizzare favolose feste da sti sposarlo. Se ne liberò facendola innamorare, ‘59, tema la Bella Addormentata; e nel ‘71, tema duto a 1.300.000 euro, o la chiffoniere Luigi XVI a ballo in costume. E spendere montagne di denaro inutilmente, del ballerino russo. Poi, nel 1997, a 42 Proust; l’anno dopo Il Surrealismo. Anche il barone 684.000 euro. Però anche molte cose fintamente ro- senza averne di proprio, tanto, nel suo caso, da es- anni, Larrain sposò la vedova Cuevas, ottantenne, de Redè ne inventava di meravigliosi: un intero ca- caille battute a poche centinaia o decine di euro. sere paragonato da Nancy Mitford a un’avida da cui si fece intestare case ed opere d’arte. La si- pitolo delle Memoirs è dedicato al suo Ballo Orien- Struggenti i 47 acquerelli di Serebiakoff (168.000 eu- Pompadour del suo tempo. gnora morì a 88 anni, Larrain tre anni dopo, di Aids. tale, dato nel dicembre del 1969, avendo comincia- ro) che raffigurano il fasto ormai malinconico di La sua è stata una di quelle vite di squisitezza set- Come lo racconta de Redè, il gran mondo in que- to ad organizzare la sua magnificenza esattamente quel famoso Ballo Orientale, tra gli ultimi grandi tecentesca, indifferenti alle mode, agli eventi poli- gli anni spensierati e immemori, non ancora conta- un anno prima. Dal 1949 Alexis abitava al secondo spettacoli di una società svanita. tici, alla guerra, alle tragedie del mondo, una vita giati dalla globalizzazione del cattivo gusto e della forse inutile, in cui contava che i fiori recisi brillas- serialità, consentiva l’esistenza di triangoli e qua- sero sempre di rugiada e che le scarpe fossero sem- drati misti e soprattutto dell’affascinante figura del pre fatte a mano a Londra; in un mondo di nuovi mi- mantenuto bisessuale, oggi del tutto scomparso, liardari venuti da lontano che si accodavano ai re- perché ormai si chiama gay, aspira a fare il comico sti del microcosmo proustiano per avviarlo verso la in televisione e a metter su famiglia con un suo si- cafè society, un mondo oggi del tutto sparito nel- mile, banalmente, come fanno gli altri. l’attuale rumorosa volgarità. Era una specie di ser- Oltre che con la più vorticosa promiscuità, la so- ra dorata ed esclusiva dove le grandi fortune con- cietà opulenta si divertiva ad organizzare balli me- sentivano di non lavorare, di accogliere per capric- morabili in costume, come il più famoso di tutti, il cio artisti e gigolò, di scegliere di vivere tra argenti ricevimento in abiti settecenteschi nella sua dimo- appartenuti a Luigi XIV in saloni di specchi e vellu- ra veneziana, palazzo Labia, dato dal miliardario di ti rossi, dove la voracità per il divertimento colto e origine messicana Don Carlos de Bestegui. Erano intelligente viveva di mot d’esprit fulminanti e an- ancora anni di penuria dopo la fine della guerra, e che crudeli, oggi scaduti a ignobili barzellette. non solo per l’Italia, i grandi ricchi temevano molto Alexis era nato a Zurigo nel 1922, discendente di il comunismo e si chiedevano se valeva la pena di ri- due grandi famiglie austroungariche di banchieri fare le siepi attorno ai loro palazzi secenteschi, col ebrei, in parte convertiti al luteranesimo, lui stesso rischio di perderli. Ma ai balli in costume era im- poi cattolico, per amore. Padre suicida, (anche il possibile rinunciare anche perché consentivano la fratello poi si ucciderà) rovina economi- ca, a 17 anni il bel giovane alto e sottile dai modi raffinati e dalla grande eleganza, che ha avuto come compagni di collegio Ranieri di Monaco e lo Scià di Persia, or- fano, povero e solo, emigra a New York e, tra un lavoretto e l’altro, inizia la sua vita leggera, fatua e lussuosa, amatissimo dalle signore miliardarie che vogliono sempre sposarlo, e dagli uomini miliar- dari che vogliono sempre mantenerlo. A 19 anni è già molto invitato nelle case Guggenheim e Vanderbilt, luoghi che ignorano, è il 1941, la guerra: ed è a un bal- lo che Arturo Lopez gli dichiara il suo amore. Lopez aveva allora 41 anni, il suo patrimonio era immenso, guano e minie- re di stagno in Cile, il paese che aveva la- sciato bambino. La sera dopo quel primo approccio, si ritrovano in un sordido al- berghetto. «Lui era pazzo di me. Io no, ma avevo bisogno di un sostegno e lui poteva BALLERINI darmelo. Credo sia difficile amare una E DUCHESSE persona da cui si dipende finanziaria- Qui accanto, mente. Mi piace definire il nostro rappor- la copertina to come un’amicizia amorosa. Che è du- dell’autobiografia rata sino alla sua morte nel 1962». Omo- di Alexis von sessuale scatenato, così Lopez presenta- Rosemberg. Sopra, va i suoi giovani amanti: «C’est Mada- Alexis con Rudolph me!». Era naturalmente sposato, e Patri- Nureyev a New York cia fu subito ostile ad Alexis, pur dovendo nel 1979. Sotto, adattarsi a un menage a tre. Che non era con la duchessa affatto inconsueto, in una società com- di Windsor nel 1947. plessa che praticava l’esercizio di una lu- A destra, cida e sofisticata libertà ricca di sfumatu- con la cagnetta re, che tutto consentiva, in nome della Blu Blu allo Stork joie de vivre, della bellezza, del piacere. Club di New York Fatua e inoffensiva, intoccata dal mo- ralismo piccolo borghese, riuniva i Wind- sor e Cocteau, la Callas e i principi di Mo- naco, Cole Porter e i Polignac, i Rothschild e Cecil Beaton, la Maxwell e Pompidou, alla continua ricerca del divertimento, che consen- tiva anche spericolatezze e crudeltà. Ecco Cecil Pec- ci-Blunt, nato Blumenthal, che sposa la contessa Mimi Pecci, imparentata con papa Leone XIII, e con lei mette al mondo un mucchio di figli: però perde la testa per Cecil Everey, «un uomo bello ma noioso, famoso per la piccolezza del suo posteriore, che aveva lavorato come domestico dal famigerato Lord Beauchamp». Mimi furibonda, soprattutto per quanto il giovane amante costava, fu da quel momento soprannominata dai suoi spietati amici «La reine des Deux Céciles». Morti i Pecci-Blunt, il rimanente Cecil si sistemò in California con un par- rucchiere di colore, diventando un pessimo pittore. Marie-Laure de Noailles, che possedeva dei Goya, dominava la vita intellettuale e mondana pa- rigina degli anni Cinquanta: «Qualcuno sosteneva che assomigliasse a Luigi XIV». Era innamorata di Alexis e diceva di aver fatto l’amore con lui almeno tre volte, il che «non era del tutto falso». Un giorno chiesero a Marie-Laure se suo marito Charles amasse le donne o gli uomini: risposta, «lui ama i Il racconto di menage a tre o a quattro fiori». A una cena nella sua magnifica villa a Hyères, gli ospiti (c’era anche il compositore Ned Rorem) si annoiavano e Marie-Laure per rianimarli improv- in una società che esaltava una libertà visamente disse: «Ned è il regalo dell’America alla Francia. Tutti vogliamo sodomizzarlo, anche Hen- lucida e sofisticata e che tutto ri». Henri era il maggiordomo che impassibile ri- spose: «È un’idea interessante, ma sono sicuro che consentiva in nome della gioia di vivere, Monsieur Rorem avrebbe da obiettare. Inoltre io non sono di quel genere». della bellezza e del piacere Un altro cileno, il marchese de Cuevas, faceva for- tuna a Parigi, introdotto come sempre da una si- 40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

Il Sannio FilmFest dedica una mostra alla Sartoria Farani, uno dei laboratori di costumi cinematografici e teatrali che definiscono l’eccellenza del made in Italy in questo campo. Un viaggio nella storia dei nostri grandi costumisti e nella sfida tra due scuole di pensiero: quella di chi documenta con scrupolo un’epoca e uno stile e quella di chi preferisce reinventarli costumeFilm in L’arte rigorosa e visionaria di vestire il tempo passato

LEONETTA BENTIVOGLIO costumide I Clowns di Fellini: rigidi e ango- losi, sfrenati nei colori, cubisti o futuristi, brillanti di paillettes rosa caramella, o ar- gentei, col collo in piume di pavone, o con ali farfallesche incollate alle spalle e pronte a spiccare il volo. I poderosi mantelli confe- zionatiI per l’Edipo Redi Pasolini: ruvidi e vasti, con tessitura a trama larga e intrecciata, hanno un’au- ra di forza barbarica. Gli abiti del Casanova felli- niano: messaggeri di un Settecento onirico, carico di velluti, sete e drappeggi, splendente nei corpet- ti femminili foderati di gemme, spumoso nei pol- si di pizzo tinteggiato delle giacche maschili. Appaiono seduttive e inaspettate le creazioni di , costumista eccentrico e geniale, ca- pace di prendersi infinite libertà. Oltre al coraggio di fantasticare sulle acquisizioni della storia, Do- nati aveva l’estro di un pittore. Reinventava il pas- sato, snaturava le certezze della filologia. Amava la- vorare con la Sartoria Farani, uno dei laboratori di costumi cinematografici e teatrali che definiscono l’eccellenza dell’Italia in questo campo, a cui il San- nio FilmFest, manifestazione annuale sul cinema in costume, ospitata dal primo al 9 luglio nel borgo medioevale di Sant’Agata dei Goti, in Campania, dedica una mostra ricca e sorprendente. Ciò che stupisce, nel suo percorso, è la varietà dei materiali, i patchwork pazzi di stoffe, le sontuosità Con Farani ci fu anche e so- non convenzionali. Un anti- prattutto Danilo Donati, un Dagli abiti angolosi e sfrenati nei colori conformismo che è il risultato vero mito nel mondo del cine- di una storia tutta italiana. Al- ma. Spiega lo storico del co- de “I Clowns” di Fellini, ai ruvidi la sartoria fondata a Roma da stume cinematografico Ste- Pietro Faverzani, in arte Fara- fano Masi: «Nelle opere di Do- mantelli ni, nato nel 1922 e morto nel nati e Farani il costume cessa dell’“Edipo re” di Pasolini ‘97, che per vocazione solida e di essere un manufatto sarto- coerente tagliò e cucì abiti per riale, per avvicinarsi all’idea- le scene, cominciando da ra- le di una scultura realizzata gazzo a realizzare vestiti per il addosso all’attore utilizzan- teatro dei burattini, ha attinto do una serie di materiali di cui molto il costume in Italia nel- i tessuti rappresentano sol- l’ultimo quarantennio. Du- tanto una parte. Donati e Fa- rante gli anni Sessanta, grazie rani fanno ricorso alla paglia, alle bizzarrie creative di ci- al legno, a conchiglie di diver- neasti come Pasolini, Fellini e sa foggia e dimensione, a funi Zeffirelli, portatori di una vi- di cuoio e di fibre vegetali, a sionarietà che stravolse i ca- elementi modulari metallici, noni precedenti, il costume ad anelli, a borchie, a lamine; diventa avventura e speri- ma anche a strisce di garza, a mentazione. Ed è in questo reti di corda e a maschere. E periodo generoso di titoli me- anche il tessuto, quando vie- morabili che il classico boz- ne utilizzato, porta le stim- zetto della tradizione viene ri- mate di una visione arcaica e dotto a mera indicazione di magica della società, dichiara partenza: l’esito finale, la con- subito la sua natura di manu- cretezza del prodotto, esige la fatto sfornato da telai primiti- messa a punto di tecniche vi e grossolani, che non han- nuove, o capaci di ricostruire no nulla a che vedere con la modalità antiche. moderna industria tessile». Così, per rispondere alle È questa capacità di spazia- magnifiche follie di quegli au- re nelle forme e nei materiali tori, Farani creò macchine la tendenza del costume mo- per plissettare, telai primitivi derno. Rispetto alle conven- pensati per ridare vita a tessu- zioni sceniche del passato, e ti arcaici, alambicchi per pit- FOTO FARABOLA grazie alle rivoluzioni icono- turare le stoffe. Alle sue invenzioni hanno fatto ri- PAGLIACCI grafiche delle avanguardie del Novecento, dal tea- corso artisti come Ezio Frigerio e Franca Squarcia- E SEDUTTORI tro futurista agli eventi Dada, dai sogni surrealisti pino, Maurizio Balò e Roberto Capucci, o ancora Qui sopra, alle performance della Bauhaus in Germania, ca- Lele Luzzati e Santuzza Calì, due grandi giocatori una scena dal film paci di geniali trasformismi con il corpo umano, d’azzardo della scena, creatori d’incantesimi stra- di Fellini negli ultimi decenni è scaturita una grande e nuo- ni, bestiari colorati e fiabeschi. Santuzza, nel tea- “I Clowns”, va libertà, che ha impresso al “pensiero” del co- tro, ha collaborato anche con Paolo Poli, Tonino del 1971 stume contemporaneo leggerezza e ardimento Conte, Filippo Crivelli, Maurizio Scaparro ed altri. In alto, l’attore fantastico, in base a una verosimiglianza non più Sono sempre densi di memorie pittoriche i suoi Donald veristica, bensì teatrale o cinematografica. costumi, Rembrandt e Dalì, De Chirico e Burri, Sutherland I risultati migliori li ha dati l’Italia, dalle opere però filtrate da una poetica personale, molto rico- protagonista della “maestra” Lila De Nobili, la costumista tea- noscibile, pronta a giocare sensualmente col colo- del “Casanova”, trale di Visconti, fino a quelle dei premi Oscar Mi- re, «perché per me il costume è una cosa colorata altro film diretto lena Canonero, artefice delle magnificenze di che si muove», dice la Calì. «Per questo cerco di fa- da Federico Fellini Barry Lindon, e , collaboratrice re sciabolate di colore che s’intravedono. Se c’è un di Scorsese per L’età dell’innocenza. Superba- rosa, nelle pieghe inserisco un rosso forte; o se c’è mente intrisa di arti visive, e ben radicata nella tra- un nero, gli faccio spuntare da sotto un bel verde. dizione dell’artigianato, la cultura italiana ha sa- È come fare colori che camminano a seconda del puto sempre produrre costumisti prodigiosi, fer-

Repubblica Nazionale 40 03/07/2005 modo in cui batte la luce». tili a dispetto delle varie crisi. E a tutt’oggi, nono- DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41

GRECIA ANTICA E SETTECENTO Sopra, costumi di Danilo Donati L’Oscar Gabriella Pescucci per il “Casanova” di Fellini Sotto, abiti “La mia passione di Santuzza Calì per “Le Troiane”, regia di Conte per i registi matti” In basso, ancora un lavoro stata lei a creare il saio austero di Sean di Danilo Donati Connery ne Il nome della rosa, a disegna- per l’“Edipo re” Ère i raffinati completi della Deneuve in In- di Pasolini docina, a fasciare in abiti da sogno Elizabeth McGovern in C’era una volta in America, a sce- gliere il rosso fuoco per la vestaglia di Michelle Pfeiffer ne L’età dell’innocenza. Ed è proprio per questo film che Gabriella Pescucci meritò un Oscar, nel ‘93. Ha lavorato sempre coi più grandi: Visconti, Scola, Bolognini, Risi, Leone, Rosi, Fellini, Scorsese. Forse questa bella signora toscana, tempra tenace e comunicativa, oltre che costumista di successo, molto richiesta oltreconfine, che si è diplomata all’Accade- mia delle Belle Arti di Firenze e che dice di dovere tutto a , può spiegare perché gli italiani sono tanto bravi nel suo campo: «Io credo che sia per via del nostro straordinario FOTO FRATURLON artigianato. La tradizione ita- stante un mercato nazionale sempre più asfittico, L’OSCAR ’93 liana, in questo settore, ha ra- soprattutto per il cinema, quella del costume è Gabriella Pescucci, dici lunghe e profonde nei se- una creatività che non tramonta. Tra le più giova- premio Oscar 1993 coli. Quando lavoro in Ameri- ni generazioni spicca Francesca Sartori, che ha la- per i costumi ca e mostro ai registi campioni vorato con Olmi per Il mestiere delle armi e per del film “L’età di pelle e di stoffe ricamate, Cantando dietro i paraventi. dell’innocenza” non riescono a capire come in All’interno della tendenza inventiva che carat- Italia si possano ancora realiz- terizza le epoche recenti, sembrano dominare zare certe meraviglie. In questo periodo sto la- due scuole di pensiero. Una è quella più puntua- vorando con Robert Zemeckis per il suo nuovo le e viscontiana, che aspira alla perfezione, e che film, Beowulf, dedicato al mito di un eroe da- della filologia vuole fare un’arte e una poesia. È il nese del quinto secolo dopo Cristo in lotta con- filone incarnato da Piero Tosi, costumista leg- tro un drago. Ci siamo incontrati a Londra e gli gendario del cinema italiano, collaboratore di De ho fatto vedere, oltre ai disegni e ai bozzetti, Sica, Visconti, Bolognini, Monicelli. L’altra è campioni di ricami per i costumi. Non poteva quella di Donati: colui che si dilettava a ri-creare credere che si riuscisse a fare a mano un tale la- un’epoca e uno stile, più che a inseguirne una do- voro. Il cinema americano è esperto di compu- cumentazione ideale. Il regista Giancarlo Cobel- ter e nuove tecnologie, ma ha perso il rapporto li sintetizza così le differenze tra i due approcci: con la manualità. Noi italiani siamo portatori «Tosi è la realtà, è cercare di ricostruire ciò che di questa sapienza». era, così com’era. Donati aveva un filtro. Lui sa- In Italia, ormai, la Pescucci lavora poco, «e peva com’erano le cose, ma l’idea di rifarle filo- non certo perché manchino bravi registi tra gli logicamente gli stava stretta. Perciò le snaturava, italiani, ma perché oggi, nella nostra cinema- le delirava». tografia, c’è spazio solo per piccoli film con- Se Farani è stato il centro del lavoro di Donati, temporanei, di idee e non di soldi, e i giovani ci- Tirelli, laboratorio privilegiato del costume in neasti cercano collaboratori della loro stessa Italia, il più glorioso e celebre nel mondo, è stato generazione. Il che è per me molto triste». il luogo di riferimento di Piero Tosi. Amico e com- Ciò nonostante Gabriella continua a sen- plice di artisti come Callas e Visconti, Pasolini e tirsi italiana «in tutti i sensi. Perché conside- Zurlini, Bolognini e Cavani, realizzatore di co- ro Tosi il mio maestro di vita e di lavoro, per- stumi su disegni di personaggi come Gae Aulen- ché qui sono le mie radici e la mia cultura, ti e Vera Marzot, Giacomo Manzù e Pier Luigi Piz- L’ESPOSIZIONE perché tra i miei incontri più importanti c’è zi, fu Umberto Tirelli a realizzare un corsetto per Nella cornice del Sannio stato Umberto Tirelli, perché le mie origini, Claudia Cardinale che arrivò a piagarla, a mini- FilmFest, il festival del film le mie basi, la mia esperienza nascono dal mizzare le imbarazzanti rotondità di Liz Taylor, in costume che si tiene dal grande cinema italiano». a confezionare un bustino soffocante, perché so- primo al 9 luglio a Sant’Agata Di recente ha collaborato con Tim Burton stenuto da una filologica armatura di stecche, dei Goti (Benevento), sono per Charlie and the Chocolat Factory e con per una Romy Schneider all’apice del suo splen- esposti più di cinquanta Terry Gilliam per I Fratelli Grimm: «Due registi dore. Oggi la sartoria Tirelli, gestita da Dino Trap- costumi autentici provenienti matti che amo molto. Tra i film per cui ho fatto petti, continua a offrire il suo patrimonio di espe- dalla sartoria Farani di Luigi i costumi, quello che prediligo, oltre a C’era una rienza ai massimi costumisti del nostro tempo, Piccolo, raccolti nella mostra volta in America di Leone, è proprio un film di come la Pescucci e come Maurizio Millenotti, “Buon Costume. La sartoria Gilliam, Il barone di Münchhausen. La verità è collaboratore di Fellini (E la nave va, La voce del- Farani ieri, oggi, domani”. che sono sempre stata attratta dalla follia, for- la luna), Zeffirelli (Amleto), Tornatore (La leg- La mostra è realizzata se perché ho i piedi molto per terra. Il mio sen- genda del pianista sull’oceano) e Gibson (La pas- in collaborazione so dell’ordine e la mia saggezza sembrano at- sione), il quale dice: «È vero che nel costume si con l’Associazione Culturale trarre i registi più folli, come Gilliam appunto». tende a contrapporre due filoni: Tosi come ricer- Daap delle Arti Applicate, Anche la Pescucci riconosce due filoni di ca della verità, dell’attendibilità storica e filolo- ed è allestita nella chiesa estetica tra i costumisti: quello più creativo, “al- gica, e Donati come tuffo nella libertà inventiva. di San Francesco. la” Danilo Donati, e quello più filologico, “alla” Ma la realtà è più complessa di così, più sfumata. Le foto dei costumi Piero Tosi. «Io, per ragioni di stima e di affetto, La filologia di Tosi è magica e fantastica, perché pubblicate in queste pagine mi metto senz’altro dalla parte di Tosi, ossia nel non c’è grande filologia senza estro e ricerca ori- sono tratte dal catalogo filone orientato alla ricerca della fedeltà stori- ginale. Non solo: ricreare un costume così “tra I vestimenti”, ca. Però confesso che con la maturità mi diver- com’era, già di per sé rappresenta un’invenzio- edizioni Electa to a prendermi la libertà di fare degli errori». ne. E poi basta rivedere la Medea di Pasolini per (l.b.) capire quanta inventiva ha sempre animato il la-

Repubblica Nazionale 41 03/07/2005 voro di Piero Tosi». 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

i sapori Dalle classiche ricette in gelatina alle zuppe vegetali, Menu anti-afa dall’insalata di pasta o di riso, ai semplicissimi prosciutto- melone e caprese: in tavola trionfano le degustazioni veloci dal gusto mediterraneo. Attenzione però alla preparazione “a temperatura ambiente”: vietate le lunghe permanenze in frigo e l’eccesso di ingredienti che confondono i profumi Piatti freddi Il pranzo è servito senza mettersi ai fornelli

LICIA GRANELLO

a caldo, caldo, caldo. È ora di andare a tavola. La sola idea di met- tervi ai fornelli vi uccide. Cosa mangereste? Qualcosa di fresco, leg- gero, appetitoso. Non impegnativo ma gustoso. Ci mancherebbe di dover aggiungere punizione a punizione: il caldo e una cena in- sapore, dietetica e deprimente. La grande famiglia dei piatti freddi è direttamente proporzio- Fnale alla colonnina del termometro: aumenta di numero e gradimento in- sieme ai gradi, assecondando l’esigenza di nutrire e mantenere la tem- peratura del corpo in limiti accettabili. A patto che siano freschi e non superfreddi, ma questo vale soprattutto per le bevande: se la be- vanda ghiacciata fa malissimo ma può attrarre, un pomodoro ri- pieno irrigidito dal freddo è insopportabile quanto una tazza di brodo bollente. Del resto, il concetto di freddo applicato alla cucina d’e- state è davvero elastico: si va dai cibi che igiene e prepa- razione esigono consumati rapidamente dopo essere stati sfilati dal ripiano del frigo — carni, pesci, uova — a quelli che freddi non sono per nulla, anzi, al con- trario vanno gustati appena spadellati, come un fritto di piccola paranza o una casseruola di mou- les et frites, le mitiche cozze con patatine della tra- dizione culinaria francofona. Se i fritti, certi fritti, sono una golosa eccezione, la regola è ben altra: difficile spingersi sotto la per- cezione di “temperatura ambiente”, che in altri momenti dell’anno definiremmo tiepida. È il ca- so di zuppe e creme vegetali, del couscous, dei timballi di pasta e riso, che serviti freddi perde- rebbero gran parte di gusto e profumo. Se pensiamo a una piramide di golosità estive, eretta secondo temperatura, questi sono i piatti che costituiscono la base. Appena sopra, insalate e frittate. Da gustare fresche ma non fredde: non ce n’è bisogno. Che siano di pasta o riso (meglio se integrale, rosso, nero, di cottura dop- piamente lunga, ma nettamente più sano e gustoso), son- tuose come la Nizzarda e la Caesar — impreziosite da ton- no acciughe, uova pollo e molto altro — o stupendi assem- blaggi di foglie — come nella gloriosa misticanza — il fuori- frigo di un’ora è fortemente consigliato. In quanto alle frittate fredde, la digeribilità è pari alla temperatura di servizio. Poi ci sono i piatti che esigono il brivido, pena lo smarrimento della loro identità. All’inizio, fu prosciutto e melone, tappabuchi di milioni di cene estive. Goloso e invitante, a patto che il prosciutto sia morbido, non salato, e che il melone sia maturo al punto giusto (co- me se fosse facile…). Più complessi e seducenti gli aspic, ovvero quel trionfo di ogniben- didio in gelatina che rende opulente le vetrine estive di salumerie e piz- zicagnoli. Prìncipi indiscussi della gastronomia fredda per molti anni, oggi vivono un momento di stanca, colpa forse di gelatine sempre più in- sapori. A seguire, gran parte degli antipasti che riempiono i ricettari, tra- sformati dalla calura estiva in veri e propri menu a sé stanti, vuoi per le por- zioni ridotte, vuoi per l’alto tasso di sfiziosità. Su tutti, regna incontrastata la gastronomia piemontese, che ha eletto a piat- ti-culto estivi i suoi tradizionali hors d’oeuvredi tutto l’anno, dall’insalata russa al vitello tonnato, passando per acciughe al verde, tomini elettrici (salsina pic- cante), insalata di carne cruda. E l’Albese, ovvero la madre di tutti i carpacci: la carne (girello) di vitello tagliata sottilissima al momento, e al momento condita con olio, limone (poco), sale e scagliette di parmigiano (ma anche ovuli o tartufo bianco, per chi se lo può permettere). In realtà, oggi si definisce carpaccio tutto quanto si può affettare sottile, dal- l’ananas al pesce — oggi gettonatissimo — non sempre con risultati entusia- smanti. Quasi sempre, il carpaccio è marinato, ovvero sottoposto a una sorta di cottura a freddo, con limone (o aceto). Il guaio è che, se non attentamente do- sato, insieme alla carica batterica il limone azzera anche il gusto, così da rende- re tristemente simili pesce spada e alici, tonno e branzino. Per fortuna, la mozzarella di bufala, quella vera, non si lascia strapazzare dal coltello, se non a fette ampie, spesse, lente. Appoggiatele su altrettante fette di pomodoro di Sorrento (avete presente i “cuori di bue” a costole grosse, rossi di sole, carnosi come una bistecca chianina?). Se proprio non resistete, spargete qua e là qualche fogliolina di basilico. Niente olio e niente sale, please: la capre- se doc non ammette divagazioni.

Aspic Carpacci Marinature Vantano moltissime Il più celebre – la carne La tecnica utilizzata varietà – uova, crostacei, all’albese, spolverata per aromatizzare pollo, prosciutto, frutta – con tartufo bianco – o ammorbidire carni e un ingrediente è alla base della cucina e pesci prima di metterli in comune, la gelatina, storica piemontese in pentola, è diventata un tempo fatta in modo Si consuma crudo una modalità di “cottura artigianale con carne o scottato in forno, a freddo” per il pesce o pesce oggi prodotta solo arricchito con verdure crudo, grazie all’utilizzo

Repubblica Nazionale 42 03/07/2005 quasi industrialmente crude e parmigiano di limone, aceto, zenzero DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43 itinerari Alba (Cn) Venezia Portonovo (An) Nella capitale delle Langhe, Lontano dai percorsi Il gioiello della riviera terramadre dei piatti-culto turistici, esiste del Conero, gourmand piemontesi, in estate una Venezia con un suo tra la cucina di terra — l’incredibile varietà itinerario goloso, l’andar olive all’ascolana, di stuzzichini della cucina per bàcari, le osterie della pizza al formaggio — tradizionale si trasforma tradizione. Dove bere e di mare, protagonisti in menù di assaggi golosi un’ombra (bicchiere) i “moscioli” (cozze), a tutto pasto, tra i quali di vino e gustare i cicheti protetti da un presidio l’insalata russa e il vitello tonnato (stuzzichini), a cominciare dalle sarde in saor Slow Food, alla marinara o ripieni

DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE VILLA LA MERIDIANA AGRITURISMO LE GARZETTE HOTEL EMILIA Località Altavilla 9 Lungomare Alberoni 32, frazione Malamocco Poggio di Portonovo Tel. 0173-440112 Tel. 041-731078 Tel. 071-801145 Camera doppia da 85 euro, colazione inclusa Camera doppia da 80 euro, colazione inclusa Camera doppia da 110 euro, colazione compresa

DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE OSTERIA DELL’ARCO ANICE STELLATO IL CLANDESTINO Piazza Savona 5 Cannaregio 3272 Località Baia di Portonovo Tel. 0173-363974 Tel. 041-720744 Tel. 071-801422 Chiuso domenica e lunedì, menù da 22 euro Chiuso lunedì e martedì, menù da 35 euro Chiude quando piove, menù da 40 euro

DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE LA BOTTEGA DEL VICOLETTO GASTRONOMIA ALIANI LO SCOGLIO Via Bertero 6 Ruga Alto - San Polo 654 Piazza Brodolini 4 - Sirolo Tel. 0173- 363196 Tel. 041- 5224913 Tel. 071-736077

Chef Giancarlo Morelli Chef Oliver Glowig Chef patron di uno Talentuoso e tra gli approdi modesto, sposato con più golosi della una caprese doc , Brianza, l’Osteria è nato a Beckendorf, del Pomiroeu, in Germania, ama contaminare con i prodotti e da 5 anni dirige “L’Olivo” del Capri di nicchia della gastronomia lombarda Palace Hotel, unendo la tecnica la cucina d’autore. Come nel caso acquisita in anni di cucina internazionale della zuppa fredda andalusa e le materie prime campane GAZPACHO DELL’OSTERIA FILETTO DI BRANZINO MARINATO CON GELATO DI ROBIOLINA AL SESAMO CON SALSA AL RAFANO 1 kg pomodori, 300 gr. peperoni rossi e gialli Per marinare 1 kg di pesce: spellati, 150 gr. cetriolo sbucciato, 4 fette 120 gr. zucchero di canna, 110 gr. sale pancarrè, 1 cucchiaio aceto di vino, olio marino, 10 gr. alloro, 10 gr. timo extravergine. Per il gelato: 500 gr. robiola Guarnitura: semi di sesamo bianco e nero, fresca della Valcuvia, 100 gr. panna fresca, insalata riccia, 10 gr. polvere di rafano verde, 10 gr. zucchero, 1 pizzico sale 1 cucchiaio yogurt magro di bufala, * Frullare gli ingredienti del gazpacho, 1 cucchiaio acqua montando con un filo d’olio * Tritare gli ingredienti della marinatura * Aggiustare di sale e far riposare in frigorifero * Mettere in crosta il branzino per un’ora per almeno tre ore * Mischiare il rafano con acqua e yogurt * Frullare gli ingredienti del gelato * Togliere la crosta e tagliare il branzino e mantecare in gelatiera a fette molto fini * Servire in una terrina con una pallina di * Servire con l’insalata condita con olio gelato extravergine e limone * Guarnire con piccole quantità degli * Decorare con il sesamo leggermente ingredienti tagliate a cubettini e un filo d’olio tostato e la salsa in gocce

Primi in insalata Zuppe d’estate L’applicazione estiva Le più semplici – della cucina di recupero in minuscoli pezzi o scatena la fantasia frullate – sono a base culinaria negli ingredienti di verdure di stagione: Verdure, formaggi, uova, zucchine, piselli, legumi, frutta fresca e secca pomodori,condite con a tocchetti, vengono extravergine. Gli chef aggiunti a basi fredde le arricchiscono con pesci

Repubblica Nazionale 43 03/07/2005 di riso, pasta, cous cous e crostacei crudi o cotti 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005

le tendenze Tra l’ansia della crisi economica e la stanchezza Arredare d’estate di un anno di lavoro, cresce l’esigenza di rilassarsi. E il design la asseconda con sedute dalle linee sempre più allungate. Sino ad arrivare a soluzioni hi-tech estreme o al lettino che, nato per la spiaggia, ha già trovato posto nel salotto delle nostre case Sdraio Una trasformazione di successo AURELIO MAGISTÀ ci di mangiare, pensare, chiacchierare, amoreggiare o anche solo semplicemente impigrire sempre ben allungati. Antiche bbiamo tutti bisogno di una vita più distesa. abitudini naturalmente riviste e corrette alla luce del new en- Anche in questi anni di crisi arriva il tempo del- tertainment design, la progettazione dei locali (e dei relativi le vacanze, quando l’ansia del ciclo epocale arredi) dedicati al tempo libero, disciplina cui, per esempio, (crisi economica, guerre, tensioni internazio- si sta dedicando con passione Gianpietro Sacchi, docente di nali) e ciclo stagionale (stress da superlavoro, design industriale al Politecnico di Milano, che ha recente- caldo insopportabile) vengono a sovrapporsi, Nico Orengo mente rilevato il declino della discoteca a favore di locali e am- Arotolando con maggior inerzia verso la conclusione: l’unica bienti più rilassati, spesso legati al mangiare e al bere, come salvezza è rilassarsi. E il relax, tra gli oggetti amici di cui ci cir- La stoffa‘‘ si è consumata/ gli etnobar, gli art-café e appunto i lounge bar. condiamo per rendere meno astiosa la fatica di vivere, è rap- Il vento del cambiamento, naturalmente, ha investito an- presentato alla perfezione proprio dalla sedia a sdraio, dove la vernice è screpolata/ che l’umile, amatissima sdraio. Quella tradizionale, in legno il poeta malinconico potrà meriggiare pallido e assorto as- naturale, vestita alla marinara - tela a grandi righe bianche semblando distici, e l’impiegato indulgere cercando le paro- quest’estate scricchiola/ e blu - sussiste solo come archetipo, ascetico esercizio di no- le del cruciverba sulla linea dell’orizzonte marino. Sdraio e stalgia. Anche al mare la sdraio finisce sempre più spesso per sdraiarsi infatti dettano legge. Al Salone del mobile di Milano, un po’, ma resiste ancora seguire due percorsi evolutivi ben distinti. Il primo, in linea ad aprile, designer puristi e saggi dell’ergonomia mormora- con l’imperativo categorico del relax estremo, la vede tra- vano scandalizzati osservando divani e poltrone dalla seduta al sedere/ sformarsi in lettino con parasole, sovente incorniciato in ga- sempre più profonda, al punto che adagiarvisi appoggiando zebo o stagliato su candidi svolazzi di tende e veli. Il secon- la schiena costringe ad allungarsi supini, ad allargare l’ango- che si lascia cadere do, tentato dall’onirismo di certo design, la porta verso so- lo gambe-busto pericolosamente verso i 180 gradi. Eppure luzioni hi-tech che la fanno somigliare a creazioni del re di così ormai stanno seduti i giovani, ovvero stravaccati, e pro- da SPIAGGIA, SDRAIO ponti Santiago Calatrava. Intorno, un proliferar di poltron- prio così si spiega il febbrile successo dei loungebar anche nel E SOLLEONE cine estensibili, sedie allungabili, lettini con elementi ag- più remoto angolo d’Italia, come conferma l’Eurisko, che in- Einaudi gettanti ed estraibili certamente destinati a offrire conforto dica appunto i lounge bar tra i luoghi di riferimento per uno al corpo e alla mente degli italiani provati dai tempi duri, ai studio della night life di cui sta per diffondere i primi risulta- cui occhi la vacanza si trasfigura nella panacea per tutti i ma- ti. L’Italia si distende, e in fondo non fa che riscoprire antiche li. E mentre li osserviamo distendersi per trovare pace, vie- abitudini della vecchia Europa, dove i musei sono ancora ne da pensare che in fondo la sdraio si candida ad alternati- zeppi di triclini, canapé, chaise longues, dormeuses, pouff va: il sostituto meno invadente, più sorridente, del cupo let- sempre più grandi e altri arredi tutti inventati per consentir- tino da psicanalista.

ANTICA COMODITÀ Cotone color avorio RUOTE ZINGARE Le comode ruote facilitano e ferro battuto, gli spostamenti della chaise materiali antichi longue Kare Free di Sifas per la poltroncina e il poggiapiedi Relaxia di Cantori

L’elogio del designer Bruno Munari “Con la tela inutilmente decorata” Tratto dal libro di Bruno Munari “Da cosa nasce cosa, appunti per una metodologia progettuale” (Editori Laterza), vi proponiamo una riflessio- ne sulla sdraio del grande designer, pittore, sperimentatore di nuove for- me d’arte scomparso nel 1998. Autore ignoto Legno naturale e tela Tecnica: listelli assemblati a incastro e snodo Costo limitato Uso dichiarato: sedia a sdraio da riposo L’estetica è quella della logica progettuale del minimo costo e della VESTITO RIGATO massima funzionalità. L’unica decorazione possibile è nel colore della Ecco la sdraio tela, in tinta unita o a righe. Per la sua essenzialità vale per tutti. I ricchi messa in riga, se la fanno fare di mogano laccato con la tela decorata (inutilmente) da come in origine, un famoso pittore alla moda. Costa naturalmente molto di più, ma la ma rivisitata da Sia funzione resta quella della sedia a costo limitato. Con poggiatesta Precedenti: le vecchie sdraio avevano la tela attaccata ai legni orizzonta- VENERE ROBUSTA li con una serie di chiodini. Ogni volta che si doveva lavare o cambiare la te- Venus è una poltroncina la bisognava togliere i chiodi e poi rimetterli per fissare la nuova tela. robusta, con grande Osservazioni: si potrebbe migliorare la funzione mettendo una tela spirito d’adattamento leggermente elastica. In tela e legno Di Unopiù

ESSENZIALE IN ROSSO Pensata da Rodolfo Dordoni, la chaise longue Serralunga Time Out fa trionfare l’essenziale

LETTINO SUPEREFFICIENTE Lettino a doghe con struttura in metallo, ruote e tavolino:

Repubblica Nazionale 44 03/07/2005 essenza della funzione. Di Tribu DOMENICA 3 LUGLIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 45

La sdraio esalta lo sguardo e ci fa spettatori Il compromesso geniale della “sedia lunga”

MICHELE SERRA

l nome della sedia a sdraio, in italiano, è sbagliato. Sulla sdraio non ci si sdraia, la testa e le spalle, benché comoda- Imente adagiate, rimangono sollevate quel tanto che basta a osservare il paesaggio e a rimanere in società con i vicini. Meglio in francese, chaise longue, sedia lunga: sulla sdraio ci si allunga da seduti e ci si siede da allungati, è un geniale compromesso tra l’angolo retto e l’angolo piatto, tra l’addio al mondo dei completamente sdraiati e lo stato vigile dei compiutamente seduti, è un’orizzontalità imperfetta e com- promissoria, un tre quarti di requie e un quarto di stato vigi- le al quale corrisponde quel pisolare leggero, mai del tutto assente, che solo la sdraio consente. Geniale nella sua semplicità strutturale, pieghevole, tra- sportabile con una sola mano, è una specie di pietra filosofale GRACE KELLY E CARY GRANT IN UNA SCENA DEL FILM “CACCIA AL LADRO” 1954/FOTO CORBIS (se la funzionalità è oro) del design di tutte le epoche, insupe- rata nella sua linea leggera e asciutta, una parentesi inclinata. Al mare, la scelta tra sdraio e lettino è decisiva. Chi sceglie il secondo decide di ritagliarsi, nella folla seminuda e vo- ciante, un minuscolo appezzamento isolato, nel quale simu- lare a occhi chiusi, o leggendo, l’assenza. La sdraio denuncia invece un desiderio di presenza (o una rassegnazione all’i- nevitabilità della compresenza), e se per esempio dovete chiedere a qualcuno del fuoco per la sigaretta, o interpellar- lo per qualunque altra ragione, sarà quasi sempre alla perso- na della sdraio, non a quella del lettino, che vi parrà più na- turale rivolgervi. Dalla sdraio, grazie al grado di inclinazione, il punto di vi- sta è quasi perfetto: la sdraio fa l’uomo spettatore. Se gli om- brelloni non sono troppo fitti (come accade, purtroppo, or- mai in molti lidi, specie in Liguria), e se il sole non è orienta- to sfavorevolmente, lo sguardo punta al mare, ed è capace di imbambolarsi per delle mezze ore attorno a una vela o a uno scoglio. Mentre il resto del corpo, grazie alla sdraio, si fa di- menticare, lo sguardo, grazie alla sdraio, rimane unico pa- drone della mente, valuta il mutare della luce, gli scherzi del riverbero, i corpi altrui, i giochi di spiaggia, con brevi inter- valli dovuti alla calata spontanea delle palpebre, a sonnellini intermittenti e paciosi come quelli dei cani. Simbolo trionfante dell’ozio (che non è un vuoto, si sa: è uno degli stati più pienamente gratificanti della vita umana) la sdraio aperta ha per malinconico contrappasso la sdraio ri- piegata, a sera, e appoggiata all’ombrellone, presagio del lun- go buio invernale, quando le sdraio vengono impilate a cen- tinaia nei muffiti depositi degli stabilimenti balneari. Dev’es- sere soprattutto per questo, per contraddire la gestione mili- tarizzata del tempo umano che abbiamo ereditato dell’età dell’industria, che le sdraio si stanno diffondendo, postindu- strialmente, anche nelle case, sui terrazzi e pure negli inter- ni: per poterle aprire ovunque e in qualunque momento, an- che al di fuori del breve interludio consacrato all’ozio estivo, e aprendole festeggiare la possibilità di inclinare il proprio corpo a piacimento, fino ai tre quarti canonici e anche più giù. Esistono sdraio reclinabili e quasi a dondolo, ormai, per ruo- tare a proprio piacere sull’asse cangiante del benessere. La televisione o la faccia dei conviventi e degli amici sostituisce il mare, se non degnamente, decentemente.

ACACIA E PLASTICA La sdraio Bromno di Ikea è in legno d’acacia e ha seduta e schienale in plastica

COLORI BASIC I colori della sdraio Bahama D-Cube sono basici: verde mela, bianco, arancio e azzurro

C’É L’ESTRAIBILE Il poggiapiedi estraibile trasforma la poltroncina Guinea in lettino Di Foppapedretti

OPZIONE PARASOLE Reclinabile, impilabile, con braccioli e parasole opzionale, il lettino Nardi ha la struttura in resina

ATTRAZIONE RIMINI Un nome, un destino: la sdraio di Velmo, in teak e cotone ecru, si chiama Rimini, che delle sdraio

Repubblica Nazionale 45 03/07/2005 è il luogo d’attrazione fatale 46 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 3 LUGLIO 2005 l’incontro Cantanti di culto Lo vogliono alla Carnegie Hall di Manhattan, al Kodak Theatre di Los Angeles, nei grandi casinò di Las Vegas. Ma lui è pigro, in aereo soffre di claustrofobia e preferisce restare nella campagna di Asti con il suo pianoforte a inventare canzoni, a cercarne il profumo, a inseguirle con tanto più gusto Paolo Conte quanto più si fanno desiderare “perché la musica è femmina”, a dare vita a una gabbia di suoni e di poesia

GIUSEPPE VIDETTI a fiori. Rose dappertutto, persino sugli guaggio ampolloso, forzato, rime mal classifica. «Ne ho viste di tutti i colori. tutti, Distretto di polizia, Montalbano, interruttori della luce. «Io qui sto be- congegnate. Negli anni Sessanta ci fu Mi facevano molta simpatia i cantanti Don Matteo, Carabinieri. Ma il top ri- ne», dice Conte, che è a Bologna per una rinascita di valori poetici, che in di allora. Mi ricordo l’Equipe 84, Mau- mane La squadra con Tony Speran- BOLOGNA provare alcune nuove canzoni che ese- Francia c’era ormai da tempo, Bras- rizio Vandelli che arrivava con la Rolls deo. Istintivamente invece, ancora guirà nel tour estivo in giro per l’Euro- sens, e prima ancora i testi della Piaf. e Alfio Cantarella con la Ferrari. Era un prima che partissero, ho rifiutato in l disegnatore Bill Griffith, quello pa; unica serata italiana all’Arena di Tutto questo si esaltava nella qualità mondo che io cercavo di capire. Senti- blocco tutti i reality show. Non li reggo. di “Zippy”, che gli ha voluto fare Verona, il 26 luglio. Un evento che interpretativa di voci non perfette, ma vo che quegli artisti avevano potere e Se riescono a mettere in piedi qualco- un ritratto, ha colto perfetta- verrà registrato per un cd e un dvd di uniche». delle grandi potenzialità, anche se sa come Music farm, la crisi del disco mente la sua maschera: le ru- prossima pubblicazione. «Non mi Si parla delle canzoni del dopoguer- molti di loro erano dei bravi “ricopia- deve esserci davvero». Ighe, i baffi, gli occhi buoni, lo sguardo piacciono gli alberghi della new eco- ra, influenzate dallo swing, con i testi un tori” di cose straniere. Ma siccome io Paolo Conte ha una bella casa in di chi ne ha viste di tutti i colori ma na- nomy, quelli dove in camera si entra po’ appesantiti dal quel senso di diso- non avevo sentito gli originali, perché città, ad Asti, «con la veranda che è il sconde tutto dietro un broncio bona- con la scheda magnetica. L’alberghet- rientamento che l’Italia della ricostru- ascoltavo solo jazz, non avevo notizie mio angolo speciale». Da qualche an- rio. Griffith è uno dei tanti ammiratori to, invece, mi dà sicurezza. Scelgo zione stava attraversando. Come Per- precise di quel che avveniva in Ameri- no, però, preferisce la campagna, a americani di Paolo Conte. C’era anche quelli che hanno un gusto di casa, vec- duto amore... Conte fa corna e scongiu- ca o in Inghilterra, quindi mi sembra- dieci chilometri dal centro. «Per me Vincent Gallo al suo concerto a chio stile, con delle visibili vestigia del ri. «Forse lei non lo sa, ma ci sono can- vano tutti dei geni, degli innovatori. ogni angolo è buono per inventare una Broadway, nel prezioso Supper Club, passato, come quelle due colonnine di zoni che non vanno nominate». Perché, Poi, a un certo punto, mi accorsi che canzone, basta che ci sia un pianofor- quando «l’avvocato» tornò a Manhat- marmo lì accanto all’ascensore, ve- portano jella? «Sì, e io sono assai super- stavo scrivendo in una maniera meno te. I libri di giurisprudenza, per affetto, tan dopo il sold out al Blue Note. A que- de?». Il cartello «vietato fumare» è l’u- stizioso». Più del gatto nero? «No, quel- esportabile, canzoni che non avrei po- li ho ancora tutti, ma non li apro mai. sto punto, la Carnegie Hall gli spette- nico richiamo al presente. «Io per for- lo invece mi sta simpatico. Ma nel no- tuto facilmente mettere in mano ad al- Non ho rimpianti dal punto di vista rebbe di diritto. «Invece sono io che li tuna ho smesso da tanto tempo. Lo fac- stro mondo certe canzoni, certi colori (il tri, più ermetiche. Non ricordo quale professionale, ma a volte, nelle notti faccio aspettare», borbotta Conte. Ma cio solo di nascosto. Anzi, diciamo viola, ma anche il verde) meglio tenerli fu il primo brano che mi rifiutai di da- d’insonnia, mi torna in mente un caso come? Le hanno offerto la Carnegie proprio che ho smesso di fumare, se no alla larga. Ce n’è anche una famosa di re, ma a un certo punto cominciai a te- che seguivo, e cerco di ricordarmi Hall e lei ha detto no? «Perché lei c’è mia moglie si arrabbia. Niente sigaret- Gershwin nella lista nera». nermi le canzoni nel cassetto. Temevo qualche elemento di diritto, piccole stato? Di che colore è? Bianca, vero?». te, niente cioccolata». Nel periodo di grande euforia della che non sarebbero state capite. Per un nostalgie... Ma sono contento che sul- Un tempo, forse. Adesso è bianco spor- Conte, all’estero, è un “cult singer”. canzone italiana, gli anni Sessanta, autore, l’esecuzione di un interprete è l’avvocato abbia prevalso l’artista». co. «Sono due anni che mi invitano, ma Brian Eno lo chiama «Il re del kazoo». quando la Pavone arrivava al Cantagi- un grande onore, ma allo stesso tem- Strano che un autore dalla fantasia non ho voglia di affrontare viaggi. Io di «In realtà questa è una storia che è par- ro in Jaguar rosa, l’avvocato di Asti, po un tradimento, perché qualcosa così fervida, che ha concepito un work natura sono pigro. Soffro di claustrofo- tita da me. Una volta mi chiesero, cosa dietro le quinte, scriveva successi da dell’identità della canzone stessa si in progress affascinante come Razma- bia e non mi piace stare chiuso troppo ti piacerebbe che scrivessero sul tuo perde. È vero anche il contrario: sape- taz, non abbia ancora messo mano a a lungo dentro un aereo. Mi vogliono a epitaffio? E io: “È stato il miglior suo- vo che Azzurro era un gran pezzo, ma un romanzo. «Ho avuto diverse richie- Las Vegas, ma che c’entro io coi casinò? natore di kazoo del mondo”. A me A un certo punto se non avessi avuto un grande inter- ste da persone molto simpatiche di ca- E al Kodak Theatre di Los Angeles, do- questa etichetta va benissimo, abdico prete come Celentano, sarebbe rima- se editrici, ma non è il mio mestiere. Io ve danno gli Oscar. Magari ci andrò volentieri a qualunque riferimento della mia vita sto molto più nascosto. Ancora ades- non sono forte sulla traccia lunga. Di quando il nuovo airbus, quello spazio- vocale e mi sparo tutta una carriera sul so, quando scrivo una canzone, lo fac- un romanzo, riuscirei a inventare un so con le camere da letto e l’idromas- kazoo. È uno strumento di origini an- cio sempre con il miraggio che la pos- bell’ingresso e un discreto finale, ma saggio, comincerà a volare. Per adesso tiche, primitive. Si costruiva facilmen- cominciai a tenermi sa cantare qualcun altro, Stevie Won- poi mi manca tutto il congegno centra- non mi va di stare in scatola». te anche in casa. Io e mio fratello, da der, Aznavour...». le. Tutto quel che ho scritto, l’ho sem- «Me lo fa un autografo? È per il mio bambini, lo facevamo con il pettine e le canzoni Quando si ha la certezza di aver scrit- pre scritto con l’alibi della musica, su moroso», la signora ha già pronte carta la carta velina. Nel periodo in cui tene- to un capolavoro? «Lo senti a peso. Ci gabbie già disegnate dai suoni. Non sa- e penna. «Ma sì, per lei questo e altro. vo concerti da solo, perché l’orchestra nel cassetto. può essere una canzone che ti è molto prei scrivere neanche poesie sganciate Meglio tenerselo buono il moroso». non potevo permettermela, mio fra- cara, che ha dentro qualcosa a cui tieni dalla musica, mi sentirei esposto alle Nel ristorante dell’albergo si respira tello Giorgio mi regalò un vero kazoo, Per un autore enormemente, però la senti che è pic- intemperie se lo facessi. La verità è che un’aria fin de siècle. Moquette bor- che ho sempre conservato gelosa- cola. C’è invece quell’altra che è obiet- non ho niente di urgente da dire». deaux, lampadari a gocce (tante goc- mente, perché usandolo avevo l’im- tivamente più comprensibile, ti piace Che astuzie usa l’avvocato quando ce), corrimano di velluto (bordeaux). E pressione di avere alle spalle un’or- l’esecuzione e può piacere agli altri. Puoi farci intor- una buona canzone tarda ad arrivare? una habituée fatta su misura, divina, chestra fantasma. Mi piace il fatto che no tutte le masturbazioni estetico-in- «Mi piace quando si fa un po’ desidera- con tanto di quel rosa addosso, dalle sia uno strumento con una vaga par- di un interprete tellettuali che vuoi, ma ci sono canzo- re, come una bella donna. La musica è scarpe al cappello, che neanche Bar- venza umana, perché alla fine sempre ni che a peso cantano, altre meno, altre femmina». Che tipo di donna l’affasci- bara Cartland. «Una eccentrica miliar- di vocalismo si tratta. A proposito, ma è un onore e insieme per niente. Ne abbiamo sentite di tutti na di più? Una Gilda fatale ed esotica daria che qui a Bologna conoscono tut- Brian Eno quanti anni ha?». Cinquan- i colori in questi anni sul potere di una che balla il tango con casqué? «Come ti», informa il cameriere azzimato. Le tasette. «Sa quanti ne ho io?». Se non un tradimento canzone. Personalmente, non ho mai per tutti quelli della mia generazione, camere da letto sono rivestite di stoffa sbaglio, è nato il 6 gennaio del 1938. condiviso la presunzione che una can- la più vicina è sempre la più bella». «No, quello è Celentano. Io sono del 6 zone possa cambiare il mondo. Posso gennaio del ‘37. Siamo stati entrambi capire che una canzone possa far com- portati non dalla Befana, come si ten- pagnia, siglare un periodo della vita, de a dire, ma dai Re Magi». mettere un sigillo su una storia d’amo- Con Adriano, all’epoca in cui Conte re. È un mezzo di comunicazione nella cercava interpreti per le sue canzoni, misura in cui l’arte, in ogni caso, co- l’intesa fu facile, immediata. Il risulta- munica. Una canzone può segnare to, memorabile: Azzurro. «Io, come au- un’epoca, questo sì. La canzone ha un tore, cercavo una credibilità vocale. odore e può portarti il profumo di una Non mi soffermavo troppo sul perso- certa situazione, di un momento. Se naggio. Non mi piaceva chi cantava da ascolto Ma l’amore no, sono investito cantante, preferivo quelli che usavano immediatamente dal veleno di quegli la lingua italiana in modo credibile, anni di guerra». naturale. Ecco perché mi è sempre pia- Molto jazz, dischi e libri che spesso ciuto tantissimo Celentano. E Azna- restano lì mesi ad aspettare di essere vour, che ha tutto quello che un can- aperti o ascoltati. Poca televisione. «Il tante deve avere. Per me gli anni Ses- telegiornale, ma non sempre. I film santa furono il periodo in cui i testi si belli purtroppo li trasmettono solo do- presero la rivincita sulla musica. Ci so- po mezzanotte. Ma ho alcuni vizietti, no state delle canzoni italiane degli an- cose che la televisione italiana riesce a ni Trenta e Quaranta che erano mera- fare benissimo: La squadra, anzitutto.

Repubblica Nazionale 46 03/07/2005 vigliose, ma liricamente deboli: lin- E poi, su quell’onda, me li sono fatti FOTO GRAZIA NERI/GRAZIANO ARICI