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Anno VI N. 46 Gennaio 2017 ISSN 2431 - 6739 A che punto è la critica Alla Biblioteca Nel suo ottimo inter- film e dei critici. Va tutto bene. Mi sento però del Cinema vento sul numero di – nella problematica individuazione di “colpe” dicembre di Diari di e “responsabilità” sottolineata da Lodato - di Umberto Barbaro Cineclub a proposito avanzare qualche ipotesi e abbozzare qualche l’onorificenza dello “stato della criti- integrazione nell’ottica di fare crescere il di- ca italiana”, Nuccio Lo- battito sull’argomento (da troppi e per troppo della Presidenza Alberto Castellano dato giustamente ri- tempo trascurato) e di suggerire altri spunti della Repubblica in percorre le fasi chiave di riflessione. In realtà l’obi ettivo di stabilire dell’evoluzione/involuzione della critica no- una gerarchia di “colpe”, una priorità di “re- occasione della X strana, dagli anni d’oro dell’esercizio critico sponsabilità” della situazione che si è venuta a sulle storiche, prestigiose e agguerrite riviste creare diventa ambizioso e problematico di edizione del Premio specializzate e dello spazio adeguato per un fronte a un groviglio inestricabile di cambia- Charlie Chaplin approfondimento sui maggiori quotidiani na- menti oggettivi profondi, di condizionamenti zionali fino al ridimensionamento (se non alla del lavoro della critica, di evanescenza dei Premiati il regista Marco scomparsa) delle recensioni all’uscita settima- contorni della figura del critico, della trasfor- Tullio Giordana e il critico nale dei film e alla diffusione della criticaon li- mazione del rapporto di interdipendenza tra ne. E mette a fuoco con una lucida analisi il de- recensore e lettore, e non ultimo delle rivolu- Roberto Chiesi terioramento dell’abituale rapporto tra critici zioni tecnologiche che hanno coinvolto anche e autori e critici e spettatori. La “perdita di au- il cinema e hanno travolto certezze e punti di La X edizione del Pre- torevolezza” del critico, figura di riferimento riferimento di pubblico e critica. Il termometro mio Charlie Chaplin, per generazioni di lettori/spettatori comuni segue a pag. successiva realizzata il 15 dicem- ma anche per folte schiere di appassionati/ci- bre scorso alla Casa del nefili che per anni si sono “fidati” di questo o Cinema di Roma e pro- quel critico; la globalizzazione anche dell’in- mossa dalla Libera formazione e della carta stampata con conse- Fondazione “Bibliote- guente perdita di un peso “specifico” che di ca del cinema Umberto fatto ha uniformato e omologato opinioni e Barbaro”, con il contri- giudizi; l’abbassamento generalizzato della buto del MIBACT – Di- tensione culturale, della curiosità e della vo- Patrizia Masala rezione Generale Cine- glia di scoprire e sapere e dell’esigenza/desi- ma in collaborazione derio di approfondimento; la pasoliniana “mu- con la FICC – Federazione Italiana dei Circoli tazione antropologica” dei soggetti fruitori di del Cinema si è contraddistinta rispetto alle precedenti per l’inaspettato riconoscimento arrivato poche ore prima dalla Presidenza del- Referendum 2016 la Repubblica. Infatti mentre nelle scorse edi- zioni la Biblioteca Umberto Barbaro destinava i tre premi (Targa del Presidente della Repub- Dai padri costituenti blica, Medaglia della Presidenza del Senato, ai nipotini “Se questo è un ministro” una caricatura di Luigi Zara Medaglia della Presidenza della Camera dei Deputati) a “personalità che nel campo della ricostituenti la cui accedere a cariche e a ruoli, e, nel disgra- creazione artistica, della ricerca, degli studi, Nulla estingue la mia sete di dubbi: avessi il basto- ziato caso di accertata patologia, prescrivere della pubblicistica e dell’organizzazione cultu- ne di Mosè per farne scaturire anche dalla roccia! un’efficace cura farmacologica prima di dover rale hanno dato un contributo al rinnovamen- (Emil Cioran, Lo scroccone dell’abisso, in Sillogismi arrivare ai ferri ché la chirurgia non serve, co- to e allo sviluppo del cinema italiano” in questa sull’amarezza, Adelphi Edizioni, Mi, 1993, pag. 28) me tanti medici, esperti costituzionalisti so- decima edizione l’onorificenza del Presidente stengono oggi. Ammesso e concesso che il no- della Repubblica Sergio Mattarella è stata de- Vero che il nostro Paese stro Corpo Comune sia ammalato, e optando stinata direttamente a questa prestigiosa isti- è malato, cosicché pare per la più soft, (veniale potremmo nel nostro tuzione, che dal 1962 è attiva nel panorama giusto ogni tanto dare Paese di questi santi tempi chiamarla) soluzio- culturale del nostro Paese. Il direttore della Bi- una sguardo alle sue ne farmacologica, il problema sarebbero, (sa- blioteca Mino Argentieri e la presidente Anna condizioni generali, un rebbero? Sono!) però le modalità di assunzio- Calvelli, insieme a tutti i collaboratori hanno consulto onde la cui per ne del farmaco ricostituente, voglio dire: per accolto con entusiasmo l’autorevole riconosci- la quale diagnosticare quale via questi medici vogliono farcelo assu- mento concesso. Il ringraziamento di Mino che sia ancora del tutto, mere? In posologia medica le vie sono poche: Argentieri, esimio decano della critica cinema- in parte, proprio per in vena, intramuscolo, per assorbimento capil- tografica e tra i fondatori della Biblioteca, vie- niente, di sana e robu- lare, orale e ….Guzzanti direbbe: l’ultima che ne rivolto al Presidente della Repubblica attra- Antonio Loru sta Costituzione, come si non hai detto! Ora, ringraziando, le immanenti, verso un messaggio scritto in cui sottolinea che stabiliva un tempo per poter, onde la quale per segue a pag. 4 segue a pag. 3

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segue da pag. precedente vittima di questo scenario critico. E invece pa- vedere i film usano spesso espressioni come della fine (o comunque dell’indebolimento) radossalmente ha finito per diventare compli- “Me ne hanno parlato bene”, “Mi hanno detto del feeling con il pubblico è proprio la dissolu- ce perché se l’offerta di spunti e riflessioni cri- che è brutto”, “So che è deludente”, “Un amico zione in qualche modo della cosiddetta “pri- tiche da tempo lascia a desiderare, la domanda di cui mi fido me lo ha sconsigliato”, “I giorna- ma firma”, il primo critico dei quotidiani, set- non è da meno. Non bisogna lasciarsi fuorvia- li francesi e inglesi lo hanno stroncato”, “Ah si timanali e mensili a grande tiratura (escludiamo re dall’identikit standard dell’attuale fruitore ho visto qualche foto” o ancora peggio danno da questo discorso le riviste specializzate do- di recensioni, prevalentemente giovane, do- credito persino ai giudizi dei critici del caba- ve generalmente i critici di varie generazioni cumentato e cinefilo, conoscitore anche di ci- ret di Marzullo. Il resto dei danni li hanno fat- sono più bravi e profondi, se non altro perché nematografie “minori” che dispone di una vi- ti Internet e la globalizzazione informatica si rivolgono a lettori-cinefili di nicchia e quin- deoteca e sa “scaricare” qualsiasi film per cui con la proliferazione di siti, pubblicazioni di non costituiscono una verifica del “fare opi- quotidiane e non on line, blog, social media, nione”), che da anni più che il primo è il solo circuiti come YouTube ecc...(con le dovute ec- visto che sono finiti i tempi in cui i grandi cezioni come MyMovies che recensisce tutti i giornali nazionali soprattutto avevano ognu- film che escono grazie a un gruppo di collabo- no due, in qualche caso tre, critici per coprire ratori fissi e selezionati), che hanno ritagliato quasi tutti i film che uscivano. Complice la cri- spazi aperti, condivisi, ai quali tutti possono si che già da anni ha investito l’editoria con democraticamente accedere, alimentando l’effetto di ridisegnare i giornali nel formato, comprensibilmente la convinzione che tutti nel design e nei caratteri riducendo drastica- siamo dei potenziali critici e consentendo di mente lo spazio riservato alla critica e/o all’ap- fatto a chiunque di esercitare l’affascinante profondimento non solo del cinema (anche mestiere della critica (cosa che già fanno da dell’arte, della musica, del teatro, della lettera- tempo alcuni settimanali cartacei come “Fil- tura) per cui si è passati dalle 50 – 60 righe ri- mTV” che hanno una rubrica “Scrivi la tua re- servate mediamente a una recensione alle censione”), producendo anche un’autoesalta- “schedine” di 20 (in qualche caso 15) righe per zione, un compiacimento autoreferenziale in tutti i film secondari o ritenuti tali rispetto ai virtù del quale ci si scambia recensioni, im- film più importanti per il potenziale commer- pressioni, opinioni. Insomma oggi ci trovia- ciale, per il richiamo dei divi o del regista o per mo davanti a un deprimente scenario per cui l’attesa recensiti con una sessantina di righe. non c’è più la centralità della sala, non c’è più Lo spazio-tiranno però è anche frutto di una la centralità del consumo cinematografico e scelta (e questo è un aspetto ancora più grave) non c’è più neanche la centralità del critico. mediatica, di una strategia comunicativa ela- Certo un ricambio generazionale potrebbe borata da molti anni per trasferire sulla carta Metafora per un round tra critici con vite da boxeur aiutare a uscire dal tunnel, i critici titolari del- stampata la logica televisiva dell’audience, de- come Mino Argentieri che si è fregiato di questo le rubriche sopravvissuti (alcuni dei quali con- gli ascolti, dello share per la quale si è dato premio, come altri, ad Alessandria al festival della tinuano ad esercitare nonostante siano in sempre più spazio alla cronaca cinematogra- critica cinematografica pensione) non sembrano in grado di iniettare fica, ai reportage e ai servizi degli inviati ai grandi festival o sui set di film-evento ameri- può attingere a tutto il cinema mondiale di ie- cani e non solo, al gossip. Insomma l’ordine ri e di oggi oppure un più generico appassio- dei gruppi editoriali era quello di parlare di ci- nato che seleziona il cinema di qualità, legge nema prevalentemente in chiave leggera, di- anche qualche rivista e vuole spesso avere un scorsiva, cronachistica (nella migliore delle riscontro delle proprie impressioni. E c’è una ipotesi in forma d’intervista) perché ci si ri- terza categoria che è la più sconcertante: quel- volgeva ai lettori di testate popolari, in modo li, e non sono pochi, che non vanno più al ci- da conservare e magari accrescere le tirature, nema, vedono pochissimi film, consumano la critica ha finito via via per essere subordi- trailer, frammenti, sequenze, anticipazioni nata al giudizio impressionista e approssima- sulla Rete, la loro conoscenza dell’oggetto (so- tivo, da punto di osservazione privilegiato per no informatissimi e documentatissimi) è in- parlare di cinema, per giudicare i film è diven- versamente proporzionale alla visione del tata supporto secondario, appendice termi- film, al consumo fisico dell’evento cinemato- nale a tutto ciò che è stato detto e scritto del grafico. In realtà con le dovute differenze tra film prima, durante e dopo. In perfetta sinto- queste tre fasce di spettatori, si ha la sensazio- nia con tutto ciò il critico è stato retrocesso di ne che per la maggior parte chi oggi consuma fatto a un ruolo secondario e quando non è film pensa che del critico ufficiale di qualche La critica cinematografica oggi stato proprio sostituito da un bravo (o una testata o emittente prestigioso e autorevole si brava) giornalista di cinema ha visto passare può fare a meno. Si può sapere tutto di un film nuova linfa in questa fase di stallo, ingessati in secondo piano il suo giudizio rispetto a da quando cominciano le riprese fino all’usci- come sono nel loro ruolo, prigionieri di una quelli dati a caldo dai cronisti. Non è super- ta in sala passando per le varie fasi (lavorazio- patetica vanità, sussiegosi quanto basta per fluo aggiungere che questa logica televisiva ne, post-produzione, lancio, presentazione al- aggrapparsi ancora a un nome popolare, a non ha pagato, non ha dato un impulso come la stampa), si possono leggere le recensioni una firma storica credendo (o facendo finta di si credeva (o si sperava) alla diffusione dei straniere prima che il film arrivi in Italia, si credere) di fare ancora opinione, di influenza- quotidiani che anzi hanno visto sempre più può sapere qual’è stata la reazione del pubbli- re ancora le scelte di schiere di lettori. Danno ridotte le copie vendute e sono stati risucchia- co degli altri paesi. Per cui sono venuti a man- la sensazione di essere asserragliati in un for- ti tutti, dai colossi Corriere della Sera e Repub- care l’attesa della recensione di questo o quel tino, di chiudersi ancora snobisticamente nel- blica alle testate medie, in una crisi profonda quotidiano, di questo o quel settimanale, il la loro torre d’avorio e forse non si accorgono che ha comportato tagli, ridimensionamenti, pendere dalle labbra del critico severo e temu- di essere sotto attacco di un “movimento” cri- prepensionamenti e in alcuni casi persino li- to di turno, l’ansia per un’illuminante inter- tico dal basso, selvaggio e destabilizzante. Bi- cenziamenti. Questa riflessione potrebbe far vento critico. E si è insinuata anche la convin- sogna solo aspettare tempi migliori. pensare che il lettore/spettatore è anche lui zione che un critico vale l’altro e molti senza Alberto Castellano 2 [email protected]

segue da pag. 1 si animano scorci di il Premio concesso dalla più alta carica dello una storia, quella italia- Stato è destinato ‹‹...ad un’opera votata alla na, osservati all’insegna crescita, al potenziamento della diffusione di di una problematicità e valori e idee culturali strutturati, al di fuori da tratti e caratteri non dei quali stentano a maturare una creatività indenni dall’ombra del originale ed un’acutezza riflessiva nel mondo dubbio e da una sogget- della comunicazione audiovisiva, spesso fuor- tività tormentosa. Vo- viato da intenti mediocri e superficiali. E’ nel- tato a muoversi contro- la sensibilità della massima carica dello Stato, corrente e alla ricerca ha proseguito Argentieri, che riconosciamo, dei percorsi più ardui e essendone orgogliosi, un merito che si tradu- spigolosi, Marco Tullio ce in una lodevole esortazione ad agire per Giordana non è mai ve- l’innalzamento di livelli culturali e l’aiuto a nuto meno al coraggio, primeggiare con la ricchezza, la profondità al rischio e all’azzardo Roma - Casa del Cinema 15 Dicembre 2016: da sx Roberto Chiesi, Patrizia Masala, delle idee e l’autonomia delle forme organiz- nel gusto della novità, Angelo Tantaro, Marco Tullio Giordana, Marco Asunis zative››. Il riconoscimento che parallelamente reca al alla Biblioteca Umberto teatro drammatico, alter- Barbaro arriva in un mo- nando regie di rara inten- mento in cui l’attività della sità”. Al critico cinemato- stessa, pur andando avanti grafico Roberto Chiesi è grazie all’entusiasmo di al- sta conferita la Medaglia cuni volontari, rischia la della Presidenza della Ca- chiusura per la disatten- mera dei Deputati conse- zione da parte delle Istitu- gnatagli da Angelo Tanta- zioni che non hanno più ro, direttore del periodico concesso finanziamenti Diari di Cineclub che per il suo mantenimento dell’evento è stato anche (nel 2016 il MIBACT ha fi- media partner. La motiva- nanziato solo il Premio zione del premio è stata la Charlie Chaplin) e rischia seguente: “Critico di for- di non avere più neanche mazione rigorosa, ha avu- una sede per una serie di to il merito di concentrare implicazioni di carattere Subito dopo la cerimonia di premiazione, una delegazione si è recata nell’abitazione romana di la sua attenzione su un ci- generale. Proprio a queste nema nutrito da intenti in vicende la redazione di Monteverde di Mino Argentieri per un brindisi. Da sx Giorgia Bruni, Roberto Chiesi, Maria Caprasecca, Patrizia Masala, Mino Argentieri, Angelo Tantaro, Anna Calvelli, Marco Asunis (autoscatto) cui fosse sempre presente Diari di Cineclub da circa l’inclinazione estetico-cul- due anni dedica ampio turale e la coerenza tra propositi e ri- spazio e ha lanciato la sultati. E’ con particolare costanza campagna “Salviamo la Bi- che i film francesi hanno finito per blioteca Barbaro” per la occupare il posto che meritano nel salvaguardia del suo patri- contesto europeo, mantenendo fede a monio culturale. E a que- una tradizione che non si spegne e sto tema il Presidente della funge da insegnamento e sollecita- FICC Marco Asunis ha ri- zione ad altri ambiti di riferimento. volto il suo breve e accora- Un osservatorio, quello da cui guarda to intervento. Dopo l’an- Roberto Chiesi che unisce lo studio nuncio al pubblico di del linguaggio alla disamina delle di- questo importante ricono- namiche storiche, sociali, psicologi- scimento ricevuto dai pro- che con un’apertura di obiettivo sulle motori dell’evento, la vice dinamiche societarie. Meritoria peral- presidente della Ficc Patri- tro è l’opera svolta da Chiesi nella dire- zia Masala ha invitato la zio ne dell’Archivio Pasolini che, in- giuria, quest’anno compo- sieme alla Cineteca del comune di sta da Mino Argentieri, An- Da sx la presidente della Biblioteca (con la medaglia del presidente della Repubblica) Anna Bologna, si prodiga per la conserva- na Calvelli, Giulio Angella, Calvelli, Mino Argentieri, Enzo Natta, Patrizia Masala, Marco Asunis, Angelo Tantaro (foto zione e la vivificazione di quanto l’ar- Gianfranco Cercone, Patri- di Maryann De Sagun Cabrera) tista ci ha lasciato e che viene gestito zia Masala, Marco Asunis, come un vivace e attivo laboratorio di Angelo Tantaro, Angelo Salvato- contribuendo a mantenere vivi idee e di scandagli intellettuali”. Il momento ri, a procedere con le premiazio- le prerogative e i caratteri che successivo alle premiazioni, per la chiusura di ni. E’ stato il regista Marco Tullio fertilizzano l’esistenza di una serata del Premio Charlie Chaplin, è stato de- Giordana che ha ricevuto per cinematografia e delle culture dicato all’omaggio ai due premiati con la vi- mano di Giulio Angella membro che l’alimentano mentre intor- sione di una delle loro opere: la proiezione del del direttivo della Barbaro, la no le tendenze alla mediocrità film Lea (2015) di Marco Tullio Giordana e del Medaglia della Presidenza del esercitano un peso preoccu- cortometraggio Il laboratorio dell’inferno di Salò Senato con la seguente motiva- pante. Degno di ammirazione di Roberto Chiesi. zione: “Autore di numerosi e è anche l’apporto innovativo pregevoli film che hanno raccon- La Medaglia del Presidente della Repubblica ricevuta dalla Biblioteca del tato personaggi ed eventi in cui Cinema Umberto Barbaro Patrizia Masala 3 n. 46

segue da pag. 1 dei componenti di que- sia ben chiaro, astuzie della storia, gli italiani sto governo di nomina- hanno votato in larga maggioranza NO! Un ti, di alcune/i, femmine grande, formidabile, chiaro NO! Mi piace, me e maschi, in particola- gusta, iiiiiita cosa bella bellissima, il risultato re. Quindi la compo- del Referendum. Mi piace che siano stati so- nente mal di pancia un prattutto i giovani a mandare a quel paese i ruolo lo ha giocato. E propositi verticisti, nazionalpopulisti, stri- questo non è bene, in sciantemente neofascisti del governo Renzi, politica almeno. Con la dei suoi mandanti, dei suoi accolitàti e ac- pancia i giovani posso- còliti, specie quelli che corrispondono perfet- no fare cose arzille, tamente al significato vero, originario della piacevoli assai, i vec- parola accòlito: andatevelo a cercare in un chi, ahinoi! quasi solo buon dizionario. Credo però che sia stato un lòffe, flatulenze, gorgo- voto non esclusivamente in difesa della Costi- glii, e chi più pancia ha, tuzione, che nessuno o quasi, soprattutto in più di queste cose fa, in quella grossa fetta di italiane e italiani che questo Paese di aerofa- hanno dai quattordici anni ai cinquanta, co- gi meteorismopatici. Ma Matteo e Agnese rientrano precipitosamente nosce, e così come per l’Inno Nazionale, è in in politica contano solo grado solo di spappardellare le primissime pa- la testa, il fegato e il role dei primi versi, Fratelli d’Italia,/ l’Italia s’è de- cuore, tradotto: ragio- sta,/ dell’elmo di Scipio,/s’è cinta la testa, chi sarà ne, intelletto e volontà. poi codesto Scipio, … e il resto? Noi fummo da E poi, dal segreto dell’ur- secoli? … Uniamoci, uniamoci? …. Dall’Alpe alla Si- na, (dove se Stalin non ti cilia? …. Son giunchi che piegano/le spade vendute?? vede, Dio, pure se invece Ora io non ho mai nutrito simpatie nazionali- ti vede, è tenuto al segre- ste, lungi da me! Però, per serietà, se inse- to professionale), dove gniamo ai giovani l’Inno Nazionale, beh, inse- ogni NO è criptato, è ne- gniamoglielo tutto e bene. Ho invece molta cessario passare al chiaro simpatia per la nostra Costituzione, una sim- di tanti NO, necessaria patia ponderata, ché bisogna sempre ragiona- risposta all’attuazione re su tutto, e soprattutto su quanto riteniamo dei propositi antidemo- sacro, perché è nella (e dalla) sacralizzazione cratici, che i tanti solda- che spesso nascono le fregature, scusandomi tini servi di questo ottu- Redmond Barry se ne impipa, Lady Lyndon sopporta ... per la brutalità del termine. Per esempio, so attuale potere, piazzati qualcuno, (molto importante per me, per a guardia dei grandi interessi delle caste laiche Tizio, don Andrea Gallo, amico di tanti Cai- scienza e rettitudine morale), mi ha fatto no- e clericali, sorvegliano, negli stessi partiti, nei gay, viados, prostitute, poveri disgraziati, tare che nei suoi Princìpi Fondamentali, sindacati, oggi, (con un sola nobile eccezione, Semproni senza tetto e pareti, cibo e carezze, all’Art. 1, quello che tutti conosciamo e spap- la FIOM), assolutamente organici, sodali ai si- di Genova e di tutto il mondo. Il progresso, le pardelliamo: L’Italia è una Repubblica democra- gnori dell’egemonia economica attuale, nelle civiltà, nascono sempre da un atto di disobbe- tica, fondata sul lavoro … fondata sul lavoro? scuole che oggi preparano gli schiavi del pub- dienza: mai sentito parlare di disobbedienza Sembra scritto più per schiavi che per uomini blico e del privato, dei servizi, dei call center, i civile? Non buttate via il talento di questo vo- liberi! Dato sicché il lavoro è libera espressio- voucherizzati di domani. Facile dire NO da tut- stro NO. Tantomeno nascondetelo sotto la ne del genio dei singoli solo in una società so- ta Italia a chi sta a Roma, più difficile dirlo in sabbia. Rischiatelo magari, ma rendetelo poli- cialista in cui operano relazioni politiche di ti- casa, nella scuola o nell’università che si fre- ticamente attivo. Cosa avete da perdere voi po comunistico fra tutti i membri del corpo quenta, nell’ufficio, nella fabbrica, nell’officina, giovani, oggi? Infine un consiglio, per la cura sociale. Detto senza infingimenti: il comuni- nell’ospedale, nella città-mercato, nel centro del vostro spirito: leggete Le memorie di Barry smo è una realtà immanente, come tutte le re- servizi dove si lavora per ingrassare i potenta- Lyndon, romanzo di William Makepeace altà, in cui si traduce con metodo dialettico il ti, l’Imperatore e i tanti vescovi-conti, i poteri Thackeray, pubblicato in Inghilterra nel 1844. trascendente ideale della massima aurea con- universali e quelli locali, i megadirettori galat- Ancora meglio, per esagerare, vedetevi anche tenuta negli Atti degli Apostoli, (4, 35) e rispolve- tici, invisibili all’occhio umano, e le mediocri- il film, Barry Lyndon, splendida traduzione in rata da Karl Marx nella sua Critica del Program- tà poste a guardia del grana stagionato 36 me- immagini del romanzo, operata dal genio as- ma di Gotha, (1875-1891): Ognuno secondo le sue si, a cui in compenso vengono date le croste, in soluto di Kubrick nel 1975, (RU, USA). Così capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni. Mica fa- questo Medioevo ritor- tanto per capire la dif- cile! Torniamo ai risultati del voto, e ai giovani nato di grandi prìncipi, ferenza tra la tragedia che in massa hanno votato NO. Ovviamente è signori vassalli, valvas- di Barry Lyndon, della di moda blandìre i giovani, i giovani sono sori, valvassini, servi. sua ascesa e del suo mercato, sono consumo, sono i soggetti passi- Tanti NO, continui, declino, e la farsa dell’a- vi e acefali del consumismo planetario impe- quotidiani, perché sia scesa e del declino di rante. Bisognerà pur dirlo! Non c’è bisogno di chiara la volontà di Matteo Renzi. Ma in precisare che questa affermazione perentoria cambiamento radicale. Italia la tragedia non è e antipatica riguarda l’universale giovani, non L’ubbidienza non è mai Don Andrea Gallo di casa, siamo il Paese le particolari eccezioni che ognuno personal- stata una virtù, oggi del tragicomico, della mente conosce. O c’è bisogno? Simpatia op- meno che mai. Lo di- farsa, popolarmente detta buffonata. pure antipatia? Ecco, credo che al di là del me- ceva un rappresen- Don Lorenzo Milani rito abbia, nella sconfitta del partito tante, un poco eretico trasversale degli interessi inconfessabili del per la verità, della più forte Agenzia Interna- potere clericobancario italiano, giocato un zionale dell’Educazione a dire Sempre SI al ruolo importante l’antipatia palpabile, grassa, potere, un tale don Milani, maestro di un Antonio Loru 4 [email protected] Apocalypse over: il volto umano e la fine fuori campo «L’inferno dei viventi quel genio maledetto di Béla Tarr se, per mez- non è qualcosa che zo dei claustrofobici e irreversibili Sàtàntangò sarà; se ce n’è uno, è (1994), Werkmeister harmonies (2000) e Il cavallo quello che è già qui, di Torino (2011), ha rivelato al mondo, senza l’inferno che abitiamo mezzi termini, un irrevocabile “j’accuse”, quel tutti i giorni, che for- necessario “fight fire with fire” con il quale ha miamo stando insie- sempre preferito, in maniera estremamente me». Così sentenziava lucida, proferire spietatezza nei confronti di Italo Calvino, per boc- ciò che di più spietato esiste al mondo: l’uo- ca del suo Marco Polo, mo, né più né meno. Fra i tre citati, soprattut- nell’ultima pagina del to Il cavallo di Torino fin troppo bene evidenzia suo Le città invisibili la sua visione del non-mondo: due soli prota- Stefano Gallone (1972), uno dei libri gonisti (padre e figlia) al cospetto della pover- (provenienti da uno degli autori) di “non” nar- tà più assoluta e dell’inesorabile fine di tutte le rativa più incredibilmente coinvolgenti di tut- cose, quando terra, aria, acqua e fuoco si ribel- ta la storia della letteratura italiana. Attraver- lano (venendo meno) all’individuo ormai so l’enormità metaforica del suo continuo troppo reo delle proprie eterne pretese. Par- elencare e descrivere città esistenti unica- tendo da una citazione che vorrebbe il glaciale mente nell’inconscio, nell’anima e nel deside- Nietzsche provare eccessiva compassione per rio di realizzazione puramente umana dell’in- un cavallo malmenato dal proprio padrone (fi- dividuo, Calvino gettava, in qualche modo, le nendo, poi, paralizzato dal dolore), aleggia, su basi per una moderna concezione artistica ca- tutti i 150 interminabili minuti, trascorsi al ri- pace di prendere in prestito concetti accade- petersi sempre delle stesse inutili e misere Il cavallo di Torino (A torinói ló) di Béla Tarr del 2011. micamente valutati, in secoli e secoli di genio azioni, lo spettro vendicatore di una forza su- (149 min. ca.). Ispirato ad un episodio della vita di intellettuale, per trasportarli nella contempo- periore troppo lontana dalla comprensione Friedrich Nietzsche, racconta i sei giorni della vita di raneità di idee altrimenti difficili da spiegare umana, troppo dedita a speculazioni, ricatti e un poverissimo vetturino che vive insieme alla figlia adeguatamente poiché consistenti in concetti banchetti di moralità. Ogni sembianza uma- in una casa di pietra in un posto sperduto e desolato. da vivere, più che da studiare. Se leggendo na, qui, proprio come l’umanità intera, non Pellicola cupa, catastrofica, con bellissimi e lentissimi quelle parole, in fin dei conti, vi sentite parte vive: sopravvive in un giudizio universale che piani sequenza. Musiche minimali davvero ossessive. del tutto “invisibile”, allora potete prendere l’uomo può imputare soltanto a se stesso per- Da vedere senz’altro parte alla tavola rotonda occupata da voi stes- ché, a dirla tutta, Dio è morto, è stato ucciso, o si per voi stessi. Non fu un caso se proprio un forse non è mai esistito. E se esiste, è forse urbana globale di cui non è dato conoscere la contemporaneo dello stesso Calvino (prima proprio lui quella forza superiore che accom- causa bensì la consistenza e, naturalmente, il amico, poi vittima di divergenze tematiche e pagna il suo marcio prodotto aiutandolo a riscontro in termini di ricezione umana. Il ri- concettuali) di nome Pier Paolo Pasolini giu- spegnersi senza più giustificazioni plausibili. sultato altro non può essere che una vera e dicava la «nostra storia» come «finita». Per Di tutto questo, infatti, il responsabile non è propria bagarre silente all’insegna di istinti dirla simpaticamente con Paolo Rossi: «Sono Dio o chi per lui: solo stato profetico, oppure ho portato sfiga». Sap- l’uomo può rispondere piamo bene, troppo bene, che il tormentone delle proprie stesse col- dell’anno 2012 non ha riguardato la solita can- pe. E state certi che zonaccia da pulcino Pio e infimi derivati, ben- mai lo farà, fino al suo sì il concetto di “fine del mondo” inteso nei ultimo, inutile, ingiu- suoi sensi più disparati. Commercialmente, stificabile respiro. «I come ovvio, ha avuto la meglio il fattore mera- luoghi sacri sono viola- mente materiale (cos’altro ti aspetti da una ti dalla grande ingiu- società così vomitevolmente materialista?): e stizia delle azioni che allora giù coi record di confessioni, con i bot- hanno avuto luogo al teghini strabordanti per party di fine pianeta loro interno». Il pozzo, a suon di ultimi desideri e compilation di can- allora, si prosciuga. La zoni da ascoltare mentre si esala l’ultimo re- candela si spegne. Il spiro prima di essere dilaniati dal meteorite vento smette di soffia- di se stessi. L’inferno, la fine del mondo, è re. Sul rapporto uomo / davvero quella che «è già qui», tra noi, tra le vi- natura o, meglio, uomo “Un Misseri a colloquio con una Barbara D’Urso fa audience, non schifo e orrore” scere di gesti e pensieri assurdi (per i quali un / natura umana non Misseri a colloquio con una Barbara D’Urso fa poteva non soffermarsi, ovviamente, l’intera primitivi e bisogni primari di sopravvivenza. audience, non schifo e orrore), nascosta nei carriera del maestro austriaco Michael Ha- “Mors tua, vita mea”, nel vero senso della pa- meandri di un’umanità al capolinea civile e mora- neke, autore di diverse pellicole tanto spietate rola e del concetto. L’uomo è chiamato a fron- le. Semmai dovesse aver luogo quella rinascita quanto necessarie alla fruizione di quanto più teggiare se stesso e i propri simili, costretto ad profetizzata (e tanto pompata, anch’essa) dal- nascosto ma veritiero sopravviva incessante- un isolamento provvisorio che si fa, via via, la buon’anima dei Maya millenni orsono, l’u- mente tra le viscere di un’umanità sempre sempre più definitivo nell’incessante attesa di manità sopravvivente avrebbe almeno, dalla meno degna di considerazione amichevole. qualcosa (più che di qualcuno) che, in qualche sua parte, una buona schiera di opere d’arte Su tutte, è forse Il tempo dei lupi (2003) a met- modo, arrivi a salvare l’attuale condizione. capaci di testimoniarne la sciagurata e spre- tere saggiamente alla prova (anche se meno Tutto, insomma, pur di non provvedere con le cona esistenza superata. Per non dimentica- spietatamente rispetto ad altri casi più noti) il proprie stesse mani, usandole non per stran- re. Tra le varie arti umane, dunque, il cinema genere umano scaraventandolo, letteralmen- golare il prossimo se saccheggia un pacchetto (soprattutto quello più recente) non è da meno. te, in una sconosciuta e invisibile (perché fuori di sigarette. Ben più diretto e spietato (non Anzi. Ci aveva visto ben chiaro, dall’Ungheria, campo sia visivo che diegetico, appunto) crisi segue a pag. successiva 5 n. 46

segue da pag. precedente potrebbe essere altrimenti) è, poi, Lars Von Trier che, nel suo Melancholia (2011), la Terra la fa letteralmente esplodere in collisione con un pianeta fino a poco tempo prima nascosto. Malgrado alcune potenziali accuse di falsa ve- ridicità, sappiamo bene che, in qualsiasi for- ma di narrazione che pretenda di avere un senso, il realismo non deve essere per forza di cose all’ordine del giorno. La fine fuori campo (il pianeta in agguato e, fino all’ultimo, credu- to, anzi, “sperato” come innocuo), allora, è in- tesa dal regista danese, in questo caso parti- colare, come l’unica possibilità (poetica, se si considera l’incipit in magnifica slow motion) “La quinta stagione” (La Cinquième Saison) (2012) scritto e diretto da Peter Brosens e Jessica Woodworth. di redenzione per quella fetta di genere uma- Film di genere drammatico e a tratti catastrofico, è l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata al conflitto tra uomo no da sempre esclusa dalla considerazione e natura. La pellicola tratta la progressiva decadenza degli abitanti di un piccolo villaggio belga in cui l’inverno collettiva perché virus per le “felicità” altrui a sembra non voler finire buon mercato: quella, cioè, affetta dal costan- te e terribile dolore della follia depressiva più (seppur di esse privo) il protagonista di un al- claustrofobica. La fine di tutte le cose, allora, tro grandissimo (e sottovalutato) film recen- in questo specifico ambito assume una- fun te, non ultimo di una sterminata serie di zione ambivalente stran(i)amente positiva: esempi che potremmo portare avanti all’infi- consente, cioè, una vera e propria “rivincita nito (testimonianza di come, tutto sommato, dei depressi” inneggianti alla fine definitiva una così diffusa idea metaforica sia pur sem- come unica via di purificazione per i mali pre viva nella mente e nell’anima di chi condi- dell’intera umanità e, d’altra parte, evidenzia, vide tale pensiero e cerca, perciò, di esprimer- al cospetto di una coscienza che, malgrado lo al meglio delle proprie possibilità). Take tutto, pur sempre sopravvive, il lato oscuro di shelter, del giovane paladino del cinema indi- Italo Calvino (1923 - 1985) Scrittore e partigiano una concezione interpersonale “ricca” solo in senso materiale, vigliacca e, quindi, ben dedi- vicinanza e sostegno più incombente. Jessica ta alla morte di se stessa come ultima chance Chastain, coprotagonista del film nel ruolo di non approdo ad un confronto con le pro- della forte e vigile moglie Samantha, ad un prie stesse ruberie interiori. Allo stesso modo, ammiratore che, tramite social network, le anche se ben più associabile (si direbbe quasi chiedeva di un’eventuale sua interpretazione come copia concettualmente conforme) all’i- riguardo l’emblematica sequenza finale, ha dea del testamento filmico e morale di Béla così risposto (traduzione): «La ragione per cui Tarr, La cinquième saison (2012), di Peter Bro- pendente statunitense Jeff Nichols (quest’an- amo il finale di Take shelter consiste anche nel sens e Jessica Woodworth, esce dalla sessan- no presidente di giuria alla settima edizione fatto che esso gode di così tante libere inter- tanovesima edizione della Mostra Internazio- del Festival Internazionale del Film di Roma), pretazioni. Dipende da che persona sei. Io ci nale d’Arte Cinematografica di Venezia infatti, fa dell’ormai punta di diamante Mi- vedo una coppia che, in quel momento, vede sconvolgendo gli animi più puristi e puritani chael Shannon un tranquillissimo padre di fa- la stessa cosa. Quei due, in quel momento, so- non con immagini scandalose, bensì con una miglia periferico vittima, però, di una terribi- no sulla stessa pagina. Questo la dice molto messa in scena ancora più spietata di ciò che il le serie di incubi da lui stesso percepiti come lunga quanto a fede e impegno reciproci». genere umano è capace di infliggere a se stes- tragicamente premonitori. La costante e mai Chissà, forse è proprio questo il punto: essere so con il lasciapassare di una natura circo- così metaforica visione interiore di una “tem- capaci di rimanere (o cominciare ad essere) stante ben propensa a non concedergli l’enne- pesta” apocalittica, che tutto coinvolge e tutto uniti nella comune consapevolezza di un do- sima, eccessiva opportunità di redenzione. In distrugge, lo spinge verso comportamenti che lore sia autoinflitto che, soprattutto, presente, tal senso, dunque, in meno di un batter d’oc- lo conducono ad indebitarsi, a mettersi con- visibile, mantenuto nel fuori campo della pro- chio, un minuscolo paesino francofono passa tro la comunità e, a tratti, contro il proprio pria esistenza fin dalla nascita eppure sempre da condizioni di serenità popolare alla più stesso nucleo familiare pur di ampliare il pro- acuminato in un qualsivoglia non-luogo della barbara delle condizioni sociali, sol perché la prio rifugio antiuragano. Resta una sostan- dispersione insita in ogni intelletto che si pos- Primavera, letteralmente, stenta ad arrivare, ziale domanda: vuole proteggere i propri cari sa giudicare tale. Certo: l’inferno è qui, ades- non vuole, per alcun motivo al mondo, fornire da qualcosa di misteriosamente ma tragica- so. Ma Calvino concludeva anche così: «Due all’uomo ciò che ormai non gli spetta più. Il mente incombente, o soltanto da se stesso? modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce tradizionale rito dell’addio all’inverno, allora, Anche in questo caso, l’enorme assimilazione facile a molti: accettare l’inferno e diventarne diventa vero e proprio funerale di anime in di senso è quantomeno duplice: da una parte parte fino al punto di non vederlo più. Il se- improvviso (nella sostanza: riscoperto) disa- si punta al concetto di paura inteso come pa- condo è rischioso ed esige attenzione e ap- gio interiore prima, motivo di sciagurata ac- ralisi totale dei sensi di fronte alle proprie in- prendimento continui: cercare e saper rico- cusa (ed esecuzione) di terzi innocenti poi. A quietudini e indecisioni personali circa l’ob- noscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è tutto questo, per di più, così come nell’oscura bligo, nella vita di chiunque, di affrontare inferno, e farlo durare, e dargli spazio». pellicola di Tarr, l’uomo non ha la minima (non importa se superandoli) gli inevitabili idea o forza di reagire: si lascia andare, conce- (molto spesso insormontabili) ostacoli di per- Stefano Gallone de a quella forza superiore (in senso sia fisico corso («This is something you have to do!»); che soprattutto concettuale) di farsi agire per dall’altra, la possibilità di venire a capo di una inerzia, di assuefare il dominio a ciò che cre- siffatta complessa e, magari, irreparabile si- E’ nato ad Avellino nell ’84. Critico cinematografico e mu- deva di dominare. Tutto, anche qui, pur di tuazione personale solo con la forza di chi rie- sicale. Laureato in Teorie e Tecniche del Linguaggio Cine- non ammettere le proprie colpe interpersona- sce a non lasciar soli i propri amati simili nel matografico, ha collaborato con Il Mattino e scrive per li. Colpe per le quali, invece, viene accusato momento della verità, quello del bisogno di WakeUpNews e Lettera43 6 [email protected] La stoffa dei sogni. Diari di Cineclub pubblica due articoli sull’opera di Gianfranco Cabiddu firmati da Giulia Marras, Antonio Maria Masia per raccontare il piccolo caso di qualità La stoffa del cinema È uscito il 1° dicembre il nuovo film di Gianfranco Cabiddu, in una ventina di sale, che inaspettatamente ma fortunatamente, sono diventate molte di più Decenni di incubazio- trovava in grave crisi politica, economica e ne, diversi anni di pro- culturale; come a dire che a volte ritornare a duzione, attesa nella farsi ispirare dai grandi può anche non essere distribuzione (dopo un un problema di mancata creatività, ma posso- passaggio come pre-a- no essere invece una risorsa da cui ricomincia- pertura alla Festa del re a pensare e a guardare il cinema, soprattutto Cinema di Roma 2015), in questo caso e in questo caos contemporaneo La stoffa dei sogni, sesto degli innumerevoli remake, adattamenti e se- Giulia Marras Il regista cagliaritano Gianfranco Cabiddu in una caricatura lungometraggio del re- quel. In più ne La stoffa dei sogni compare un di Luigi Zara gista sardo Gianfranco Cabiddu, ha seguito nuovo personaggio, o quasi: l’isola imprecisa- una lunga rotta, burrascosa ma ponderata, ta del Mar Mediterraneo acquista qui un no- che gli ha permesso di approdare finalmente me, quello dell’Asinara, ex blindatissima iso- dei due ufficiali da parte di Calibano, unico nelle più canoniche sale cinematografiche dal la-carcere, ora Parco Nazionale; una prigione abitante autoctono dell’isola, interpretato da 1° dicembre in tutto il paese. Evitando con for- a cielo aperto che diviene il set ideale dove “su re” Fiorenzo Mattu, dai tratti inconfondi- za e magia la sola e ristretta circolazione festi- ambientare le vicende malinconiche ma an- bili e antichi, quasi mitologici, qua un pastore valiera, o l’uscita limitata in pochi eventi fuori dal linguaggio miste- dal circuito dominante, il piccolo, e grande, rioso e incomprensibi- film di Cabiddu, è riuscito anche grazie all’aiu- le, il primo a rimanere to del distributore Microcinema, a guada- incantato dallo spetta- gnarsi da solo uno spazio altrimenti circo- colo degli attori- dete- scritto alle produzioni più comode e viziate nuti o detenuti-attori dal botteghino, registrando – nello stesso we- (e anche suoi coloniz- ekend di Sully di Clint Eastwood e Un Natale al zatori). Nell’atmosfera sud con Massimo Boldi – la migliore media per di un neo-realismo ma- copia distribuita. Un successo, purtroppo gico impreziosito dalla anomalo per i film di interesse culturale rele- natura immacolata e gati solitamente “in seconda fila”, che garanti- atemporale, La stoffa dei sce comunque una tenitura ancora più solida sogni restituisce allo e lunga, e fa ben sperare necessari e futuri stesso modo l’idea sha- cambiamenti per la sopravvivenza della sala kespeariana dell’illusio- cinematografica, sempre più messa alla prova ne teatrale, del sogno, da Netflix e company. Ma un altro merito di che farsesche di Campese, Prospero De Caro come arte per lo smascheramento del mondo Cabiddu e del suo La stoffa dei sogni è quello di (Ennio Fantastichini), Don Vincenzo, o il Re e quella eduardiana del teatro come mezzo aver catalizzato l’attenzione del pubblico ri- di Napoli, (Renato Carpentieri), Ferdinando e fondamentale di impegno e di denuncia so- portando al cinema il teatro, che magicamen- Miranda. La messinscena ingannevole de ciale, nonché di sensibilizzazione del suo te si fa macchinazione e trucco “antico” per L’arte della commedia diviene qui la rappresen- pubblico, per far incontrare infine le due uto- un’immagine filmica rinnovata e libera, oltre tazione proprio de La tempesta, un vero e pro- pie nella splendida musicalità del testo de La che universalmente leggibile e raggiungibile. prio test per dimostrare a Prospero-De Caro tempesta in napoletano. Con la grazia e l’umil- Tra La tempesta di Shakespeare e L’Arte della la professionalità della compagnia itinerante tà di chi approccia ai nomi inarrivabili della commedia di Eduardo De Filippo, e come origi- di Campese, infiltrata però dai prigionieri, tre storia del teatro e dell’arte, e la professionalità nale fil rouge che tiene insieme le due opere, camorristi, della nave naufragata durante la e la passione di chi crede in un progetto che la traduzione del testo shakespeariano in na- può anche rendere la vita difficile - “il che – di- poletano antico dello stesso Eduardo, regi- rebbe Eduardo – è però uno degli scopi dell’e- strata con un’incisione audio proprio insieme sistenza”, Gianfranco Cabiddu, isolano che al regista Cabiddu, il film regala un nuovo gira su un’isola di un’isola – e “il tempo su corpo e una nuova anima al lavoro dei due sto- un’isola non segue più le regole della ragione” rici autori/attori, esattamente come la tempe- – rifugge il suo tempo, e il mercato, trala- sta regala nuove possibilità ai personaggi della sciando l’attualità o i temi ora in voga, ma così commedia. Non si tratta di un riciclo nostalgi- facendo torna anche a parlare di noi, e della co, come ha azzardato qualcuno, ma di un re- necessità di rimettere l’arte al centro, per non cupero essenziale, di cui Sergio Rubini (che avere più paura delle “evasioni”, delle diversi- interpreta Campese, il vero capo-comico della tà, degli altri. compagnia naufragata) ha spiegato benissi- mo la necessità, in conferenza stampa, trami- te l’esempio del classicissimo Le Rane di Ari- stofane, commedia in cui il dio del teatro tempesta, mentre dall’altra parte dell’isola Dioniso compie un viaggio nell’ade per resu- prendono luogo gli eventi shakespeariani, l’a- scitare Sofocle, in un momento in cui Atene si more Miranda e Ferdinando, e il rapimento Giulia Marras 7 n. 46 Noi siamo fatti con la stoffa dei sogni Manchester by the Dopo aver visto al Ci- misterioso e favoloso dei maghi, degli spiriti, Sea nema Quattro Fontane dei miti e delle magie (e il teatro è un mondo di di Roma l’ultima fatica magie) ci sussurra: “Nuje simme fatte cu la Sarà l’età che avanza, di Gianfranco Cabiddu stoffa de li suonne, e chesta vita piccerella no- sarà il cervello che ri- La Stoffa dei Sogni ho sta da suonno è circondata, suonno eterno” fiuta una simile realtà, provato e ritengo di (Noi siamo fatti con la stoffa dei sogni e questa ma ultimamente trovo poter dire all’unisono vita piccolina nostra da sogno è circondata, so- i film sull’adolescenza Antonio Maria Masia con i tanti altri spetta- gno eterno). Ed oggi il regista ci fa il dono di particolarmente sti- tori presenti, una pia- molanti e, solitamente, cevole sensazione di gioia e di felicità. Pur non belli. E la pellicola scel- pretendendo per me stesso alcuna capacità ta questo mese man- nell’esprimere valutazioni di critica cinema- Eleonora Migliorini tiene, almeno in parte, tografica sui pregi o difetti dell’opera, né tan- le promesse fatte. Pre- tomeno nell’interpretare il perché una situa- sentato al Sundance Film Festival lo scorso zione renda qualcuno felice oppure no, penso gennaio da un produttore d’eccezione, Matt di poter dire, a ragion veduta, che senza un so- Damon, generosamente distribuito da Ama- gno, una memoria, un ideale non sarebbe pos- zon (il cui apporto economico ha permesso alla sibile avvicinarsi allo stato magico della gioia, principale finanziatrice del progetto di -recu seppure per un momento. La visione de La perare il proprio, ingente, capitale), Manchester stoffa dei Sogni ha la capacità di regalare uno di by the Sea (scritto e diretto da Kenneth Loner- questi momenti: un dono, frutto della maturi- gan), ha trovato apprezzamento immediato tà artistica di un regista che ha da sempre de- anche presso il pubblico, generalmente esi- dicato la maggior parte dei suoi lavori alla sua gente, di Los Angeles. Qualche settimana fa ha Sardegna, che si porta dentro, dovunque. Isola, infatti registrato il tutto esaurito alle proiezio- il cui ambiente fisico e paesaggistico viene ni speciali a cura dei Landmark Theaters citta- proposto con immagini di rara bellezza ed dini che, per due giorni di seguito, hanno ri- all’interno del quale il regista colloca, come in empito le sale dedicate di spettatori curiosi questo caso, temi universali quali quelli dell’u- prima, e appagati poi. Di particolare successo manità, dell’esistenza, delle relazioni, dei sen- è stato l’evento conclusosi con l’apparizione di timenti, dell’ambiente, della benevolenza e del Matt Damon sul palco, disposto a una chiac- perdono. Argomenti che Gianfranco Cabiddu utilizza con bravura per la “ri-creazione” di una commedia, di un racconto, di un sogno che un altro sogno, rivestendo con la preziosa stof- dedica al suo amato Maestro, Eduardo De Fi- fa intessuta di fili magici la ben nota storia dei lippo, il grande Eduardo, il quale rifacendosi a naufraghi in un’isola deserta, che mescola i de- “La Tempesta” del sublime drammaturgo e po- stini di una compagnia di comici e di camorri- eta William Shakespeare, aveva tradotto in sti in fuga, a contatto con spazi e silenzi indefi- dialetto napoletano il testo originale, suscitan- niti e con l’emergere di passioni, storie, e do, come noto, diverse e successive opere sull’ valori sui quali ci si confronta e si combatte, argomento. Tematiche ambientate negli spazi coinvolgendo emotivamente gli spettatori, fi- suggestivi ed evocativi di un’Isola nell’Isola, no a soluzioni di amore, di tolleranza, com- l’Asinara, un luogo non più immaginario come prensione e perdono. Un’opera da non perdere, l’aveva inteso Shakespeare, ma reale e vivo nei in particolare per i Sardi della cui comunità suoi splendidi panorami, abitato da una fisicità faccio parte con l’onore in questo momento di di rocce, mare, piante e animali di rara bellez- rappresentarla a Roma attraverso l’antica e za. Seguire le immagini, la musica che ottima- prestigiosa Associazione Il Gremio. Di sicuro mente accompagna le scene, e anche su questo il film regalerà momenti suggestivi e particola- Gianfranco dimostra maestria e competenza ri, di assoluta tenerezza, di positive riflessioni, mettendo in evidenza ciò che gli deriva dalla di totale bellezza, grazie a un sogno senza spa- sua originaria impostazione e preparazione zio e senza tempo. quale etnomusicologo, e lasciarsi andare dai testi quelli classici de “La Tempesta” e quelli Antonio Maria Masia popolari e napoletani dei protagonisti, Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini in primis, tutti Socio dell’Associazione Europea dei Critici Letterari - bravissimi e convincenti, è come lasciarsi AICL. Collabora e pubblica in diverse riviste di carattere prendere da un incantesimo, da una ninna nan- associativo, economico e culturale. Partecipa attivamente na, da una melodia, da un sogno. E cosa è la all’attività dei Circoli Sardi, dal 2010 Presidente dell’As- chierata informale con un critico cinemato- vita se non un sogno? Come ci dice Shakespe- sociazione dei Sardi di Roma ”Il Gremio” curando eventi e grafico e a uno scambio di battute, benché te- are con “La Tempesta”, come ci dice il suo manifestazioni con al centro la Sardegna, la sua cultura e legrafico, col pubblico presente. Scambio che, contemporaneo Pedro Calderon de la Barca nel la sua economia. Ha pubblicato nel 1989, il libro di poesia inutile dirlo, ha affascinato l’intera platea, ma- suo dramma filosofico teologico “La vida es “I Silenzi di Pietra, e in lingua sarda nel 2002, il libro schile e femminile insieme, per la simpatia e sueño”, come ci ricorda Eduardo quando verso “Kadossène” (in fenicio pantofola degli Dei), un canto sul- l’umiltà (peraltro consuete), che l’hanno carat- il termine della sua esistenza ci consegna la sua la storia della Sardegna in ottave rime. Nel 2009 ha pub- terizzato. La pellicola in questione, del resto, da sempre desiderata immersione nel magnifi- blicato “Quel calcio nel cuore”, fondatore e primo presiden- ha non pochi pregi, a cominciare dalla parteci- co testo del grande inglese di Stratford-u- te della Polisportiva del suo paese, Ittiri. Nel 2016 a pazione del giovanissimo (e bravissimo) Lucas pon-Avon. Allora Eduardo, attraverso il perso- firmato “Il Gremio”, la storia di un Circolo con oltre 100 Hedges, protagonista, insieme a Casey Affleck, naggio principale Prospero che attinge al mondo anni di vita. segue a pag. successiva 8 [email protected]

segue da pag. precedente del dramma familiare al centro della vicenda. La vita segreta delle parole (La vida secreta Alla morte improvvisa del fratello maggiore, de las palabras) Spagna 2005, di Isabel interpretato da Kyle Chandler, Lee (C. Affleck), un tuttofare residente nei pressi di Boston, è Coixet costretto a rientrare in città, la piccola Man- chester-by-the-Sea, per la lettura del testa- Traumi negati, violenze intuite mento e le tristi procedure che sempre accom- Ci sono film che, per i casa e donne... Le donne come parte del botti- pagnano un decesso. Allontanatosi da anni, da temi trattati e per il ta- no. Un papa, Giovanni Paolo II, che continua- anni confinato nella manciata di metri- qua glio prescelto, si tra- va a chiedere alle vittime di non abortire e di drati che costituiscono il suo, spartano, allog- sformano in classici perdonare i loro nemici per evitare di semina- gio, e ancora di più confinato all’interno di un nel momento in cui ar- re ancora odio... Chiedere alle vittime di non misterioso, eppure visibile, malessere, Lee è rivano nelle sale. È ciò propagare l’odio, chiederlo a loro che sono sta- presto costretto a rientrare in contatto con i che è successo in que- te, in primo luogo, le vittime esclusive di un vecchi amici, ma, soprattutto, col nipote adole- sto caso e Isabel Coixet odio senza precedenti! Così come il discutibi- scente, Patrick (L. Hedges), al quale deve an- Natalia Fernández Díaz- entra a far parte le lavoro dei Caschi Azzurri...O quelle notizie che comunicare la scomparsa del padre. Un Cabal dell’Olimpo con tutti sul generale McKenzie che faceva uscire ogni tempo legatissimi, zio e nipote faticano ora a gli onori. Una sceneg- giorno dal carcere alcune donne bosnie per, trovare un equilibrio, complici le divergenze giatura impeccabile, una interpretazione stel- come diceva la stampa d’allora, “soddisfare i sull’utilizzo della barca lasciata in eredità dal lare di Sarah Pollins e defunto e una certa angoscia strisciante, solo Tim Robbins, una sto- in parte motivata dalla situazione corrente. ria capace di colpire di- Lee, per esempio, si dimostra da subito insof- rettamente alla bocca ferente all’idea di restare in città oltre il previ- dello stomaco e, scusa- sto, mentre la sua improvvisa nomina a tutore te se è poco, la voce in- legale di Patrick (perfettamente inserito nel confondibile di Tom contesto sociale e contrario a una qualsiasi Waits e la sua “The ipotesi di trasferimento), non facilita certo le world is green”. La sto- cose. Frequenti flash-back corrono in aiuto ria si sviluppa essen- dello spettatore che, per quanto irretito dalla zialmente in una piat- fotografia (fredda come si addice a una glacia- taforma petrolifera in le località di mare), di quando in quando sten- alto mare. Si focalizza ta a cogliere il senso profondo del comporta- sulla relazione che si mento distante di Lee. Mezze parole e sguardi stabilisce tra un uomo di commiserazione paiono accompagnarlo che ha sofferto un gra- ovunque, sia tra le conoscenze di una vita che ve incidente ed una si- tra quelle di nuova acquisizione, suggerendo lenziosa e premurosa le linee di una potenziale tragedia, che verrà in infermiera che sa proteggersi dalla curiosità suoi appetiti personali”... Perchè loro, molti di un secondo momento svelata. Le incompren- che suscita negli altri. O forse non sa proteg- quelli che avrebbero dovuto mettere in salvo le sioni tra zio e nipote continueranno, coprendo gersi, sta imparando a farlo e si trova in pro- vittime, ora sono ricordati, in verità, per aver l’arco dell’inverno rigido del Massachusetts e cesso di recuperare la fiducia nel genere uma- perpetuato l’abuso e la morte, malgrado i allungandosi fino allo scioglimento della neve no. Impresa per niente facile quando si è vista mezzi di comunicazione egemonici abbiano a primavera quando, a (tarda) tumulazione av- la crudeltà, il sangue e la morte in faccia. Il do- steso su di loro vari strati di eufemismi... Han- venuta, la scintilla dell’antico legame final- lore è il filo conduttore del film dall’inizio alla nah, la protagonista, lo riassume molto bene mente si riaccenderà tra i due. Centotrenta- fine perché c’è un incidente e un ferito grave e alla fine: “oggi forse no...forse...forse domani sette minuti sono intanto trascorsi dall’inizio quindi sofferenza fisica, ma il dolore princi- neppure...però un giorno all’improvviso è pos- del film, che, forse, avrebbe potuto essere me- pale è soprattutto quello che ci viene rivelato a sibile che inizi a piangere e piangere... e che no lungo e disperato. Nonostante la brillante e pezzi, poco a poco, attraverso la protagonista pianga talmente tanto che niente e nessuno naturale interpretazione di Lucas Hedges, in- e il suo passato che si è lasciata alle spalle, nel- possa farmi smettere... e le lacrime riempi- fatti, e la volenterosa prova di Casey Affleck la guerra dei Balcani. Così è come diventa ranno una stanza e mi mancherà l’aria...e ti (che pure, di tanto in tanto, dà l’idea d’essere chiaro che sopravvivere ad una guerra condu- trascinerò con me...e tutti e due anneghere- troppo forzata, troppo studiata), e degli altri, ce al punto zero della vita: bisogna rimparare mo”. Forse per la dolorosa plasticità di questa numerosi, interpreti, la storia avrebbe potuto a respirare, a camminare, a parlare...e soprat- sintesi, risultano di troppo gli ultimi minuti essere meno cupa (impossibile dire di più sen- tutto ad amare. Di quella guerra non si è spie- del film con un finale molto classico che evoca za svelare troppo), senza nulla togliere alla se- gato abbastanza, forse di nessuna guerra si è l’obbligatorietà della felicità. La felicità, come rietà degli avvenimenti trattati. Ciononostan- spiegato a sufficienza. Ricordo perfettamente l’erotismo, acquisisce maggiore forza quando te, non si può che plaudere a un simile sforzo le notizie dell’epoca in cui si narravano gli ol- si manifesta in forma velata o per omissione. produttivo, estremamente diluito nelle stagio- traggi alle donne che venivano considerate Ma questo è solo un dettaglio. In realtà è più ni (a causa dei vari impegni professionali dei trofei di guerra. Per la prima volta si sentì par- che positivo che ci sia un cinema come quello suoi maggiori esponenti), e tuttavia portato a lare di “ pulizia etnica”. È necessario non di- della Coixet che, senza rinunciare all’eccellen- termine, con passione e fatica ed eleganza. menticarlo. Era il 1992 e fu la stampa francese za, ci fa immergere nelle acque della riflessio- che coniò questo concetto, ancora più che vivo ne e attraversa le nebbie della coscienza. Per- nel nostro vocabolario e, disgraziatamente, chè il racconto della protagonista è quello nelle lezioni che la storia contemporanea con- delle persone che sono scese agli inferi e non tinua a scrivere. Con la stessa nitidezza ricor- hanno ancora potuto determinare se seguire do le interviste che si realizzarono a giovani vivi è realmente una fortuna. serbi in cui loro dichiaravano che grazie alla Natalia Fernández Díaz-Cabal guerra e al loro ruolo nel conflitto, avrebbero Eleonora Migliorini potuto aspirare ad avere qualcosa: macchina, Traduzione dallo spagnolo a cura di Valeria Patané 9 n. 46 La Resistenza europea a Hollywood (1940-1944) Spesso non ce ne ren- la rivalità con Mussolini/Napaloni, il crudele Europa divennero più numerosi: ormai si cer- diamo conto, neanche razzismo antisemita di Hitler/Hinkel. cava non di forzare la mano al governo, verso noi che ci occupiamo Chaplin aveva scritto la sceneggiatura già nel un impegno antifascista che non c’era stato - e praticamente ogni gior- 1938 e, in gran segreto, nel 1939 aveva comin- sappiamo, per testimonianza di Orson Wel- no del cinema e della ciato a girare il film (era l’anno in cui la sua les, che Roosevelt si pentì di non averlo pro- sua storia, ma dal 1940 Patria natale, la Gran Bretagna, era entrata in mosso - durante la guerra civile spagnola, ve- al 1945/46 - quando sono guerra con la Germania nazista e l’Italia fasci- ra e propria “prova generale” dell’aggressività cominciati ad uscire sta). Quando il film uscì, nel 1940, ne fu vietata di Hitler e Mussolini, bensì in appoggio a Stefano Beccastrini nelle sale capolavori re- la proiezione in quasi tutti i Paesi europei, or- quello stesso impegno, che gli USA avevano fi- sistenziali quali, in Ita- nalmente preso dopo Pearl Harbor. Nello lia, Roma città aperta e Paisà, entrambi di Ro- stesso 1941, Fritz Lang - cineasta tedesco al berto Rossellini o, in Francia e di pari valore quale pare che Goebbels avesse offerto la dire- storico ma assai meno bello, La bataille du zione generale della cinematografia nazista e rail-Operazione Apfelkern di René Clement - gli che perciò era fuggito in America - realizzò unici film che parlassero della Resistenza dei Man Hunt-Duello mortale: storia di un uomo popoli europei occupati dai nazisti furono che, durante una battuta di caccia in Germa- prodotti ad Hollywood (oltre che in quei Pae- nia quando ancora la guerra non era scoppia- si, come la Gran Bretagna o l’Unione Sovieti- ta, si era trovato sotto il mirino del proprio fu- ca, che erano in guerra contro il nazifascismo cile Hitler in persona e non aveva avuto la e, possedendo una propria industria cinema- prontezza di sparargli. Pentito di ciò, testar- tografica, riuscirono - pur tra mille difficoltà damente tornò sul suolo tedesco, qualche dovute ai bombardamenti, nel caso inglese, e mai sotto il giogo nazifascista: in Italia, il tempo dopo, per riprovarci. Un apologo mo- all’invasione tedesca ed italiana, in quello rus- Minculpop diffuse una circolare che vietava di rale, come sempre nei film di Lang: è lecito as- so - a produrre opere patriottiche fin dai pri- proiettare “l’opera propagandistica dell’ebreo sassinare a sangue freddo un tiranno? Il 1942 mi anni Quaranta fino alla vittoria). La mac- Chaplin”! Il terzo infine, è un accorato melo- e il 1943 furono gli anni in cui alcuni cineasti china propagandistica, in senso antinazista, dramma, anzi una vera e propria tragedia (in- europei, profondamente solidali con la Resi- del miglior cinema americano - quello più le- terpreti principali James Stewart e Margaret stenza che l’occupazione nazista dei loro Pae- gato al rooseveltismo - non aspettò neppure Sullivan), che narra la progressiva rovina del- si d’origine aveva finito con il provocare, det- l’entrata in guerra degli USA, avvenuta dopo la famiglia di un professore universitario te- tero al cinema hollywoodiano indimenticabili l’aggressione giapponese di Pearl Harbor, per desco, di origini ebraiche, che morirà in un la- capolavori. Del 1942 sono due opere mitiche. mettersi in moto. Per esempio, già nel 1940 ger mentre la figlia sarà uccisa da un nazista La prima è Casablanca di Michael Curtiz, cine- ossia quando gli Stati Uniti non erano ancora mentre sta cercando di fuggire in Austria. Il asta ungherese trasferitosi a Hollywood il ufficialmente nemici della Germania hitleria- quale seppe donare al cinema americano alcu- na, uscirono tre film di chiara denuncia della ni film d’avventura e alcuni melodrammi as- minaccia, per la democrazia, dell’aggressività solutamente indimenticabili. E’ vero che, in totalitaria e della bellicosità del nazismo. Si Casablanca, l’eroe e l’eroina sono Humphrey tratta di Foreign Corrispondent- Il prigioniero di Bogart e - chi non ricorda il Amsterdam di Alfred Hitchcock, di The Great loro straziante addio davanti all’aereo che li Dictator-IL grande dittatore di Charles Chaplin, separerà per sempre - ma la scena davanti alla di The Mortal Storm-Bufera mortale di Frank quale, ogni volta che la vedo, piango come un Borzage. Tre capolavori! Il primo - ma secon- bambino è quella in cui Victor Lazslo/Paul En- do film americano di Hitchcock dopo Rebecca dler, attore nato a Trieste al tempo dell’impe- - denuncia l’errore del pacifismo generico - e “Casablanca” 1942 di Michael Curtiz ro austroungarico, ordina all’orchestrina del nel film, addirittura in malafede - che chiude Rick’s Café Americaine di suonare la Marsi- gli occhi davanti alla minaccia hitleriana (va film - triste e tenero come sono tutte le storie gliese. L’altro è To Be or Not to Be-Vogliamo vive- detto che Hitchcock, negli anni immediata- d’amore e di morte di Frank Borzage - pro- re, una strepitosa tragicommedia di Ernst Lu- mente successivi, realizzò altri due film anti- vocò il divieto tedesco di importazione delle bitsch tutta quanta fondata su un impianto nazisti: Saboteur-Sabotatori, 1942, e Lifeboat-Pri- opere cinematografiche della MGM, colpevole strutturalmente teatrale (anzi, addirittura gionieri dell’Oceano, 1944). Il secondo fu di averlo prodotto. Nel 1941, l’anno di Pearl shakespeariano, tirando in ballo l’Amleto e Il mercante di Venezia) che dimostra come, quan- do il cineasta è un genio, sappia contempora- neamente far ridere e commuovere, spingere al divertimento e alla meditazione il proprio pubblico mostrando storie come questa: irre- sistibilmente umoristiche e terribilmente drammatiche. Saper far ridere anche davanti allo strazio più penoso: solo Lubitsh poteva ri- uscirci! Nel 1942, poi, saranno Jean Renoir e, di nuovo, Fritz Lang a tornare a mostrare, con la nostalgia e la solidarietà degli esiliati, il dramma dei resistenti europei, in pericolosa e “Il grande dittatore” USA 1940, diretto, prodotto e “Vogliamo vivere!” USA 1942 di Ernst Lubitsch clandestina lotta contro l’invasore nazista del- interpretato da Charlie Chaplin la loro Patria. Renoir realizzerà infatti This Land is mine-Questa terra è mia: certamente, non uno un’opera indimenticabile del grande Charlie Harbor e dell’entrata in guerra degli Stati dei suoi massimi capolavori (quelli riusciva a gi- Chaplin, capace di prendere in giro fino allo Uniti, i film apertamente schierati a favore rarli soltanto, a parte The River-Il fiume, 1951, sberleffo il sogno nazista di dominio mondiale, della resistenza antinazista e antifascista in segue a pag. successiva 10 [email protected]

segue da pag. precedente narrativamente robusto e il proprio appassio- oltre che militare, del popolo sovietico nella girato in India - a Parigi e lungo la Senna: egli nato impegno democratico - girò La settima immane lotta contro l’invasione nazifascista era inguaribilmente francese) ma comunque croce, opera addirittura dedicata ai primi mo- ebbe il proprio omaggio hollywoodiano: fu un bel film, nobile, commovente. Storia di un vimenti antinazisti degli anni ‘30. Ormai sulla anche in tal caso nel 1944 che Jacques Tourner maestro elementare (Albert/Charles Lau- via della vittoria contro l’hitlerismo, era come - cineasta di origini francesi, generalmente e ghton, bravo come sempre) che, nella Francia se Hollywood volesse ricordare ai tedeschi che genialmente specializzato in film noir - rea- occupata dai tedeschi, riesce a vincere la pro- martiri antinazisti c’erano stati anche in Ger- lizzò Days of Glory-Tamara, la figlia della steppa, pria timidezza e, dopo aver letto ai propri al- mania fin dal 1936 (il protagonista del film è con Gregory Peck (che tutti conoscono) e Ta- lievi la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cit- Spencer Tracy nei panni di George Helster, mara Toumanova (che fu una ballerina ed at- tadino e aver pubblicamente dichiarato il guida della fuga da un lager di un gruppo di trice russa, poi trasferitasi in America). Av- proprio amore per una collega (la maestra protoresistenti al totalitarismo hitleriano). viandomi a concludere questo articolo, Lang girò, invece, Ministry of Fear-Prigioniero tratterò di due ultimi film - resistenzialmente del terrore: ennesima, magistrale variazione comici, potremmo dire - che videro impegnati sullo spionaggio, lo sbandamento personale, nella cinematografica lotta di Hollywood con- l’incertezza e l’ambiguità morale dell’uomo tro il dominio nazista dell’Europa persino il disorientato del nostro tempo ma alfine riso- luto a combattere il Male assoluto (il protago- nista è un bravissimo , attore troppo presto dimenticato e da rivalutare). Come si è detto all’inizio di questo articolo, due stati restarono, in Europa, soli ad affron- tare bellicamente lo strapotere nazifascista: la Gran Bretagna e l’URSS. Essi produssero, sep- pur tra mille immaginabili difficoltà perchè non è facile fare film sotto le bombe, varie opere di sostegno al proprio esercito e al pro- prio popolo (per esempio: in Gran Bretagna, Alexander Korda realizzò nel 1941 That Hamil- ton Woman-Il grande ammiraglio, epica rico- “Der Fuehrer’s Face” (Il volto del Fuhrer) 1943 di Jack struzione dello scontro tra Lord Nelson, inter- Kinney pretato da Laurence Olivier, e Napoleone Bonaparte: Korda spingeva chiaramente il pur politicamente destrorso - ma attento ai pubblico a vedere in Nelson il Churchill, e in desideri del governo americano - Walt Disney Napoleone l’Adolf Hitler, della situazione; in e i due simpaticoni apparentemente apolitici “This Land Is Mine”, USA 1943 di Jean Renoir URSS, invece, il grande Eisensteijn già nel Stan Laurel ed Oliver Hardy (noti in Italia co- 1938 aveva arricchito di afflato patriottica- me Stanlio e Ollio). Questi ultimi realizzaro- Louise/Maureen O’Hara), va a testa alta a farsi mente antinazista il proprio potente, anche no, regista Edward Sedgwich - celebre soprat- fucilare dai nazisti, accusando gli odiati colla- grazie alla musica di Prokofiev, Aleksandr Ne- tutto per aver diretto, all’epoca del muto, varie borazionisti. Il film di Lang, invece, trattava vskij) però ricevettero un filmico sostegno an- comiche di Buster Keaton - Air Raid Wardens-Il della Resistenza cecoslovacca e del mortale at- che da Hollywood. Per quanto riguarda la tentato che essa riuscì a realizzare uccidendo Gran Bretagna, risultano tutt’oggi indimenti- Reinhardt Heydrich, crudele e odiato gover- cabili, il magistrale, melodrammatico ma an- natore nazista di Praga. Storicamente, l’at- che narrativamente piacevole e propagandi- tentato fu un capolavoro di collaborazione tra sticamente convincente, Mrs. Miniver-La il servizio segreto inglese e i partigiani ceco- signora Miniver, 1942, dell’eticamente rigoroso slovacchi. Nel film, diventa invece il geniale William Wyler (con Walter Pidgeon e Greer complotto di una intera città, tutta quanta Garson) nonchè il patetico ma efficace The mobilitata e pronta ad agire contro l’oppres- White Cliffs of Dover- Le bianche scogliere di Do- sore. Alla sceneggiatura del film partecipò an- ver, del 1944, di Clarence Brown (cineasta di che Bertolt Brecht, all’epoca esule in America: intensa, spesso mediocre e talora appassio- pare che i suoi rapporti con Lang non siano stati troppo tranquilli, tant’è che il nome di Air Raid Wardens-Il nemico ci ascolta, 1943, diretto da Brecht non compare nei titoli di testa (due tra Edward Sedgwick con Stanlio e Ollio i maggiori narratori tedeschi del ‘900, insom- ma, non riuscirono a lavorare assieme a un nemico ci ascolta, 1943: i due erano impegnati film sulla Resistenza europea: d’altronde Ber- nel combattere le spie naziste operanti in ter- tolt Brecht e Fritz Lang erano culturalmente, ra americana: un argomento ricorrente all’e- politicamente e caratterialmente molto lonta- poca (se ne occupò anche Alfred Hitchcock, ni tra loro). Comunque, a me il film piace tan- come già si è detto). Walt Disney aveva invece tissimo. Nel 1944 vennero film “resistenziali” di girato, nel 1942, spassoso e graffiante cartone Fred Zinnemann e ancora di Fritz Lang ma già animato sulla pianificata irregimentazione e la maggior parte dei film di guerra hollywoo- sullo stolto indottrinamento che il popolo te- diani, fatti in appoggio all’impegno bellico “Tamara figlia della steppa” (Days of Glory) 1944 di desco subiva nella Germania nazista. Un’ope- americano contro il nazifascismo e l’imperiali- Jacques Tourneur che segna il debutto cinematografico ra, di notevole portata satirica, che varrebbe la smo giapponese, erano rivolti più ad esaltare la di Gregory Peck pena di proiettare ancora, persino a scuola: lotta dei soldati statunitensi che gli eroismi dei nante, prolificità) con Irene Dunne: un filmi- giovani Hitler stanno di nuovo crescendo an- resistenti europei. Zinnemann - cineasta vien- co inno, in piena guerra ma poco prima dello che in Italia, purtroppo. nese trasferitosi in USA, ove portò nel cinema sbarco in Normandia, dedicato all’alleanza americano il proprio indimenticabile stile angloamericana. Anche l’impegno partigiano, Stefano Beccastrini 11 n. 46 District 9 Crudo realismo, amara attualità e un forte rigore etico in salsa fantascientifica “District 9” è una di tecnologicamente avanzatissima e per tale ra- stolidi e imbarbariti, trattati come bestie sia quelle pellicole che gione avessero perso ogni possibilità di aggre- dai mercenari dell’MNU sia dai trafficanti ni- difficilmente si pos- gazione e di organizzazione sociale (tra cui la geriani insediati nel distretto in barba a qual- sono dimenticare, capacità di operare in gruppi gerarchicamen- siasi regolamento; extraterrestri coriacei e re- sia per l’assoluta ori- te organizzati). Un convoglio di benvenuto pellenti ma sempre più indifesi e tristi ginalità della trama, dell’ONU li accoglie e li sistema provvisoria- nonostante i corpi blindati e le armi fanta- sia per l’efficacia del mente entro una gigantesca baraccopoli alle scientifiche recuperate dalla nave madre che messaggio trasmes- porte della città, il Distretto 9 appunto, con la scambiano ingenuamente con scatolette di ci- so. Film del 2009 ad prospettiva di spostarli in seguito verso aree bo per animali, spesso ricavandoci nient’altro opera del regista meno urbanizzate e più gestibili. Con questa che un proiettile in testa e consegnando pro- Neill Blomkamp, ha premessa assai umanitaria, il film ci presenta gressivamente tutta la loro tecnologia in ma- ottenuto ben quattro i milioni di naufraghi alieni venti anni dopo il no agli avidi e disumani scienziati terrestri Giacomo Napoli candidature all’Oscar loro sbarco dentro la bidonville improvvisata che spesso e volentieri, insieme ai loro arma- tra cui quella di miglior film, e prende spunto, e se all’inizio apparivano increduli, spaventa- menti e alle loro apparecchiature, sequestra- tra le altre cose, da fatti realmente accaduti in ti, denutriti e storditi, adesso li troviamo deci- no anche un paio di “gamberoni” per conti- Sudafrica durante l’apartheid in un’area resi- samente imbarbariti e privi di qualsivoglia di- nuare indisturbati i loro esperimenti illegali denziale denominata District 6 (da cui il titolo gnità “umana”: frugano nei rifiuti e nei rottami, sui loro corpi… Ma quel giorno, quando le affatto casuale). Presentandoci un attore ine- si nutrono di spazzatura, sono costantemente truppe dell’MNU irrompono nel Distretto 9 dito quanto sconosciuto qui in Italia per cominciare la deportazione oltre- come Sharlto Copley nel ruolo del pro- confine, il responsabile delegato della tagonista dal nome altrettanto astruso multinazionale (Wikus, appunto) du- (Wikus Van De Merwe), “District 9” rante i numerosi giri di ispezione, cen- tratta temi corali e attualmente quanto simento e deportazione di massa, finisce mai pressanti e scomodi come xenofo- per rimanere colpito incidentalmente da bia, segregazione razziale, migrazioni una misteriosa sostanza aliena che uno di profughi ed immigrazione clandesti- dei profughi spaziali (l’unico in effetti che na mostrandoceli e parlando di essi at- dimostri una coscienza nettamente più traverso la lente acuta ma sempre leg- sviluppata dei suoi simili) stava imma- germente deformante della gazzinando nel tentativo di ridare vita fantascienza in una sfumatura partico- all’astronave madre… Pellicola neoze- larmente hardcore, cruda e spietata e landese preceduta da una fitta campa- rifuggendo luoghi comuni e facili buo- gna virale, forte di una ferrea e iperrea- nismi senza senso. Già in partenza, l’ef- listica morale civile e politica, ad opera fetto generale è quello di un’efficacissi- di un regista specializzato nell’utilizzo ma presa diretta, anche grazie a certi degli effetti visivi non come fine ma co- settori delle riprese totalmente virati me mezzo, “District 9” è una metafora sullo schema documentaristico che di lineare: gli alieni visti come immigrati solito tenderebbero a stuccare ma che o come profughi, diversi, trattati con qui lavorano egregiamente fianco a sospetto e con disprezzo dai terrestri fianco con una regia raffinata e a tratti ma al tempo stesso confusi loro stessi e persino classica. E’ anche grazie a que- ridotti ad una sorta di demenza barba- sto piglio giornalistico da reportage rica, ostili e distaccati con gli umani co- che l’effetto di realismo tende ad avere me tra di loro. Finché l’allegoria si spin- da subito il sopravvento sullo spettato- ge oltre e nel dipanarsi della storia lo re, mentre la trama ci avvince istanta- spettatore comincia ad identificarsi neamente con un ritmo incalzante ma con particolari individui (il protagoni- mai videoludico che ci trascina rapido sta umano e quello alieno) e al tempo verso il nocciolo della storia. Storia che stesso nota sempre più che i veri “catti- proprio adesso, nel nostro momento vi” senza diritto di appello sono proprio storico e in Europa, ci appare inevita- i terrestri mentre il resto degli immi- bilmente, drammaticamente attuale. grati spaziali non è altro che carne da Nel film un’astronave immensa ricol- macello, triste e senza scopo. Un film ma di alieni simili ad insetti naufraga sulla vittime di trafficanti di armi, di prostituzione veramente poderoso, decisamente crudo e Terra finendo per fermarsi a mezz’aria, come e persino di cibo in scatola e devono obbedire spietato ma realistico e sincero che non lascia fosse scarica e priva di carburante, sopra la ciecamente alla spietata multinazionale MNU spazio a vuoti pietismi o a facili cliché. Da ve- metropoli di Johannesburg, in Sud Africa. Gli che ha il pieno controllo sull’intero Distretto 9 dere assolutamente per tutti gli appassionati extraterrestri, nonostante il loro aspetto re- fino ad esercitare quasi arbitrariamente il po- di quella fantascienza raffinata e decisamente pellente così simile a un mix di formiche e tere di vita o di morte dentro lo stesso, sfor- alta che sconfina spesso nel dramma umano, crostacei (da cui il dispregiativo soprannome zandosi appena di mascherare i propri raid nella fantapolitica e nella sociologia. di “gamberoni”), si rivelano immediatamente con il perbenismo umanitario grazie al suo inermi e per la stragrande maggioranza in- potente esercito di aggressivi mercenari ben stupiditi e perennemente storditi come se addestrati. Ma arriva il giorno in cui gli alieni fossero naufragati per caso sul nostro pianeta devono andarsene, il giorno in cui devono tra- dopo aver perso il loro capo, la loro regina ma- sferirsi in massa verso il nuovo campo profughi, dre o comunque il fulcro della loro struttura civile a duecento chilometri dalla città; sempre più Giacomo Napoli 12 [email protected] Nel centenario di Cenere: Visconti e la Duse «Ma recita, o cosa fa?»...* Al Teatro Quirino di Carminati, Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Cesare Roma, il 3 ottobre Fantoni, Vittorio Gassman, Emma Gramatica, Ri- 1958, andò in scena na Morelli, Romolo Valli. Luise Rainer e Robert una «serata comme- Brown, per quel tanto di snobismo sempre presente morativa» senza repli- nelle manifestazioni del Teatro Club, hanno recita- che, dal titolo Immagi- to in inglese la scena finale diCasa di bambola. Il Nuccio Lodato ni e tempi di Eleonora pubblico si è mostrato irrequieto; gli attori -certo Duse. Voluta, proget- turbati dall’avvenimento- eccessivamente riservati. tata e organizzata da Gerardo Guerrieri e da Infinita commozione per Emma Gramatica che ha sua moglie Anne d’Arbeloff con il loro «Teatro recitato da quella grande attrice che è un brano del- Club» operante dall’anno precedente, in colla- la Città morta, e vivo turbamento di Tullio Carmi- borazione col Centro Sperimentale di Cine- nati nel leggere l’ultima lettera indirizzatagli dalla “Cenere” (1916) diretto ed interpretato da Febo Mari, matografia, per conto del quale il giovane Ric- Duse. Carminati fu, con Benassi, l’attore prediletto con Eleonora Duse, tratto dall’omonimo romanzo del cardo Redi ebbe a compilare un’antologia degli ultimi anni della divina». Un’altra recen- 1904 della scrittrice Grazia Deledda visiva comprendente parte di Cenere. Ricorre- sione della serata, quella di Nicola Chiaro- va quel giorno l’esatto centenario di nascita monte per “Il Mondo” di Pannunzio, fa espli- trasformata continuamente, ha continuato a cam- dell’attrice: come quest’anno ricorre quello cita menzione, cavallerescamente senza biare stile, ha capito i testi, ha avuto bisogno di testi dell’unico film da lei interpretato, Cenere di e nominarle, all’«umore di due nostre attrici, vi- diversi, ha gettato via la paccottiglia di testi, era con Febo Mari, dalla Deledda, prodotto a Tori- sibilmente indispettite per qualche oscuro una donna così. Era un talento particolare, era un no da Arturo Ambrosio, riguardo al quale è motivo». Perché Visconti aveva accettato di ci- fenomeno particolare... Oggi c’è chi dice: “Oh, ma la imminente l’importante libro curato da Maria mentarsi nell’insolita e impegnativa, da un Duse oggi sarebbe insentibile, per carità!”. Queste Pia Pagani e Paul Fryer, Eleonora Duse and Ce- certo punto di vista, forse, persino ingrata im- sono scemenze, non vuol dire nulla. La Duse, viven- nere, edito a Londra da McFarland & Co. Il presa? La risposta va cercata retrocedendo nella do questi anni, avrebbe certamente capito molte co- prestigio della coppia, ro- sua biografia di trentasette se. Quando la sentii allora -ero ragazzino- rimasi mana d’adozione, aveva anni (lo scorso 2 novembre addirittura senza fiato. Che si potesse recitare così potuto ottenere l’impegno ne ha rappresentato a sua non lo capivo neanche. Ricordo che domandai a in regìa di Luchino Viscon- volta il centodecimo anni- mia madre: «Ma recita, o cosa fa?». Perché non pa- ti, nonostante - o forse versario della nascita). Ele- reva che recitasse... Dunque lei era avanti, avanti, proprio perché- nella me- onora Duse era riapparsa avanti, già prossima a tutto quello che è venuto do- desima struttura il mae- sulle scene il 5 maggio 1921, po di lei, le aveva già capite tutte, aveva intuito. Re- stro stava provando l’im- dopo ben dodici anni dal citava il primo atto de La donna del mare. Io dis- minente allestimento di ritiro -lungo interludio in- si: «Ma sta recitando, o parla con Zacconi, che fa?». Veglia la mia casa, angelo (di terrotto solamente dalla Recitava, invece, recitava: diceva delle cose, faceva Ketti Frings dal romanzo controversa partecipazio- dei disegni in terra con l’ombrellino, cose che molte di Thomas Wolfe, autore ne al film- tornando a - ci hanno fatto, ma assai dopo, appunto ». Quell’om- dimenticato e riportato “in mentarsi con La donna del brellino ritorna pari pari, nella recensione che vita” proprio in questi gior- mare di Ibsen al Carignano Silvio d’Amico, dopo una commossa cronaca a ni dal filmGenius di Michael di Torino. Un’occasione di caldo dell’evento pubblicata la mattina succes- Grandage). Il grande regista richiamo tanto straordina- siva, farà uscire sull’«Idea Nazionale» due gior- era sicuramente l’uomo giu- rio quanto inatteso: vi con- ni dopo, il 7 maggio, dandoci anche una prezio- sto per dare vita a quell’e- vergono il fior fiore della sa descrizione analitica proprio del “non vento unico e irripetibile, critica teatrale e del giorna- recitare” rievocato da Visconti: «Dunque ella non soltanto perché all’e- lismo (da Silvio d’Amico era senza cappello, scoperte le belle e abbondanti poca rappresentava da ol- Eleonora Duse (1858 -1924) già autorevolissimo al po- chiome grigie e -poiché Ellida ritorna dal bagno av- tre un decennio il monarca co più che adolescente volta in una sciolta vestaglia- Come parlava? Ah, assoluto di quel teatro e della scena romana, Piero Gobetti, del resto genius loci) e il bel questo è difficile, è impossibile ridire. E chi non l’ha ma in quanto aveva proprio in Guerrieri il suo mondo nazionale al gran completo. Si dà il ca- ascoltata, non riuscirà a farsene un’idea, pur con più stretto collaboratore e consulente. La se- so che alla prima fosse presente, in compa- tutti i paragoni e tutti i possibili richiami alla at- rata non dovette, nonostante tutto, essere riu- gnia della madre, Donna Carla Erba, la cui trici più note che l’hanno imitata e la imitano. Par- scita travolgente, a giudicare almeno dal ren- passione per la scena è ben nota, anche Luchi- lava (e non giureremmo che quella parte del pubbli- diconto de “Il Dramma” di Lucio Ridenti di no Visconti quattordicenne. Se ne riporta la co, la quale non conosceva bene il dramma, stesse quel mese, con la Divina raffigurata in coper- testimonianza, assai suggestiva, resa molti molto attenta al preciso senso delle parole) parlava tina, il cui stile fa pensare che l’anonimo anni dopo, rispettandone la caratteristica for- come tutte le donne parlano nella vita e come non estensore ne fosse il direttore stesso: «Guerrie- ma orale: « La Duse? La Duse io l’ho sentita che ero parla nessuna: con una verità così semplice e fresca, ri ha preparato un testo, con l’intenzione di rico- giovane, la Duse. Negli ultimi anni che recitava. che il suo sembrava il più facile e naturale eloquio struire la biografia della Duse, attraverso le notizie, Per me era un’emozione enorme, un incanto, non so del mondo. Non arte, ma vita: vita di tutti i giorni: le cronache del suo tempo, le testimonianze e le let- come dire: probabilmente di Duse ne viene una al e tuttavia quelle sue frasi, che prese una per una ap- tere di lei. Visconti ha ideato un apparato scenico secolo. Mettiamo che oggi la Duse fosse tra noi e che paiono -sebbene a poco a poco costruiscano il dram- che della Duse, in grandi e belle fotografie, riprodu- uno la chiamasse per recitare. Gli spettri, ecco. ma- così comuni e quasi indifferenti, erano tutta ceva le mutevoli sembianze, sia nella vita privata Probabilmente lei avrebbe la sua concezione di una melodia di toni leggeri, fuggevoli, aerei, soffi di come nelle famose interpretazioni. Praticamente la quella recitazione. Però, essendo passati alcuni an- uno spirito esalante un tenue canto, una inquietu- commemorazione -invero difficile- è consistita nel- ni, poniamo, da quando lei li aveva fatti per la pri- dine senza posa, anelito ad un infinito, indicibile la lettura della narrazione-conferenza di Guerrieri, ma volta, io sono convinto che oggi si piegherebbe a bene. Che cosa ha ascoltato il pubblico del primo atto? i cui brani erano stati suddivisi tra gli attori Ed- certe cose, o capirebbe, le avrebbe capite, ne sono si- Niente altro che questo suo parlare, in una conversazione monda Aldini, Lia Angeleri, Lilla Brignone, Tullio curo. Durante la sua carriera, infatti, la Duse si è segue a pag. successiva 13 n. 46

segue da pag. precedente familiare. Era insieme un discorso quieto e un can- Cinemascope e Anamorfosi to». [ Divertente, dopo l’emozione profonda Un momento di crisi all’anamorfosi: “Per cui è possibile vederne le che suscitano queste righe, il commento dei del cinema, agli inizi corrette proporzioni solo a una certa distanza curatori delle Cronache del teatro 1914-1928 (La- degli anni Cinquanta, dal quadro e da una particolare angolazione” terza 1963) dell’autore, Eugenio Ferdinando con un vistoso calo (a cura di Cristina Fumarco, Il nuovo arte tra noi Palmieri e Sandro D’Amico: «Forse si tratta nelle presenze di spet- - il Rinascimento e la Maniera moderna, edizioni dell’ombrellino che nella raccolta dei costumi e degli tatori nelle sale, portò scolastiche Bruno Mondadori, Milano-Torino, oggetti dusiani, al Museo Civico di Asolo, è contras- all’idea di introdurre 2011). Torniamo, però, al cinema. Il primo a segnato così: “Ombrellino di Mirandolina”. Come se lo schermo panorami- usare le lenti anamorfiche per un suo film fu Mirandolina girasse per la locanda col parasole» ]. Fabio Massimo Penna co che sembrava una Claude Autant-Lara nel 1929 in “Pour constru- Un approfondimento anche minimo sulla vera risposta efficace alla ire un feu”. Dopo un lungo periodo di oblio e propria rivoluzione recitativa che la Duse grave situazione economica. Venne messo a l’invenzione di Chrètien conobbe una grande stava manifestamente portando avanti nell’ul- punto un particolare sistema di ripresa e di ripresa negli anni Cinquanta. I diritti dell’ timo triennio della sua ricominciata carriera proiezione per schermo panoramico, il cine- hypergonar erano stati acquisiti dalla Twenty necessiterebbe di ulteriore spazio, cui qui si ri- mascope. Alla base di questa tecnica vi era l’in- Century Fox che diede vita al cinemascope. Il nunzia: rete e digitale sono nemici della prolis- venzione del 1927 del professore francese Henry lancio avvenne nel 1953 con il film di Henry sità. E sulla rivoluzione recitativa intuita e pre- Chrètien chiamata hypergonar. Tale dispositivo Koster “La tunica”, kolossal storico-religioso sentita da Eleonora si tenterà di ritornare. ottico consentiva, applicando all’obiettivo una con Richard Burton che, con il suo successo, Doveroso però aggiungere almeno un’ultima lente anamorfica, di comprimere l’immagine lanciò definitivamente il cinemascope. In re- parola sull’ideatore di quella remota occasio- (in modo che rientrasse nel fotogramma da 35 altà va sottolineato che non tutti gli studiosi ne, Gerardo Guerrieri (1920 Matera-Roma mm) per poi in fase di proiezione, grazie a un del cinema hanno avvertito i limiti dello scher- 1986), svelandone la magnifica e letale osses- altro dispositivo anamorfico, allargare l’im- mo come un problema. Per Rudolf Arnheim, sione con le parole di un importante e quasi al- magine stessa. La procedura è così riassunta nel suo “Film come arte”, i limiti del quadro trettanto lontano articolo di Luciano Lucigna- da Vincent Pinel: “L’hypergonar, aggiunto a per un regista abile sono una grande opportu- ni (Morire per la Duse, “la Repubblica” del 10 un semplice obiettivo, permette di comprime- nità: “La limitazione dell’immagine è uno gennaio 1994): «Fu il desiderio di perfezione la cau- re l’immagine nel senso della larghezza (ana- strumento creativo non meno della prospetti- sa del fallimento del grande progetto che gli era co- morfosi) al momento della ripresa , per poi ri- va, in quanto permette di far risaltare, dando- stato trent’anni di lavoro: scrivere la biografia di pristinarla in proiezione mediante espansione gli un significato speciale, un singolo particola- Eleonora Duse. Con le ricerche compiute in tutte le laterale (disanamorfosi)” (Vincent Pinel, Tec- re; e d’altro canto di sopprimere cose senza maggiori biblioteche d’Europa (Russia compresa) e niche del cinema, Marsilio editori, Venezia, importanza, di introdurre sorprese nell’inqua- d’America, Guerrieri era riuscito a mettere insieme 1983). L’anamorfosi è un caso limite della resa qualcosa d’impensabile, uno schedario nel quale la prospettica. In pittura si tratta di una distor- vita della grande attrice era seguita giorno per sione dell’immagine dipinta che, però, se os- giorno, dal momento del debutto alla morte a Pitt- servata da una particolare posizione ritorna sburgh, ossia dal 1878 al 1924. Una mole di docu- ad acquistare la sua forma e dimensione con- menti dalla quale, come certamente capì prima sueta. Questo fenomeno di deformazione di morire, non sarebbe mai riuscito ad estrarre prospettica fa si che la corretta percezione vi- le poche centinaia di cartelle che avrebbero siva dell’immagine dipinta sia possibile da un dovuto formare il volume. Un dramma che, a solo punto di osservazione mentre da qualsia- suo modo, ha sapore simbolico: sapere troppo si altra posizione l’immagine appare distorta. equivale a sapere troppo poco (o a non saperne Questo inganno ottico sembra derivare dagli “La tunica” (The Robe) 1953 di Henry Koster nulla). Ordinare il materiale raccolto secondo studi condotti da Piero della Francesca e da i vari modi nei quali, via via, aveva pensato di Leonardo da Vinci sulle immagini inclinate e dratura, di riprodurre riflessi di cose che stan- sistemarlo, ormai non era più possibile. Quan- sulle vedute a grandangolo. Uno dei più famo- no accadendo fuori” (Rudolf Arnheim, Film co- do se ne rese conto, Gerardo decise di gettare la si impieghi dell’anamorfosi è dovuto al pittore me arte, Giangiacomo Feltrinelli editore, spugna. Non era il tipo da accettare il fallimento Hans Holbein il giovane che nel dipinto “Gli Milano, 1989). Esemplare in tal senso è una e preferì uccidersi. Era il 24 aprile 1986». ambasciatori” (1533) inserisce un teschio che scena dal film “Io e la scimmia” di Buster Kea- Nuccio Lodato appare sovradimensionato e deformate grazie ton in cui il geniale regista e attore sfrutta le dimensioni dello schermo per creare uno (*) Il testo proposto è una sintesi della celebrazione ufficia- splendido effetto sorpresa: “Buster Keaton è le tenuta, su invito della Società Storica Vigevanese e della innamorato di una ragazza che lavora in un’a- sua Presidente Luisa Giordano, il 3 ottobre 2008, centocin- genzia di stampa fotografica. Troviamo la sce- quantesimo anniversario della nascita di Eleonora Duse, na seguente: sono le prime ore del mattino. al locale Teatro Cagnoni. L’immensa attrice vide la luce L’ufficio si apre, gli impiegati arrivano. Si vede nella città del pavese, in una stanza l’albergo “Cannon la stanza d’ingresso, col tavolino su cui si rice- d’Oro” che sorgeva quasi di fronte al teatro, come una lapi- vono i clienti, qui lavora la ragazza. Entra, si de ricorda. Una seria e agguerrita studiosa sospetta peral- toglie il mantello, si sistema. A un tratto la tro che in realtà il lieto evento possa essersi svolto a bordo di macchina si sposta leggermente e compare un convoglio in transito alla locale stazione ferroviaria: nel quadro un angolo prima invisibile della sa- l’hotel sarebbe stato soltanto la successiva tappa della com- la d’ingresso, dov’è seduto Buster Keaton che pagnia di giro diretta dai genitori della grande figlia d’ar- fissa stolidamente di fronte a sé. È stato là se- te. Nell’occasione Laura Marinoni aveva ricevuto l’annua- duto tutta la notte aspettando di vedere la ra- le Premio intitolato alla memoria dell’Artista, assegnatole gazza” (Rudolf Arnheim, op. cit.). Nato essen- per l’anno precedente, dando luogo a un intenso recital dal zialmente per contrastare il boom della di lei epistolario. L’improbabile lettore ansioso del discorso “Gli Ambasciatori” olio su tavola (206x209 cm) di Hans televisione, il cinemascope venne seguito da integrale, lo troverà, col titolo «Ma recita, o cosa fa?». Im- Holbein il Giovane, 1533, National Gallery di Londra. una serie di strumenti da lui derivati tra i qua- magini e tempi dell’ultima Duse, in «Viglevanum», XX, Un’indistinguibile scia sul pavimento: guardando il li il vistavision. aprile 2010, pp. 68-77. dipinto in scorcio di lato essa diventa un teschio Fabio Massimo Penna 14 [email protected] Appunti e confessioni di un vampiro Risposte a una intervista immaginaria A tutte le macchine, … quelle attoriali: vi auto- Amo i film sui vampiri perché sono allegorie rizzo a volare, chi ha ali. dell’arte. I vampiri non hanno necessità uma- Chi non ha ali, ma cono- ne, e per questo sono immuni dalla volgarità. sce il free jazz e la dizio- Per esempio il vampiro è musicista, in Miriam ne, può improvvisare il si sveglia a mezzanotte e Solo gli amanti sopravvi- volo, sul palco. Ecco un vono. È un campione di eleganza nel Dracula di modo scomodo di dire Coppola, in Blood for Dracula e in Intervista col Massimo Sannelli qualcosa: poco ma buo- vampiro. Il vampiro studia, come in The Addi- no, poco ma suona. ction di Ferrara. L’accusa è pronunciata con … l’intenzione di chi non ha scelto la vampirizza- Questa pagina può essere letta ad alta voce, zione, ma ci si trova dentro, per sempre. “L’arte del fauno” con Massimo Sannelli di Fabio chi vuole: non proprio nello stile della sottore- … Giovinazzo in uscita nel 2017 citazione, a tratti, perché in certi punti biso- Un artista è libero di diventare maniacale – e gnerà essere cattivi e carichi; in altri punti la selettivo – oppure di rinunciare: se rinuncia, scena non è un problema sottorecitazione andrà bene. Come nella ri- non sarà più un artista. È ovvio. In teoria, po- .… sposta di Francesco Nuti a Laura Betti in Tutta trei rinunciare, ma non lo faccio. Vivo solo di I clienti devono sapere che non basta offrire colpa del Paradiso: “Lo sa’ perché te tu se’ una un pasto o una sigaretta, magari drogata troia?”. Da quel punto in poi. Oppure la let- (comunque: grazie del pensiero). Devono sa- tura un po’ afona dei testi sulle inquadratu- pere che il cibo non basta. L’esistenza ha bi- re fisse della Clodia di Bròcani, in tutto il sogno di cibo, ma la vita ha bisogno di soldi. film. E poi la giusta enfasi, se serve: ma po- Lo so, sembra strano. Quindi: pagare solo ca. Siamo pratici, qualche volta. Non è che in natura un essere innaturale – che preten- tutto debba essere sopra le righe, ogni vol- de la completezza delle sue azioni vitali – ta. non va bene. In cambio, chi paga, riceverà ... qualcosa, come la professionalità; chi non Certo, ogni prosa che faccio è la prova – la paga, non avrà nulla. Non è sempre così, bozza – di un poème en prose. Questa cosa è comunque: a volte c’è un do ut des più sim- del tutto sublime – no: subliminale… – nella bolico, in nome di qualche specie di amore. sua inutilità e nella sua impermanenza: … non a caso è scritta su uno schermo lumi- Nello schermo luminoso c’è sempre il Paese noso, per essere letta su un altro schermo dei Balocchi, o dei Paraocchi. Con i Baloc- luminoso. No, ovviamente non ho alcuna il- “Solo gli amanti sopravvivono” (Only Lovers Left Alive) 2013, chi la realtà è trascesa, con i Paraocchi la lusione sulla durata delle situazioni on line. con Tom Hiddleston, Tilda Swinton e Mia Wasikowska. Scritto e realtà è selezionata. Su Youtube si trova Non ho illusioni nemmeno sulla carta. diretto da Jim Jarmusch l’Enrico IV di Pirandello, nell’edizione RAI … varie arti e di arte varia: quindi vivo disperata- in cui Enrico è Memo Benassi. Ecco un bel Ba- Sono un autore che non si sente più autore. mente bene. Allora ridi, pagliaccio, e goditi le locco, per noi. E vederlo, vederlo davvero, non Ho basi musicali, abbastanza serie. Sono – an- marchette attoriali – e anche editoriali – di chi è un consiglio per gli acquisti, ma un dovere. che – un attore, che ha fatto poche cose, ma ha voluto non-volere. Non sopporto più la stranezza senza rigore: buone: per esempio Life Span of an Object in … ecco, Benassi è rigore, e io voglio pensare al ri- Frame di Aleksandr Balagura; per esempio, lo Ho voluto non-volere. Ho voluto una mo- gore. Ma è chiaro che il rigore è sensato solo in spettacolo di Lorenzo Calogero, che poi è sta- struosa fedeltà a qualcosa che, davvero, NON contesti seri: essere rigorosi nel Nulla è una to di Roberto Herlitzka; poi i libri, le traduzio- CAPISCO. Per questo vivo all’insegna di una sconfitta. Ma a volte il Nulla è più o meno pa- ni e le curatele, ecc. Non è il momento di fare frase di Bousquet: “io porto il peso di una re- gante: in questo caso si ricorre a tecniche mol- un curriculum: in ogni caso il poème cerca una sponsabilità di cui non conosco il senso”. Io, to banali, adatte al contesto. sinuosità meno rigorosa, a costo di non essere qui, non conosco il senso della mia fedeltà. … limpido. Non dico mai di essere un attore, e se Chi me lo fa fare? Nessuno di reale, a parte un Sì. La resistenza comica alla crisi si basa an- lo dico pongo sùbito qualche contrazione. Ho re interiore. Sua Maestà ha le mie iniziali ro- che su queste consolazioni arcaiche e gratui- sempre creduto di avere degli obblighi diversi vesciate, e Meta Sudans le ha nell’ordine che te, nel loro bianco e nero puro. Anche i baci so- dalla rappresentazione e dalla fonazione. E preferisco. Comunque il re, mestierato, suda; no una bella consolazione, in privato. Per il che cosa significa? Ho il dovere, naturale, di sempre che sia re. Non vive comodo e odia la resto, chi vivrà vedrà. O meglio, poiché siamo esserci, esserci e basta: con una presenza che comodità, le strategie e le rivoluzioni dei bor- in zona spettacolo: chi vedrà vivrà. Oppongo a sia una specie di monito. Sul monitor. ghesi. Il re è una presenza reale, e questa è tutti i pezzi miserabili del Nulla uno stato che … una semplice anfibologia. chiamo solo presenza o passione. Non ho voluto No. Non si tratta di “avere qualcosa da dire”. … una vera volontà e lo so. Io non sono un comunicatore di concetti, come ar- Sì, certo. Sono disposto a leggere poeti deboli, tista; lo sono solo se e quando insegno. E non e sconosciuti, o bravi, ma sconosciuti; sono Massimo Sannelli si tratta neanche di vocazione. È solo esserci, disposto a torcere la voce fino ad invecchiarla; che è un fatto senza vocazione. Esserci e ba- ad emettere suoni incongrui, a grugnire, so- sta. Come un’accusa vivente, forse: ma a chi? spirare, urlare e cantare; e posso gettarmi in Agli haters? Ma gli haters non sono molti. Ai uno stagno sporco e gelato, come nell’Arte del E’ di Genova (1973). Allievo di Edoardo Sanguineti, dotto- bourgeois? I borghesi non sono granché. No, Fauno di Fabio Giovinazzo (e in questo film re di ricerca in filologia latina medievale. Autore, attore, l’accusa vivente dice qualcosa di inspiegabile. non è l’unica stranezza; diciamo che il film è artista, editor, editore indipendente, traduttore. Autore di Per esempio: “Mi avete vampirizzato e ora mi pieno di divagazioni); fino ad oggi, è escluso il libri, nel 2017 uscirà il film “L’arte del Fauno”, di cui è an- volete vegetariano?”. nudo, ma non si sa mai; e fumare o bere in che co-sceneggiatore, per la regia di Fabio Giovinazzo 15 n. 46 Raoul Coutard: si spegne la luce della Nouvelle Vague Siamo profondamen- una approfondita conoscenza del mezzo foto- suddivisione in inquadrature era fatta man te convinti che non ci grafico, utilizzato con disinvoltura ed estre- mano come i dialoghi. Il film si costruiva man può essere innovazio- ma perizia negli anni ’50 sul campo, in Indoci- mano, durante la visione dei ‘giornalieri’. Così ne da parte di un regi- na, come fotoreporter delle forze armate lui non può dire il giorno prima, e nemmeno sta nel modo di inten- francesi, nel corso dei coraggiosi reportage, immediatamente prima, che cosa si sta per fa- dere e di fare cinema ove le sue foto furono utilizzate per le impor- re: è provando la scena che la decisione viene se essa non è accom- tanti riviste delle quali era corrispondente, il presa e a volte, dopo aver girato un ciak, si ri- pagnata da innovazio- Time e Life. Passò dalla fotografia al cinema costruisce tutta la scena da un altro punto di ni di carattere tecnico. in modo del tutto casuale, come lui stesso ha vista…Non è raro che, se non ha ancora bene Nel senso che una di- più volte raccontato e come riportato da auto- in mente una scena, decida all’ultimo mo- Marino Demata versa concezione del revoli fonti, come il The Guardian, nel 1958 mento di girare un’altra cosa, in un altro am- cinema rispetto a arrivò sul set del film di Pierre Schoendoerffer biente. A volte si ferma per un giorno intero quella classica non può non implicare anche “La Passe du Diable” (“The Devil’s Pass”), con- per prendere tempo e riflettere…” (riportato alcune più o meno profonde modifiche tecni- vinto di essere stato assunto nel reparto pro- da Alberto Farassino in” Jean-Luc Godard che. Il cinema indipendente ad esempio è sta- duttivo del film e scoprendo invece, una volta 1945-1976”- pag 30 – Il Castoro). Le riflessioni to ed è tale non solo perché indipendente dal- arrivato sul set, di essere stato assunto come di Coutard sul modo di fare cinema di Godard le costose produzioni di tipo hollywoodiano e direttore della fotografia. Fin da questa pri- sono veramente illuminanti. Emerge la figura quindi a basso costo, ma anche di un regista che, fin dagli esordi, perché indipendente dai canoni vuole deliberatamente andare che in qualche modo “obbligano” contro le regole stabilite, fare un a determinate scelte tecniche. A cinema rivoluzionario, capace di volte sono anche le circostanze liberarsi di apparati convenzio- che obbligano a scelte innovative. nali (es. il cavalletto, i binari) che E’ noto che una delle maggiori tenevano fino a quel momento innovazioni del neorealismo fu separato il mondo del film dalla quella di girare in strada, in spazi vita quotidiana. Ed emerge la fi- aperti. Questa scelta fu in qual- gura di un direttore della fotogra- che modo obbligata dal fatto che fia, Coutard, che non è un mero gli studi cinematografici romani esecutore delle richieste di Go- erano stati distrutti o resi inservi- dard, ma un creatore a sua volta bili con la guerra. Anche il basso di luci senza luce, di carrelli senza costo delle produzioni indipen- binari, di capacità incredibili di denti suggerì delle innovazioni offrire al regista, a sua volta, pro- per conservare il budget a livelli fonde innovazioni tecniche. D’al- tollerabili. Ma c’è da dire che nei tra parte difficilmente Godard movimenti di cinema innovativo “Jules e Jim” (1962) con Jeanne Moreau, Oskar Werner e Henri Serre. Diretto da dava richieste “in positivo” su co- degli anni ’60 e ’70 le situazioni di François Truffaut sa fare. Egli, ricorda Coutard, necessità si coniugavano sempre non diceva cosa voleva, ma cosa più con scelte stilistiche e con nuove conce- missima esperienza Coutard mostra di saper- non voleva. Stava a Coutard riempire il vuoto zioni del cinema da parte dei registi. E’ il caso ci fare e di iniziare con quelle che diverranno lasciato dal regista con l’eliminazione delle le sue caratteristiche fondamentali ampia- mente sfruttate dai maggiori registi della Nouvelle Vague: camera a mano e luci natura- li. Delle doti di Coutard si accorse subito Jean Luc Godard, che attese la fine degli altri due film girati con Schoendoerffer per accapar- rarselo, ingaggiandolo subito per il suo film di esordio, “À bout de soufflé”/”Fino all’ultimo respiro” e facendo di lui una presenza fissa per tutti i suoi film fino quasi alla fine degli anni ’60. L’accordo fra Godard e Coutard fu perfetto perché dopo tutto la pensavano allo stesso modo ed erano eccitati entrambi per la Coutard e Truffaut scoperta di nuove possibilità innovative che la “Jules e Jim”, Coutard prepara la scena del ponte tecnica poteva offrire ad un cinema veramen- del Free Cinema inglese, del cinema newyor- te “rivoluzionario”, come amava definirlo il cose che non voleva. Insomma, nota sempre kese che aveva Cassavetes come caposcuola, regista. Coutard racconta in questo modo il Coutard, Godard si comportava esattamente ed è il caso della Nouvelle Vague, con la sua suo rapporto col Godard di “Fino all’ultimo re- all’opposto di Truffaut, che invece, un po’ più critica accesa nei confronti del cinema france- spiro”: “Di giorno in giorno, man mano che i classicamente, diceva esattamente quello che se classico, del quale salvava solo alcuni auto- dettagli del soggetto si precisavano, egli spie- voleva in una sequenza, in una inquadratura. ri. Uno dei più grandi innovatori della Nou- gava il modo di realizzarli: niente cavalletto Già, Truffaut! Anch’egli rimase fortemente af- velle Vague, quanto a concezione del cinema, per la cinepresa, niente luci se possibile, car- fascinato da Coutard, che aveva visto all’opera fu senza dubbio Jean-Luc Godard che ebbe la relli senza binari…Poco a poco noi scopriva- sul set di “Fino all’ultimo respiro” del suo ami- felicissima intuizione di farsi affiancare per mo un bisogno di sfuggire alle convenzioni e co Godard (prima che fra i due i rapporti si una lunghissima stagione dal più innovativo anche di andare contro le regole e la ‘gramma- rompessero del tutto pochi anni dopo). E Do- direttore della fotografia operante in quegli tica cinematografica’. Durante le riprese egli po aver consumato il rapporto con Henri Decaë, anni, Raoul Coutard. Quest’ultimo veniva da confermò questa posizione, tanto più che la segue a pag. successiva 16 [email protected]

segue da pag. precedente direttore della fotografia de “I quattrocento colpi” e innovatore a sua volta e anch’egli ri- chiesto da altri registi della Nouvelle Vague, come Malle, ingaggiò Coutard per “Sparate sul panista” e soprattutto “Jules et Jim” e “An- toine e Colette”, “La calda amante” e “La sposa in nero”. Coutard aveva ben capito la differen- za tra i due registi che riassumeva nelle cose riferite sopra (l’uno diceva quello che voleva in un inquadratura, l’altro diceva quello che non voleva). E perciò non esitò a definire “classica” la regia di Truffaut e decisamente rivoluzio- naria quella di Godard. Ben presto però Cou- tard venne chiamato da altri registi, soprat- tutto della Nouvelle Vague, come Kast e Baratier e Demi, che lo volle per girare “Lola”. Ma anche il capostipite del Free cinema ingle- se, Tony Richardson, lo vuole con lui per gira- re “Il marinaio del Gibilterra”. Poi, nel 1967 il Coutard sodalizio con Godard improvvisamente si in- terrompe: non ne sapremo mai la ragione. Ma non è il lavoro che manca a Coutard in quell’e- poca. La caratteristica della sua collaborazio- ne è che molti registi, dopo averlo provato in un film, cercano di riaverlo per i film successi- vi. Accade così per Costa-Gavras (“Z-L’orgia del potere” e poi “La confessione”) e Molinaro, col quale lavorerà addirittura in quattro film. Il fatto singolare è che il rapporto con Godard si ricostituisce improvvisamente, dopo 14 an- ni, per due film significativi: “Passion”del 1982 e “Prenom Carmen” del 1983. Il motivo è che Godard voleva con questi film andare verso immagini ispirate alla grande pittura, con luci naturali e “fredde” anche per gli interni, ove i riflessi entrano dalle finestre, come solo Cou- tard gli poteva garantire. Il suo antico diretto- re della fotografia ancora una volta si rivelò bravissimo ed ebbe grandi riconoscimenti a Venezia, ove peraltro “Prenom Carmen” vinse il Leone d’Oro. Coutard, ad un certo punto della sua carriera maturò anche la voglia di ci- mentarsi con la regia. Girò solo tre film, dei Godard e Coutard quali solo il primo ebbe successo: “Sciuscià nel Vietnam” /”Hoa-Binh”. Il film vinse il premio “Opera prima” al Festival di Cannes del 1970, ed ebbe inoltre la prestigiosa candidatura all’Oscar come Miglior film straniero. Negli anni ’90, in gran parte esaurita la vena dei re- gisti della Nouvelle Vague, cominciò a decli- nare anche la stella di Coutard, già comunque avanti negli anni. Trovò solo alcuni registi, suoi antichi estimatori, che lo vollero al loro fianco, e in particolare un tardo adepto del movimento francese, Philippe Garrell, che lo chiamò per alcuni film molto significativi, -co me “La nascita dell’amore” e “Innocenza sel- vaggia”. Poche settimane fa, l’8 novembre 2016, all’età di 92 anni, Raoul Coutard moriva in un villaggio vicino Bayonne. Non è retorica dire che ha dato la luce ai film della Nouvelle Vague quasi senza mai accendere una lampa- dina.

Marino Demata Coutard sul set 17 n. 46 Le copertine dei fumetti Penso siamo tutti della letteratura del ‘900 Maus, di Art Spiegel- d’accordo che solita- man. La pubblicazione, anche con pochissime mente la prima im- pagine alla volta, di storie a puntate in riviste magine che vediamo che ne contenevano numerose, oltre ad arti- di un fumetto è la coli di cultura e informazione che ruotavano sua copertina e che, attorno allo stesso mondo e non solo, ha se- di conseguenza, essa gnato un’ epoca. La forza di impatto che le co- ci dà il primo ap- pertine di questi scrigni di tesori cartacei proccio che spesso fa hanno avuto e hanno nel medium fumetto è la differenza tra la incommensurabile. Una copertina, a diffe- Davide Deidda scelta di procedere o renza di una vignetta facente parte di una sto- meno alla sua lettu- ria, vanta una certa autonomia e l’artista spes- ra. Non si giudica un fumetto dalla copertina: so vi ci si dedica con la perizia e il tempo che si forse si, ma l’errore più grande sarebbe quello possono dedicare a un quadro. Per questo di ignorarne l’importanza. Quando sono nati i molte serie, spesso durate anni hanno avuto fumetti venivano pubblicati nei quotidiani e nel loro cast uno o più copertinisti ufficiali che solo quando quella delle riviste a fumetti e dei si sono occupati di realizzarle nel corso dell’o- comic book divenne una realtà nacque di con- pera. Di bellezza disarmante sono i dipinti di seguenza l’esigenza di dare, sin dal primissi- Glenn Fabry per la serie The Preacher di Garth mo sguardo, un invito al lettore, che allungava Ennis e Steve Dillon o i quadri di Dave Mcke- il collo sulle copertine dei periodici nei banchi an per la serie The Sandman, realizzati con delle edicole. Oggi è cambiato il luogo di rife- miriadi di tecniche diverse, dal pennello alla rimento -con la diffusione di librerie specia- scultura, dalla composizione di oggetti al pc lizzate e negozi online- ma non l’essenza. Nel (un appunto in più su questo formidabile arti- fumetto americano, nel formato classico dei sta nell’articolo su Arkham Asylum, nello scor- comics, con all’interno una storia che va dalle Copertina di Jim Starlin del Graphic Novel Marvel so numero di Diari di Cineclub), per non par- 20 alle 30 pagine, la copertina ha spesso lo Death of Captain Marvel (La morte di Capitan Marvel) lare dei lavori del (succitato) minuzioso scopo di preludere a ciò che troveremo al suo del 1982 cesellatore Brian Bolland, da Animal Man a interno, rappresentando uno specifico -mo The Invisibles (entrambe opere di Grant Mor- mento o cercando di riassumerne in una sola rison). Sarebbe interessante andare a enume- immagine tutti i contenuti. Soprattutto nel rare le citazioni di copertine ad altre coperti- passato, molte cover (per usare il termine d’ol- ne (ad esempio del n°1 di Action Comics o del treoceano) erano accompagnate da baloon o n°15 di Amazing Fantasy) o persino i riferi- scritte che indicassero meglio il contenuto menti a opere che sembrano così distanti da delle pagine che confezionavano. Esempi questo universo ma in realtà non lo sono (uno lampanti e iconici sono Uncanny X-Men #142 su tutti la copertina di Jim Starlin de La morte (Febbraio 1980), nella cui copertina Terry Au- di Capitan Marvel (1982), che si rifà alla Pietà stin ritrae l’uccisione in diretta del mutante di Michelangelo Buonarroti), come non sa- Wolverine e una scritta recita a caratteri cubi- rebbe male parlare del controverso fenomeno tali “IN THIS ISSUE: EVERYBODY DIES!”(in delle copertine variant (più versioni di uno questo numero: tutti muoiono!), o la coperti- stesso fumetto con la copertina differente), na di Brian Bolland di Batman:The Killing che ha sconvolto il mercato USA durante gli Joke (1988), dove il pagliaccio del crimine si anni ’90 e oggi è più vivo che mai, ma lascio a prepara a scattare una foto (a cosa lo scoprire- voi lo spazio rimanente e vi invito a esplorare te solo leggendo) e ci invita a sorridere (smile) di persona questo mondo in continua espan- impugnando la sua Pentax con su scritta però sione e destinato a evolversi, ricordandovi la parola tedesca“witz”,” barzelletta”, con un dell’esistenza di numerosi archivi digitali in riferimento nel titolo e in questo dettaglio allo rete nei quali poter visualizzare centinaia di sketch dei Monty Python “la barzelletta mor- migliaia di copertine di fumetti, e invitandovi tale” (britannici come gli autori di quest’ope- a dare uno sguardo a quelle nominate qui. ra, Alan Moore e Brian Bolland). Nelle riviste antologiche invece la copertina può anche es- Davide Deidda sere slegata dai fatti narrati nelle storie conte- nute, ma si mantiene sullo stesso binario stili- stico e argomentativo. Come non citare le Immagine di copertina di Preacher #3 realizzata da copertine della rivista francese Metal Hur- Glenn Fabry lant, realizzate da artisti come Moebius e Druillet, e delle sue “versioni nel mondo”, co- Muñoz e Hugo Pratt (eh si, proprio QUEL Hu- me l’americana Heavy Metal e l’italiana Totem go Pratt), alla giapponese Kamui Den, alla sta- (accompagnata da Pilot, omonima della fa- tunitense Zap Comix, che mostrò al mondo il mosa rivista francese, e poi da una vera e pro- genio di Robert Crumb, all’italiana Linus, i cui pria versione italiana di Metal Hurlant). Dagli primi numeri ritraggono in copertina le vi- anni ’50 con il Mad di Harvey Kurtzman in Ame- gnette dei Peanuts di Schulz, alle mirabilie gra- rica e l’argentino Hora Cero, settimanale che fiche della premiata ditta Tamburini-Liberato- ospitava, giusto per dare qualche nome, scrittori re-Pazienza-Scozzari , da Cannibale alla gelida e artisti quali Hector German Oesterheld (auto- Frigidaire, fino a Raw, la rivista Americana che re de L’Eternauta), Alberto Breccia, del Castillo, ospiterà nientepopodimeno che il capolavoro “La crisi” di Davide Deidda 18 [email protected] Le attrici nostrane “oltraggiate” dal doppiaggio Nel 1998 a Claudia stimola a cercare una giustificazione all’impos- auto-doppia, recitando in sala di registrazio- Cardinale è assegnato sibilità ad auto doppiarsi quando accade. La ne con Giuseppe Rinaldi (John Ericson). Il il premio alla carriera motivazione é sempre la stessa: impegni in al- film ha un certo successo negli USA e la bellez- nell’ambito del Premio tre produzioni. E’ il ritornello che spesso trae za delicata di Anna Maria attira l’attenzione Flaiano di Pescara. d’impaccio anche a proprio agio di produttori e registi. Per la prima volta Nella discutibile moti- con la propria voce solo se il film ha una preci- un’attrice italiana ha la possibilità di affac- vazione si legge: “…Re- sa connotazione nostrana e il personaggio da ciarsi alla ribalta di Hollywood senza un gros- citazione basata sulla interpretare una valenza popolare. La Loren so bagaglio di pellicole girate e senza alcuna Gerardo Di Cola sicurezza, l’eleganza subisce “l’umiliazione del doppiaggio” in Abis- notorietà. La MGM la scrittura e le dà subito del gesto, la particola- si marini, dove viene “oltraggiata” da Renata l’opportunità di recitare in L’immagine meravi- rità e la bellezza di una voce che per diversi Marini, in Ci troviamo in galleria da Clara Bin- gliosa al fianco di uno stimato attore, Stewart anni ha subito l’umiliazione del doppiaggio”. di, in La domenica della buona gente da Adriana Granger (doppiato da Emilio Cigoli). La pelli- Nella serata di gala l’intrattenitore di turno, De Roberto, in Pellegrini d’amore da Rosetta cola, che arriva in Italia nella primavera del presentando l’attrice, amplifica con superfi- Calavetta. In Due notti con Cleopatra addirittu- ’52, é affidata dal capo ufficio edizioni della cialità il concetto: “…L’attrice che ha subito ra due doppiatrici sono impegnate a mancar- major americana, Augusto Galli, al direttore l’onta del doppiaggio”. Non solo la Cardinale le di rispetto, Miranda Bonansea quando im- Franco Schirato. Questi preferisce far doppia- deve sopportare “l’onta del doppiaggio”. Di- persona Nisca e la Simoneschi quando é re la Pierangeli dalla voce fresca e giovanile di verse attrici italiane, che hanno meno giustifi- Cleopatra. A metà degli anni ’50 è già evidente Germana Calderini alla quale ha già dato il cazioni di Claudia, devono subire “l’umiliazio- che per Sophia la carriera sarà in discesa e compito di far recitare in italiano Elizabeth ne” di essere doppiate. Ma si tende a non piena di grandi soddisfazioni per le sue quali- Taylor da Torna a casa, Lassie! a Ivanhoe. La ricordare che le “stelle nostrane” sono acco- tà di attrice genuina, dalla personalità artisti- scelta é quanto mai azzeccata dal punto di vi- munate da un identico percorso: la notorietà ca prorompente, istintivamente portata alla sta anagrafico, essendo la Calderini, del 1932, cinematografica è raggiunta recitazione. Però… Lydia Si- coetanea della Taylor e della Pierangeli; e an- attraverso i concorsi di bel- moneschi, che possiede la che da quello estetico, possedendo, la doppia- lezza e non dopo aver fre- più bella tra le voci femmi- trice, una voce dai timbri particolari che ade- quentato le scuole di recita- nili e una tecnica recitativa riscono bene alle due attrici della MGM. Da zione. Una brutta abitudine di straordinaria incisività, L’immagine meravigliosa, Germana continua a che si accentuerà negli anni non può non diventare la sostituirsi alla Pierangeli, ma deve rassegnar- e che renderà improponibile sua doppiatrice mettendole si a perdere la Taylor per evitare la sovrappo- un paragone tra i nostri atto- a disposizione la sua tim- sizione della stessa voce su due attrici della ri e quelli stranieri, essendo, brica ineguagliabile nelle medesima scuderia. La doppia in I lupi manna- questi ultimi, obbligati a cu- pellicole di respiro interna- ri, in Sombrero (doppiato dall’11 settembre del rare tutti i mezzi espressivi a zionale come Attila, Tim- ’53), dove Vittorio Gassman ha la voce di Cigo- disposizione dell’attore, buctù, Orgoglio e passione, Or- li e Riccardo Montalban di Rinaldi, in Storia di compresa la voce, per la non chidea nera, Un marito per tre amori, La fiamma e la carne, I clandestini della consuetudine della pratica Cinzia, La chiave, Quel tipo di frontiera e, infine, Lassù qualcuno mi ama (dop- del doppiaggio nelle rispetti- donna. Gli anni trascorrono piato dal 16 novembre del ’56 in 10 turni). La ve realtà. Nell’Italia del do- per la doppiatrice ma non Calderini lascia il segno del suo relativamente poguerra può accadere che per Sophia Loren che diven- breve passaggio nel mondo delle voci legando “l’attore”, che non sapeva re- ta sempre più bella e il suo la sua timbrica alla Pierangeli, la cui parabola citare con la propria voce, aspetto sembra col tempo artistica ha raggiunto il suo massimo, tenen- prima diventa famoso con ringiovanire. Così a metà do testa al grande Rinaldi voce di Paul New- quella di un altro e poi, se gli degli anni ’60 si deve sosti- man. Anche all’inizio della impegni non sono gravosi, e tuire la Simoneschi la cui carriera é doppiata; per esempio da Andreina se ne ha voglia, si applica a voce, ancora straordinaria- Pagnani in Campane a martello; da Adriana colmare l’handicap, ma con Lydia Simoneschi (1908 – 1981), è stata mente bella, si é appesanti- Parrella in Fanfan la Tulipe e Le belle di notte do- risultati di solito discutibili. un’attrice, doppiatrice e direttrice del ta sotto il peso di migliaia di ve, in entrambi, Gerard Philipe ha la voce in- Essi, però, non sono additati doppiaggio ore passate a far recitare confondibile di Nino Manfredi; da Clara Bin- come i colleghi doppiatori tutte le attrici della storia di in Il processo di Frine. Però Gina preferisce che, forse, non hanno la “fi- del cinema dall’avvento del auto-doppiarsi non appena é in grado di farlo sicità” adeguata per bucare sonoro. La Loren trova la con una certa credibilità, non preoccupandosi lo schermo e stimolare la sua nuova voce in quella di eccessivamente di confrontarsi con i grandi fantasia degli spettatori. Rita Savagnone che la dop- doppiatori. Così la Lollo ha modo di misurarsi Non solo la Cardinale… Sil- pia in Operazione Crosbow, anche con i migliori doppiatori del mondo es- vana Mangano inizia ad usa- Lady L, Judith, Arabesque, sendo quelli italiani i più bravi in assoluto. Di- re la propria voce solo nel Cassandra Crossing, L’uomo retta da John Huston in Il tesoro dell’Africa si ri- 1954 ne L’oro di Napoli dopo della Mancia per la parte re- trova sui set con Humphrey Bogart, Jennifer aver girato una decina di film citata. Anche Anna Maria Jones, Robert Morley, Peter Lorre, e al dop- quasi sempre con quella della Pierangeli, ancora giovanis- piaggio con Emilio Cigoli, Rosetta Calavetta, grande Lydia Simoneschi sima, inizia una carriera Mario Besesti, Carlo Romano. Diretta da Ca- (Anna, Ulisse nel doppio ruolo sfolgorante direttamente rol Reed in Trapezio si ritrova sui set con Burt di Circe e Penelope), che la negli USA dopo aver vinto, Lancaster, Tony Curtis, Katy Jurado, e al dop- doppierà anche successiva- nel ’50, il Nastro d’Argento piaggio con Emilio Cigoli, Pino Locchi, Roset- mente in almeno due occasio- Anna Maria Pierangeli per l’interpretazione offerta ta Calavetta. Diretta da John Sturges in Sacro e ni, La diga sul Pacifico del ‘57 e in Domani è troppo tardi. profano si ritrova sui set con Frank Sinatra, Peter La tempesta del ‘58. Alla fine degli anni ’50, in ef- Fred Zinneman la vuole nel film Teresa dove Lawford, Steve McQeen, Richard Johnson, Paul fetti, nasce negli attori una sorta di pudore che Pier Angeli, come la chiamano gli americani, si segue a pag. successiva 19 n. 46

segue da pag. precedente Henreid, Charles Bronson, e al doppiaggio con Il cittadino illustre (El ciudadano ilustre) Giuseppe Rinaldi, Gianfranco Bellini, Cesare Barbetti, Nando Gazzolo, Ferruccio Amendo- Di Gastón Duprat e Mariano Cohn con Oscar Martínez, Dady la. Diretta da Robert Mulligan in Torna a set- Brieva, Andrea Frigerio, Belén Calante. Argentina, 2016 tembre si ritrova sui set con Rock Hudson e in sala di registrazione ancora con lo strepitoso Uscito nelle sale cine- regalarci scene esilaranti che non divengono Rinaldi. E’ obbiettivamente difficile tenere il matografiche il 24 no- mai presa in giro fine a se stessa e momenti passo di chi per scelta ha deciso di dedicare la vembre e presentato intensi senza che essi si trasformino mai in sua vocazione artistica a far parlare gli altri. In in Concorso alla Mo- tragedia. Un ritratto veritiero delle piccole cit- Salomone e la regina di Saba risulta evidente lo stra d’arte cinemato- tadine di provincia dove Daniel attraversa in sforzo di Gina (la regina di Saba) per rendere grafica di Venezia do- pochi giorni tutte le sensazioni rimaste imbal- omogenea la sua recitazione in voce a quella ve Martinez ha vinto la samate per anni; una storia d’amore clande- offerta dai doppiatori storici, cedendo, in alcu- coppa Volpi per la mi- stina, un’amicizia lunga una vita e ritrovata, ni momenti, alla tentazione di qualche biri- glior interpretazione una storia d’amore adolescenziale, la vendet- maschile è un film ta, il diniego, la paura, l’impossibilità nel so- gnao: “Siediti Baltor, m’innervosisci Tobi”, Paola Dei “Quali favori vuoi da(a) me”); maldestramente caustico dove si in- stenere la verità. L’ipocrisia e l’accettazione di trecciano creatività e pregiudizi, fantasia e realtà, profondità e leggerezza, ironia sociale e irriverenza. Daniel Mantovani, scrittore argentino nato a Salas, un pic- colo paese nella provincia di Buenos Ai- res vive in Spagna e detesta la vita mon- dana rifiutando per quanto gli è possibile ogni intervista ed ogni invito. Riceve suo malgrado il Nobel per la letteratura a co- ronamento di una unga carriera di scrit- tore. La macchina da presa lo inquadra durante il suo discorso a Stoccolma, dove ogni frase ed ogni frammento del dialogo immaginario e antiretorico con i parteci- panti, contribuiscono a presentarcelo fin dalle prime scene nella sua essenza più vera. Daniel sostiene che quei riconosci- menti contrastano con lo spirito dell’arte e si rammarica di essere entrato a far par- te della schiera dei cosiddetti artisti ca- nonizzati. Nella scena successiva lo scrit- tore schivo, diretto e introverso è nella Giulio Panicali (1899-1987) è stato un attore, sua grande villa, dove le inquadrature doppiatore e direttore del doppiaggio italiano, tra mettono in risalto una meravigliosa bi- i più rappresentativi della prima generazione del blioteca. Ombre e luci si alternano crean- doppiaggio do atmosfere che sembrano incorporare eseguiti con inespressività stucchevole: “Ti so- la bidimensionalità per dare spessore tri- no molto grata per avermi permesso di visitare dimensionale ai vissuti interiori attraver- la tua magnifica terra”); assenza di colore e in- so l’esteriorità del luogo, lo scrittore da cinque regole imposte si frantuma davanti alla schiet- tonazione monocorde: “Come riposare pensan- anni è a corto di idee per una sua nuova opera, tezza dello scrittore che, in pochi giorni, divie- do che forse ti avevo contrariato in qualche mo- la segretaria, solerte ed efficiente incastonata ne scomodo per tutti gli abitanti. Poi il colpo do”. Nel film di King Vidor, il cui doppiaggio é dentro un salone enorme gli comunica il gran di scena e quando tutto sembra finire, tutto diretto da Giulio Panicali, si palesa l’assenza di numero di messaggi, premi, riconoscimenti e comincia di nuovo ed esce il suo nuovo ro- una Simoneschi proprio nel confronto tra la inviti ricevuti. Per tutti c’è un no, ma poi, co- manzo: trasformazione riuscita di una ferita Lollobrigida e attori del calibro di Rinaldi (Yul me spinto da forze occulte e misteriose o forse cicatrizzata ed evidente fisicamente ma che Brinner, Salomone), Cigoli (George Sanders, semplicemente dall’odore e dalla curiosità di ha lasciato il segno anche psichicamente o fin- Adonia), Gualtiero De Angelis (David Farrar, il rivedere i luoghi natii, da lui sempre rifiutati zione. La risposta è chiara ma l’ambiguità del- Faraone), Fiorella Betti (Marisa Pavan, la so- per la mentalità gretta e ristretta che vi popo- la scena finale rende ancora più appassionan- rella di Salomone), Renato Turi (Harry An- la, decide di accettare l’invito a recarsi a Salas te la visione che i cineasti ci offrono della drews, Baltor), Pino Locchi (John Crawford, dove verrà nominato “Cittadino illustre”. La creatività. La sensazione è quella di aver vissu- Joab), Wanda Tettoni (Jean Anderson, Ta- realtà che Daniel trova nella piccola località to l’incontro con un uomo che nonostante le kyan), Nando Gazzolo (narratore), Giulio Pa- argentina è raccontata dai registi con grande rughe e i solchi sugli occhi, è ancora capace di nicali (voce di Dio), interpreti soltanto in voce intelligenza emotiva e razionale e lo immerge osservare la vita con occhi nuovi. Il ritmo nar- che sono considerati, paradossalmente, “attori in un mare di contraddizioni. Dopo un’acco- rativo è avvincente, l’intreccio imprevedibile e a metà”. L’ingiusto apprezzamento, fortemen- glienza luminosa, la giocosità si trasforma in ironico assolutamente riuscito, il vissuto di te penalizzante, è rivolto sempre contro chi violenza e drammaticità, fino ad arrivare al trovarsi dentro una tela di ragno è perfetto, e doppia e mai verso chi ha necessità di farsi paradosso del tentato omicidio. Qui il premio Martinez riesce a calarsi nel personaggio re- doppiare. Nobel ritrova tutti quei vissuti dai quali era galandoci una interpretazione magistrale. La fuggito e dai quali aveva preso le distanze, una storia seppur semplice è stata definita genia- pochezza che fa però parte della quotidianità le, un incontro-scontro con l’Argentina che ben lontana dalle vette artistiche nelle quali è non ha lasciato indifferenti. Gerardo Di Cola abituato a vivere. La capacità dei registi sta nel Paola Dei 20 [email protected] (Fanta)Critica letteraria Accendi quella lampada che non ci vedo Giuha Javskaz. Storia di una stella turkmena A quale lampada si ri- non ci è stato comunicato in alcun modo e che stessa e non dava mai modo a lui di vedere il feriva Khamalik e per- anzi da alcuni si ritiene che proprio questa la- proprio volto, la propria vita, l’inutilità di un ché l’autore gli fa por- cuna informativa sia lì a dirci che forse davve- vivere privo della coscienza del sè. Ed ecco da re quella domanda? ro Khamalik non vedeva. Inoltre questa do- qui la richiesta. “Accendi quella lampada che Che cosa si nasconde manda rivelatrice non viene che al 46° capitolo non ci vedo”. Questa è la grande intuizione dietro questa richiesta e dunque volutamente lontano da quella visi- del Sommo. La coscienza di Khamalik che vi è così stringente e che ta. Al riguardo, due sono le scuole di pensiero. un’altra luce e che questa è lontana e che que- non pone apparente- La prima, che fa capo a una scuola di esegeti sta ha bisogno che altri l’accenda e che questa mente dubbio alcuno? di ispirazione Jungista, della quale mi pregio luce alla fine darà a lui la possibilità di vedersi E perché poi in quel di fare parte, vede nella domanda una traspo- e di vedere per la prima volta tutta la sua vita Gaetano Buscemi momento? E’ un vero sizione di tematiche prettamente della inte- alla luce (mai detto fu più giusto) del fatto peccato che ci si trovi riorità, del profondo, del malessere, del vive- nuovo. Una lampada non sua e non alla sua dinanzi ad un libro, che per sua natura non re. L’altra, che fa capo a una scuola di scienze portata. A questa affascinante tesi, si contrap- può trasmettere la sonorità e il calore della pa- motorie e della comunicazione vede invece pone in modo direi quasi feroce la teoria della rola, della sua intonazione. L’Autore, infatti, nella richiesta la soddisfazione del piacere pu- scuola “Poli teama”. Scuola di pensiero di ra- prematuramente scomparso, non ha potuto ramente edonistico del vedere. Ma di vedere dice napoletana e poi sviluppatasi nella pro- mai leggerla e dunque darci un certo senso il cosa? E’ quello che ci occuperà nella parte fi- vincia triestina, ma anche scuola che nel suo senso, mi si consenta il bisticcio di parole, di nale del presente saggio. Secondo la scuola nome scansionato vuol proclamare la molte- ciò che volesse dirci. O forse, semplicemente, esegetica di ispirazione Jungista questa do- plicità e la classicità, il moderno italiano e il grande Poeta Turcomanno non voleva rive- manda è la trasposizione nel mondo reale quello greco-antico. Non v’è chi non veda nel- larcelo. Voleva che quella frase restasse lì, a li- dell’intima sofferenza esistenziale che come le due sillabi PO LI un chiaro riferimento a Po- brarsi nell’aria, a farci arro- lifemo e al suo unico occhio. vellare per carpirne l’essenza. Mentre nel contempo non si Non può essere un caso che può non vedere nello stesso Egli non volle mai leggerla, dittongo una chiarissima al- seppure ripetutamente ri- lusione alla molteplicità. E chiesto. Non va poi dimenti- dunque la mirabile scelta sta cato che non volle neppure a indicare l’unicità dei loro mai acconsentire a una ridu- studi, pur nella grande etero- zione per il teatro del suo ci- genea commistione dei suoi clopico romanzo. Non fu cer- studiosi che vanno dalle terre to la sete di denaro la ragione un dì asburgiche alle rigoglio- che lo portò a rifiutare la pro- se colline campane, ai minac- posta dell’ABC di farne una ciosi faraglioni della costa ca- serie televisiva che, data la tanese. Ma veniamo alla loro mole dell’opera, non avrebbe mirabile teoria. Questa, sep- potuto prevedere meno di tre pur basata su considerazioni stagioni da 8/10 puntate per totalmente aderenti ai perso- serie. Un affare colossale, se il naggi del libro, dona un ele- denaro e la fama televisiva mento del tutto estraneo alle fossero stati il suo obiettivo. linee guida dell’introspezione Una rivoluzione per la sua Jungista, a quelle magnifi- quieta vita passata nella sua modesta casetta, vena sotterranea percorre tutte le pagine del canti e possenti architravi della critica. Non dove soleva ricevere decine di amici, ospitan- libro. Egli ha vissuto come un non vedente per da poco le due scuole si stanno accapigliando doli anche e dividendo con loro cibo e bevan- tutta la sua vita. Ha creduto di non avere biso- con quell’entusiasmo tipico degli studiosi di de. Ma ritorniamo alla frase. “Puoi accendere gno di una luce esterna a lui per vedere, per un tempo, sull’ultima ardita ipotesi della la lampada che non ci vedo?” Quale forma di capire cosa gli stesse accadendo. Ha pensato “Scuola Poli teama”, che qui riassumo e con la spaesamento chiaramente traspare da quella di essere lui luce per se stesso e non ha pensa- quale vi lascio. Ebbene, la “Scuola Poli teama”, precisazione non richiesta! “Non ci vedo”. to che altri potessero aver bisogno di una luce già scuola di scienze motorie e della comuni- Questa frase potente nella sua articolata sem- al di fuori del sé. Non ha mai pensato di poter cazione, pur condividendo molte delle teorie plicità, non può che portarci verso le porte del essere luce per gli altri. Egli è stato come un della scuola Jungista a lei contrapposta, vede non detto. Noi sappiamo benissimo che Kha- minatore siciliano nelle orride miniere del nella richiesta la soddisfazione di un piacere malik vedeva e vedeva bene. Non è un caso Belgio. E’ andato avanti nell’oscurità, nelle te- puramente edonistico di Khamalik di vedere che, nel terzo capitolo, del libro sia stato già nebre, fidando della luce del caschetto posto alzarsi di nuovo la badante, oggetto delle sue visitato da uno specialista (un oculista, secon- sul suo capo e cioè fidando solo sulle sue idee, quotidiane angherie, per poterle ancora una do l’ipotesi riconosciuta come la più plausibile sulla sua testa, sulle conoscenze che da lui ve- volta ammirare le chiappe! dalla stragrande maggioranza della critica in- nivano. Ma nulla poteva consentirgli di vede- Non c’è lampada, di quale lampada parli? ternazionale) e dunque non poteva essere ipo- re se stesso. Di avere coscienza vera del sè. Siamo a cavallo. vedente. Sarebbe stato consigliato dall’oculi- Uno specchio non tradì mai la verità. Egli non E poi fa freddo sta di portare degli occhiali o addirittura di vedeva. Egli non si vedeva. Quella lampada Questa l’unica nota dell’autore. sottoporsi a un’operazione che di certo avreb- posta sulla sua testa, lo condannava a non ve- be richiesto almeno un paio di capitoli del li- dere mai il suo volto. La luce riflessa nello bro. Va tuttavia aggiunto che l’esito della visita specchio, rifletteva nello specchio solo la luce Gaetano Buscemi 21 n. 46 Mobilità e coerenza nel cinema: l’estetica del silenzio Eclettica, versatile; scal- dalla quale operare riflessioni senza un inter- fittura e suggestione o vento artificioso che opponga una requisito- silenzi e rumors che pren- ria su quali impressioni siano giuste e quali dono vita sfuggendo alla sbagliate. Nell’inclusività, il cinema è solleci- piattezza del telo e af- tazione culturale, viepiù incalzando cono- fiorando come realtà scenze di un mondo vasto di cui molta parte consuetudinaria nell’e- della popolazione non ha conoscenza e che, sistere, alla cinemato- pertanto, ritiene non esista. Un esempio è Na- grafia come arte di in- nook del Nord di R. Flaherty (1922): documenta- scrivere in un tempo rio sull’esistenza di un eschimese e, al con- fisicamente connotato tempo, occasione per penetrare le pagine di Carmen De Stasio e in uno spazio limita- un libro parlante attraverso il movimento ar- to alla vista entrambi capaci di scavare nel tificiale e convergente nelle azioni, la concen- non-detto e individualmente pensato o comu- trazione in un tempo-limite di paesaggi nuovi nitariamente argomentato si riconoscono le per molta parte del pubblico, che scorrono in complicazioni di una meta-letteratura con- uno scenario ovattato, ma alla cui valorialità assoluti paradigmatici e consequenziali. E le temporanea in tutte le sue espressioni. In determinante è l’attività registica, la scelta ac- pellicole documentarie flettono sulla mobilità questo ruolo la cinematografia prosegue la curata dei punti di vista, mediante i quali la di un libro immaginabile e imprevedibile nel- sua attività multiforme e metamorfica in base sceneggiatura converge nella scenografia a ge- le sue scene. Non è equivocabile fissativo: pro- al talento-intuizione di chi intende ogni volta nerare un corpo unico per traslare, infine, la mulga scenari di riflessione e discussione. Il ci- creare dal vissuto e mediante tecnologia sem- scrittura filmica in consesso volumetrico di se- nema-territorio si manifesta altresì in libertà pre più deviante dal solo strumento meccani- gni tendenti verso immagini parlanti. Bell’e- dell’inventiva e dell’indagine psico-attitudi- co. Addirittura (ne parlai in un precedente inter- sempio mediale tra acculturazione, immagini, nale e sociale. Unica macchina artificiale della vento), l’assemblage fotografico in dimensione movimenti. Unico scopo: accrescere la globali- modernità a consentire un uso pubblico, che mobile sopperisce all’esclusiva presenza della tà e, paradossalmente, investire la massa criti- raggiunge tutti i territori abitati anche in sen- macchina in favore di una vivenza parte- so metaforico nella sua energia coerente: cipativa uomo-telecamera. In tal senso il dal silenzio tecnico all’estetica del silen- cinema impegna gli stadi psicoattitudi- zio valutata per l’efficacia di generare ul- nali detti dell’influenza, della dominanza troneità attitudinale assai distante dall’ad- e/o persuasione. Sovente i tre stadi fun- domesticamento auto-compiacente e tutto zionano all’unisono, sebbene in questo concentrato a irrompere con una domi- caso si tratti di sola funzione informativa nanza a suo modo persuasiva e fortemente a fronte dell’impossibilità di gestire auto- pervasiva. Se in principio raccoglie consen- nomamente il progetto conoscitivo. Ep- si inattivi, particolarmente tra gli anni ’60 e però in questo modo il cinema risultereb- ’70 del secolo scorso il cinema è altresì luo- be altro e la risposta distaccata. In ogni go di dibattito non già persuasivo orizzon- caso è fenomeno tecnologico che marca tale, ma persuasivo fertilizzante di idee, of- la modernità: la sua valenza è al servizio ficina di parole e (desiderio di) progresso. di quella che, da massa inconsistente e In tal senso va forgiando per sé una nuo- vaga, diventa massa critica. Così il cine- va forma di memoria enciclopedica, nella ma vive le sue tante realtà, i contrari e i ro- quale immergersi per tessere una trama vesciamenti. Tale influenza non è tuttavia solida ma non inasprita dall’iconismo: in soggiogata da alcun germe di dominanza: quanto sostenuto da mobilità inventiva, la versatilità innovativa delle proposte di- Le foto sono tratte da “Nanook del Nord” di R. Flaherty (1922) declinata intorno a innovative storie e spone un pubblico esigente, la cui forza è compensata dalla fruizione di una dina- nella persuasione e non di essere soggiogato ca di una sensazione di vicinanza e condivisi- mica massa critica, esso si erge a rappresenta- dall’esterno. Vero è che ci si attardi da una re- bilità. Così il cinema sopperisce a un bisogno tivo dell’evoluzione per la facoltà di rendere altà diversamente amministrabile allo scopo di apprendere che è latente nell’individuo co- accettabile, accoglibile (e credibile nella sua di suggerire quanto, attraverso l’esternalizza- munitario. A risplendere non già è semplice- specie anche simbolica) qualsiasi realtà. Ele- zione, abbia efficacia interiore. Questo procu- mente l’archetipo cinematico del sogno-rilas- mento mediale tra l’irreale addomesticato ra una sensazione vibratile d’impegno antro- samento mentale, quanto il conoscere come dalla macchina e il reale concreto della tessi- pologico a distinguere e settorializzare i tura comunitaria, è catalizzatore di con- luoghi dell’effimero dai luoghi d’informa- tinuità esterno-interno. Trasferisce l’in- zione totale. Il medium è il silenzio, che terno all’esterno e viceversa, propalatore chiamerei luogo della parola in confronto di un tipo di monologo interiore del tutto diretto con le fasi generative della mente. particolare e dai confini assenti, libero di Un elemento estetico che riporta all’effi- avvicendare verificabilità e attendibilità cienza della ragione senza la compressio- in un flusso che vede scorrere insieme ne di un’estemporanea reazione che nulla coerenza e coscienza. a che vedere con l’emozionalità. Una for- ma continuamente mutante di estetica in azione, dunque, della quale e dei cui tem- Carmen De Stasio pi si giova il cinema comunicazionale nel penetrare l’esistente (visto-non visto) fi- gurandosi quale archetipo tanto di obiettività che spinta esistenziale e non solo per stupirsi o accre- di soggettività. Tanto operazione estesa e comu- ditare un conoscere innato, quanto per con- *Prossimo numero: ne, quanto silenzio come reazione immediata, fermare il valore della precarietà rispetto agli Coerenza estetica - la pellicola documentaria 22 [email protected] I dimenticati, #27 Carlo Romano In questo numero tornò al suo primo amore, il teatro, cimentan- Fabrizi; e ne «La spiaggia» di Lattuada (’54), parliamo di un gran- dosi con successo nella rivista, particolarmen- nella parte di Luigi. In alcuni film, si trovò a dissimo caratterista te nelle sue corde, e fu molto attivo pure alla lavorare con la madre, in altri col fratello, o del nostro cinema, at- radio: dove a partire dal ’39 si produsse lavo- con la prima moglie, o col figliastro Alessio. A tivo con pieno succes- rando in drammi, commedie, varietà, perfino partire dalla seconda metà degli anni Cin- so anche in teatro, in quiz, sempre incontrando grandissimo favo- quanta, Romano fu molto attivo anche in tele- televisione e nel dop- re da parte degli ascoltatori. Separatosi dalla visione: sia pigliando parte a programmi di piaggio: Carlo, o me- moglie, sposò in seconde nozze Liliana De successo come «Il mattatore», con Vittorio glio Carletto, Roma- Stefano, che gli diede i figli Giancarlo, Dina, Gassman (’59), sia interpretando Luigi Pater- Virgilio Zanolla no. Grazie alla tv e alla Luciana, Serena e Rossella. Negli anni tra i nò nella commedia «Peppino Girella» di costante riproposta di Trenta e i Cinquanta, la sua attività principale Eduardo de Filippo, sotto la regia dell’autore molti film in bianco e nero ai quali egli prese rimase comunque il cinema: dove, impiegato (’64), sia dando vita all’indimenticabile figura parte, la sua figura corpulenta e bonacciona, spesso nel ruolo dell’amico (o del rivale) del dell’onesto Wilkins Micawber nel «David arzilla ed eternamente gioviale, così come la protagonista, un simpaticone vanamente in- Copperfield» di Dickens nello sceneggiato di- sua inconfondibile voce, sono - credo di poter namorato della stessa donna che ama lui e che retto nel ’65 da Anton Giulio Majano, certo assicurare - impresse indelebilmente nella è da lei riamato, si distinse disegnando alcune una delle sue prove migliori. Ma, nel cinema memoria di ogni italiano, anche se di età rela- stupende figure di carattere: come in «Caval- come in televisione, Romano si segnalò anche tivamente giovane. Eppure, nonostante la sua leria rusticana» di Amleto Palermi (’39), dove quale eccellente doppiatore, forse in assoluto spesso inarrivabile bravura sia atte- il più bravo, certamente il più attivo e stata dai tanti ‘passaggi’ televisivi, il più duttile: basti dire che l’elenco non c’è stata finora l’ombra di un cane degli attori e dei personaggi a cui ha che abbia deciso di soffermarsi un po- dato la voce (anche dei fumetti, come co sulla sua personalità, di dedicargli Nick Carter, dei cartoni animati e de- una monografia, una mostra retro- gli sceneggiati tv quale il sergente spettiva, un anche piccolo festival… a Garcia di «Zorro») è chilometrico e partire dalla sua città, Livorno, non stupefacente, includendo nomi di certo avara di bravi attori del nostro assoluta rilevanza come James Ca- cinema: basti pensare ad Antonio gney, Chico Marx, Jack Oakie, Red Centa, Vivi Gioi e Doris Duranti, per Skelton, Peter Lorre, Lou Costello, non citare che i primi a venirmi in Fred Astaire, Spencer Tracy, Charlie mente. Carlo Romano vi nacque l’8 Chaplin, Edward G. Robinson, Bob maggio 1908, da Giuseppe e da Gel- Hope, Nigel Bruce, Thomas Mitchell, trude Ricci (1876-1957; che, col nome Vincent Price, Victor McLaglen, Or- di Dina Romano, fu un’attrice di ta- son Welles, Ernest Borgnine, Fer- lento); e fu attore di talento anche suo nandel (in tutti i cinque film della se- fratello Felice (1900-1959). Respirando rie «Don Camillo»), Peter Ustinov, arte «per li rami», all’età di soli cinque Broderick Crawford, Robert Morley, anni il Nostro debuttò sulle assi del Maurice Chevalier, Michel Piccoli, palcoscenico, quelle del Teatro Mini- Rod Steiger, Eli Wallach, Peter Sel- mo di Trieste. Quand’era dicianno- lers, Jason Robards, Jerry Lewis, Alec venne entrò nella compagnia di Virgi- Guinness, Lino Ventura, Bernard lio Talli e Wanda Capodaglio, due Blier, Bourvil, Louis de Funès, e per- grandissimi protagonisti della nostra fino quello di Alfred Hitchcock, nel prosa; fu poi nella compagnia della noto programma televisivo a puntate spumeggiante Dina Galli, distinguen- sul brivido presentato dal grande re- dosi per la sua recitazione briosa e gista inglese; ma anche dei nostri To- ricca di sfumature. Innamoratosi gnazzi, Sordi, Stoppa, Moschin ed al- dell’attrice Jone Bolghero (1898-1979), tri ancora. Egli doppiò De Funès in vedova del comandante della marina 10 film, Bob Hope in ben 28, e Jerry americana William James Ward, Lewis addirittura in 40, diventando all’età di venticinque anni la sposò, in pratica la ‘voce’ italiana di molti di adottando il suo figlio di primo letto, questi grandi comici, talché si può l’attore Aleardo Ward, altro futuro affermare senza tema di smentite doppiatore e padre dei doppiatori Andrea, Lu- fu un pittoresco Bammulu, accanto alla ma- che un po’ del loro successo presso gli spetta- ca e Monica Ward; da allora, in arte ella as- dre che interpretò zia Carmela; in «4 passi fra tori del nostro paese essi lo debbano senz’al- sunse il nome di Jone Romano. Benché in tea- le nuvole» di Alessandro Blasetti (’42), nei tro al suo timbro vivacissimo. In questo me- tro lavorasse con costante successo, dopo aver panni di Antonio, l’allegro conducente di cor- stiere nessun altro, in Italia, vanta un debuttato nel cinema nel 1932, ne «L’ultima riera appena diventato padre; ne «I pagliacci» curriculum altrettanto prestigioso. Il suo ulti- avventura» di Mario Camerini, due anni do- di Giuseppe Fatigati (’43), nel ruolo di Rugge- mo impegno in qualità di attore fu nell’origi- po, cedendo ai suggerimenti della madre, la- ro Leoncavallo; in «Luci del varietà» di Lattua- nale televisivo «Le cinque stagioni» di Gianni sciò il palcoscenico per il set, dove in quaran- da e Fellini (’50), come l’avvocato Enzo La Ro- Amico, che venne proiettato in televisione nel tadue anni di carriera prese parte a ben sa; ne «I vitelloni» di Fellini (’53), in cui conferì ’76, dopo la morte dell’attore, che avvenne a novanta film, collaborando a vario titolo (co- grandissima dignità all’antiquario Michele, Roma il 16 ottobre 1975. me soggettista, dialoghista o sceneggiatore) ad sposato con la bellissima Lida Baarova che un’altra dozzina di pellicole. Durante la guerra viene insidiata dal fatuo commesso Franco Virgilio Zanolla 23 n. 46 La bagarre de La Dolce Vita Intervista a Mirella Delfini Mirella Delfini, già in- sul male. Ha aggiunto che magari serviva a parola ‘santità’, o forse prendendola come un viata speciale nelle zo- estirparlo così che gli scellerati potessero “re- augurio - ma ti pare il momento di andare al ne calde del mondo, dimersi”. Fellini si è fregato le mani e ha tirato cinema? E’ quasi l’una, sono tutti chiusi. Se ne ha ideato e condotto diritto, ma quando il film è stato montato s’è riparla domani.’ Con un gesto da grande regi- in Italia e all’estero accorto che i censori ufficiali non ragionava- sta, come quando è sul set e muove una marea fortunate trasmissio- no come padre Arpa e tutto restava bloccato di gente facendo scaturire una scena dal nul- ni radiofoniche di di- Pia Di Marco vulgazione scientifica, ha lavorato per i quo- tidiani “Il Giorno”, “Paese Sera”, “L’Unità”, per i settimanali “Oggi”, “Rotosei”, “Tempo”, “Fa- miglia Cristiana”. Per Diari di Cineclub ha ac- cettato di incontrarmi e di raccontarmi alcu- ne delle sue storie legate a personaggi del cinema. Nel numero precedente è apparsa l’intervista a Luchino Visconti, piena di umo- rismo secondo lo stile di questa decana del giornalismo, questa volta, grazie anche alla presenza di Federico Fellini, l’umorismo si ac- cresce di una dimensione surreale. Signora Delfini, lei ha una storia molto carina da raccontare su Federico Fellini alle prese con la cen- sura. davanti alla barriera del loro ‘no’. Federico al- la, Federico aprì la porta agli operatori e a tut- Padre Arpa, vuole dire? lora è corso da padre Arpa, gli ha detto che era to ciò che aveva nascosto in anticamera. Il sa- Non so, pendo dalle sue labbra. nei guai e che gli serviva un miracolo. Il padre lotto del cardinale divenne di botto un cinema Fellini era un buon amico e una volta l’ho in- l’ha ammonito: ‘Solo i santi li possono fare, io con due sole sedie, una per il regista e una per tervistato dicendo ‘non mi va di partire questa no, ma forse qualcuno ti può aiutare.’ Ha mor- il padrone di casa, il quale fu subito edificato settimana. Raccontami una bella storia con morato a voce bassa il qualcosa di nuovo cosi la caccio in bocca al Di- nome del cardinale Si- rettore e lui sta zitto per un pò’. Fellini, sospi- ri, arrivato alla stazione rando e facendo la faccia da vittima (in realtà a mezzanotte. Lui è cor- gli piaceva tanto raccontarsi), s’era messo a so a suonare alla porta parlare. Però la sua storia era alquanto com- dell’Arcivescovo e ha plicata e allora per capire meglio avevo dovuto convinto il personale a parlare anche con Indro Montanelli che di svegliarlo: questione di quel film ne sapeva abbastanza, così, alla fine, vita o di morte. Quan- già che c’ero, avevo scritto due pezzi invece di do il cardinale è arriva- uno. In quel periodo stavo ancora facendo to in vestaglia e ciabatte ‘l’inviata a Roma’. lui si è buttato per terra Come lo intitoliamo questo pezzo, “La bagarre de e gliene ha baciata una appassionatamente, da una statua di Gesù che – sorretta da un eli- La dolce vita” ? singhiozzando che la sua vita era finita, sigh, cottero – traversava il cielo di Roma (devo ag- Perché no? Oppure “il gioco delle parti (tra che gli restava solo il tubo del gas, sigh, e che giungere che anche il pilota era un mio amico, Fellini e Montanelli)”. Fellini aveva confidato tutto era successo solo perché aveva cercato di Mario Pennacchi, un asso del volo a pale e che a Indro Montanelli con quali arti sottili era ri- additare i peccati ai peccatori per redimerli, la scena era da batticuore, tanto che lui, Ma- uscito a far passare La dolce vita alla censura, sigh. Poi lasciò la ciabatta, alzò gli occhioni in rio, m’ha confidato di ricordare quell’impresa ma io non l’avrei mai saputo se non avessi modo che si vedessero chiesto a Indro cosa pensava di Federico. ‘E’ le lacrime e si mise a un attore nato ed è l’essere più bugiardo che sbaciucchiare la mano conosco’. Per spiegarmi quanto fosse bugiar- del cardinale, quella con do m’ha raccontato una storia che non ha mai l’anello, facendo scorre- potuto scrivere perche ‘Federico non vuole e re fra dito e dito rivoletti se lo sa m’accoppa’. A rischio della vita di In- di lacrime, sigh, sigh, si- dro mi sono spicciata a scriverla prima che ci gh. ‘Figliolo, calmati e ripensasse. La storia incomincia con padre dimmi cosa posso fare Angelo Arpa, direttore spirituale di Fellini, per aiutarti.’ ‘Vedere il consulente ecclesiastico dei suoi film e - co mio film, Eminenza. Il stretto suo malgrado a convivere con i maghi mio film parla.’ ‘Come Mirella Delfini e le fattucchiere di cui Federico non può asso- no, - ha detto il cardinale lutamente fare a meno. Padre Arpa è un prete che aveva sonno - lo so che i tempi del muto so- come un’acrobazia da incubo). Dopo due ore, dalle vedute larghe, che si trova a suo agio an- no finiti, che il tuo è un film parlato. Domani appena riaccesa la luce, si vide il cardinale con che nell’ambiente licenzioso del cinema e ama lo vedo, intanto calmati, prega e abbi fede.’ una lacrima all’occhio e lo si udì mormorare: combattere col demonio a distanza ravvicina- ‘Eminenza - ha singhiozzato Fellini - il film ‘Dovrebbero vederlo i miei seminaristi ’sto ta. Dopo avere visto diversi spezzoni del film parla nel senso che riuscirà a convincere vo- film, così capirebbero com’è sporco il mondo. ha detto che secondo lui quella era una chiara stra Santità. Lo veda subito, sigh.’ ‘Figlio mio, Bisogna salvare questi peccatori’. E’ da allora, accusa all’immoralità corrente e un dito puntato - disse il cardinale lasciando correre sulla segue a pag. successiva 24 [email protected]

segue da pag. precedente dice Indro, il Cardinale Siri è diventato il pro- tettore di Federico. Capisci che razza d’attore è?’ Io non so se questa sia una favola, né se l’abbia inventata Federico e poi raccontata a Indro o se l’abbia inventata Indro e poi rac- contata a Federico perché gli stava a pennello e poi a me perché la divulgassi, ma è lo stesso: tutti e due sono dei gran bugiardi e a stabilire chi ha mentito per primo c’é da perdersi. Lo posso dire con certezza perché in quei giorni di gran bagarre per La dolce vita ho chiesto a Fellini se la storia l’avesse inventata Indro op- pure lui. ‘Non lo so - ha risposto Fellini - non mi ricordo. Ma credo che l’abbia inventata In- dro.’ ‘Era molto divertente.’ ‘Allora mi sa che l’ho inventata io.’ Non si ricordava proprio di avergli proibito di raccontarla. ‘Vedi - ha so- spirato Indro quando gliel’ho detto - vedi com’è? Ora però danno la colpa solo a padre Arpa e a Siri. Anzi l’ESPRESSO li chiama l’Arpa siriana. Federico è un bastardo, ecco cos’è.’ Poi il giornalista con la macchina da presa? Sfoga ‘Che ne so, io al cinema non ci vado mai. Co- m’ha raccontato che tempo fa gliene aveva nel cinema la sua ambizione di cronista man- me si fa a parlare di cinema con uno che non combinata una grossa. Aveva detto a Rizzoli – cato. Ma perché è mancato? Perché è ignoran- ha mai visto un film?’ Non capisco perché l’ab- il quale si lamentava perché La dolce vita costa- te, di un’ignoranza assoluta. Non legge, se ne biano accusato di plagio, tempo fa, lui non va centinaia di milioni e non finiva mai – che infischia dei libri, è Diogene, cerca soltanto può copiare, non è possibile perché non ha Montanelli aveva visto il materiale girato e l’a- l’uomo. E alla fine è una fortuna che sia così mai visto i film degli altri. Così a volte capita veva trovato ottimo. ‘Mi sono sentito gelare, ignorante perché almeno abbiamo un regista che rifaccia una scena già fatta da qualcun al- ma che potevo rispondere? Oramai quel de- pieno d’umanità invece che di intellettuali- tro. ‘Allora vuol dire che era una scena fellinia- monio m’aveva fatto suo complice’ - ‘Daglieli, smo, uno che non farà mai un film comeL’an - na’, risponde lui quando lo accusano. ‘Come i soldi, - ho detto - il film sarà un successo’. Ma nee derniere a Marieband, e via. Critici specializ- sarà il tuo prossimo film, Federico?’ ‘Fellinia- se fosse andato male che figura facevo? Appe- zati si affannano a trovare aggettivi per il suo no. E poi la domanda è sciatta. Che modo è di na arrivato a Roma ho insultato Federico. Sai realismo, dicono che i suoi film toccano ‘un chiedere le cose? Sono sicuro che agli scrittori cosa m’ha risposto quella faccia di... ha detto: naturalismo di tipo kirkergaadiano’ (‘e chi è non fai domande così sciatte. Ora che parli so- ‘Ma Indro, come fai a dire che non l’hai visto? Kierkegaard?’ - domanda lui), però verrà un lo con un povero regista, con me, credi di po- Te lo posso giurare che l’hai visto, te l’ho fatto giorno in cui per definire un tipo di cinema termi trattare come uno scimunito.’ ‘Federi- vedere io.’ Mi voleva ipnotizzare, quel mostro. come il suo si dirà ‘felliniano’ e significherà co, dì la verità, non è che questa domanda sia Fortuna che gli voglio bene, sennò...’ ‘Eh sì - qualcosa in cui tutte le bugie si saranno sciol- più sciatta di un’altra, è che non vuoi parlare dice Colette, la moglie di Montanelli - anche a te nel mare della verità. E’ un’illuminazione, la del tuo prossimo film. Credo cheIl viaggio di G me ne ha combinata una. Pretendeva che fa- mia, mentre lo penso mi sento toccata dall’ala Mastorna sia un’invenzione dietro la quale ti cessi una parte nel film.’ - ‘Una parte magnifi- del genio. Federico - gli dico di colpo mentre nascondi da anni. Non lo farai mai, quel film, ca - diceva - vedrai che meraviglia. Mi devi fa- siamo di nuovo in macchina - io credo che tu è vero?’ Sospira. Guarda le foglie che volano re una granduchessa, senza te non so come non abbia mai detto una bugia in vita tua. ‘E’ nell’aria con ali gialle e verdi, le rade gocce di andare avanti, va tutto a rotoli.’ Lo sai com’è cosi- fa lui e mi accarezza una mano - ma nes- pioggia che si rompono sul parabrezza e dice: fatto, Mirella, non riesci a dirgli di no. La suno lo capisce. Un giorno o l’altro si accorge- ‘Senti? Senti il carnevale?’ Che carnevale? Dai, granduchessa c’era nel copione, ma che roba, ranno che invento solo cose vere, anche se parlo del mondo, della gente. Negli anni pas- era lesbica. Sono fuggita. E lui dietro, a dire non so in quale universo si trovano. Ma di si- sati c’è stato come un gran silenzio. Tutti esi- che la parte l’avrebbe rivoltata come un guan- curo è un universo parallelo.’ ‘Credo che quan- bivano compiaciuti l’alienazione, il nichili- to, mi potevo fidare. Fidarsi di lui!’. E’ stato do hai inventato d’essere nato in treno, d’esse- smo, la distruzione. C’è un tempo per le cose. proprio nei giorni della bagarre che non vo- re fuggito da piccolo con un circo, poi sedotto Dopo la distruzione si balla sui morti, scoppia lendo partire sono andata a chiedere aiuto a da un’incantatrice di serpenti e tutte le balle il carnevale e alla fine nasce una nuova Grecia. Federico. Ma si può intervistare un banco di che hai detto a quelli che volevano scrivere la Io non lo so com’è la Grecia, ma nascerà, è si- nuvole, un groviglio di sogni e bugie? Poi m’è tua biografia, tu quelle cose le abbia davvero curo. Ferma la macchina, alza gli occhi verso i venuto un dubbio: e se non fosse un bugiardo? vissute.’ ‘E’ così.’ ‘E quando abbracci ogni per- sipari di nubi e ha un viso liscio, infantile. Se nessuno l’avesse mai capito? Per saperlo sona che incontri e frughi nelle loro borse per Sorride a un carnevale che sente solo lui. ‘La sono andata a prenderlo in Via Archimede dal sapere i fatti loro e dici ‘ho sentito tanto la tua vita è stupenda, non faccio che raccontarla, la barbiere, poi mi sono rassegnata a lasciargli mancanza’ anche se non le avevi mai viste, voglio raccontare sempre. Voglio fare un film guidare la mia macchina, a vederlo infilare non e perché sei un cialtrone bugiardo, ma che non finisca mai, un lungo film con tutti tutte le direzioni vietate che c’erano, ad ac- perché t’innamori di tutti.’ ‘E’ così’, dice e per dentro, anche te, e magari mi ci metto an- compagnarlo dal radiologo perche voleva far- la contentezza dà un’accelerata al mio motore ch’io, ma no, è meglio che io resti fuori a rac- si fare una lastra al cervello (chissà cosa ne po- proprio davanti a un semaforo rosso. ‘Federi- contare la vita senza fermarmi mai, mai...’ teva uscire) e poi anche a lasciarlo frugare co, c’è un semaforo.’ ‘Ah, c’è un semaforo?’ ‘Sì, nella mia borsa perché secondo lui non si può rosso.’ Frena in mezzo all’incrocio, si fermano fare un’intervista se non c’è reciprocità. Alla tutti, il vigile fischia, i clacson ululano, nessu- fine, quando siamo arrivati a casa sua, da Giu- no ci capisce nulla però nel frattempo ritorna lietta (che conoscevo dal tempo del Teatroguf) il verde e lui va via tranquillo facendo ciao ciao per fare colazione, avevo risposto a tutte le do- al vigile che lo guarda, sputa il fischietto e re- mande che m’aveva fatto e ora lui poteva scri- sta a bocca aperta perché l’ha riconosciuto. ‘Fe- vere un bell’articolo su di me. In fondo non fa derico, non abbiamo ancora parlato di cinema’. Pia Di Marco 25 n. 46

E’ uscito Cineforum 559 SOMMARIO 559 Chiara Boffelli editoriale Festival Internacional de Cine de San Seba- Adriano Piccardi stián 2016, p. 83 La verità delle immagini, p. 3 Intervista a Ana-Felicia Scutelnicu, regista di primopiano Anishoara a cura di Loreta Gandolfi, p. 84 Neruda, p. 4 Paolo Vecchi Gloria Zerbinati Pordenone 2016, p. 86 Un mito al lavoro su se stesso, p. 6 Chiara Boffelli Stefano Santoli Festival International du Film de La Rochelle, Il poeta è un fingitore, p. 9 p. 88 primopiano Libri The Assassin, p. 12 a cura di Paolo Vecchi, p. 90 Roberto Chiesi Le lune del cinema La solitudine dell’assassina, p. 14 a cura di Nuccio Lodato, p. 92 Alessandro Lanfranchi Il tempo sospeso, p. 17 I film Nicola Rossello Frantz di François Ozon, p. 21 Francesco Cattaneo Lo and Behold – Internet: il futuro è adesso di Wer- ner Herzog, p. 24 Paola Brunetta Quando hai 17 anni di André Téchiné, p. 28 Pasquale Cicchetti Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, p. 31 Il nostro cinema anti-cinematografico. Inter- vista a Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, p. 34 a cura di Fabrizio Tassi Luca Malavasi Café Society di Woody Allen, p. 37 Giuseppe Previtali, Alessandro Uccelli, Edoar- do Zaccagnini, Chiara Santilli, Simone Emi- liani, Emanuele Rauco, Andrea Chimento, Mathias Balbi, Nicola Rosselli Rara. Una strana famiglia – Liberami – Indivisibi- li – Elvis & Nixon – Deepwater: Inferno sull’Ocea- no – Qualcosa di nuovo – Mine – La verità sta in cielo – Il sogno di Francesco, p. 40 Percorsi Anton Giulio Mancino Beatlemania! The Beatles – Eight Days a Week, p. 50 Sergio Arecco Corti à la carte. A Sud di Lampedusa – Neve – La rivière – Apice, p. 56 Rinaldo Vignati Dalton Trumbo e le ferite dell’America, p. 64 Dario Tomasi Cina in Noir. Spring in a Small Town (Fei Mu, 1948), p. 72 Festival

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critica e cultura cinematografica

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27 n. 46 Gli Young Adults: cosa sono e perché piacciono Quando i giovani si affidano ai libri: la letteratura Young Adults e i nuovi consumi di storie Il complesso panora- ma mediale contem- poraneo, caratterizzato dai processi di digitaliz- zazione e convergenza, è il presupposto che ha reso possibile lo svi- luppo e il successo di Silvia Pezzoli un particolare modo di consumare la cultura che ha visto il com- piersi di un giro largo, che dal libro passa at- traverso il cinema, la televisione, la serialità, la rielaborazione sulle nuove piattaforme so- ciali, per poi tornare al punto di partenza: il libro. In particolare, in questo pezzo ci occu- peremo di condurre un’esplorazione sulle ra- gioni e le dinamiche che hanno decretato la nascita di un fenomeno particolare, il succes- so degli Young Adults, al fine di comprendere rappresentazioni di liminali- concetto di communitas di Vi- le ragioni di un ritorno al consumo di narrati- tà, di passaggio tra vita e mor- ctor Turner. Essa segna lo va su carta, spesso di mediocre qualità, pro- te. Amanda Hocking in My specifico legame che unisce prio nelle generazioni più giovani. Nonostan- Blood Approves, Tryllie Trylo- gli individui che si trovano in te si stia verificando una progressiva e diffusa gie, The Hollowse Watersong, una condizione definita, acco- diminuzione della lettura tra i giovani le ven- popola i sui racconti di creatu- munati da un forte sentimen- dite di questi prodotti tra gli adolescenti ci re fra vita e morte: vampiri e to di cameratismo e di appar- parlano di un apprezzamento forte, allargato, zombie. Ma anche i distopici tenenza allo stesso momento che non presenta momenti di forte crisi. È un Hunger Games di Suzanne di passaggio tra due mondi, fenomeno che viene dal passato, se pensiamo Collins, Divergent di Veronica passaggio che percorrono tut- a Tolkien e al successo de Il signore degli anelli, Roth, The maze runner di Ja- ti gli adolescenti. ma che si è consolidato e caratterizzato per un mes Dashnere, la Trilogia del Quando trasporre è una certezza costante rapporto con il cinema da un lato e i Silo di Hugh Howey sono ro- Alcune tracce delle ragioni per nuovi media dall’altro, a partire dal fortunato manzi in cui sistemi sociali e cui gli Young Adults ottengo- avvento di Harry Potter. Il maghetto approda, valoriali diversi e ambienti di no successo sono già emerse: in tempi un po’ più recenti, in un contesto in vita nuovi vengono esplorati. I innanzitutto producono ap- via di sviluppo che ben presto si distinguerà romanzi di John Green, da partenenza e danno la possi- nel favorire pratiche di consumo transmediali Cercando Alaska a Città di bilità di riconoscersi nel senti- e crossmediali, ossia godrà della possibilità di carta, e Colpa delle stelle, par- mento comune di liminalità. collegare i testi tra i vari media e di adattarli tono dall’idea di ricerca de il Inoltre, partono da una narra- con format specifici per ogni distinto- me “Grande Forse”, un concetto tiva chiara, definita, immuta- dium (si parla anche di multimodalità, dove i liminale di per sé, per appro- bile su libro cartaceo e si muo- modes sono codici, risorse semiotiche, adatte dare alla malattia e alla morte vono tra passaggi e revisioni per ogni singolo media). Harry Potter e nu- in Colpa delle stelle. E After, sui vari media. Dalle classiche merosi altri prodotti si inscrivono in tipologie romanzo d’amore di Anna trasposizioni cinematografi- di genere diversi - il fantastico, il distopico, Todd, ci parla della difficile che e televisive, tutte serializ- l’horror, il romanzo d’amore, ecc- ma tutti si conciliabilità di persone ap- zate, alla transmedialità e riconoscono sotto un unico genere che li acco- partenenti a condizioni socio crossmedialità prevista e so- muna e che viene definito dall’audience: gli economiche diverse. Dunque, stenuta dalle produzioni stes- Young Adults, dove il protagonista diventa il il collegamento fra mondi di- se che catturano l’attenzione lettore che dà vita a un consumo performante versi, la sofferenza dello stare dei possibili fruitori sulle va- che lo distingue dal fruitore tradizionale, che nel mezzo e l’indeterminatez- rie piattaforme: attraverso inizia il suo percorso nella ‘narrazione tran- za dei confini sono raccontati promo, fanzine online e offli- smediale’ leggendo il libro e vi ritorna per non in una numerosità di pagine ne, pagine ad hoc, ecc. grazie perdersi nel mare magnum delle trasposizio- ampia, che però non scoraggia alle quali le audience diventa- ni, versioni, revisioni che il cinema, la tv, la re- coloro che sono ormai classifi- no attive e rielaborano conte- te operano sul testo. Se l’audience fa da trait cati come lettori da 140 carat- nuti e storie, sviluppano story d’union per definire questo genere, ci sono teri. E se a chi non è un appassionato di que- lines di personaggi minori e creano i propri anche altre caratteristiche distintive degne di sta letteratura i titoli sopraelencati fanno originali contenuti, dando vita a produzioni essere sottolineate. Una tra tutte la liminalità. venire in mente le versioni cinematografiche, grassroot o user generated contents. Se in ta- Di liminalità si nutre la Rowling col suo rac- per gli appassionati il libro diventa una risor- sca si ha una bussola come il libro cartaceo, si contare sui confini tra realtà e magia; Stepha- sa cui ritornare per far fronte al nomadismo apprezzano di più i tentativi originali, si può nie Meyers in Twilight ci fa entrare nelle vicen- transmediale, di cui il cinema è solo una tap- intervenire, commentare e valutare e dar vita de dei suoi vampiri vegetariani, in difficoltà pa, che i romanzi stessi favoriscono e produ- a ciò che la rete naturalmente chiede: parteci- per il loro essere simili e diversi dai vivi; Sha- cono. La liminalità, dunque, è una caratteri- pare, condividere, collaborare. Rafforzare l’i- dows Hunters, di Cassandra Claire, ci parla di stica dei contenuti degli Young Adults, come dea di appartenere grazie a prodotti letterari, ponti tra mondi diversi, sempre attraverso ci spiega Gail Gather, prendendo a prestito il segue a pag. successiva 28 [email protected]

segue da pag. precedente Al cinema cinematografici e televisivi che propongono una serie di gangli euristici per diffondere “particelle” di contenuti, passibili di essere svi- È solo la fine del mondo luppate in modo diverso su vari mezzi, ma sempre in un’ottica affine a un progetto inte- Il nuovo film di Xavier Dolan grato. I loro fruitori, entrati da porte talvolta Louis è un giovane Liberi di sognare, di volere, di possedere. Tor- opposte e con credenziali differenti, iniziano drammaturgo che do- niamo nei luoghi per far riaffiorare immagini presto a sentirsi parte di una comunità. Alcuni po un’assenza di do- sbiadite, per ricordarci cosa eravamo e per ve- tra gli autori di Young Adults sopra riportati dici anni decide di dere cosa è cambiato. Torniamo per parlare, hanno scoperto la loro capacità di creare con- tornare a casa per an- per ascoltare; ma talvolta ciò che troviamo è tenuti interessanti su piattaforme di condivi- nunciare la propria vuoto, disgregazione, terrore, dubbio, silen- sione online, wattpad ad esempio, ricorrendo morte imminente. È zio, e ci aggrappiamo ai ricordi. Troviamo il al self-publishing, per essere poi notati dalle un antieroe che intra- sorriso di una madre tragica, che cerca di me- case editrici. Un altro elemento che giustifica prende il viaggio di ri- diare, ma è costretta ad accettare i figli e i loro il successo è la vicinanza degli scrittori ai letto- torno, senza tappe, spigoli continuamente esposti. Troviamo lo ri. Molti autori di Young Adults, ad esempio, con solo una parten- sguardo di una sorella sconosciuta legata a effettuano percorsi limininali. Liminale è il lo- za, una meta. Un ri- noi indissolubilmente. Talvolta scopriamo di Silvia Lorusso ro rapporto con la professione di scrittori: nes- torno con tante aspet- non conoscere ciò a cui siamo legati, ma di suno di loro lo è per lavoro e da lungo tempo; al tative, tante responsabilità e tanti desideri, amarlo comunque, e nonostante. Questo film contrario arrivano alla vetta del successo scri- ma senza movimento fisico, perché tutto que- è un appello alla libertà che, molto spesso, ci vendo nei ritagli di tempo, sui treni, durante le sto viaggio si muove attraverso i pensie- pause del lavoro, senza un editore dietro e su ri, le sensazioni, i sentimenti repressi di piattaforme condivise. Questi scrittori fanno personaggi che vengono ritratti - attra- altro nella vita e la scrittura è per loro stessi un verso angolazioni e messe a fuoco diver- altro mondo, ma sono tutti appassionati di se, sotto molteplici luci e sfumature - co- prodotti transmediali e sono ad essi fortemen- me insicuri, spaventati, insoddisfatti, te legati. Dal laptop, all’ipad, allo smartphone, prigionieri di loro stessi. Un viaggio che vivono la loro esperienza di vita equipaggiati cerca di andare a fondo ai pensieri, ma con tecnologie che permettono loro di aprire a non ci arriva. Quindi non rimane che il altri mondi mentre fanno una pausa da un la- silenzio, e la paura, di dire troppo, di non voro che non li soddisfa, o mentre stanno deci- dire abbastanza. La paura del tempo, il dendo di cambiare vita. E spesso sono statifan tempo che passa e non torna indietro, di qualche autore. Una caratteristica fonda- che non aspetta nessuno. Il tempo che mentale di questo tipo di consumo è, infatti, lo detta l’attesa, che non dà un’altra possi- strutturarsi del fandom, che risponde al desi- bilità; il tempo e i suoi maledetti minuti derio di appartenenza. Il contesto mediale di- contati, il tempo che prova a fuggire ma gitale è caratterizzato dalla grande facilità nel non ce la fa, rimane incastonato nei no- condurre il fruitore in esperienze di lettura, vi- stri orologi da polso o da parete, come sione e partecipazione attiva alla critica, revi- l’uccellino nel cucù, mentre mille foto- sione e produzione di testi, trasformandolo in grammi e pensieri senza forma scorrono un fan fedele. Se il libro piace, il resto del pro- alla velocità della luce, e non si riesce ad cesso è garantito. Intorno al libro si sviluppa- afferrarli, ad esprimerli, a comunicarli. I no appartenenza e si raccolgono i fan che poi, personaggi di questa storia, si sentono ovviamente, andranno al cinema, seguiranno incapaci di parlare, di dire quello che sulla rete, si attiveranno con tutte le possibilità sentono, e lo respingono, non lo accetta- che i media digitali mettono a disposizione. no. Perché ad avere a che fare con la veri- Produzioni costose come quelle cinematogra- tà si finisce affogati e non si può risalire fiche e televisive possono avvalersi del libro co- a galla. C’è la paura della verità - in Antoi- me di un medium test. Se il test funziona, le ne, il fratello maggiore - che lascia spazio solo neghiamo da soli. È un invito a riflettere sulle sale si riempiranno di fan; poco importa se il a parole strozzate e grida di offesa, di allonta- nostre relazioni, a partire dalle più vicine che film piace o meno. Il fan esegue rituali di raf- namento, ad un’aggressività apparentemente spesso sono anche le più sottovalutate, a ri- forzamento della propria appartenenza a un senza senso e senza fine. Essi sono lo specchio flettere sulle nostre parole, ma ancor più, sulle gruppo. Andrà a vedere il film e ne seguirà le di un mondo in cui ci si pongono più limiti nostre azioni. Un invito a smettere di vinco- vicende per rafforzare il sentimento di essere che possibilità, in cui le relazioni galleggiano larci, a non avere più paura, a spiccare il volo, parte di quel mondo, di quel regno: il regno dei nell’acqua torbida del silenzio e da un mo- un invito a vivere, prima di morire. “È solo la fan, il fan-dom. E nell’impresa di produrre te- mento all’altro le gocce dell’angoscia fanno fine del mondo”, del precocissimo Xavier Do- sti capaci di funzionare bene per costruire un traboccare il vaso di reazioni istintive, nevro- lan, è un’opera d’arte che ci lascia con una mi- fandom si è velocemente notato che ci sono al- tiche, esasperate. Questo ritorno è un tuffo riade di punti interrogativi, e altrettanta vo- cuni gruppi che risultano essere più bravi: so- nel vuoto, in un mondo in cui il silenzio com- glia di rispondervi. no coloro che transitano tra i vari media, colo- pone e le parole scompongono. In un mondo ro che si chiedono cosa c’è oltre il confine, in cui ciò che rimane sono gli occhi, con i loro Silvia Lorusso coloro che abitano il mondo di mezzo. sogni, i loro ricordi, il loro coraggio, la loro ca- pacità di raggiungere l’altro, di colmare il vuo- E’ una studentessa del Liceo classico Quinto Orazio Flacco to che si crea le singolarità. Ed è in questo si- di Bari. Frequenta il terzo anno dell’indirizzo internazio- lenzio che la cognata, Catherine, è l’unica a nale dove studia anche inglese e francese. È appassionata recepire davvero il messaggio soffocato iscrit- oltre che di letteratura anche di fotografia, arte e cinema, e to negli occhi di Louis. Torniamo a casa per spera che queste passioni un giorno possano fare parte del Silvia Pezzoli sentirci bambini, ingenui e soprattutto liberi. suo lavoro. 29 n. 46

Abbiamo ricevuto Abbiamo ricevuto Jacopetti files Paradox Biografia di un genere cinematografico italiano Massimo Spiga Editore Acheron Books, pagg. 307, 13€ (carta) Fabio Francione, Fabrizio Fogliato 4,5€ (eBook), ISBN: 9788899216511, Copertina Mimesis / Cinema - Pagg. 415 € 30,00 ISBN 978-88-5753-385-8 di Alberto Ponticelli; Romanzo, genere fanta- scienza “insomma, oggi giorno quando guardiamo la televisione noi usiamo - molti usano fare – lo zapping, passano da un programma ad un al- tro perché si annoiano. In Mondo cane antici- pammo questa tecnica: non raccontavamo co- me i vecchi documentari della storia del posto dove si andava, ma sceglievamo, semplice- mente, un avvenimento di quel posto e lo mo- stravamo. Questo avvenimento se era crudele, veniva seguito da un altro documento che in- vece era allegro e tirava su il morale e così via con l’alternarsi di scene che duravano non più di tre minuti e così via”. Franco Prosperi

Che lo si ammiri o no, il cinema di Gualtiero Jacopetti non può lasciare indifferenti. Mondo cane, Africa addio, Addio zio Tom sono solo alcuni dei film che hanno inventato i contorni di un nuovo genere cinematografico, il Mondo Mo- vie. Nato sul finire degli anni ’50 come sottoge- nere del Documentario, il Mondo Movie vuole colpire lo spettatore ricorrendo a immagini e a temi spesso scioccanti e controversi, al limite della morbosità. Non a caso il genere è cono- Trama sciuto anche con il termine “shockumentary”. Il genere - nei decenni successivi - si dirama in più affluenti che hanno come sorgente i protagonisti di quell’incredibile stagione (Franco Pro- Roma, oggi. La vita di borgata di Perla, adolescente speri, Paolo Cavara, Stanis Nievo, Antonio Climati, Mario Morra) fino ad abbracciare e include- randagia, si trascina fra le rovine di una famiglia re l’approccio eretico e scientifico dei F.lli Catiglioni. Francione e Fogliato ricostruiscono in que- disastrata e una suburra popolata da spacciatori, sto libro la biografia di un fenomeno di culto, attraverso interviste, testimonianze, sondaggi tossici e criminali di piccolo cabotaggio. L’unica no- critici, materiali editi e inediti, contributi originali e un corredo fotografico tratto da archivi ta di colore in questa periferia cronica e in bianco e pubblici e privati. nero è il barbone Tao – un mistico che vede cose che la gente di quartiere non può capire. Per esempio il Fabio Francione, vive e lavora a Lodi. Scrive di cinema, teatro, musica per “il Manifesto”, cura la collana Viaggio in Cubo, un fenomeno alieno che appare di tanto in Italia delle Edizioni Falsopiano, ha fondato il Lodi Città Film Festival. tanto nel cielo livido della città. Ma quell’impossibi- Fabrizio Fogliato, critico e saggista cinematografico. È Coordinatore Didattico e docente di Arti Visive presso il Centro le geometria è l’avanguardia di qualcosa d’altro. Il Formativo “Starting Work” di Como. È curatore di rassegne cinematografiche sul territorio lombardo. Cubo deflagra contro la borgata, devastandola, e li- bera le due entità intrappolate al suo interno: il fero- ce e inarrestabile Giallo, e D, il Gatto dei Portali. La Abbiamo ricevuto loro lotta è solo la propaggine di una guerra univer- sale fra potenze cosmiche impossibili anche solo da L’Orlando Furioso e il suo mondo nel cinema immaginare. Perla, imprigionata nel cronoclisma scatenato dal Cubo, si troverà a combattere per la italiano salvezza della sua famiglia, del suo quartiere e, for- Paolo Micalizzi se, dell’intero universo…

Edizioni La Carmelina Pagg. 99 € 10,00 - ISBN 9788899365226 Paradox è un romanzo di fantascienza forte- Quasi un secolo di opere cinematografiche che ricalcano in pellicola mente influenzato dalla serie TV Doctor l’opera dell’Ariosto con diverse sfaccettature ed innumerevoli varia- Who, dai fumetti di Grant Morrison (Doom Pa- zioni sul tema principale dell’opera, amore e follia. Sentimenti che si trol, The Invisibles) e dall’opera omnia di Wil- confrontano con interpreti e registi più o meno noti della storia cine- liam S. Burroughs. Racconta delle avventure di matografica italiana. D, un viaggiatore nel tempo anarchico, e Perla, una ragazza di borgata, nella loro lotta contro oscure e surreali entità che controllano il mon- do e la storia umana. È stato pubblicato dalla Il volume nasce, con il Patrocinio dell’Associazione Bondeno Cultura, Acheron Books, una casa editrice la cui raison in occasione delle celebrazioni dei cinquecento anni della prima edi- d’etre è rinnovare il panorama della letteratura zione del poema dell’Ariosto fantastica in Italia. 30 [email protected] La natura nel cinema del boom 1952-1963 è l’arco di consegnata da Fellini al- nella realtà tutti nella tempo indicato come la falsa “Dolce vita” di barca insieme a lui, vie- quello in cui nel nostro chi può o vi spera, lo col- ne contrapposta, meta- Paese tutto è cambiato. loca tra le periferie fati- foricamente, al rompica- Il boom economico,atti- scenti, lontano dagli po tutto cittadino e vato da un sorprenden- anonimi palazzoni pro- modernista. Insomma, te sviluppo industriale, letari e piccolo borghesi anche in Risi, come in Pa- significò il passaggio della ricostruzione, do- solini, è chiara l’insoffe- definitivo dell’Italia da ve condivide con i pro- renza verso un mondo che Danilo Amione paese agricolo a paese pri “simili” un linguag- “Accattone” (1961) di Pier Paolo Pasolini si va allontanando dalle industrializzato. Le con- gio ancora antico, carico sue radici correndo pre- seguenze furono inimmaginabili. Nel giro di di dolente umanità, ed cipitosamente verso il quei pochi anni l’Italia mutò i suoi connotati una spaventosa ferinità baratro delle identità culturali, relazionali e comportamentali, co- che agli occhi dell’intel- perdute. Antonioni già me mai era avvenuto da secoli. Le strade da lettuale friulano si offro- ne “L’avventura”, 1960, sterrate divennero autostrade, e l’asfalto, che no come ultimo baluar- aveva inserito la natura copriva ogni memoria dell’antica civiltà con- do alla vuota esistenza come protagonista si- tadina, vide l’incedere di passi sempre più robotica borghese, per- lente ma assoluta. La frettolosi e frenetici di cittadini inurbati dalle sa in mille frammenti scomparsa della borghe- “Deserto rosso” (1964) di Michelangelo Antonioni campagne, pronti a riempire industrie e su- consumistici unidimen- se Anna nell’ isolotto di permercati, così come il Capitale ordinava di sionali. E sono proprio i Lisca Bianca, nelle Lipa- fare. Il benessere significò automobili e, dun- prati, che dividono la vi- ri, acquisisce la forte va- que, facilità nei movimenti e nei rapporti in- talistica periferia sotto- lenza simbolica di una terpersonali, sempre più segnati da svolte in- proletaria dalla città del classe incapace di in- dividuali liberatrici e solitudini affollate. L’essere boom, ad essere visti da trecciare sentimenti ve- si fuse definitivamente all’avere, in una indi- Pasolini come l’ultimo ri, in contrasto con la ve- stinzione segnata dalla prevalenza degli og- lembo di natura in cui rità di quei luoghi getti nella vita quotidiana, status symbol ras- gli ultimi “uomini”, i arcaici ed aspri, capaci sicuranti in un mondo dove le incertezze sottoproletari appunto, “L’avventura” (1960) di Michelangelo Antonioni di disvelare la falsità di umane cominciavano ad essere bandite. Le consumano i loro dram- chi non vi entra in sinto- immagini mutarono anch’esse. La rappresen- mi e le loro passioni. Ne nia. Ancora fortemente tazione elettronica della realtà, la televisione, “Il giovedì”, 1963, Dino metaforica è l’isola sar- soppiantò definitivamente l’icona classica che Risi racconta di un pa- da di Budelli in “Deserto aveva avuto nel cinema il suo ultimo felice ap- dre che proprio quel rosso”, capolavoro anto- prodo. La “società dello spettacolo” di Guy De- giorno deve rivedere, nioniano del 1964. Giu- bord si sovrappose alla realtà facendola “scompa- dopo alcuni anni, il pic- liana, la protagonista, rire”. D’altra parte il panorama da rappresentare colo figlio, Robertino, moglie infelice di un in- era drasticamente mutato. Agli spazi infiniti cresciuto in Svizzera dustriale, dopo un tenta- si era sovrapposta la prospettiva, altrettanto con la ex moglie secon- tivo di suicidio prova a infinita, dell’acciaio e del cemento. Da questo do i ferrei dettami che rientrare nella “logica” momento, il rapporto uomo-natura, da sem- l’alto lignaggio di questa “Il giovedì” (1964) di Dino Risi della realtà, ma non ci pre declinato al presente, cominciò a frequen- impone. Per non sfigu- riesce. Aspira ad un tare i luoghi della memoria che, con il passare rare, papà Dino (evidente l’autobiografismo) mondo vero ma si scontra con il muro delle degli anni, si sono fatti sempre più dolorosi e cercherà di far credere al figlio di non essere convenzioni borghesi, che costringono l’uomo persino inaccessibili. Fin da subito il cinema di meno della madre, nascondendogli la pro- ad una dolorosa incomunicabilità. E’ solo nella si è fatto carico di raccontare questo rapporto pria condizione di fallito alla ricerca dell’occa- memoria della sua adolescenza che Giuliana ri- all’improvviso interrotto e oggi irrecuperabi- sione buona che non arriva mai, in piena coe- trova la serenità perduta. In particolare, il rac- le. Autori tanto diversi tra di loro nel raccon- renza con i principi illusori del self-made man conto che ella fa al figlioletto di una ragazzina tare questa tragica mutazione genetica, come funzionali alla logica capitalistica. Scoperto che si immerge nelle acque cristalline di un’iso- Pasolini, Risi e Antonioni, si sono trovati ac- dal bambino, all’uomo non rimarrà che condi- la incontaminata diventa metaforico del suo comunati, quasi inevitabilmente, nel mettere videre l’amore che il figlio gli manifesta, an- mondo oramai perduto, palesemente in con- in scena la natura come denominatore comu- che in virtù di una carenza d’affetto frutto di trasto con i veleni e i fumi inquinanti che lo ne e simbolo di questo cambiamento.Con “Ac- una madre rigidamente formale. Il peregrina- spettatore ha visto precedentemente essere or- cattone”, 1961, Pier Paolo Pasolini mette subi- re di padre e figlio in una Roma annegata nel mai l’habitat “naturale” della donna. Inquina- to il dito nella piaga. Il protagonista del suo consumismo e dilaniata da una spietata com- mento fisico e inquinamento mentale, in una film è un sottoproletario, uno scarto della so- petizione trova la giusta compensazione pro- logica conseguenziale che Antonioni mette in cietà organizzata, quella prevista dal Capitale prio nelle scene ambientate sui prati e nelle campo in quello che è forse il suo film più teori- ma anche da Marx. Dunque, Vittorio Cataldi, campagne circostanti la Capitale. Qui Rober- co ed esplicativo del mondo uscito da una in- detto Accattone, non esiste per nessuno, se tino e papà Dino finiranno per conoscersi me- dustrializzazione disumana.E non è un caso non per se stesso. Egli si muove incessante- glio, riuscendo perfino a ridere insieme per la che queste prodigiose convergenze parallele mente alla ricerca di denaro per sfamarsi, prima volta. Emblematica la sequenza in cui i sulla natura siano state messe in campo da tre condizione primigenia che approfitta della due finalmente trovano, dal vero e allegra- uomini, prima che tre artisti, che hanno cono- “facile” contemporaneità. Pasolini elegge Ac- mente, la soluzione alla famosa e popolare que- sciuto bene, per “privilegio” d’anagrafe, il mon- cattone a simbolo di un mondo, quello arcaico, relle del contadino che deve attraversare il fiu- do com’era prima che ci sfuggisse di mano. Co- destinato a scomparire, come le tante situazio- me evitando di mettere insieme sulla barca me sappiamo l’arte viene sempre dopo. Prima ni funeree del film sembrano indicare. Il suo capra, cavolo e lupo. La vita semplice e lineare c’è l’uomo, e ciò che vede. vivere fuori dal perimetro della Roma “civile”, della campagna, con il contadino che fa salire Danilo Amione 31 n. 46 La lezione di Dalton Trumbo Cosa può significare Trumbo no. Fu uno dei pochi coraggiosi e soli, nero, qualche anno prima della sua morte av- che un povero si inte- come il cowboy inseguito da macchine e eli- venuta nel 1976. Ormai la lista nera, le proscri- ressi di un ricco. Che cotteri di uno degli ultimi film da lui scritti: zioni maccartiste contro i comunisti di Hol- in un mondo senza “Solo sotto le stelle”. Non che l’uomo mancas- lywood – proibito per loro, registi, attori, possibilità di sognare se di asprezze, di rigidità, di contraddizioni. sceneggiatori come Trumbo, lavorare alla co- si scopre che anche al- Era ossessionato dai soldi, dall’averne molti struzione di sogni nel mondo del cinema se trove c’è gente che ha per cercare di tenere un elevato tono di vita non sotto falso nome – era finita da un decen- la schiena dritta. Dal- per sé e la sua famiglia. (Dice Alvah Bessie, nio. Da quando e Otto Preminger Natalino Piras ton Trumbo, nato co- uno dei ten intervistato da Cook che Trumbo decisero quasi in sintonia che Dalton Trumbo, me me in un 9 dicem- ebbe sempre la stessa moglie, magnifica Cleo già vincitore di Oscar ma “senza nome” figu- bre, lui nel 1905 io nel 1951, è un hombre Beth Fincher, in un mondo come quello del ci- rasse nei credits, con il suo nome, di “Sparta- vertical. .Uno di quelli che sia fisicità sia om- nema dove la regola era passare per molti ma- cus” e di “Exodus”. Guarda caso due film par- bra hanno il passo giusto. Questa del passo, trimoni). Beveva per trovare ispirazione (du- ticolari: uno sulla più importante rivolta degli come scandirlo, lo stesso dello sceriffo Kane rante il periodo della blacklist lavorava senza schiavi nel passaggio di Roma dalla repubbli- in “Mezzogiorno di fuoco”, è una cosa che ho soluzione di continuità e passava lavoro ad al- ca alla dittatura, l’altro sul ritorno in Palestina sempre tenuto presente. Non me lo hanno in- tri blacklisted), sprecava, esagerava. Però mai degli ebrei scampati ad Auschwitz. Tutta ope- segnato in nessuna scuola istituzionale. L’ho tradì. Fu isolato dai vicini di casa, i figli umi- ra, cinematograficamente parlando, di - Dal imparata per gradi, per esperienza. Sin da ra- liati a scuola, pestato a sangue. Gli mandava- ton Trumbo. Fu comunista a Hollywood, ri- gazzo ho saputo cos’era il maccartismo. Ed è no lettere anonime piene di escrementi, but- vendicatore del diritto per ciascuno, come vero che c’era Dalton Trumbo a farmi da Vir- ripartizione dei beni, a vivere una vita degna gilio. Era uno dei dieci di Hollywood. A me di essere chiamata tale. Lui che, nato umile, piace ricordarne i nomi: Alvah Bessie, Adrian aveva lottato strenuamente per ottenere una Scott, Edward Dmytryk, Ring Lardner jr., Le- condizione quotidiana di terrena felicità. An- ster Cole, Albert Maltz, John Howard Lawson, che il ranch con tanto di piscina, altrimenti ir- Samuel Ornitz, Herbert Biberman, Dalton raggiungibile nell’ “ultima valle”. E quando Trumbo. Un libro. “L’ultima parola” di Bruce questo fu venduto, dopo un anno di prigione: Cook, pubblicato in America una quarantina perché Trumbo rifiutò di tradire i compagni di anni fa e solo ora in Italia (traduttori Dupuis davanti al tribunale dell’inquisizione che fu la e Martini) per Rizzoli. È, come recita il prosie- commissione di inchiesta per le attività antia- guo del titolo, “la vera storia di Dalton Trum- mericane. In piena guerra fredda. Una fami- bo”, sceneggiatore cinematografico (“Sparta- glia ideale, quella di Dalton Trumbo, una mo- cus”, “Exodus”, “Vacanze romane”, “Papillon” glie bellissima, magnifica Cleo, tre figli. per dire dei più famosi) finito in carcere e per- Trumbo scriveva le sceneggiature nella vasca seguitato, primo iscritto nella lista nera di da bagno, ininterrottamente fumando e be- Hollywood perché comunista. Al tempo della vendo. Era un lavoratore indefesso. Applicava guerra fredda, del maccartismo che generò la alla lettera, magari senza saperlo, il detto caccia alle streghe negli Usa, in un periodo evangelico che dice che bisogna dare ai poveri che va dal 1947 al 1960. Essere nella blacklist quanto è superfluo. Persona della parola e del- significava perdere il lavoro, gli amici, vivere la scrittura. Forse questo non gli perdonavano da perseguitati, essere costretti all’esilio, scri- gli invidiosi, i mediocri, i succubi, i codardi, i vere e firmare copioni con pseudonimi o ri- deboli davanti ai tribunali di giustizia, quanti correndo a dei prestanome. Significava per- Dalton Trumbo (1905 1976) è stato uno sceneggiatore, fanno branco perché incapaci a rivendicare, a dere tutto. Una vita da braccati, di solitudine, regista e scrittore statunitense. Membro della Hollywood proprio nome, dignità e solidarietà, apparte- a rischio continuo di riprecipitare nella pover- Ten, un gruppo di professionisti del cinema che si nenza all’utopia di un mondo migliore e anti- tà da cui Trumbo si era affrancato, esponendo rifiutarono di testimoniare davanti alla Commissione per razzismo: in una società, quella americana, a questa vita di randagismo e di solitudine la le attività antiamericane nel 1947 sulla sua adesione al che più razzista non si può. Molti, i più, tradi- moglie Cleo. I figli bambini e adolescenti comunismo, fu comunque condannato per resistenza rono, perché abituati agli agi e alla fama.Non Nikola, Cristopher, Mizzi (a quest’ultima è all’operato del Congresso, venendo inserito nella lista volevano rinunciarci. Difficile adattarsi alla dedicato il libro di Cook). Bisognava essere nera. Nel 1950 fu condannato a 11 mesi di prigione. gente comune, ai veri lavoratori, ai proletari. coraggiosi per sostenere un radicalismo com- Questo, anche di questo narra il film. Anche se portamentale così come è stata la biografia tavano escrementi e altra spazzatura nella non dice di tutto il travaglio che furono il li- esemplare di Dalton Trumbo. Da nascosto ed piscina dentro casa sua. Ebbe due Oscar, per bro e l’unico film diretto da Trumbo: “E John- esponendosi in prima persona seppe come ri- Vacanze romane e per La più grande corrida (nes- ny prese il fucile”, opera sulla prima guerra spondere, come opporsi, come perseguire a suno sapeva chi fosse il Robert Rich che non si mondiale contro tutte le guerre. Uno che in sua volta i suoi persecutori. Lui è uno dei ten, presentò a ritirarlo, era lui Trumbo). Arrivò, e tempo di guerra scrive a gettito continuo con- dei dieci di Hollywood, sceneggiatori e regi- per questo fu sottoposto ad aspre critiche dai tro la logica di quanto genera guerre e massa- sti, che la commissione per le attività antia- compagni di battaglia, a perdonare i suoi car- cri non può non essere privato, dal potere del- mericane (Huac) definiva testimoni ostili. nefici. Però di lui davvero si può sostenere la guerra e dei guerrafondai, del proprio Parnell e in seguito Mc Carthy, Nixon con la che fu un chierico, un intellettuale, che mai nome. Troppo pericoloso lasciarglielo. Ecco mentalità da sbirro già da allora e altra genta- tradì: la coerenza come etica comportamenta- perché al termine del maccartismo il vero Dal- glia, appunto la Huac, volevano che i ten, pri- le, come prima e ultima parola. Un film. “Fi- ton Trumbo, nato un 9 dicembre, come Kirk ma erano diciannove, tradissero, facessero i nalmente ci hanno ridato i nostri nomi”: così, Douglas, Spartaco, si riappropria della sua nomi di quanti, a loro conoscenza, erano co- mentre scorrono i titoli di coda, finisce il film vera identità, la rivela a sé e al mondo. munisti, di sinistra, liberal. Ci fu gente, molti di Jay Roach, sceneggiatura di John McNama- di più di 19, che cedette, che si pentì, che si re- ra adattata dal libro di Bruce Cook. È il vero se testimone “amichevole”: come dappertutto Dalton Trumbo che parla (ottima la parte di quando si scatena la caccia alle streghe. Dalton Bryan Cranston nel film), intervistato in bianco/ Natalino Piras 32 [email protected] L’umanesimo radicale di Philippe Lioret Abbiamo amato da su- che segretamente teme il contatto con ogni bito il cinema di Phi- differente cultura, che manifesta nelle forme lippe Lioret, lo abbiamo di egoismo necessarie per conservare una conosciuto soltanto nel condizione che appare oggi privilegiata, 2009 con Welcome e poi quell’indispensabile desiderio di certezze che apprezzato per le sue mettono al riparo da qualsiasi evento. Il film successive produzio- ci accompagna a conoscere la mutazione che ni. È raro trovare oggi porterà Simon a diventare un’altra persona, lo nel cinema europeo vedremo disponibile a formarsi un’altra sen- una sensibilità così sibilità, riscattando quell’egoismo iniziale che spiccata per il raccon- deformava il suo pensiero. Lioret ama la spon- Tonino De Pace Philippe Lioret to della vita attraverso tanea semplicità, così nelle forme e così nella personaggi che condensano un forte senso di sua messa in scena, sempre essenziale nel ri- segretamente felice della sua decisione. Una un’identità umana che si lega, altrettanto na- marcare i toni di una normalità quotidiana commedia dai toni drammatici, che stempera turalmente, ad una connaturata fragilità sem- dentro la quale sono iscritte le sue storie, sem- ogni risentimento, che valorizza ogni emo- pre trattenuta che si trasforma in spettacolo pre discorsiva e facilmente accessibile. Il pic- zione che spinge alla solidarietà. Ancora una dei sentimenti. Il cinema di Philippe Lioret colo miracolo si ripete anche con Tutti i nostri volta Lioret conferma la sua natura reale che è sembra volere lavorare sulla distanza, sulla desideri, film del 2012 in cui la giovane mam- quella di raccontare storie animate da perso- maturazione di situazioni che conducono alla ma e magistrato Claire sa da subito di genesi della mutazione, verso una meta preci- essere gravemente ammalata. Sa che il sa che ha la funzione di una purificazione. I suo male non le consentirà una vita personaggi di Lioret sono sempre immersi in lunga e il suo scopo sarà quello non una realtà quotidiana, fatta di piccole cose, soltanto di mettere ordine nella pro- una condizione che consente allo spettatore pria vita privata e professionale, tro- un’immediata riconoscibilità e un altrettanto vando il coraggio di lasciare un segno istantaneo senso di comunità e condivisione. di sé, ma il suo pensiero è soprattutto In questo processo si ritrova quell’alto grado rivolto al marito e le sue due figlie. Pre- di identificazione sempre molto difficile da parare il loro futuro senza di lei, sarà il trovare altrove. Una umanità mai collaterale o suo ultimo progetto. Non un film sulla superficiale, ma che sembra essere fatta di co- malattia e neppure un film sulla fami- Welcome, di Philippe Lioret se concrete, traslochi, cucina, bambini, casa glia, neanche un film sull’aggressività da rigovernare. Gesti e circostanze che com- di un certo consumismo indotto che genera naggi assai credibili che acquisiscono da subi- pongono il racconto, diventando nel contem- debiti insostenibili per realizzare “tutti i no- to uno spessore psicologico perfettamente po narrazione meditata dei sentimenti. Il ci- stri desideri”, ma piuttosto un film che sem- aderente alla vita del quotidiano. Il suo è un nema di Lioret è un cinema che vive cogliendo bra guardare alla vita attraverso un inusuale cinema che forse non vive di particolari in- i personaggi in quella angolazione della vita punto di vista che dal piccolo nucleo familiare venzioni, ma il suo racconto è fondato su una che si esprime nei gesti consueti, nel ricalco di si ingigantisce fino a portare dentro gli equili- scrittura consapevole che restituisce a pieno il giornate che in fondo si susseguono forman- bri sociali e la giustezza delle decisioni, ri- faticoso percorso per una profonda mutazio- do il ciclo vitale. Dunque il regista francese chiudendosi nel microcosmo familiare sembra modellare una materia vivente, un destabilizzato dalla scomparsa della corpo organico nel quale si coglie il respiro e donna, ma pronto a trovare un altro la fatica dei suoi personaggi. Lioret non solo equilibrio grazie al suo amore silenzio- mette in scena la vita, ma il suo cinema crea le so e alla capacità di guardare al futuro condizioni per il suo sviluppo. Questa impres- senza alcuna nostalgia. Il 34esimo Fe- sione nasce sicuramente da uno sguardo d’in- stival di Torino ci ha offerto la possibi- sieme alla sua opera sempre ricca di una com- lità di ritornare sulle storie del regista plessità che trae origine dalla stratificazione francese che con il suo nuovo film,Il fi- dei sentimenti. Riconosciamo che ci mancano glio di Jean, esplora nuove derive sem- molte delle sue produzioni e quindi, nono- pre dentro quell’ampio panorama dei stante il notevole materiale disponibile, si re- sentimenti che dal privato investono sta monchi di una parte essenziale del suo ci- una più vasta collettività. Lioret conti- Il figlio di Jean, di Philippe Lioret nema che sicuramente un’ulteriore luce avrebbe nua quindi a lavorare incessantemen- gettato sulle riflessioni che la sua opera ispira. te sulle necessità esistenziali, sui pensieri se- ne che è l’essenza della vita stessa. Lioret ha Simon e Marion sono i due protagonisti di greti di ciascuno di noi, su ciò di cui si tace e il scelto quindi la strada di un cinema solo ap- Welcome film del 2009, vincitore del premio suo lavoro ha il merito di affrontare queste parentemente pacificato, che invece si anima Lux della Comunità Europea. Personaggi colti derive sentimentali per renderle visibili con il di quella forza che esprimono i sentimenti, nelle loro differenze, lei incline a portare soli- suo cinema. Jean è sposato, divorziato e con- spesso in conflitto tra di loro, che portano ad darietà agli immigrati che affollano le coste di vive con una donna. Un giorno da una telefo- un nuovo status, ad una nuova condizione. Calais, dove la coppia vive, e lui diffidente, so- nata di Pierre che chiama dal Canada, appren- Un cinema profondamente rispettoso dell’a- litario, un po’ egoista che non capisce i deside- de che suo padre, chirurgo di fama, che non nimo umano che diventa strumento per son- ri della compagna. Poi un incontro cambierà ha mai conosciuto, è morto. Jean parte per darne le potenzialità e per riaffermare quell’u- le prospettive di Simon che gradualmente partecipare al funerale del padre, gli sembra manesimo radicale che oggi si va smarrendo e sarà capace di comprendere tutto, anche la se- un gesto doveroso, ma anche utile a placare che trova in Philippe Lioret un suo grande te- parazione da Marion e andrà incontro a que- una sommersa ansia di conoscenza sulla sua stimone. sta nuova vita con una diversa consapevolezza origine. I fatti però non corrispondono a quel- di sé. Il personaggio di Simon si fa portavoce lo che gli era stato raccontato e Jean, tornerà a inconsapevole di una collettività sospettosa casa come un’altra persona, ma questa volta Tonino De Pace 33 n. 46 YouTube Party #26 Polignano a Mare è la The Amiga Cracktro Marathon Città del Cinema E’ la citta della Puglia Visualizzazioni - 90’466 (link) dove attori, registi e La trama – Il video che piattaforma. I programmi così “liberati” erano troupe sono di casa da illumina le nostre reti- diffusi a mano (come illustrato sopra), oppure mezzo secolo. Ai primi ne non è altro che tramite i Bullettin Board System, gli antenati film si aggiungono – un’antologia lunga di internet. Inutile sottolineare come, oltre a nel tempo - fiction e se- quattro ore di crack comparire in applicazioni professionali di va- Adriano Silvestri rie televisive, video- intro per videogiochi rio tipo, erano principalmente una caratteri- clip, spot pubblicitari e documentari. A Natale, dell’Amiga, risalenti in stica dei videogame, ed è stata proprio tra i cinepanettoni, il pubblico osserva le ulti- buona parte ai primi quest’ondata di “materiali illegali” ad aver per- me immagini della cittadina pugliese in due Massimo Spiga anni ’90. La pratica del messo all’industria videoludica di superare in commedie: «La Cena di Natale» e «Un Natale al crack intro nasce alla fatturato quella cinematografica. Altra carat- Sud». Entrambe sono il “sequel” di altrettanti fine degli anni ’70 sull’Apple II, e consiste in teristica interessante dei crack intro è la musi- titoli della precedente stagione: «Io che amo una breve animazione testuale in cui l’hacker ca: per milioni di persone, la chiptune sarà per solo te» e «Matrimonio al Sud», ambientati responsabile di aver piratato un videogame, sempre associata non tanto ai videogame in tutti in gran parte qui. Sono tante le produzio- scardinandone i sistemi di protezione dalla quanto tali, ma a questo suo primordiale e ni audiovisive girate in questa località - collo- copia, si presenta all’utente nel modo più vi- specifico utilizzo, sebbene ora sia divenuta un cata a trenta chilometri a sud di Bari – e nota stoso possibile. Può essere considerato come genere musicale di massa e abbia in larga mi- in passato più per le sue patate e per le tipiche un analogo digitale della sura tagliato i suoi legami carote, che non per il Grande Schermo. Ma il pratica dei writer di taggare con la sua genesi criminale. mare azzurro, gli scogli scuri, le case bianche, le mura cittadine, apponen- Ancora oggi, i keygen (ovve- gli orti verdi, gli aquiloni di tutti i colori, e so- dovi sopra il proprio nome. ro i generatori di codici se- prattutto la particolare luce, ne fanno una lo- Accompagnato al crack in- riali che permettono di uti- cation ideale per le lavorazioni cinematografi- tro, è sempre presente un lizzare un software rubato) che, grazie anche alla accoglienza turistica, brano di musica elettronica sfoggiano tetragoni delle con hotel di prim’ordine. Tra i registi che la di un genere molto precisamente connotato: melodie chiptune, in perfetta aderenza alla scelgono, il primo è Mario Monicelli, che gira la chiptune (melodia del chip), ovvero la forma tradizione. Si deve tributare uno speciale ri- due pellicole; anche Carlo Vanzina e Gennaro più spartana, e nel contempo elegante, di sin- spetto per i fondamentalisti della chiptune, Nunziante realizzano, ciascuno, due film. Se- tesi musicale digitale. Il video scelto, rappre- coloro che impiegano ancora software vecchio guono: Vittorio Caprioli, Pupi Avati, Mariano sentativo di un intero genere, è stato scelto di trent’anni per comporre le loro melodie, Laurenti, Stefano Reali, Lucio Giordano, Dario per ragioni puramente sentimentali: risale a perché sono il distillato di una tradizione arti- Acocella, Massimo Ceccherini e operano anche quell’epoca oscura in cui il software pirata era gianale complessa e donchisciottesca, al cui i filmaker pugliesi Francesco Laudadio e Fran- venduto in scatole da scarpe colme fino all’or- confronto la moderna musica elettronica è un co Salvia. Tra le registe: Lina Wertmüller, Ga- lo di floppy disk da tre pollici e mezzo, ciascu- gioco da ragazzi. In ultima analisi, i cracktro briella Rosaleva e Giorgia Farina. Tra gli stra- no dei quali poteva contenere la fenomenale sono una delle testimonianze più vistose e nieri il primo è l’americano Ron Howard, quantità di 720 kilobyte di dati (pari a venti bizzarre dell’origine della pirateria informati- futuro premio Oscar; poi dirigono film musi- volte la memoria del computer sull’Apollo 11, ca, quel movimento sotterraneo che ha aperto cali l’indiano Ramas Wamy Suresha ed il cana- capaci di contenere a malapena l’equivalente gli orizzonti mentali di milioni di persone, fa- dese Mark Bacci. Per i documentari ricordia- di una fotografia da smartphone odierna). cendo loro scoprire nuovi generi, nuove ten- mo Andrea Parena e il polignanese doc Gianni L’esegesi – La pratica del crack intro (altrimenti denze e nuovi spazi mentali, arricchendo la Torres. Tanti attori sono legati a questa loca- noto come cracktro, loader o semplicemente in- loro cultura, la loro vita e la loro creatività, in tion per il loro debutto al Cinema: in particola- tro) presenta una pluralità di caratteristiche un esproprio di massa dal basso che ha inne- re Monica Bellucci e Checco Zalone (della vici- singolari: prima di tutto, si tratta di uno dei scato, al contrario di quanto sostengono gli na cittadina di Capurso). Non mancano le pochi casi nella storia in cui il responsabile di attuali padroni della sfera digitale, la nascita esibizioni sul Grande Schermo dei cantanti un crimine (qual è la pirateria), incide il pro- di migliaia di nuove opere dell’ingegno e di un pugliesi, tra cui Alessandra Amoroso e Giò Sa- prio nome e il proprio indirizzo sul corpo del mercato sconfinato per farle circolare. da. Arriva – quindi - la televisione, che si rivela reato. Inoltre, è anche uno spettacolo visivo Il pubblico – In caso quattro ore non siano suf- la più efficace promozione per il territorio, so- dedicato esclusivamente alle pupille di un cor- ficienti, molti spettatori segnalano video ana- prattutto con la soap-opera americana «Beau- reo (ovvero, l’acquirente di tale merce illega- loghi lunghi dodici ore. La maggior parte del tiful», con Michael Stich che a Maggio 2012 le). Per analogia, possiamo immaginare un pubblico si perde in nostalgia e reminiscenze mette insieme dodici episodi consecutivi, i contrabbandiere che si esibisce in una piccola anni ’90 su momenti magici spesi ad abboffar- quali portano nelle case di tutto il mondo (in danza prima di consegnare una borsa contraf- si dei sudati frutti della pirateria. Taluni affer- Italia su Canale 5) le nozze tra i protagonisti fatta al cliente. Questo comportamento eccen- mano, a ragione, come molti cracktro fossero Liam e Hope. Celebrate «di fronte agli abitanti trico, in realtà, affonda le sue radici nell’etica migliori anche dei videogame a cui introduce- di Polignano a Mare» sulla scalinata a mare, hacker che originò negli anni ’50 e ’60 nelle vano. Uno spettatore si stupisce di come i con aquiloni che volteggiano nel cielo (come università statunitensi: rappresenta il giusto cracktro fossero visti da milioni di persone, nella festa del Paese) e il ritornello “Volare” segno d’orgoglio del programmatore nel riba- eppure il fenomeno sia rimasto sempre sot- cantato in coro, accanto alla statua di Domeni- dire il virtuosismo tecnico che gli ha permesso terraneo, senza mai sgorgare nel mainstream. co Modugno, qui nato nel 1928. Ma procedia- di superare le barriere alla copia di un softwa- Skid Row, Horizon, Paradox e gli altri hacker mo per ordine. Il regista che porta il fascino re messe in atto dal suo sviluppatore. Inoltre, hanno migliorato la vita di masse sterminate, del Cinema nella cittadina è Monicelli. Per è un messaggio rivolto agli altri hacker, e un spesso per mero altruismo, e a loro dedichia- «Casanova ‘70» inquadra la strada che sovrasta invito a superarlo in eleganza ed efficacia. I mo un inchino di ringraziamento. l’abitato (nel 1965 ha 13mila abitanti; oggi sono primi cracktro si accompagnavano a software cinquemila in più), fotografa il panorama pirata per ZX Spectrum, Commodore, Amstrad, dall’alto, con Marisa Mell e poi ritorna in Puglia PC e Amiga, per poi diffondersi in qualsiasi Massimo Spiga segue a pag. successiva 34 [email protected]

segue da pag. precedente fecero l’impresa». Segue un film con un dop- Matteo Vicini. A Giugno 2013 il regista Olaf dopo tre anni per un film ambientato in Sici- pio titolo: «Verso Nord» o «Il Tramite» di Ste- Kreisen gira «La Mia bella famiglia Italiana», lia: «La Ragazza con la pistola», con le sequen- fano Reali, con molti attori pugliesi, ispirato a in particolare a San Vito; utilizza per primo ze di Monica Vitti nello stesso centro storico, una storia di cronaca. Poi Lucio Giordano di- un “drone” per effettuare le riprese dall’alto. tra le stradine imbiancate di calce e la scoglie- rige «Le Bande» con la collaborazione della Sarà trasmesso dalla emittente tedesca Zdf, ra a picco sul mare. Passano gli anni e la musi- Guardia di Finanza e presenta il film alla Mo- oltre che su Rai Uno. Qualche scena anche per stra del Cinema di Venezia. Sosta a Polignano un altro film girato tutto in Puglia a fine anno, a Mare anche il road movie «2061. Un anno ec- con Laura Chiatti: la commedia «Pane e Bur- cezionale» di Carlo Vanzina ancora con Aba- lesque», opera prima della regista Manuela tantuono (ma siamo solo nel 2007). Ritorna il Tempesta. Da segnalare le riprese a Settem- piccolo schermo con la mini-serie «Butta la bre 2014 per «Matrimonio al Sud» di Paolo Co- Luna 2» e segue «Angeli e Demoni» di Ron stella, con Massimo Boldi nel centro storico e Howard con Tom Hanks e Pierfrancesco Favi- nella Chiesa di San Vito. Quindi «Noi siamo no. Gennaro Nunziante gira a maggio 2009 il Francesco», diretto da Guendalina Zampagni film che lancia Checco Zalone: «Cado dalle con Elena Sofia Ricci e molti attori pugliesi. A nubi» con la scena finale sul lungomare e con settembre la regione è presente al “Toronto immagini dell’edificio della famiglia Ventura, International Film Festival” con il film con l’attore lucano Rocco Papaleo e un cast di «Spring» di Aaron Moorhead e Justin Benson, pugliesi: Dino Abbrescia, Gigi Angelillo, Anna duo Californiano di enfant prodige della cine- Una scena de “La Ragazza con la Pistola” (ambientato Ferruzzo, Ivana Lotito. L’anno seguente si re- matografia horror. E - tra i tanti videoclip mu- in Sicilia) girata nella piazza di Polignano a Mare plica con «Che bella giornata». La prima vera sicali - la città fa da scena per il brano «Ulisse» serie televisiva non parte con il piede giusto. del rap Raige. Lo scorso anno va ricordato «Le ca cambia. Nel 1975 Vittorio Caprioli gira il Ambrogio Lo Giudice a Marzo 2010 realizza Frise Ignoranti», road movie realizzato dalla primo peccaminoso film “Vietato ai minori di dieci ore di trasmissione tra il Covo dei Sara- coppia di registi baresi Antonello De Leo e 18 anni” dal titolo «Vieni, Vieni Amore Mio». ceni, la scalinata a mare, Cala Paura e l’Abba- Pietro Loprieno. Quindi «Io che Amo solo Te» Anticipa di poco l’arrivo della commedia all’i- zia di San Vito, con Lucrezia Lante della Rove- di Marco Ponti, tratto dal romanzo di Luca taliana, che presenta «L’Infermiera di notte» Bianchini, con Riccardo Scamarcio, Laura di Mariano Laurenti, con Lino Banfi e Gloria Chiatti, Michele Placido, Maria Pia Calzone, Guida a pranzo nella “Grotta Palazzese”. E poi Luciana Littizzetto e la cantante Angela Se- Carlo Vanzina nel 1983 porta Diego Abatan- merano, accanto alla affermata Alessandra tuono nelle vesti de «Il Ras del quartiere». Una Amoroso, tra Centro storico, Chiesa Madre, nuova location del territorio è l’Abbazia di San Lama Monachile, Cala Paura, San Vito e Sta- Vito, set de «La Sposa di San Paolo/ Tarantu- dio. Inoltre qualche scena anche per la serie la», girato da Gabriella Rosaleva. Il primo film «Braccialetti Rossi 3». Poi il film amatoriale per la televisione viene diretto da Lina Wert- «Priso. Dove chi entra urla» di Fabrizio Pasto- müller nel 1990. Si intitola «Sabato, Domenica re, con Giò Sada, il cantante barese vincitore e Lunedì» con Sophia Loren. E in tv appaiono di X Factor. Tra le ultime riprese, a settembre i primi spot della Pasta Divella, che mostrano Checco Zalone in “Cado dalle nubi” sul lungomare di di quest’anno, l’action thriller cinese «Europe la Lama Monachile e da cui nasce lo slogan Polignano a Mare Riders», capitolo terzo della serie diretta da «Passione Mediterranea». È poi la volta di Ga- re, Francesca Cavallin, Ugo Pagliai, Johannes Jingle Ma, con Tony Cheung Chiu Wai («La briele Salvatores con «Turné». Una curiosità: Brundrup, Antonio Stornaiolo. Avrà il titolo Città dolente» Leone d’oro 1989 a Venezia). E il futuro presidente di Apulia film commis- «Tutta la musica del cuore» quando Rai Uno la l’anno si chiude con i cinepanettoni, di cui si è sion, Maurizio Sciarra, nel 1991 è al fianco del manderà in onda, divisa in sei compianto regista Francesco Laudadio nella puntate, ma dopo tre anni esatti. lavorazione de «La Riffa», nel quale interpreta Quindi la produzione Poornima di anche il ruolo dell’avvocato Di Cillo, nel mo- Bangalore gira nel successivo Lu- mento del debutto assoluto come attrice di glio il film musicale «Jackie», diret- Monica Bellucci, ancora al mare di San Vito. È to da Ramas Wamy Suresha con la conferma che c’è lavoro per le prime mae- Muthuraj Puneet e Kartika. A Set- stranze locali e il filmaker Gianni Torres è au- tembre 2011 va in lavorazione «Si tore del docu-film «Mimmo, Mimino e Mimì può fare l’amore vestiti?», comme- Domenico Modugno», poi trasmesso da Rai dia di Dario Acocella, con protagoni- Storia. Il nuovo secolo - sempre nella frazione sta la sua compagna, Bianca Guacce- Laura Chiatti in una scena di “Pane e Burlesque” San Vito - porta il regista Franco Salvia (origi- ro, originaria di Bitonto. Giorgia Farina a Gennaio 2012 gira «Amiche da mori- scritto nel precedente fascicolo. Tutta la filie- re», cioè Cristiana Capotondi, Claudia Gerini ra audiovisiva impegnata a Polignano a Mare e Sabrina Impacciatore, in una location che è un biglietto da visita per il turismo in Puglia. sembra una (anonima) isola del sud. E al can- L’indotto generato dalle produzioni audiovi- tante nato in questo Paese è dedicata la fiction sive è rilevante, tra strutture ricettive, esercizi «Volare, la grande storia di Domenico Modu- commerciali, fornitori, maestranze. Ma nes- gno» con Beppe Fiorello, diretta da Riccardo suno qui abbandona le patate e le carote. Milani a Giugno, poi trasmessa su Rai Uno. La lavorazione di «A un passo dal sogno/ Crew 2 Crew» avviene in lingua inglese, per la regia Monica Bellucci al suo debutto al cinema ne “La Riffa” del canadese Mark Bacci con gli sceneggiatori John Credico ed Andrew Paolillo, direttori del nario della confinante Monopoli) a dirigere Lord Byron College di Bari. Poi «La mia mam- «Prigionieri di un incubo» con base all’Hotel ma suona il rock» di e con Massimo Ceccheri- Castellinaria. E Pupi Avati gira «I cavalieri che ni, e «Outing. Fidanzati per sbaglio» di Adriano Silvestri 35 n. 46 Al cinema per farci due risate “Due o più persone in un della nostra socialità, e appare un ottima stra- molto più stemperati, nonché con le dovute luogo pubblico o in un’a- da da percorrere per la buona riuscita nei rap- differenze di stile e più vicini alla nostra realtà dunanza qualsivoglia, porti con gli altri. Ed ecco che il cinema ne fa attuale, sbucano tanto per citarne un paio di che stieno ridendo tra lo- uno dei veicoli più efficaci per accattivarsi un nostrani, Francesco Nuti e Carlo Verdone, i ro in modo osservabile, numero di spettatori sempre più vasto e im- quali tentano, attraverso la comicità, di recu- né sappiano gli altri di ponente, senza contare che la comicità, aven- perare taluni aspetti più crudi del vivere quo- che, generano in tutti i do un carattere storico, generalmente fa uso tidiano: “Io, Chiara e lo Scuro” (1982) diretto presenti tale apprensio- di concetti riferiti al momento in cui viviamo. da Maurizio Ponzi, “Caruso Pascoski di padre Lucia Bruni ne, che ogni discorso tra Per inciso, il primo film comico (in effetti si polacco” (1988) diretto da Nuti; “Bianco, rosso questi divien serio, molti ammutoliscono, alcuni si tratta di un “microcorto” della durata di una e Verdone” (1981), “C’era un cinese in coma” partono, i più intrepidi si accostano a quelli che ri- cinquantina di secondi) nella storia del cine- (2000), entrambi diretti e interpretati da Ver- dono, procurando di essere accettati a ridere in ma è del 1895. Si tratta di L’Arroseur arrosé done, fino al recentissimo “L’abbiamo fatta compagnia loro. […] Grande tra gli uomini e di (“L’innaffiatore innaffiato”), diretto da Augu- grossa” (2016) interpretato anche da Antonio gran terrore è la potenza del riso: contro il quale ste e Louis Lumière, ed è considerato da alcu- Albanese. Più spesso il film comico resta nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni ni storici del cinema uno dei primi film con nell’ambito della sua materia mirando solo a parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mon- intenti ludico narrativi. Ma ritornando alla strappare la risata. Per citarne qualcuno, par- do, poco altrimenti di chi è preparato a morire.” storicità del comico, osserviamo come ciò che to dalla città partenopea con “Non ti pago!” Annotava Leopardi in uno degli oltre cento (1942) diretto da Carlo Ludovico Bragaglia e dei suoi “Pensieri”, una raccolta di riflessioni tratto dall’omonima commedia di Eduardo sull’umana natura e il suo modo di rapportar- De Filippo che ne è anche inusuale protagoni- si agli altri, scritte in maturità e simile allo sta, per approdare alla Toscana di Leonardo “Zibaldone”, Il riso è contagioso, lo sappiamo, Pieraccioni, il quale, iniziando col celeberri- ed è un buon viatico per affrontare qualunque mo “Il ciclone” (1996) diretto e interpretato da problema. Ma perché ridiamo? Il musicista e lui e che ha fatto la fortuna dei botteghini, comico danese Victor Borge, che alla metà del sfrutta la lingua e lo spirito fiorentino e tosca- secolo scorso, attraverso la musica, classica e no per raggiungere il massimo della strafot- no, intratteneva il pubblico con scherzi e mo- L’innaffiatore innaffiato” (L’arroseur arrosé) (1895) dei tente arguzia; o Mario Monicelli con i due film nologhi, osservava: “La risata e l’ilarità sono la Fratelli Lumière “Amici miei” (1975) e “Amici miei – Atto II°” distanza più breve fra due persone”, mentre lo poteva muovere al riso negli anni Venti, tipo (1982), dove linguaggio e costume formano scrittore Alberto Cantoni, alla fine dell’Otto- le gags mute dello statunitense Larry Semon, una coppia straordinaria. Oppure l’esordiente cento, sosteneva: “L’umorismo rivela il lato serio ovvero Ridolini, oggi finirebbero per annoiar- Roberto Benigni con “Non ci resta che piange- delle cose sciocche e il lato sciocco delle cose serie”. ci, oppure le guarderemmo con il sorriso del re” del 1984, scritto, diretto e interpretato dal- Questo richiama il testo del filosofo francese distacco. Allo stesso modo come guardiamo i lo stesso Benigni e da Massimo Troisi, e dove Henry Bergson, “Il riso. Saggio sul significato film di Stanlio e Ollio, protagonisti insuperati il primo rende il meglio di sé. Partito alla del comico” uscito nel 1900 (nonostante il pas- e tuttora maestri della risata, assieme a Bu- grande con questo, Benigni è andato man ma- sare degli anni, non ha perso la sua freschezza ster Keaton, Harold Lloyd e i fratelli Marx, di no scivolando sempre più nel drammati- e validità), dove lo scrittore afferma tra l’altro: quel sottogenere del comico nato in Francia ai co-sdolcinato (immeritato, a mio modesto pa- “poco importa che un carattere sia buono o cattivo, rere, l’Oscar per “La vita è bella” del 1997, che basta che esso sia scontroso, non socievole, per di- però ha raggiunto ogni record di incassi), co- ventare comico. E non importa che si svolgano in- me “La tigre e la neve” (2005), sempre scritto, torno a lui casi gravi o leggeri, potrà sempre farci interpretato e diretto da lui, per approdare al ridere se lo disponiamo in modo che non possa com- “giullaresco impegnato” che falsa e sciupa tut- muoverci”, perché, sempre secondo Bergson, ta la sua vena di ilarità. Proprio per la natura “il più grande nemico del riso è l’emozione”. Il riso, dunque, sembra essere un’arma potente e sovversiva, capace di disgregare e mandare in briciole i vincoli dell’abitudine, taluni stereo- tipi della mediocrità, le forme dell’alienazione e magari anche il potere dell’uomo sull’uomo. Nel romanzo di Alberto Eco Il nome della rosa “Guardie e ladri” (1951) diretto da Mario Monicelli e (tradotto in film da Jean-Jacques Armaud nel Steno 1986, non certo con intenti di burla), la comi- cità è dipinta appunto come uno strumento di primi del Novecento e diffuso negli Stati Uni- trasgressione, tanto da venire giudicata peri- ti negli anni Venti, che risponde al nome colosa. La sparizione del famoso libro della di slapstick, ossia “batacchio” (termine media- Poetica di Aristotele dedicato alla commedia, to dalla nostra Commedia dell’Arte), dove gli dove si deridono i pregiudizi dell’uomo e della attori sfruttano appieno il linguaggio del cor- “Amici miei” di Mario Monicelli società, viene attribuita alla volontà oscura e po. Nota a parte merita Charlie Chaplin, come conservatrice di padre Jorge, figura tenebrosa il nostro Totò. Sebbene di diversissima perso- versatile del genere, il comico ha numerose che ha avvelenato gli angoli del tomo stesso e nalità, entrambi giocano con la loro comicità facce e si presta a cambiare nei toni diversifi- che, appena viene scoperto da frate Guglielmo per aprire talvolta il fronte più ampio della de- cando il significato della proposta narrativa e di Baskerville, si toglie la vita proprio con quel nuncia sociale, oppure scivolare nel malinco- variando la portata del suo valore. E’ il caso volume, divorandone le pagine a una a una e nico o nel drammatico. Cito “Il monello” (muto della farsa, della burla ironica amara o no, del cancellando così dalla faccia della terra l’ulti- del 1921), scritto, prodotto, diretto e interpreta- grottesco o di altro di cui, riprendendo il di- mo esemplare dell’opera. Quell’opera che forse, to da Charlie Chaplin per Charlot, e “Guardie e scorso, parleremo prossimamente. spiegava agli uomini il senso della risata. Dun- ladri” del 1951, diretto da Mario Monicelli e Ste- que, il comico sembra un aspetto importante no, per Totò. Sulla stessa falsariga ma con toni Lucia Bruni 36 [email protected] Risi word Un secolo di commedia creativa di Fellini, Age & all’italiana. Cent’anni Scarpelli, Pasolini, Maselli, fa - il 23 dicembre 1916 Sonego Trovajoli, Gas- - nasceva Dino Risi. L’8 sman, Monicelli. Pratica- giugno 2016 è stato il mente tutto il cinema ita- centenario della nasci- liano. Quel cinema di cui Gabriella Gallozzi ta di Luigi Comencini. Risi è stato da subito un E lo scorso 16 maggio il protagonista, tra successi centunesimo anniversario di quella di Mario commerciali come il cam- Monicelli, il decano dei “tre moschettieri” del- pione d’incassi Poveri ma la commedia all’italiana e l’ultimo dei tre ad belli, veri capolavori (oltre a essersene andato, scegliendo a 95 anni vissuti Il sorpasso sicuramente Una in piena autonomia fino all’ultimo, di volare vita difficile) e pellicole me- via dalla finestra dell’ospedale dove era stato no riuscite, tra cui lui stes- ricoverato per un male incurabile. Luigi (nel so metteva Venezia, la luna e 2007), Dino (nel 2008) e Mario (nel 2010) ci tu (lo ricordiamo parlare al hanno lasciato uno dietro l’altro all’inizio del telefono dal residence ro- nuovo millennio. Un millennio che nessuno mano dove viveva, con ancora ha mai “raccontato” come hanno sapu- quella sua bella erre mo- Dino Risi to fare loro col precedente, di cui hanno colto, scia, spiritoso fino all’ultimo). Il suo sguardo anche quella dedicata a Luigi Comencini, in ciascuno a suo modo, umori, tic, vizi e poche corrosivo affiancato a quel suo magnifico -ci corso alla Casa del cinema di Roma dal 19 di- virtù, narrando, all’indomani della guerra, nismo profondamente umano, però, non gli cembre al l’8 gennaio, organizzata dal Centro un’Italia cialtrona ma anche attraversata da hanno mai impedito di provare onesta com- Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca tensioni ideali che nei volti di Gassman, To- passione per i suoi personaggi, qualunque Nazionale, proprio in occasione del centena- gnazzi, Sordi trovava le sue ma- schere archetipiche. Di quella sta- gione lì resta la nostalgia, che si fa mancanza soprattutto di fronte alle commedie fotocopia del nostro presente, in cui è davvero impossi- bile avvistare degli eredi. Ben ven- gano, dunque, le celebrazioni, la messa in circolo ripetuta e costante dei loro film (anche se la tv è la pri- ma a latitare), le rassegne. In que- sta direzione va l’omaggio a Dino Risi organizzato al MoMA di New Jean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman sulla Lancia Aurelia York da Istituto Luce-Cinecittà che, dal 14 dicembre fino al 6 gennaio 2017, proporrà una ricca retrospet- tiva di 19 titoli tra i più significativi del regista milanese, in copie re- staurate. Si parte, e non poteva es- sere diversamente, col suo capola- voro, Il sorpasso (1962), film simbolo dell’Italia del boom economico, Luigi Comencini scandagliata on the road da Gas- sman e Trintignant a bordo di quel- rio della nascita. Col titolo “Comencini archi- la Lancia Aurelia, che sarebbe di- tetto dei sentimenti” l’omaggio intende met- ventata un oggetto di culto. Con Silvio Magnozzi (Alberto Sordi) alla cena con i monarchici, una delle tere in risalto la capacità del regista di sguardo da vero cronista-entomo- scene più suggestive di “Una vita difficile” di Dino Risi indagare “nell’animo dei bambini, delle don- logo Risi fotografa quel nuovo egoi- ne, degli anziani, delle voci più inascoltate smo che nella cultura di quegli anni si sta sal- fosse la loro “mostruosità”. Così per lo stesso della società italiana, con sensibilità e misu- dando al consumismo, al culto del benessere e Bruno Cortona de Il sorpasso; per I mostri, ap- ra”. Ecco dunque il regista “civile” che ha rac- delle merci. E lo rende attraversando tutte le punto, incarnati da Gassman e Tognazzi, me- contato, in modo del tutto personale, l’Italia corde dell’ironia, anche grazie ad una scrittu- morabile coppia comica che il pubblico dell’8 settembre nello straordinario Tutti a ca- ra sapiente e graffiante messa su carta, non a newyorkese potrà godersi anche ne La marcia sa fino a quella degli anni Ottanta, con parti- caso, da due grandi come Ruggero Maccari, su Roma e nel profetico In nome del popolo italia- colare attenzione “al disagio dilagante post sceneggiatore di mezza commedia all’italiana no. Ma anche uno alla volta in Profumo di donna ’68” (L’ingorgo, Delitto d’amore, Il gatto,Vol- ed Ettore Scola che, di lì a poco, avrebbe esor- e La stanza del vescovo. Senza dimenticare Al- tati Eugenio, Cercasi Gesù). E per ultimo il dito dietro alla macchina da presa proprio per berto Sordi, certamente. Quello immenso di Comencini televisivo delle inchieste sull’in- “colpa di Vittorio Gassman” (lo raccontava Una vita difficile (la scena del referendum re- fanzia e i sentimenti (I bambini e noi, L’amore sorridendo lui stesso) con Se permettete parlia- pubblica/monarchia resta una delle pietre mi- in Italia). E che più di una generazione ricor- mo di donne. Erano gli anni quelli, in cui il cine- liari del nostro cinema) o quello “drammatico da anche e soprattutto per il magnifico Pinoc- ma era davvero un lavoro di squadra. A Roma e febbrile” de Il vedovo a fianco di Franca Valeri. chio, anche questo in programma alla Casa del le cene al ristorante da Otello alla Concordia - im- Sarebbe bello che la rassegna newyorkese venisse cinema. mortalato da Scola ne La cena - erano la fucina “esportata” anche in Italia. Intanto segnaliamo Gabriella Gallozzi 37 n. 46

Festival Cineciok – Prima edizione Si è conclusa l’11 dicembre 2016 la prima edizione di “Cineciok”, il festival a tema cinema e cioccolato, inserito all’interno del cartellone di “Chocomodica” (festa che si svolge ogni anno a Modica e dedicata al cioccolato) Tre iniziative per “Ci- neciok”. Una dedicata a un concorso internazio- nale di cortometraggi, con la proiezione di 8 opere in gara. Tra i vincitori spicca il bel- lissimo documentario di Ivo Rovira e Ana Tiziana Spadaro Ponce, proveniente dalla Spagna, dal tito- lo “Cacao Collective”, un’avventura lunga 90.000 km, 2 anni e 14 paesi, un tour in cui i due autori hanno incontrato agricoltori, an- tropologi, storici, biologi, chimici, ingegneri, agronomi, genetisti, assaggiatori e cuochi, condividendo la loro intimità e le loro motiva- zioni, dando la voce di cacao, un frutto legato alla storia del genere umano da più di 3.500 anni. Non meno interessanti gli altri vincitori delle sezioni animazione e fiction, rispettiva- mente “Creamen” di Esther Casas e “Bold” di Davide Gentile. Per la retrospettiva Cinema & Cioccolato sono stai proposti dalla direzione artistica Grand Budapest Hotel di Wes Ander- son e Pane e Cioccolata di Franco Brusati e sono intervenuti, per gli approfondimenti, i critici Danilo Amione e Renato Scatà. Cineciok ha anche ospitato una sezione dedicata al regista Luigi Zampa. È stato proiettato il film “Anni Difficili”, pellicola interamente girata a Modi- ca, l’opera che ha scoperto il territorio della provincia di Ragusa: mai prima di allora un grossa produzione aveva avuto come location una città del Ragusano. Inoltre, grazie all’atti- vità del “Cineclub 262”, di Modica (che è riu- scito a sensibilizzare l’Amministrazione in tal senso) è stata dedicata la Panoramica di Mon- serrato alla memoria del Regista scomparso nel 1991, che da questa edizione di “Cineciok” si chiamerà “Belvedere Luigi Zampa”. La ceri- monia di inaugurazione ha visto anche la par- tecipazione di Marco Asunis, il presidente della Federazione Italiana Circoli del Cinema. Introduzione ad “Anni difficili” di Luigi Zampa da sx “Cineciok”, davvero un bel connubio: cioccola- Danilo Amione, Tiziana Spadaro, Marco Asunis (foto to e cinema…In fondo, il cioccolato è solo una di Alessia Macca) ‘pasta’, pur pregiata, ottenuta dai semi della pianta del cacao, qualcuno potrebbe dire con leggerezza. Eppure, porta con sé un mondo Marco Asunis (Presidente Ficc), Ignazio Abbate ricco di suggestioni in grado di spaziare dal (Sindaco di Modica), Tiziana Spadaro (Vicepresidente semplice gusto della buona tavola a implica- Ficc) (foto di Grazia Maria Cutrera) zioni di natura psicoanalitica. E “Cineciok” a Modica è stato un binomio non trascurabile: cioccolato e cinema, perché quando i due mondi si sono incontrati hanno fatto faville.

Tiziana Spadaro Targa del “Belvedere Luigi Zampa” di Modica (foto di Modica vista dall’alto www.chocomodicaofficial.it/ Grazia Maria Cutrera 38 [email protected] Festival Il nuovo (cinema) che avanza, interpella l’attenzione di tutti La domanda più ricor- il realismo e la visionarietà: la felice contami- se chi fa parte del “sistema” non ha il coraggio rente quando si dibat- nazione tra il primo e la seconda. Valutazioni, di staccare per auspicarne uno più inclusivo; te di cinema italiano - suffragate da una significativa partecipazio- non serve denunciare l’assenza di un progetto indipendente - è la ne ed il consenso da parte del pubblico, in culturale o l’ostracismo della politica, se man- seguente: esiste dav- un’ ognuna della giornate e dei siti della ma- ca la reale volontà di dare vita ad una battaglia vero una produzione/ nifestazione, che ha visto quest’anno anche il comune, oltre gli egoismi ed i reciproci so- Roberto Petrocchi distribuzione, final- complesso museale della Facoltà di Lettere e spetti, all’insegna delle idee e della progettua- mente orientata verso Filosofia della “Sapienza”, tra i patrocinanti lità. I festival le rassegne, ad ogni livello e lati- il rinnovamento ed un progetto di qualità? La della manifestazione. Un pubblico trasversa- tudine, sono - dovrebbero essere - soprattutto risposta è interlocutoria. Se è innegabile, in- fatti, la fioritura di una nuova generazione di produttori fuori d’ogni omologazione e con una spiccata propensione al “rischio” o, quan- to meno, ad identificare il cinema come “in- dustria culturale”, siamo di fronte ad una fe- nomeno ancora episodico: forzatamente indipendente per poter vantare una concreta competitività di mercato; che lo è troppo po- co, in taluni casi, per rivelarsi davvero dirom- pente, a causa della pressoché totale assenza di una politica distributiva che lo supporti. In mancanza di questa, è del tutto evidente che ogni tipo di sperimentazione linguistica e/o produttiva è destinata al fallimento. Senza ri- petere/ripeterci, come un mantra, cause e le responsabilità, utile materia d’indagine e di- scussione viene, a mio parere, dall’universo variegatissimo del cortometraggio: in termini di contenuti e soluzioni espressive, valori estetici e, non di rado, di scardinamento di canoni drammaturgici. Un concreto motivo di speranza nel futuro del cinema italiano, a le, per età, cultura e estrazione sociale, con questo. E’ la principale motivazione che mi patto che non ne vengano disattese le istanze. una predominanza di giovani. Dimostrazione muove a proseguire nella strada intrapresa: Negli otto anni di direzione del Festival Na- probante che esiste una concreta domanda di promuovere le occasioni di incontro e con- zionale Roma FilmCorto, posso dire di aver “educazione alle immagini” da non disperde- fronto, attraverso il Festival Roma FilmCorto assistito ad un fermento creativo rimarchevo- re. Un richiamo rivolto alle istituzioni pubbli- - Cinema Indipendente, ed oltre questo. Se, le. Ho avuto modo di scoprire che e culturali - scuole, uni- come è stato, giustamente sottolineato, la nuovi autori e registi, attori/ versità, mass media - e ad Cultura è il più importante Dicastero econo- attrici di sicuro talento; ma ogni operatore del settore - mico, superare stantii steccati non è solo au- anche montatori, direttori docenti di cinema e, in parti- gurabile ma doveroso. della fotografica, compositori, colare, ad attori, registi, pro- Roberto Petrocchi scenografi che, a dispetto di duttori consacrati, troppo budget produttivi contenuti, spesso distratti - mi spiace Regista, sceneggiatore, docente, operatore culturale. E’ hanno espresso professionali- dirlo - verso proposte di divul- stato assistente alla regia di Valerio Zurlini. Ha svolto tà qualificate e già formate. gazione/formazione culturali, l’attività di documentarista e curato servizi culturali per Tracce concrete ed incorag- lontane dalle passerelle.. Ha la tv. All’attività di regista, unisce un’intensa attività di gianti di una proposta di Ci- Colosseo D’Argento (realizzato scritto con efficacia Gianni docente di storia e critica del cinema, scrittura e tecnica nema autoriale, senza quella da Gaia Castelli) per il Miglior Canova, in occasione dell’O- filmica. Fondatore del “Roma FilmCorto”, già membro di tendenza alla autoreferenzia- Cortometraggio al film “Radice di 9” scar a Sorrentino, “In Francia Giuria del Festival “La città in corto” e presidente del “Fe- lità, che rischia di rappresen- di Daniele Barbiero o in Germania si sente quasi il stival del Cinema Giovanile Indipendente”, giurato in tarne il limite, confermasi dovere ‘morale’ di ‘cantare in manifestazioni cinematografiche nazionali. E’ attual- nell’VIII edizione del Festival, appena conclu- coro’, di sostenere l’eccellenza della cultura mente impegnato nella trasposizione cinematografica del sa. E se il responso della Giuria ha premiato nazionale. Da noi no. Noi siamo solisti, dob- best seller “Oriana Fallaci - Morirò in Piedi” di Riccardo opere che hanno saputo indubbiamente con- biamo distinguerci”. Canova dal suo osserva- Nencini. E’ titolare di “Cinema e società” - produzione e notarsi per sapienza registica e sguardo per- torio privilegiato, suggerisce una lettura che divulgazione culturale sonale sulla realtà e l’umanità più segreta che tocca l’incapacità del nostro cinema di ‘fare si- la abita, credo di poter dire che il resto del pro- stema’, rappresentare un autentico “movi- gramma - con la rassegna di quaranta opere mento” senza che questo si traduca, come Festival Nazionale “Roma FilmCorto – Cinema provenienti in massima parte dalle più quali- scrivevo anni fa a Giuseppe Tornatore, - che Indipendente” 2016 ficate scuole di cinema italiane e già invitate per primo ha mostrato di guardare oltre l’esi- c/o Cinema e Società, Produzione e divulgazione cul- e/o premiate ad importanti festival interna- genza, lecita, di proporre la sua personale po- turale Via della Camilluccia, 79 00135 Roma zionali - non ha mancato di rappresentare un etica filmica - in uno svilimento delle diversità Direttore artistico Roberto Petrocchi cinema della contemporaneità “altro” e “popo- di pensiero e sensibilità, recuperando quello spi- www.romafilmcorto.it lare”, al contempo; per la capacità di narrare il rito di corpo della grande stagione del Neoreali- [email protected] presente, ed i richiami della storia - attraverso smo. Non ha senso lamentare la “crisi” (eterna), 39 n. 46

Festival Missing-not to be missed Il Missing Film Festival – Lo schermo perduto è un progetto speciale dei C.G.S., Cinecircoli Giovanili Socioculturali realizzato dal Club Amici del Cinema con il patrocinio di MIBAC Direzione Generale per il Cinema, Regione Liguria Assessorato allo Spettacolo, Municipio II Centro Ovest, Genova Liguria Film Commission Un successo consoli- dato attraverso 25 edi- [ GENOVA, CLUB AMICI DELCINEMA 10 novembre 18 dicembre 2016 ] zioni quello del Mis- sing Film Festival – lo Schermo perduto, or- ganizzato dal Club Amici del Cinema di Genova dall’11 novem- lo schermo perduto a bre al 18 dicembre 25 edizione 2016, che ha confer- Francesca Mantero mato la validità della linea progettuale della manifestazione, quella di dare visibilità a un Federico Micali regista de “L’Universale” cinema dimenticato o scomparso dalle sale il Concorso nonostante le affermazioni e i premi nelle la Vetrina attenzione; del resto, tra le iniziative organiz- principali rassegne internazionali e naziona- il Doc zate ogni anno dal Cineclub, la vetrina di do- li. E’ stato così possibile offrire un programma gli Omaggi cumentari nazionali e internazionali OVEST. denso e variegato, frutto del lavoro di ricerca gli Extra Doc è tra le più vivaci e seguite. In questa se-

del Festival per mettere a confronto le tenden- grafico: Raffaella Bellucci Progetto zione sono state proposte due prime visioni ze innovative del cinema contemporaneo con per Genova , L’infinita fabbrica del duomo di

i generi, i registi e gli attori del passato che c.g.s. CLUB AMICI DEL CINEMA Progetto Speciale Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, e Il fiume dell’Associazione Via C. Rolando, 15 - Genova Nazionale di Cultura Cinematografica C.G.S. hanno fatto la storia del cinema. Omaggi e re- Tel. e Fax 010 413838 “Cinecircoli Giovanili www.clubamicidelcinema.it Socioculturali” trospettive hanno fatto da contrappunto ai film dei “nuovi autori”, che come di consueto hanno trovato spazio nella Mostra Concorso. novità, tre prime visioni per Genova: oltre a Lo Il Missing ha puntato ancora una volta sulla and Behold-Il futuro è oggi di Werner Herzog, produzione italiana, rappresentata dalle ope- Spira mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Pa- re prime di un cinema giovane, che mantiene renti e Un mostro dalle mille teste di Rodrigo Plà. una forte connotazione individuale e un lin- Quest’ultimo ha completato il breve focus dedica- guaggio innovativo. In concorso quest’anno to al cinema sudamericano di cui facevano parte Banat-Il viaggio di Adriano Valerio, Un posto si- due film di Patricio Guzmán, La memoria dell’ac- curo di Francesco Ghiaccio, La ragazza del mon- qua e Nostalgia della luce; Neruda di Pablo Larrain. do di Marco Danieli, Fraulein- Una fiaba d’in- Il documentario o cinema del reale è uno dei ge- verno di Caterina Carone, L’universale di neri cui da sempre il festival riserva spazio e Federico Micali. La responsabilità del giudizio sui film in concorso è stata affidata come sempre alla giuria del nostro pubblico, che ne- gli anni ha sviluppato il piacere di valutare i film accogliendo anche le proposte più inno- vative, e ha accompagnato con partecipazione questa lunga maratona cinematografica che nel corso di 39 serate ha allargato le sue propo- ste in varie sale e circoli C.G.S. della regione. Caterina Carone regista di “Fraulein” L’omaggio – doveroso – è andato a Jacques Ta- ti con quattro capolavori in versione originale ha sempre ragione di Silvio Soldini, oltre a Boz- sottotitolata recentemente restaurati: Giorno zetto non troppo di Marco Bonfanti alla presen- di festa, Le vacanze di monsieur Hulot, Mon oncle e za del grande maestro dell’animazione. Tra Playtime. Per l’occasione è stata allestita una gli extra della manifestazione, alcune proie- mostra, A la recherche de Monsieur Hulot, realiz- zioni legate a iniziative specifiche: lI fiore del zata con i disegni di Greta Cencetti, una affer- deserto di Sherry Hormann in occasione della mata illustratrice genovese. La retrospettiva è giornata mondiale contro la violenza sulle stata dedicata a Gene Tierney, l’indimentica- donne, La legge del mercato di Stéphane Brizé e bile attrice americana protagonista di quattro Mommy di Xavier Dolan nell’ambito del pro- film in versione originale sottotitolata restau- getto ACEC –Segni di misericordia, italiano, rati da Lab 80 film: Il cielo puo’ attendere di anch’io per l’Istituzione Musei del Mare e delle Ernst Lubitsch, Il fantasma e la signora muir di migrazioni MuMA. Joseph L. Mankiewicz, Vertigine di Otto Premin- ger e Femmina folle di John M. Stahl. Tra i titoli Francesca Mantero

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Festival XII Passaggi d’autore: intrecci mediterranei Da anni ormai Sant’An- mancato di interessare gli spettatori che han- mare e di viaggio interamente votata all’ani- tioco ospita Passaggi no coinvolto l’autrice in un interessante di- mazione: dall’ecologia all’amicizia, dalla natu- d’Autore: Intrecci mediter- battito a fine serata, conclusasi poi con il reci- ra all’importanza della diversità, molteplici gli ranei che si conferma tal cantato Azad/Libertà tratto dal romanzo di argomenti che sono stati affrontati confidan- essere, nella sua XII Marco Rovelli, La guerriera dagli occhi verdi. do nell’empatia innata dei bambini, capaci di edizione, un Festival ci- L’ultima giornata ha visto coinvolti i più pic- grandi gesti di solidarietà e comprensione. Di nematografico di -qua coli, cui è stata dedicata la sezione Storie di questi tempi si sente un gran bisogno di Pas- lità e di grande interes- Francesca Mariani se. Organizzato dal Circolo del Cinema Immagini (FICC), e confi- dando nel cortometraggio come mezzo espressivo ideale per l’approfondimento di te- matiche quali l’emigrazione e l’integrazione, il festival è soprattutto una valida opportunità per conoscere e riconoscere la ricchezza insita nell’interscambio e nel meticciato culturali. Da una sponda all’altra del Mediterraneo regi- sti giovani e meno giovani, affermati o alle prime armi, confrontano il proprio punto di vista sulla società, i sentimenti, le tradizioni del proprio Paese e ne fanno dono, all’interno di un evento non competitivo, al pubblico in sala. La carne al fuoco è tanta e tutta gustosa: serate a tema (ne è un fortunato esempio l’or- mai consueto appuntamento Focus che dedica una serata ai corti di un Paese del Mediterra- saggi d’autore: in- neo, quest’anno la Croazia); approfondimenti trecci mediterra- sulle novità del cinema e degli audiovisivi in nei. La strada verso generale (Webserie: una nuova frontiera della fi- l’integrazione e la ction seriale ha analizzato il fenomeno in ascesa convivenza è lunga della serie web presentando al pubblico la web e impervia, e il so- serie in Realtà Virtuale The Bomb di Paolo Ber- gno di una società nardelli, Tutte le ragazze con un certa cultura di finalmente davvero Felice V. Bagnato e Roberto Venturini, Quella civile e multietnica sporca sacca nera di Mauro Aragoni e Lost in tarda a divenire re- Sardinia di Davide Melis); appuntamenti mi- altà. In questo sen- rati alla formazione e al confronto (molti i la- so, ben vengano i boratori proposti, cinque, dedicati alla realiz- Festival che parte- zazione di un corto, o rivolti ad aspiranti cipano al dialogo critici, o impostati sulla pratica della sottoti- riuscendo a fonde- tolazione, o indirizzati ai bambini della scuola re umorismo, criti- primaria con esperienze pratiche nell’anima- ca sociale, intratte- zione nonché nello sviluppo di colonne sono- nimento e ricerca re). Ma soprattutto di cinema si nutre Passag- Passaggi d’Autore 2016, un giorno con le scuole (Foto Andrea Loria) stilistica in un di- gi d’Autore - Intrecci mediterranei: decine i scorso che non tra- corti presentati, dai pluripremiati Zvjerka – scura il valore dello The Beast di Daina O. Pusic, Bellissima di Ales- spettacolo e l’impor- sandro Capitani, Timecode di Juanjo Giménez tanza del diverti- Pena, La ballata dei senzatetto di Monica Man- mento pur eccellen- ganelli, ai meno conosciuti ma ugualmente do per la serietà degli autorevoli Minh Tam del francese Vincent argomenti trattati. Maury o Love on the Top of the World del regista sloveno Jan Cvitkovic. Davvero un mare di racconti che celebrano l’umanità in tutte le Francesca Mariani sue sfaccettature ed accezioni, veicolando un messaggio di socialità e comprensione culmi- nato nella penultima giornata del Festival de- Vive a Sant’Antioco nel dicata alla Giornata mondiale dei diritti uma- Selvaggio West (Sarde- ni: oltre a una ricca offerta filmica che ha visto gna). Quando non impe- il pubblico sorridere, commuoversi e riflettere gnata a ferrare cavalli e dinanzi alle storie proiettate, particolare at- boicottare ferrovie, s’in- tenzione ha ricevuto il corto Uzak Mi… della teressa di questa nuova regista turca Leyla Toprak, presente in sala: lo diavoleria chiamata ci- struggente racconto della vita tra le macerie “Submarine” di Mounia Akl, regista libanese, vincitore del Premio Speciale della Giuria nematografo. Talvolta, a di Kobane delle donne soldato curde non ha al Dubai Film Festival 2016 sorpresa, ne scrive. 41 n. 46 Kirk Douglas: cento anni da leone Quando Issur Danie- grava sulle spalle e continua incessantemente lovitch Demsky nac- a far sentire la sua voce, adattandosi ai nuovi que ad Amsterdam mezzi di comunicazione: «Continuo a guar- nello stato di New dare avanti, non indietro. I social media sono York era il 9 dicembre utili. Per comunicare cose di cui siamo orgo- 1916 e il presidente de- gliosi, per ridere dei falsi necrologi che ci dan- gli Stati Uniti era Wo- no per morti prima che il nostro tempo sia fi- odrow Wilson. Oggi il nito o per pubbliccare anche belle notizie in Francesca Arca presidente degli Stati tempi in cui tutti privilegiano quelle più cupe. Uniti è Donald Trump, Issur è diventato da Io resto un sognatore, un po’ come Don Chi- tempo Kirk Douglas, ha compiuto cento anni sciotte.» E come l’eroe di Cervantes, Douglas ed è uno degli ultimi veri miti hollywoodiani. ama scagliarsi contro ciò che giudica ingiu- Interprete magistrale e mente acutissima, sto. Qualche tempo fa infatti è stata pubblica- Douglas ha saputo vivere la grande età dell’o- ta una sua lettera aperta rivolta a coloro che ad Hollywood, paragona Donald Trump ad ro del cinema, mantenendo intatta la propria aspirano alla carica di Presidente degli Stati Hitler. Ma c’è ancora spazio per il cinema. So- impronta personale, regalando ad ogni perso- Uniti. «Ho ricordato i tempi del Ku Klux Klan, no gustosi gli aneddoti che non lesina nei suoi naggio un solco inconfondibile pur non sna- il fatto che il presidente Obama, eletto due scritti e nelle frequenti interviste. Ha raccon- turandone le caratteristiche nell’autenticità volte, ha abitato in una casa che era stata co- tato con umorismo di aver perdonato suo fi- della narrazione. Tanti i nomi, gli incontri e le struita dagli schiavi. Non possiamo cancellare glio Michael - all’epoca produttore di “Qualcu- amicizie in questo secolo di vita, da Marlon no volò sul nido del cuculo” - per avergli Brando a Tony Curtis, da Dalton Trumbo a negato la parte che fu di Jack Nicholson e Stanley Kubrick, da Burt Lancaster a Lauren quando venne colpito da un ictus che gli rese Bacall. Due matrimoni, quattro figli, settanta- difficile parlare si rivolse ironicamente ad al- cinque film alcuni dei quali possono essere cuni amici produttori esortandoli ad un ritor- annoverati tra i capolavori indiscussi della no al cinema muto. L’amore per il cinema lo settima arte, due Golden Globe, tre nomina- spinge spesso ad accogliere giovani studenti tion e un Oscar, sono solo alcuni dei numeri che fanno della sua carriera e della sua espe- che raccontano la lunga carriera che ha porta- rienza artistica argomento per tesi e studi: «Ai to Douglas ad incarnare l’ultima icona di un’e- giovani raccomando sempre di non preoccu- poca irripetibile. Il sorriso sarcastico - accom- parsi del box office e ricordo loro che i film -de pagnato dalla celeberrima fossetta sul mento finiti “non commerciali” dai critici del mio - unito ad uno sguardo penetrante, ad un fisi- tempo, sono entrati nella storia del cinema.» co scolpito e ad una naturale capacità di mu- errori così gravi, ma dobbiamo - per gli Usa e Un libro uscito recentemente, scritto a quat- tare espressione con rapidità disarmante, per il mondo - bandire sempre ogni forma di tro mani con l’amata Anne, e la volontà di non hanno offerto a Douglas la possibilità di ci- discriminazione. Ho sempre puntato il dito accontentarsi del traguardo raggiunto conti- mentarsi nei generi più diversi: “Spartacus” e contro ogni ingiustizia ed emarginazione. Og- nuano a far risplendere la vecchia stella della “Orizzonti di gloria” di Kubrick, “Sfida all’O.K. gi lotto contro la parola razzismo. Papa Fran- golden age hollywoodiana e lo rendono un esem- Corral” e “Il giorno della vendetta” di Sturges, cesco ad esempio, lo dico da ebreo che lo am- pio di acutezza e lucidità di pensiero. A ridos- “Sette giorni a maggio” di Frankenheimer, “L’Asso nella manica” di Billy Wilder, per ci- tarne solo alcuni. In una recente intervista ha dichiarato che il segreto della longevità risie- de nell’interesse verso il proprio prossimo perché solo così si evita di annoiarsi e soprat- tutto non si corre il rischio di annoiare gli al- tri. «Bisogna lasciare che il passato dia forma al futuro e cercare di fare qualcosa di speciale e significativo ogni giorno. Accettare -i cam biamenti e i limiti ed essere grati a coloro che rendono la nostra vita più facile e felice. Vive- re con qualcuno che ami e ammiri.» E da oltre sessant’anni Kirk Douglas divide la vita con la sua seconda moglie, la gallerista Anne Buy- dens, con la quale condivide l’amore per l’arte, per la poesia e molti progetti in attività bene- fiche. Una storia d’amore che, come nei mi- gliori film, ha saputo resistere al dolore per la perdita di un figlio - Eric, che si è spento per un’overdose nel 2004 a soli 46 anni – alla ma- lattia e al tempo che scorre inesorabile e mo- mira, è una gran persona valida per tutte le so del suo compleanno si è augurato di poter difica i corpi e i volti. Da diversi decenni Dou- religioni.» Impegno civile e fede sono le due convincere il suo medico a concedergli uno glas ha abbandonato il grande schermo e si è caratteristiche che continuano ad accompa- strappo alla rigorose regole che la salute gli dato alla scrittura, pubblicando oltre dieci li- gnare Kirk Douglas da quando “sdoganò” Dal- impone per poter brindare ai cento anni con bri, raccolte di poesie, un’autobiografia e te- ton Trumbo dalla black list, reclutandolo per un bicchierino di vodka. Diverte pensare che nendo un blog di politica e fede sull’Huffin- la sceneggiatura di Spartacus, fino alle recen- sia riuscito anche in questo! gton Post. Il vecchio leone è tutt’altro che tissime dichiarazioni in cui, divenuto già da infiacchito dal peso di un intero secolo che gli tempo un caposaldo della comunità ebraica Francesca Arca 42 [email protected] Al cinema Lion – la strada verso casa di Garth Davis L’India è in piena espan- Sunny Pawar, alla sua sione negli anni ’80, e primissima apparizione, Calcutta è il simbolo di ad un ormai maturato questo mondo tumul- Dev Patel, che già aveva- tuoso e caotico. Una mo visto nel premiatissi- terra divisa, così satu- mo film di Danny Boyle, Andrea Fabriziani ra di storie e persone The Millionaire (2008) e la in cui si trova tutto e il cui interpretazione è ap- contrario di tutto. Pericolo, perdizione, po- passionata e credibile, vertà ma anche la naturale tenerezza dell’a- profonda e brillante. Con more di una madre, di una famiglia, delle pro- lui la storia si sposta nel prie radici. E poi un altro. Un secondo mondo nuovo millennio, in cui diametralmente opposto al primo, una comu- fa ingresso la tecnologia nità più organizzata, occidentalizzata se vo- di Google Earth, stru- gliamo, più vicina al nostro sentire, come mento con cui Saroo ini- quella australiana. In mezzo c’è la figura zia a cercare il suo piccolo dell’individuo, solo e sofferente. È sofferente villaggio. Piccola curiosi- perché strappato via dalla propria casa all’età Saroo diventa sempre più impegnativo, di soli cinque anni e perché è cresciuto in sempre più personale e lo porta all’isola- quel secondo mondo, quello con valori e cul- mento. Ancora una volta si ritrova solo. La tura occidentali lontani dai suoi. Non appar- coppia è destinata a dividersi: nonostante tiene a nessuno dei due. O forse appartiene l’amore tra i due sembri finalmente regala- pienamente a entrambi. Questo è Lion, film re una stabilità a Saroo, quel mondo forse australiano diretto da Garth Davis, interpre- non gli appartiene. I valori di quella società tato da Dev Patel, Nicole Kidman, Rooney sono vuoti senza la presa di coscienza delle Mara, David Wenham, presentato alla scorsa proprie origini, senza la consapevolezza del Festa del Cinema di Roma e uscito nelle sale luogo da dove proveniamo. Il viaggio, inte- italiane il 22 dicembre. La storia di Saroo- riore ma doloroso, è un percorso che il ra- Brierley è di quelle che straziano il cuore: a gazzo deve necessariamente affrontare da soli cinque anni finisce su un treno che lo solo, e lo porta quindi ad allontanarsi porta a Calcutta, a più di mille chilometri da dall’affetto della ragazza, lo porta a discute- sua madre, suo fratello Guddu e dal suo pic- re il proprio rapporto con i genitori adotti- colo villaggio vicino l’allora città di Madras. vi. Tutto è messo in discussione in nome Non riesce a spiegare alle autorità da dove della ricerca della verità più importante: l’i- proviene ed è affidato alla coppia australiana dentità. Un concetto universale che sem- Jim e Sue Brierley. Ormai adulto sente sem- brava perso in quella zona grigia che inter- pre di più quel bisogno di sapere, di ritrovare correva tra due culture così lontane ma che la casa che ha perduto, sapendo che forse la alla fine si ritrova proprio lì, in quel limbo, madre non ha mai smesso di cercarlo. Saroo sintetizzato in Saroo, “il leone”. Un’identità è ora un giovane uomo che non riesce a tro- che nasce da una mancanza che è tara di vare il proprio posto nel mondo proprio per- tutta una vita, ma che dà anche a quel gio- ché sente un vuoto: senza le nostre origini, vane uomo che viaggia indietro nel tempo senza radici non siamo nessuno. Inizia così per ritrovarsi e che (come ci dicono le dida- la lotta disperata per ritrovare sé stessi, per scalie nel finale) ha sempre pronunciato completarsi come individui immersi in una male il suo nome, forza e speranza. comunità, o addirittura in due comunità con- tà: la compagnia presieduta da Eric Schmidt ha temporaneamente. Il regista, Garth Davis, di seguito la lavorazione del film, sincerandosi Andrea Fabriziani cui avevamo apprezzato il lavoro su Top of the dell’autenticità delle scene in cui il protagonista Lake (2013) insieme a Jane Campion, decide di utilizza Google Earth. In questa seconda parte puntare sull’aspetto epico della vicenda ini- del racconto, ritroviamo ziando a raccontare l’emozionante storia di Saroo durante i suoi studi Saroo dalla sua vita in famiglia. Il film si apre a Melbourne, quando ini- nel villaggio dove la mamma lavora traspor- zia a frequentare una bel- tando pietre e in cui i due piccoli fratelli ruba- lissima ragazza, Lucy, in- no il carbone dai treni per scambiarlo con un terpretata da Rooney po’ di latte, passando poi per le esperienze tra Mara, vincitrice del pre- le strade soffocanti di Calcutta, quelle di una mio come Miglior Attri- babele inospitale e spietata. Poi, la storia del ce al Festival di Cannes giovane Saroo si sposta in Australia, dove lo per Carol (2015). I due si vediamo ormai maturo, carico del suo passato conoscono, si frequenta- ma pieno di energia, cresciuto da Jim e Sue no e si innamorano, al (Nicole Kidman torna ad offrire una ottima punto che diventano in- prova d’attrice) e finalmente pronto a ritrova- dispensabili l’uno per l’al- re le sue radici. Il protagonista passa dall’essere tra: lei lo incoraggia nella interpretato dal piccolo ma talentuosissimo ricerca, ma il viaggio di 43 n. 46

La bustina del Dott. Tzira Bella Teatro

Scrivete a: Dott. Tzira Bella, C/O Laboratorio Veterinario della Dott.ssa Zira, Planet of the Apes. Novecento di Baricco ed Eugenio Allegri, da A Babbo Natale più di vent’anni insieme Più di 500 le repliche unica rispetto a uno spettacolo con più inter- Ci scrive un dipendente del di Novecento di Ales- preti. Ministero dell’Istruzione, sandro Baricco che Eu- “Novecento” e il teatro di narrazione. della Formazione e della genio Allegri ha recita- Certo il successo di “Novecento” ha preceduto Propaganda d’Italia, per to dal 1994 a oggi. Un di qualche anno l’affermazione di Marco Pao- brevità MINCULPOP, da un vero record che pare lini, ma collocherei meglio la mia esperienza non meglio precisato villag- destinato a non fermar- all’interno di un teatro di “evocazione” perché gio di questa remota regio- si, visto che il monolo- come interprete do il mio contributo a creare ne posta nel mezzo di una go .andato in scena a immagini, atmosfere. Ci sono il mare, la nave. laguna detta Mar Mediter- dicembre sarà ripreso a Nei prossimi mesi proseguirà nei teatri italiani raneo, di un pianetino chia- Giuseppe Barbanti marzo con un ciclo di anche la sua esperienza con l’”Edipus” di mato Terra, pregandoci di recite in cartellone al Giovanni Testori. Dott. Tzira Bella far pervenire, com’è tradi- Teatro dei Filodrammatici di Milano. Eugenio Sollecitato da Leo Muscato, due anni fa mi so- zione annuale degli appartenenti a una setta di se- Allegri ha appena ultimato la tourné di “Come no voluto misurare con questo testo scritto nel guaci di una bizzarra confessione religiosa, mi pa- vi piace” di William Shakespeare, uno spetta- 1977, terzo capitolo della “Trilogia degli Scar- re di capire si chiamino cristiani, questa espressione colo corale dove ha furoreggiato nei panni del rozzanti”. Non si tratta di una semplice riscrit- di buoni sentimenti a un certo Babbo Natale, do- “buffone” mettendo a frutto sotto la direzione tura del mito di Edipo, ma di una storia che, miciliato al Polo Nord, SNC. Lieti di servire la cau- di Leo Muscato la sua prendendo elementi sa della bontà, giriamo al vecchio simpatico bar- lunga esperienza di in- dalla tragedia, ne ela- bone bianco vestito di rosso, sperando che terprete di canovacci di bora una nuova, auto- esaudisca il nobile anelito cardiaco dello scrivente Commedia dell’Arte e noma e originale a par- terrestre. di testi ruzantiani. tire dal linguaggio Come spiega le ragioni cosiddetto “italicano”, Caro Babbo Natale, è la prima volta che ti scrivo. In tanti di questo successo che un miscuglio inventato anni, in questa Santa e lieta occasione ho sempre scritto al dura ininterrotto da di latinismi, francesi- bambin Gesù, tranne una volta a Mago Zurlì, alias Cino quasi 23 anni? smi e dialetto lombar- Tortorella, ma non ne rammento il motivo. Perché Il segreto sta negli esordi, do, capace di esprimere quest’anno mi rivolgo a te? Perchè Gesù, vista l’aria che “Novecento” ha funzio- le più basse volgarità tira, (leggi in successione governo Monti, Letta, Magnifi- nato subito, ha goduto come la più struggente chetto fiorentino) avendo realizzato che di pensione anche immediatamente dall’e- poesia. E’un’altra espe- per Lui, anzi per Egli, oggi neonato, come del resto per tut- state del 1994 di una rienza forse ancor più ti sotto i settanta, neanche se ne parla, si è licenziato, di- grande attenzione da gratificante di “Nove- messo, raus sia, nisba, nada, nihil, niet: da quest’anno parte del pubblico. Mi cento” perché porto al niente nascita, niente disquisizioni di dotto adolescente coi ricordo che Alessandro pubblico un autore tan- matusa nel tempio, niente parabole, niente miracoli, (chi Baricco, che conoscevo to grande quanto poco vuol mangiare e bere a sbaffo, se lo scordi, da oggi si paga, ), dalla metà degli anni ’80, conosciuto che mi con- niente di nulla, nulla di niente, neanche tradimento, arre- mi raccontò la trama di sente di valorizzare una sto, processo e condanna, niente morte e resurrezione, ma “Novecento” addirittura corda importante del soprattutto niente regali di Natale. Ergo, è per questo che a prima che fosse stato mio essere attore, la di- te mi rivolgo. Ringraziando il caso, la fortuna, le astuzie scritto, nell’estate del mensione clownesca”. della Ragion Storica, la crisi insomma, che ci rende tutti 1993 a Villa Pisani di Con l’”Edipus” Allegri più buoni, ci riavvicina ai veri, vecchi, eterni valori dello Stra mentre ero impe- sarà fra il 26 gennaio e spirito, Santa Povertà e le sue sorelle e fratellini minori, gnato nelle repliche della Trilogia della villeg- l’1 febbraio a Bergamo, Torino, Treviso, Firen- pesti, carestie, rogne del corpo, ignoranza, disoccupazione, giatura di Carlo Goldoni sempre diretto da Ga- ze e Montalcino (SI). sempre siano benedette, che ci faranno guadagnare il Pa- briele Vacis. A gennaio del 1994 mi arrivarono Quale è la situazione del teatro in Italia? radiso, che abbiamo in questi anni rischiato di perdere, a le prime trenta pagine, a marzo il resto e poi Ho cominciato a far teatro a cavallo fra gli anni causa dell’inganno comunista che sempre si cela dietro la debuttammo al Festival di Asti. Il mio rapporto ’70 e ’80 del ‘900, quando fortissimo era il le- richiesta di progresso materiale diffuso, il benessere, in- con Vacis e Baricco per Novecento nasce un game trasversale fra le diverse arti, da cui il te- somma, che stordisce e fa perdere l’anima. Allora, nel nome po’ da strane combinazioni, per cui le persone atro ha tratto beneficio. Oggi, per carità. Si fan- del ristabilito principio della sussidiarietà, togli anche tu a si trovano nel posto giusto al momento giusto. no cose interessanti, ma mi sembra che noi comuni mortali, operai, impiegati occupati/ino/diso/, Che effetto fa a un attore essere così a lungo ciascuna arte, ambito culturale tenda a rinchiu- (s)pensionati, e dai, dai, dai, largisci anche a Natale tutti i legati a un testo? dersi in se stesso. Mi piacerebbe tornassero ad tuoi doni alla Chiesa Cattolica, che provvederà a girarli Direi che fa bene, tant’è che le repliche, cessa- avvertirsi necessità e importanza di questi alle sue banche, per uno, cento, mille Santi Raffaeli. Togli te a quota di poco più di 300 nel 2002, sono ri- scambi. alla scuola pubblica gli insegnanti di logica, filosofia, arte prese per una mia personale iniziativa come Quarant’anni di attività, spaziando fra autori (profana) e scienza, e i loro stipendi, così risparmiati, san- produttore. Una così continuativa presenza sul e generi, nel segno dell’ impegno. tamente risparmiati dallo Stato italiano, girali al vicino palcoscenico finisce con il dare una diversa La situazione economica favorisce l’omologa- Vaticano, ché possano meglio essere adoperati per pagare consapevolezza al proprio esistere di uomini. zione. E’ sempre più difficile lavorare sulle di- tanti altri insegnanti di RC, dalla materna all’università, Negli anni il mio incedere battuta dopo battuta si versità, la cosa che come uomo di teatro più mi per radicare nei cuori di una nuova bella gioventù i valori è fatto più rilassato, è mutato ovviamente il mio affascina, se viene meno, per carenza di mezzi, della città di Dio, dopo tanti anni di babilonia anarco freak approccio, anche perché è cambiata la mia vita, la possibilità di caratterizzarla. libertino comunista. Amen, amen. PS. Per cortesia gira quello che ero 20 anni fa e più non posso esserlo questa, anche alla tua amica Befana. oggi. E poi il monologo consente all’interprete Lettera firmata di lavorare sul pubblico in maniera veramente Giuseppe Barbanti 44 [email protected] La televisione del nulla e dell’isteria Chi sono e cosa hanno in comune tra di loro questi personaggi, quale è il loro contributo alla cultura del nostro paese e al resto del pianeta, perchè la Tv dedica molta attenzione a questi personaggi che tutta questa bellezza non hanno e quindi incapaci di condurre e donare bellezza e garbo? Contiamo sui vostri contributi per capirci qualcosa su questa unica “buona scuola” del nulla e dell’isteria

Alessandro Cecchi Paone Alessia Marcuzzi Alfonso Signorini Antonella Clerici

Barbara D’Urso Fabio Fazio Gigi Marzullo Fabrizio Frizzi

Maria De Filippi Mario Giordano Massimo Giletti Maurizio Costanzo

Simona Ventura Teo Mammuccari Mara Venier Vittorio Sgarbi 45 n. 46 Lettera a un fraterno amico sacerdote Il piccolo Marcello di Caro Giovanni, grazie era per escludere. Ricordo che i colleghi universi- Roma Città Aperta per il bel libro di Papa tari della FUCI organizzarono una gita dome- Francesco sulla mise- nicale alla quale mi invitarono senza alcun “Ero bambino, erano pas- ricordia che con la so- pregiudizio per la mia militanza nella Federa- sati pochi mesi dalla libe- lita generosità mi hai zione Giovanile Comunista. Erano gli anni in razione di Roma. Sai, bi- regalato. Ho iniziato a cui in Sardegna Enrico Berlinguer era vicese- sognava far qualcosa per leggerlo e sarà fonte di gretario regionale del PCI. Ebbi modo di par- vivere, mia madre si ar- riflessione in queste largli di questo invito ed Enrico dimostrò in- rangiava con piccoli lavo- giornate natalizie. La ri, mio padre era disperso Francesco Cocco nostra generazione ha in Africa. Facevo il lustra- conosciuto una profonda “rivoluzione nella Aldo Palmas scarpe in via Due Macelli, vita della Chiesa. Una rivoluzione antropolo- vicino a via del Tritone. gica prima ancora che dottrinale. Da ragazzi, Arriva una persona e mi dice: ci sono quaranta scar- quando qualche volta ci era dato di andare al pe da pulire, vieni”. C’era altro da fare, l’uomo cinema, nei documentari Lux e Incom abbia- delle quaranta scarpe era Roberto Rossellini e mo visto Papa Pacelli in sedia gestatoria con ai il nostro amico Vito Annichiarico era stato lati grandi flabelli. Cose da corte babilonese, scelto proprio in quel luogo per diventare il non molto adatte al Vicario di Cristo. Oggi Pa- piccolo Marcello di Roma città aperta. Ora è l’ul- pa Francesco esce dal Vaticano e va a compra- timo superstite di quanti lavorarono al capola- re gli occhiali o le scarpe, come fanno i comu- voro. Il ricordo che tutti hanno di lui bambino ni mortali. Non ci va affiancato dalla scorta è nella famosissima scena di Anna Magnani della nobiltà nera ma nella semplicità che ca- caduta a terra per i colpi dei nazisti, una scena ratterizzava Cristo nella vita terrena. Cristo che nella nostra mente è lunghissima, tante so- era amico e si circondava di gente del popolo no le volte che l’abbiamo vista e ci ha emozio- non certo di cortigiani. Qualcuno potrà affer- nato, e che invece nel film è breve, pochi secon- mare che sono gesti plateali. Io al contrario di la corsa della Magnani, qualche attimo dico che sono gesti simbolici di rottura. E l’ quella del bambino che si precipita gridando umanità ha bisogno di simili gesti. Questa è sul corpo della madre. E’ certamente la gran- una grande rivoluzione antropologica nella dezza del film, è la tensione che si crea intorno vita della Chiesa. Ed allora capisco che un alla vicenda dei partigiani e degli altri protago- gruppo di cardinali (principi della Chiesa!?) Papa Francy disegnato da Luigi Zara nisti più o meno consapevoli (le popolane, i reagisca e faccia la fronda. Mi viene da dire bambini, il don Pietro di un mirabile Aldo Fa- “poverini”!. Certo reagiscono perché il loro teresse dicendomi che da parte nostra doveva brizi) che creano questo sfasamento temporale status di “principi” ne esce ridimensionato ma esserci la massima apertura e l’interesse al per cui un momento assai breve, il fatto con- il ruolo della Chiesa ne esce esaltato. La Chiesa dialogo in tutti gli aspetti della vita. Solo che clusivo della prima parte del film, rimane scol- l’assistente reli- pito nella mente come una sequenza rallenta- gioso si oppose ta, indelebile. Il volto del piccolo Marcello alla mia parteci- compare per la prima volta quando la madre lo pazione, forse te- chiama in un’inquadratura dal basso che non mendo che un sarà l’unica del film: fulminea quella delle gam- giovane comuni- be delle donne ammassate sul balcone durante sta potesse inqui- il rastrellamento. Incontriamo Vito Annichia- nare i suoi virgul- rico in una sala parrocchiale sulla Nomentana ti. Credo che a te dove l’associazione di cui fa parte, animata da sacerdote spetti un gruppo di ingegneri in pensione della Sele- il ruolo di semi- nia, ha organizzato un concerto jazz per racco- nare nei solchi gliere fondi a favore degli allevatori terremota- aperti dalla fati- ti di Amatrice. Lo presentano, raccontano gli ca di Papa Fran- aneddoti della lavorazione del film, soprattut- cesco come a me to di come il piccolo Vito, finito il pranzo in via laico, che lotta degli Avignonesi dove era la troupe, raccoglies- nel suo piccolo se tutto quel che era rimasto e lo portasse fuori per un’umanità ai suoi amici lustrascarpe. “Poi non ho potuto la- Eugenio Maria Giuseppe Pacelli, (1876 - 1958) diverrà papa col nome di Pio XII, in sedia rinnovata, spet- vorare in Sciuscià perchè nel frattempo ero ingrassa- gestatoria con ai lati grandi flabelli ti portare il suo to, non potevo più interpretare quel ruolo”. A dire il piccolo contri- vero il suo volto non appare smagrito neanche di Roma diviene veramente “ cattolica”, quin- buto perché si rafforzi la fratellanza tra gli es- in Roma città aperta, in cui il ruolo del piccolo di universale e l’autorità morale ne esce enor- seri umani. Marcello è centrale, con battute che fanno an- memente rafforzata. Pio XII escludeva (io co- Francesco Cocco che sorridere sulla bocca di un bambino: “All’a- me comunista sono un escluso, forse sono nima don Pie’ che padellata che j’hai dato”, “Don ancora uno scomunicato), Papa Francesco al Intellettuale sardo, impegnato fin da giovane nella mili- Pie’, da Romoletto ce so’ le bombe”, “Lei fa il prete e contrario include. Mi pare che i punti su cui i tanza nel PCI, laureato in giurisprudenza nel 1961, inse- non lo capisce, bisogna stringe un blocco compatto principi cardinali contestano si basino essen- gnante di Diritto nelle scuole superiori. Consigliere regio- contro il comune nemico, me l’ha detto Romoletto”. zialmente sul problema dell’ inclusione e dell’ nale nella IX e X legislatura, assessore alla pubblica Dello stesso sapore è la battuta della bambina esclusione. Tu sei per l’inclusione, e lo dimo- istruzione nella prima Giunta del sardista Mario Melis. che si lamenta con i suoi amici maschietti: stri nei gesti quotidiani, mentre un prelato, a Animatore e collaboratore di diverse riviste culturali, già “Nun me ce portate mai a fa’ l’eroismo”: Adesso Vito suo tempo assistente degli universitari cattolici, fondatore e direttore della rivista “Società Sarda” segue a pag. successiva 46 [email protected]

segue da pag. precedente Poetiche abita a Pietralata, una zona che conosciamo per un’altra stagione culturale e cinematogra- fica. Talvolta scende da casa e va all’officina del Blues dei Rifugiati suo amico Elvio, il meccanico. In questa occa- sione, al concerto, si ritrovano e rievocano i tempi in cui da Elvio veniva anche Claudio, fi- glio del produttore di Roma città aperta. Gli chiedo se vide il giovane Federico Fellini, colla- boratore alla sceneggiatura. “Fellini non lo ricor- do sul set, mi ricordo soltanto di Sergio Amidei, sono passati tanti anni...”. Dopo quel film ne ha girati altri, Abbasso la miseria di nuovo con la Magna- ni, e poi Cuore, Un mese di onestà e altri titoli con il nome d’arte di Vito Chiari. In seguito non ebbe più ruoli nel cinema (“Sai, non ero nè picco- lo nè grande, non avevo più posto”), quindi prese a lavorare in un campo diverso, divenne tecnico

Poniamo che in questa città vi siano dieci mi- Era Hitler su tutta l’Europa, e diceva: “Devono Don Pietro (Aldo Fabrizi) e il piccolo Marcello (Vito lioni di anime, ‎ morire”; ‎ Annichiarico) V’è chi abita in palazzi, v’è chi abita in tuguri: ‎ Ahimè, pensava a noi, mia cara, ahimè, pensa- di computer, “dei Ma per noi non c’è posto, mia cara, ma per noi va a noi. ‎ mainframe che si stava- non c’è posto.‎ no diffondendo quando Vidi un barbone, e aveva il giubbino assicura- non esistevano ancora i Avevamo una volta un paese e lo trovavamo to con un fermaglio, ‎ pc di oggi”. Infine la ri- bello, ‎ Vidi aprire una porta e un gatto entrarvi den- scoperta: “Il Comune Tu guarda nell’atlante e lì lo troverai: ‎ tro: ‎ di Roma organizza una Non ci possiamo più andare, mia cara, non ci Ma non erano ebrei tedeschi, mia cara, ma manifestazione per il possiamo più andare. ‎ non erano ebrei tedeschi. ‎ cinquantenario di Ro- ma città aperta e da al- Nel cimitero del villaggio si leva un vecchio Scesi al porto e mi fermai sulla banchina, ‎ lora iniziano gli inviti, i tasso, ‎ Vidi i pesci nuotare in libertà: ‎ riconoscimenti, la pre- A ogni primavera s’ingemma di nuovo: ‎ A soli tre metri di distanza, mia cara, a soli tre senza come ospite in un Marcello (Vito Annichiarico) I vecchi passaporti non possono farlo, mia ca- metri di distanza. ‎ programma televisivo 2016 ra, i vecchi passaporti non possono farlo. ‎ serale, persino un Nastro d’Argento”. Ora ci sono Attraversai un bosco, vidi gli uccelli tra gli al- libri e articoli che narrano dei suoi rapporti Il console batté il pugno sul tavolo e disse: ‎ beri, ‎ con un burbero Fabrizi e con una materna Ma- ‎“Se non avete un passaporto voi siete ufficial- Non sapevano di politica e cantavano a gola gnani. E’ difficile aggiungere commenti a un mente morti”: ‎ spiegata: ‎ film che fa parte della storia, studiato nelle Ma noi siamo ancora vivi, mia cara, ma noi Non erano la razza umana, mia cara, non era- scuole di cinema di tutto il mondo, opera capi- siamo ancora vivi. ‎ no la razza umana. ‎ tale del neorealismo. Si può dire per esempio che il restauro ha restituito alla pellicola la luce Mi presentai a un comitato: m’offrirono una Vidi in sogno un palazzo di mille piani, ‎ di un bianco e nero impareggiabile, che illumi- sedia; ‎ Mille finestre e mille porte; ‎ na i volti di Anna Magnani e Aldo Fabrizi, per Cortesemente m’invitarono a ritornare l’anno Non una di esse era nostra, mia cara, non una esempio, nella sequenza del dialogo tra Pina e venturo: ‎ di esse era nostra. ‎ Don Pietro. Se si dovesse fare oggi si dovrebbe Ma oggi dove andremo, mia cara, ma oggi do- girare così, in bianco e nero. ve andremo? ‎ Mi trovai in una vasta pianura sotto il cader Aldo Palmas della neve; ‎ Capitati a un pubblico comizio, il presidente Diecimila soldati marciavano su e giù: ‎ s’alzò in piedi e disse: ‎ Cercavano te e me, mia cara, cercavano te e Del 1949. Incontra il cinema negli anni sessanta alle proie- ‎“Se li lasciamo entrare, ci ruberanno il pane me.‎ zioni del Centro Universitario Cinematografico di Torino, quotidiano”: ‎ in una vecchia sala del quartiere Lingotto. Collabora con Parlava di te e di me, mia cara, parlava di te e Wystan Hugh Auden diverse associazioni culturali. Per motivi professionali co- di me. ‎ nosce le associazioni dei tecnici di Cinecittà. Mi parve di udire il tuono rombare nel cielo; ‎ Traduzione italiana di Rossella Poli 47 n. 46 Viaggio in compagnia di un eroe o di un antieroe? Il doppiaggio del film Sully Una storia veramente pilotaggio - sono stati conservati in lingua ori- doppiatori molto talentuosi, da Gianni Giulia- accaduta nel 2009, poi ginale essendo sempre in inglese la termino- no a Alessio Cigliano, da Luca Biagini a Chri- il libro autobiografia logia internazionale. Insomma, un po’ come stian Iansante, da Carlo Valli a Melina Martel- “Highest Duty” di Che- per la danza - pas de deux, glissade – fa riferi- lo, da Marco Vivio a Davide Perino, da Laura sley Sullenberger e Jef- mento al francese, la lirica all’italiano, l’infor- Romano a Francesca Fiorentini, a Marco Mete frey Zaslowe ed infine matica all’inglese/americano. Il Capitano Sul- che doppia David Letterman quando nel film il film con cui Clint Ea- ly si è prodigato nell’ammarare un aereo, il i due piloti sono invitati al suo show in televi- stwood, con maestria direttore di doppiaggio nell’ sione per narrare la loro avven- Tiziana Voarino di regista, l’ha fatta co- amalgamare le voci, invocazio- tura e cosa si prova a essere eroi. noscere al mondo. ni, tremiti, sospiri, agitazione, Bianchi, insignito della Targa Una vicenda esempio di grande umanità, re- paura e l’intera gamma sonora Claudio G. Fava alla carriera du- sponsabilità e coraggio. Il protagonista è il ca- che può accompagnare un inci- rante l’ ultima edizione del festi- pitano Sully. Per l’abilità acquisita in ben qua- dente di tale portata e l’imme- val nazionale del Doppiaggio rantadue anni di volo, ormai trasformata in diato soccorso portato a termi- Voci nell’Ombra, a Savona dal 27 istinto, in intuizione e capacità di valutazione ne dai trecento tra i migliori al 29 ottobre scorso, con una di- a colpo d’occhio, il prode comandante riesce a uomini di New York, preposti a rezione perennemente attenta portare miracolosamente in salvo tutti i cen- questo tipo di operazione. Mol- ha dimostrato il suo lavoro accu- tocinquantacinque passeggeri e l’equipaggio tissimi personaggi e comparse: rato, per esempio, anche usando del volo US Airways 1549. Duecentotto secon- un miracolo di equilibrio voca- un parlato con cadenza indiana di per scegliere di atterrare sul fiume Hudson, le, senza esitazioni e sbavature, per il taxista con quella origine e dopo che i due motori dell’aereo, appena de- in un lungometraggio così affol- lasciando i sottotitoli sul parla- Rodolfo Bianchi. Targa Claudio collato, sono stati pregiudicati da stormi di lato nei momenti di maggiore to delle immagini originali tra- G. Fava alla carriera in occasione uccelli. Si assimila la narrazione per immagi- concitazione; difficili da moni- smesse durante i titoli di coda: della 17° edizione de il Festival ni assaporando le pieghe e le intensità del vol- torare. Se il volto e la bravura di consuetudine quando si utiliz- Nazionale del Doppiaggio to di un Tom Hanks dai capelli e baffi bianchi, Tom Hank, in una delle sue mi- zano le immagini di repertorio, dalla dignità che traspare da ogni occhiata, da gliori interpretazioni, di un’evidente intensi- di autentica testimonianza. Naturalmente si un’enfasi attoriale straordinaria, da qualsiasi tà, sono stati l’asse portante del film, le sfuma- è avvalso di ottimi tecnici come Francesca reazione e emozione che ci trasferisce con i ture dell’interpretazione di Angelo Maggi Rizzitiello, l’assistente al doppiaggio che avrà suoi occhi blu, rendendo Sully un “uomo stra- nell’edizione italiana sono stati assolutamen- affrontato una pianificazione dei turni com- ordinario nel suo essere normale”. Blu come te “collanti” a rendere la bravura dell’attore. plessa considerando il numero dei personaggi l’Hudson su cui è stato obbligato ad ammara- La voce tranquillizzante di Lorraine, la moglie e quindi dei doppiatori che recitano, del tec- re l’aereo supportato dal co-pilota Jeff, altret- di Sully, si contraddistingue per l’interpreta- nico di mixer Francesco Tumminello e del tec- tanto temerario, che non ha mai smesso di zione di una sempre eccellente interprete nico di doppiaggio Mario Frezza: un difficile avere fiducia nella capacità decisionale del Alessandra Korompay, come Roberta Pellini campo di battaglia di suoni, rumori, lamenti, suo amico collega. E anche il direttore di dop- che doppia una delle esponenti della commis- urla e richiami da sincronizzare. Sully è trat- piaggio Rodolfo Bianchi ha brillantemente di- sione di indagine che tentano di far affondare teggiato come un vero, nobile, coraggioso e retto il lavoro di squadra che è stato il dop- il super pilota con test di simulazione compu- premuroso comandante. Purtroppo nel no- piaggio; ha potuto contare sulla cura di Laser terizzata. Queste insinuazioni immergono il stro paese durante la visione del film, si cozza Digital Film e su un buon adattamento dialo- protagonista in un percorso interiore verso il quasi immediatamente, per contrapposizio- ghi di Valerio Piccolo. Quando Bianchi iniziò dubbio che lo conduce fino agli incubi, seppur ne e confronto, con i fatti e i ricordi di un disa- il lavoro sull’opera l’adattamento e i dialoghi certo di aver controllato ogni dettaglio, aver stro e di un antieroe dei nostri tempi; seppur avevano già ottenuto il consenso della produ- contato i superstiti, essersi accuratamente as- fosse il comandante di una nave da crociera. zione del film. I termini collegati al linguaggio sicurato che l’abitacolo del velivolo non avesse dell’aereonautica – comandi e azioni relativi al più nessuno a bordo, a costo di rischiare la vi- volo, alle procedure e ai comandi della cabina di ta. La squadra di voci italiane ha nel cast altri Tiziana Voarino

“Il bianco è il mare” 14x24. Penna su carta. 2016 di Giampiero Bazzu 48 [email protected] Mostre L’incubo delle arti nel sogno napoleonico Il museo universale. Dal sogno di Napoleone a Canova - Roma, Scuderie del Quirinale Venerdì 16 dicembre alle terme di Caracalla 2016 il ritorno sulla e prima opera che “fon- scena culturale italia- da” l’istituzione dei na di Scuderie del musei vaticani. Fra le Quirinale, con la mo- tante ruberie poi ci fu stra: “Il Museo Uni- un particolare accani- versale. Dal sogno di mento nel razziare Napoleone a Canova”, quasi tutta la produzio- una grande mostra ne di Raffaello, l’artista Giovanni Papi che racconta, duecen- più ambito, e poi nelle to anni dopo, la resti- mire dei ladri commis- tuzione di opere fondamentali dell’arte italia- sari ci furono i maestri na trafugate da Napoleone. La mostra, curata del colore: Tiziano, Ve- da Valter Curzi, Carolina Brook e Claudio Pa- ronese, Tintoretto e tan- risi Presicce, vuole rievocare l’avventuroso re- ti altri. Napoleone pen- cupero dei capolavori italiani dalla Francia sò di mascherare il dopo la Restaurazione. Tra il 1796 e il 1814 du- “furto italico” introdu- rante le campagne militari francesi, molte cendo nei trattati di delle più importanti opere delle collezioni ita- pace la clausola che liane sono state portate verso il nascente Mu- prevedeva, a titolo di riparazione, oltre a in- massimo scultore europeo dell’epoca, dato il seo del Louvre da Napoleone Bonaparte, che genti somme di danaro, anche la cessione di prestigio che godeva presso tutte le nazioni. nel 1805 a Milano, capitale del neonato Regno un buon numero di opere d’arte. Perciò dopo Grazie allo sforzo e al lavoro incessante di Ca- d’Italia si fece proclamare re con una solenne Waterloo i legittimi proprietari trovarono nova, qui in veste non solo di grande artista cerimonia nel Duomo. Con il Congresso ed esperto d’arte, ma anche di raffinato di Vienna lo Stato Pontificio e le molte diplomatico, prima di rientrare in Italia amministrazioni locali della Penisola, ot- andò a Londra a ringraziare Giorgio IV e tengono la restituzione di molte delle la Nazione che più di ogni altro aveva fa- opere razziate e quelle appartenenti allo vorito il recupero delle opere d’arte trafu- stato vaticano rientrano a Roma nella pri- gate. Al suo rientro alla fine di dicembre mavera del 1816. A seguito della prima del 1815 presenziò a Bologna all’apertura campagna d’Italia del 1796, al comando delle casse contenenti i dipinti emiliani: del generale Napoleone Bonaparte, il di- fra gli altri Carracci, Reni, Guercino, Do- rettorio inviò una commissione di artisti menichino e all’esposizione che seguì e scienziati per “selezionare” le migliori nella chiesa dello Spirito Santo ci fu un opere da razziare nel suolo italico. Negli vero e proprio bagno di folla. Mentre il anni che vanno dal 1796 al 1814 la Com- convoglio con le opere romane continua- missione di esperti francesi, guidata da va il suo viaggio verso la città eterna, che Dominique Vivant-Denon, (che era stato era stata quella più saccheggiata, dove nominato direttore generale nel 1802 del sarebbe giunto subito dopo. Così, il 4 Musée Central des Arts, ribattezzato da lì a gennaio 1816 il «Diario di Roma», il gior- poco Musée Napoleon che diventerà poi nale politico dello Stato Pontificio, scri- quello che conosciamo come museo del veva: “Giunsero in questa Capitale diversi Louvre) da diplomatico, scrittore e dise- carri contenenti vari dei migliori capi d’opera gnatore si trasforma quindi in vero e pro- in Pittura e Scultura, che con trasporto di giu- prio trafugatore e rapinatore, conoscen- bilo e per il Bene delle Arti, ritornano ad asso- do bene l’Italia dato che era vissuto tra ciarsi a questi Monumenti Romani, vale a di- Napoli, Firenze e Venezia. In queste città re a quel centro di riunione ch’è il solo capace come anche a Roma, Bologna, Ravenna e di formare gli Artisti e d’inspirar loro la subli- in tante altre regioni e città, la commis- mità de’ concetti. Questo avvenimento ha ecci- sione francese passa per anni al setaccio tato il più grande entusiasmo del Popolo Ro- musei, raccolte pubbliche e private, edifi- mano”. Nel mese di settembre giunsero a ci sacri, conventi, ville e palazzi asportan- Laocoonte (calco), XIX secolo (?) Gesso, 205 x 158 x 105 cm. Città Civitavecchia su un battello inglese, par- do e arraffando quanto più poteva dalla del Vaticano, Musei Vaticani Provenienza: Calco realizzato nei Musei tito mesi prima da Anversa, altre 52 casse penisola. Le scelte si orientavano verso Vaticani. contenenti capolavori e “… tutti gli artisti e capolavori dell’antichità e del Rinascimento, ostacoli insuperabili per tornarne in possesso. un gran numero di amatori delle Arti andarono a lavori della tradizione accademica, che la sto- Nel nostro paese che letteralmente venne sac- incontrare a miglia di distanza questi preziosi mo- riografia già riconosceva come fondamentali cheggiato, soltanto fra i dipinti ne vennero “re- delli dell’Arte”. Il sogno napoleonico con la Re- della cultura figurativa occidentale. Così furo- quisiti” 506, tutti capolavori infiniti di cui la metà staurazione si era infranto e l’incubo delle arti no portate via sculture come L’Apollo del Bel- soltanto venne restituita. In particolare per re- in Italia e in Europa era cessato. Rimane l’a- vedere, che Wilckelman aveva fissato come cuperare le opere sottratte alla capitale ponti- maro delle molte opere non rientrate e la ferita canone del bello ideale, e il Laocoonte, meravi- ficia, prelevate dai francesi a seguito del trat- storica ancora aperta della razzia di opere d’arte gliosa scultura dell’antichità e capolavoro del di- tato di Tolentino 1797, venne nominato da Pio come “bottino di guerra”. (D’altronde più di un namismo plastico ritrovata nel Rinascimento VII commissario straordinario Antonio Canova, segue a pag. successiva 49 n. 46

segue da pag. precedente Cinema e letteratura in giallo secolo dopo i nazisti non fecero lo stesso?) Em- blema di questa ferita ne è il Lacoonte, massi- ma rappresentazione del pathos della soffe- Rapina a mano armata di Stanley Kubrick renza del mondo antico, che al suo rientro, (1956) 83’ quando la cassa accidentalmente cadde a ter- ra, la scultura si spezzò in due. Venne restau- Cast: Sterling Hayden, Timothy Carey, Coleen Gray, Elisha rata ma quella ferita che ne attraversa il corpo è ancora lì simbolo evidente. Molte opere d’ar- Cook, Marie Windsor, Vince Edwards te fra le più famose ripresero quindi la via del Incuriositi da un breve di Kurosawa. Una pellicola importante questa ritorno e non poteva essere altrimenti (anche cammeo dedicato in di Kubrick, una sorta di primogenitura per al- se Luigi decimo ottavo, non disdegnava affatto una trasmissione tele- tri registi, da elogiare la struttura a incastri che fossero rimaste al Louvre e puntava sem- visiva a “Rapina a mano con una sorta di voce narrante che descrive le armata” (The Killing) di origini della banda, i preparativi, ma com- Stanley Kubrick abbia- menta anche perché si può rimanere sconfitti, mo deciso di rivederlo. dando il giusto peso in ogni evento al Caso. Ci Johnny Clay (Sterling troviamo di fronte a una gangster-story abba- Giuseppe Previti Hayden) è appena stanza classica se si pensa ai progetti di rapina uscito dal carcere e su- e al fallimento finale ma certamente è innova- bito progetta di rapinare la cassaforte dell’ip- tivo il modo di raccontare. Intanto dei perso- podromo dove vengono raccolti i fondi prove- naggi non sappiamo niente se non in funzio- nienti dalle scommesse. Organizza il colpo ne del loro ruolo nella realizzazione del colpo, formando una banda non di gente dedita usual- solo quando qualcosa interferisce con la rapi- mente al crimine ma piuttosto di gente o spinta na veniamo a conoscerli come uomini, vedi il dal bisogno o non contenta della propria vita. rapporto tra il cassiere e la moglie infedele. Formeranno la banda un cassiere dell’ippo- Ma Kubrick, ce lo ricorda la voce fuori campo, dromo soggiogato da una moglie avida e am- ha studiato tutto come un mosaico o un puzz- biziosa, un poliziotto pieno di debiti, il barista le da costruire, i vari pezzi devono incastrarsi dell’ippodromo che ha bisogno di soldi per far l’un l’altro, se non funziona sarà la fine per curare la moglie malata, un vecchio allibratore tutti. Manca anche il ricorso alla suspense, alcolizzato, con ancora un ex pugile e un tira- sappiamo subito che la moglie di George li tra- tore. La rapina riesce pur se il tiratore viene dirà e anche dalla sua entrata in scena si capi- abbattuto da un poliziotto. Johnny porta via i sce che il cagnolino avrà un ruolo malefico. soldi e si reca dove convenuto con il resto della Ma il vero exploit del regista è nel come tesse il banda. Ma la perfida moglie del cassiere ha av- racconto: noi conosciamo i membri del grup- vertito il suo amante che con un complice cer- po ricostruendo i vari eventi, il giorno della ra- Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e ca di impossessarsi del malloppo. Ci sarà una pina è narrato e rinarrato seguendo ognuno Luigi de’ Rossi. 1518-1519, olio su tavola, 154x118 cm, sparatoria e tutti muoiono salvo il cassiere che dei rapinatori dal primo mattino all’effettua- Firenze, Uffizi Raffaello Sanzio si vendicherà della moglie uccidendola. John- zione della rapina, tutto viene inesorabilmen- ny quando arriva al luogo convenuto capisce te ripetuto, ad esempio la stessa frase detta pre i piedi con l’ambasciatore Canova) ma è ve- che tutto è andato storto e allora fugge con la dall’altoparlante è ascoltata più volte ma le ro anche che molte, tantissime opere, conside- fidanzata recandosi all’aeroporto, ma qui un prospettive mutano secondo chi racconta la rate “minori” cioè a dire fondamentali per fatale imprevisto, un cagnolino taglia la stra- propria giornata. Un film fortemente caratte- l’arte e la storia italiana, rimasero in Francia e da al trenino che sta portando i ba- non tornarono più. Non è assolutamente vero gagli all’aereo, le valigie si rovescia- che l’80 per cento delle opere, come viene detto no, quella di Johnny si apre e tutti i nei comunicati, sono state restituite. Emble- dollari si disperdono per la pista... ma di questa spoliazione è l’episodio, molto Kubrik ha girato questo film ( il suo poco noto, di quei funzionari appartenenti alla terzo) appena ventottenne, pren- commissione francese che quando in Vatica- dendo spunto da un libro giallo di no, oltre alle tante opere depredate, si trovaro- Lionel White (Clean Break) e co- no di fronte al “medagliere pontificio” (una delle struendo una perfetta macchina massime raccolte del genere che contemplava sia per contenuti che per realizza- anche capolavori e ritratti in miniatura realiz- zione cinematografica, elevando il zati da artisti del Rinascimento fino a quelli genere noir nella considerazione del Barocco ed oltre) si rifiutarono di fare l’in- generale. E’ un film da citare ad ventario delle 3 mila (forse 4 mila) opere pre- esempio perché altri si ispireranno senti nella collezione e ne segnarono soltanto a soggetti dove si evidenzia come si organizza rizzato, tutti ottimi gli attori, certo spicca an- simbolicamente il numero. Al momento una rapina dalla scelta dei componenti la ban- cora una volta Sterling Hayden, che via via de- dell’attesa “restituzione” del medagliere al dele- da all’attuazione pratica. In Italia in una versio- ve prendere conto della sconfitta. E da gato pontificio venne consegnato semplice- ne più comica potremmo ricordare “I soliti igno- ricordare pure George Patty, l’impiegato di- mente un sacchetto di monetine da 1 franco e ti” di Monicelli, mentre negli anni ‘90 un grosso sprezzato dalla moglie, che mentre Johnny si il numero era lo stesso delle opere definitiva- tributo a questo genere nel genere lo diede Ta- rassegna al fallimento del loro sogno, lui ri- mente rubate ancora di nuovo. rantino con “Le iene”. Kubrick ha fatto molto scatta anni di umiliazioni vendicando tutti e ricorso ai flash-back “sincronici” illustrando immolandosi per loro. Un grande film di un da diverse angolazioni diverse scene impor- già grande regista. tanti alla comprensione del film. Scene - mo strate e narrate da vari punti di vista sullo stes- Giovanni Papi so accaduto, qualcosa di simile era in “Rashomon” Giuseppe Previti 50 [email protected] Cinema e psicanalisi La paura O è il male ciò di cui abbiamo paura, o il male è che abbiamo paura. (Agostino d’Ippona) Ci sono luoghi della mi desse/ La vista, che mi apparve, d’un leone. Que- attenzione non giudicante vivere il “sentire mente dove il tempo sta (la lupa) mi porse tanto di gravezza/ Con la emozionale” non come limite ma come risor- sembra sospeso, fer- paura che uscia di sua vista! Ch’io perdei la speran- sa di mutamento. In una recente intervista al mo come i punti che za dell’altezza. Le persone che soffrono di at- sociologo Z. Baumann, D. Casati scrive: […] attraversano una li- tacchi di panico o d’ansia, vivono in costante Attenzione: quello di società dominate dalla paura nea. La paura rappre- ascolto dei loro sintomi ed entrano veloce- non è affatto un destino predeterminato, né inevita- senta uno di questi mente in allarme al primo “segnale”. Questo bile. Le promesse dei demagoghi fanno presa, ma punti e forse è una meccanismo genera un automatismo psicolo- hanno anche, per fortuna, vita breve.[…] A quel pun- delle emozioni più an- gico che blocca la persona in una spirale di os- to potremmo risvegliarci, e sviluppare gli anticorpi Massimo Esposito tiche e radicate nell’a- sessione e paura. In senso figurato si viene contro le sirene di arringatori e arruffapopolo che nimo umano. Da mil- colpiti dallo sguardo di medusa che rende im- tentano di conquistarsi capitale politico con la pau- lenni è stata trasportata fino ai nostri giorni mobili. L’emozione della paura può anche es- ra, portandoci fuori strada. Il timore è che, prima che da miti, leggende, fiabe (e film) accompa- sere richiamata da un semplice ricordo alte- questi anticorpi vengano sviluppati, saranno in mol-

gnando la vita: paura del futuro, delle guerre, rando senza controllo e nel presente: respiro, ti a vedere sprecate le proprie vite. (Corriere della se- delle malattie, di decidere e paura di cambia- battito cardiaco e molte altre funzioni biologi- ra 25/07/16) re. Paure personali e paure collettive; la paura che. Alle origini della cultura occidentale, Epi- Testimonianze da film: Un sogno per domani, il ha sempre un oggetto reale o immaginario, ed curo, spese buona parte della sua filosofia pro- bambino Trevor “[…] Ma credo che sia difficile, è comunque una reazione di difesa molto ve- prio sul tentativo di educare la paura; far per certa gente, che è abituata alle cose così come so- loce che non richiede riflessioni. L’angoscia, superare all’uomo le paure più profonde (Pau- no, anche se sono brutte, cambiare e le persone si ar- in aggiunta, (sensazione soggettiva, quasi ra del divino e della morte) affinché potesse rendono e, quando lo fanno poi tutti, tutti ci perdo- mai collettiva) si ha:“quando l’essere si sente mi- vivere libero. E nei secoli a seguire molti altri no!” nacciato nella sua esistenza senza saperne bene le La forza del campione, Socrate “Le persone non cause e senza poter provvedere ai rimedi”. La paura sono chi pensano di essere. Lo credono sola- è comunque una risorsa preziosa, ti mantiene mente - Non sarai mai migliore degli altri, ma ne- in vita! L’angoscia, tuttavia, è un limite dell’e- anche peggio di loro”. sistenza umana. Nel film L’ultimo lupo di Je- La paura ha bisogno di una educazione. Tor- an-Jacques Annaud, c’è una scena dove è mo- nando al film L’ultimo lupo, il giovane Chen strato il fenomeno della paura attraverso gli utilizza la risorsa della calma e della memoria: sguardi: del giovane studente, gli occhi del ca- un vecchio pastore gli aveva raccontato che i vallo e quello dei lupi. C’è l’emozione del gio- lupi se colti di sorpresa si spaventano con ru- vane Chen, lo sguardo atterrito dalla paura che mori metallici. Si salva! Per chiudere da dove si riflette nelle pupille del lupo (bellissimi pri- sono partito, cinque risorse contro la paura: mi piani) che spiegano in una breve scena di Curiosità, Speranza, Azione, Coraggio, Sorriso. La tensione emotiva, “la paura che guarda la pau- sesta? Ciascuno di noi può creare la sesta ri- ra”. Il rapporto arcaico tra uomo e natura – sorsa. uomo e animale. La paura è un elemento psi- filosofi (Kierkegaard, Jasper, Heidegger) han- Massimo Esposito cologico molto importante anche nella nostra no indagato su queste emozioni lasciando nu- letteratura. Nel primo Canto dell’Inferno, la merose riflessioni poi riprese anche in ambito www.youtu.be/MbM7LbzKOrA paura è definita turbamento, una momenta- psichiatrico. Paura di vivere, paura di cambia- Filmografia di riferimento: L’ultimo lupo, di Jean-Jacques nea perdita di coscienza provocata dalla visio- re. Si può dire che è lo stato naturale di una vi- Annaud –Un sogno per domani, di Mimi Leder – La forza ne di qualcosa di minaccioso come alcuni ani- ta comune. Si rimane bloccati per mancanza del campione, di Victor Salva. mali feroci: Ahi quanto a dir qual era é cosa dura/ di coraggio o per non mettere a rischio le po- Bibliografia di riferimento: Jean-Paul Sartre, La nausea Questa selva selvaggia ed aspra e forte/ Che nel che certezze ottenute. Staccarsi dalla paura, – Bruno Segre, Il concetto dell’angoscia- Martin Heideg- pensier rinnova la paura! Ma non si che paura non allontanarsi, mettere in luce la fragilità con ger, Essere e Tempo - ZygmuntBauman, Paura liquida. 51 n. 46 I grandi amori del cinema Il cinema degli anni a pochi passi dal Colosseo. Lei aveva 25 anni d’oro di Hollywood ci ed era bellissima, lui aveva 32 anni ed era bel- ha proposto celebri lissimo; bellissimo il matrimonio e bellissimo storie d’amore: passio- il vestito della sposa, realizzato appositamente nali come quella di dalle sorelle Fontana e costato la favolosa cifra Rhett-Clark Gable e di 700.000 lire. Sembrava una magnifica favo- Rossella- la ma l’amore durò poco, sei anni dopo aveva- in Via col vento; im- no già avviato le pratiche del divorzio. Il 15 possibili come per Ri- dicembre del 1958, meno di dieci anni dopo ck-Bogart e Ilse-Berg- quel matrimonio leggendario, la favola si tra- Andrea David Quinzi man in Casablanca; romantiche come in Richard Burton e Elizabeth Taylor La vita è meravigliosa per George-James Stewart e Mary-; o impossibili e del loro amore. Lei dovette affrontare la rabbia romantiche come quella tra il giornalista Gre- del marito e lui quella ben più temibile della gory Peck e la principessa Audrey Hepburn in Magnani, dovettero superare lo scandalo che il Vacanze romane. Ma si sa, la realtà spesso su- loro rapporto scatenò nella puritana Hollywo- pera la fantasia, e le storie d’amore più travol- od e nella cattolica società italiana, ma nulla li genti del cinema sono state quelle vere vissute fermò. Si amarono, ebbero tre figli, ed infine dalle più celebri star. Era il 1943 quando il re- riuscirono anche a sposarsi. Ma poi il fuoco si gista Howard Hawks chiese ad Humphrey Bo- spense… lui la voleva solo per sé e per i suoi gart, protagonista del suo nuovo film Acque film, e lei iniziava a sentire nostalgia per Hol- del sud, di scegliere tra le candidate l’attrice Ingrid Bergman e Roberto Rossellini lywood. Nel 1956 il matrimonio era finito, e che avrebbe dovuto fargli da co-protagonista. poco dopo entrambi si risposarono. Sarebbe Bogart vide una splendida ragazza ebrea di 19 sformò in tragedia e morì in impossibile terminare questa breve rassegna anni, , e tra i due fu amore a pri- Spagna, mentre era impegnato nelle riprese di dei grandi amori del cinema senza ricordare ma vista. Si dice che quando lui andò a trovar- un film. In quegli stessi anni un’altra storia quello più famoso, più tempestoso e più foto- la nel camerino la Bacall gli disse: “Se mi vuoi d’amore, ben diversa per atmosfere e passio- grafato di tutti: quello tra Liz Taylor e Richard non hai che da fare un fischio. Sai fischiare, nalità, unì l’attrice svedese Ingrid Bergman al Burton. Il talentuoso attore gallese figlio di mi- no?”. Chissà se è vero, ma questa divenne una regista italiano Roberto Rossellini. Era il 1948, natori, e l’ex bambina prodigio figlia di uno Rossellini aveva già diretto alcuni dei suoi ca- storico americano, si conobbero a Roma nel polavori quando ricevette una lettera dalla 1961 sul set del film Cleopatra, il più costoso Bergman, che a Hollywood era diventata fa- della storia del cinema: “Concepito nell’iste- mosa con i filmCasablanca e Per chi suona la ria, girato nel disordine e montato nel pani- campana, e aveva vinto un Oscar come mi- co”, come disse lo stesso regista Joseph Man- glior attrice per Angoscia, di George Cukor. kiewicz. Anche Richard e Liz erano entrambi “Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film sposati (lei era addirittura già al suo quarto Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati matrimonio), ma anche loro caddero uno tra le moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svede- braccia dell’altro e, sfidando lo scandalo, i pet- se che parla inglese molto bene e in italiano sa tegolezzi e i paparazzi, ottenuti i rispettivi di- dire solo ‘ti amo’, sono pronta a venire in Ita- vorzi si sposarono nel 1964. Il loro rapporto fu lia per lavorare con lei”. Rossellini, sposato definito selvaggio, ma chissà quante furono le Humphrey Bogart e Lauren Bacall leggende messe in circolazione ad arte dai giornali. Certo fu una relazione segnata da delle più celebri battute della storia del cinema molti eccessi, a cominciare dai regali che Bur- dopo che la Bacall la pronunciò in Acque del ton fece alla sua Liz, come quel diamante da Sud. Sebbene avessero 25 anni di differenza e 69 carati che ancora oggi porta il loro nome: il lui fosse già al terzo matrimonio nel 1945 si Taylor-Burton Diamond. Furono per anni al sposarono e insieme girarono altri tre film. centro della cronaca mondana: tutti sapevano Vennero spesso in Italia, prediligendo città ro- dove andavano, cosa facevano e quando litiga- mantiche come Venezia, Portofino, Ravello. vano. I paparazzi li seguivano continuamente Le malelingue di Hollywood parlarono di un e loro, volenti o nolenti, si lasciavano fotogra- matrimonio di interesse tra il vecchio attore fa- fare. Nel giugno del 1974 divorziarono, ma, moso e la giovane attrice che, grazie a lui, era anche in questa occasione, riuscirono a stupire uscita dall’anonimato, ma la Bacall gli fu ac- tutti e, pochi mesi dopo, nell’ottobre del 1975, canto fino alla morte, avvenuta nel gennaio del Linda Christian e Tyrone Power si risposarono, per poi rilasciarsi definitiva- 1957 per un cancro dovuto alle troppe sigarette dal 1936 con la scenografa Marcella de Mar- mente l’anno successivo. Perché se c’è un ele- fumate. Poi lei si risposò ma il ricordo di Bo- chis, all’epoca aveva una relazione con l’attri- mento che sembra collegare tutti i grandi amo- gart rimase indelebile, tanto che cercò di con- ce Anna Magnani. Anche la Bergman era spo- ri del cinema è proprio quello che diceva tinuare a parlare con lui attraverso una me- sata, dal 1937, e suo marito aveva più volte Ovidio duemila anni fa: “Né con te posso vive- dium. L’Italia fece da sfondo a molti amori chiuso occhi e orecchie alle voci che parlavano re, né senza di te”. delle star americane all’epoca in cui Roma era di flirt della moglie con l’attore Gregory Peck la Hollywood sul Tevere. Il 27 gennaio del o con il fotografo Robert Capa. Anche per Ro- 1949 proprio la Città eterna fu lo scenario di berto e Ingrid fu amore a prima vista. Andaro- quello che fu definito il matrimonio del secolo, no nella sperduta isola di Stromboli, nel sud quello tra Linda Christian e Tyrone Power. Si spo- del Mar Tirreno, per girare l’omonimo film, e le sarono nella Chiesa di Santa Francesca Romana, esplosioni del vulcano furono pari all’esplodere Andrea David Quinzi 52 [email protected] E’ uscito Cinemasessanta n. 327 gennaio/marzo 2016 - anno 2016, pp. 96, €. 7,50 Edizioni Città del Sole sas collana: CINEMASESSANTA Direttore: Mino Argentieri

Sommario EDITORIALE La fiera della menzogna, Mino Argentieri PRIMAFILA “La corte” di Christian Vincent. Ritratto di un magistrato in pubblico e privato, Roberto Chiesi “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi. L’epopea Lampedusa, Sauro Borelli La voce disumana, Federico Govoni “Le confessioni” di Roberto Andò. Il potere in- franto del silenzio, Sauro Borelli Nel buio della coscienza, Federico Govoni ANGOLAZIONI Il mercato nel 2015, Umberto Rossi Pannella e il cinema, Gianfranco Cercone L’anomalo Kaufman, Claudio Bertieri Sguardi documentari alla Questione Meridio- nale nell’ultimo ventennio, Mariangela Pal- mieri Il Louvre di Francofonia, Tommaso Casini Umberto Eco. Pensavate che ignorasse il tea- tro?, Angelo Pizzuto Leonardo De Mitri, onesto artigiano degli an- ni Cinquanta, Rossella Melchionna DIARIO DI UNO SPETTATORE 99 Homes..., Giancarlo Sepe CINEMAETEATRO L’avversario vive in noi, Angelo Pizzuto Preferiamo vivere, Angelo Pizzuto OCCHIOCRITICO Julieta, Gianfranco Cercone La foresta dei sogni, Renzo Gilodi Perfetti sconosciuti, Rosaria Capozzo Lo Stato contro Fritz Bauer, Sauro Borelli La comune, Renzo Gilodi Mistress America, Roberto Farina Un bacio, Federico Govoni Brooklyn, Sauro Borelli La macchinazione, Gianfranco Cercone Veloce come il vento, Sauro Borelli The hateful eight, Roberto Farina Lea, Gianfranco Cercone Muhammad Alì’s greatest fight, Mino Argen- tieri MISCELLANEA Ave, Cesare, Franco La Magna Steve Jobs, Franco La Magna Remember, Franco La Magna Cinemasessanta CONTROVIDEO Rivista fondata nel 1960 da Mino Argentieri, Tommaso Chiaretti, Spartaco Cilento , Lorenzo di Monitor Quagletti, Giovanni Vento INDICATORE LIBRARIO Redazione a cura della Biblioteca Umberto Barbaro, via Romanello da Forlì, 30 – 00176 Roma a cura di Angelo Salvatori Realizzata con il contributo della FICC – Federazione Italiana Circoli del Cinema [email protected] [email protected]

53 n. 46 Concerto per Mario Paolinelli Lo scorso 5 Concerto per Mario ci ha commosso: Mario dicembre ab- era non solo il grande autore e professioni- biamo voluto sta che tutti conosciamo, ma anche un gran- ricordare de uomo, una persona gentile e buona che Mario, a tre ha lasciato, insieme ad un profondo dolore, mesi dalla anche una preziosa eredità di amore. scomparsa, dedicandogli Arlem Cuatro: Elisabetta Di Fortunato, Valeria un concerto. Vitaterna, Alessio Fumagalli, Daniel Cicero Qualche an- no fa aveva- Alla fine di novembre saranno tre mesi che Mario ci ha lasciati. Il concerto al Teatro Marconi (foto di Costanza Cicero) Vogliamo ricordarlo e rendergli omaggio con un concerto dedicato a lui, Mario Paolinelli mo chiesto a insieme agli amici e a tutti quelli che lo hanno amato. Mario ed Ele- testi: da allora abbiamo sempre eseguito i Arlem Cuatro onora di scrivere alcuni testi che spiegassero concerti con l’accompagnamento delle voci concerto per Mario Teatro Marconi al pubblico il tipo di musica che proponiamo. narranti. Una bellissima esperienza per noi, lunedì 5 dicembre, ore 19 Hanno risposto con tale entusiasmo e profes- per loro e per il pubblico. La grande partecipa- Il Teatro Marconi è in viale Marconi 698E, vicino alla fermata della metropolitana Marconi. Si può usare il parcheggio, molto grande, nel cortile dell'Istituto Sant'Anna. sionalità da indurci a coinvolgerli nelle no- zione, manifestazione di affetto e amicizia, che Anche il teatro è grande: non serve prenotare e potete venire con chi volete. stre esibizioni leggendo personalmente i loro abbiamo sentito per tutta la durata del

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