Annali 2002-2003.Pdf

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Annali 2002-2003.Pdf ANNALI del CENTRO PANNUNZIO TORINO Anno XXXIII - 2002/03 1 Benedetto Croce. 2 ANNALI del CENTRO PANNUNZIO CENTRO PANNUNZIO TORINO 2002/03 3 4 SOMMARIO p. 7 La cultura liberale di Pier Franco Quaglieni Il cinquantenario della morte di Benedetto Croce 9 Benedetto Croce, un protagonista del Novecento di Girolamo Cotroneo 21 Benedetto Croce e la linguistica di Giuliano Bonfante 23 Verità e storia nel pensiero di Benedetto Croce di Guglielmo Gallino 67 La critica di Benedetto Croce di Arnaldo Di Benedetto 75 Croce e la critica letteraria del Novecento di Giovanni Ramella 79 Croce e il Cristianesimo di Luigi Compagna 87 Benedetto Croce e il Partito Liberale di Valerio Zanone 93 Croce Ministro della Pubblica Istruzione di Aldo Alessandro Mola 99 Croce, i crociani e la musica di Enrico Fubini 107 Benedetto Croce e l’arte di Marzio Pinottini 113 Un’eredità dell’estetica crociana di Tiziana Conti 117 L’anticrocianesimo nella scuola di Carlo Porrati 125 Il Croce di Augusto Del Noce di Enzo Randone 151 Croce e la Val di Susa di Giorgio Calcagno 155 Carlo Ludovico Ragghianti e l’esperienza di “seleARTE”: crocianesimo, critica d’arte e impegno civile di Willy Beck 5 171 Popper a cent’anni dalla nascita di Girolamo Cotroneo 175 Il liberalismo e la democrazia di Friedrich A. von Hayek 195 Luigi Einaudi giovane: l’economia della libertà e del rispar- mio, come economia sociale di Francesco Forte 231 Francesco Barone, un chierico che non ha tradito 233 Il messaggio del Presidente del Senato al convegno su Francesco Barone di Marcello Pera 235 Olimpo laico di Pier Franco Quaglieni Archivi della libertà 239 A proposito di cultura e politica di Salvatore Valitutti 245 Il filosofo dei distinti di Nicola Matteucci 247 Di fronte a Marx di Domenico Settembrini 250 Croce per la mia generazione di Natalino Sapegno 254 Scienza? Il perché di un no di Francesco Barone 257 Paura di Croce di Francesco Compagna 260 Il liberalismo crociano di Vittorio Enzo Alfieri Il Centro «Pannunzio» 263 Intervista ad Enzo Bettiza, uomo di cultura anzitutto a cura di Paolo Fossati 271 I 35 anni del Centro “Pannunzio” 273 Pannunzio: il Mondo con i piedi per terra di Marcello Pera 277 La grande Oriana di Anna Ricotti 281 “Liberi dal ‘68” Da Pannunzio al Centro “Pannunzio” di Giancarlo Borri 291 I vent’anni del Premio “Pannunzio” nel ricordo di Giovanni Spadolini 301 Il premio “Prezzolini” al Direttore del Centro “Pannunzio” di Maria Comina 305 Le principali pubblicazioni del Centro “Pannunzio” 6 PIER FRANCO QUAGLIENI LA CULTURA LIBERALE La cultura liberale, per sua natura, non è di né destra né di sinistra, ma a volte può optare, a seconda della situazione storica, per scelte conserva- trici o progressive. Questa è una delle grandi lezioni che ci ha lasciato Benedetto Croce, a cui gli Annali di quest’anno sono dedicati. Il fine ultimo del liberalismo è quello di ampliare e difendere la libertà, anzi le libertà al plurale. Di fronte alla sinistra giacobina e forcaiola la cultura liberale non ha dubbi: stare dalla parte della libertà e della difesa delle garanzie costitu- zionali. Di fronte ad atteggiamenti reazionari propri di una certa destra, anche in questo caso, non ci sono dubbi: essi vanno decisamente combat- tuti. Altrettanto si deve dire nei confronti della sinistra bacchettona, mora- lista, perbenista che ha perso il valore della trasgressione libertaria, o, per dirla con Arrigo Cajumi, “libertina”. La posizione dello storicismo crociano, a distanza di cinquant’anni dalla morte del filosofo napoletano, risalta in tutto il suo valore. La cultura libe- rale rifiuta tutti gli estremismi, compreso un liberismo economico senza regole, che lo stesso maestro del liberalismo liberista, Einaudi, rifiutava e che in Italia è spesso privo di senso dello Stato, da non confondersi con lo statalismo soffocante, che è tutt’altra cosa. Il liberismo non è di per sè libe- rale e democratico: l’esempio della Cina odierna lo sta a dimostrare. La cultura liberale non è identificabile in partiti o in movimenti politici, ma può, di volta in volta, consentire con una scelta o con un’altra. L’attuale rincorsa verso il liberalismo, questo sentirsi all’improvviso tutti liberali, deve lasciare perplessi i veri liberali che non hanno esitato ad esse- re minoranza, pur di mantenere fede ai propri valori. Anzi, si può tran- quillamente affermare che il liberalismo è di per sé una scelta di minoran- za. “Il Mondo” di Pannunzio lo rivela in modo inconfutabile. Ci vorranno molti anni prima che i valori della cultura liberale siano 7 davvero condivisi, al di là delle scorciatoie e delle astuzie trasformistiche. Il giorno in cui il liberalismo sarà pienamente acquisito da tutti come scelta politico-culturale, le pattuglie liberali DOC potranno anche tornare nelle retrovie: vorrà dire che avremo in Italia una democrazia liberale lar- gamente matura ed affermata. Ma anche allora le pattuglie non dovranno disarmare, perché la libertà va difesa costantemente, senza incertezze. La “società aperta”, di cui parla- va Popper, ha i suoi nemici. E’ questo il senso dell’opera più famosa del grande pensatore austriaco di cui quest’anno celebriamo il centenario della nascita e che ci ha insegnato che i nemici della libertà sono, indifferente- mente, a destra ed a sinistra. Va combattuto, come ha scritto Pier Luigi Battista, “quel tic totalitario che ancora oggi vivacchia negli interstizi delle società democratiche e plu- ralistiche occidentali, rinverdendo l’antico sogno utopistico del paradiso in terra, storicamente alla base dei raccapriccianti inferni della storia realizza- ti in terra tra i reticoli dei gulag e dei lager." Lo spirito di appartenenza a quello che Massimo Cacciari ha chiamato il “branco dei trichechi” è profondamente illiberale. L’intellettuale liberale è, per sua natura, disorganico. Compito dell’uomo di cultura libero non è quello di cantar messa per uno schieramento, ma quello di sollevare dubbi, discutere problemi, indicare soluzioni mai definitive: i punti di arrivo devo- no essere visti come nuovi punti di partenza, senza mai appiattirsi su posi- zioni precostituite. E’ questo il senso profondo della cultura liberale che non tollera e non vuole creare a sua volta egemonie. L’idea stessa di ege- monia culturale stride con i principi della cultura liberale, perché ogni ten- tativo di carpire consensi diventa, innanzitutto sul piano morale, inaccetta- bile. Dalle macerie ancora fumanti delle ideologie novecentesche sta rina- scendo l’idea di un liberalismo “trasversale” agli schieramenti: esso rappre- senta l’occasione per traghettare nel nuovo secolo - finalmente liberati dalle zavorre dei fanatismi che hanno devastato il ‘900 - i valori migliori della civiltà europea. Su questa linea è attestato il Centro “Pannunzio”, erede dell’unica cul- tura che non abbia colpe da farsi perdonare, ma che, al contrario, ha rap- presentato in tutto il ‘900 una nobile, autentica testimonianza di libertà e di democrazia. 8 GIROLAMO COTRONEO BENEDETTO CROCE, UN PROTAGONISTA DEL NOVECENTO. Se a cinquant’anni dalla morte di Benedetto Croce ci si chiede che cosa oggi il suo pensiero e la sua opera rappresentino nella cultura e vita mora- le del nostro paese, la risposta più corretta – di là dei banali argomenti sulla loro attualità o inattualità, se ancora presenti o dimenticate – mi sembra sia quella di riconoscere che il filosofo napoletano si colloca ormai tra i "clas- sici" della nostra cultura, si allinea ai nostri “eroi del pensiero”: a Bruno, a Campanella, a Vico, a Gioberti, a Rosmini, e a pochi altri ancora. E della “presenza” dei classici non si discute mai: essi sono parte integrante della nostra cultura, anzi sono la nostra cultura. Certo, rispetto a questi ultimi, Croce è ancora troppo vicino, quasi “fisicamente” presente nella nostra cul- tura, che forse non ne ha ancora interiorizzato il pensiero. Il dibattito etico- politico degli ultimi cinquant’anni lo ha avuto spesso, o quasi sempre, come punto di riferimento positivo o negativo; le sue proposte, rigettate quasi in odium auctoris negli anni dell’egemonia culturale cattolica e marxista, hanno ridestato interesse quando, con il crollo del comunismo, il pensiero liberale – del quale Croce, con Luigi Einaudi, è stato uno dei massimi espo- nenti del Novecento, almeno pari per importanza a Karl Popper o a Friedrich von Hayek – si è riproposto come il solo in grado di garantire la democrazia, la libertà e il benessere. Tuttavia, se si osserva il panorama filosofico-politico del nostro tempo, è difficile individuare in esso la presenza del suo pensiero: anche se nel nostro paese si incontrano molti studiosi che non temono di definirsi “cro- ciani”, non si può dire che il dibattito, appunto, filosofico-politico si richia- mi direttamente all’opera di Croce; ma chiunque la conosca può sempre intervenire in quel dibattito, e può dare ad esso, ripensando o riproponen- do qualcuno dei suoi pensieri, qualcuna delle sue proposte, un contributo non secondario, né banale. Nessuno oggi si chiede se sono “attuali” il Trattato teologico-politico di Spinoza, il Secondo trattato sul governo di 9 Locke o Lo spirito delle leggi di Montesquieu; eppure sono opere i cui temi riecheggiano in ogni momento del dibattito culturale, e che ancora ci soc- corrono per sciogliere alcuni nodi problematici. Il caso di Croce non è diver- so: il suo percorso intellettuale tocca, come è noto, i problemi dell’estetica, della logica, della morale e della politica.Tra questi sono soprattutto gli ulti- mi a proporsi nel dibattito del nostro tempo: basta ricordare la questione del rapporto tra etica e politica, tra liberalismo e democrazia, tra liberismo e liberalismo, e soprattutto quella del rapporto tra libertà e giustizia; problemi tutti presenti, addirittura al centro del dibattito dei nostri giorni: e a ognuno di essi Croce ha dato una risposta che può essere condivisa o ritenuta del tutto inadeguata, ma che non può essere ignorata: chi la ignora avrebbe il dovere di spiegare perché.
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