I princcosti

XVII legislatura

Partecipazione alla 69a Assemblea Generale dell'ONU

(New York, 22-26 settembre 2014)

settembre 2014

Senato della Repubblica Camera dei deputati n. 166/II n. 135/II

Servizi responsabili:

Senato della Repubblica SERVIZIO STUDI – Ufficio ricerche nel settore della politica estera e della difesa  066706-2629-2180 -  [email protected]

Camera dei Deputati SERVIZIO STUDI – Dipartimento Affari esteri  066760-4939 -  [email protected]

I dossier dei Servizi studi del Senato e della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Il Senato e la Camera declinano ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

XVII legislatura

Partecipazione alla 69a Assemblea Generale dell'ONU

(New York, 22-26 settembre 2014)

settembre 2014

Senato della Repubblica Camera dei deputati n. 166/II n. 135/II

Classificazione Teseo: Organizzazioni internazionali. Stati esteri

I N D I C E

VOLUME I

FOCUS TEMATICI E GEOPOLITICI

IL PROCESSO DI RIFORMA DELLE NAZIONI UNITE (a cura del Servizio studi della Camera) ...... 11 LE INIZIATIVE INTERNAZIONALI PER LA MORATORIA SULLA PENA DI MORTE (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 17 GLI SVILUPPI DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE: CRONOLOGIA DEGLI ULTIMI AVVENIMENTI (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 23 I PIÙ RECENTI SVILUPPI DELLA CRISI SIRIANA (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 43 L’EVOLUZIONE DELLA CRISI IN IRAQ DOPO IL RITIRO AMERICANO: CRONOLOGIA (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 51 IRAN: RECENTI SVILUPPI DEL QUADRO POLITICO (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 67 L'EVOLUZIONE DELLA CRISI IN SOMALIA (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 71 L'EVOLUZIONE DELLA CRISI IN LIBIA (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 81 AGENDA DI SVILUPPO POST 2015 E L'ACCORDO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI (approfondimento a cura del CeSPI per l'Osservatorio di politica internazionale) - ED. PROVVISORIA ...... 89 L'ATTIVITÀ DEL COMITATO AGENDA POST 2015, COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati) ...... 119

ORGANI E AGENZIE DELLE NAZIONI UNITE

UNDP (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 127 UNDESA (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 129 IL DEPARTMENT OF POLITICAL AFFAIRS (DPA) (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 131 IL DEPARTMENT FOR PEACEKEEPING OPERATIONS (DPKO) (a cura del Servizio Studi della Camera) ...... 133 IL RAPPRESENTANTE SPECIALE DEL SEGRETARIO DELLE NAZIONI UNITE PER LA SOMALIA (MISSIONE UNSOM) (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 135

IL RAPPRESENTANTE SPECIALE DEL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE PER L'AFGHANISTAN (MISSIONE UNAMA) (a cura del Servizio Studi del Senato) ...... 137

VOLUME II

SCHEDE PAESE DEL MAE PER INCONTRI BILATERALI

SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SULL'EGITTO (a cura del MAE) ...... 143 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SUL GIAPPONE (a cura del MAE)...... 177 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SULL'INDIA (a cura del MAE)...... 189 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SUL PAKISTAN (a cura del MAE) ....211 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SULLA RUSSIA (a cura del MAE)...... 235 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SULLA (a cura del MAE) ....245 SCHEDA PAESE POLITICO-ISTITUZIONALE SULL'IRAN (a cura del MAE) ...... 257 VOLUME II

SCHEDE PAESE DEL MAE PER INCONTRI BILATERALI

SCHEDA PAESE

Repubblica Araba d’Egitto

143 INDICE

CENNI STORICI ...... 3 STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE...... 4 POLITICA INTERNA...... 5 POLITICA ESTERA ...... 8 Relazioni con l’Unione Europea...... 10 SITUAZIONE ECONOMICA...... 11 Quadro Macroeconomico ...... 11 Politica Economica ...... 12 Settore energetico ...... 14 Settore delle Infrastrutture ...... 15 Relazioni economiche e commerciali con i Paesi terzi...... 16 Rapporti con Organizzazioni Finanziarie Internazionali ...... 17 Principali indicatori macroeconomici ...... 17 RAPPORTI BILATERALI...... 18 Relazioni Politiche...... 18 Relazioni economiche e commerciali...... 19 Investimenti...... 20 Criticità e Contenziosi commerciali ...... 23 Cooperazione in ambito di sicurezza...... 26 Relazioni culturali, scientifiche e tecnologiche...... 28 Cooperazione allo Sviluppo...... 31 Visite istituzionali ...... 33

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144 CENNI STORICI Nel 1922 i britannici concedono l’indipendenza all’Egitto riservandosi il controllo sul Canale di Suez e nel 1947 inizia il definitivo ritiro delle truppe inglesi dal Paese. L’anno seguente l’Egitto prende parte al Primo conflitto arabo-israeliano, conclusosi con una sostanziale vittoria israeliana e l’annessione della Striscia di Gaza da parte egiziana e della Cisgiordania da parte giordana. Dopo la rivoluzione degli ufficiali del 1952, che costrinse Re Farouk all’esilio, il Generale Nasser assume la guida del Paese: la pianificazione economica e la nazionalizzazione delle banche commerciali e del Canale di Suez sono i caratteri della sua politica. In quegli anni l’Egitto assume la leadership del mondo arabo, rafforzato dal fallimento dell’operazione militare anglo-francese nella zona del Canale (1956). La successiva partecipazione al conflitto arabo- israeliano del 1967 segna, tuttavia, una pesante sconfitta per Nasser, che perde il controllo della Striscia di Gaza e del Sinai. A Nasser succede il suo Vice-Presidente Sadat. Nonostante la sconfitta militare della guerra del Kippur nel 1973, l’Egitto recupera credibilità e prestigio internazionale e Sadat inaugura un periodo di liberalizzazione politica ed apertura all’economia di mercato globale. In politica estera, l’azione di Sadat è volta a normalizzare le relazioni con gli USA e, nonostante le critiche dei Paesi arabi, nel 1977 intraprende una storica visita in Israele per rivitalizzare il processo di pace. Con il summit di Camp David, nel settembre 1978, viene stipulato un trattato di pace tra Egitto ed Israele in base al quale Israele si impegna a restituire la penisola del Sinai all'Egitto, mentre quest'ultimo riconosce lo Stato di Israele. L’assassinio del presidente Sadat (ottobre del 1981) da parte di un esponente del gruppo Al-Jihad, islamisti radicali contrari al processo di pace, apre le porte alla successione di Hosni Mubarak, appartenente all’oligarchia degli Ufficiali delle Forze Armate egiziane, come i suoi predecessori. Mubarak sposa da subito una linea di continuità con la politica di Sadat, ovvero di rinuncia al panarabismo nazionalista e socialista di Nasser, per condurre una politica filo-occidentale e vicina agli Stati Uniti. Con la nuova leadership, l’Egitto riacquista centralità nel mondo arabo, persa dopo Camp David. Il Paese è riammesso nella Lega Araba nel 1989 e l’anno successivo svolge un importante ruolo nella crisi del Golfo nella formazione della coalizione araba contro Saddam Hussein. Negli anni ’90, attentati e violenze verso i turisti, come quello di Luxor del 1997, danneggiano economicamente il Paese. Il 25 gennaio 2011 gli effetti della “primavera araba” travolgono anche l’Egitto costringendo Mubarak alle dimissioni ed aprendo la transizione che condurrà all’elezione di Mohamed Morsi nel giugno del 2012.

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145 STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE

Struttura istituzionale e dati di base Superficie: 997.739 Kmq, di cui soltanto il 5% è abitata e coltivata

Capitale: Il Cairo (18.440.076 abitanti)

Principali città: Alessandria (4.123.869 ab.) – Porto Said (570.603 ab.) – Suez (512.135 ab.)

Nome Ufficiale: Repubblica Araba d’Egitto

Forma di Governo: Repubblica presidenziale

Capo dello Stato: Abdel Fattah Al Sisi (da giugno 2014)

Capo del Governo: Ibrahim Mahleb (da febbraio 2014)

Ministro degli Esteri: Nabil Fahmy

Sistema legislativo: Unicamerale

Sistema legale:

Partecipazione a OrganizzazioniABEDA, ACC, ACCT, AfDB, AFESD, AL, AMF, BSEC Internazionali: (observer), CAEU, CCC, EBRD, ECA, ESCWA, FAO, G-15, G-19, G-24, G-77, IAEA, IBRD, ICAO, ICC, ICRM, IDA, IDB, IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO, Interpol, IOC, IOM, ISO, ITU, MFO, MINURSO, MONUC, NAM, OAPEC, OAS (observer), OIC, OSCE (partner), PCA, UN, UNAMSIL, UNCTAD, UNESCO, UNIDO, UNITAR, UNMIBH, UNMIK, UNMOP, UNOMIG, UNRWA, UNTAET, UPU, WFTU, WHO, WIPO, WMO, WTO, WTrO, Unione Africana (membership sospesa a seguito eventi luglio 2013 ma dovrebbe essere riattivata a breve dopio l’elezione del Presidente Sisi)

Popolazione ed indicatori sociali 83.600.000 (previsioni Economist Intelligence Unit, luglio Popolazione: 2014)

Tasso di crescita: 2%

Aspettativa di vita alla nascita: popolazione complessiva: 71,5 anni maschi: 69 anni femmine: 74 anni Gruppi etnici: Egiziani, Beduini e Berberi (99%); Greci, Nubi, Armeni ed Europei (1%)

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146 Religioni: Musulmani (prev. Sunniti) 87%; Cristiani Copti e altri 13%

Lingue: Arabo. Inglese e francese sono ampiamente conosciuti dai ceti più istruiti Partiti politici principali: El Wafd, Free Egyptians, Partito Socialista Democratico, Tagammu, El Wasat, Partito del Fronte Democratico, Partito Egitto Libertà, Al Asala, Building and Development, El Ghad ; El Nour (“La Luce”, partito salafita), Egitto Forte; Freedom and Justice (Fratelli Musulmani: formalmente il Partito e’ ancora in funzione ma il movimento dei FM di cui e’ espressione e’ stato dichiarato dal governo un’organizzazione terroristica nel dicembre 2013); Tamarrod (movimento giovanile promotore delle manifestazioni anti-Morsi e che si sta trasformando in partito politico). Nuove formazioni politiche e coalizioni si stanno formando in vista delle elezioni parlamentari previste nell’autunno 2014.

POLITICA INTERNA

SVILUPPI RECENTI

Dopo la destituzione del Presidente Morsi (Fratelli Musulmani) il 3 luglio 2013 (effetto delle contestazioni popolari e del successivo intervento delle Forze Armate), il processo politico in Egitto è attualmente guidato da una road map interinale articolata in tre tappe. 1) La prima si è completata nel gennaio 2014 ed ha visto l’approvazione di una nuova Costituzione (quella precedente, votata in epoca FM, era stata congelata dai Militari subito dopo la rimozione Morsi). La nuova Costituzione presenta elementi positivi di innovazione rispetto al testo del 2012. Il ruolo della Sharya, che il precedente articolo 219 ampliava, è tornato ad essere limitato a quanto prevede lo storico ed intoccabile articolo 2: Islam è la religione dello stato e la Sharya è la fonte principale del diritto. Inoltre, i poteri dei Militari restano molto ampi: autonomia di gestione e controllo del proprio budget, nomina del Ministro della Difesa, rapporto diretto con il Presidente della Repubblica (che, Morsi a parte, è sempre stato un militare). I diritti umani e le libertà fondamentali sono - sulla carta - riconosciute e tutelate. 2) La seconda è stata ultimata nel giugno 2014 con l’elezione del Presidente Abdel Fattah Al Sisi, Feldmaresciallo, ex Ministro della Difesa e promotore della stessa road map transitoria. Al Sisi ha vinto le elezioni con circa il 97% dei voti, travolgendo l’unico candidato avversario, il nasserista Hamdeen Sabbahi, ma con un’affluenza alle urne di circa il 47%. Le elezioni, oggetto

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147 anche di una missione di osservazione dell’UE, si sono svolte secondo modalità nel complesso soddisfacenti e “free” sul piano tecnico delle procedure, anche se in un contesto dove la schiacciante “pressione” mediatica pro-Sisi ed il sostegno dei tradizionali “poteri forti” in favore dell’ex Ministro della Difesa hanno inevitabilmente condizionato l’esito finale. 3) La terza tappa si svolgerà nell’autunno 2014, con le elezioni per la nuova Camera dei Deputati (la Costituzione 2014 prevede l’introduzione di un sistema unicamerale e cancella la Camera Alta consultiva). Non è stata ancora definita la data del voto, mentre è stata finalizzata (giugno 2014) la nuova legge elettorale (di carattere misto: 420 dei 540 deputati eletti verranno scelti attraverso un sistema uninominale; 120 saranno eletti attraverso un sistema di liste chiuse; infine 27 potranno essere nominati direttamente dal Presidente). L’elezione di Al Sisi ha aperto una nuova fase politica. Il Primo Ministro Mahleb, subito riconfermato da Sisi, è stato incaricato dal neo-Presidente di formare un nuovo Governo che ha prestato giuramento il 16 giugno. La compagine governativa è composta da 33 Ministri di cui 20 provenienti dal Governo Mahleb (che ha gestito gli ultimi mesi della transizione) e 13 di nuova nomina, tra cui i Ministri degli Esteri, l’Ambasciatore Samer Shoukry, e della Cooperazione internazionale, Nagla El Ehwany, economista dell’Università del Cairo. Confermati i dicasteri di Difesa, Interni, Finanze, Commercio e Industria e Petrolio. Si tratta di un esecutivo tecnocratico i cui membri provengono dalla struttura burocratica del Paese. Sotto il profilo sostanziale e di policy, pur non avendo pubblicato un programma elettorale, Sisi ha chiarito che le priorità della sua Presidenza, soprattutto nel breve periodo, saranno concentrate su due filoni principali: il ripristino della sicurezza e la lotta contro il terrorismo (in particolare in Sinai, dove operano anche gruppi di estremisti jihadisti/qaedisti e dove l’esercito ha avviato una massiccia azione di repressione dei traffici illeciti attraverso la chiusura dei tunnel verso Gaza) e il rilancio dell’economia. Sono attesi a tal fine ingenti investimenti pubblici, anche grazie a nuovi flussi di finanziamento dal Golfo Persico. Minori aspettative si rivolgono invece al tema dell’inclusione e del coinvolgimento dei movimenti politici di opposizione, specie di matrice islamista: Sisi non intende per il momento concedere aperture in tale direzione (del resto Morsi e tutta la leadership dei MB è ormai in carcere e sottoposta a svariati processi, per accuse che variano dallo spionaggio all’incitamento alla violenza). E’ del resto percepibile nell’opinione pubblica egiziana una diffusa aspirazione al ripristino dell’ordine pubblico ed al ritorno alla normalità dopo tre anni di turbolenze e caos ininterrotti (anche al prezzo di ridimensionare le aspettative in termini di rapida maturazione del processo democratico nel Paese).

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148 A fronte dell’avanzamento formale della road map politica, il Paese appare comunque ancora fortemente polarizzato. La rimozione di Morsi è stata seguita dalla dispersione violenta dei sit-in in cui i suoi sostenitori si erano concentrati (agosto 2014, con centinaia di vittime) e da un’ondata di arresti/condanne (anche alla pena capitale) che non solo ha decimato la leadership della Fratellanza, ma ha anche fortemente ridimensionato la struttura organizzativa e la capacità operativa del movimento. La contiguità/saldatura tra sostenitori dei Fratelli e movimenti terroristi – di cui le autorità rimangono convinte – ha indotto il governo egiziano a dichiarare anche la Fratellanza un’organizzazione terroristica e dunque fuori-legge. Al contrasto al terrorismo e all’azione di contenimento delle organizzazioni di stampo islamista (fanno eccezione i Salafiti del Nour, che continuano ad appoggiare Sisi) si è poi collegata una serie di misure contro esponenti dell’opposizione laica/liberale e della società civile. Rappresentanti del movimento 6 Aprile, attivisti per i diritti e le libertà e giornalisti, anche stranieri, sono stati arrestati e in alcuni casi condannati a pene detentive molto pesanti (15 anni appena comminati al blogger Alaa Abdel Fattah) per violazione della nuova contestata legge sulle manifestazioni ( che prevede l'obbligo di notifica preventiva alla polizia della convocazione di una manifestazione; limitazioni alla possibilità di manifestare in prossimità di palazzi istituzionali; nonché severe sanzioni e pene detentive per chi viola la legge). Rimane da vedere in quale misura tale irrigidimento continuerà anche a caratterizzare la Presidenza Sisi e se tale progressiva chiusura dello spazio politico e del dissenso potranno dimostrarsi caratteri sostenibili per un nuovo establishment che ha già visto ridursi l’estensione ed il grado di compattezza dei propri sostenitori. Box di Approfondimento n.1: Partiti Egiziani Il panorama dei partiti egiziani continua ad essere fluido. Le due forze politiche centrali in epoca Mubarak, una al governo (PND) e l’altra “all’opposizione” (Fratelli Musulmani), sono in questo momento formalmente collocati fuori dalla scena politica: il PND dissolto dopo la rivoluzione del 2011; i Fratelli Musulmani dichiarati organizzazione terroristica dopo la cacciata di Morsi e il loro partito Giustizia e Libertà ancora in funzione sulla carta sebbene tutti i suoi uffici siano stati chiusi e molti dei dirigenti siano in carcere. Gli altri partiti sono deboli e continuano ad avere scarsa presa sull’opinione pubblica: ciò vale sia per storici partiti della scena egiziana (l’antico partito liberale Wafd) sia per le formazioni/movimenti nati dopo la rivoluzione del 2011. In assenza di campagne elettorali (quella per le parlamentari non è ancora iniziata) la cartina di tornasole del posizionamento dei partiti egiziani è data per il momento dal grado di vicinanza al Presidente Sisi e ai nuovi assetti che egli esprime. Un ampio numero di partiti aderisce pienamente al “sistema-Sisi” (Wafd; Free Egyptians, fondato da Sawiris; La Conferenza, fondato da Amr Moussa, Tamarrod; movimento giovanile anti-Morsi trasformatosi in partito politico) e si sta orientando verso la formazione di una coalizione pro-Sisi con l’obiettivo di sostenere, nel nuovo Parlamento, l’azione del Presidente (a tale progetto sta lavorando per esempio Amr Moussa insieme all’ex Capo dell’intelligence Moura Muwafi).

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149 Altri partiti dell’area laica/liberale appaiono più scettici nei confronti del nuovo corso e del nuovo Presidente: dal partito socialdemocratico (che ha lasciato libertà di voto ai propri elettori alle recenti Presidenziali) al partito Al Dostour fondato da Al Baradei (che ha appoggiato formalmente Hamdeen Sabbahi, il candidato alternativo a Sisi). La loro consistenza numerica (al di là dell’indubbia autorevolezza di alcuni leader che hanno in precedenza occupato posizioni di Primo Ministro, Beblawi, e Vice Primo Ministro, Bahaa Eddin) resta tutta da verificare, specie alla luce della citata nuova legge elettorale che non favorisce il rafforzamento dei partiti e valorizza invece la presentazione di candidature individuali. Quanto al fronte islamista, il partito salafita Al Nour (protagonista di un notevole successo nel 2012, con oltre il 24% dei voti) è l’unico ad appoggiare Al Sisi e la road map, ma è ormai dubbia la sua effettiva capacità di mobilitazione e “presa” sul frammentato elettorato salafita (Al Nour aveva dato indicazioni di voto favorevoli a Sisi, ma l’elettorato salafita sembra invece avere ingrossato le fila dell’astensione alle recenti elezioni presidenziali). Esistono altre formazioni islamiste vicine ai Fratelli Musulmani (i salafiti di Al Watan, i “centristi” di Al Wasat) ma esse – già di piccole dimensioni e debole sostegno popolare – sono ulteriormente penalizzate dalla vicinanza ai FM (alcuni leader continuano ad essere in carcere e sotto processo). Altra formazione da segnalare è “Egitto forte”, guidato dall’ex FM ed ex candidato presidenziale Aboul Fotouh, e attestato su una posizione islamista moderata e contraria al nuovo establishment (ma distante anche dalla Fratellanza, da cui Aboul Fotouh si è allontanato in quanto da anni in forte polemica). In tale contesto, è verosimile ipotizzare che – come accaduto nelle precedenti due tappe della road map – l’elettorato riconducibile ai movimenti islamisti e ai Fratelli Musulmani possa confluire nell’opzione del boicottaggio/astensione, anche al fine di indebolire la legittimità del processo politico e delle nuove istituzioni che ne sono espressione.

POLITICA ESTERA Sul piano internazionale è in corso un forte riavvicinamento con gli Stati Uniti. Già prima dell’elezione di El Sisi erano stati organizzati incontri bilaterali ad alto livello: la visita di Fahmy e di Amr Moussa a Washington; la missione imprenditoriale statunitense al Cairo su mandato di Kerry per la ricerca di un'agenda positiva di cooperazione economica bilaterale; l’incontro tra Kerry ed il Direttore dell'intelligence Tohami. Inoltre, su impulso del Presidente Obama, gli USA hanno autorizzato la fornitura di 10 elicotteri “modello Apache” per sostenere le azioni antiterrorismo in Sinai. Alla nomina di El Sisi la Casa Bianca ha ufficialmente dichiarato di essere pronta a collaborare con il nuovo Presidente. Ad ulteriore conferma dell’importanza che gli Stati Uniti attribuiscono al partenariato strategico con l’Egitto, il SS Kerry si è recato al Cairo (13 settembre u.s.) a conclusione del suo tour mediorientale. In tale contesto, gli Stati Uniti hanno riconosciuto l’importante ruolo svolto dal Cairo nella lotta al terrorismo (in una prospettiva più ampia, comprendente tutte le organizzazioni di matrice islamista che oggi destabilizzano la regione – ivi incluse quelle operanti nel Sinai) e nel mantenimento dei delicati e complessi equilibri della regione.

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150 In corso anche il riavvicinamento con la Gran Bretagna, segnato da ultimo dalla recente visita di Fahmy a Londra dove con Hague ha trattato soprattutto su sicurezza interna e stabilità regionale, e dove ha incontrato i rappresentanti delle principali Società britanniche (Vodafone, Barclays, BP, Shell). L’Arabia Saudita, il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti sono i finanziatori delle esangui casse statali egiziane. Sebbene dipendente dall’aiuto economico saudita, la politica estera del Cairo non si conforma alla posizioni di Riad e mantiene autonomi margini di manovra, soprattutto in Medio Oriente e in Nord Africa. Nel quadrante medio-orientale, la crisi di Gaza rappresenta per l’Egitto un problema di sicurezza interno, per le sue ripercussioni sulla penisola del Sinai (dove da tempo il Governo egiziano combatte militarmente gruppi estremisti islamici). Le Autorità egiziane diffidano di Hamas perché è vicina ai Fratelli Musulmani. Il 26 agosto è stata annunciata una tregua illimitata proposta dall’Egitto ed effettiva a partire dalle 18 ora italiana (le 19 locali). Una valutazione sulle prospettive di tenuta del cessate il fuoco dipende dai negoziati tra le parti, che dovrebbero cominciare entro un mese dalla tregua. Tanto nella nostra ottica, quanto in quella egiziana, l’eventuale ed effettivo ruolo che verrà assunto a Gaza dal Presidente Abbas e dell’ANP sarà uno dei principali test, ma non l’unico, per stabilire se ci sarà stata una svolta o meno. Sul dossier siro-iracheno, l’Egitto (al pari dei Paesi arabi del Golfo) sostiene politicamente l’iniziativa statunitense mirante alla costituzione di una coalizione anti-ISIS. Il Cairo, tuttavia, sembra escludere una partecipazione diretta alle operazioni militari. Come sottolineato durante l’ultimo vertice anti-ISIS di Jeddah (11 settembre u.s.), l’Egitto – pur aderendo alla coalizione – ritiene necessario inquadrare la problematica in un’ottica regionale più ampia, includendo anche i movimenti dell’estremismo islamico operanti sia al suo interno (in Sinai, che il Cairo ritiene essere emanazione della Fratellanza Musulmana) sia in altri paesi, come la Libia. Sulla Libia, il Cairo sta coordinando le proprie posizioni con l’Italia per ribadire il sostegno all’integrità territoriale della Libia e all’Assemblea Parlamentare libica (attualmente a Tobruk). Per l’Egitto, anche la Libia rappresenta un problema di sicurezza interna per i possibili effetti di spillover della crisi – provenienti dalla Cirenaica e che potrebbero mettere sotto pressione i delicati equilibri politici interni egiziani - e per il grande numero di cittadini libici attualmente residenti in Egitto. L’Egitto ha anche rinnovato la propria attenzione verso il continente africano. In questo contesto si colloca la prima missione all’estero del Presidente Sisi al Vertice dell’Unione Africana di Malabo (dopo 11 mesi di sospensione dell'Egitto nell'Organismo), a seguito della quale si è recato in Sudan e in Algeria.

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151 Recentemente il Presidente Sisi si è recato anche a Mosca al fine di consolidare i rapporti politici ed economici con un partner tradizionale e una potenza chiave per il mantenimento degli equilibri nella regione.

Relazioni con l’Unione Europea L’UE è determinata a fornire pieno sostegno al processo di transizione democratica in Egitto fornendo adeguata assistenza sul piano economico, in stretto coordinamento con le Autorità locali e con gli altri attori internazionali. Bruxelles chiede al Cairo di perseguire una politica responsabile nello scenario regionale, nel rispetto degli Accordi internazionali esistenti, e di salvaguardare, sul piano interno, i principi dello stato di diritto. Nell’annuale “pacchetto PEV”, pubblicato il 27 marzo u.s., la Commissione e il SEAE hanno evidenziato per l’Egitto, così come per i Paesi del “Vicinato meridionale”, uno scenario fortemente condizionato da persistenti criticità ascrivibili all’evoluzione della situazione interna del paese nel corso del 2013. Con la dichiarazione emanata il 5 giugno u.s. a seguito dell’elezione del Presidente Al Sisi, il SEAE - secondo un approccio di lungo periodo ma nella salvaguardia dei principi che regolano la PEV – ha confermato l’impegno a lavorare con le nuove autorità egiziane per rafforzare le relazioni bilaterali a tutto campo (transizione democratica, riforme economiche, capacity building, sfide comuni a livello regionale), insistendo però sulle forti aspettative europee per un pieno rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, del ruolo della società civile e dello stato di diritto da parte del Cairo. L’Accordo di Associazione (AA) - firmato a Lussemburgo il 25 giugno 2001 ed in vigore dal 2004 – ha introdotto fra UE ed Egitto un dialogo politico regolare, istituzionalizzando la collaborazione per il mantenimento della stabilità nel Mediterraneo, e garantendo un rafforzamento della cooperazione economica e la progressiva liberalizzazione degli scambi di beni, servizi e capitali, in vista della creazione di una zona di libero scambio. Successivamente, da parte egiziana, nell’aprile 2010 si era auspicato un upgrading delle relazioni con l’UE, che aveva portato all’istituzione – con il forte sostegno italiano – di un gruppo di lavoro ad hoc, arenatosi però con l’avvento della Primavera Araba e la conseguente caduta del regime di Mubarak. Le vicende interne al Paese hanno quindi inciso anche sulla continuità formale del dialogo sull’Accordo di Associazione, portando – su richiesta egiziana – a una sospensione dal 2011 dell’annuale Consiglio di Associazione (l’ultima riunione del Comitato di Associazione a livello senior officers risale al 28 febbraio 2013). Da parte europea, si è quindi tentato di rivitalizzare i rapporti con due iniziative. La prima con l’approvazione nel 2011 di un mandato per la creazione di una DCFTA - Deep and Comprehensive Free Trade Area - tra UE ed Egitto, i cui negoziati però non sono ad oggi ancora partiti. La seconda con lo svolgimento della Task Force per il Mediterraneo il 14 novembre 2012 al Cairo – sulla scorta

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152 delle precedenti esperienze con Tunisia e Giordania – il cui obiettivo era quello di favorire lo sviluppo del Paese e la transizione democratica attraverso il coinvolgimento di IFI, società civili e settore privato guidato dall’UE. L’Italia auspica una rapida ripresa dei negoziati per un maggiore approfondimento del dialogo strategico tra Unione Europea ed Egitto.

SITUAZIONE ECONOMICA Quadro macroeconomico A seguito dell’elezione del Presidente Al Sisi, si sono aperte nuove prospettive anche in tema di politica economica. Tuttavia, sarà necessario attendere il risultato elettorale del nuovo Parlamento (nell’autunno 2014) per assicurare una legittimazione efficace all'esercizio delle prerogative in materia di politica economica. Su impulso del neo-Presidente, il Governo egiziano ha recentemente adottato alcuni importanti provvedimenti per la riduzione del deficit. Le misure di ridimensionamento riguardano, in particolare, la revisione del farraginoso sistema dei sussidi energetici che hanno portato a un aumento consistente (oltre il 60 per cento) dei prezzi della benzina e del gasolio per auto, nonché del gas a uso industriale. La consistenza dei sussidi aveva infatti creato una situazione non più sostenibile sia per l'equilibrio delle finanze pubbliche sia per l'efficacia della spesa e, l'esigenza di accrescere gli investimenti in istruzione, sanità e infrastrutture ha reso necessaria una riduzione della spesa corrente a vantaggio di uno spostamento verso la spesa in conto capitale. A livello macroeconomico, l'incognita è invece rappresentata dall'effetto degli aumenti sui prezzi alla produzione e al consumo. Altro fattore importante è l’aiuto finanziario dall’estero che, a partire dalla Rivoluzione del gennaio 2011, è divenuto essenziale per la sopravvivenza del Paese, in particolare dal Qatar, dalla Turchia e dai Paesi del Golfo (questi ultimi hanno stanziato 23 miliardi dollari di cui 15,3 sono già stati erogati). Inoltre, i negoziati per la conclusione di un accordo con il Fondo Monetario Internazionale non sembrerebbero prioritari (sebbene continui a essere garantita l'assistenza tecnica da parte del Fondo) e un eventuale programma di assistenza finanziaria potrà essere avviato soltanto quando il Paese sarà nelle condizioni di negoziare realmente le condizioni. Relativamente agli aspetti congiunturali e strutturali, è atteso un ulteriore deprezzamento della Lira egiziana che durerà fino a quando non ci sarà una crescita degli investimenti e della ripresa economica. Nonostante la congiuntura estremamente negativa, il sistema bancario è invece solido e non vi sono problemi di liquidità, mentre il finanziamento delle piccole e medie imprese e il credito alle famiglie necessitano di misure ad ampio spettro (tra le innovazioni recenti, che vanno in

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153 questa direzione, si segnala il programma della Banca centrale egiziana di sostegno al mercato dei mutui). L'attività economica nel primo semestre dell’anno 2013/2014 si è mantenuta debole, con il PIL cresciuto solo dell'1,2% su base annua, rispetto al 2,4 del periodo corrispondente del 2012/2013. In particolare, il settore turistico ha registrato una caduta del 30%, mentre l’estrazione di gas naturale si è contratta dell’8%. In ragione del peso di queste attività nella formazione del PIL egiziano, la relativa tenuta di altri settori (agricoltura, commercio, settore delle costruzioni) non è stata sufficiente a garantire tassi di crescita sostenuti. Per effetto degli andamenti dei principali capitoli di spesa e della dinamica delle entrate, le stime più recenti puntano a un rialzo delle previsioni del deficit pubblico, nell'anno fiscale, all'11,7% del PIL, a fronte di una stima iniziale del precedente Governo che prevedeva un dato prossimo al 10%. In assenza di chiare indicazioni sull’andamento della spesa pubblica (ossia, quanto è stato realmente speso nell’ambito dei ‘pacchetti di stimolo’ e quale sarà l’effetto finale degli aumenti degli stipendi pubblici) il deficit strutturale del Paese continua a essere fuori controllo, mentre i miglioramenti sono temporanei e dovuti alle donazioni dei Paesi del Golfo (che valgono tra i 2 e i 3 punti percentuali di rapporto deficit/Pil in meno). La posizione fiscale e verso l'estero dell'Egitto continuerà a essere sostenuta, nel breve periodo, dall'assistenza finanziaria e dalla fornitura di prodotti petroliferi da parte dei Paesi GCC. Si segnala, infine, la decisione dello scorso luglio della Banca Centrale egiziana di anticipare l’aumento dei tassi di riferimento (atteso per la fine del 2014), allo scopo di arginare un’eventuale spinta inflazionistica che potrebbe verificarsi a seguito del rialzo dei prezzi dei beni amministrati. Si rileva, tuttavia, che la composizione del paniere rimane fortemente sbilanciata dal lato di beni di consumo alimentari e sui prodotti energetici, componenti al di fuori del raggio d'azione della politica monetaria.

Politica economica L’indirizzo economico del nuovo Governo per sostenere la ripresa economica si concentrerà, nel breve periodo, sul cercare un equilibrio tra politiche riformatrici e politiche di espansione, in particolare sulla componente degli investimenti. L’urgenza di assorbire parte della crescente disoccupazione in settori quali quello delle costruzioni determinerà necessariamente una particolare attenzione all’edilizia, sia pubblica che privata. Il finanziamento degli ingenti investimenti infrastrutturali è attualmente garantito dai Paesi del Golfo ma, su un orizzonte di tempo più esteso, la riattivazione di uno strumento quale al Public Private Partnership, che fino a prima della Rivoluzione aveva avuto un certo successo nel Paese, potrebbe stimolare la ripresa degli investimenti nei settori ad alto impiego di manodopera.

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154 Nel medio periodo, l’azione sarà principalmente concentrata su quattro fronti: l’avvio di grandi progetti, quale il 'Suez Canal Development Project', che mira a creare un importante snodo logistico regionale ed internazionale di collegamento Occidente-Oriente, attraverso l’ampliamento dei porti e dei cantieri navali, l’insediamento di industrie, l’erogazione di servizi per la navigazione; lo sviluppo rurale ed industriale della regione di El-Alamein (Costa Nord); l’esplorazione e sviluppo delle risorse minerarie nel sud del Paese; il piano di ristrutturazione delle società pubbliche per renderle più snelle ed efficienti. Box di Approfondimento n.2: Misure di politica fiscale Il provvedimento più significativo, nel medio periodo, sarà la riforma complessiva dell'impianto delle sovvenzioni pubbliche e, in special modo, del settore energetico, con una riduzione di due terzi dell'importo complessivo delle sovvenzioni, nell'arco di cinque anni (passando dagli attuali 7 miliardi di dollari a circa 1,2 miliardi). Più controversa è la questione dei sussidi alimentari (che contano per il 19% del totale) ma la logica sottostante alla loro riforma è la medesima: razionamento delle quantità sussidiate e progressivo allineamento dei prezzi a quelli di mercato. Il sistema tributario è senza alcun dubbio un altro dei principali problemi che frenano l’economia egiziana. L’evasione e l’elusione sono endemiche mentre la base imponibile è strutturalmente limitata. Anche in quest’ambito le riforme indispensabili sono state individuate da tempo, ma si scontrano con interessi difficili da scalfire. Un’ulteriore priorità è la riforma delle imposte sui consumi, con il passaggio dall’Imposta Generale sulle Vendite all’Imposta sul Valore Aggiunto. Il principio più importante riguarda l’estensione a pressoché tutte le categorie merceologiche dell’imposta. Le imposte sugli immobili sono un altro cardine della riforma tributaria, come anche l’imposta sul reddito sia delle persone fisiche sia di quelle giuridiche. Attualmente, oltre il 75% del gettito derivante dall’imposta sul reddito delle persone fisiche proviene dal lavoro dipendente; il contributo del lavoro autonomo è molto limitato e stimabile nell’ordine dello 0,02-0,04% del PIL. Un quadro non dissimile, per il forte sbilanciamento a favore delle imprese di Stato, si ha nell’ambito dell’imposta sul reddito delle società: meno del 30% del gettito deriva dalle imprese private, mentre le sole compagnie pubbliche del settore energetico e la banca centrale garantiscono poco meno del 60% del gettito. Anche il capitolo della spesa sociale rappresenta storicamente un problema per la politica economica del paese. La nuova Costituzione, almeno sul piano formale, obbliga lo Stato ad aumentare la spesa per istruzione, sanità e ricerca scientifica per un importo complessivo di circa 20 miliardi di dollari su un orizzonte di tre anni. Si tratta, certo, di un importo molto elevato che dovrebbe portare la spesa complessiva in quest’ambito dall’attuale 5,5% per cento del PIL al 10% nel 2017. Al di là degli importi complessivi stanziati per i singoli comparti, ciò che rileva è che circa l’80% della spesa attuale si concentra negli stipendi da pagare a insegnanti e medici e questo limita l’efficacia delle politiche seguite, soprattutto nella sanità. Inoltre, in un paese afflitto da una povertà in crescita, anche gli schemi assistenziali dovranno essere estesi e rivisti, dato che attualmente esiste un sistema fondato su tessere annonarie che copre circa 62 milioni di egiziani. Il Governo ha previsto sia un ampliamento della platea dei beneficiari attraverso la social solidarity pension (un primo tentativo di sussidio ‘in contanti’) nell’ordine di 1,5-2 milioni di famiglie sia l’aumento dell’importo versato mensilmente. La politica monetaria, dopo avere assecondato il nuovo corso (iniziato nel luglio del 2013), dovrebbe mantenersi più cauta nei prossimi mesi. Il compito principale della Banca centrale, in questa fase, consiste nel “pilotare” la

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155 svalutazione della Lira egiziana in modo graduale, senza esacerbare le tensioni inflazionistiche. Box di Approfondimento n.3: Privatizzazioni e ri-nazionalizzazioni Dopo la rivoluzione, è stato fortemente contestato il processo di privatizzazioni di imprese pubbliche a cui Mubarak e i Ministri di profilo tecnocratico del Governo Nazif avevano dato un forte impulso nel periodo nel corso degli anni dal 2000, periodo in cui il Ministero degli Investimenti egiziano aveva provveduto alla vendita di 53 società a partecipazione statale. Questo scenario ha conosciuto una preoccupante evoluzione, con accuse di scarsa trasparenza, di vendita di attività statali a prezzi stracciati, nonché di corruzione e favoritismi. La situazione si è ulteriormente complicata con il decreto del settembre 2012 che ha attuato la Legge 14/2012 relativa allo sviluppo integrato della penisola del Sinai. Sebbene quest’ultima sia stata concepita come luogo di attrazione di investimenti nei settori turistico, agricolo, industriale e immobiliare, di fatto la legge sembra porre notevoli limitazioni alle attività degli stranieri. I provvedimenti di maggior rilievo riguardano: l’acquisizione di proprietà immobiliari riservata esclusivamente a cittadini egiziani ‘puri’ (ossia con genitori egiziani e in possesso della sola cittadinanza egiziana) o a società di diritto locale con la totalità del capitale detenuto da egiziani; il diritto di usufrutto dei terreni e degli immobili ridotto da 99 a 50 anni; gli investitori stranieri i quali potranno detenere fino ad un massimo del 45% del capitale in società miste operanti nella regione. Le misure sopraindicate sono state integrate da un decreto (del dicembre 2012), che estende l’applicazione delle disposizioni ai Governatorati di Suez, Ismailia, Port Said e alle isole del Mar Rosso. Molteplici sono i punti controversi ed ambigui della normativa, anche per quanto riguarda la questione della retroattività che, in linea teorica, non è applicabile alle posizioni giuridiche perfezionate prima del 13 settembre 2012. Nell’aprile 2014 è stato promulgato il decreto sulla 'Revisione delle procedure di ricorso relative ai contratti pubblici'. I nuovi provvedimenti sembrerebbero porre fine alla questione delle possibili ri- nazionalizzazioni. Secondo la nuova disciplina, il ricorso per l'annullamento dei contratti che lo Stato egiziano, o un soggetto riconducibile al settore pubblico, stipula (o aveva stipulato) può essere presentato in tribunale esclusivamente dalle parti contraenti, e non da terzi. Il giudice può pertanto emettere una sentenza di rigetto dei ricorsi non in linea con le prescrizioni della legge, compresi i ricorsi depositati prima della data di entrata in vigore della normativa. Di fatto, viene introdotto un principio di retroattività che dovrebbe sanare le situazioni pendenti dinanzi alle Corti, tra cui i casi italiani di Alex Bank/Intesa San Paolo e di Suez Cement/italcementi. La nuova normativa potrebbe tuttavia essere soggetta a ricorsi di incostituzionalità, che potrebbero allungare i tempi della sua effettiva applicazione. Ciononostante, l'adozione di tale legge rappresenta un chiaro segnale della volontà di ristabilire un adeguato business climate. Settore energetico L’Egitto ha necessità di puntare sull’espansione del settore degli idrocarburi e di promuovere, in particolare, l’accelerazione dello sviluppo dell’estrazione del gas naturale. Diverse scoperte di giacimenti di gas naturale sono avvenute lungo la costa mediterranea in prossimità del delta del Nilo e nel Deserto Occidentale, a sud della città costiera di Marsa Matrouh. Le riserve sono stimate tra i 2 e i 3 mila miliardi di metri cubi. Sono allo studio diversi progetti per la costruzione di centrali atomiche e solari per la produzione di energia pulita (eolico e solare). In particolare, per quanto riguarda il nucleare per uso civile, sarebbe prevista la costruzione di quattro centrali e la prima dovrebbe sorgere sulla costa mediterranea.

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156 A seguito della crisi politica del gennaio 2011, si è riproposta anche la questione relativa alla gestione delle risorse energetiche del Paese, che il Governo ha affrontato avviando una revisione degli accordi di fornitura di gas con i Paesi partner, al fine di riequilibrare la necessità del mercato domestico e la possibilità di generare introiti attraverso l’esportazione di tale risorsa energetica. Nell’aprile 2014, il Consiglio dei Ministri ha deciso l'utilizzo di fonti alternative di energia (carbone e pet-coke) per l'approvvigionamento delle industrie ad alto consumo energetico (in particolare quelle del cemento), che da tempo sono costrette a drastiche contrazioni della capacità produttiva, riconducibili alla ormai strutturale carenza di forniture di gas. Su questo fronte, è attesa l’emanazione dei decreti attuativi con i quali il Consiglio dei Ministri autorizzerà l'importazione temporanea e di carbone per compensare il fabbisogno di energia. La problematica è riconducibile principalmente al notevole aumento della domanda di energia, negli ultimi anni, all'assenza di nuovi sviluppi nei giacimenti off-shore da parte delle compagnie straniere (per i problemi degli arretrati di pagamento. Per quanto riguarda il riordino del sistema dei sussidi energetici, nel luglio 2014, il Governo egiziano ha adottato alcuni importanti provvedimenti relativi ai sussidi per l'energia elettrica, per i quali è prevista la riduzione di due terzi dell'importo complessivo delle sovvenzioni, nell'arco di cinque anni (passando dagli attuali 7 miliardi di dollari a circa 1,2 miliardi). Rimane, invece, ancora irrisolta (e di difficile soluzione) la grave situazione di crisi energetica, causa di frequenti interruzioni delle forniture di energia elettrica in tutto il Paese con pesanti ripercussioni sul regolare svolgimento delle attività economiche.

Settore delle Infrastrutture Il Ministero dei Trasporti egiziano ha predisposto un piano di potenziamento del sistema di trasporti. Tra le infrastrutture previste è compresa la costruzione di tratti autostradali in diversi governatorati del paese. Per i trasporti ferroviari è stato varato un piano di ristrutturazione e miglioramento dell’intera rete e, in particolare, è stato proposto l'avvio degli studi preliminari per la costruzione della linea ad alta velocità tra Alessandria e Il Cairo (il cui costo sarebbe di circa 3,5 miliardi di dollari), con la prospettiva di un prolungamento fino ad Assuan. Sempre nell'ambito del trasporto ferroviario, è in programma un altro collegamento ad alta velocità che riguarda la tratta Luxor-Hurgada, in linea con l'obiettivo di integrare i settori dei trasporti e del turismo. Per quanto riguarda i trasporti marittimi, nell’agosto 2014, è stato annunciato il parziale raddoppio e ampliamento del Canale di Suez, che prevede la

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157 costruzione di un nuovo canale di 72 km parallelo a quello attuale. Il progetto, del valore complessivo di 8 miliardi di dollari, dovrebbe essere concluso entro un anno. Relazioni economiche e commerciali con i Paesi terzi A seguito dell’entrata in vigore dell’Arab Free Trade Agreement (AFTA) nel 2005, si sono intensificate le relazioni tra l’Egitto e i Paesi del Golfo, con un aumento dell’80% del volume dell’interscambio commerciale. Nel gennaio 2007, a latere del Forum Mondiale dell’Economia, l’Egitto ha firmato un accordo di libero scambio con i Paesi membri dell’European Free Trade Association (EFTA) riguardante principalmente le materie prime, gli autoveicoli e diverse tipologie di beni. L’accordo prevede la liberalizzazione commerciale di numerosi prodotti agricoli e industriali tramite la riduzione dei dazi doganali, e una maggiore tutela dei diritti d’autore. Ad agosto 2010, è stato firmato l’Accordo di Libero Scambio tra Egitto e Mercosur che prevede la progressiva eliminazione dei dazi doganali per diversi prodotti agricoli ed industriali. Nel marzo 2013, in occasione della visita in India del presidente Morsi (accompagnato da un’importante delegazione di imprenditori) sono state firmate, tra le altre, intese nei settori delle energie rinnovabili, della protezione della proprietà intellettuale e delle tecnologie informatiche. Da notare che l’India rappresenta, con la Cina, uno dei maggiori partner di riferimento nella regione asiatica. Anche la visita in Russia dell’aprile 2013 si è concentrata su importanti tematiche economico-commerciali quali l’incremento delle importazioni egiziane dalla Russia di cereali e gas e degli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture e lo sviluppo dei settori metallurgico, energetico (gas naturale) e turistico (strutture ricettive). Si segnalano inoltre gli aiuti forniti dall’Arabia Saudita sotto forma di finanziamento del bilancio pubblico e di ‘project financing’, per un totale di 5,5 miliardi di dollari, nonché l’Accordo di cooperazione allo sviluppo con gli Emirati Arabi Uniti, per un valore di 4,9 miliari di dollari, caratterizzato da una forte componente occupazionale a favore dei lavoratori egiziani.

Rapporti con Organizzazioni Finanziarie Internazionali A fine agosto 2012, era stato riavviato il negoziato con il Fondo Monetario Internazionale per la concessione di un prestito all'Egitto, interrotto nel giugno del 2011 a causa della riluttanza del precedente Governo ad accettare aiuti esterni condizionati all’adozione di drastici provvedimenti per il rilancio dell’economia del paese, preferendo il sostegno finanziario da parte dei paesi arabi. Il nuovo Esecutivo sembrava aver mostrato maggiore disponibilità ad adottare stringenti misure di politica fiscale e di previdenza sociale, chiedendo altresì di potere elevare l’importo del finanziamento dagli iniziali 3,2 miliardi di

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158 dollari a 4,8. In vista della conclusione dell’Accordo, l’incontro del novembre 2012, tra l’FMI e autorità egiziane, ha affrontato due aspetti principali: l’introduzione di misure per stimolare la crescita e l’attuazione di provvedimenti volti a contenere la spesa pubblica e il disavanzo della bilancia dei pagamenti. Tuttavia, a metà dicembre 2012 le autorità egiziane hanno chiesto un ulteriore rinvio, a seguito della decisione del Presidente Morsi di ‘congelare’ l’applicazione del decreto sull’introduzione dell’imposta sulle vendite e sull’aumento dei prezzi di molti beni di consumo e servizi pubblici. In occasione di una nuova missione del Fondo, nell’aprile 2013, sono state affrontate ulteriormente le questioni relative al riassetto della spesa pubblica (sussidi energetici e stipendi pubblici), al riordino del sistema di tassazione (in particolare, l’introduzione della ‘General Sales Tax’) e alla politica monetaria e di cambio. Mentre sono stati mantenuti i contatti a livello tecnico- amministrativo, tramite l’ufficio di rappresentanza del Fondo istituito nel giugno 2013 al Cairo, sono stati invece sospesi quelli con le autorità egiziane, in ragione della mancanza di un quadro politico-istituzionale stabilizzato. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) ha esteso il ‘Trade Facilitation Programme’ all’Egitto, prolungandone anche la durata fino a giugno 2016 ed è impegnata nella realizzazione di un progetto relativo alla trasformazione di centrali a gas da ciclo aperto a ciclo combinato. Data la situazione di instabilità politica ed economica, l’inclusione dell’Egitto tra i Paesi di operazione è stata rimandata, in attesa di valutazione sul rispetto dell’Articolo 1 dello statuto della BERS (ossia il rispetto delle condizioni di democrazia multipartitica, pluralismo ed economia di mercato). L’attività della Banca nel Paese è di fatto limitata e le operazioni vengono esaminate caso per caso.

PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI

2012 2013 2014* PIL Nominale (mld US$) 259,9 255,2 280,4 Variazione reale PIL 2,2% 2,1% 1,8% Agricoltura 14,7% Agricoltura 14,5% Composizione PIL Industria 37,4% Industria 37,5% n.d. Servizi 47,9% Servizi 48,0% Popolazione (mln) 80,7 82,1** 83,6 PIL procapite (US$) 10.843** 11.051** 11.230 Disoccupazione (media) 12,7% 14,7%** 15,1% Debito nazionale (%PIL) 85,8% 91,7% 94,0% Inflazione (media) 7,1% 9,5% 9,1% Tasso di cambio medio (E£:US$) 7,79 9,13 7,09 Tasso di cambio medio (E£:Euro) 8,26 7,79 9,53

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159 Bilancia partite correnti (mln US$) -10.660 -3.294 -6.886 Bilancia commerciale (mln US$) -36.761 -30.193 -31.437 Esportazioni (mln US$) 23.174 25.094 25.822 Importazioni (mln US$) -59.935 -55.287 -57.259 Petrolio greggio e Petrolio greggio e prodotti petroliferi prodotti petroliferi Principali esportazioni n.d. Cotone Cotone

Prodotti tessili Prodotti tessili Macchinari e Macchinari e

apparecchiature apparecchiature Principali importazioni n.d. Prodotti alimentari Prodotti alimentari

Prodotti chimici Prodotti chimici

1. Cina 11,9% 1. Cina 12,5% 2. USA 8,0% 2. USA 7,8% Principali Paesi fornitori 3. Turchia 5,3% 3. Italia 5,4% n.d. 4. Italia 5,1% 4. Ucraina 5,1%

1. USA 8,2 1. Italia 6,7% 2. India 7,0% 2. India 6,5% Principali Paesi clienti 3. Italia 6,7% 3. Arabia S. 6,1% n.d. 4. Arabia S. 6,3% 4. Cina 5,0%

Debito estero (mln US$) 40.000 49.431** 57.714 Riserve internazionali (mln US$) 14.931 16.118 15.655 Fonte: Economist Intelligence Unit,, luglio 2014; Central Intelligence Agency Factbook, giugno 2014 - *Previsioni - **Stime - n.d.: non disponibile

RAPPORTI BILATERALI

Il Partenariato Strategico Bilaterale è stato rilanciato a settembre 2012 con la firma della Dichiarazione congiunta da parte dell'ex Presidente del Consiglio Monti e dell'ex Presidente della Repubblica Morsi. In considerazione della lunga fase di transizione dell'Egitto, è stato deciso di rimandare la riunione del Consiglio Economico Italo-Egiziano (anch’esso riattivato dalla visita del Presidente Morsi in Italia), utile strumento per rilanciare i programmi congiunti di collaborazione commerciale e industriale. Al prossimo incontro del Business Council, che dovrebbe tenersi al Cairo nell’ottobre del 2014 (è in valutazione l’ipotesi di organizzarlo in Italia) e a cui parteciperà il Vice Ministro dello Sviluppo Economico Calenda, si chiederà alla controparte egiziana di svolgere una robusta azione sulle Autorità competenti per risolvere le criticità che stanno

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160 affrontando i gruppi italiani presenti in Egitto. Nel maggio 2013, è stato firmato il contratto di partecipazione dell’Egitto all’“Expo Milano 2015”, nel progetto Cluster Bio-Mediterraneum. Nel febbraio 2014, si è svolta al Cairo la missione di una delegazione della Fondazione "Euro-Med Development Center for Micro, Small and Medium Enterprises-EMDC"/Camera di Commercio-Promos di Milano. Gli enti egiziani coinvolti sono stati l’Autorità per gli Investimenti-GAFI, il Social Fund for Development-SFD, la Federation of Egyptian Industries-FEI, l’Industrial Modernization Centre-IMC). Il focal point egiziano per l'iniziativa sarà il Social Fund for Development e, nei prossimi mesi, verrà elaborato un “Country Programme”, per l'identificazione dei settori e delle imprese egiziane per l'avvio delle attività di assistenza tecnica e formazione. Nel corso della visita al Cairo, nel giugno 2014, di una delegazione parlamentare sono state affrontate con gli interlocutori locali le principali tematiche di carattere economico quali la partnership strategica Italia-Egitto, il business climate e la tutela degli interessi del Sistema Italia in Egitto, il rilancio della cooperazione economica bilaterale sul fronte istituzionale. La delegazione ha avuto modo anche di incontrare esponenti sia delle business community sia egiziana sia italiana in Egitto.

A) RELAZIONI ECONOMICHE E COMMERCIALI L'Italia continua ad essere un partner strategico per l'Egitto, sia in termini di flussi commerciali e di complementarietà dei rispettivi sistemi produttivi (siamo il primo partner in Europa, ed il terzo al mondo), sia in termini di investimenti diretti nel Paese, in settori diversificati che vanno dall'industria, all'energia, ai trasporti al settore finanziario a quello dei servizi. Ciononostante, le nostre aziende, così come altri gruppi stranieri, continuano ad incontrare criticità significative legate al deterioramento del clima politico- economico a seguito della Rivoluzione del 2011. Gli operatori italiani vogliono restare in Egitto ma si aspettano che, nello stesso interesse del Paese, le Autorità egiziane collochino le situazioni critiche in una visione strategica delle priorità del Partenariato bilaterale. A questo proposito, la nostra Ambasciata continua a svolgere una forte azione di sensibilizzazione a favore delle imprese italiane operanti in Egitto, presso le Autorità governative competenti per i vari dossier. Anche questo Ministero degli Esteri sollecita l’Ambasciata egiziana, ad ogni occasione utile, affinché svolga un’azione parallela per la soluzione delle medesime problematiche. In base ai dati dell’ISTAT relativi al 2013, l’interscambio è ammontato a 4,7 miliardi di euro (-8,6% rispetto al 2012), le esportazioni italiane verso l’Egitto si sono attestate a 2,835 miliardi di euro (-0,9%), mentre le importazioni italiane dall’Egitto sono state di 1,872 miliardi di euro (-18,4%). Il saldo, positivo per l’Italia, è stato di 963 milioni di euro. Sebbene caratterizzato da una flessione, il

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161 comparto della meccanica strumentale rimane una delle principali voci delle esportazioni italiane verso il mercato. Per il periodo gennaio-marzo 2014, l’interscambio commerciale è ammontato 1,340 miliardi di euro (+1,4% rispetto allo stesso periodo del 2013). Le esportazioni italiane verso l’Egitto sono state di 681 milioni di euro (-13% rispetto allo stesso periodo del 2013); le importazioni italiane dall’Egitto sono state pari a 659 milioni di euro (+22,4% rispetto allo stesso periodo del 2013). Il saldo, a favore dell'Italia, è stato di 22 milioni di euro.

B) INVESTIMENTI Comparto d’eccellenza per la presenza economica italiana è storicamente quello dell’energia, in particolare petrolio e gas con ENI (presente nel Paese da oltre 50 anni) ed EDISON. ENI è il primo operatore internazionale di idrocarburi in Egitto: opera nel Paese attraverso la IEOC, che svolge direttamente le attività di esplorazione e partecipa a quelle di produzione attraverso una joint venture con la compagnia di stato egiziana EGPC. Nel giugno 2011, ENI ha avviato un nuovo piano di investimenti per 3 miliardi di dollari per la perforazione di nuovi pozzi petroliferi e il rilancio delle attività di esplorazione, nel deserto occidentale, nel Mediterraneo e nel Sinai. Nel giugno 2012, ha avviato la produzione di gas del giacimento offshore di Seth, situato nella concessione Ras El Barr, al largo delle coste egiziane del Mediterraneo. Si segnalano, inoltre, gli importanti accordi relativi all’impianto di liquefazione del gas a Damietta e l’intesa strategica con il Ministero del Petrolio egiziano firmata nel 2010 per operazioni congiunte nei Paesi terzi. EDISON (presente nel Paese dagli anni ’90) ha rilevato nel 2009, per 1,4 miliardi di dollari, i diritti di esplorazione, produzione e sviluppo della concessione off-shore di Aboukir. Sono previsti ulteriori investimenti sia per aumentare la produzione di gas negli impianti già esistenti sia per la partecipazione a nuovi progetti di esplorazione. Si prospetta inoltre un suo ingresso nel settore della generazione di energia elettrica (schema "Gas To Power" - anche per ovviare alle croniche problematiche degli arretrati di pagamenti nel settore Oil & Gas). ENEL ha in corso un negoziato con il Ministero dell'Energia e dell'Elettricità per un MoU sulla collaborazione in materia di efficienza energetica ("smart metering") e sviluppo delle energie rinnovabili, oltre ad aver presentato offerte tramite ENEL Green Power (EGP) ad alcuni tender nel settore eolico e fotovoltaico. Nel giugno 2013, è stato firmato il contratto tra la TECHNIP Italy S.p.A. e la Sokhna Refinery and Petrochemical Company-SRPC (società controllata dalla holding per gli idrocarburi egiziana - EGPC) per la realizzazione (Engineering, Procurement and Construction - EPC) di una nuova raffineria ad Ain-Sokhna, del valore di circa 1 miliardo di dollari.

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162 Dopo la Rivoluzione, l’Italia è riuscita ad assicurarsi nuove importanti commesse (tra le poche assegnate): Maire TECNIMONT, per la costruzione di uno stabilimento ad Assuan per la produzione di fertilizzanti, del valore di 520 milioni di euro (in un settore tradizionalmente dominato da aziende tedesche) e la conclusione di un accordo tra la stessa Tecnimont e la società egiziana Carbon Holding (il valore del progetto è di circa 1,7-1,9 miliardi di dollari) per la realizzazione di strutture ed installazioni nel complesso petrolchimico di Tahrir (Suez); Ansaldo Energia (contratto da 245 milioni di euro per la realizzazione di una nuova centrale elettrica). Inoltre, l’Ansaldo fornirà quattro turbine a vapore (per un valore di oltre 170 milioni) nell’ambito di progetti finanziati dalla Banca Mondiale e dall’Arab Fund (in tale contesto altre società italiane, STS Trifone e Ansaldo caldaie hanno acquisito commesse per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro). TECHINT e Termokimik operano da anni in Egitto nel settore della costruzione di stabilimenti e delle forniture per la produzione e distribuzione di energia e componenti dell'indotto. ITALGEN (società del Gruppo Italcementi) prevede l’avvio della I Fase del progetto di parco eolico della potenza di 120 MW a Gulf El Zeit (sulla costa del Mar Rosso), del valore di circa 120 Milioni di Euro e lo studio per la II Fase che prevede il potenziamento della capacità produttiva per ulteriori 200 MW con un investimento pari a circa 200 milioni di Euro. Sempre nel settore dello sviluppo delle energie rinnovabili, ENEA ha mostrato interesse ad avviare programmi di collaborazione bilaterale nel settore delle energie rinnovabili e, in particolare, partecipa ad un progetto – assieme alle italiane Maire Tecnimont ed ENEL - finanziato in parte dall’Unione Europea, per lo sviluppo della tecnologia del solare termodinamico in Egitto. Nel campo della raccolta dei rifiuti urbani, il gruppo Gesenu gestisce i settori Nord e Ovest del Governatorato del Cairo attraverso la controllata AMA ARAB Environment Co. La Breda Energia è presente in Egitto, dal 2008, con una joint venture denominata Tharwa-Breda Petroleum Service Company (TBPSCO) nel settore della produzione di attrezzature e nella fornitura di servizi per l’industria petrolifera. PIRELLI, con sede ad Alessandria ("Alexandria Tires"), ha ampliato i suoi stabilimenti (già i più grandi del Medio Oriente) per la produzione di pneumatici per camion. La DANIELI ha firmato, nel marzo 2012, un contratto da 50 milioni di euro per la costruzione di un impianto per la lavorazione dell’acciaio a Beni Suef (Alto Egitto), il primo in assoluto in questa regione del Paese, e un contratto da 20 milioni di euro per l’ammodernamento di un precedente impianto situato ad Alessandria. Nel settembre 2012, si è aggiudicata un’ulteriore commessa per la costruzione di due impianti (quello principale sarà ubicato ad Ain Sokhna) per la produzione di tondini d’acciaio, del valore di 250 milioni di euro.

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163 La BTicino (Gruppo Legrand) e la Imagro (subfornitore della Bticino) sono presenti a Sadat City, con due stabilimenti per la produzione di apparecchiature elettriche. Il gruppo ITALCEMENTI ha acquisito il controllo di maggioranza della società egiziana Suez Cement Group of Companies-SCGC (investimento di circa 1,5 milardi di euro), che con cinque cementifici è market leader in Egitto. La società Cementir / gruppo Caltagirone è proprietaria della "Sinai White Cement", leader sul mercato del cemento bianco, con uno stabilimento situato ad El-Arish nel Nord Sinai ma, risente della situazione precaria di sicurezza e delle continue interruzioni di gas a seguito della carenza strutturale di forniture di gas alle industrie, aggravata dai continui sabotaggi del gasdotto. Nel settore dell'industria di difesa e delle alte tecnologie, la RHEINMETALL Italia S.p.A. (ex Oerlikon Contraves) fornisce materiali per l’ammodernamento degli “Skyguard” (prodotti in Italia) del sistema di difesa missilistica egiziano “Amoun”. Il Paese risulta difficilmente penetrabile nel mercato della difesa in quanto l’approvvigionamento di equipaggiamenti si attua prevalentemente attraverso fondi FMS statunitensi (Foreign Military Sales). In ogni caso, le principali opportunità si presentano nel settore aeronautico, avionico, nonché della sistemistica e componentistica navale e subacquea, anche con possibilità di allargare la collaborazione a paesi terzi. Nel settore turistico si segnala l'investimento del gruppo Domina / SICOT, proprietario di un grande resort turistico a Sharm El-Sheikh, "Domina Coral Bay". Nel settore trasporti, l'Italia ha una presenza consolidata nello sviluppo e ammodernamento della rete ferroviaria locale, con la partecipazione attiva di gruppi italiani quali FSI, ITALFERR, BOMBARDIER Italia, Elsag Datamat e SALCEF (quest'ultima ha costituito nel 2011 una fabbrica di produzione di traverse ferroviarie, a seguito dell'aggiudicazione di una gara finanziata da Banca Mondiale). Nel settore finanziario il gruppo Intesa San Paolo detiene la maggioranza di controllo (80%) di ALEXBANK, una delle principali banche del Paese, essendosi aggiudicata nel 2006 la gara relativa alla privatizzazione dell'istituto bancario egiziano, per un importo pari a circa 1,6 miliardi di Euro. Nel settore delle comunicazioni, Poste Italiane S.p.A. ha in atto una collaborazione con Egypt Post che prevede lo sviluppo e l’integrazione dei servizi telematici tra i due Paesi per la definizione di un Master Plan per il settore della logistica. Nel maggio 2012, Poste Italiane e Egypt Post hanno firmato un accordo per l’istituzione di un servizio di trasferimento di fondi a costi ridotti (“bridge”), tra i due Paesi,. Verrà inoltre approfondita la possibilità di utilizzare il “bridge” anche per contenuti afferenti ai settori del sostegno microfinanziario e del commercio elettronico. Nel campo delle telecomunicazioni, TELECOM Italia è presente in Egitto, dal 2004, con Telecom Italia Sparkle, con un contratto di servizi traffico voce e dati.

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164 Nel settore tessile vi è una presenza storica di imprese italiane nel distretto di Bourg El-Arab (Alessandria), in particolare, il gruppo Cotonificio Albini, attraverso la società locale "Mediterranean Textile" (produzione tessuti per camiceria) ed il gruppo FILMAR (filati di cotone).

C) CRITICITA’ E CONTENZIOSI COMMERCIALI/FINANZIARI Si illustrano qui di seguito le principali criticità che affliggono le nostre società in Egitto e che di frequente sfociano in contenziosi di carattere commerciale o finanziario. 1) Incertezza del quadro regolamentare e contrattuale, con la rimessa in discussione dei contratti stipulati prima della Rivoluzione del 2011/ accumulo degli arretrati di pagamenti da parte dell'Amministrazione egiziana. In tale categoria è ricompreso il caso del gruppo italiano AMA- ARAB/Gruppo Gesenu attiva nella gestione e raccolta dei rifiuti nel Governatorato del Cairo, che nel periodo post-rivoluzionario ha subito continue interruzioni o diminuzioni dei pagamenti delle spettanze e, per questa ragione, è stata trascinata sull’orlo del collasso operativo. Problemi analoghi di pesanti ritardi nei pagamenti vengono lamentati da altre grandi realtà imprenditoriali quali ENI (arretrati accumulati pari a 2 miliardi di USD), Edison (arretrati accumulati pari a circa 450 milioni di USD), Maire Tecnimont (ritardi nel pagamento dell'anticipo per l'avvio del progetto – circa 50 milioni di USD), Ansaldo Energia (esposizione di circa 80 milioni di USD). Il clima di diffidenza instauratosi dopo la rivoluzione ha indotto le nuove Autorità a procedere ad una ricognizione/revisione approfondita e dettagliata di tutte le operazioni commerciali condotte dal precedente regime con le società straniere e dei relativi contratti stipulati dalle Amministrazioni egiziane.

2) Problematica relativa alla cronica scarsità di energia (gas) per il settore industriale. Suez Cement / Italcementi e Sinai White Cement / Caltagirone operano ormai da due anni a regime di produzione che varia dal 70 al 50%o, rispetto alla capacità produttiva potenziale, se fossero garantite le forniture di gas in maniera costante. Con la recente decisione dell'aprile 2014 del Governo (Comitato Economico) di autorizzare temporaneamente l'importazione di carbone e pet-coke ad uso delle industrie del cemento, la situazione dovrebbe migliorare ma, al momento, sussistono difficoltà per una rapida attuazione del nuovo sistema di approvvigionamento.

3) Problematiche del contesto di sicurezza degli impianti industriali. Il gruppo Sinai White Cement/Caltagirone opera in un'area del paese – Nord Sinai – molto problematica sul piano della sicurezza, in quanto le

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165 autorità centrali non hanno il pieno controllo dell'ordine pubblico, e si verificano pertanto frequenti attacchi ad opera di gruppi armati agli stabilimenti industriali dell'area, incluso quello italiano. Nell'ultimo anno sono stati tuttavia intensificati i controlli da parte delle forze di polizia e dell'esercito.

4) Procedimenti giudiziari avviati contro le privatizzazioni passate. I gruppi italiani interessati, con casi tuttora pendenti presso i tribunali del Cairo, sono Alex Bank/Intesa San Paolo e Suez Cement/Italcementi (quest’ultima, per quanto riguarda la società Helwan Cement Company del gruppo, acquisita indirettamente da una società egiziana che a sua volta aveva partecipato alla gara di privatizzazione).

5) Contenziosi nel settore immobiliare (Sinai e Mar Rosso). In tale contesto, vi è il caso dei piccoli investitori italiani dell'"Associazione degli Amici del Coral Bay", che sin dagli anni Novanta avevano acquistato unità immobiliari presso il resort Coral Bay / SICOT a Sharm el Sheikh. I titolari di tali proprietà immobiliari non sono mai riusciti a registrare regolarmente a loro nome gli immobili acquistati, a causa dell'adozione di normative molto restrittive in materia di diritti reali riguardanti gli stranieri. A tale vicenda, si aggiungono le problematiche di investitori italiani nell’area di Hurghada e Marsa Alam che, pur avendo pagato somme ingenti per l’acquisto degli immobili, lamentano la mancata consegna delle abitazioni: le vertenze in questione, specialmente nell’ultimo caso, potrebbero essere riconducibili ad episodi di truffa ai danni dei nostri investitori (questione che è al vaglio della magistratura egiziana ma anche di quella italiana e britannica). Anche a causa della mancanza di trasparenza dei progetti, le autorità egiziane avrebbero avviato delle indagini per verificare la correttezza delle procedure seguite per la concessione dei permessi di edificabilità (oltre che la congruità dei prezzi associati a tali concessioni).

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166 DATI STATISTICI BILATERALI INTERSCAMBIOCOMMERCIALE 2 0 1 0 2 0 1 1 2 0 1 2 2 0 1 3 *2 0 1 4 Esportazioni italiane 2 .9 3 9 ,6 2 .5 9 4 ,3 2 .8 6 0 ,6 2 .8 3 5 ,2 6 8 1 ,2 Variazione % - 1 1 ,7 1 0 ,3 - 0 ,9 Importazioni italiane 1 .9 0 2 ,3 2 .5 2 8 ,3 2 .2 9 5 ,4 1 .8 7 2 ,4 6 5 9 ,0 Variazione % 3 2 ,9 - 9 ,2 - 1 8 ,4 T o t a le 4 .8 4 1 ,9 5 .1 2 2 ,6 5 .1 5 6 ,0 4 .7 0 7 ,6 1 .3 4 0 ,2 S a ld o 1 .0 3 7 ,3 6 6 ,0 5 6 5 ,2 9 6 2 ,8 2 2 ,2 Fonte: ISTAT - MilionidiEuro- Gennaio-m arzo

6 . 00 0

5 . 00 0

4 . 00 0

3 . 00 0

2 . 00 0

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0 2 0 1 0 2 0 1 1 2 0 1 2 2 0 1 3

Esportazioni italiane Im portazioni italiane T o t a le S a ld o

PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE - Genn.- Dic. 2013 (e % su totale) ESPORTAZIONI IMPORTAZIONI 1. Macchinari (32,2%) 1. Petrolio greggio (33,5%) 2. Prodotti petroliferi raffinati (24,3%) 2. Prodotti petroliferi raffinati (15,9%) 3. Prodotti chimici (9,2%) 3. Prodotti della metallurgia (13,9%) 4. Apparecchiature elettriche (7,4%) 4. Prodotti chimici (10,7%) 5. Prodotti in metallo (4,6%) 5. Prodotti tessili (7,8%) Fonte: elaborazione ICE su dati ISTAT

INCIDENZA INTERSCAMBIO SUL COMMERCIO ESTERO ITALIANO 2013

Esportazioni verso l’Egitto sul totale delle esportazioni italiane 0,7% Importazioni dall’Egitto sul totale delle importazioni italiane 0,5% Fonte:ISTAT

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167 QUOTE DI MERCATO 2013 % su PRINCIPALI FORNITORI PRINCIPALI CLIENTI % su export import 1. Cina 12,5% 1. Italia 6,7% 2. USA 7,8% 2. India 6,5% 3. Italia 5,4% 3. Arabia saudita 6,1% 7. Ucraina 5,1% 4. Cina 5,0% Fonte: Economist Intelligence Unit

SACE Categoria di rischio 6 su 7 (rischio alto)

Fonte: SACE

FLUSSI INVESTIMENTI ESTERI DIRETTI NETTI (2012) (Euro)

in Egitto in Italia 1.068.000.000 2.000.000 Fonte: Banca d’Italia, aprile 2014

ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEBITORIA 3 giugno 2007 (100 milioni di dollari) – Scadenze Accordo bilaterale di conversione del debitorie dal 2007 al 2012. Il nuovo Accordo (100 debito milioni di dollari), è stato firmato il 10 maggio 2012 ed è entrato in vigore il 15 agosto 2012. FLUSSI TURISTICI BILATERALI

dall’Italia (presenze) verso l’Italia (presenze)

2013 504.000 68.000

Fonte: ENIT/Ambasciata d’Italia, 2013

D) COOPERAZIONE IN AMBITO SICUREZZA Sul fronte delle cooperazione in ambito sicurezza, va registrata una collaborazione particolarmente intensa e positiva sia tra le rispettive Forze di Intelligence che tra i rispettivi Ministri dell’Interno. Il Ministro dell’Interno Alfano, in visita al Cairo il 3-4 settembre 2014, ha sottolineato la centralità della collaborazione tra Italia ed Egitto nel campo della sicurezza, nella lotta al terrorismo e nel contrasto all’immigrazione clandestina. In materia di terrorismo, il Presidente Sisi ha assicurato al Ministro

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168 Alfano come l’Egitto sia pronto a sviluppare con l’Italia una collaborazione “senza limiti”, per seguire da vicino i diversi conflitti in corso nella regione. Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina, sono state discusse nuove iniziative per una più incisiva azione coordinata che includono anche attività di pattugliamento e sorveglianza svolte in prossimità della riva sud del Mediterraneo al fine di poter identificare e distinguere tempestivamente, tra i migranti, coloro che hanno legittimo titolo a chiedere asilo e gli “illegali” che verrebbero invece inviati nei rispettivi paesi di origine. Sullo sfondo di tale collaborazione permane l’accordo bilaterale di riammissione che consente ogni anno - con procedure estremamente semplificate grazie all’ottima collaborazione delle autorità egiziane - il rimpatrio in Egitto di moltissimi immigrati egiziani illegalmente giunti in Italia. E’ emersa anche la volontà di implementare nuove e più perfezionate strategie di cooperazione, con particolare riguardo all’attività investigativa di lotta all’immigrazione clandestina e alla possibilità di organizzare corsi di formazione, tenuti da funzionari italiani esperti nel settore e destinati a migliorare le capacità del personale di polizia coinvolto nella lotta ai flussi migratori illeciti e le correlate metodologie investigative. Infine, il Ministero dell’Interno italiano ha recentemente fornito apparecchiature informatiche per la raccolta e la comparazione delle impronte digitale e si è impegnato, compatibilmente con le effettive disponibilità di bilancio, ad accogliere una lista di richieste di assistenza tecnica, in termini di forniture di equipaggiamenti e formazione, che le autorità egiziane hanno recentemente ufficializzato, quale segno tangibile del nostro interesse e della nostra viva aspettativa per una continua collaborazione con le Autorità egiziane nel settore della sicurezza e contrasto alle migrazioni illegali.

E) CASI DI SOTTRAZIONE INTERNAZIONALE DI MINORE Sono sempre più numerosi i casi di bambini contesi e sottrazioni di minori. Tale fenomeno, in costante aumento negli ultimi anni, presenta in Egitto diverse criticità ascrivibili, da un lato, al fatto che l’Egitto non è firmatario della Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori del 1980, e, dall’altro, al fatto che, in assenza di strumenti giuridici internazionali, le differenze di diritto, cultura e tradizione in materia di tutela del minore tra Italia ed Egitto rendono particolarmente difficile la risoluzione di tali casi. Essi sono infatti affidati alla complessa ricerca di accordi consensuali tra le parti, molto spesso con la preziosa mediazione dell’Ambasciata al Cairo. Tale fenomeno preoccupa anche i principali partner europei e ‘like minded’, ed è in tale contesto che nel maggio del 2014 è stato effettuato un passo formale UE+USA (Presidenza greca) presso le Autorità egiziane per le decine di casi pendenti e irrisolti di sottrazione minorile nel Paese.

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169 La principale difficoltà di diritto e di fatto per un genitore italiano (e straniero in generale), specialmente se coniugato con un egiziano musulmano, risiede nel dover offrire adeguate garanzie di preservare l’educazione musulmana della prole. In tale quadro, sono inoltre molto complesse le pratiche di espatrio di un minore, se accompagnato dal solo genitore italiano, in quanto la prescritta e obbligatoria autorizzazione del padre (nella maggior parte dei casi di sottrazione il padre è egiziano e la madre è italiana) può essere ottenuta solo con il suo espresso consenso scritto, o, in assenza, con sentenza definitiva del giudice competente (tali atti richiedono tempi lunghissimi per la loro emissione in via definitiva). Ciononostante, numerosi casi di minori italo-egiziani sottratti da uno dei due genitori si sono risolti proprio grazie all’accordo tra le parti facilitato in loco dalla Rappresentanza diplomatico-consolare. Rimane irrisolto un unico caso, quello ormai molto noto della minore Sara Ammar, sottratta dal padre e condotta in Egitto da Milano senza il consenso della madre italiana, Sandra Fardella, nel gennaio 2010. Da allora l’ex marito e la figlia sono irreperibili. Nel marzo del 2010, con tempi straordinariamente rapidi e grazie al sostegno dell’Ambasciata al Cairo, la signora Fardella otteneva una favorevole ordinanza del Procuratore della Famiglia del Cairo, decisione esecutiva e definitiva di riconsegna della minore alla madre. Ciononostante, tale decisione non è mai stata eseguita dalle autorità egiziane per asserita impossibilità di rintracciare la bambina sul territorio nazionale. Sul piano formale numerose sono state le rassicurazioni fornite dalle autorità egiziane circa le attività investigative atte a ritrovare Sara Ammar e riconsegnarla alla madre, tuttavia nessun risultato concreto è stato fino ad oggi ottenuto. La madre, sulla base di molti elementi che ha potuto raccogliere, è convinta che la minore sia ancora in Egitto, nella regione d’origine della famiglia dell’ex marito (villaggio di Bemem-Talaa nel Governatorato di Menoufyia). La questione è stata nuovamente sollevata durante il colloquio che il Ministro dell’Interno Alfano ha avuto con il Presidente Sisi in occasione della sua visita in Egitto (3-4 settembre u.s.)

F) RELAZIONI CULTURALI, SCIENTIFICHE E TECNOLOGICHE Le relazioni culturali italo-egiziane sono regolate dall’Accordo di Cooperazione Culturale dell’8 gennaio 1959, e dall’Accordo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica del 29 aprile 1975. Tale accordo è stato più volte rinnovato. Le collaborazioni culturali sono numerosissime ed interessano molteplici settori. La presenza culturale italiana in Egitto è rilevante, non solo nel settore dell’insegnamento della lingua, ma anche in tema di mostre, eventi culturali, concerti, nonché per le attività e le collaborazioni più o meno istituzionali che avvengono regolarmente tra enti e centri dei due Paesi. Particolare attenzione viene dedicata al settore della valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale e archeologico.

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170 L’Istituto Italiano di Cultura (IIC) ha la sua sede a Il Cairo. Nel Paese sono presenti anche comitati “Dante Alighieri”. Una delle attività primarie dell’Istituto, principale soggetto della programmazione culturale italiana in Egitto, consiste nella valorizzazione degli interventi italiani sul patrimonio archeologico egiziano, che è ora di competenza del Centro Archeologico Italiano del Cairo. L’aggiornamento e il potenziamento informatico della biblioteca archeologica ad opera degli archeologi italiani ha inoltre comportato una visibilità ancora maggiore, come pure il contributo al progetto internazionale a favore della Biblioteca Alessandrina, gestito dalla Cooperazione allo Sviluppo italiana. In diverse università egiziane si sono costituiti alcuni ‘Spazi Italia’, coordinati dall'Istituto Italiano di Cultura al Cairo e dedicati allo studio della lingua e della cultura italiana. Infatti il Governo egiziano si è impegnato ad istituire Dipartimenti di italianistica presso tutte le università pubbliche del Paese. Nel settore della cooperazione accademica sono stati firmati accordi di Collaborazione con vari Centri di Ricerca (CNR, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, Centro di Ricerche in Agricoltura) e Università italiane. Alcuni programmi di collaborazione bilaterale si inquadrano nel cosiddetto Processo di Catania, volto alla realizzazione di una rete mediterranea di centri di eccellenza per l’alta formazione e la ricerca e allo sviluppo di un sistema di insegnamento a distanza esteso all’intera area del Mediterraneo. In tale ambito si segnala la positiva esperienza maturata dalla collaborazione tra 31 università di 11 paesi euro-mediterranei per la realizzazione del progetto comunitario Med Net’U che ha consentito di realizzare un network tecnologico ed ha posto le basi per la creazione di un’Università Euromediterranea a distanza (UNIMED). Coordina tale progetto l’Università Telematica Internazionale UNINETTUNO, che comprende tra i propri corsi on-line, fruibili dagli studenti dell’area, insegnamenti in quattro lingue in varie discipline. È stato inoltre concluso un Accordo quadro con l’Università per Stranieri di Perugia e il Consiglio Superiore delle Università d’Egitto, per la formazione di professori di lingua e cultura italiana già presenti negli atenei egiziani. Nelle università egiziane sono attualmente presenti cinque lettori di italiano. Per l’anno accademico 2013/2014, gli studenti iscritti ai corsi di italiano presso le università egiziane sono stati oltre 9.000. Si segnala, altresì, che sono oltre 100.000 gli studenti che hanno scelto l’italiano nei 308 istituti secondari egiziani in cui è previsto tale insegnamento, di cui 70.000 circa iscritti nelle scuole del Cairo. Tra le numerose iniziative periodiche di grande interesse e di successo, si segnalano la Settimana della cultura italiana e la partecipazione italiana alla Fiera internazionale del libro al Cairo, che hanno luogo annualmente.

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171 Al Cairo sono presenti due istituti scolastici italiani: l’Istituto privato, parificato, “Leonardo da Vinci”, composto dalla scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di I e II grado (liceo scientifico) il quale, a causa del deterioramento della situazione del Paese, ha visto diminuire il numero di iscritti e necessita pertanto di un piano di rilancio sostenibile che ne renda possibile la sopravvivenza a lungo termine, e l’Istituto salesiano “Don Bosco”, paritario, strutturato in Istituto Tecnico Industriale per Periti elettrotecnici e Professionale per l’Industria e l’Artigianato per Operatori meccanici e Operatori elettrici. Ad Alessandria d’Egitto è presente l’Istituto Paritario Professionale per l’Industria e l’Artigianato (per Operatori meccanici ed Operatori elettrici) “Don Bosco”. Le Autorità governative egiziane auspicano un ampliamento dell’offerta didattica attraverso la creazione di nuovi indirizzi di specializzazione professionale e nuove sedi. Nell’aprile 2012, è stato inaugurato l’Istituto tecnico turistico-alberghiero nel Governatorato del Fayoum, avviato anche grazie al contributo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano, il cui obiettivo è quello di fornire ai giovani svantaggiati delle aree rurali, caratterizzate da una forte pressione migratoria, le competenze professionali necessarie per accedere al mondo del lavoro. Sempre nel Fayoum, nel giugno 2013, è stato inaugurato il polo di istruzione tecnica e professionale nel settore della meccanica industriale (ITEC), finanziato nell'ambito del Programma Italo-Egiziano di Conversione del Debito – II fase, con circa 15 milioni di USD. L'ITEC conta ad oggi 300 studenti e il suo modello verrà replicato per la realizzazione un altro ITEC nel settore della meccanizzazione industriale e del food processing. Proprio in questa direzione, vanno le intese concluse rispettivamente dal MIUR e dalla Regione Emilia Romagna con il Fondo Egiziano per lo Sviluppo dell’Istruzione (EDF) nel 2012. Nel dicembre 2012, è stato firmato il Protocollo Esecutivo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica per il triennio 2013-2015, che si articola su nove aree prioritarie di intervento, con particolare attenzione al settore delle tecnologie applicate ai beni culturali. Progetto SESAME Nell’ambito delle relazioni con l’Egitto, grande importanza riveste il progetto di Fisica Sperimentale SESAME - Synchrotron Light for Experimental Science and Applications in the Middle East. Si tratta di un progetto per la costruzione di un grande Centro di Ricerca Internazionale in Giordania al cui interno sarà presente un impianto sincrotronico in grado di offrire eccellenti prestazioni applicative nello studio della biologia molecolare, microanalisi archeologiche, clinica medica ed applicazioni diagnostiche. Il Progetto raduna intorno allo stesso tavolo rappresentanti di Israele, Palestina, Egitto, Iran, Pakistan, Cipro, Turchia, Bahrain e Giordania. L’Italia partecipa come “ Paese Osservatore”. I

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172 delegati italiani in seno al Consiglio di SESAME sono gli Addetti Scientifici in servizio presso le nostre Ambasciate al Cairo e a Tel Aviv. Università italo-egiziana Il progetto per l’istituzione dell’Università Italo-egiziana si propone di arricchire i legami storici e culturali tra i due Paesi, sviluppare ulteriormente la partnership bilaterale nei settori dell’istruzione e della ricerca e formare personale specializzato (con particolare attenzione ai bisogni delle aziende italiane operanti in Egitto e in Medio Oriente). L’Università sarà prevalentemente a indirizzo tecnologico (Ingegneria, Architettura ed Economia), cui si affiancheranno discipline umanistiche e rilascerà titoli accademici doppi o congiunti di I e II livello e Dottorati di Ricerca che saranno riconosciuti dall’Egitto e dalle università italiane coinvolte nel progetto.

G) COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

La Cooperazione Italiana interviene da oltre venti anni attraverso molteplici strumenti, quali il Programma Italo-Egiziano di Conversione del Debito, i finanziamenti a dono, i crediti d’aiuto, i programmi multilaterali. Con un programma bilaterale del valore di circa 300 milioni di Euro, incluse tutte le iniziative in corso e programmate, l'Italia è il secondo donatore a livello europeo per contributi a dono. I principali settori di intervento sono cinque: agricoltura e sviluppo rurale; istruzione tecnica e formazione professionale soprattutto nell’ambito della promozione di impiego per i giovani; tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale; sociale con particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili (donne e bambini); sviluppo dei settori pubblico e privato. 1) Agricoltura e Sviluppo Rurale L’Italia è Paese leader, a livello europeo, nel settore dell’agricoltura e dello sviluppo rurale. Alle attività finanziate sul canale bilaterale, si affianca una nuova iniziativa di sviluppo rurale finanziata dall’Unione Europea, la EU Joint Rural Development Programme, la cui realizzazione sarà affidata al MAE- DGCS in gestione centralizzata indiretta (cooperazione delegata). A sostegno di detto programma, da parte italiana sarà reso disponibile un co-finanziamento parallelo di circa 11 milioni di Euro: (i) un credito di aiuto di circa 10 milioni di Euro volto allo sviluppo della meccanizzazione agraria e (ii) un progetto a dono del valore di 1 milione di Euro per lo sviluppo della Costa Nord (Accordo siglato il 6.05.2014). Inoltre, nell’ambito del Programma di Conversione del Debito, la Green Trade Initiative, del valore di 10 milioni di USD, interviene lungo tutta la catena produttiva e di marketing dei prodotti ortofrutticoli freschi. Il terzo Accordo di Conversione del Debito prevede un’allocazione di circa 15

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173 milioni di USD per il settore dell’agricoltura e di 45 milioni di USD per il settore della sicurezza alimentare. 2) Istruzione Tecnica e Formazione Professionale Nel settore della istruzione tecnica e professionale, eccellenti i risultati finora conseguiti dal progetto per la creazione a Demo, Fayoum, di un polo per la formazione tecnica e professionale nei settori meccanico ed elettrico (ITEC), finanziato nel quadro del Programma di Conversione del Debito con circa 15 milioni di USD. Aperta ufficialmente nell'ottobre 2012 con 100 studenti, la sezione italiana per operatori meccanici ed elettrici della scuola di Demo ha oggi 300 studenti iscritti. 3) Tutela dell'Ambiente e del Patrimonio Culturale Nel settore della tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale, diversi programmi - in corso o in fase di avvio sul canale bilaterale, multilaterale e sul Programma di Conversione del Debito II e III fase – sono volti della gestione delle aree protette, dei rifiuti solidi, della salvaguardia del patrimonio archeologico e naturale, della promozione di un turismo sostenibile e responsabile. Con particolare riferimento alla tutela del patrimonio culturale, la Cooperazione Italiana è impegnata nella valorizzazione dei musei che conservano ed espongono il patrimonio culturale dell'Egitto. A dimostrazione di ciò, recentemente è stato dato sostegno al ripristino del Museo Islamico del Cairo, del Museo Mallawi nel Governatorato di Minya e del Museo Greco- Romano di Alessandria. 4) Settore Sociale Nel settore sociale, particolare attenzione è rivolta alle fasce più vulnerabili della popolazione, quali donne e bambini. Tra le varie iniziative in fase di avvio, è possibile citare il Programma dei diritti dei minori ed Empowerment della Famiglia nel Governatorato del Fayoum del valore di 1,5 milioni di Euro. Nel contesto sociale, importante è l’attività svolta dalle ONG in Egitto, le quali hanno maturato una presenza pluriennale in molteplici settori, tra i quali il settore socio-culturale, l’educazione, la salvaguardia dell’ambiente, la promozione dei diritti delle donne e dei minori, l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Per questo motivo, nel quadro del Programma di Conversione del Debito III fase è stata prevista una allocazione ad hoc del valore di 10 milioni di USD per la realizzazione di progetti di ONG egiziane e italiane. 5) Settore Pubblico e Privato A sostegno del settore privato, la Cooperazione Italiana utilizza anche in Egitto le Linee di Credito (Euro 12,9 per una Linea di Credito in favore delle Micro e

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174 Piccole imprese egiziane, in collaborazione con il Fondo Sociale per lo Sviluppo, e una in favore delle PMI, in fase di formulazione, per un valore di 45 milioni di Euro). A sostegno del settore pubblico, la Cooperazione Italiana ha contribuito al all’ammodernamento dell’Amministrazione Pubblica attraverso un Programma di Aiuto alla Bilancia del Pagamenti (Commodity Aid, 36 milioni di Euro) e delle ferrovie egiziane, attraverso un programma di assistenza tecnica (8 milioni)

VISITE ISTITUZIONALI BILATERALI

 Visita del Presidente del Consiglio Prof. Mario Monti (Egitto, 9-10 aprile 2012)  Visita del Ministro degli Affari Esteri Amb. Giulio Terzi di Sant’Agata (Egitto, 26 luglio 2012)  Visita del Ministro degli Affari Esteri Amb. Giulio Terzi di Sant’Agata (Egitto, 6 settembre 2012)  Visita del Presidente egiziano Mohammed Morsi (Roma, 13 settembre 2012)  Visita del Segretario Generale, Amb. Michele Valensise (Il Cairo, 19-20 gennaio 2014)  Visita del Ministro degli Esteri, Nabil Fahmi (Roma, 3 febbraio 2014)  Visita del Ministro degli Esteri, Nabil Fahmi (Roma, 3 marzo 2014)  Visita del Presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati, On. Fabrizio Cicchitto e di una delegazione parlamentare (Il Cairo, 23-26 giugno 2014)  Visita del Ministro degli Affari Esteri, On. Federica Mogherini (Egitto, 18-19 luglio 2014)  Visita del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi (Egitto, 2 agosto 2014)  Visita del Ministro dell’Interno, Angelino Alfano (Egitto, 3-4 settembre 2014).

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175 176 Giappone

SITUAZIONE INTERNA

Le elezioni parlamentari del 16 dicembre 2012 hanno designato il Partito Liberal- democratico quale formazione maggioritaria: 294 seggi della Camera Bassa su 480. Grazie all’alleanza con il “Nuovo Komeito”, la maggioranza dei due terzi è del pari raggiunta. Le elezioni dei Consiglieri della Camera Alta, svoltesi il 21 luglio 2013 (121 seggi oggetto di avvicendamento) hanno nuovamente premiato la coalizione di Governo, la quale gode oramai di maggioranza assoluta in entrambe le Camere della Dieta (non accadeva dal 2007).

Shinzo Abe, già Primo Ministro nel 2006-07, è stato nominato a capo dell’Esecutivo il 26 dicembre 2012. Nipote di Nobusuke Kishi (tra i più celebri Primi Ministri degli anni post-bellici) e figlio di Shintaro, Ministro degli Esteri nel 1982-86, egli succede nel prestigioso incarico a Yoshihiko Noda, dimessosi dalla Presidenza del Partito Democratico, che ha visto declinare sensibilmente il proprio peso politico. Il profilo del suo Gabinetto (12 Ministri a capo di Dicastero e 7 senza portafoglio) è invero dominato dalla componente economica. L’ex Primo Ministro Aso è stato nominato Vice Primo Ministro e Ministro delle Finanze. Al nevralgico Ministero dell’Economia, dell’Industria e del Commercio (METI) è stato collocato un esperto di servizi finanziari, Motegi. Il Ministro degli Esteri Kishida proviene a sua volta dal settore bancario privato e fu Ministro di Stato per Okinawa e i “Territori del Nord” nel 2007-08 (Governi Abe e Fukuda).

Sin dai primi giorni di insediamento sono apparsi prioritari gli obiettivi della crescita, del miglioramento della competitività internazionale, nonché del contrasto alla deflazione. Confermato anche l’impegno a favore della ricostruzione delle aree del Tohoku, regione nordorientale flagellata dal drammatico terremoto/maremoto dell’11 marzo 2011 (15.884 deceduti e 2.633 dispersi, 6mila i feriti). Il pacchetto di misure di politica economica varato dall’Esecutivo, c.d. “Abenomics”, si pone l’obiettivo di rilanciare la crescita del Paese, facendo leva sulle “tre frecce”: politiche fiscali e monetarie espansive, accompagnate da riforme strutturali (queste ultime ancora in via di definizione). L’obiettivo rappresentato dalla prima “freccia” è

177 stato anzitutto perseguito attraverso le leggi di bilancio approvate sotto l’Amministrazione Abe: valga menzionare quella del gennaio 2013, che prevedeva uscite complessive pari a circa 800 miliardi di Euro, un importo di spesa mai registrato prima in un bilancio di inizio anno. Quanto alla seconda “freccia”, questa ha dispiegato i suoi effetti attraverso le misure deliberate dal Governatore della Banca Centrale giapponese Kuroda, tese a raddoppiare in due anni la base monetaria, sì da raggiungere un tasso di inflazione pari al 2%. Ne è conseguita una marcata svalutazione dello Yen che, dai massimi di agosto 2012, ha perso oltre il 27% del suo valore rispetto all’Euro. Le riforme strutturali di cui alla terza “freccia”, annunciate dal Premier Abe – se pur in termini generali - il 27 giugno 2014, sono affidate a un pacchetto comprendente circa quaranta fra emendamenti e disegni di legge di natura economica. Tra i suoi punti più qualificanti, valga menzionare l’atteso taglio della Corporate Tax, la revisione delle regole societarie di corporate governance e la ristrutturazione del portafoglio titoli del Government Pension Investment Fund (GPIF).

Aldilà della dimensione economica del suo programma di Governo, un altro settore di impegno dell’Amministrazione Abe è costituito dalla prefigurata revisione dei principi interpretativi della Carta costituzionale, ai fini della rimozione delle restrizioni all’utilizzo delle forze di auto-difesa giapponesi.

Il 3 settembre 2014 il Primo Ministro Abe ha dato luogo al preannunciato rimpasto di governo. Il rimaneggiamento è stato piuttosto consistente ed ha risparmiato soltanto alcune figure chiave dell’Esecutivo: il Capo del Gabinetto del Governo, Suga, i Ministri delle Finanze, Aso, della Rivitalizzazione Economica, Amari, degli Esteri, Kishida, dell'Istruzione, Shimomura, e dei Trasporti, Ota, quest'ultimo unico rappresentante del New Komeito. Alcune figure di spicco del partito di maggioranza LPD sono entrate a far parte del Governo: il Segretario Generale Ishiba è stato posto a capo del neo-istituito Ministero della Rivitalizzazione delle economie locali, mentre la Responsabile del Ufficio Politico del partito, Takaichi, è stata nominata Ministro dell'Interno (ossia degli Enti locali).

Il Premier sembra aver conseguito il proprio principale obiettivo politico, ovvero quello di consolidare la leadership interna al partito accontentando le pretese delle diverse correnti dell'LPD. Nel contempo Abe ha rafforzato la solidità del proprio Governo, coinvolgendo nel proprio progetto politico di Governo i leader stessi di alcune delle fazioni che avrebbero potuto metterlo in discussione, in primo luogo il più insidioso concorrente (Ishiba). La conferma degli uomini chiave dell'Esecutivo induce altresì a prevedere una sostanziale continuità nelle linee di azione del Governo, sia dal punto di vista economico (conferma di Aso e Amari) che per quanto riguarda la politica estera.

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178 POLITICA ESTERA

Se l’alleanza con gli Stati Uniti rimane la pietra miliare e irrinunciabile della politica estera e di sicurezza giapponese (Trattato di San Francisco del 1952, come rivisto a Washington nel 1961), è del pari vero che la questione della presenza militare statunitense in loco (38mila effettivi) resta altamente sensibile, se non altro per i ricorrenti malumori della popolazione di Okinawa. Recentemente è intervenuta una rilevante intesa tra Tokyo e Washington in base alla quale gli Stati Uniti, ottenendo la conferma dell’impegno nipponico ad allocare in futuro la base di Futenma presso il distretto di Henoko, prevedono il trasferimento di circa 9000 militari tra Guam, Australia, Filippine e Hawaii. L’alleanza si è avviata verso un nuovo assetto strategico in seguito agli incontri a Tokyo (ottobre 2013) del Segretario di Stato americano Kerry e del Segretario alla Difesa Hagel con i rispettivi omologhi, Kishida e Onodera. In tale occasione i due Paesi hanno firmato una Dichiarazione congiunta che, oltre a citare la costituzione da parte dell’Amministrazione Abe di un National Security Council ispirato a quello americano, anticipava l’intenzione da parte giapponese di riesaminare la base legale della propria configurazione di sicurezza, includendo la possibilità di esercitare il diritto di auto-difesa collettiva. La visita del Presidente Obama a Tokyo, il 23-24 aprile 2014, è valsa a suggellare ulteriormente le linee direttrici del rapporto bilaterale: le sue coordinate di base sono, da un lato, il ‘rebalancing’ statunitense verso l’Asia e il Pacifico, dall’altro il ‘pacifismo proattivo’ giapponese, oramai definitivamente “consacrato” da Washington. Nel contesto della visita di Obama, particolarmente significativa è stata l’esplicita estensione a tutti i territori amministrati dal Giappone – nello specifico le Isole Pinnacle (Diaoyu-Senkaku) – della validità del Trattato Difensivo tra i due Paesi. L’aver ottenuto per la prima volta pubbliche assicurazioni sulla tutela statunitense delle isole contese dalla Cina, ha rappresentato un indiscusso e risonante successo per Shinzo Abe.

Per quanto riguarda i rapporti nippo-cinesi, a partire dalla fine del 2013, essi hanno registrato un complessivo peggioramento dovuto a: una recrudescenza del contenzioso sulle suddette isole “Pinnacle” (Senkaku per i Giapponesi, Diaoyu per i Cinesi); la crescente assertività di Pechino nel Mare cinese orientale e meridionale; l’ annuncio del Governo cinese, il 23 novembre 2013, dello stabilimento di una Zona di Identificazione per la Difesa Aerea nel Mar Cinese orientale, comprendente anche lo spazio aereo sovrastante le predette isole, con conseguenti forti reazioni del Giappone, degli USA e di altri Paesi asiatici, nonché dell’Unione Europea; nuove polemiche legate al riconoscimento da parte di Tokyo delle responsabilità storiche dell’espansionismo imperiale nipponico; scambi di accuse di militarizzazione, legati a recenti incrementi dei rispettivi bilanci di difesa e alla revisione costituzionale delle competenze delle forze di autodifesa (l’esercito nipponico) promossa dal Governo Abe nel quadro del pacifismo proattivo.

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179 Risultano parimenti complessi i rapporti tra il Giappone e la Federazione Russa, segnati dalla contesa sui Territori del Nord/Isole Kurili e dalla mancanza di un autentico trattato di pace (la Russia, infatti, non è firmataria del Trattato di San Francisco del 1951). Ciononostante, Mosca e Tokyo continuano a dialogare, onde poter creare un terreno di cooperazione che consenta, nel mutuo interesse, alla Russia di attrarre gli investimenti giapponesi (in particolare nel suo Estremo Oriente) e al Giappone di incrementare i rifornimenti energetici via Siberia. L’interscambio bilaterale oscilla intorno ai 30 miliardi di dollari annui, mentre gli investimenti nipponici in terra russa ammontano a 10 miliardi di dollari.

Con la Corea del Sud, fondamentale partner economico-commerciale, permangono dissidi diplomatici sia legati alla storia (questione delle c.d. comfort women), sia connessi alla pluriennale controversia territoriale in merito alle isole Dokdo/Takeshima, nonché alla questione della denominazione del Mare del Giappone/Mare dell’Est. Con la Corea del Nord rimangono sul tavolo la questione dei cittadini giapponesi rapiti negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso (una positiva evoluzione si è avuta nel maggio 2014, con la decisione nordcoreana di riaprire le indagini), e la minaccia missilistico- nucleare di Pyongyang.

Il rafforzamento del partenariato con l’India viene oramai annoverato fra gli obiettivi strategici della politica estera giapponese, come testimoniato, in particolare, dall’ingente impegno di Tokyo in termini di assistenza allo sviluppo (Nuova Delhi è il maggiore destinatario di crediti di aiuto a far data dal 2003: gli aiuti per lo sviluppo all’India superano i 500 milioni di dollari annui).

Particolare menzione spetta alla politica commerciale giapponese caratterizzata dalla recente apertura allo strumento dell’accordo di libero scambio. Attualmente vi sono 13 FTA vigenti con realtà per lo più asiatiche e in via di sviluppo, siglati tra il 2002 e il 2011 (l’ultimo dei quali con il Perù). Lo scorso 21 luglio Giappone e Turchia hanno concordato l’avvio di uno studio congiunto volto alla conclusione di un FTA. Noto è l’interesse di Tokyo ad addivenire a un’intesa di libero scambio con gli Stati Uniti (nel più ampio contesto del Trans-Pacific Partnership) e recente è il lancio del negoziato per un accordo di libero scambio con l’Unione Europea (marzo 2013).

Infine, tra i punti cardine del suo programma di Governo, il Premier Abe ha incluso la prefigurata revisione dei principi interpretativi della Carta costituzionale, ai fini della rimozione delle restrizioni all’utilizzo delle forze di auto-difesa giapponesi. Ciò varrebbe a consentirne la partecipazione a missioni internazionali di peacekeeping, pur mantenendo saldi i principi del dialogo e della collaborazione con gli altri attori internazionali e quello della non-belligeranza (sancito nella Costituzione). Tale formula, condensata da Abe nell’espressione “pacifismo proattivo”, ha anche ispirato il nuovo Piano di Sicurezza del National Security Council giapponese del dicembre scorso, con il quale si è autorizzato l’incremento del 5% delle spese militari per i prossimi 5 anni e si è 4

180 prospettata una riforma della restrittiva legislazione sull’export di materiali di armamento. Ciò non ha mancato, peraltro, di indurre la percezione di queste misure da parte di Pechino e Seoul quali sintomo - e rischio - di un rinnovato “nazionalismo” nipponico. Il 1° luglio scorso il Gabinetto del Primo Ministro ha approvato il Rapporto sull’interpretazione dell’art. 9 della Costituzione (che sancisce la “rinuncia alla guerra”) presentato da un Panel di esperti giuridici appositamente nominato da Abe per la ‘ricostituzione della base legale della sicurezza nazionale’. Sulla base del rapporto, Il Governo giapponese potrebbe realizzare una serie di attività rientranti nella cosiddetta ‘autodifesa collettiva’ in linea con i dettami della Carta dell’ONU, essendo quindi di fatto autorizzato - anche senza ricorrere alla formale revisione della Costituzione - a partecipare a missioni internazionali e operazioni di peacekeeping, nonché ad interventi di assistenza di un alleato impegnato in operazioni militari a difesa della propria sicurezza.

QUADRO MACROECONOMICO

Nel 2013, l’economia nipponica ha registrato un incremento pari al 1,5% del PIL reale, per un valore totale di poco meno di 5 mila miliardi di dollari. Secondo le stime dell’OCSE, nell’esercizio 2014 il PIL giapponese dovrebbe registrare una crescita dello 0,9%. Dopo il positivo dato del primo trimestre del 2014, determinato dalla corsa per anticipare gli acquisti in vista dell'incremento dell'imposta sui consumi e dal parallelo ampliamento degli investimenti produttivi da parte delle aziende, nel secondo trimestre del 2014 l’effettivo aumento in aprile dell’imposta sui consumi dal 5 all’8% e il connesso calo della domanda interna (5%) hanno causato una contrazione annualizzata del PIL pari al 7,1%. Secondo le Autorità nipponiche gli effetti negativi dell’aumento dell’IVA sui consumi e sulla crescita dovrebbero essere riassorbiti entro 12 mesi dall'entrata in vigore della nuova tassa. Sulla sostenibilità della ripresa dell’economia giapponese permangono peraltro le incognite legate all’andamento dei mercati europeo, cinese e, soprattutto, dei principali Paesi emergenti, il cui previsto rallentamento rappresenta il maggior rischio per un sistema fortemente export-oriented come quello nipponico.

Gli ambienti economici hanno inoltre reagito positivamente alla notizia dell’assegnazione a Tokyo dei Giochi Olimpici del 2020 (+2,5% registrato dall’indice Nikkei), per i quali, secondo stime del Governo Metropolitano di Tokyo, si prevedono ricadute economiche pari a 3.000 miliardi di yen (23 miliardi di euro) nonché la creazione di circa 150.000 nuovi posti di lavoro.

Nonostante la crescita reale del PIL e la graduale ripresa delle esportazioni sembrino premiare per il momento il corso di politica economica adottato dall’esecutivo, il progressivo indebolimento dello yen, aggravando il peso dell’import di materie prime 5

181 essenziali come l’energia e i beni alimentari, continua ad incidere sui bilanci dei nuclei famigliari.

Benché lo yen debole abbia favorito i bilanci dei grandi esportatori, la crescita relativamente contenuta nei Paesi clienti ha spinto molto meno del previsto il volume delle forniture giapponesi (+4% tra ottobre 2012 e ottobre 2013 contro il +16% se il calcolo è fatto in termini di valore). Il risultato viene altresì addebitato alla massiccia delocalizzazione verso l’estero e alla progressiva perdita di competitività dell’industria nipponica in settori-chiave come quello dell’elettronica, che hanno attenuato i vantaggi per l’export derivanti dalla svalutazione della moneta. Si è per converso aggravato il peso delle forniture di combustibili fossili necessarie a compensare l’attuale assenza di energia da fonte nucleare, che prima di Fukushima garantiva circa il 30% del fabbisogno nazionale. Come risultato, a novembre 2013 il deficit commerciale ha determinato il record negativo nel conto delle partite correnti (592,8 miliardi di yen, pari a più di 4 miliardi di euro), che porterà il surplus complessivo per l’anno solare 2013 a un minimo storico di meno di 30 miliardi di euro. Ciò, nonostante la contrazione del deficit nel settore dei servizi, spinto dall’ottimo andamento del turismo dall’estero, e alla crescita del saldo positivo dei redditi conseguente agli introiti derivanti dalle acquisizioni societarie realizzate all’estero in questi ultimi anni. L’outlook su questo fronte rimane dunque molto incerto.

Contemplando una spesa record di 95.880 miliardi di yen, il bilancio 2014 prevede qualche progresso verso il risanamento del debito pubblico lordo (sceso dal 243 al 232%) e del deficit dal 9,2 al 7,6%, sulla via del raggiungimento del pareggio del bilancio primario nel 2020. E’ scattato il 1mo aprile l’aumento dell’aliquota sui consumi (“Consumption Tax”) dal 5% all’8%, teso a dare parziale copertura, in un Paese in rapido invecchiamento, ai costi crescenti del welfare, che, specie in questi ultimi anni, hanno contribuito alla progressiva proliferazione dell’elevato debito pubblico. La misura rappresenta dunque una risorsa fiscale alternativa di contenimento del debito avente lo scopo di alleggerire gli oneri per il suo rifinanziamento, atteso che nell’ultimo quinquennio l’emissione di nuovi titoli obbligazionari da parte dello Stato ha superato in valore i proventi derivanti dalle entrate fiscali.

Altro punto debole del Paese sembrerebbe la sua scarsa capacità di attrarre investimenti dall’estero. Il Giappone rimane il Paese OCSE con il più basso tasso di attrazione IDE in rapporto al PIL. In questo contesto, rilevano le Zone Strategiche Speciali, la cui istituzione è espressamente prevista dalle misure “Abenomics” per attrarre investimenti dall’estero.

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182 RAPPORTI BILATERALI

Certamente distanti per quanto riguarda la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (il Giappone è membro del Gruppo G4, insieme a Brasile, Germania e India, ed è favorevole all’istituzione di nuovi seggi permanenti), Italia e Giappone hanno posizioni affini su un ampio ventaglio di questioni regionali e globali.

In linea con l’ottimo stato delle relazioni bilaterali, negli ultimi due anni si sono susseguiti con regolarita’ incontri politici di massimo livello: visita in Giappone dell’allora Presidente del Consiglio, Sen. Mario Monti, nel marzo 2012; incontro dell’ex Presidente del Consiglio Letta con il Primo Ministro Abe a margine del Vertice G8 di Lough Erne, nel giugno 2013; incontro del Presidente del Consiglio Renzi con il Primo Ministro Abe a margine del III Vertice sulla Sicurezza Nucleare a l’Aia, il 24 marzo 2014; visita ufficiale del Primo Ministro Abe in Italia, su invito del Presidente Renzi, il 5-6 giugno 2014, al termine della quale i due Capi di Governo hanno emesso un comunicato stampa congiunto.

In ambito multilaterale, in merito alla candidatura del nostro Paese al Consiglio di Sicurezza per il biennio 2017-2018, alla richiesta di sostegno presentata da parte italiana, il Giappone ha fornito una risposta interlocutoria.

I rapporti economico-commerciali sono di assoluto rilievo. Nel 2012 le esportazioni italiane hanno raggiunto la soglia dei 5,6 miliardi di euro (+19,1%), mentre le importazioni italiane dal Giappone sono ammontate a 3,2 miliardi circa (-24,3%). Nel 2013, l’interscambio commerciale complessivo è stato pari a 8,6 miliardi di euro. Le esportazioni italiane sono ammontate a circa 6 miliardi di euro, registrando un aumento del 7% su base annua, mentre le nostre importazioni hanno raggiunto una quota pari a circa 2,6 miliardi. Si tratta di una performance senz’altro brillante, ancor più se si guarda ai dati relativi ai maggiori partner dell’area euro: la Germania, primo esportatore europeo in Giappone, ha mantenuto invariato il valore delle proprie esportazioni rispetto al 2012, mentre Francia e Regno Unito hanno fatto registrare rispettivamente un calo del 10% e del 6,5%. Nondimeno, l’attivo a nostro favore è aumentato, raggiungendo i 3,4 miliardi di euro. In relazione ai settori merceologici, la prima voce del commercio con il Giappone è ancora costituita dai prodotti farmaceutici, ai quali si affiancano due settori tradizionali delle nostre esportazioni, quello dei prodotti alimentari e quello dei macchinari, nonché il comparto strategico della moda e del tessile. Secondo gli ultimi dati riguardanti il periodo gennaio-aprile 2014, le esportazioni italiane in Giappone, pari a 1,85 miliardi di euro, sono diminuite del 7% rispetto allo stesso periodo del 2013 (1,99 miliardi di euro), verosimilmente anche a causa del rallentamento della domanda interna giapponese. Le importazioni italiane dal Giappone sono state pari a 933 milioni di euro, in lieve calo (0,3%) rispetto allo stesso periodo del 2013 (936 milioni di euro). Il saldo dell’interscambio, pari a 921 milioni di euro, risulta 7

183 comunque positivo per l’Italia, anche se in calo del 4,9% rispetto ai 1.057 milioni di euro del periodo gennaio-aprile del 2013.

Importanti possibilità di accrescimento dell’interscambio bilaterale potranno emergere dal negoziato FTA in corso fra l’Unione Europea e il Giappone. L’interesse italiano in relazione all’Accordo si indirizza soprattutto verso l’eliminazione delle misure protezionistiche che interessano il settore agroalimentare, calzaturiero, della pelletteria e del tessile. Inoltre, con riferimento al “public procurement”, fra i settori più dinamici per gli interessi italiani sono stati individuati i prodotti e servizi legati alle soluzioni per la “aging society”, le energie rinnovabili, la chimica-farmaceutica e l’aerospazio.

Lo stock di IDE netti in entrata si attesta sui 3,4 miliardi di Euro al 2012: il Giappone è il primo investitore asiatico e il terzo investitore extra UE nel nostro Paese. Lo stock degli investimenti italiani in Giappone, per il medesimo lasso temporale, ammonta a circa 1,7 miliardi. Con riferimento ai flussi, dopo il livello record di investimenti verso l’Italia registrato nel 2011 (un miliardo di dollari), e la loro vistosa flessione nel 2012 (141 milioni di dollari), i dati del primo trimestre 2013 denotano un ritrovato dinamismo (419 milioni di dollari) (Fonte: Japan External Trade Organization). Secondo fonti JETRO, gli investimenti italiani in Giappone ammontano per il 2013 a 88 milioni di dollari. Secondo i più recenti dati Invitalia, lo scorso anno la presenza giapponese nel nostro Paese è cresciuta del 6,7% rispetto al 2012. Il numero totale delle società del Sol Levante con interessi in Italia è passato da 390 a 416: queste sono prevalentemente concentrate nel commercio (63%), nella meccanica (6%), e nella logistica (3%). Le imprese giapponesi, inoltre, sono presenti su buona parte del territorio italiano, a eccezione di poche regioni (Valle d’Aosta, Basilicata, Calabria e Sardegna); in Lombardia è presente la più alta concentrazione di imprese nipponiche (58%); seguono Lazio, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Quanto alla presenza italiana, risultano attualmente attivi in Giappone circa 160 operatori economici italiani.

A partire dal 1989, opera l’ “Italy Japan Business Group”, organismo creato sulla spinta delle comunità imprenditoriali con il patrocinio delle rispettive Autorità, il cui fine è quello di sviluppare le relazioni commerciali tra i due Paesi attraverso riunioni periodiche dei principali gruppi industriali. La XXV plenaria si è tenuta a Tokyo il 24 ottobre 2013, mentre la XXVI plenaria sarà ospitata a Torino nel prossimo ottobre.

Un’ulteriore occasione di approfondimento della partnership con il Giappone è costituita dall’EXPO di Milano del 2015: il Paese prenderà parte all’Esposizione Universale con un Padiglione individuale su un lotto di circa 4,100 metri quadri, il terzo più grande del sito espositivo. La firma del contratto di partecipazione è avvenuta nel luglio 2013 a Tokyo. Il padiglione nipponico verrà presentato alla stampa il 16 giugno prossimo a Milano, alla presenza del Commissario Generale giapponese, Tatsuya Kato. Le linee guida individuate per la valorizzazione della presenza giapponese a Expo si concentrano, in primo luogo, sull’opportunità di attrazione di visitatori. L’Italia rappresenta la prima 8

184 destinazione del turismo nipponico in Europa, e la terza in assoluto. Allo stesso tempo, è stato avviato un processo di attrazione di investimenti privati giapponesi e una programmazione delle iniziative promozionali che verranno svolte nei sei mesi dell’EXPO - anche in vista della celebrazione, nell’anno seguente, del 150mo anniversario delle relazioni italo-giapponesi.

L’elevato flusso turistico giapponese verso il nostro Paese (oltre 2,7 milioni di pernottamenti nel 2012, in aumento del 3,75%), l’amore per il nostro patrimonio culturale, uno sviluppato gusto per il Made in Italy, sono invero sintomatici dell’eccellente stato di salute delle relazioni culturali bilaterali. La lingua italiana è insegnata in 86 università nipponiche, 5 delle quali comprendono Dipartimenti specifici di Italianistica. Le città di Tokyo e Osaka ospitano peraltro i Comitati Dante Alighieri. Dopo il successo delle edizioni del 2009 (inaugurata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) e del 2011, l’Ambasciata italiana in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura e gli altri attori del Sistema Paese operanti a Tokyo ha inoltre organizzato nel 2013 una nuova edizione della Rassegna “Italia in Giappone”. L’iniziativa, in conformità con la precedente formula, ha associato agli eventi culturali la promozione del Made in Italy, promuovendone le eccellenze industriali, turistiche e tecnologiche.

Per quanto concerne la consistenza della comunità italiana in Giappone, si contano 2.960 connazionali residenti (di cui 2.089 nella circoscrizione consolare di Tokyo e 871 in quella di Osaka).

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185 Italia-Giappone Principali Accordi Intergovernativi Vigenti

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186 Titolo: SCAMBIO DI NOTE PER LA RECIPROCA ASSISTENZA GIUDIZIARIA IN MATERIA CIVILE E PENALE Data Firma Accordo: 05/10/1937

Titolo: SCAMBIO DI NOTE PER IL RISTABILIMENTO DELLA PACE Data Firma Accordo: 27/09/1951

Titolo: ACCORDO CULTURALE, CON SCAMBIO DI NOTE Data Firma Accordo: 31/07/1954

Titolo: SCAMBIO DI NOTE PER L’ABOLIZIONE DEI VISTI SUI PASSAPORTI Data Firma Accordo: 11/01/1956

Titolo: ACCORDO SUI SERVIZI AEREI, CON PROCESSO VERBALE E RELATIVO ANNESSO Data Firma Accordo: 31/01/1962

Titolo: SCAMBIO DI NOTE PER L’ABOLIZIONE DEI VISTI SUI PASSAPORTI DIPLOMATICI E DI SERVIZIO Data Firma Accordo: 15/03/1963

Titolo: CONVENZIONE PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO Data Firma Accordo: 20/03/1969

Titolo: ACCORDO SULLA COOPERAZIONE NELLA SCIENZA E NELLA TECNOLOGIA, CON ALLEGATO PROCESSO VERBALE DEI NEGOZIATI Data Firma Accordo: 07/10/1988

Titolo: SCAMBIO DI NOTE PER LA CONVERSIONE RECIPROCA DELLE PATENTI DI GUIDA Data Firma Accordo: 29/09/2003

Titolo: ACCORDO DI MUTUA ASSISTENZA AMMINISTRATIVA E COOPERAZIONE IN MATERIA DOGANALE Data Firma Accordo: 15/12/2009 11

187 188 SCHEDA PAESE

Repubblica d’India

189 INDICE

STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE...... 2 POLITICA INTERNA...... 3 POLITICA ESTERA ...... 6 SITUAZIONE ECONOMICAErrore. Il segnalibro non è definito.Errore. Il segnalibro non è definito. RAPPORTI BILATERALI...... 11

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190 STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE

Struttura istituzionale e dati di base Superficie: 3.287.590 kmq (comprese le acque territoriali) Capitale: New Delhi Principali città: New Delhi, Mumbai, Kolkata Nome Ufficiale: Repubblica dell’India Forma di Governo: Repubblica Federale di tipo parlamentare Capo dello Stato: Pranab Mukherjee Capo del Governo: Narendra Modi Ministro degli Esteri: Sushma Swaraj Bicamerale: Consiglio degli Stati (Raiya Sabha – 245 membri) e Camera del Popolo (Lok Sabha –543 Sistema legislativo: membri), ciascuna con distinte Commissioni Permanenti “Esteri” e “Difesa”. Sistema giudiziario: Common Law britannica. Vige la pena di morte. Universale e diretto per l’elezione della Lok Sabha, indiretto per l’elezione della Raiya Sabha, della quale 12 Suffragio: membri sono nominati dal Presidente della Repubblica e gli altri dalle Assemblee degli Stati con sistema proporzionale. 18 anni il limite d’età per il diritto di voto. Nazioni Unite, Fao, Unesco, Commonwealth, South Asia Association for Regional Co-operation (Saarc), Indian Ocean Rim Association for Regional Co-operation Partecipazione a OO. II.: (Ioarc), Partner del dialogo Asean (Association of South East Asian Nations), Omc, Banca Mondiale, FMI, Banca Asiatica Sviluppo. Popolazione e indicatori sociali Popolazione: 1.2 miliardi (ultimo censimento febbraio 2011) Tasso di crescita: 1,4% Aspettativa vita alla 63,2 anni. Donne 63,9 anni. Uomini 62,5 anni nascita: Gruppi etnici: Indoariani 72%, Dravidi 25%, mongoloidi e altri 3%. Indù (82%), Musulmani (12,1%), Cristiani (2,3%), Sikh Religioni: (1,9%), altre (1,7%) 22 idiomi (Hindi parlato dal 38% della popolazione). Lingue: L’inglese è ampiamente usato. Partito del Congresso; BJP – Bharatiya Janata Party; vari Partiti politici principali: partiti regionali

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191 POLITICA INTERNA

Il 16 maggio si sono concluse le elezioni legislative per il rinnovo della Lok Sabha (la Camera Bassa) che hanno segnato la vittoria della coalizione di opposizione National Democratica Alliance-NDA guidata dal leader del Bharatiya Janata Party-BJP (di ispirazione nazionalista), Narendra Modi. Il BJP ha raggiunto da solo la maggioranza assoluta dei seggi, pari a 282 su 543, che diventano 336 sommando quelli conquistati dagli alleati. A tale storico risultato (l’ultimo precedente risale al 1985) corrisponde il tracollo del Partito del Congresso che ha mantenuto solo 44 seggi (pari a ¼ di quelli detenuti nella legislatura precedente), un risultato che molti interpretano come la fine della dinastia dei Gandhi. Da segnalare, inoltre, il completo fallimento dell’Aam Aadmi Party-AAP (Partito dell’Uomo Qualunque) che aveva ottenuto un ottimo risultato nelle elezioni locali dello scorso dicembre, tanto da conquistare il Governo di New Delhi. Il BJP ha vinto facendo leva sul crescente malcontento vero il Governo Singh, dovuto al rallentamento dell’economia e alle ricorrenti accuse di corruzione, e promettendo una ricetta per lo sviluppo del Paese. Contando sul sostegno dei grandi gruppi industriali e finanziari della Corporate India, il BJP ha quasi triplicato il proprio bacino di voti con un messaggio in grado di conciliare modernità e tradizione. Forte della sua esperienza di Governo dello Stato del Gujarat (tra i più business friendly del Paese) Modi ha promesso sviluppo e good governance; allo stesso tempo, i suoi costanti richiami al nazionalismo e all’identità religiosa hindu hanno mobilitato nuovi elettori tra le classi medie e popolari. Al contrario, il Congresso ha perso queste elezioni senza mai realmente competere, sancendo il declino di una ricetta di Governo assistenzialista e “compassionevole” che non è più in grado di rispondere alle esigenze dell’India contemporanea. Di certo, il risultato elettorale conferisce al BJP e al suo leader Modi un potere e un margine di manovra politica che hanno pochi precedenti nella storia del Paese. Ma tale successo va combinato con alcune, imprescindibili considerazioni. Il BJP resta fortemente minoritario della Rajya Sabha (disponendo di 62 seggi su 243, contro i 79 della coalizione del Congresso) che, pur non votando la fiducia e le leggi di bilancio, ha poteri del tutto analoghi a quelli della Camera Bassa costituendo, così, un effettivo contraltare alla forza numerica di Modi nella Lok Sabha. Non andrà, poi, sottovalutata la struttura federale dell’India dove l’attuazione delle leggi è spesso competenza statale e, dunque, fattore essenziale nel frenare le iniziative del Governo federale (in particolare ora che il Congresso guida 11 dei 28 Stati indiani). Non sarà quindi automatica la trasposizione sul piano nazionale dei successi di cui Modi è stato protagonista come Governatore dello Stato del Gujarat. La spinta per il rilancio della crescita dovrà, dunque, confrontarsi con questo sistema di pesi e contrappesi. La campagna elettorale ha suscitato aspettative elevate da parte dei mercati e della classe media cui il nuovo Esecutivo dovrà rispondere per mantenerne il consenso, mettendo al primo posto della sua agenda lo sviluppo delle infrastrutture, il miglioramento del business environment, la creazione di nuova occupazione per i milioni di giovani che compongono l’attuale forza-lavoro. Tuttavia, 3

192 è lecito attendersi che le sfide più grosse corrisponderanno ai dossier rimasti in sospeso durante la precedente legislatura: la liberalizzazione del commercio al dettaglio (dove PMI e artigiani si oppongono all’apertura indiscriminata del mercato della distribuzione ai colossi stranieri), l’adozione della normativa propedeutica all’avanzamento dei negoziati sull’Accordo di Libero Scambio con l’UE (dove i punti dolenti restano le discipline degli appalti pubblici e dei servizi finanziari).

Il nuovo Governo si è insediato il 26 maggio con una inconsueta velocità, a riprova dell’ampio margine di manovra che la vittoria elettorale assicura al nuovo Primo Ministro che non ha dovuto affrontare lunghe trattative con i Partiti più piccoli dell’NDA. L’Esecutivo è ora più snello e compatto (12 Ministri e 45 membri in tutto rispetto ai 70 del Governo Singh), rappresentativo delle diverse anime del BJP e con persone di comprovata esperienza nei Dicasteri chiave. In sintesi, Modi sembra aver trovato un equilibrio tra l’opportunità di accontentare il Partito che lo ha scelto e sostenuto nella campagna elettorale e l’esigenza di garantire un’azione di governo efficace. Il Governo conta un solo musulmano e nessun cristiano, in linea con la composizione della compagine parlamentare del BJP – esclusivamente hindu – che se da un lato è coerente con l’ispirazione nazionalista del Partito di maggioranza, dall’altro suscita perplessità sulla capacità di rappresentare in maniera adeguata il caleidoscopio etnico e confessionale del sub-continente.

ECONOMIA

Nel 2013 il tasso di espansione dell’economia si è attestato al 4,7% . Il dato risulta inferiore alle stime di fonte governativa (4,9%) che avevano previsto una graduale ripresa dell’economia sulla scorta dei segnali di un complessivo miglioramento della stabilità macroeconomica. Si tratta di una contrazione dei tassi di crescita sperimentati dall’India nel decennio precedente che risulta evidente se confrontata al 6,7 del 2012. Il quesito che non trova ancora risposta univoca tra gli osservatori internazionali e gli stessi responsabili indiani è se i tassi di crescita inferiori al 5% siano destinati a essere presto superati, ovvero se riflettano contraddizioni strutturali del sistema economico indiano che vanno al di là della crisi congiunturale dei mercati emergenti. Nel suo più recente World Economic Outlook, il Fondo Monetario Internazionale sembra avanzare la prima ipotesi, prevedendo un tasso di crescita del 5,4% per il 2014 e del 6,4% per il 2015. Per ottenere questi traguardi, la ricetta suggerita dall’organismo internazionale è quella di una politica monetaria restrittiva, quale quella già in atto dalla Banca Centrale indiana, accompagnata da misure di consolidamento fiscale, di riforme strutturali e di governance. Per quanto riguarda gli altri indicatori macroeconomici si osserva che:

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193  il deficit di bilancio è stato portato al di sotto del valore critico del 5%, sebbene il target fissato dal Governo per il 2014 (4,6%) appaia di difficile raggiungimento.  La rupia dopo aver raggiunto il minimo storico di 68,8 a 1 rispetto al dollaro nell’estate 2013, è tornata ad apprezzarsi arrivando a superare un più sostenibile rapporto di 60 a 1.  Gli investimenti diretti esteri, dopo la diminuzione del 38% nell’anno fiscale 2012-2013, hanno visto un aumento del 47% nel periodo aprile-dicembre 2013, pari ad un afflusso di 20,7 miliardi di dollari.  L’inflazione sta scendendo a ritmi più contenuti, pari all’8,1%, grazie anche allo strumento del tasso di sconto, il cui aumento fino all’8% è stata la misura caratterizzante della gestione del neo Governatore della Banca Centrale Rajan.  Il disavanzo delle partite correnti è stato ridotto sino al 2 % del PIL (dal 4,8 dell’anno fiscale precedente), anche se ciò è avvenuto principalmente grazie a misure di restrizione delle importazioni (in particolare dell’oro).

Ciò che rimane ancora debole è tuttavia la componente manifatturiera della crescita. L’economia indiana continua ad essere trainata dai servizi (che ammontano al 60% del PIL) specie quelli finanziari (+ 11% nell’anno fiscale 2013/2014), mentre il Paese fatica a creare quella base industriale necessaria per rientrare su un sentiero di crescita sostenuto e assorbire le dinamiche demografiche. Il relativo miglioramento congiunturale, unitamente alle attese determinatesi fin da prima delle elezioni per la possibile vittoria elettorale, poi verificatasi, del BJP e di Modi hanno portato negli ultimi mesi ad un consistente afflusso di capitali esteri e ad una reazione euforica del mercato azionario indiano, portando l’indice Sensex di Mumbai al suo massimo storico. La Banca Centrale è dovuta persino intervenire con operazioni di acquisto di dollari al fine di evitare un eccessivo apprezzamento della rupia ed ha introdotto misure per scoraggiare investimenti speculativi, ad esempio vietando l’acquisto di titoli del debito pubblico a breve termine. La questione centrale è capire quanto il cambio di governo determinato dalle ultime elezioni legislative potrà influenzare la crescita economica indiana e se il neo Primo Ministro Modi saprà ripetere i risultati considerevoli da lui raggiunti come Chief Minister del Gujarat sul piano della performance dell’economia. Per molti versi, l’India appare gravata da tare strutturali che mettono in dubbio la possibilità di replicare e dare sostenibilità alla forte ascesa dell’ultimo decennio. Una forte tendenza alla protezione dalla concorrenza straniera, soprattutto nei settori del commercio al dettaglio; un’eccessiva frammentazione del mercato interno, dove l’applicazione delle normative federali viene demandata ai singoli Stati dell’Unione indiana (secondo uno studio JP Morgan il 55% dei progetti di investimento bloccati in India lo sono per mancanza di autorizzazioni che competono agli apparati statali e non a quello federale); lo stesso peso dei partiti regionali, molto spesso ostili a misure di maggiore apertura del mercato interno, sono tutti elementi che caratterizzano marcatamente il paesaggio economico indiano e che hanno sempre avuto una forte

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194 condivisione tra i vari schieramenti politici. Resta da vedere come Modi potrà incidere su questo panorama. L’adozione di alcune normative in settori chiave come gli appalti pubblici ed i servizi finanziari, oltre alla regolamentazione del commercio al dettaglio potranno essere degli indicatori utili a comprendere se il cambio di esecutivo possa tradursi in un mutamento significativo delle policies. Si tratta di provvedimenti rimasti lettera morta nella precedente legislatura e alcuni di essi vengono considerati propedeutici ad un possibile avanzamento dei negoziati sull’accordo di libero scambio UE-India.

PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI 2013/14 2014/20155 2011/2012 2012/2013 (s) (p) PIL (variazione % reale) 6,7 4,7 4,8 6,0 Inflazione media annua 8,9 9,3 10,0 8,0 (%) Tasso disoccupazione (%) 8,1 8,5 8,8 8,4 Saldo Bilancio Pubblico / -5,7 -4,9 -5 -5,2 PIL (%) Bilancia dei pagamenti - Esportazioni ( $mld) 307,8 301,9 319,7 343,2 - Importazioni ($ mld) -475,3 -503,5 -482,3 -520,0 - Saldo transazioni -3,3 -4,9 -2,5 -2,6 correnti/PIL (%) Debito estero totale ($ mld) 336,8 379,1 392,1 407,3 Debito estero totale/PIL 18,0 20,4 20,3 19,3 (%) Riserve valutarie lorde ($ 297,9 297,8 296,2 303,1 mld) Riserve valutarie lorde 6,5 6,1 6,3 6,0 (mesi import.) Fonte: EIU giugno 2014 (s:stime; p:previsioni)

POLITICA ESTERA

La politica estera dell’India è il frutto di tendenze per molti versi conflittuali. Da un lato, infatti, il Paese mira a giocare un ruolo di primo piano a livello globale. In questo senso depongono l’aspirazione ad un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU così come la sempre maggiore assertività di New Delhi nel gruppo dei BRICS. Dall’altro lato, però, la proiezione esterna dell’India mantiene per molti aspetti una connotazione fortemente provinciale, limitata come è – almeno a livello di elaborazione strategica – ai Paesi dell’immediato vicinato ed in particolare 6

195 la Cina ed il Pakistan. Per il resto, la politica estera dell’India risente fortemente delle dinamiche di politica interna (come nelle relazioni con i “piccoli” Paesi confinanti – Sri Lanka e Bangladesh – dettate dalle esigenze dei partiti regionali degli Stati dell’Unione adiacenti al confine) ovvero si perde in una serie di input non sempre coerenti e che spesso mettono in risalto una sproporzione tra fini e mezzi. Il Governo Modi sta mostrando di condurre la sua politica estera in sostanziale continuità con tali direttrici: attenzione verso l’Estremo Oriente, specie nei confronti del Giappone, in funzione anti-cinese; ruolo di alto profilo in Afghanistan ed in Iran, in ambedue i casi come contrappeso al Pakistan. Di particolare interesse, la schiarita con gli Stati Uniti dopo le incomprensioni verificatesi nell’ultimo scorcio della passata legislatura. Significativa, d’altro canto, la decisione del Primo Ministro Modi di invitare i Capi di Stato e di Governo dei paesi vicini – tra cui il Premier pakistano Sharif – alla cerimonia del suo insediamento.

Relazioni con gli Stati Uniti L’ascesa al potere di Modi sta favorendo il rilancio dei rapporti con gli Stati Uniti dopo alcune incomprensioni e dissapori che avevano caratterizzato la fase finale della precedente legislatura indiana, come l’arresto, avvenuto nel dicembre 2013 a New York, del Vice Console Generale indiano per questione di carattere fiscale. Nel corso degli ultimi mesi, numerosi esponenti del Governo e del mondo politico statunitense hanno fatto tappa a Delhi: Il Segretario di Stato Kerry e il suo Vice Burns, il Segretario alla Difesa Hagel, il Segretario al Commercio Prizker, il Senatore McCain e l’ex Presidente Clinton. C’è grande attesa, infine, per la visita di Modi a Washington, prevista per la fine di settembre. Questa visita, infatti, suggellerà il definitivo consolidamento delle relazioni bilaterali, lasciando alle spalle l’ostracismo americano verso Modi cui per dieci anni è stato sistematicamente negato il visto d’ingresso negli Stati Uniti poiché considerato, almeno politicamente, responsabile per l’eccidio ai danni della comunità musulmana che ebbe luogo nel Gujarat sotto la sua presidenza. Il Governo Modi si aspetta dei risultati tangibili da questa visita, soprattutto sul piano della cooperazione nel campo della difesa e dell’energia nucleare. Il fatto che Washington consideri l’India partner strategico per diverse ragioni cruciali compreso l’Afghanistan, non deve far dimenticare questioni di fondo prevalentemente di carattere commerciale che mantengono in qualche modo “dialettico” il rapporto tra i due Paesi. Numerosi infatti sono i contenziosi aperti tra Washington e New Delhi in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio legati all’atteggiamento protezionistico dell’India. L’ascesa di Modi non sembra cambiare le linee di fondo. Quest’ultimo viene confermato dalla recentissima decisione indiana di mantenere il programma di prezzi sussidiati dei generi alimentari, che mette in discussione le intese in materia di liberalizzazione raggiunte alla Ministeriale di Bali dello scorso dicembre.

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196 Relazioni con la Cina Le relazioni con Pechino risentono dell’annoso contenzioso confinario che ha per oggetto la “Line of Actual Control” (LAC) tracciata nel 1962 ed attorno alla quale sono frequenti episodi di tensione tra guardie di frontiera. Le zone di appartenenza contese sono situate lungo un tracciato di oltre 2500 Kilometri nella catena dell’Himalaya e riguardano le regioni dell’Aksai Chin (rivendicato dall’India come parte dello Stato del Jammu e Kashmir) e dell’Aruchanal Pradesh (rivendicato dalla Cina come “Tibet meridionale”). Tale ultima regione è uno dei rifugi tradizionali degli esuli tibetani ed è ambìto da Pechino per la sua funzione di corridoio strategico verso la regione del Golfo del Bengala. Secondo la valutazione dei geologi, la regione sarebbe anche molto ricca di depositi di uranio. A più riprese – nel 1993, 1996 e 2003 – sono state concluse delle intese bilaterali di cooperazione transfrontaliera, spesso disapplicate. Nel corso del 2013 una certa distensione sembra essere stata raggiunta con le visite del Primo Ministro cinese Li Keqiang a New Delhi nel mese di maggio e successivamente con quella del premier indiano Singh dal 22 al 24 ottobre. Nel corso di tale ultima visita è stato firmato un nuovo memorandum di cooperazione confinaria, che si aggiunge ai precedenti, che prevede che le due parti impongano ai propri militari di evitare scontri armati e di “trattarsi con cortesia”, notificando la presenza di pattuglie lungo la linea di demarcazione ed astenendosi dalle provocazioni in caso di faccia a faccia. Lo stesso protocollo prevede meccanismi di facilitazione del passaggio di merci e persone per intensificare i rapporti economico – commerciali fra i due Paesi. Gli accordi conclusi a Pechino sono stati presentati con enfasi come la dimostrazione dell’impegno reciproco di rilanciare i rapporti bilaterali e mettere la sordina ai problemi frontalieri. In aggiunta ad esso, sono stati definiti i termini del “gruppo di studio” che dovrà elaborare il progetto di corridoio economico BCIM (Bangladesh, Cina, India, Myanmar), con un impegno ad accelerare i tempi per la costruzione del Corridoio economico, che si pone quale prolungamento meridionale dell’antica via della seta. Insomma, la visita di Singh a Pechino, coronata dalla firma di numerosi altri protocolli di cooperazione in un ampio ventaglio di settori, è sembrata rilanciare i rapporti bilaterali. Resta da vedere se i risultati da essa raggiunti sapranno reggere ai momenti di tensione che fisiologicamente si riaffacceranno. D’altra parte, le linee di tendenza della politica estera dei due Paesi non sembrano essere fatte per convergere, caratterizzate come sono da aspirazioni egemoniche che facilmente entrano a conflitto. A riprova di ciò il fatto che, proprio mentre la visita di Singh aveva luogo, il Ministro degli Esteri indiano Khurshid si recava in visita ufficiale nelle Filippine, Paese con cui la Cina intrattiene difficili rapporti per la definizione della frontiera marittima. Un incontro fra delegazioni di alto livello ha istituito, nell’aprile 2014, la tenuta di consultazioni regolari fra le rispettive catene di comando per ridurre gli episodi di conflitto e migliorare la gestione dei confini contesi. Questa decisione rappresenta un primo, importante seguito operativo del Memorandum di cooperazione (concluso nell’autunno del 2013) che prevede anche la tenuta di esercitazioni militari congiunte 8

197 entro il 2014. Questi sviluppi sembrano confermare il rilancio in atto delle relazioni bilaterali che potrà giovare alla diplomazia economica del futuro governo indiano. L’insediamento di Modi sembra poter influire positivamente sui rapporti indiani con la Cina, prioritari per un Primo Ministro che ha messo la crescita economica al primo posto nella sua agenda di governo e che, pragmaticamente, potrebbe abbassare i toni nazionalisti della campagna elettorale. L’India ha urgente bisogno di attrarre capitali dall’estero per finanziare i suoi progetti di sviluppo infrastrutturale e industriale e Pechino ha più volte manifestato il suo interesse in tal senso, alla luce della positiva esperienza maturata proprio nel Guajarat, durante i mandati di Modi da governatore di quello Stato. I dossier economici sono stati, perciò, l’argomento principale dei colloqui di Modi, della Ministro Swaraj e del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Doval in occasione della visita a New Delhi del Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. Significativamente la visita si è svolta nel giugno 2014, a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Governo indiano.

Relazioni con il Pakistan Anche con il Pakistan le relazioni sono caratterizzate, se possibile in maniera ancor più viscerale, da un contenzioso di frontiera che affonda le radici nel periodo coloniale e che riguarda la regione himalayana del Kashmir. La linea di controllo (“Line of Control” – LOC), attorno alla quale operano osservatori delle Nazioni Unite, è oggetto frequente di scontri e di momenti di tensione. Solo nel 2013 per ben due volte militari indiani e pakistani sono entrati in conflitto armato. A complicare la situazione vi è la “porosità” della parte pakistana della frontiera, dove le autorità di Islamabad non sono sempre in grado di esercitare controlli efficaci, unite ai problemi endemici di sicurezza del Pakistan. Solo per fare un esempio, in occasione degli ultimi scontri, verificatisi nel mese di agosto e a seguito dei quali cinque militari indiani sono rimasti uccisi, il Governo pakistano ha attribuito la responsabilità a dei gruppi di terroristi “travestiti” da militari pakistani. Una finestra di opportunità per una più effettiva distensione sembra essere fornita dalla vittoria elettorale in Pakistan da parte di Nawaz Sharif, storico fautore della pacificazione con l’India. Fu proprio Sharif a favorire nel 1999 la firma della “Dichiarazione di Lahore”, il primo memorandum di cooperazione politica tra India e Pakistan in cui i nodi della coesistenza pacifica venivano affrontati esplicitamente. Singh e Sharif si sono incontrati, per appianare le divergenze provocate dagli ultimi scontri di frontiera, a margine dell’ultima Assemblea Generale dell’ONU, il 29 settembre 2013 a New York. I due Primi Ministri, secondo quanto filtrato, avrebbero dato mandato ad alti ufficiali delle rispettive forze armate di studiare un piano per ripristinare il rispetto del cessate il fuoco, ma senza fissare alcuna data per l’avvio della cooperazione bilaterale in materia. Singh avrebbe anche sollevato il tema delle attività terroristiche in territorio pakistano, chiedendo alla controparte un’azione più efficace per punire i responsabili degli attacchi a Mumbai del 2008. New Delhi, in sostanza, sottolinea le responsabilità pakistane nell’esercizio dei controlli di frontiera

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198 anche in funzione di lotta al terrorismo e ribadisce con forza la sovranità indiana nella regione contesa del Jammu e Kashmir. Tale impostazione ha, nei fatti, caratterizzato il colloquio tra Modi e Sharif in occasione della storica partecipazione di quest’ultimo alla cerimonia di insediamento del suo omologo indiano. Modi ha ribadito le aspettative indiane per una più incisiva azione pakistana di contrasto al terrorismo e per la conclusione del processo ai responsabili dell’attentato di Mumbay del 2008. Un’iniziativa energica in tal senso aprirebbe la strada ad un più intenso dialogo incentrato sull’agenda economica, prioritaria per entrambe le Amministrazioni.

Relazioni con il Giappone Il nuovo Governo indiano intende rivitalizzare le relazioni con Tokyo, considerata un partner di rilievo per finanziare gli ambiziosi piani di sviluppo del paese e contenere l’espansione dell’influenza cinese in Asia meridionale. A tal fine, Modi intende valorizzare la sua esperienza passata quando, da Chief Minister del Gujarat, aveva favorito la penetrazione giapponese nel mercato locale e consolidato un’intesa personale con lo stesso Abe. Modi si è recato in Giappone dal 31 agosto al 1° settembre 2014, effettuando la prima visita bilaterale all’estero al di fuori del sub-continente. La visita ha consentito di delineare un Partenariato Strategico bilaterale costruito lungo tre linee direttrici: difesa e sicurezza, nucleare civile, commercio. Nel primo caso, Tokyo e New Delhi hanno convenuto il co-sviluppo di sistemi d’arma, funzionale all’attuazione del progetto indiano di “indigenizzazione” dell’industria indiana della difesa. Nel secondo, i due Governi hanno deciso l’avvio di una cooperazione su vasta scala, strategica per lo sviluppo di nuove fonti di approvvigionamento energetico, soprattutto per l’industria. Sul piano economico-commerciale, Tokyo si è impegnata a investire circa 33 mld USD, soprattutto in infrastrutture e smart cities, mentre New Delhi riserverà alle imprese giapponesi regimi fiscali e doganali di particolare favore.

Relazioni con l’Unione Europea Lo sviluppo delle relazioni dell’India con i principali paesi europei dimostra come New Delhi tenda a privilegiare rapporti bilaterali, soprattutto con i paesi disposti ad assecondarne le ambizioni globali (riforma del Consiglio di Sicurezza e cooperazione nucleare civile). Ciò si riflette, ad esempio, nella frequenza e nell’elevato profilo dei contatti politici con Francia, Gran Bretagna e Germania nell’ultimo biennio. L’Unione Europea viene tradizionalmente considerata da New Delhi soprattutto quale un partner economico di primaria importanza, con cui collaborare sui temi commerciali, consolari e migratori. Il XII Vertice UE-India (New Delhi, 10 febbraio 2012) - in occasione del quale è stata ribadito il reciproco impegno a rafforzare la cooperazione nel campo della sicurezza (in particolare nella lotta al terrorismo e alla pirateria), del commercio, dell’energia e dell’innovazione - aveva tuttavia visto emergere una crescente consapevolezza, da parte indiana, dell’accresciuto profilo post-Lisbona dell’UE anche sul piano politico-strategico.

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199 Tuttavia anche a causa degli irrisolti nodi negoziali per un Accordo di Libero Scambio tra UE ed India (che non accetta di innalzare il limite agli investimenti stranieri nel settore dei servizi bancari e assicurativi, di ridurre le barriere tariffarie all'importazione in India di varie categorie merceologiche tra cui le autovetture, di maggiori aperture nelle gare pubbliche di appalto a livello statale) nel 2013 il previsto Vertice non ha avuto luogo, nonostante la riunione preparatoria svolta a Bruxelles il 30 gennaio 2013 a cui hanno partecipato l’Alto Rappresentante Catherine Ashton e il Ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid. Durante l’incontro i due interlocutori hanno anche affrontato la questione dei nostri Fucilieri di Marina di cui l’AR ha sottolineato l’importanza per il futuro sviluppo dei rapporti tra l’UE e l’India, con particolare riguardo alla collaborazione nel contrasto alla pirateria. L’Italia ha manifestato crescenti riserve sull’opportunità di proseguire nei negoziati sull’Accordo prima che la questione sia risolta. In attesa che prenda forma il nuovo programma di cooperazione UE-India 2014- 2020, l’UE è impegnata nell’attuazione del piano di Cooperazione allo Sviluppo 2007-2013, rivolto prioritariamente ai settori dell’educazione (budget support) e della sanità (programma da 110 milioni di euro), ed ha avviato due Strategic Partnership Programs con gli Stati di Chattisgarh e Rajasthan per un ammontare di 160 milioni di euro (2006-2012). Considerati i progressi ottenuti dall’India con riferimento ai Millennium Development Goals (MDGs) e il fatto che, in quanto economia emergente, il Paese stia a sua volta trasformandosi in un donatore, il negoziato sulle prospettive finanziarie della politica di aiuto UE post-2013 si presenta difficile e comunque orientato ad una cooperazione settorialmente mirata, incardinata sui principi dell’efficacia degli aiuti, complementarità con gli interventi degli Stati membri, e coinvolgimento del settore privato. Da parte indiana, d’altro canto, si è più volte posta enfasi sull’importanza di una partnership qualificata piuttosto che sui fondi di cooperazione, attribuendo valore anche nell’ambito dei progetti di cooperazione all’afflusso di tecnologie, know how e capacity building.

RAPPORTI BILATERALI

Relazioni politiche Il 15 febbraio 2012 un incidente in alto mare al largo delle coste indiane dello stato del Kerala ha coinvolto la nave battente bandiera italiana “Enrica Lexie” portando all’arresto e successiva detenzione di due Fucilieri della Marina italiana, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati. L’incidente ha inevitabilmente provocato un raffreddamento del rapporto bilaterale, che ha di fatto congelato l’ampio calendario di iniziative programmate e potenziali. L’ultima visita bilaterale risale a fine febbraio 2012 quando l’allora Ministro degli Esteri Terzi si è recato in India per una missione finalizzata allo sviluppo del Partenariato strategico Italia-India, già in calendario, che si è tuttavia concentrata prevalentemente sulla discussione del caso Enrica Lexie.

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200 Relazioni economiche, finanziarie e commerciali La complementarietà tra le economie italiana e indiana è tangibile soprattutto in settori quali le infrastrutture, l’agroalimentare, le alte tecnologie, il turismo, nonché la cooperazione tra le rispettive PMI, centri di ricerca ed università. Al fine di approfondire le potenzialità esistenti, è stato a suo tempo attuato un ambizioso programma di missioni ed incontri bilaterali, con una forte componente imprenditoriale. Tra queste si ricorda la Missione di Sistema (novembre 2011), cui hanno partecipato oltre 100 nostre aziende e che si e’ incentrata sui settori: automotive, infrastrutture, macchinari e macchine utensili (40% dell’export italiano in India) e difesa. I seguiti della missione di sistema, compresa la messa in opera della Commissione Economica Mista (il principale risultato della missione stessa), sono attualmente congelati a causa delle difficoltà politiche legate alla questione dei Fucilieri di Marina.

Cooperazione nel settore della Difesa L’India è il principale Paese importatore di equipaggiamenti per la difesa al mondo e, secondo alcune stime, dovrebbe affrontare nei prossimi 10 anni una spesa di 100 miliardi di USD per la modernizzazione e l’ “indigenizzazione” del proprio strumento militare. Nel 2009 è entrato in vigore il Memorandum sulla Cooperazione nel campo della Difesa, firmato nel 2003, che assicura un’adeguata cornice giuridico- istituzionale allo sviluppo dei programmi di cooperazione industriale tra Italia e India, nonché all’intensificazione di contatti tra le rispettive Forze Armate. In tale settore, la presenza italiana nel Paese vede in prima fila Finmeccanica, oltre a Elettronica, Beretta, Fincantieri ed Avio. Tuttavia più di recente (aprile 2013), all’indomani dell’esplosione del caso AgustaWestland (vedi in seguito), l’Esecutivo ha licenziato una versione emendata della Defence Procurement Procedure (DPP), la normativa procedurale che disciplina il funzionamento del sistema indiano di acquisizione di forniture militari, potenziando i meccanismi preferenziali in essa contenuti a favore delle produzioni “indigene”. In virtù di tale ordine di priorità, i responsabili delle decisioni di spesa di questo Governo in materia di difesa saranno tenuti a considerare le forniture dall'estero come una estrema ratio, destinate ad avere un ruolo residuale e ad essere eseguite solo in caso di dimostrata impossibilità di soddisfare le specifiche esigenze di sicurezza del Paese con prodotti “made in India”.

Caso AgustaWestland Nel febbraio 2010 AgustaWestland (AW) si è aggiudicata una gara indetta dal Governo indiano per la fornitura di 12 elicotteri da trasporto passeggeri (AW-101) per un valore di 556 mln €. Nel febbraio 2013, la Procura di Busto Arsizio ha ordinato l’arresto di Giuseppe Orsi (amministratore delegato di Finmeccanica) e Bruno Spagnolini (amministratore delegato di AW) per la presunta corruzione dei funzionari indiani preposti all’assegnazione del bando di gara. In maggio i due AD

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201 sono stati rinviati a giudizio cui sta partecipando anche il Governo indiano in qualità di parte civile. Il 1° gennaio 2014 il Ministero indiano della Difesa (MoD) ha comunicato ad AW la cancellazione del contratto (già sospeso unilateralmente nel 2013, durante le indagini) e invocato le garanzie bancarie offerte da Deutsche Bank, Banca Intesa (a fronte di una controgaranzia di SACE) e State Bank of India (che versa in tempi relativamente brevi la somma di 28 mln €). Lo scorso 23 maggio il Tribunale di Milano ha accolto parzialmente tale richiesta e ha disposto l’escussione di 228 dei 278 mln € che costituiscono la garanzia del contratto. AW si mostra ha sempre rivendicato il rispetto del contratto concluso. Di fronte alla sospensione decisa unilateralmente dal MoD, essa ha chiesto prima l’apertura di un tavolo di negoziato (previsto dal contratto) e, successivamente, instaurato una procedura di arbitrato internazionale cui il MoD ha aderito il 1° gennaio 2014, nominando il suo arbitro. Nelle scorse settimane, la Camera di Commercio Internazionale di Parigi ha nominato il terzo giudice del collegio arbitrale, non essendoci stato un accordo in questo senso tra AW e il MoD. Allo stesso tempo, il MoD ha annunciato il parziale blacklisting del gruppo Finmeccanica, in linea con il parere della Procura Generale. La decisione si applicherà solo ai bandi di futura pubblicazione mentre le gare per cui Finmeccanica fosse già stata selezionata come miglior offerente saranno sospese in attesa di una decisione futura.

Interscambio e investimenti diretti I rapporti commerciali bilaterali avevano mostrato, nel corso del 2012, le prime avvisaglie di un certo rallentamento. Negli ultimi 20 anni, dal 1991 al 2011 l’interscambio commerciale Italia-India era cresciuto di 12 volte, raggiungendo gli 8,5 miliardi di euro. Tuttavia, nel 2012 - complice la crisi dell'Eurozona, il forte deprezzamento della rupia ed il rallentamento della crescita dell'economia indiana, l’interscambio è passato a 7,1 miliardi di euro con un calo pari al 16,6 %. Tale rallentamento dell’interscambio tra i due paesi è stato confermato, seppure in modo meno consistente, anche nel 2013 con un calo del 2% (6,9 miliardi di Euro). Anche nel 2013 i rapporti economici bilaterali sono stati condizionati, oltre che dalle criticità del quadro macroeconomico indiano (in primis l’elevata inflazione), anche dal perdurare della questione Enrica Lexie nonché dal caso AgustaWestland. Entrambe le vicende hanno negativamente impattato sulla capacità delle istituzioni italiane di accompagnare l'internazionalizzazione delle nostre aziende in India, interrompendo di fatto quel "momentum" che nel 2011 aveva portato a parlare di "anno dell'India" (con 3 missioni di Confindustria nel Subcontinente, una missione di Sistema e 4 incontri Ministeriali). Imputare esclusivamente a ciò le cause della contrazione dell'interscambio con l'India (come detto -16,6% nel 2012; -2,0 nel 2013) sarebbe tuttavia superficiale, poiché si trascurerebbero altri fattori determinanti, tra cui la difficile congiuntura economica indiana. Una nota positiva deriva dal fatto che le aziende italiane stanno dimostrando di avere la lungimiranza di guardare oltre tale congiuntura, ragionando piuttosto in un'ottica di medio-lungo termine. Secondo fonte 13

202 ISTAT l'afflusso di IDE italiani nel Subcontinente nel 2012 è stato di oltre 1 miliardo di Euro (+59% rispetto al 2011); nel corso del 2013 si è assistito ad espansioni produttive da parte di importanti player italiani quali Carraro, Danieli, Case New Holland, Magneti Marelli ed al contempo emerge come molte abbiano ulteriori piani di investimento per gli anni a venire, al fine di cogliere le opportunità offerte nel medio-lungo periodo dall’immenso mercato indiano. Per quanto riguarda il dettaglio settoriale, le nostre esportazioni continuano ad essere dominate dai macchinari; metalli e prodotti in metallo si confermano la seconda voce di esportazione seguiti da sostanze e prodotti chimici. Significativa è stata la contrazione nelle esportazioni di mezzi di trasporto, dovuta al calo della domanda indiana scaturita dall'elevato costo del credito ed alti tassi di interesse. Positivo invece l'andamento delle esportazioni di prodotti agricoli ed alimentari. Dal lato delle importazioni, l’export indiano in Italia è costituito da prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, prodotti chimici, materie plastiche, gomma sintetica e abbigliamento (inclusi accessori), che hanno registrato una contrazione in linea con quella generale. Nel 2013 l’interscambio Italia-India ha rappresentato lo 0,9% dell’interscambio totale dell’Italia con il mondo. Per il 2014, il Doing Business Report colloca l’India al 134° posto (131° nel 2013).

INTERSCAMBIO ITALIA-INDIA (dati ISTAT- milioni di Euro) 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Interscambio 6.519 5.640 7.210 8.515 7.100 6.951 Variazione % 2,1 -13,5 27,8 18,1 -16,6 -2,0 Esportazioni 3.090 2.735 3.387 3.736 3.349 2.975 Variazione % 3,2 -11,5 23,8 10,3 -10,3 -11,1 Importazioni 3.429 2.904 3.823 4.780 3.751 3.975 Variazione % 1,2 -15,3 31,6 25,0 -21,5 6,0 Saldo -340 -169 -437 -1.044 -402 -999

INTERSCAMBIO ITALIA-INDIA 2013 (dati ISTAT) IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI % su % su tot. ITALIANE ITALIANE tot. 1. Prodotti derivanti dalla 1. Macchinari impiego 12,2% 15,0% raffinazione del petrolio speciale 2. Prodotti chimici, mat. 2. Macchine per impiego 11,1% 10,1% Plastiche, gomma sintetica generale 3. Prodotti della siderurgia 9,3% 3. Macchinari vari 8,5%

Presenza italiana in India

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203 Si può stimare un numero totale di oltre 400 entità legali e stabilimenti italiani in India, presenti in diverse forme, raggruppabili in tre categorie principali: sussidiarie possedute al 100% dalla casa madre italiana, Joint Ventures (soluzione preferita dalle PMI) o uffici commerciali di rappresentanza. Le realtà aziendali italiane in India danno lavoro ad oltre 44.000 persone, prevalentemente indiane, e sono principalmente concentrate nei due maggiori poli industriali del Paese: la Capital Belt di Delhi-Gurgaon-Noida e l’area di Mumbai-Pune (entrambe ben oltre le 100 presenze). Il terzo e quarto polo di concentrazione fanno riferimento rispettivamente alla città di Chennai in Tamil Nadu e alla città di Bangalore in Karnataka (entrambe sotto le 50 presenze). Di rilievo minore la città di Calcutta e dintorni (appena una dozzina di imprese italiane, ma si segnala il recente nuovo investimento del valore di 5 ml di USD della Società Endura, nel settore della chimica specialistica). In prospettiva stanno tuttavia emergendo nuove destinazioni strategiche, tra le quali in particolare lo Stato del Gujarat e quello del Rajasthan, ove cominciano a registrarsi i primi stabilimenti italiani. Fiat e Piaggio sono state le prime società italiane ad entrare nel mercato indiano, rispettivamente negli anni 50 e 60. La prima vera ondata di investimenti italiani si è tuttavia avuta solo negli anni 90, come diretta conseguenza della stagione di liberalizzazioni economiche attuata dall’allora Governo indiano. Da allora le imprese italiane hanno continuato a guardare con estremo interesse al mercato indiano, anche se la loro presenza rimane ancora al di sotto delle potenzialità. Il settore dell’automotive (compresa la componentistica) rappresenta dunque uno dei segmenti con maggiore presenza di imprese italiane in India. Tutti i nostri principali player nazionali sono presenti (es. Fiat, Piaggio, Magneti Marelli, Brembo, Oerlikon-Graziano con stabilimenti produttivi mentre Pirelli ha solo un ufficio commerciale), ma anche l’indotto italiano del settore, composto principalmente da PMI, ha trovato buone opportunità di inserimento su questo mercato. Simile il discorso per il segmento dei macchinari agricoli, dove si rilevano le significative presenze di Carraro, New Holland, Maschio Gaspardo e altre di minori dimensioni. Tra gli altri settori di importante presenza italiana si segnalano quello dell’ingegneria, costruzioni ed infrastrutture (es. Salini-Impregilo, CMC di Ravenna, Maccaferri, Italcementi Saipem, Maire Tecnimont, Techint, Tecnip, Mapei, ecc. mentre forte e’ l’interesse manifestato per l’India anche dal Gruppo Ferrovie dello Stato), dei prodotti alimentari (Bauli, Ferrero, Lavazza, Perfetti Van Melle, ecc), dell’energia comprese le fonti rinnovabili (es. ENI, Ansaldo Energia, Solesa, Nidec Ansaldo Sistemi Industriali, Ravano Green Power, Leitner, ecc), della meccanica e impianti/componentistica industriale in senso ampio (es. Bonfiglioli, Danieli, Magaldi, Boldrocchi, Ansaldo Caldaie, ecc), del tessile (Gruppo Coin, Benetton, Tessitura Monti, Savio e diverse PMI che fanno “sourcing” e controllo qualita’ per grandi case di moda), del design d’interni e segmento lusso (Artemide, Poltrona Frau, Natuzzi, Damiani, Ermenegildo Zegna, Armani e numerosi marchi della moda italiana, se pure presenti con un numero di punti vendita ancora limitato ecc). Tra gli altri players italiani di rilievo si segnalano Prysmian e ST Microelectronics nel segmento ITC e Artsana/Chicco e Luxottica in quello dei consumer goods. Essendo l’India il primo importatore mondiale di armamenti militari 15

204 sono particolarmente attente a questo mercato le aziende del settore difesa, dal gruppo Finmeccanica, a Beretta, da Elettronica a Fincantieri. Quanto al segmento finanziario, oltre al Gruppo Assicurazioni Generali, sono presenti in India, principalmente nel polo finanziario di Mumbai, una dozzina di banche italiane, unicamente con uffici di rappresentanza (solo BNL- BNP Paribas ha anche filiali commerciali). Nonostante la difficile congiuntura internazionale e il rallentamento della crescita in India dell’ultimo biennio, nel corso del 2013 si e' assistito ad espansioni produttive da parte di importanti players italiani quali Carraro, Danieli, Case New Holland, Magneti Marelli; al contempo, dai costanti contatti della nostra Ambasciata con le aziende italiane colà stabilite, emerge come molte abbiano ulteriori piani di investimento per gli anni a venire, al fine di cogliere le opportunità offerte nel medio-lungo periodo dall'immenso mercato indiano. Sul fronte delle principali difficoltà affrontate dalle aziende italiane, l’ostacolo principale e’ rappresentato dalle carenze infrastrutturali e dalla lentezza e farraginosità delle procedure burocratiche (ottenimento di permessi e licenze, difficoltà nell’acquisizione di terreni, scarsa certezza giuridica e trasparenza della normativa). Il mercato indiano continua tuttavia ad essere percepito come altamente promettente: tra i fattori di attrazione vi sono la disponibilita’ di una forza lavoro a basso costo, ma tendenzialmente qualificata e ben preparata, l’ampiezza di un mercato di 1,2 miliardi di persone unita al dinamismo di una classe media di potenziali consumatori in continua crescita (già stimata in oltre 200 milioni di persone), l’eccellenza di alcuni segmenti del terziario (ad es. nel settore IT), le basse tensioni sociali nella forza lavoro.

Relazioni culturali, scientifiche e tecnologiche Le relazioni culturali sono regolate dall'Accordo Culturale del 2004 e i successivi protocolli esecutivi. E’ in corso il negoziato per il rinnovo del protocollo esecutivo triennale 2012-2014. Come tutti gli accordi, anche questo contiene la clausola del “limite delle risorse disponibili” (sarà la legge di ratifica ad assegnare eventualmente le risorse necessarie). La cooperazione scientifica e tecnologica italo-indiana è regolata dall’Accordo firmato nel luglio 2003. Così come la cooperazione culturale, anche quella scientifica e tecnologica si articola in Programmi esecutivi pluriennali finalizzati in ambito Commissione Mista bilaterale. Il 19 gennaio 2012 è stato firmato a New Delhi il Programma Esecutivo per il 2012 -2014 che include il 6 progetti di ricerca congiunti di particolare rilevanza e lo scambio di 12 ricercatori.

Cooperazione in materia ambientale L’India è Parte firmataria della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici ed ha aderito al Protocollo di Kyoto. Nel dicembre 2005, il Ministero dell’Ambiente italiano e quello indiano hanno firmato un MoU per la cooperazione nell’area dei cambiamenti climatici e per l’attuazione congiunta di progetti nell’ambito

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205 del “Clean Development Mechanism” del Protocollo di Kyoto, creando così la cornice istituzionale entro cui attuare progetti ed iniziative comuni. Nel febbraio 2007 è stato firmato un Memorandum d’Intesa tra il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) ed il Ministero delle Energie Rinnovabili (MNRE) del Governo indiano. Il Memorandum d’Intesa ha istituito un gruppo di lavoro congiunto per discutere sulle attivita’ di cooperazione indo-italiane nel settore delle energie rinnovabili.

Cooperazione allo Sviluppo Le attività della Cooperazione Italiana allo sviluppo in India hanno subito una graduale diminuzione negli ultimi anni, all'indomani della chiusura dell'UTL di New Delhi e, contestualmente, alla riorganizzazione dell'azione della Cooperazione Italiana, nel cui ambito l'India non figura piu' come paese prioritario di intervento. E’ attualmente in sospeso un solo progetto a credito d'aiuto del valore di 25.822.844,96 Euro (somma depositata presso Artigiancassa) per il miglioramento dell'approvvigionamento idrico e risanamento in 16 municipalità del Bengala Occidentale. Dopo gli studi preliminari effettuati dalla Consorzio italiano Hydea, che si è aggiudicato la componente in affidamento per la progettazione ed espletamento delle gare di appalto, il progetto e' di fatto entrato in una fase di stallo, a causa delle divergenze tra le autorità locali ed il consorzio italiano in merito ai costi, estensione del progetto e programma delle attività. Al momento, anche la vicenda che coinvolge i nostri Fucilieri di Marina, contribuisce allo stallo del suddetto progetto.

Partecipazione India a EXPO 2015 La partecipazione indiana a Expo presenta uno stallo operativo ormai prolungatosi da tempo. Malgrado la tempestiva e positiva reazione in merito all’adesione ad Expo, comunicata nel febbraio 2011, la Autorità di New Delhi hanno di fatto interrotto ogni contatto propedeutico alla partecipazione: l’ultimo incontro tecnico risale al dicembre 2012. Sebbene la Società organizzatrice e la nostra Ambasciata abbiano esercitato ogni possibile pressione, non è stato finora possibile riaprire alcun canale di comunicazione, anche a livello tecnico, confermando l’impressione che non sia ancora maturo il necessario avallo politico per poter procedere alla negoziazione del contratto di partecipazione. Stante la tempistica necessaria per la predisposizione delle procedure per la realizzazione dei Padiglioni individuali, è a questo punto reale il rischio che il Paese non partecipi all’Esposizione. In assenza di sviluppi, la Società sta concretamente valutando la possibilità di riassegnare ad altro Paese l’ampio lotto di terreno destinato all’India (nei propositi originari, addirittura superiore a 4.100 mq, successivamente ridotto a circa 3.000). Il Governo italiano ha comunque manifestato la sua disponibilità a instaurare un dialogo con la nuova Amministrazione indiana per favorire il raggiungimento di un’intensa sulla partecipazione dell’India alla manifestazione.

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206 Le rispettive comunità La comunità italiana in India ammonta a 1103 residenti registrati all’AIRE. La comunità è composta prevalentemente da rappresentanti o tecnici di aziende, qui residenti con famiglie al seguito, operai specializzati che operano in cantieri, e religiosi, non genera problematiche di rilievo. Numerosi sono i casi di connazionali che rimangono privi di documenti e di mezzi di sostentamento, o con problemi dovuti al consumo di sostanze stupefacenti. La comunità indiana in Italia ammonta a circa 120.000 residenti (di cui circa 20.000 irregolari). Si tratta del settimo gruppo di popolazione straniera residente in Italia e della prima comunità indiana dell’area Schengen per volume complessivo; la comunità proviene soprattutto dal Punjab (per oltre l’80%) ed e’ prevalentemente occupata nell’agro-industria, specie nel Centro-Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio). La comunità Sikh in Italia ed alcuni viaggiatori di confessione Sikh hanno lamentato le procedure di controllo alle frontiere aeroportuali italiane, definendole discriminatorie (alcuni cittadini Sikh sarebbero stati sottoposti a controlli ancora prima di passare sotto il metal detector o comunque anche quando il metal detector non suonava al loro passaggio) ed offensive per il loro credo religioso (in quanto – in rari casi – sarebbe stato chiesto di togliere il turbante in pubblico). La questione ha anche fatto oggetto di scambi di lettere tra i due Ministri degli Esteri sia nel corso del 2011 che all’inizio del 2012. Il Ministero dell’Interno italiano è stato positivamente sensibilizzato in proposito. Sono state emanate direttive per sensibilizzare gli addetti ai controlli aeroportuali. Poiché l’inasprimento generalizzato dei controlli aeroportuali era anche la conseguenza della nuova normativa europea del 2010, l’Italia è intervenuta in ambito UE affinché tutti gli aeroporti della UE fossero sensibilizzati al riguardo. La questione è stata discussa in occasione del Vertice UE-India del 10 febbraio.

PRINCIPALI ACCORDI INTERGOVERNATIVI FIRMATI CON L’INDIA

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207 IN ACCORDO FIRMA VIGORE Scambio di Note per la costituzione di un Comitato misto 29/03/1976 29/03/1976 per la Cooperazione Economica Convenzione per evitare le doppie imposizioni e per 19/02/1993 23/11/1995 prevenire le evasioni fiscali 1 Accordo sulla promozione e protezione degli investimenti 23/11/1995 23/11/1995 Memorandum di intesa per lo sviluppo delle piccole e 06/01/1998 06/01/1998 medie imprese Memorandum d’intesa nel settore delle telecomunicazioni 28/10/2002 09/05/2003 Accordo sulla cooperazione nel campo della difesa 03/02/2003 26/05/2009 Accordo di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico illecito di 06/01/1998 21/01/2000 stupefacenti e sostanze psicotrope MoU per la creazione di un Gruppo di Lavoro per combattere il terrorismo internazionale e la criminalità 15/02/2007 15/02/2007 transnazionale Nuovo Accordo culturale 12/07/2004 06/10/2008 Protocollo esecutivo dell'Accordo culturale 2007-2009 15/02/2007 15/02/2007 Nuovo Accordo su cooperazione scientifica e tecnologica 28/11/2003 03/11/2009 Programma di cooperazione scientifica e tecnologica 19/01/2012 19/01/2012 2012-2014 Accordo di coproduzione audiovisiva 13/05/2005 12/06/2008 Accordo relativo ai servizi aerei, con annesso scambio di 16/07/1959 12/03/1962 note Accordo di cooperazione turistica 26/06/2000 26/06/2000 MOU in materia di aviazione civile ( che emenda alcune 16.01.2012 16.01.2012 parti dell’accordo aereo bilaterale del 1959) Accordo sul trasferimento delle persone condannate 10.08.2012

PRINCIPALI INTESE TECNICHE FIRMATE CON L’INDIA

1 In parte modificato con il Protocollo firmato il 13 gennaio 2006 (iter di ratifica in corso) 19

208 INTESA FIRMA IN VIGORE MoU in materia di collaborazione doganale tra il Comando Generale Guardia di Finanza e il Central 29/01/2009 29/01/2009 Board of Excise & Custom indiano MoU di cooperazione agro alimentare tra il Ministero delle politiche agricole e forestali italiano ed il 16/01/2008 16/01/2008 Ministero per le industrie del food processing indiano MoU tra Ministero Ambiente italiano e Ministero Energie Rinnovabili indiano per la cooperazione nel 15/02/2007 15/02/2007 campo delle energie rinnovabili MoU tra Ministero dell'Ambiente italiano e Ministero dell'Ambiente indiano sulla cooperazione nell'area dei 7/12/2005 7/12/2005 cambiamenti climatici MoU tra il Ministero dei Beni Culturali italiano e indiano sul progetto di collaborazione per la 14/02/2005 14/02/2005 conservazione dei dipinti grotte di Ajanta e Ellora Memorandum of Understanding sulla cooperazione politica tra Ministero degli Esteri italiano e Ministero 14/02/2005 14/02/2005 degli Esteri indiano MoU nel settore dei prodotti della pesca e acquacoltura tra il Ministero della Salute italiano e ed 14/02/2005 14/02/2005 il Ministero del Commercio indiano Dichiarazione congiunta Min. Marzano (Ministero Attività Produttive) e l’omologo indiano sulla 14/02/2005 14/02/005 cooperazione nel settore della moda e design Memorandum d’Intesa tra Ministero Università e 14/02/2005 14/02/2005 Ricerca e omologo indiano MoU tra il Ministero dell’Industria italiano ed il Ministero delle Piccole Industrie e delle Industrie 17/10/2000 17/10/2000 Agricole e Rurali indiano sulla costruzione di capacità istituzionale per lo sviluppo di PMI in India MOU sulla cooperazione nel campo dei materiali per la difesa tra il Ministro della Difesa dell’Italia ed il 04/11/1994 31/01/2003 Ministro della Difesa dell’India

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209 210 SCHEDA PAESE

Repubblica Islamica del Pakistan

211 INDICE

STRUTTURA ISTITUZIONALE E DATI DI BASE...... 2 POPOLAZIONE E INDICATORI SOCIALI...... 3 PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI ...... 4 QUADRO POLITICO GENERALE...... 5 RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA...... 5 RAPPORTI CON LE IFI E CON I DONATORI ...... 9 SITUAZIONE ECONOMICA...... 10 RAPPORTI BILATERALI...... 13

212 STRUTTURA ISTITUZIONALE E DATI DI BASE

Superficie: 800.000 kmq Capitale: Islamabad Principali città: Karachi, Lahore, Islamabad, Faisalabad Nome Ufficiale: Repubblica Islamica del Pakistan Forma di Stato Repubblica Federale Forma di Governo: Semi Presidenziale Capo dello Stato: Hussain Mamnoon (dal 9.09.2013) Capo del Governo: Nawaz Sharif (dall’8.06.2013) Ministro degli Esteri ad interim: Navaz Sharif Costituzione: 14.8.1973 (Emendata da ultimo il 19 aprile 2010) Bicamerale, composto da Senato (camera alta, 100 Parlamento: seggi) e da Assemblea Nazionale (camera bassa, 342 seggi, di cui 60 donne e 10 non musulmani) Universale e diretto, esercitato ogni 5 anni per l’elezione dei membri dell’Assemblea Nazionale; Suffragio: indiretto per l’elezione dei membri del Senato. Limite d’età per l’esercizio del voto: 18 anni. Si basa sulla common law britannica, con forti elementi di diritto islamico (sharia) specialmente per quanto Sistema giudiziario: riguarda il diritto di famiglia e le questioni morali. Vige la pena di morte (viene applicata la moratoria de facto).

213 POPOLAZIONE E INDICATORI SOCIALI

Popolazione: 180.1 milioni (6° Paese più popoloso del mondo). Tasso di crescita popolazione: 1,5% (era intorno al 3% negli anni novanta) Aspettativa di vita alla nascita: 64 anni (donne 65 anni, uomini 63 anni) Tasso di alfabetismo: 55% (per le donne il tasso è 42%) 52 milioni di occupati di cui il 44,7% è impiegato Popolazione attiva: nell’agricoltura (con una netta maggioranza di donne) Tasso di disoccupazione: 7,6% (2012) Reddito pro-capite annuo 1.260 USD punjabi 48,2%, pashtu 13,1%, sindhi 11,8%, balochi, Gruppi etnici: muhajir (profughi dall’India all’epoca della spartizione) musulmani 97% (sunniti 77%, sciiti 20%), cristiani (2,5 Religioni: milioni, in particolare in Punjab), hindu (2,5 milioni soprattutto nel Sindh), altri (1,5 milioni). urdu e inglese (ufficiali), punjabi 48%, sindhi 22%, Lingue: pashtu 8%, baluchi 3% Pakistan People’s Party (PPP) (partito della famiglia Bhutto-Zardari); Pakistan Muslim League-Nawaz (PML-N) (partito dell’ex premier Nawaz Sharif); Pakistan Muslim League (PMLQ) (partito già vicino a Musharraf); Tehreek-e-Insaaf (guidato dall’ex Partiti politici principali: campione sportivo Imran Khan); Awami National Party (ANP- partito pashtun secolare); Muttahida Majlise-Amal (MMA) (coalizione di partiti islamici); Muttahida Quami Movement (MQM, partito provinciale del Sindh). Forze Armate, ambienti religiosi, stampa, giudici. A Gruppi di pressione: livello locale, i potenti proprietari terrieri e clan tribali.

214 PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI

2011 2012 2013 2014(p)

Popolazione 176.8 180.1 183.5 Disoccupazione (%) 6 5.7 6 PIL (variazione % reale) 2,9 4,2 3,6 4,1 Inflazione media annua (%) 11,9 9,7 6,3 6,8 Saldo Bilancio Pubblico / PIL (%) -6,6 -6,6 -8,8 -7,3 Bilancia dei pagamenti - Esportazioni ( $mld) 26,3 24,6 25,1 27,6 - Importazioni ($ mld) 38,8 39,9 41,2 45,0 - Saldo transazioni correnti/PIL (%) -1,1 -0,9 -1,2 -0,8 Debito estero totale ($ mld) 60,2 56,9 51,9 51,8 Debito estero totale/PIL (%) 28,6 24,6 22,5 20,1 Riserve valutarie lorde (mld USD) 18,1 13,8 9,7 11,1 Fonte EIU (p) = previsioni

215 QUADRO POLITICO GENERALE Le ultime elezioni legislative dell’11 maggio 2013 rappresentano un passaggio fondamentale nella storia del Pakistan: per la prima volta nella storia del Paese un’Amministrazione democraticamente eletta ha passato le consegne ad un’altra pure legittimata democraticamente. Le elezioni sono state vinte dal partito di opposizione “Pakistan Muslim League – PML”, il cui leader, Nawaz Sharif, ha ottenuto dall’Assemblea Nazionale l’investitura a Primo Ministro. Sharif è un personaggio di primissimo piano del panorama politico pakistano, già Primo Ministro fino al 1999, quando fu deposto con un colpo di stato dal Generale Musharraf. Sharif è arrivato al potere con alcuni obiettivi molto chiari, per il conseguimento dei quali ha investito il proprio personale carisma e credibilità. In particolare, egli si propone di risollevare il Paese dalla grave crisi economica che lo colpisce, crisi che si manifesta da una parte con una cronica penuria degli approvvigionamenti energetici (i black-out sono frequentissimi anche nelle grandi città), dall’altra con una marcata scarsità di fonti di valuta estera, che mette a rischio la capacità di importazioni del Paese. Dall’altra parte Sharif mira a avviare un dialogo con la variegata galassia della dissidenza armata. Subito dopo la vittoria elettorale, Sharif ha manifestato il proposito di unire la fermezza dell’azione di contrasto alla disponibilità al dialogo ed alla riconciliazione. Questo si è tradotto con l’annuncio solenne dato da Sharif all’Assemblea Nazionale dello scorso 29 gennaio sulla Costituzione di un Comitato ad hoc per i negoziati con i gruppi dissidenti, composto, tra l’altro, da un membro dell’intelligence e da esperti delle questioni tribali e politiche dell’area a cavallo tra Pakistan e Afghanistan. In tale operazione di “riconciliazione nazionale”, Sharif deve tener conto dell’atteggiamento dell’establishment militare, che, sebbene ormai incline ad assecondare la dialettica democratica ed il funzionamento delle istituzioni civili, mantiene una seria ipoteca nella gestione delle questioni di sicurezza. A tale proposito, va segnalata la nomina del nuovo Capo di Stato Maggiore Raheel Sharif, avvenuta il 1° dicembre 2013, che sostituisce il Generale Kayani che da tempo aveva raggiunto l’età pensionabile. Kayani era per molti versi l’artefice del “cambio di passo” delle Forze Armate del Pakistan sul piano della politica interna e degli stessi equilibri regionali. Scegliendo Raheel Sharif, il Premier ha dimostrato indipendenza di giudizio dall’establishment militare, che avrebbe preferito per motivi di anzianità altri candidati, e al tempo stesso accortezza essendo comunque quella del Generale R. Sharif una figura di grande levatura e prestigio all’interno delle Forze Armate. Il carattere di novità della nomina di R. Sharif è accresciuto dalla sua provenienza “etnica”, essendo egli un baluchi a differenza della quasi totalità degli apparati di vertice provenienti dal Punjab. Tuttavia, il piano di riconciliazione non ha dato i risultati sperati. A parte la persistente opposizione dei talebani pakistani del TTP (Tehreek i Taliban Pakistan), formazione considerata vicina ad Al Qaeda, l’invito al dialogo di Sharif ha ricevuto un’accoglienza molto tiepida da parte delle varie formazioni dissidenti. Inoltre, a partire dalla formazione del Governo Sharif una vera e propria recrudescenza di attentati ha colpito il Paese, quasi a voler respingere l’offerta di riconciliazione lanciata dal Primo Ministro. Tali azioni terroristiche non risparmiano ormai nemmeno i grandi centri, in passato per lo più estranei a tali atti di violenza. Ha destato particolare clamore l’attentato all’aeroporto di Karachi dove un gruppo armato ha tenuto in scacco lo scorso giugno l’apparato di sicurezza dello stesso aeroporto, prima di venire sopraffatto dall’intervento dell’esercito.

216 Non molto migliore si presenta la situazione sul piano delle riforme economiche, dove pure l’atteggiamento considerato “business friendly” di Sharif aveva lasciato sperare in significativi progressi. A parte un limitato miglioramento del quadro congiunturale, non si sono registrati gli attesi miglioramenti nella governance economica del Paese. In particolare prendono tempo le attese riforme di struttura fra le quali di particolare importanza quelle relative al sistema fiscale, di cruciale importanza a causa della vasta evasione ed elusioni fiscale esistente nel Paese. I temporeggiamenti del Governo Sharif hanno finito per raffreddare i rapporti con le Istituzioni Finanziarie Internazionali ed in particolare con il Fondo Monetario. Dopo che l’FMI aveva concesso una “Facility” di 6,7 miliardi di dollari a favore del Pakistan all’indomani delle elezioni del 2013, è di questi giorni la notizia della mancata erogazione della nuova tranche di tale prestito a causa dei ritardi nell’implementazione delle riforme economiche e dello stesso inasprimento del quadro politico interno. A tale ultimo proposito vanno segnalate le manifestazioni svoltesi a Islamabad nel mese di agosto promosse, per protestare contro il Governo Sharif, dall’ex campione di cricket Imran Khan, carismatico leader del partito di opposizione PTI (Pakistan Tehreek-e-Insaf). Tali manifestazioni hanno raccolto l’adesione di decine di migliaia di seguaci di Imran Khan e hanno finito per assumere connotati violenti, tanto da provocare la chiusura delle Ambasciate straniere e degli Uffici pubblici per diversi giorni nella Capitale. Dalla crisi si è usciti sia grazie alla mediazione dell’esercito, sia mediante l’impegno dell’esecutivo di “parlamentarizzare” il dibattito sull’azione di governo. In sostanza, il Governo Sharif esce alquanto scosso dalle manifestazioni delle ultime settimane e viene messo di fronte alla esigenza di un serio rilancio dell’iniziativa politica dopo i limitati risultati conseguiti nei primi quindici mesi di attività.

Sul piano regionale Sharif ha sottolineato con forza la volontà di ricomporre i due fronti di criticità: quello con l’India e quello con l’Afghanistan. Per quanto riguarda l’India, va ricordato che Sharif fu l’artefice della Dichiarazione di Lahore del 1999, il documento di partenariato politico considerato una pietra miliare nel disgelo fra New Delhi e Islamabad. Nell’ottica di Sharif la normalizzazione con l’India è anche uno strumento per contenere l’influenza dell’apparato militare pakistano che trae crescente legittimazione da situazioni di tensione come quella endemica che si registra con il potente vicino. Nel settembre 2013, Sharif ha incontrato il suo omologo indiano Singh a New York, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dal colloquio, di natura sostanzialmente interlocutoria, è emersa la comune volontà di far progredire i rapporti bilaterali che dipendono, in misura preponderante, dal miglioramento della situazione lungo la frontiera tra i due Paesi (“Line of Control” LoC). Tale impostazione ha, nei fatti, caratterizzato il colloquio tra Sharif e il nuovo Primo Ministro indiano Modi, in occasione della storica partecipazione del premier pakistano alla cerimonia di insediamento del suo omologo indiano. Modi ha ribadito le aspettative di New Delhi per una più incisiva azione pakistana di contrasto al terrorismo e per la conclusione del processo ai responsabili dell’attentato di Mumbai del 2008. Un’iniziativa energica in tal senso aprirebbe la strada ad un più intenso dialogo incentrato sull’agenda economica, prioritaria per entrambe le Amministrazioni. Per quel che concerne il ruolo del Pakistan nel processo di riconciliazione intra- afghano, vanno segnalate le positive valutazioni espresse a più riprese in tempi recenti dai responsabili dell’Amministrazione americana sull’attuale corso della politica afghana del Pakistan. Tale “nuovo corso” si e’ tradotto in diversi atti politici sul terreno, fino a giungere alla visita resa dal Presidente Karzai ad Islamabad il 26 e 27 agosto. Una visita sicuramente positiva, anche se permangono divergenze di fondo fra la percezione afghana – secondo cui il

217 Pakistan possiede la chiave per risolvere il conflitto nel Paese vicino e potrebbe farlo con un mero esercizio di volontà politica – e la tesi più volte ribadita dai responsabili pakistani per cui Islamabad, pur avendo una certa influenza su alcuni gruppi talebani, non è in grado di controllarli né di determinarne le decisioni. Il Pakistan segue con attenzione il tortuoso processo elettorale afghano, un processo sul quale Islamabad ha dichiarato di non voler interferire in nessun modo nel rispetto della piena ownership afghana. L’Amministrazione pakistana nutre, tuttavia, la forte aspettativa che il nuovo Governo afghano abbia l’autorevolezza e le capacità necessarie per assicurare stabilità al Paese, obiettivo per cui è essenziale una compagine governativa adeguatamente rappresentativa delle diverse etnie. La piena inclusione dell’etnia maggioritaria pashtun metterebbe, infatti, all’angolo i talebani, con il conseguente indebolimento del TTP sul versante pakistano. Islamabad è, inoltre, pronta a rilanciare la cooperazione economica con Kabul. Sul piano delle relazioni con gli Stati Uniti, merita segnalare la forte apertura di credito che l’Amministrazione americana sta mettendo in atto nei confronti del Governo Sharif, come del resto già evidente dall’azione di impulso esercitata da Washington presso il Fondo Monetario, rivelatasi fondamentale nell’adozione della Facility sopra menzionata. Il 23 ottobre 2013 Sharif si è recato in visita a Washington, dove ha incontrato il Presidente Obama che gli ha assicurato il continuato sostegno americano sia sul versante finanziario che per il rilancio del dialogo strategico sulla sicurezza. Ha destato quindi qualche sorpresa – pochi giorni dopo la visita di Sharif – il nuovo attacco con i droni da parte americana, che ha portato all’uccisione del leader dei Talebani pakistani Hakimullah Mehsud (già in precedenza Sharif era stato molto critico nei confronti di tali iniziative unilaterali da parte americana). In realtà, le reazioni pakistane a tale nuovo attacco sono state molto moderate, segno della ferma volontà di Sharif di consolidare il partenariato con Washington.

RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA Le relazioni tra UE e Pakistan si svolgono nel contesto del “Five Year Engagement Plan”, concluso nel novembre del 2011. Si tratta di un testo che enuclea i principi generali della cooperazione tra l’Unione ed Islamabad ed i settori di prioritario interesse, tra cui quelli della sicurezza, commercio/investimenti ed energia. Il rafforzamento delle istituzioni democratiche e della governance sul piano della protezione dei diritti umani sono centrali nel quadro di partenariato. Sul piano delle relazioni commerciali (il cui rafforzamento era da tempo richiesto da Islamabad in nome del principio “trade not aid”), queste hanno beneficiato del Regolamento sulle preferenze commerciali d’emergenza. Tale Regolamento, adottato dal Parlamento Europeo il 13 settembre 2012, ha posto le condizioni per quel sostegno all’export pakistano che il Consiglio Europeo si era impegnato a porre in essere nel settembre del 2010, in risposta alla catastrofe causata dalle inondazioni dell’estate precedente. Il 12 dicembre 2013 il Parlamento Europeo ha approvato l’Atto Delegato della Commissione in materia di SPG+ che prevede l’accesso del Pakistan, a partire dal 1 gennaio 2014, ad un Sistema che garantisce accesso preferenziale al mercato unico europeo (dazio zero su più di 6000 linee tariffarie). La suddetta approvazione e' stata accolta come un successo del Governo Sharif il quale, avendo posto il rilancio dell'economia del Paese come priorita' assoluta della propria agenda, aveva indicato nel SPG+ uno strumento fondamentale per la ripresa del comparto industriale, in cui il tessile e' il principale settore sia per fatturato che per forza lavoro impiegata. Il Ministro del Commercio, Dastaghir Khan, uno dei principali protagonisti del 'lobbying' pakistano nei confronti dell'UE, che aveva visitato Roma, in un tour di capitali europee, il 28 ottobre u.s., nel ricordare che le

218 esportazioni all'UE (al 90% prodotti tessili) si sono attestate nel 2012 su 6 miliardi di dollari, ha previsto un incremento di almeno un miliardo per il 2014, grazie all'approvazione del SPG+. Lo stesso Ministro non ha mancato di sottolineare il forte apprezzamento pakistano per quei paesi, tra cui l'Italia, per il sostanziale sostegno (il nostro Paese si era astenuto sul punto in Consiglio dei Ministri UE) all'accesso del Pakistan al SPG+, prevedendo incrementi negli ordinativi di macchine tessili, soprattutto da paesi quali Cina, Italia, Germania e Giappone. La concessione del SPG+ al Pakistan non dovrebbe penalizzare le produzioni italiane nel settore tessile data la fascia qualitativa ben superiore a quella pakistana. Tra l’altro, nel valutare un possibile “effetto Pakistan” si possono ipotizzare consistenti incrementi delle nostre esportazioni nel settore delle macchine tessili, peraltro già in forte crescita da qualche anno a questa parte. Di fatto, le esportazioni italiane verso il Pakistan di macchine tessili che ammontavano a 16 milioni di Euro nel 2009, sono balzate a ben 36 milioni nel 2012; nel primo semestre 2013, le esportazioni italiane in tale specifico settore sono raddoppiate (21,7 milioni contro gli 11 del primo semestre 2012).

Cooperazione allo sviluppo UE-Pakistan. L’UE è tra i primissimi partner del Pakistan per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo. Il Multi Indicative Programme per il 2011-13 destina al Paese 225 milioni di euro per il triennio, da indirizzare principalmente ai settori dell’istruzione e lo sviluppo rurale nelle NWFP e nel Balochistan ed, in misura inferiore, a sostegno della governance e dei diritti umani ed alla cooperazione commerciale. Il Pakistan beneficia, inoltre, dello Strumento di Stabilità (istituito allo scopo di permettere una pronta reazione in caso di situazioni di crisi ed instabilità) che finanzia tre progetti di sostegno in materia elettorale, di law enforcement, nonché di post crisis needs assessment per complessivi 18 milioni di euro. A Tokyo, nell’aprile 2009, in occasione della Conferenza Donatori sul Pakistan, è stato annunciato un pledge di 485 milioni di euro (sino al 2013), incluso un finanziamento della BEI di 100 milioni di euro destinato al settore delle energie rinnovabili. In campo umanitario, in risposta all’emergenza IDPs nel nord del Paese, la Commissione ha stanziato 124 milioni di euro per l’assistenza agli sfollati (72 per l’aspetto umanitario, 52 per la ricostruzione), ai quali si aggiungono 50 milioni provenienti dalla “food facility” comunitaria. A seguito delle disastrose inondazioni dell’estate 2010, tra contributi finanziari ed interventi “in-kind”, il totale complessivo UE e Stati Membri è stato di oltre 420 milioni di euro. A questi si aggiungono 16,5 milioni di euro destinati dalla UE alle vittime delle inondazioni del 2011 (in Sindh e Balochistan). L’UE è anche particolarmente interessata alla cooperazione regionale quale presupposto per lo sviluppo e la stabilizzazione del Pakistan. In tale prospettiva, è pronta a sostenere le organizzazioni regionali esistenti (SAARC, ECO, CAREC), nonché i progetti di respiro regionale scaturiti dalla RECCA. Attenzione anche al lato politico, con l’incoraggiamento del dialogo e delle misure di confidence building tra Pakistan e vicini, India e Afghanistan in particolare, anche attraverso i fora trilaterali (es. Turchia-Afghanistan-Pakistan e Iran- Afghanistan-Pakistan). L’UE è anche impegnata per la valorizzazione del Gruppo Friends of Democratic Pakistan e ne ha ospitato l’ultimo incontro ministeriale (Bruxelles, 15 ottobre 2010), co-presieduto dall’A.R. Ashton e dall’allora Ministro degli Esteri pakistano Qureshi.

219 RAPPORTI CON LE IFI E CON I DONATORI Fondo Monetario Internazionale: Per soddisfare le condizioni presenti nel “Memorandum of Economic and Financial Policies” (MEFP), relativo all'EFF, il Pakistan dovrà agire in maniera più efficace e concreta rispetto al recente passato. Oltre alla indispensabile riforma fiscale, che dovrà comportare l'allargamento della base imponibile, attraverso anche l'eliminazione di sussidi ed esenzioni che ne hanno minato fino ad ora la consistenza, sarà importante incrementare la percentuale di entrate fiscali assegnate alle Province, in accordo con il nuovo “National Finance Commission” Award (NFC - e' il piano di ripartizione della raccolta fiscale tra Governo Federale e Province). A tal proposito, va ricordato che l'attuale NFC Award prevede una quota del 57,5% a favore delle Province. Ciò comporterà anche una maggiore responsabilizzazione delle stesse, chiamate a concorrere alla riduzione del deficit consolidato, non solo attraverso il contenimento delle spese, ma anche grazie all'aumento del surplus da esse generato (57 miliardi di Rupie durante l'ultimo anno fiscale, pari a circa 413 milioni di Euro). Tra le misure previste per ridurre l'attuale rapporto deficit/PIL (8,2% nell'anno fiscale 2012/2013), e il cui valore obiettivo e' stato fissato al 6,3% per il 2013-2014 (3,5% l'obiettivo per il 2015-2016), le Autorità pakistane hanno annunciato una serie di provvedimenti significativi, come la riduzione del deficit fiscale del 2%, l'aumento delle tariffe su elettricità e gas (in parte già in vigore per il settore commerciale ed industriale e, dal primo ottobre effettive anche per le famiglie). Ancora, si provvederà a ristrutturare 65 società pubbliche, entro la fine dell'anno, con la promessa che le aziende non ''vitali'' verranno dismesse completamente mentre per altre sarà prevista una parziale privatizzazione (e' il caso, ed es., della PIA, delle Ferrovie di Stato e della Pakistan Steel Mills, imprese che registrano tutte attualmente forti perdite). Misure drastiche andranno prese, alcune delle quali già in via di implementazione, per combattere i furti di energia e per ristrutturare la decrepita rete di distribuzione elettrica (due fattori che concorrono a diminuire di circa il 25% il potenziale energetico del Paese). Sempre nel settore energetico, e' altresì in programma l'eliminazione dei c.d. ''power subsidies'', co-responsabili dell'accumularsi del ben noto ''circular debt'' nei confronti delle aziende produttrici di elettricità. Per quanto riguarda la politica monetaria, ferma restando la necessità di una maggiore indipendenza della SBP (State Bank of Pakistan) dal Ministero delle Finanze, da cui ancora formalmente dipende, appare probabile un lieve aumento del tasso di interesse nel breve periodo. Analogamente, un effetto positivo dovrebbe aversi sulla ritrovata fiducia da parte degli Istituti finanziari internazionali (in particolare WB, ADB e IDB), che dovrebbero garantire al Pakistan un totale di circa 3,5 miliardi di dollari per la realizzazione di diversi progetti (in questa cifra vanno considerati anche gli aiuti forniti, come ''budgetary support'', da Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone). Da non sottovalutare il possibile benefico impatto di tale migliorato rapporto con le IFI sull'avvio dei grandi progetti infrastrutturali (dighe, autostrade, gasdotti) che il Paese da lungo tempo aspetta. Il superamento delle review trimestrali imposto al Pakistan in cambio del nuovo programma FMI, incentrato su rigore e rispetto di una precisa road-map di riforme strutturali, costringerà il Paese a sacrifici nel breve-medio termine non indifferenti, ma potrà anche rappresentare una chiave di volta per il rilancio dell'economia. Nel settembre 2014 il FMI ha annunciato la mancata erogazione della quinta tranche dell’EEF, pari a 550 mln USD, a causa del mancato rispetto, da parte del Governo Sharif, della pre-condizione di innalzare del 7% le tariffe energetiche.

220 Banca Mondiale: la Banca gestisce il Trust Fund per le regioni pakistane al confine con l’Afghanistan, creato dal Gruppo “Friends of Pakistan” a New York nel settembre 2009, quale strumento multi- donatori del Gruppo per favorire la stabilità delle aree tribali. La Country Partnership Strategy per il 2010-13 mette a disposizione del Pakistan 6 miliardi di dollari (di cui 3,7 miliardi per il solo 2012) destinati principalmente al miglioramento della governance economica, sviluppo umano, infrastrutture e sicurezza interna. Inoltre, il Consiglio Direttivo della Banca ha reso disponibili 840 milioni di dollari per il potenziamento della centrale idroelettrica di Tarbela.

Banca Asiatica di Sviluppo: Il Country Partnership Strategy (CPS) 2009-2013 prevede prestiti al Pakistan per 1,5 miliardi di dollari annui da destinare principalmente alle infrastrutture e servizi urbani, alle riforme finanziarie e fiscali ed al miglioramento dell’economia. A fine agosto 2012, il Direttore Generale del Private Sector Operations Department, in missione ad Islamabad, ha esortato le autorità ad adottare riforme volte ad assicurare una maggiore trasparenza nei processi di privatizzazione e nelle procedure di gara, condizioni indispensabili perche' ADB possa decidere di finanziare nuovi progetti nel paese. Nel 2014 è stato lanciato il Country Operations Business Plan (COBP) 2014-2016 con l’obiettivo di gestire la transizione al nuovo CPS 2014-2018. Il COBP intende focalizzarsi sulle infrastrutture, in particolare energetiche.

Club di Parigi: Il debito complessivo nei confronti di 18 creditori (inclusa la Corea) al 1.07.2013 è pari a USD 13,647 miliardi. I maggiori creditori sono il Giappone (6.597,82 MUSD), la Francia (2.074,78 MUSD), la Germania (MUSD 1.846,12), gli USA (1.450,67 MUSD), e la Svezia (956,20 MUSD). L’Italia è situata al 12° posto con USD 52,19 milioni di debito outstanding. Gli unici Paesi che registrano arretrati di pagamento da parte del Pakistan sono la Germania, e - in misura ridotta - Francia, Austria e Spagna.

SITUAZIONE ECONOMICA 1. Contesto operativo e congiuntura

Con un debito pubblico elevato (circa l’8% del PIL), ridotte entrate fiscali, un indice inflazionistico che dovrebbe attestarsi mediamente intorno all’8% nel periodo 2013-2017, riserve monetarie scese a 9,1 mld USD (nonostante il nuovo, recente finanziamento del FMI), una eccessiva dipendenza dagli aiuti esteri ed una forte contrazione degli investimenti, l’economia pakistana appare in affanno nonostante gli sforzi dell’Esecutivo Sharif. La bilancia dei pagamenti è indebolita, nonostante l’aumento delle rimesse dall’estero. La bilancia commerciale è in passivo e, unitamente al deprezzamento della rupia sul dollaro, pone a repentaglio le riserve di valuta estera. Inoltre, un pesante deficit energetico ha colpito il settore dominante dell’apparato industriale pakistano, ovvero l’industria tessile, portando alla chiusura di interi distretti produttivi. Il FMI ha recentemente rivisto in aumento le aspettative di crescita del PIL per il 2014 (dal 2,8% al 3,1%).

Seppure in tale contesto economico complesso, non mancano in Pakistan segnali che lasciano adito a prospettive cautamente ottimistiche. Ne sono prova i recenti dati sulla crescita economica che, per l’anno fiscale 2013-2014, registrano un incremento del PIL del 4,14% (contro il +3,7% dell’anno precedente), trainato prevalentemente dal settore industriale

221 (+5,8%) e dai servizi (+4,29%). Prosegue, inoltre, l’inversione di tendenza degli investimenti esteri: 1,63 mld USD di investimenti diretti (soprattutto nel settore degli idrocarburi e delle telecomunicazioni) nel 2013-2014, pari ad un +12% rispetto al precedente anno fiscale. Inoltre, come detto, continua la costante crescita delle rimesse da parte della numerosa diaspora pakistana all’estero (15,8 mld USD; +13,7% rispetto al 2012-2013). La dimensione del mercato ed il suo indice demografico (con una popolazione di più di 180 ml di abitanti di cui oltre il 60% con meno di 30 anni) sono aspetti che potenzialmente fanno di quel bacino di domanda un mercato di grande interesse. Di fatto, se le scarse dotazioni infrastrutturali e le difficoltà di approvvigionamento energetico continuano a rappresentare un elemento di freno per lo sviluppo dell’economia pakistana, i trend demografici e di sviluppo urbano (entro il 2020 sono previsti oltre 15 milioni di nuovi abitanti nelle città) segnalano la necessità di prossimi investimenti stimati per oltre 130 mld di USD (quasi il 60% del PIL). In prospettiva, tali investimenti potrebbero determinare le condizioni per un forte sviluppo delle opere pubbliche, nel settore dei trasporti, delle infrastrutture energetiche e, soprattutto, in quello dell’edilizia popolare. Inoltre, va considerato che il Paese rappresenta un hub naturale per l’accesso al mercato asiatico ed il recente riavvicinamento con l’India in ambito commerciale ne potrebbe fare, nel prossimo futuro, una base per produzioni dirette verso il sub-continente. Il controllato ottimismo circa le prospettive economiche del Paese, sono state confermate anche dalle visite del Segretario di Stato americano Kerry a Islamabad, del Ministro delle Finanze e Vice Premier de facto Ishaq Dar a Washington e, da ultimo, la visita di 3 giorni negli USA del PM Sharif (prima visita ufficiale di un PM pakistano dai tempi dell’Amministrazione Bush). Nel corso di tali missioni sono stati trattati temi di cooperazione economica e promozione di investimenti (gli USA sono il principale partner commerciale del Pakistan) che hanno evidenziato segnali di un possibile rilancio dell’economia pakistana, fermo restando che il Governo affronti nodi cruciali quali quelli dell’approvvigionamento di energia elettrica, della diminuzione delle riserve in valuta estera, del contenimento della spesa pubblica e dell’incremento della raccolta fiscale. Nel concreto, durante le succitate occasioni di incontro, Washington ha concesso maggiori risorse al Pakistan per circa 2 miliardi di USD e la Banca Mondiale ha assicurato il proprio finanziamento (700 milioni di USD) al progetto della diga DASU che è considerata tra le principali infrastrutture idroelettriche del Paese (potenza assicurata circa 4.300 MW).

2. Investimenti esteri Il Pakistan offre agli investitori stranieri un quadro legislativo e fiscale teoricamente molto favorevole. Tutti i settori sono aperti agli investitori esteri e non sono richiesti, se non in casi particolari, permessi speciali governativi. E’ possibile la proprietà straniera al 100% e trasferire illimitatamente in patria gli utili aziendali. E’ prossima la creazione di Zone Economiche Speciali che introdurranno incentivi ulteriori sia per quanto riguarda le esenzioni fiscali, sia per quanto riguarda i permessi di importazione. Il Governo promuove la partnership pubblico-privata anche per quanto riguarda le infrastrutture. Il sistema bancario viene giudicato relativamente affidabile, in linea con i dettami del Regolamento europeo “Basilea 2” e posto sotto il monitoraggio di una Banca Centrale indipendente. L’85% delle banche operanti nel Paese sono private, per gran parte a capitale straniero. Le banche domestiche (specialmente quelle pubbliche) sono fortemente esposte verso il rischio sovrano dato che, negli ultimi anni, hanno finanziato il deficit fiscale tramite l’acquisto dei bond emessi dal governo. Tra il 2000 ed il 2007, benché partiti da una base modesta (322 milioni di dollari), gli IDE sono cresciuti senza sosta, a tassi talvolta molto sostenuti. Tale crescita, rallentata negli anni

222 successivi, ha segnato un’inversione di tendenza a partire dall’anno fiscale 2012-2013, quando gli investimenti “greenfield” sono aumentati del 106% rispetto all’anno precedente, per un valore di 1,56 mld USD. Negli ultimi anni, il peggioramento del quadro politico-economico e la perdurante grave crisi energetica hanno condizionato le scelte degli investitori stranieri; a ciò hanno contribuito anche lo stallo del processo di privatizzazione e gli effetti negativi della crisi finanziaria internazionale; le ancora insufficienti garanzie legali offerte agli investitori stranieri; le potenti lobbies non sempre trasparenti; i fenomeni di corruzione e l’arretratezza delle infrastrutture, soprattutto in campo, ferroviario e aereo. I due settori maggiormente colpiti dal rallentamento degli IDE sono stati la finanza e le telecomunicazioni, che in passato erano stati protagonisti del boom degli investimenti esteri in Pakistan, in particolare grazie ai servizi bancari e alla telefonia cellulare. Si sono registrati invece significativi incrementi degli investimenti nell’estrazione/esplorazione di idrocarburi, nel settore elettrico e nella raffinazione del petrolio. Per far sì che gli operatori esteri riprendano ad investire nel Paese occorrerà, nel medio-lungo periodo, una nuova governance economica ed una politica tesa a dotare il Paese di quelle riforme necessarie a consentire all'enorme potenziale inespresso del Pakistan di liberarsi e così uscire dalla condizione di sottosviluppo in cui il Paese si trova. In tale complesso scenario, accanto all’auspicato rilancio delle grandi infrastrutture, assumono sempre più rilievo alcuni micro-progetti di rapida realizzazione e di immediata efficacia, volti ad alleggerire quanto prima il malcontento sociale determinato dagli attuali pesanti tagli all’energia elettrica. Di crescente interesse pakistano, i progetti nel fotovoltaico, solare, bio- energie ed eolico, tutti settori che potrebbero offrire opportunità per le nostre imprese di taglio anche medio-piccolo.

3. Relazioni economiche e commerciali con i principali Paesi partner In accordo con l’adesione del Paese al WTO (nel 1995), il mercato pakistano si è tendenzialmente aperto al commercio con l’estero. A partire dal 2003 e fino al 2008 si è assistito a un vero e proprio boom delle importazioni, provocato dall’esplosione dei consumi, dalla grande crescita del fabbisogno energetico e dal rafforzamento della struttura industriale del Paese, con conseguente elevata domanda di beni d’investimento, materie prime e semilavorati. Dopo un biennio di flessione, le importazioni sono tornate a crescere nel 2011, chiusosi con un passivo della bilancia commerciale pari a 10,3 miliardi di dollari. Il Pakistan importa principalmente greggio e prodotti petroliferi, prodotti della meccanica, dell’elettronica e chimici. Il tessile-abbigliamento genera circa il 60% delle entrate in valuta derivate dall’export pakistano. Nel 2012 (ultimo dato disponibile) l’Italia è risultata essere il terzo partner commerciale del Pakistan tra i paesi UE (dopo Regno Unito e Germania e prima di Francia, Olanda e Spagna) e tra i primi dieci a livello mondiale. Gli Emirati Arabi occupano il primo posto nella graduatoria dei principali fornitori, seguiti da Cina, Arabia Saudita e Kuwait (Italia al 16° posto). Gli Stati Uniti sono di gran lunga il principale mercato di sbocco per le merci pakistane, soprattutto tessili. Seguono Emirati Arabi, Cina, Afghanistan, Cina (Italia occupa l’8° sul totale esportato dal Pakistan).

223 RAPPORTI BILATERALI 1. Relazioni politiche Pur nell’attuale situazione di incertezza politica e raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti, le relazioni bilaterali tra Italia e Pakistan sono particolarmente amichevoli e cordiali. Nella visione italiana, Islamabad gioca infatti un ruolo strategico sotto due punti di vista: la normalizzazione del contesto interno in Afghanistan ed il raggiungimento della stabilità regionale. Dal canto suo, Islamabad guarda all’Italia quale partner privilegiato tra i Paesi europei sia sul piano bilaterale, che all’interno dei fora multilaterali. A questo ultimo proposito, si evoca la coincidenza di vedute per quanto riguarda la riforma del Consiglio di Sicurezza ONU. Il nostro impegno si estrinseca nei crescenti programmi di cooperazione allo sviluppo (al momento pari a oltre 200 milioni di euro), nella diffusione di nuove iniziative di collaborazione economica, nella promozione del dialogo interculturale e interreligioso, nella nostra azione in seno all’UE per una posizione più attenta alle esigenze pakistane. L’Italia partecipa con tre osservatori militari alla missione UNMOGIP che ha il compito di monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra India e Pakistan nelle regioni di Jammu e del Kashmir. E’ sulla base delle eccellenti relazioni bilaterali che ci aspettiamo la massima collaborazione da parte del Pakistan per una positiva conclusione del caso del rapimento del cooperante italiano, Giovanni Lo Porto, avvenuto lo scorso 19 gennaio nella zona di Multan, a sud del Punjab. Il rafforzamento della cooperazione bilaterale è testimoniato negli ultimi anni anche dal vivace scambio di visite e di incontri ad alto livello: da ultimo l’incontro a Roma tra il Ministro Terzi ed il Ministro degli Esteri Hina Rabbani Khar (1 febbraio 2013) che ha visto la firma del protocollo di partenariato strategico (Stategic Engagement Plan). Nel corso di tale incontro, è stata registrata una grande sintonia di vedute su vari temi affrontati (cooperazione economica e promozione culturale; cooperazione nel settore della difesa; temi migratori; libertà di coscienza; cooperazione allo sviluppo nonché il succitato caso del cooperante Lo Porto). In particolare, per quanto attiene alla cooperazione economica sono state proposte la rivitalizzazione della Commissione Economica Mista e la prospettiva di una “Country Presentation” da realizzare nel 2013. Precedentemente a tale incontro, il Sottosegretario agli Esteri de Mistura aveva avuto un colloquio con il Ministro degli Esteri Khar (8 luglio) a latere della Conferenza di Tokyo sull’Afghanistan. Lo stesso Ministro degli Esteri pakistano aveva incontrato (21 maggio, a margine del Vertice NATO di Chicago) il Ministro Terzi. Risale al primo aprile(in Cina), l’incontro tra i rispettivi Primi Ministri Monti e Gilani a margine del Forum dell’Asia di Boao. In precedenza, (settembre 2011), l’allora Ministro degli Esteri, Frattini aveva incontrato a New York (a margine dell’UNGA) l’omologa pakistana, Khar (i due si erano precedentemente incontrati a Roma, a margine della Conferenza sulla riforma del CdS, nel maggio 2011).

2. Impegno italiano a favore della tutela delle minoranze e libertà di fede Nel più ampio contesto dell’azione dell’Italia a favore del rispetto dei diritti umani e della libertà di religione nel mondo, il Governo italiano sostiene le istituzioni pakistane che operano per il consolidamento della democrazia e per il riconoscimento effettivo dei diritti di tutti i cittadini, soprattutto se appartenenti ai gruppi minoritari. Tale tema è stato al centro del colloquio del 16 marzo 2012 tra il Sottosegretario agli Esteri de Mistura ed il Consigliere Speciale del Primo Ministro del Pakistan, Paul Bhatti, giunto in visita privata a Roma ad un anno di distanza dall’uccisione del fratello Shahbaz (ex Ministro delle Minoranze). Nell’occasione sono state gettate le basi per futuri progetti a vantaggio degli strati più deboli e

224 marginalizzati della società pakistana, volti ad assicurare loro un futuro di libertà e di emancipazione. In ambito internazionale e multilaterale l'Italia agisce da tempo con determinazione affinché la libertà religiosa sia fatta oggetto di una rinnovata attenzione sul piano internazionale e di un'azione più efficace da parte di tutte le istanze che possono svolgere un ruolo a questo fine, a cominciare dall'Unione Europea e dalle Nazioni Unite, anche sulla base di alcune mozioni parlamentari che impegnano il Governo in questo senso. Da ultimo, a seguito di una rinnovata attenzione delle più alte cariche istituzionali del nostro Paese, si è richiesto all’Ambasciata italiana di Islamabad di procedere con un ulteriore passo presso le autorità pakistane al fine di sensibilizzarle ancora una volta sul noto caso della Signora Asia Bibi, cittadina pakistana di fede cristiana condannata a morte nel novembre 2010. Su iniziativa dell’UE e con il pieno concorso dell’Italia, in ambito ONU sono state adottate dall'Assemblea Generale, nel dicembre 2011, risoluzioni dedicate alla tutela della libertà di religione o di credo. Anche su nostra proposta, esse richiamano l’aumento degli episodi di violenza contro gli appartenenti a minoranze religiose e il dovere di ogni Stato di esercitare la massima vigilanza per prevenirli e punirne i responsabili. Nel corso della prossima sessione dell’Assemblea Generale l’Italia, assieme ai partner europei, sarà impegnata ad ottenere una nuova risoluzione sulla libertà di religione. Il Pakistan, avendo co-sponsorizzato l’anno scorso la Risoluzione per la promozione del dialogo interculturale ed interreligioso, si è mostrato consapevole dell’importanza di queste tematiche. Il Pakistan rientra nella lista di Paesi sottoposti al meccanismo onusiano della UPR (Universal Periodic Review - Revisione Periodica Universale). Nel novembre scorso, in occasione del secondo ciclo dell’UPR, il Ministro degli Esteri pakistano tese a valorizzare (riuscendovi parzialmente) i progressi compiuti nel Paese nella protezione dei diritti umani e nella promozione del dialogo inter-religioso. In quell’occasione, l’Italia formulò raccomandazioni in relazione a blasfemia, libertà di religione, diritti delle donne e pena di morte. Nella prospettiva di un dialogo ampio e strutturato e del rafforzamento del partenariato di lungo periodo con il Pakistan, l’Europa e l’Italia continueranno a sostenere le istituzioni democratiche pakistane contro le forze estremiste, chiedendo nel contempo che queste compiano passi decisivi verso il riconoscimento concreto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

3 Relazioni economiche e commerciali L’interscambio bilaterale è notevolmente cresciuto negli ultimi anni e nel 2011 ha toccato la cifra record di oltre un miliardo e 75 milioni di euro. Nello stesso anno le nostre esportazioni sono diminuite, mentre è proseguito il trend di crescita del nostro import. La bilancia commerciale, tradizionalmente a nostro favore, registrò per la prima volta un deficit italiano (95 milioni di euro circa). Nel 2012 l’interscambio è rallentato, seppure registrando un’impennata delle nostre esportazioni (+24,5%) con conseguente ritorno del saldo a nostro favore (circa 181 ml di Euro). Nel 2013 le nostre esportazioni tornano a registrare una flessione consistente (-29,5%), mentre le importazioni dal Pakistan segnano un incremento pari al 10,8%. Nell’anno preso in considerazione, l’interscambio tra i due Paesi registra un -13% ed il saldo, nuovamente sfavorevole all’Italia, ammonta a circa 45,74 ml di Euro. I principali prodotti esportati dall’Italia nel periodo citato sono stati macchinari per impieghi speciali e di impiego generale, strumenti e apparecchi di misurazione, prodotti chimici di base, fertilizzanti, materie plastiche. L’Italia ha importato dal Pakistan prevalentemente tessuti, articoli di abbigliamento, cuoio conciato e lavorato.

225 Come detto, nel 2012 l’Italia è risultata essere il terzo partner commerciale del Pakistan tra i paesi UE (dopo Regno Unito e Germania e prima di Francia, Olanda e Spagna) e tra i primi dieci a livello mondiale. Tali dati confermano la buona presenza dal punto di vista commerciale dell’Italia in Pakistan e, uniti a quelli degli IDE in crescita, lasciano ben sperare in un ulteriore miglioramento dell’interscambio bilaterale con un rafforzamento della posizione italiana in tale mercato. Nelle sue linee essenziali, l’interscambio italo-pakistano ha carattere intersettoriale. L’Italia esporta in Pakistan principalmente attrezzature, macchinari, componenti e tecnologie per l’industria in particolare tessile (settore che da sempre vede l’Italia come uno dei partner privilegiati) prodotti alimentari, mentre importa dal Paese asiatico essenzialmente semilavorati e prodotti di largo consumo, per lo più a basso costo unitario. Il processo d’industrializzazione e l’ammodernamento tecnologico in atto in Pakistan generano una domanda di beni d’investimento che, nei segmenti più alti, mira a soddisfarsi in mercati come quello italiano, dove gli elevati costi sono compensati da standard qualitativi superiori. Il settore sul quale decisamente puntare nel prossimo futuro, oltre a quelli tradizionali (tessile, marmo, chimica, alimentare) è quello delle energie alternative, stante la perdurante crisi energetica nel paese, e quello agricolo, dove la necessità di nuove tecnologie si rende sempre più necessaria. Il Pakistan ha aderito ufficialmente a EXPO Milano nel febbraio 2012, ma nel giugno 2014 ha formalmente comunicato la rinuncia alla partecipazione, a causa di vincoli di bilancio, malgrado la Società organizzatrice avesse proposto al Paese varie soluzioni (padiglione self- built o modulo espositivo nel Cluster del Riso.

Per il 2014, il Doing Business Report colloca il Pakistan al 110° posto (su 189 nel mondo).

INTERSCAMBIO ITALIA-PAKISTAN (ISTAT- milioni di Euro) 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Interscambio 1.036,9 1.026,0 1056,6 1075,5 1043,7 907,4 Esportazioni 542,1 604,5 568,1 491,6 612,3 430,8 Variazione % +4,7% +11,6% -6,0% -13,5% +25,4% -29,5 Importazioni 494,8 421,5 488,5 583,9 431,4 476,6 Variazione % +8,2% -14,6 +15,9% +19,5% -26,1% 10,8 Saldo +47,3 +183,0 +79,6 -92,3 180,8 -45.7

INTERSCAMBIO ITALIA-PAKISTAN 2013 (ISTAT) IMPORTAZIONI % su % su ESPORTAZIONI ITALIANE ITALIANE tot. tot. 1. Tessuti 26.2% 1. Macchinari per impieghi speciali 21.3% 2. Vestiti e accessori di 16,1% 2. Macchine di impiego generale 15.5%

226 abbigliamento 3. Strumenti di misurazione, prova e 3. Altri prodotti tessili 15% 8.3% navigazione, orologi.

4. Investimenti italiani e prospettive di penetrazione del mercato L'Italia è considerata un partner privilegiato per quanto riguarda le relazioni economiche e commerciali. Le eccellenti relazioni bilaterali e le rilevanti e fruttuose attività della nostra cooperazione allo sviluppo contribuiscono a creare un clima di particolare favore nei confronti di una maggiore presenza italiana. Una missione esplorativa effettuata nel dicembre 2011 da rappresentanti di Banca Intesa San Paolo in Pakistan, volta a meglio conoscere la struttura del sistema bancario locale, ha evidenziato che essa appare relativamente affidabile ed all'avanguardia, in linea con i dettami del Regolamento europeo "Basilea 2” e posta sotto il monitoraggio costante ed attento di una Banca centrale indipendente (State Bank of Pakistan), tanto da suggerire un possibile incremento nel capitale di rischio per la Repubblica Islamica e di conseguenza una maggiore propensione delle nostre imprese ad entrare in questo mercato. L'intensificarsi delle relazioni a livello intergovernativo è accompagnato da un nuovo impulso nel settore privato, con la creazione di nuove associazioni imprenditoriali e il rafforzamento di alcune esistenti. Tra questi, il più attivo è l'Italian Development Committee (IDC) di Karachi (in attesa del riconoscimento quale Camera di Commercio Italo-pakistana) che ha siglato numerosi MoU con strutture camerali italiane all’estero e con alcune istituzioni italiane (da ultimo a Bari, nel giugno scorso, con la firma di un MoU con l’Istituto per la Cooperazione con i Paesi Esteri –ICPE-). Peraltro, l’IDC ha effettuato numerose missioni in Italia nel corso degli ultimi 3 anni e ricevuto alcune delegazioni di imprenditori, soprattutto da Lombardia e Veneto. Inoltre, si sta creando uno legame tra le varie associazioni imprenditoriali che lavorano nelle principali città del Pakistan per promuovere il commercio e gli investimenti con il nostro paese, anche in stretto collegamento con la comunità imprenditoriale pakistana residente in Italia che con ben 80.000 presenze (concentrate soprattutto tra Brescia, Milano e Bologna) rappresenta uno dei più efficaci ponti tra i due paesi (oltreché la maggiore comunità tra quelle residenti nell’Europa continentale). Tra i principali settori industriali presenti (con investimenti diretti o meno) in Pakistan si ricordano: - Settore energia: L’ENI è il primo produttore straniero di gas in Pakistan e detiene la leadership tra le società italiane presenti, sia per importanza che per valore degli investimenti ed è proiettato verso lo sviluppo di nuovi progetti in tutta la filiera del petrolio e del metano. L’azienda opera nel Paese dal 2000 con un investimento di oltre 1,5 miliardi di dollari (di cui 300 milioni solo di esplorazione) ed una produzione media giornaliera, nel 2011, pari a circa 54.800 barili al giorno, incluse le estrazioni di gas (estrae circa il 10% della produzione totale pakistana). Le attività di esplorazione e produzione dell’ENI in Pakistan sono condotte principalmente nell’onshore, anche in joint-venture, per un totale di 22 licenze (15 esplorative, 7 di produzione/sviluppo). Nel settore esplorativo, ENI attualmente partecipa nell’esplorazione di ben 15 aree e nel corso degli ultimi due anni ha intensificato la sua attività, a seguito della scoperta di interessanti riserve di gas, da ultimo, nel settembre scorso, nella concessione esplorativa di Badhra-B, 350 km a nord di Karachi. La perforazione dell’area rientra nella nuova strategia di ENI in Pakistan volta a rifocalizzare le attività esplorative in aree limitrofe ai campi produttivi e conferma l'esistenza nell'area di un

227 potenziale esplorativo ancora significativo che può essere valorizzato tramite l'applicazione di nuovi modelli geologici. Ulteriori opportunità potrebbero derivare dalle attività estrattive nel settore degli scisti bituminosi. ANSALDO (controllata Finmeccanica) ha realizzato numerosi impianti per la produzione di energia elettrica (Hobco 1230MW; Kapco 300MW; Bin Qasim 420MW: Liberty 235MW) che hanno generato per l’impresa italiana commesse per un valore complessivo di 3 mld di Euro. ANSALDO fornisce oggi assistenza e parti di ricambio per gli impianti pakistani con un fatturato di diversi milioni di Euro. La manutenzione di tali impianti consentirà all’azienda italiana di concludere nuovi contratti volti a radicare la propria posizione. Di recente anche ENEL si e’ affacciata sul mercato pakistano per sondare la possibilità di intervenire nel progetto di ristrutturazione della rete distributiva elettrica del paese, che versa in condizioni difficili (basti pensare che, tra furti di energia ed inefficienze, si stima che si perda circa il 30% dell’energia elettrica prodotta); la Bellelli Engineering SpA, impresa di Rovigo, leader per l’impiantistica del settore energetico e presente in Pakistan dal 2012, si è aggiudicata due commesse per la fornitura di impianti per il trattamento del gas naturale; la Leitner SpA, specializzata in energie rinnovabili, ha avviato un primo progetto sperimentale a Faisalad, a seguito della firma di un Memorandum d’intesa con il Governo locale; - Industria Difesa: Selex Galileo (controllata Finmeccanica), Galileo Avionica, MBDA Italia (partecipata al 25% da Finmeccanica), Selex Sistemi Integrati; - Settore Chimico: Saipem; - Settore Gas Naturale Compresso (CNG): Landi Renzo, Faber. Risoluzione del contenzioso LANDI RENZO: la LANDI RENZO è leader internazionale nel settore del Gas Naturale Compresso (CNG) e nella produzione di kit per la conversione dei veicoli a benzina in auto a gas. L’azienda è presente in Pakistan da una decina d’anni con un investimento pari a 2 milioni di Euro (si calcola che l’intero indotto del mercato CNG valga circa 100 milioni di Euro in un mercato, quello pakistano, che conta circa il 14% dei veicoli alimentati a metano nel mondo). Recentemente, grazie soprattutto al costante impegno della nostra Ambasciata e della Direzione Generale competente, si è ottenuta la revisione del divieto di import e del cd. “company fitting” (installazione in azienda) di kit e cilindri per auto a gas, imposta de facto nel dicembre 2011 dal Governo di allora e non modificata dall’attuale. A causa di tale divieto, l’impresa italiana aveva visto pressoché compromessa la propria attività in Pakistan: prima dell’entrata in vigore del divieto in questione, i dipendenti della LANDI RENZO erano 160 (oggi 40) e 12.000 era il numero di kit prodotti al mese (oggi circa 4.000). - Macchinari Tessile: esportano in Pakistan Savio e Dazzini; - Settore Alimentare: esportano nel paese Barilla, Federici, Olio Sasso, Olitalia; - Settore Marmo: Pellegrini, Dazzini Macchine, Luna Abrasivi; - Trasporti: New Holland, appartenente al Gruppo FIAT; - Settore Farmaceutico: Chiesi, Angelini, Rotapharm.

Una prima Missione imprenditoriale "strutturata" Italiana in Pakistan ha avuto luogo nella prima settimana di dicembre u.s. - Alla suddetta Missione hanno preso parte 24 rappresentanti di 15 aziende dei settori automotive, energia (incluse le rinnovabili), infrastrutture, difesa e farmaceutico. Essi hanno potuto avere un 'ampia panoramica delle potenzialita' offerte dal mercato pakistano, nonche' rappresentare a quattro Ministri ("Defence production", Acqua ed Energia e Difesa, Petrolio e Risorse Naturali, Industria) ed al Presidente del Board of Investment, l'offerta delle relative aziende e le opportunita' del

228 mercato pakistano. Il programma di incontri predisposto dalla nostra Ambasciata ha previsto inoltre un'ampia presentazione del programma di incentivi varati recentemente dal Governo di Islamabad per attirare capitali stranieri. Il programma ha previsto, tra l’altro, meetings B2B ed un Forum in materia di energia. Tra i partecipanti, molte importanti aziende nazionali quali Ansaldo-Energia, Angelini, Chiesi, Gruppo FIAT, Piaggio, Selex (Finmeccanica), Trevi e Tenaris, oltre ad alcune PMI, come Landi Renzo (settore CNG), Leitner-Solar e Sira, attive nel settore delle rinnovabili. Per quanto riguarda gli IDE italiani, con la sola significativa eccezione di alcune grosse realtà imprenditoriali che hanno già investito nel paese (ENI, FINMECCANICA-MBDA, LANDI RENZO, PIAGGIO, ANSALDO) e altre che si stanno affacciando per valutare la possibilità di farlo (AUSONIA – settore compressori, ENEL – di recente in missione a Islamabad), gli investimenti italiani in Pakistan restano contenuti, nonostante timidi segnali di crescita negli ultimi anni. L’Italia, secondo recenti dati della State Bank of Pakistan, avrebbe investito nel paese 199,4 ml di USD ed il settore che ha maggiormente beneficiato del flusso di capitali è stato quello dell’Oil & Gas. Di fatto, eccettuate alcune filiali commerciali o uffici di rappresentanza, la nostra presenza è limitata a poche aziende nel settore manifatturiero nonostante in taluni settori (tessile, agroalimentare, concia/pelletteria, marmi, oreficeria/gioielleria, solo per citarne alcuni), il Paese offra buone opportunità, considerata anche la favorevole legislazione in vigore (all’investitore straniero è consentito detenere il 100% del capitale sociale e trasferire illimitatamente in patria gli utili aziendali). Molto interesse da parte di nostre imprese e grande potenzialità sono riscontrabili nei settori delle energie alternative, anche per la carenza di energia elettrica in cui il paese versa, delle telecomunicazioni e delle infrastrutture/trasporti, con grandi progetti in via di definizione. Tra essi, quelli relativi alla costruzione delle dighe Diamer Bhasha (mega progetto per un appalto di circa 12 miliardi di USD che sta però incontrando difficoltà a reperire finanziamenti poiché situata nel conteso Kashmir) e la citata Dasu (costo complessivo circa 2 miliardi di USD; financing recentemente assicurato dalla Banca Mondiale per 700 milioni). Inoltre, il Ministro pakistano per il “Water and Power” ha preannunciato la costruzione di altre dighe di piccole dimensioni (Bunji, Mohamand, Bara e Tank Zam) nonché la quinta estensione della diga di Tarbela (costruita dall’Impregilo negli anni 70). In relazione a tali progetti, il suddetto Ministro ha auspicato un interesse delle ditte italiane del settore sottolineandone il forte apprezzamento per l’alta qualità ingegneristica.

5. Cooperazione nel campo della Difesa I rapporti sono ottimi anche in questo campo di particolare rilevanza, dato il peso politico delle FFAA pakistane. Nel 2007, il Pakistan è stato il primo cliente non NATO dell’industria italiana di settore, avendo deciso di dotarsi del sistema di difesa anti-aerea SPADA 2000 Plus di MBDA (consorzio EADS-BAE Systems-Finmeccanica) del valore di 415 milioni di euro. Il Memorandum di cooperazione nel campo della Difesa del 2009, ratificato recentemente assicurerà un’adeguata cornice giuridico-istituzionale per l’ulteriore progresso dei programmi di cooperazione industriale tra i due Paesi, nonché per l’intensificazione di contatti tra le rispettive Forze Armate. Recentemente l’Autorità Nazionale - UAMA ha finalizzato, di concerto con il Ministero della Difesa, la nostra Ambasciata a Islamabad e le Ambasciate del Pakistan e degli Stati Uniti a Roma, l’operazione per la cessione di 500 veicoli M113 da parte del Ministero della Difesa alle Forze Armate della Repubblica Islamica del Pakistan. Ciò a seguito delle garanzie fornite dalla controparte pakistana (Certificato di Utilizzo Finale ed impegno alla

229 non riesportazione dei materiali senza il previo consenso delle Autorità italiane) utili per le garanzie italiane agli USA (i blindati sono di costruzione americana).

6. Cooperazione allo sviluppo I. La Cooperazione Italiana allo Sviluppo finanzia in Pakistan – uno dei Paesi prioritari in Asia - un articolato pacchetto di interventi, per un totale di circa 215 milioni di Euro, tra doni, crediti di aiuto e conversione del debito, prevalentemente concentrati nei settori dello sviluppo rurale e largamente indirizzati alle aree nord-occidentali confinanti con l’Afghanistan. Alla luce della forte riduzione delle risorse a dono disponibili per la Cooperazione allo Sviluppo col Pakistan, la conversione del debito e lo strumento del credito di aiuto sono le componenti più rilevanti e visibili delle relazioni bilaterali, permettendo all’Italia di partecipare in misura significativa a programmi mirati di riduzione della povertà e di sostegno alle regioni più vulnerabili. Va tuttavia segnalata, per i crediti di aiuto, la lunghezza dei negoziati con le controparti pakistane per il loro avvio.

II. E’ in corso un programma multisettoriale di Conversione del Debito, per un valore complessivo di circa 80 milioni di Euro, che finanzia progetti in tutte le Province pakistane: di particolare rilievo quelli nelle Province confinanti con l’Afghanistan e quelli in favore delle aree colpite dalle alluvioni del 2010. I settori interessati comprendono sviluppo rurale e urbano, riduzione della povertà, sanità, educazione. Va inoltre segnalato l’utilizzo degli stessi fondi ex conversione del debito per il restauro del museo archeologico dello Swat. Si tratta di un importante realizzazione della Missione Archeologica Italiana, attiva in Pakistan per conto dell’allora ISMEO fin dagli anni’50, che ha portato alla luce – e raccolto nello stesso Museo Archeologico – numerosi reperti appartenenti alle civilta’ “elleno-buddiste”, ovvero i regni che si costituirono nel subcontinente indiano a seguito della conquista di Alessandro il Macedone. Il Museo, inaugurato nel 1963, era stato gravemente danneggiato a seguito di attacchi terroristici in anni recenti. Il restauro e’ stato celebrato lo scorso 10 novembre (a cinquanta anni esatti dalla sua inaugurazione). In tale circostanza il Signor Presidente della Repubblica ha fatto pervenire un proprio messaggio augurale.

III. Nell’ambito degli impegni assunti dall’Italia alla Conferenza dei Donatori di Tokyo 2009, sono state approvate due iniziative a credito di aiuto: 1) 40 milioni per il finanziamento di attività di sviluppo rurale in cofinanziamento con Banca Mondiale (Pakistan Poverty Alleviation Fund - PPAF); il programma è affiancato da un accordo di monitoraggio e supervisione con la Banca Mondiale, che dirige l’insieme del PPAF, finanziato con un contributo di circa 2,7 milioni di Euro. 2) 20 milioni nel settore della formazione professionale; nel quadro delle attuali priorità in tema di Cooperazione tra Italia e Pakistan è possibile un riorientamento di tale credito valutando alcune opzioni, in particolare nel settore dell’educazione di base, che rappresenta una delle maggiori sfide per il Paese e quello dell’accesso all’approvvigionamento energetico in ambito rurale.

IV. Per il 2013, le risorse a dono rese disponibili dal Decreto Missioni (1.150.000 euro Euro), sono focalizzate prevalentemente su interventi di emergenza, in particolare attraverso il PAM. Sul territorio pakistano sono tradizionalmente attive, con attività di Cooperazione allo Sviluppo, un numero ristretto di Ong italiane: CESVI, ISCOS, ALISEI, ACTIONAID, VIS/Don Bosco (questa ha recentemente chiuso le proprie attività in Quetta), un importante progetto di formazione amministrato dal CNR, ed Università, tra cui il Politecnico di Milano/Fondazione Politecnico, nonché l’IsIAO di Roma. Nel settore agricolo si registra la presenza dello IAO con programmi finalizzati al rafforzamento del settore, in particolare la

230 coltivazione e produzione di olio d’oliva, migliorando le condizioni di vita delle popolazioni afferenti l’area di progetto e favorendo il dialogo e la interazione regionale.

7. Questioni migratorie Un punto di forza delle relazioni fra Italia e Pakistan è rappresentato dalla significativa comunità pakistana in Italia. I cittadini pakistani legalmente residenti nel nostro Paese sono infatti circa 90.000 ed il loro numero è in continua crescita. Si tratta in massima parte di lavoratori agricoli ed industriali che affluiscono in Italia verso le città del centro-nord (Brescia, Bologna, Roma), ma non mancano commercianti ed imprenditori. A queste categorie si aggiunge quella degli studenti universitari (oltre 680 nell’anno 2011-2012), prevalentemente rivolti alle Facoltà di Ingegneria (oltre 400 iscritti al Politecnico di Torino e 60 a quello di Milano). Il numero (un centinaio) dei detenuti pakistani nelle nostre carceri è esiguo, a testimonianza di una comunità poco problematica. Buona la collaborazione con Islamabad per il rimpatrio degli irregolari. Dal 2004 il Paese beneficia di quote riservate nel Decreto Flussi per lavoratori non stagionali e dal 2007 concorre alla quota d’ingresso per lavoro stagionale (nel 2012, 35.000 ingressi per lavoratori extracomunitari stagionali). I visti rilasciati nel 2011 dalle nostre Sedi in Pakistan (Islamabad e Karachi) sono stati circa 14.500 (28% per turismo, 25% per lavoro e 21% per ricongiungimento familiare). In crescita il numero dei visti rigettati (quasi 8.000 nel 2011), grazie ad una incisiva opera di scrutinio e verifica della documentazione a sostegno delle domande, che spesso purtroppo rivela la presenza di documenti contraffatti o falsi.

8. Visite ed incontri 2013 - febbraio: visita in Italia del Ministro degli esteri Rabbani Khar ed incontro con Ministro Terzi con firma del protocollo di partenariato strategico (Strategic Engagement Plan); 2012 - luglio: incontro tra il Sottosegeretario de Mistura ed il ministro degli Esteri Rabbani Khar a latere della Conferenza di Tokyo sull’Afghanistan; - maggio: incontro tra il Ministro Terzi ed il Ministro degli Esteri Rabbani Khar a margine del vertice NATO di Chicago; - marzo: visita in Pakistan dell’Inviato speciale del Ministro degli Esteri per Afghanistan e Pakistan, Min. Talò (incontro con il Ministro degli Esteri Khar e partecipazione a commemorazione di Bhatti presenziata dal Primo Ministro); - marzo: visita (privata) in Italia incontro Consigliere Speciale del Primo Ministro per le Minoranze (con rango di Ministro Federale), Paul Bhatti (incontro con il SS. De Mistura); - aprile: incontro a Boao, a margine del Forum dell’Asia, tra il Presidente del Consiglio Prof. Monti ed il Primo Ministro del Pakistan Syed Yusuf Raza Gilani; - aprile: visita (privata) del Ministro pakistano per la scienza e la tecnologia Jamali per incontri con l’Università di Tor Vergata volti ad avviare contatti per l’acquisizione di moderne tecnologie dedicate al trattamento dei rifiuti; - maggio: incontro a Chicago, a margine del Vertice NATO, tra il Ministro degli Esteri Terzi e l’omologa pakistana Hina Rabbani Khar. - luglio: incontro tra il Sottosegretario agli Esteri de Mistura e il Ministro degli Esteri del Pakistan, Sig.ra Rabbani Khar a latere della Conferenza sull’Afghanistan a Tokyo; 2011

231 - marzo: visita in Italia di una delegazione parlamentare guidata dall’ex Ministro per la Cultura e dello Sport, Gilani (incontri con rappresentanti del nostro Parlamento); - aprile: visita in Italia del neo Consigliere Speciale del Primo Ministro per le Minoranze (con rango di Ministro Federale), Paul Bhatti (incontro con il Min. Frattini); - maggio: visita in Italia del Ministro degli Esteri del Pakistan, Sig.ra Rabbani Khar che, a latere della Conferenza Ministeriale sulla riforma del CdS, ha incontrato l’On. Ministro; - agosto: incontro tra il Min. Frattini ed il Consigliere Speciale del Primo Ministro per le Minoranze (con rango di Ministro Federale), Paul Bhatti al Meeting di Rimini; - settembre: incontro tra il Ministro Frattini e la sua omologa pakistana, Sig.ra Rabbani Khar a New York a margine dell’UNGA; - settembre: visita in Pakistan dell’Inviato speciale del Ministro degli Esteri per Afghanistan e Pakistan, Min. Talò; 2010 - febbraio: visita in Pakistan del Vice Ministro per l’economia, Vegas, accompagnato dal Presidente del CNR, Majani e da una delegazione del Politecnico di Milano (incontri con Primo Ministro Gilani e con vari Ministri economici); - settembre: visita in Italia del Ministro delle Finanze del Pakistan, Shaikh (incontro con il Ministro Frattini); - settembre: visita in Italia del Ministro delle Minoranze, Shahbaz Bhatti (incontro con il Ministro Frattini); - novembre: a due anni di distanza dalla precedente visita, il Ministro Frattini è tornato in Pakistan (incontri con Primo Ministro Gilani, con l’omologo Qureshi, con il Ministro per le Minoranze Bhatti e con il Capo delle Forze Armate Gen. Kayani ). Particolarmente significativa la visita a Roma del Presidente Zardari (settembre 2009), che ha suggellato al massimo livello il nostro sostegno politico e strategico al Governo pakistano ed ha gettato le basi per ampliare le relazioni economiche bilaterali e per avviare un partenariato di lungo periodo (nell’occasione è stato firmato un MoU di collaborazione nel settore della difesa). Il Presidente era accompagnato da un’ampia delegazione che includeva il Ministro di Stato per gli Investimenti, Mandviwalla. Quest’ultimo aveva già visitato il nostro Paese nel novembre 2008 incontrando i vertici di diverse imprese ed enti italiani (ENI, Fincantieri, Finmeccanica, Verona Fiere, ecc), oltre che l’allora Sottosegretario alle Finanze, Vegas. Da ricordare, che il Presidente Berlusconi aveva incontrato il Primo Ministro Gilani nell’ottobre 2008, a margine del Vertice Asia-Europa a Pechino. 9. Principali accordi intergovernativi firmati FIRMA IN VIGORE Accordo sui servizi aerei 05/10/1957 15/07/1961 Convenzione per evitare le doppie imposizioni e per 22/06/1984 27/02/1992 prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito Accordo per la cooperazione economica e finanziaria 7/10/1984 7/10/1984 Accordo per la promozione e protezione degli investimenti 19/07/1997 22/06/2001 MoU per la cooperazione nel campo della difesa 30/09/2009 13/05/2013 Accordo per la concessione di un soft loan di Euro 7,75 milioni per l’attuazione di una linea di credito a sostegno del 14/07/2005 07/03/2006 settore privato

232 Accordo per la ristrutturazione del debito, applicativo dell’Intesa multilaterale del Club di Parigi del 23.01.2001 15/06/2001 17/01/2003 (con liste debitorie) Accordo bilaterale di ristrutturazione del debito, applicativo dell’Intesa multilaterale del Club di Parigi del 24/02/2003 23/06/2003 13.12.2001 Scambio di Note per la cancellazione del 50% dei crediti di 07/06/2004 e 03/09/2004 aiuto ristrutturati con l’Accordo bilaterale del 24/2/2003 03/09/2004 Accordo di conversione per il restante 50% dei crediti di 04/11/2006 14/05/2007 aiuto ristrutturati con l’Accordo bilaterale del 24/2/2003 M.O.U. per l'implementazione del Programma italiano di Emergenza a sostegno delle popolazioni colpite dal 03/11/2006 03/11/2006 terremoto in Pakistan Nuovo accordo di cooperazione culturale, scientifica e Manca la tecnologica (una volta in vigore sostituirà i due Accordi attualmente in 10/11/2005 ratifica vigore, quello culturale e quello scientifico e tecnologico, firmati nel 1975) pakistana Programma esecutivo di Cooperazione Culturale Scientifica 04/11/2006 04/11/2006 e Tecnologica per gli anni 2006-2008 Accordo sulla lotta contro il traffico di stupefacenti, 29/09/2004 20/06/2012 sostanze psicotrope e precursori Accordo per la riammissione degli immigrati in posizione Siglato NO irregolare e relativo Protocollo attuativo 21/03/2000 Ratificato da Accordo di cooperazione in materia di turismo 29/09/2004 entrambi. Manca la notifica Pak. 10. Principali intese firmate tra Ministeri FIRMA IN VIGORE MoU sulla cooperazione sui sistemi di difesa tra il 09/07/1990 09/07/1990 Ministero della Difesa italiano e pakistano MoU sulla cooperazione politica tra il Ministero degli Esteri 14/07/2005 14/07/2005 italiano e pakistano MoU MIUR-Presidente Commissione Istruzione Superiore in 07/03/2006 07/03/2006 materia di ricerca nei settori scientifico e tecnologico MoU tra MIUR e Presidente della Commissione Istruzione 07/03/2006 07/03/2006 Superiore relativo al settore della ricerca sui terremoti Dichiarazione di Intenti tra il Ministero degli Esteri italiano 04/11/2006 04/11/2006 e l'Higher Education Commission pakistana Protocollo di Partenariato Strategico (Strategic 01/02/2013 01/02/2013 Engagement Plan) tra Ministro Esteri italiano e pakistano

233 234 La Russia e la crisi ucraina La decisione del Presidente Yanukovich di rinviare la firma dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, originariamente prevista in occasione del Vertice di Vilnius sul Partenariato orientale del 26 novembre 2013, è stata motivata dalla necessità di non compromettere le relazioni economiche e commerciali con Mosca, la cui repentina contrazione avrebbe pesantemente condizionato l’economia ucraina. Già nell’agosto del 2013, Mosca aveva interrotto per pochi giorni i flussi in ingresso di alcune merci dall’Ucraina (prodotti dolciari e profilati metallici). La breve “guerra del cioccolato” (ad essere colpite più pesantemente furono all’epoca proprio le aziende del gruppo che fa capo all’attuale Presidente ucraino Poroshenko) aveva già avuto un severo impatto sulla bilancia commerciale ucraina e, di riflesso, sull’andamento del PIL del terzo trimestre 2013. Se la decisione di Yanukovich ha innescato le proteste di piazza di Maidan, essa ha avuto come effetto immediato un avvicinamento a Mosca, esplicitatosi in occasione del Vertice russo-ucraino del 17 dicembre 2013, in cui fu concordato uno sconto del 34% sul prezzo del gas russo esportato verso l’Ucraina (da 406 a 268,5 dollari per 1.000 metri cubi, con un risparmio a parità di volumi acquistati di 4 miliardi USD annui), nonché l’acquisto da parte russa di titoli di stato ucraini per un valore di 15 miliardi di dollari (ne è poi stata versata solo una tranche da 3).

Le successive fasi della protesta di piazza ucraina, connotate da un mutamento degli obiettivi dei manifestanti da pro-europei in anti-Yanukovich, hanno visto Mosca tenere una posizione non particolarmente profilata, anche rispetto agli iniziali sforzi della comunità internazionale per contenere la protesta. Con limitata convinzione (tanto da non avere poi accettato di firmare il testo finale) la Russia ha preso parte alle trattative mediate dai Ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia (cd. formato Weimar), che hanno condotto il 21 febbraio scorso al cd. “Accordo in sei punti”, mai di fatto interamente attuato in ragione della fuga di Yanukovich da Kiev e delle successive vicende istituzionali che condussero dopo pochi giorni alla designazione di Oleksandr Turchinov come Presidente ad interim e di un Esecutivo transitorio guidato da Arseny Yatseniuk (che Mosca non ha mai riconosciuto, considerandolo conseguenza di un colpo di stato e della deposizione di un presidente legittimo).

Lo spostamento del teatro dei disordini da ovest ad est e la rivendicazione del riconoscimento di aspirazioni e privilegi della minoranza russofona in Ucraina orientale ha comportato un innalzamento del grado di coinvolgimento diretto di Mosca nella crisi, più evidente nella vicenda crimeana. L’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa in seguito al referendum del 16 marzo ha rappresentato un critico segnale di indebolimento dei canali di dialogo fra Mosca, sempre più isolata, e la comunità internazionale, nei complessi tentativi di soluzione della crisi ucraina. Essa è giunta al culmine di un rapido processo di presa di controllo dei punti strategici della penisola da parte delle Forze Armate russe, già numerose nell’area (a Sebastopoli ha sede la più grande base militare russa al di fuori del territorio della Federazione). La decisione di Mosca di inglobare la Crimea nel territorio della

235 Federazione rappresenta un “unicum”, mai verificatosi dal 1991. Rispetto alle altre aree di criticità (Transnistria e regioni separatiste georgiane di Abkhazia e Ossezia meridionale, ove Mosca si è limitata a consolidare uno stato di fatto sul terreno), in Crimea per la prima volta Mosca ha ripreso formalmente controllo di una regione, già sovietica, che gli assetti successivi al collasso dell’URSS le avevano sottratto.

L’annessione della Crimea ha rappresentato il trigger che ha fatto scattare le prime sanzioni occidentali nei confronti dei soggetti direttamente responsabili (sia dal punto di vista politico che militare) delle operazioni di destabilizzazione, in un crescendo di condanne della violazione di sovranità, indipendenza ed integrità territoriale dell’Ucraina, declinate con diversa intensità in ambito UE e G7.

Il rischio di isolamento – ben percepito a Mosca e fondamentalmente contrario alle direttrici della politica estera di Putin, da sempre mirata a conferire credibilità alla Russia come attore internazionale responsabile – i riverberi negativi delle sanzioni sull’economia russa, le probabili pressioni sul Presidente dei suoi più stretti collaboratori (primi destinatari di misure personali), sono forse state concause di una lenta apertura della Russia al confronto sulla crisi ucraina in ambito internazionale.

Di verosimile maggiore impatto rispetto alle misure della NATO per la “reassurance” degli alleati orientali o della prudente azione dell’UE (al cui interno non sono mancate spaccature rispetto alla postura da tenere con Mosca), la minaccia di nuove ed ulteriori misure ha comunque indirizzato Mosca su un sentiero di distensione, le cui tappe essenziali sono state nel tempo:

a. i colloqui di Ginevra (17 aprile) tra Russia, Ucraina, UE ed USA, che hanno concordato una piattaforma di azioni concrete per la de-escalation sul terreno e l’avvio del dialogo fra i diversi attori della crisi (cui farà seguito una roadmap attuativa, presentata dalla Presidenza svizzera dell’OSCE il 9 maggio); b. l’avvio (5 maggio) di negoziati trilaterali sull’energia (condizioni di ripristino forniture di gas all’Ucraina) mediati dall’Unione Europea (Commissario Oettinger, Ministro russo Novak, Ministro ucraino Prodan) e attualmente sospesi; c. il riconoscimento del risultato delle elezioni presidenziali ucraine del 25 maggio; d. il canale di dialogo diretto fra Putin e Poroshenko, avviato con la “stretta di mano“ del 7 giugno in Normandia; e. l’avvio (8 giugno) di negoziati “trilaterali” nell’ambito del gruppo di contatto sotto egida OSCE; f. la partecipazione al dialogo quadrilaterale - assieme ad Ucraina, Francia e Germania (25, 29 e 30 giugno) - da cui è scaturita la Dichiarazione di Berlino del 2 luglio; g. il dialogo tra Russia ed Ucraina sugli effetti dell’Accordo di Associazione (la cui ultima sessione ha condotto alla decisione di sospenderne l’applicazione dell’Accordo, dopo la sua ratifica, fino al 31 dicembre 2015);

236 h. i contatti tra Putin e Poroshenko, avviati a margine del Vertice di Minsk dell’Unione Eurasiatica del 26 agosto e proseguiti fino al raggiungimento di un accordo sul cessate-il-fuoco bilaterale nella regione del Donbass (5 settembre).

Il raggiungimento di un accordo sul cessate-il-fuoco, se da un lato testimonia il percorso di collaborazione ed apertura al dialogo intrapreso da parte russa, giunge al contempo a seguito di una serie di azioni che segnalano un coinvolgimento di Mosca nel conflitto in Ucraina orientale ben maggiore rispetto alla legittima solidarietà verso le comunità filorusse di quell’area. Si tratterebbe, secondo elementi condivisi anche in ambito UE e NATO, di un sostegno di carattere eminentemente militare, che avrebbe peraltro contribuito ad aumentare tensioni e scontri sul terreno nei giorni immediatamente precedenti il cessate-il-fuco. Lo spostamento progressivo del conflitto dall’area urbana di Donetsk lungo la direttrice di terra che collega la cittadina a Mariupol sul Mar di Azov confermerebbe in particolare, secondo alcuni osservatori, il disegno russo di creare un corridoio che colleghi la Crimea via terra alla Federazione Russa. Analogamente, non si possono alcune forzature operate da Mosca nell’organizzazione dei due convogli umanitari che hanno raggiunto le aree di conflitto in Ucraina orientale, senza autorizzazione di Kiev e senza il controllo del Comitato Internazionale della Croce Rossa sulla gestione delle operazioni. Resta sullo sfondo la ricostruzione ancora incerta delle responsabilità del disastro aereo del volo MH17, che ha costituito un punto di frattura nella ricerca di un componimento politico e diplomatico della crisi e che è stato anche alla base di una diversa postura UE sul fronte sanzionatorio (passaggio alle sanzioni di terzo livello). Le indagini in corso non hanno infatti escluso un coinvolgimento diretto dei gruppi armati operanti nell’est dell’Ucraina (e militarmente sostenuti da Mosca) nel disastro aereo, le cui cause sono comunque ancora da accertare.

237 Relazioni UE - Russia Le relazioni fra Europa e Federazione Russa si sono nel tempo contraddistinte per fasi alterne di attrazione e cooperazione, competizione, incomprensione e conflittualità. Con la crisi economica che la Russia ha attraversato nei primi anni Novanta, conseguenza diretta del collasso dell’Unione Sovietica, la leadership di Mosca ritenne di dover intensificare i rapporti con i Paesi occidentali e le organizzazioni regionali. In tale prospettiva, nel 1993 furono avviati i negoziati con l’UE per la firma di un Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), entrato in vigore solo quattro anni dopo. Oltre a formalizzare un regolare dialogo politico a vari livelli, l’Accordo ambiva alla creazione, nel lungo periodo, di un’area di libero scambio. Su questa direttrice, nel 2003, UE e Russia decisero di arricchire la portata dell’APC, istituendo quattro “spazi comuni” (economia, libertà e giustizia, sicurezza esterna, ricerca ed istruzione), formalizzati ed accompagnati da quattro road map in occasione del Vertice UE-Russia del 2005. Nel 2007 fu avviato il complesso negoziato per il rinnovo dell’APC, la cui sorte sarebbe stata nel tempo condizionata da alterne vicende. Rallentato nel 2008, in concomitanza con la crisi georgiana, ripreso con più vigore nel 2009 (quando il nuovo corso dei rapporti fra Mosca e Varsavia dopo il riconoscimento dell’eccidio di Katyn e le preoccupazioni UE per la crescente competizione nel mercato russo di paesi come Cina, Stati Uniti e Turchia intensificarono le relazioni fra Bruxelles e Mosca) e fortemente influenzato dai processi di integrazione dello spazio eurasiatico (avviati nel 2010 con la costituzione di una Unione Doganale fra Russia, Bielorussia e Kazakhstan, evoluta nel 2012 in Spazio Economico unificato e, lo scorso 2 giugno in Unione Eurasiatica, funzionante dal prossimo 1 gennaio), il negoziato fu sospeso nel dicembre 2010.

Ostacoli al negoziato per il nuovo PCA L’atteggiamento negoziale russo non ha favorito finora il cammino per la ripresa delle trattative. Mosca, infatti, non ritiene possibile inserire nel nuovo Accordo clausole inerenti a commercio ed investimenti perché creerebbero condizionalità aggiuntive rispetto a quelle già assunte al momento dell’accesso al WTO. Inoltre, poiché molte delle competenze nelle materie commerciali sono state trasferite all’Unione Doganale Euroasiatica (UD), nella prospettiva russa Bruxelles dovrebbe avviare i negoziati direttamente con gli Organi competenti dell’UD, non riconosciuta come interlocutore dall’UE (non essendo tutti i suoi membri parte del WTO). Inoltre, mentre l’UE non intende escludere i capitoli relativi a commercio ed investimenti, da parte russa si ritiene prioritario portare prima a termine l’allineamento agli standard WTO attuali, che sta proseguendo non senza difficoltà, come testimoniato (indirettamente) dalle non poche misure protezionistiche adottate dopo l’ingresso nel WTO. Di particolare sensibilità appare, infine, l’inclusione nel negoziato di un volet di dialogo politico, che abbracci il dibattito sui “quattro spazi” (economia; libertà, sicurezza e giustizia; sicurezza esterna; ricerca e istruzione) e sui diritti umani, alla luce dell’esigenza, per la UE, che una partnership strategica si basi anche sulla condivisione di valori democratici e, dall’altro, dei poco incoraggianti sviluppi interni recenti in Russia in materia di libertà di espressione, di riunione, di associazione e di tutela delle minoranze sessuali.

238 Indipendentemente dall’assenza di un nuovo PCA, le relazioni UE-Russia sono rimaste, tra il 2012 ed il 2013, ben al di sotto del loro potenziale. Da parte russa si insiste sulla necessità che il partenariato strategico con l’UE si articoli tenendo conto di “eguaglianza” e “reciproco rispetto” delle due Parti. A oltre due anni dall’ingresso della Russia nel WTO, il giudizio sulla condotta russa va bilanciato fra l’apprezzamento per gli sforzi oggettivi di Mosca nell’adozione di misure di adeguamento e la pressione internazionale ancora necessaria per contrastare le resistenze di segno opposto concepite a protezione di un sistema economico interno in molti settori ancora immaturo e fragile. Si tratta di una transizione severa e complessa, suscettibile senz’altro di riverberare effetti particolarmente positivi nel lungo termine (“short term pain for long term gain”), la cui prosecuzione implica l’avvio di processi di riconversione industriale finalizzati all’ottimizzazione dei processi produttivi per sostenere la crescita di competitività. Da parte UE, si è comunque cercato di concentrare il dialogo su poche questioni strategiche. Al di là delle questioni commerciali, i punti più delicati sono stati relativi a: a. politiche energetiche. Il dialogo si è in particolare focalizzato sul progetto South Stream e sull’applicabilità delle regole europee (cd. III pacchetto energia) al progetto. La Russia sostiene che il South Stream, in quanto gasdotto di importazione di gas da un paese terzo rispetto all’UE, dovrebbe essere considerato una sorta di “prolungamento del sistema di trasporto russo” e pertanto non soggetto alle disposizioni che regolano il mercato europeo. Da parte sua, la Commissione considera il South Stream come una transmission pipeline, non un interconnettore, assoggettandolo pertanto alla disciplina europea. Le discussioni si sono concentrate sulla possibilità di deroghe ad hoc (consentite in principio dalla normativa comunitaria). Oltre ai problemi legati allo status giuridico del South Stream, sulle relazioni UE-Russia in campo energetico pesa la procedura anti-trust in corso da parte della Commissione europea nei confronti di Gazprom, avviata il 4 settembre 2012. Proseguono infatti le indagini della Commissione in merito a tre presunte pratiche anticoncorrenziali della Società russa in Europa centrale e orientale. A tale riguardo, Mosca chiede chiarimenti sulle inchieste avviate e sostiene come le formule adottate per la definizione dei prezzi siano le stesse utilizzate da altri fornitori europei, come la Norvegia. b. visti e politiche migratorie. Dal 2007 è in vigore un Accordo fra l’UE e la Federazione russa sulla facilitazione nel rilascio dei visti, che ha visto nel recente passato anche la prospettiva negoziale - al momento accantonata - di possibili modifiche al testo, favorevoli alla parte russa (es. esenzione dal visto per i titolari di passaporto di servizio). Il negoziato sulla facilitazione si inserisce nel più ampio dialogo fra l’UE e la Russia sulla liberalizzazione del regime dei visti. Esso si basa sull’attuazione di “Common Steps towards visa free short term travel of Russian and EU citizens” distribuiti su quattro capitoli (sicurezza dei

239 documenti, immigrazione irregolare, ordine pubblico e sicurezza, relazioni esterne), al termine della quale UE e Russia valuteranno se dare avvio, nel rispetto delle rispettive procedure interne, a negoziati per un accordo di visa- waiver. c. Partenariato Orientale. E’ forse l’aspetto più divisivo dei rapporti UE – Russia, ritenendo Mosca le politiche di vicinato orientale fondamentalmente dirette a creare nocumento agli interessi russi nell’estero vicino. Inoltre Mosca percepisce negativamente anche l’“incompatibilità” tra la firma - e l’applicazione - degli AA/DCFTA con i Partner orientali e la loro auspicata membership in seno all’Unione Eurasiatica (la Commissione europea ritiene peraltro, sulla base del dettato dell’AA/DCFTA, che la devoluzione di competenze sovrane in materia commerciale all’UD non sia compatibile con lo status di “associato” all’UE). Gli effetti della crisi ucraina si sono riverberati in maniera sfavorevole sulle relazioni bilaterali e sul dialogo strategico dell’UE con la Russia, nonostante il perdurante riconoscimento di comuni interessi nel lungo periodo. L’ultimo Vertice UE-Russia, tenutosi in formato ridotto a Bruxelles lo scorso 28 gennaio, in ossequio al principio no business as usual, aveva comunque avuto, nonostante le premesse non incoraggianti, alcuni risultati favorevoli, quali: la decisione di riavviare il negoziato sul Nuovo Accordo di Partenariato e Cooperazione e la decisione di istituire un gruppo di esperti destinato ad analizzare, a livello tecnico bilaterale, l'impatto sull'economia russa degli AA/DCFTA dell’UE con i tre Paesi del Partenariato Orientale (Ucraina, Moldova e Georgia), come misura di confidence building sul tema degli effetti e degli obiettivi del Partenariato orientale. Il Consiglio Europeo del 21 marzo 2014 - nel reiterare il pieno sostegno alla sovranità ed integrità territoriale dell'Ucraina, stigmatizzando la decisione russa di annessione della Crimea - ha poi deciso, l'annullamento del successivo Vertice UE- Russia (previsto il 3 giugno a Sochi), sospendendo i Vertici bilaterali e suggerendo una valutazione caso per caso sugli incontri a livello politico tra Stati membri e Russia, nonché bloccando il dialogo su alcune materie sensibili come i visti (ma proseguendo comunque in altri settori come ad esempio la collaborazione regionale per la Dimensione settentrionale). Negli ultimi mesi, il sempre più delicato rapporto fra Bruxelles e Mosca si è soprattutto connotato per le misure sanzionatorie decise da parte UE in considerazione degli sviluppi sul terreno in Ucraina. Esse possono così riepilogarsi:

RIUNIONE DECISIONE MOTIVAZIONE PROVVEDIMENTO Consiglio Affari Decide il congelamento degli asset Appropriazione Esteri (3 marzo finanziari per i dirigenti ucraini resisi indebita di 2014) responsabili di malversazioni e gravi fondi pubblici atti di violenza in occasione degli scontri di piazza.

240 Vertice Decide la creazione di un sistema Appropriazione Decisione del Consiglio del straordinario dei sanzionatorio articolato in tre indebita di 6 marzo 2014 2 Capi di Stato e di passaggi successivi ed incrementali.1 fondi pubblici Governo UE (6 Dispone il congelamento degli asset marzo 2014) finanziari per 18 esponenti del regime del Presidente Yanukovich (incluso l'ex Capo di Stato ed i suoi familiari) Consiglio Affari Segna il passaggio dalla prima alla Azioni che Decisione del Consiglio Esteri (17 marzo seconda fase del regime compromettono 2014/145 e Regolamento 2014) sanzionatorio. Decide visa ban ed o minacciano del Consiglio 269/2014 del asset freeze nei confronti di l’integrità 17 marzo che dispongono esponenti russi e crimeani a seguito territoriale, la divieto d'ingresso e dell'occupazione militare della sovranità e congelamento degli asset Crimea. l’indipendenza finanziari per 8 ucraini di dell’Ucraina Crimea e 13 cittadini russi Consiglio Europeo Sempre nell’ambito della fase 2, Azioni che Decisione del Consiglio (20-21 marzo amplia la lista dei destinatari di compromettono 2014/151, che estende la 2014) misure restrittive personali a seguito o minacciano lista dei sanzionati, dell'annessione della Crimea alla l’integrità includendovi altri 12 Federazione Russa. territoriale, la cittadini russi sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina Consiglio Affari Decide un ulteriore ampliamento Azioni che Decisione Esteri (14 aprile della lista, includendovi altri 15 compromettono temporaneamente sospesa 2014) nominativi o minacciano dall’Alto Rappresentante l’integrità Ashton, in considerazione territoriale, la degli esiti incoraggianti sovranità e dell’incontro quadripartito l’indipendenza di Ginevra del 17 aprile, e dell’Ucraina poi confermata dalla Decisione n. 238/2014 del 28 aprile, recante i 15 nominativi. Consiglio Affari Espansione dei criteri per il listing di Azioni che Regolamento n. 477/2014 Esteri (12 maggio persone fisiche e giuridiche. compromettono del 12 maggio: vengono 2014) Vengono incluse anche personalità o minacciano aggiunti alla lista dei colpevoli di espropri forzati di asset l’integrità sanzionati 13 individui e 2 in Crimea e a Sebastopoli, territoriale, la entità. contrariamente alla legge ucraina. sovranità e Vengono aggiunte 13 persone alla l’indipendenza lista dei soggetti a visa ban ed asset dell’Ucraina freeze.

1 Fase 1: sanzioni “di status” (sospensione dei negoziati UE-Russia per la liberalizzazione dei visti e per un nuovo accordo PCA con l’UE; sospensione della partecipazione al vertice G8 originariamente previsto a giugno a Sochi). Fase 2: misure personali restrittive (visa ban e asset freeze). Fase 3: misure economiche settoriali. 2 La decisione sarà integrata in occasione del CAE del 14 marzo con altri quattro nominativi, originariamente inseriti in una lista di asset freeze nazionale austriaca e, successivamente, segnalati anche dal Procuratore Generale di Kiev come responsabili di appropriazioni indebite.

241 Consiglio Affari Viene annunciata la preparazione di Azioni che Regolamento n. 692/2014 Esteri (23 giugno possibili misure mirate e vietata compromettono del 23 giugno, che oltre 2014) l’importazione di beni provenienti o minacciano all’importazione di merci dalla Crimea e da Sebastopoli. l’integrità originarie della Crimea o di territoriale, la Sebastopoli, vieta di sovranità e fornire, direttamente o l’indipendenza indirettamente, dell’Ucraina finanziamenti o assistenza finanziaria, nonché assicurazioni e riassicurazioni connesse all’importazione di suddette merci. Consiglio Europeo Il Consiglio si impegna a riunirsi Azioni che Regolamento 753/2014 (26-27 giugno nuovamente in qualsiasi momento compromettono dell’11 luglio: include 11 2014) per adottare ulteriori misure o minacciano nuovi nominativi all’elenco restrittive nel caso di mancata l’integrità di persone soggette a visa attuazione, entro il 30 giugno, di una territoriale, la ban e asset freeze. serie dettagliata di azioni concrete sovranità e (accordo su un meccanismo di l’indipendenza verifica del cessate il fuoco; dell’Ucraina restituzione all’Ucraina dei tre posti di frontiera di Izvarino, Dolzhanskiy e Krasnopartizansk; rilascio degli ostaggi; implementazione del piano di pace del Presidente Poroshenko). Consiglio Europeo Richiamando le Conclusioni del 27 Azioni che Regolamento n. 783/2014 (16 luglio 2014) giugno, il Consiglio decide di compromettono del 18 luglio: dispone espandere le misure sanzionatorie nei o minacciano l’allargamento della base confronti dei separatisti armati e l’integrità giuridica per l’inserimento della Russia. Vengono confermate le territoriale, la nelle liste di persone fisiche misure restrittive di fase 2 decise sovranità e e giuridiche soggette a l’11 luglio. È previsto l’indipendenza sanzioni. l’inasprimento delle misure, dell’Ucraina attraverso: a) allargamento della base giuridica necessaria per listare e congelare i beni di determinate entità, anche russe (con potenziale inserimento di “cronies”, oligarchi organici al sistema di potere putiniano); b) richiesta alla BEI di sospendere il finanziamento di nuove operazioni in Russia; c) prospettiva analoga per future operazioni BERS in Russia; d) invito alla Commissione a rivedere la cooperazione UE- Russia, con possibile sospensione di specifici programmi regionali e bilaterali; e) prosecuzione del lavoro di identificazione, già in corso, di “misure mirate” settoriali (fase 3); f) specifiche misure relative alla restrizione di investimenti in Crimea.

242 Consiglio Affari Procede alla finalizzazione delle Azioni che Con il Regolamento n. Esteri (22 luglio misure concordate dai Capi di Stato e compromettono 810/2014 del 25 luglio 2014) di Governo il 16 luglio. o minacciano vengono aggiunti alla lista l’integrità di soggetti a visa ban e territoriale, la asset freeze 15 individui, 9 sovranità e entità e ulteriori 9 entità la l’indipendenza cui proprietà è stata dell’Ucraina trasferita in violazione della legge ucraina.

COREPER (28-29 Su richiesta del CAE del 22 luglio, la Azioni che misure effettive dal luglio 2014)3 Commissione e il SEAE presentano compromettono momento dell’adozione da un pacchetto di misure economiche o minacciano parte del Consiglio tramite settoriali (cd. fase 3) al COREPER, l’integrità procedura scritta e relativa che, in assenza di una trasparente territoriale, la pubblicazione sulla collaborazione russa, lo approva. Tali sovranità e Gazzetta Ufficiale dell’UE misure sono reversibili, di validità l’indipendenza (31 luglio). annua e soggette a verifiche dell’Ucraina; periodiche (la prima fissata il 31 azioni della ottobre). Viene vietato l’acquisto e la Russia che vendita di obbligazioni e azioni destabilizzano emesse da primarie banche pubbliche la situazione in russe; stabilito divieto esportazione Ucraina di armi e materiale bellico per i contratti futuri; divieto di esportazione di tecnologie dual use di accertata destinazione militare. È stabilito inoltre, su richiesta del Consiglio Europeo del 16 luglio, il divieto di nuovi investimenti in infrastrutture nei settori trasporti, telecomunicazioni, energia, sfruttamento petrolio, gas e minerali in Crimea e a Sebastopoli, oltreché il divieto di esportare materiali e tecnologie relativi a tali settori. Infine, il COREPER ha aggiunto 8 persone (fra cui alcuni cronies) e 3 entità alla lista dei soggetti a visa ban e asset freeze (che dunque comprende allo stato attuale 95 persone e 23 entità). COREPER Sulla scia del Consiglio Europeo del Azioni che I Regolamenti (n. 959, 960 (8 settembre 2014) 30 agosto, che ha condannato i compromettono e 961/2014) recanti le crescenti flussi di combattenti ed o minacciano nuove misure sono stati armi provenienti dal territorio russo e l’integrità pubblicati sulla Gazzetta l’aggressione russa in territorio territoriale, la Ufficiale dell’UE il 12 ucraino, viene adottato un pacchetto sovranità e settembre; gli Stati membri di misure settoriali integrative. Esso l’indipendenza avevano infatti deciso di include: l’estensione delle restrizioni dell’Ucraina; posticiparne di qualche all’accesso ai mercati dei capitali azioni della giorno l’entrata in vigore, europei per istituti di credito russi a Russia che onde consentire una più maggioranza azionaria pubblica, per destabilizzano puntuale verifica alcune entità russe nel settore della la situazione in dell’attuazione dell’accordo

3 Con lettera del 25 luglio, il Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy chiede agli Stati membri di conferire pieni poteri ai propri Rappresentanti Permanenti per finalizzare un accordo in seno al COREPER, senza convocare una nuova riunione del Consiglio Europeo.

243 difesa, nonché per alcune società Ucraina sul cessate-il-fuoco. Entro russe del settore della vendita e del fine mese l’UE valuterà, trasporto di petrolio (Rosneft, sulla base degli sviluppi sul Trasneft e Gazpromneft); il divieto di terreno, la possibilità di vendita o trasferimento di beni dual emendare, sospendere o use o fornitura di servizi collegati a revocare le misure. una serie di persone ed entità russe (escluse le società attive nel settore spaziale, dell’energia nucleare civile e gli utilizzatori finali non militari); il divieto di fornire anche servizi per l’esplorazione e la produzione petrolifera sotterranea; l’inclusione di ulteriori 24 nominativi alla lista di individui soggetti a visa ban e asset freeze (portando così a 119 il totale degli individui “listati”); l’estensione della base giuridica per inserire nominativi in tale lista (comprendente ora anche i soggetti che “effettuano transazioni” con i gruppi separatisti nel Donbass); la proroga per ulteriori sei mesi delle misure esistenti.

In reazione alle misure sanzionatorie, Mosca ha disposto il divieto di importazione per un anno da UE, USA, Canada, Australia e Norvegia di alcune categorie di prodotti agro-alimentari. Non si escludono da parte russa ampliamenti delle sanzioni, che potrebbero comprendere il divieto di sorvolo del territorio della Federazione per i velivoli USA e UE ed estendersi al bando di importazione di altre categorie merceologiche. Forte in particolare è la preoccupazione dell’Unione Europea e di Washington rispetto ai possibili effetti sostitutivi (c.d. backfilling), che vedrebbero Paesi terzi acquisire quote di mercato russo lasciate libere da UE ed USA, in ragione delle sanzioni.

Anche l’irrisolta situazione della illegittima annessione della Crimea alla Federazione Russa (con il parallelo avvio da parte di Mosca di politiche di sviluppo nella regione ed iniziative di alta visibilità, come la trasferta estiva di Putin e di gran parte dell’Esecutivo russo a Sebastopoli) è alla base di misure appositamente studiate per limitare i contatti con realtà imprenditoriali locali da parte di società commerciali ed investitori UE.

244 Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

SCHEDA PAESE

Tunisia

245 INDICE

STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE ...... 2 CENNI STORICI ...... 4 POLITICA INTERNA ...... 5 SITUAZIONE ECONOMICA...... 6 RAPPORTI BILATERALI...... 8 1. Rapporti politici...... 8 2. Rapporti economici...... 8 3. Collaborazione in materia migratoria ...... 9 4. Cooperazione tecnica e Cooperazione allo sviluppo...... 10

1 246 STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE

Struttura istituzionale e dati di base

Superficie: 162.155 kmq Capitale: Tunisi (790.000 abitanti) Principali città: Sfax, Ariana, Gabès, Sousse, Kairouan

Nome Ufficiale: Repubblica Tunisina Forma di Governo: Semi-presidenzialismo Capo provvisorio dello Stato: Capo del Governo: Ministro degli Esteri: Mongi HAMDI

Parlamento monocamerale (Assemblea dei Sistema legislativo: Rappresentanti) Sistema legale: fondato sul diritto francese e islamico Suffragio: 18 anni; universale

ONU, UNCTAD, OIL, FMI, UNESCO, UNIDO, G77, Partecipazione ad Organizzazioni BIRS, WTO, FAO, AIEA, ICAO, IFAD, IOM, Internazionali: UNHCR, WHO, Lega Araba, OIC, UMA, ecc.

Popolazione ed indicatori sociali

10,9 milioni di abitanti (dati fine 2013 dell’Institut National de la Popolazione: Statistique) Tasso di crescita: 2,8% (dato 2013); previsione per il 2014 circa 3% Aspettativa di vita uomini: 73,6 anni; donne: 77,9 anni (dati 2013) alla nascita: Gruppi etnici: arabi 98%; europei ed altri 2% Religioni: musulmana sunnita 98%; cristiana 1%; ebraica 1%

arabo (lingua ufficiale); derubricazione del francese come lingua Lingue: ufficiale nella nuova Costituzione.

 Ennahda (movimento di ispirazione islamica)  Congrès pour la République (CPR, sinistra nazionalista)  Al-Aridha Chaabia ("Pétition populaire”, populista)  Forum Democratico per il Lavoro e le Libertà (FDTL – Ettakatol, socialista) Principali partiti  Partito Democratico Progressista (centro-sinistra) politici:  L’Iniziativa (liberali e laici)  Nidaa Tounes, nato da una costola di Afec Tounes (liberali)  Harakat Ettajdid (centro-sinistra, ex comunisti)  Partito Comunista degli Operai Tunisini (PCOT)

2 247 Composizione del Governo

Primo Ministro Mehdi Jomaa Ministri Affari Esteri Mongi Hamdi Interno Lofti Ben Jeddou Trasporti Chiheb Ben Ahmed Infrastrutture, territorio e sviluppo durevole Hedì Bel Harbì Difesa Nazionale Delegato alla Sicurezza nazionale Ridha Sfar Affari Religiosi Mounir Tlili Giustizia Hafedh Ben Salah Affari Sociali Ahmed Ammar Younbaii Lavoro Hafedh Laamouri Sport, Donna, Infanzia e Anziani Saber Bouatay Agricoltura Lassaad Lachaal Economia e Finanze Insegnamento Superiore e Ricerca Scientifica Taoufik Jelassi Cultura Mourad Sakli Industria e Miniere Kamel Bennaceur Commercio ed Artigianato Najla Harrouch Moalla Salute Mohamed Salah Ben Ammar Turismo Istruzione nazionale Fathi Jarray Ministri presso il Primo Ministro Coordinamento e Affari economici Nidhal Ourfelli Segretari di Stato Collettività locali Abderrazzek Ben Khlifa Demanio Karima el Jamoussi Cooperazione internazionale Noureddine Zekri Donna, infanzia e famiglia Neila Chaabane Nuove tecnologie Moez Chakchouk Ambiente Karim Majdoub Governance e funzione pubblica Anouar Ben Khelifa

3 248 CENNI STORICI

1956 Il Paese ottiene l’indipendenza dalla Francia. 1957 Con voto parlamentare, è deposto il Bey. La Tunisia diventa una Repubblica, con a capo Habib Bourguiba. 1964 Il Neodestour, ribattezzato Partito Socialista Destour (PSD), diventa l’unico partito legale. 1975 Bourguiba è eletto Presidente a vita. 1982 L’OLP si rifugia a Tunisi, costretta da Israele ad abbandonare il Libano. 1986 Bourguiba nomina il Generale Zine el-Abdine Ben Ali Ministro degli Interni per arginare la deriva fondamentalista del Mouvement de la tendance islamique (MTI). 1987 Ben Ali depone per senilità il Presidente Bourguiba e diventa Premier. Il PSD è rinominato RCD (Raggruppamento Costituzionale Democratico). 1988 La nuova Costituzione introduce il multipartitismo ed abolisce la Presidenza a vita. Sono ammessi a partecipare alla vita politica tunisina anche due partiti dell’opposizione. Il MTI assume il nuovo nome di Partito della Rinascita (Hizb al-Nahda, o Ennahdha). 1989 Ben Ali diventa per la prima volta Presidente della Repubblica. 1991 Ben Ali, candidato unico, è rieletto Presidente. Alle elezioni legislative, l’RCD si aggiudica tutti i seggi. 1999 Ben Ali domina nuovamente le elezioni presidenziali cui, per la prima volta, partecipano altri due candidati. 2002 Con due emendamenti alla Costituzione del 1959 viene abolita la clausola che limita a tre i mandati presidenziali. Viene inoltre innalzata a 75 anni l’età massima per ricoprire l’incarico presidenziale. 2004 Il Presidente Ben Ali ottiene il quarto mandato presidenziale con il 94,48% di preferenze. 2005 Si svolgono le prime elezioni per la Camera dei Consiglieri, secondo ramo del Parlamento, composta da rappresentanti degli Enti locali territoriali e dalle parti sociali, nonché da membri di diretta nomina presidenziale. 2009 Nelle elezioni presidenziali del 25 ottobre il Presidente Ben Ali viene rieletto per il quinto mandato presidenziale consecutivo con l’89,62% dei voti. 2010 17 dicembre: un giovane tunisino, Mohammed Bouazizi, si dà fuoco nella località di Sidi Bouzid per protesta contro il regime di Ben Ali, dando inizio ai moti di protesta che diventeranno noti come “Rivoluzione dei gelsomini”. 2011 14 gennaio: dimissioni di Ben Ali. 15 gennaio: il Presidente della Camera Mebazaa giura quale nuovo Capo dello Stato ad interim e affida al Primo Ministro uscente Ghannouchi (Raggruppamento Costituzionale Democratico, che è un partito socialista destouriano) l’incarico di formare un Governo di unità nazionale. 27 febbraio: dimissioni di Ghannouchi e incarico a Caid Essebsi (inizialmente ndipendente, poi fondatore nel 2012 del partito laico Nidaa Tounes). 23 ottobre: elezioni per l’Assemblea Nazionale Costituente con vittoria di Ennahda. L’Assemblea (di cui è Presidente Moustapha Ben Jafaar – Ettakatol, partito di centro- sinistra) elegge Presidente provvisorio Moncef Marzouki (CPR, Congrès pour la République, centro-sinistra nazionalista), il quale nomina Primo Ministro Hamadi Jebali (Ennahda), che assume le funzioni il 24 dicembre. 2013 6 febbraio: per le manifestazioni seguite all’uccisione di uno dei leader dell’opposizione, Chokri Belaid (Fronte Popolare tunisino, di ispirazione marxista), il Primo Ministro Jebali annuncia lo scioglimento del Governo. 13 marzo: il nuovo Esecutivo - guidato da Ali Larayedh (Ennahda) e sostenuto dalla troika Ennahda, CPR e Ettakol - ottiene la fiducia dell’Assemblea Costituente. 25 luglio: l’uccisione del parlamentare Mohamed Brahmi infligge un ulteriore colpo alla tenuta del Governo. 15 novembre: avvio del Dialogo nazionale. 2014 26 gennaio: adozione del testo della nuova Costituzione e formazione del nuovo Governo di indipendenti guidato da Mehdi Jomaa (nessuna affiliazione politica).

4 249 POLITICA INTERNA

Il quadro politico della Tunisia è stato completamente modificato dalla “Rivoluzione dei gelsomini” e dal conseguente abbandono del potere nel gennaio 2011, dopo 24 anni, da parte del Presidente Ben Ali. La crisi tunisina ha di fatto sancito l’avvio del Risveglio Arabo, movimento di protesta popolare di stampo soprattutto, ma non solo, giovanile che ha causato profonde mutazioni politiche, seppur con diverse modalità, in tutta la regione. La profonda insoddisfazione nei confronti del corrotto, nepotista e repressivo regime di Ben Ali - aggravata dal persistere della disoccupazione soprattutto tra i giovani, dall’iniqua redistribuzione della ricchezza e da uno sviluppo disomogeneo nelle varie aree del Paese - ha innescato nel dicembre 2010 un movimento di protesta popolare diffusosi rapidamente a tutte le fasce sociali e a tutte le aree del Paese. Ampiamente sottovalutato dalle Autorità centrali, il movimento di protesta, sviluppatosi anche grazie al web e alle comunicazioni cellulari, ha portato in poche settimane alla caduta e alla fuga dal Paese di Ben Ali e dei suoi familiari, tuttora riparati in Arabia Saudita. Dopo l’uscita di scena di Ben Ali e il succedersi di due Governi di unità nazionale in pochi mesi, hanno avuto luogo il 23 ottobre 2011 le elezioni dell’Assemblea Nazionale Costituente (ANC). Tali consultazioni, svoltesi nell’ordine e in un clima di generalizzato ottimismo, hanno visto l’affermazione del partito di ispirazione islamica Ennahda, favorito dalla parcellizzazione del voto (118 partiti, nella quasi totalità formatisi o legalizzati dopo la caduta di Ben Ali), dal suo rapido radicarsi sul territorio e dall’essere stato tra le forze più osteggiate dal passato regime. Avendo conquistato la maggioranza dei seggi (89 su 217), Ennhada ha potuto esprimere il Primo Ministro (Hamadi Jebali) grazie ad un accordo di maggioranza con i partiti “laici” di “sinistra” CPR (29 seggi) e FDTL- Ettakatol (20). Tali ultimi partiti hanno invece ottenuto la Presidenza ad interim della Repubblica (Moncef Marzouki - CPR) e dell’Assemblea (Moustapha Ben Jafaar – Ettakatol). Il periodo transitorio avrà ufficialmente fine dopo lo svolgimento delle elezioni politiche e presidenziali, ossia entro la fine del 2014. Dopo un lungo stallo politico iniziato nel luglio del 2013 dopo l’uccisione di un secondo esponente dell’opposizione di sinistra, grazie alla mediazione svolta in ambito di dialogo nazionale dal Quartetto (formato dal principale sindacato l’UGTT, dalla Confindustria tunisina, dalla Lega tunisina dei Diritti dell’uomo e dall’Ordine nazionale degli avvocati), si è arrivati, il 26 gennaio 2014 all’adozione della nuova Costituzione. Con un testo avanzato per i Paesi dell’area, essa è frutto del compromesso tra la maggioranza islamista e le forze di opposizione. Questo successo è dovuto a caratteristiche specifiche della Tunisia e per questa ragione non è certo che i contenuti della Costituzione possano fungere da modello per gli altri Paesi arabi in transizione; ma ciò che essi dovrebbero auspicabilmente adottare è il metodo attraverso cui si è giunti a tale soluzione, cioè il compromesso politico alto fra diverse visioni della società, raggiunto grazie alla rinuncia delle parti a un gioco a somma zero. In realtà il braccio di ferro è stato lungo e sterile. Alla fine il partito Islamista Ennahda, indebolito presso l’opinione pubblica dall’inadeguatezza della sua azione di governo, e preoccupato della negativa conclusione dell’esperienza di governo dei Fratelli Musulmani in Egitto, ha deciso di avviare un dialogo franco e costruttivo con i partiti di opposizione. E questi hanno stemperato le oro richieste iniziali, che prevedevano, oltre alle dimissioni dell’Esecutivo, anche lo scioglimento dell’Assemblea Costituente. Nello stesso giorno dell’adozione della Costituzione (26 gennaio 2104), dopo oltre un mese e mezzo di negoziati, è stato presentato il nuovo governo tecnico guidato dal Premier Mehdi Jomaa, ex Ministro dell’Industria.

5 250 Il nuovo Esecutivo, composto da 21 ministri, di cui 2 donne, è stato incaricato di condurre il Paese verso nuove elezioni entro la fine dell’anno. Il 1 maggio è stata adottata la nuova legge elettorale (uguale nella sostanza a quella per le elezioni del 2011), e sono state fissate le date per le elezioni legislative (26 ottobre 2014) e per le presidenziali (primo turno il 23 novembre e secondo entro il 28 dicembre). Secondo alcuni osservatori internazionali, nell’eventualità di un buon risultato alle legislative di Ennahda, potrebbe essere avvantaggiato alle presidenziali il candidato di Nidaa Tounes, in funzione di contrappeso contro il rischio di una vittoria degli islamisti e con buon gioco di entrambe le formazioni politiche. Da questo (eventuale) risultato risulterebbero però esclusi i due maggiori partiti di sinistra, il CPR del Presidente a.i. Marzouki e Ettakatol. L’attuale Governo sta cercando di affrontare i cronici problemi socio-economici (disoccupazione, iniqua distribuzione della ricchezza e sviluppo disomogeneo), nonché di arginare il deterioramento della situazione di sicurezza soprattutto nelle zone di frontiera con Algeria e Libia (dove le forze tunisine stanno tentando di intensificare le azioni di contrasto a infiltrazioni terroristiche). Costituiscono segnali preoccupanti sia il recente attacco all’abitazione privata del Ministro dell’Interno nei pressi di Kasserine, che l’attentato sferrato al confine con l’Algeria il 17 luglio scorso dalla brigata Okba Ibn Nafaa, legata ad Ansar Al Sharia. L’agguato - il più grave dall’avvio della transizione democratica - ha provocato la morte di 14 militari tunisini e il ferimento di altri 23. L’11 marzo 2014, comunque, è stato ufficialmente revocato lo stato di emergenza in vigore dal gennaio 2011 (che era dovuto anche al quasi totale azzeramento degli apparati si sicurezza dopo la caduta di Ben Alì).

SITUAZIONE ECONOMICA

Dopo la grave recessione sperimentata nel 2011, il tasso di crescita dell’economia reale ha superato il 3% nel 2012, grazie al buon andamento della stagione agricola, alla graduale ripresa dei flussi turistici (dopo la grave flessione del 70% nel 2011) e degli investimenti esteri diretti, e alla produzione di idrocarburi e fosfati. Il tasso di crescita nel 2013 (fissato inizialmente al 4.5%) è stato rivisto al ribasso ed è stato stimato (in assenza ancora del dato ufficiale), attorno al 3%; ritmo che dovrebbe essere mantenuto anche nel 2014. Il tasso di disoccupazione, tuttora elevato secondo l’ILO, si è attestato al 15.9% nel 2013 (18,3% nel 2011 e 17,6% alla fine del 2012), grazie all’aumento dell’impiego nel settore pubblico. Resta peraltro una preoccupante il fenomeno della disoccupazione giovanile, che secondo gli ultimi dati disponibili (2012) raggiunge un valore medio del 27%, con punte del 50% nelle regioni centro-occidentali. Il tasso di inflazione è stato del 5.6% nel 2012 ed è stimato al 6.5% per gli anni 2013 e 2014, complici l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, l’incremento dei salari e l’aumento della domanda di idrocarburi proveniente dalla Libia. La bilancia dei pagamenti è in deficit, a causa della riduzione delle esportazioni verso l’Europa (pari a circa il 75% degli scambi con l’estero). Il debito esterno della Tunisia è in aumento: secondo gli ultimi dati disponibili (2013), esso ammonta al 51.2% del PIL (che dovrebbe salire al 58%, secondo le stime per il 2014). Per parte sua, l’Italia vanta un credito di 184 milioni di Euro, derivanti da crediti d’aiuto e periodicamente rinegoziato.

6 251 In disavanzo anche il bilancio pubblico, per l’aumento della spesa governativa per sussidi (+8.1% nel 2012, ma che l’Esecutivo vorrebbe contenere nell’anno corrente). Il debito pubblico, che nel 2012 è stato pari al 44.7% del PIL, dovrebbe risultare in leggero calo nel 2013 (43.8%).

Le prospettive economiche della Tunisia sono evidentemente condizionate dall’evoluzione politica interna, che incide largamente sulla fiducia degli investitori. Le sfide di politica economica di breve termine sono la debolezza del sistema bancario e la ricerca di un corretto mix di politica fiscale, per rilanciare l’economia senza aggravare eccessivamente il deficit e garantire la sostenibilità finanziaria. Nel medio termine, gli obiettivi sono: una crescita economica più inclusiva, che consenta di assorbire l’alta disoccupazione e ridurre le disparità economiche e sociali infra-regionali; una rete di protezione sociale per le categorie più deboli; una riforma del mercato del lavoro, che riduca le esistenti rigidità; investimenti sul capitale umano in termini di istruzione e formazione; il miglioramento del business environment, anche attraverso la riforma del Codice degli Investimenti risalente al 1994, allo scopo di definire un quadro normativo certo per investitori nazionali e stranieri.

Integrata nell’economia globale e con un’economia particolarmente aperta rispetto ai vicini, la Tunisia è il 32° partner commerciale dell’UE, grazie ad un Accordo di Associazione in vigore dal 1998 che prevede lo smantellamento tariffario per la maggioranza dei prodotti industriali. Sono in corso negoziati anche per la liberalizzazione del settore agricolo e dei servizi. Tra i Paesi UE, i primi partner della Tunisia sono Francia, Italia, Germania e Spagna. La Francia è in assoluto il primo partner commerciale, assorbendo il 29% delle esportazioni, il 26% del flusso turistico e il 47% delle rimesse.

L’Italia è il secondo partner commerciale, ma il primo in termini di destinazione delle esportazioni tunisine. Nel territorio tunisino transita un’importante porzione del gasdotto TTPC, proveniente dall’Algeria e diretto in Sicilia.

A livello regionale, i primi partner della Tunisia sono Libia e Algeria. In particolare con la Libia è in vigore dal 2007 un Accordo sulla liberalizzazione degli scambi, mirante a sviluppare la cooperazione nei campi economico-commerciale e soprattutto energetico. In crescita anche la collaborazione economica con gli EAU, mentre cinesi e indiani sono attualmente interessati allo sfruttamento dei giacimenti dei fosfati.

Membro del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e della Banca Africana per lo Sviluppo, la Tunisia è destinataria di un finanziamento biennale (2013-14) di 500 milioni di dollari da parte della Banca Mondiale, l’Interim Strategy Note (ISN). In linea con le priorità della Tunisia post-rivoluzionaria, il programma si concentra sugli obiettivi di sostenere la crescita e creare nuove opportunità di impiego. La Banca Mondiale ha inoltre stanziato circa 250 milioni USD su tre progetti relativi allo sviluppo urbano, alla formazione e alla competitività, mentre è previsto per il 2014 un “multidonor support package” di un miliardo di USD.

7 252 Dal giugno il FMI 2013 eroga (a condizione che sia attuato il programma di riforme indicato), uno Stand-by Arrangement da 1,75 mld USD diretto ad assicurare stabilità esterna e fiscale, e consentirgli di far fronte alla vulnerabilità del settore bancario. La BEI opera in Tunisia da più di trenta anni ed è il primo donatore estero, avendo sottoscritto prestiti per 4,8 miliardi di Euro. Nel 2013 ha aperto una linea di credito per il sostegno alle municipalità locali con un prestito di 50 milioni di euro per 15 anni e di 40 milioni di Euro per 20 anni (per un programma per il disinquinamento del lago di Bizerte). Per il 2014 è già stato firmato un prestito di 150 milioni di Euro per la durata di 18 anni con ETAP (Impresa Tunisina di Attività Petrolifere) per la costruzione di un gasdotto. Nel Paese opera anche la BERS, con 9 progetti ed un volume di investimenti pari a 114 milioni di Euro. La Tunisia è di recente divenuta azionista della BERS, attraverso dei cooperation fund per finanziare attività di assistenza tecnica. Con l’obiettivo di assistere la transizione economica e sociale tunisina, la BERS ha aperto a giugno 2013 un ufficio operativo a Tunisi. Quest’anno la Banca ha presentato il nuovo programma di sostegno alle PMI, con lo scopo di facilitarne l’accesso al finanziamento e promuovere i settori delle energie rinnovabili e delle infrastrutture, tenuto conto che le PMI contribuiscono per il 60% alla formazione del PIL tunisino.

RAPPORTI BILATERALI

1. Rapporti politici I rapporti bilaterali sono eccellenti ed intensi: prossimità geografica, comune appartenenza mediterranea e il continuo contatto tra le società civili contribuiscono al loro sviluppo. Abbiamo sensibilità comuni su numerose tematiche di rilievo internazionale, come confermato dal Trattato di Buon vicinato, Amicizia e Collaborazione firmato nel 2003, e dall’ampia collaborazione che si estende anche nei settori della lotta al terrorismo internazionale e del contrasto all’immigrazione clandestina. Una Dichiarazione Congiunta - firmata dai due Ministri degli Affari Esteri nel corso della visita del Presidente della Repubblica a Tunisi il 16-17 maggio 2012 - ha istituito un Partenariato Strategico Rafforzato. Anche nell’ottica di garantire sostegno alla difficile transizione verso la democrazia e alla piena ripresa produttiva nel Paese, tale Dichiarazione prevede sia Vertici bilaterali intergovernativi a cadenza annuale (di cui il primo è in attesa di essere convocato, al termine del periodo transitorio tunisino), sia “Tavoli settoriali misti” sui principali temi di interesse comune (tra cui turismo, PMI e settore migratorio), già operativi. Frequenti sono gli incontri ai livelli più alti negli ultimi anni. Tra i più recenti e importanti, l’apprezzata visita dell’allora Ministro Bonino a Tunisi il 2 e 3 settembre 2013 e quella del Presidente del Consiglio Renzi il 4 marzo 2014. Lo scorso 10 settembre il Presidente della Repubblica tunisina Marzouki ha incontrato, nel corso di una visita ufficiale, il Presidente Grasso e la Presidente Boldrini, a testimonianza della vicinanza e del sostegno delle Istituzioni italiane al processo di transizione democratica in Tunisia.

2. Rapporti economici L’Italia è il secondo partner commerciale della Tunisia, con una quota di mercato pari al 15,8%. Nel 2013 l’interscambio complessivo è stato di 1,7 miliardi di euro, con 1,056 mld di esportazioni italiane (+2,5% rispetto al 2012), ed importazioni italiane per un valore di 734 milioni di euro (-7,3% sul 2012).

8 253 Gli investimenti italiani hanno registrato un’accelerazione negli ultimi anni, sia in termini di volumi (l’Italia è il secondo investitore), che di aziende installate: oltre 700, con 55.000 impiegati. L’82% delle aziende italiane attive nel Paese beneficia della vigente legislazione in materia di incentivi a favore delle società che destinano all’estero almeno il 70% della loro produzione (c.d. normativa sulle imprese off-shore che consente, tra l’altro, la defiscalizzazione degli utili su base decennale). Nell’ultimo decennio si è pertanto assistito ad un cospicuo processo di delocalizzazione di nostre imprese nel Paese nord-africano. Le nostre aziende – sia di piccole dimensioni che a livello di grandi gruppi - operano soprattutto nel settore del tessile/abbigliamento, ma sono in pieno sviluppo anche quelli bancario, siderurgico e automobilistico, dei trasporti marittimi ed aerei. Significativa la rilevanza del settore energetico. La Tunisia è attraversata da 730 km (sui 2.200 totali) del gasdotto TTPC, che collega Italia e Algeria. Grande rilevanza riveste il settore turistico (circa 500.000 presenze italiane annue in Tunisia prima della crisi), che risente delle ricadute della rivoluzione dei gelsomini e della crisi economica italiana. Esso è fondamentale per la ripresa economica della Tunisia, poiché contribuisce al 7% del PIL e garantiva, prima del 2011, oltre il 16% dell’occupazione. Tra i settori portanti per eventuali interventi di promozione degli IDE, si annoverano ricerca e nuove tecnologie, che potrebbero avvalersi della creazione di parchi tecnologici, le cosiddette “tecnopoli” ancora in corso di realizzazione sostenute dagli organismi finanziari internazionali, tra cui soprattutto la BEI. Proprio su tali settori “ad alto valore aggiunto” sta puntando la nuova Tunisia.

3. Collaborazione in materia migratoria La comunità italiana in Tunisia consta di circa 3.800 iscritti all’AIRE, cui si aggiungono un migliaio di “pendolari” non residenti su base continuativa nel Paese. In Italia risiedono legalmente circa 122.500 tunisini, piuttosto integrati nel tessuto sociale italiano. La geografia rende la collaborazione in materia migratoria una componente fondamentale del rapporto bilaterale. Si tratta di una relazione stretta anche se non priva di criticità, come dimostrato nel corso del 2011 dall’arrivo sulle nostre coste di circa 28.000 migranti tunisini. Quella fase complessa è stata gestita e successivamente messa sotto controllo sulla base del Processo Verbale firmato dai Ministri dell’Interno il 5 aprile 2011, successivamente integrato dallo Scambio di Note Verbali finalizzato a margine della visita del Ministro Maroni a Tunisi il 12 settembre 2011. Sulla base di tale strumento, a fronte di rilevanti concessioni in termini di permessi di soggiorno temporanei per ragioni umanitarie e di un importante programma di forniture di strumenti per il contrasto al traffico di esseri umani, è stato possibile avviare un consistente programma di rimpatrio che ha interessato i migranti tunisini giunti in Italia dopo il 5 aprile 2011, per un totale ad oggi di oltre 6.000 rimpatri. Nel quadro di tale cooperazione, l’Italia ha fornito alla Tunisia, solo nel corso del 2013, 64 fuoristrada, 120 minibus e un pattugliatore. Altro materiale continuerà nei prossimi mesi ad essere inviato nel Paese. A ciò si aggiungono anche i programmi di formazione che il Ministero dell’Interno italiano fornisce al personale tunisino incaricato del contrasto all’immigrazione clandestina, al traffico di esseri umani e all’antiterrorismo. Per quanto il Processo Verbale in parola si sia dimostrato molto utile, è auspicabile che un ritorno alla normalità politica e di sicurezza in Tunisia permetta di riprendere e far avanzare i negoziati per un Accordo-quadro nel settore migratorio che definisca un

9 254 rapporto onnicomprensivo, capace di regolare in maniera organica tutti gli aspetti (inclusi la gestione congiunta dei flussi legali e le iniziative di sviluppo solidale a favore delle regioni più depresse). Il negoziato su tale Accordo-quadro, avviato nel 2011, è entrato in una fase di stallo a causa soprattutto delle differenti visioni in materia di procedure di identificazione e rimpatrio dei migranti irregolari. Mentre il Viminale attribuisce prioritaria importanza alla conferma anche nel nuovo Accordo delle procedure semplificate attualmente in atto, le Autorità tunisine propongono di mantenere tale sistema solo per le situazioni di emergenza, ritornando al precedente sistema (rivelatosi scarsamente efficace) per le fasi in cui i flussi hanno carattere ordinario. Si tratterebbe di trovare una formula che consenta di contemperare le esigenze italiane di efficienza e celerità con quelle tunisine di presentabilità del testo alle forze politiche e all’opinione pubblica interna, particolarmente sensibili sulle questioni migratorie.

4. Cooperazione tecnica e Cooperazione allo sviluppo Il 17 aprile 2013 è stato siglato un Accordo tecnico di cooperazione fra le Agenzie delle dogane dei due Paesi, che prevede la condivisione di informazioni per migliorare i rispettivi sistemi di gestione dei rischi e confrontare tecniche e strategie di controllo per il contrasto alle violazioni e alle frodi doganali, nonché l’organizzazione di attività di formazione e assistenza attraverso scambi di funzionari. Il 20 giugno 2013 è stato firmato (dalle Protezioni Civili dei due Paesi) un MoU in materia di cooperazione per il soccorso tecnico nel campo della protezione civile e della protezione contro le catastrofi, che prevede lo scambio di informazioni, l’assistenza tecnica, la formazione professionale e l’organizzazione di esercitazioni comuni.

La Tunisia è un Paese di primaria importanza per la nostra Cooperazione. In questo ambito, la collaborazione bilaterale è regolata da Commissioni Miste che si tengono a cadenza regolare. In linea con le esigenze elencate dal Governo tunisino, siamo attivi nel: sostegno al settore privato (dove l’Italia è country-leader nella UE), con interventi tesi ad aumentare la produttività e la competitività delle piccole e medie imprese, dell’imprenditoria giovanile e femminile; nella protezione dell’ambiente, con una gestione ottimale delle risorse e degli effetti legati ai cambiamenti climatici; nel welfare e nel settore sanitario, con particolare attenzione alle problematiche della disabilità e della salute delle donne; nello sviluppo delle risorse umane; nella valorizzazione socio-economica del patrimonio ambientale e culturale. La Cooperazione italiana ha inoltre prontamente fornito una risposta umanitaria all’emergenza sviluppatasi al confine con la Libia durante la fase più acuta della crisi in questo Paese nel 2011, con oltre 870 Meuro per l’allestimento e il funzionamento di campi profughi. Sono attualmente in corso in Tunisia iniziative della Cooperazione allo Sviluppo per un totale di 324 milioni di Euro, di cui 72 a dono e 252 a credito d’aiuto, di cui una buona parte approvata dopo la rivoluzione dei gelsomini. Nel Paese operano da tempo le ONG COSPE e CISS, la prima con un importante intervento a favore dello sviluppo della pesca e della pescicoltura nella Regione del Nord Ovest, la seconda con il progetto “Sviluppo integrato del quartiere di Sidi Amor Abada, Kairouan”, volto a impiegare i giovani del quartiere attraverso lo sviluppo di 20 nuove attività imprenditoriali.

10 255 256 Iran - quadro generale

Il piano di azione congiunto sul nucleare firmato a Ginevra il 24 novembre scorso costituisce il primo concreto segnale della svolta iraniana seguita all’elezione del Presidente Rohani, con cui il regime ha cercato di recuperare una legittimità popolare intaccata dalla repressione del 2009 e di uscire dall’isolamento. Dopo una serie di incoraggianti segnali culminati nella storica telefonata tra Obama e Rohani, le successive sessioni negoziali hanno confermato la disponibilità di Teheran a cercare rapidamente un’intesa sulla questione nucleare pur di ottenere quanto prima un alleggerimento delle misure sanzionatorie. Con l’elezione del pragmatico Rohani il regime ha cercato da un lato di recuperare una legittimità popolare intaccata dalla repressione del 2009 e dall’altra di uscire dal costoso isolamento internazionale. Prima ancora di conquistare il centro della scena all’Assemblea Generale dell’ONU nel settembre 2013, il nuovo Presidente aveva già lanciato diversi segnali a favore di un riavvicinamento con l’Occidente e per una soluzione diplomatica della questione nucleare. L’ultima tornata negoziale di Vienna sul dossier nucleare si è chiusa la notte del 19 luglio 2014: non avendo raggiunto un accordo definitivo entro il 20 luglio, le parti hanno tuttavia deciso di prorogare la scadenza di alcuni mesi al fine di proseguire lo sforzo negoziale in vista di un auspicato accordo finale. Coerentemente con questa impostazione, il Joint Plan of Action e le relative misure di rafforzamento della fiducia (per parte UE, la sospensione di alcuni aspetti del regime sanzionatorio Iran) sono state prorogate fino al 24 novembre 2014. Al momento, il positivo andamento del negoziato nucleare resta il principale punto di forza del gruppo vicino al Presidente Rohani, che beneficia del sostegno in questa fase del Leader Supremo Khamenei. Sul piano interno le iniziative riformatrici del Governo Rohani continuano invece ad incontrare ostacoli da parte di circoli militari, religiosi e parlamentari, non solo per motivi politico ideologici, ma anche per la determinazione di questi ultimi a tutelare i rispettivi ruoli di influenza e cospicui interessi economici, come confermato dalla rimozione da parte del Majlis, a seguito di impeachement, del Ministro della Scienza, ricerca e tecnologia Faraji Dana lo scorso 20 agosto con 145 voti a favore e 110 contrari.

Iraq Posizione iraniana Le autorità iraniane hanno espresso nelle ultime settimane il loro pieno sostegno al riavvio del processo politico iracheno e all’unità territoriale del Paese. Teheran ha deciso di abbandonare Maliki, ritenuto non più funzionale alle proprie esigenze di sicurezza a seguito della minaccia delle milizie ISIL e alle marcate divisioni progressivamente intervenute nel campo sciita iracheno. Il sostegno al nuovo Premier incaricato è venuto dallo stesso Khamenei, il quale, in un discorso pronunciato al corpo diplomatico iraniano, ha osservato che “con la nomina di Al Abadi i problemi verranno risolti e verrà costituito un nuovo Governo,

257 capace di impartire una severa lezione a coloro che intendono promuovere la sedizione nel Paese”. Nelle scorse settimane l’emittente Al Jazeera aveva riportato la notizia dell’ingresso in territorio iracheno (a nord est di Baghdad) di truppe iraniane nell’ordine di 1.500 unità, accompagnate da mezzi corazzati, per contrastare l’avanzata di ISIL. La notizia è stata prontamente smentita dal Ministro Zarif, il quale ha ammesso tuttavia l’esistenza di una collaborazione con il Governo iracheno per fronteggiare il nemico comune. Egli si è recato in visita in Iraq il 24 agosto, ove ha incontrato, tra gli altri, il Presidente Masum, il Primo Ministro designato Al Abadi, l’ex Primo Ministro Maliki ed il Ministro degli Esteri Zebari. Nell’occasione egli ha avuto un incontro anche con il Grande Ayatollah Al Sistani e altre figure di rilievo del clero sciita di Najaf. Ha poi visitato Erbil, ove ha avuto un colloquio con il Presidente Barzani.

Siria Posizione iraniana Sin dall’inizio, è stato forte il legame politico, economico, e militare tra la Repubblica khomeinista ed il regime baathista di Damasco. Con la fine della Guerra Fredda, i due Paesi hanno ulteriormente coordinato le rispettive agende regionali. E’ questo sicuramente il caso del Libano, ove Damasco e Teheran, al termine della guerra civile (1990), hanno esercitato un’influenza dominante sulla vita politica ed economica del Paese. Dopo l’invasione dell’Iraq, i due Paesi hanno inoltre coordinato i propri sforzi per sostenere l’insorgenza irachena in chiave anti-USA, ed hanno contribuito a sostenere Hezbollah nel conflitto del 2006 con Israele. Con lo scoppio della crisi in Siria, Teheran ha avviato un’imponente azione a sostegno dell’alleato Assad. Oltre ad assicurare approvvigionamenti, armi e finanziamenti, Teheran ha mobilitato il partito libanese Hezbollah. L’intervento militare di Hezbollah in Siria è risultata decisiva per assicurare la tenuta delle forze pro-regime in alcune aree strategiche (Homs; Qalamoun; periferia sud di Damasco). L’Iran è finora rimasto fuori dalle iniziative diplomatiche sulla Siria. Alla seconda Conferenza di Ginevra (gennaio 2014, a Montreux) l’invito all’Iran – tardivo e controverso – è stato successivamente ritirato da Ban Ki-moon. Dopo il fallimento dei negoziati a Ginevra, vi è tuttavia una maggiore consapevolezza del ruolo che Teheran occupa nello scacchiere siriano. Per parte sua, l’Iran si è sempre dichiarato a favore di una soluzione politica al conflitto siriano, sebbene le proposte presentate sono finora apparse eccessivamente sbilanciate a favore del regime di Assad. A fronte degli ultimi sviluppi in Siria ed in Iraq – in particolare dopo la proclamazione del “Califfato islamico” lo scorso luglio a Mosul – l’Iran appare disposto ad aperture e concessioni, allo scopo di consolidare un fronte anti ISIS. Segnali in tal senso sarebbero il sostegno ai peshmerga curdi e il placet (non scontato) nei confronti di un cambio di premiership a Baghdad, pur di agevolare la formazione un Governo inclusivo di tutte le componenti della società irachena. Vi è chi ipotizza che l’Iran sia disposto ad accettare compromessi anche in altri teatri (a

258 cominciare dalla Siria e dal Libano). Ciò potrebbe contribuire positivamente all’azione diplomatica dello Special Envoy del Segretario Generale delle Nazioni Unite De Mistura.

Il contrasto a ISIS in Iraq e Siria Prosegue sotto l’impulso USA il percorso di creazione e rafforzamento di una coalizione di Paesi occidentali e arabi determinati a impegnarsi per fronteggiare ISIS sulla base di un approccio olistico e comprensivo. La riunione a margine del Vertice NATO, il discorso del Presidente Obama del 10 settembre, l’incontro a Gedda l’11, la Conferenza di Parigi sull’Iraq il 15 settembre, la sessione del CdS del 19 settembre e quella successiva sui “foreign fighters”, presieduta dal Presidente Obama, sono tasselli di questo sforzo che riflette la priorità ISIS nell’agenda internazionale. Tale costituenda strategia di contrasto ha alcuni elementi cardine: ruolo centrale del governo iracheno e degli altri attori locali adeguatamente sostenuti; impegno collettivo con Paesi like-minded; partnership regionale; contrasto alle fonti di finanziamento e ai foreign fighters; sforzo umanitario; public diplomacy per smontare la pretesa di ISIS di rappresentare l’Islam . Da un punto di vista militare, il supporto aereo USA e gli aiuti internazionali all’Esercito iracheno e ai combattenti curdi hanno permesso – insieme alle milizie sciite – di contenere l’espansione di ISIS, recuperando importanti aree dell’Iraq. Il voto di fiducia al nuovo Governo inclusivo di Al Abadi può assecondare tale contenimento se accrescerà il coinvolgimento dei sunniti, sinora alienati e facile preda della campagna di reclutamento dei jihadisti. La necessità di un contesto multilaterale e ONU entro cui condurre l’azione di contrasto è tuttavia fondamentale. Senza prevedere interventi terrestri, gli USA sostengono un approccio “cinetico”, volto a sostenere le forze curdo-irachene, in cui ogni partner è sollecitato a fare la sua parte sulla base delle proprie disponibilità e capacità, in settori che vanno dall’addestramento alla logistica e trasporti, dalla fornitura di armi e munizioni agli equipaggiamenti. Da parte italiana si sta procedendo all’invio di materiale umanitario e militare ad Erbil, che l’Italia ha già destinato in risposta ai bisogni curdi per sostenere l’emergenza umanitaria e lo sforzo militare in atto. La possibilità che il contrasto ad ISIS si estenda alla Siria figura tra le opzioni contemplate dal Presidente Obama ma sconta l’oggettiva difficoltà politica a condurlo coinvolgendo il Presidente Assad e i limiti imposti dalla necessità teorica di un’autorizzazione del CdS soggetta al vaglio russo-cinese. Un’eventuale coalizione anti-ISIS disporrebbe in Siria di minori fonti di intelligence a supporto di un ipotetico intervento aereo; quest’ultimo, laddove condotto nella parte orientale del paese beneficerebbe tuttavia di una ridotta capacità di interdizione del regime siriano. Dall’incontro di Gedda dell’11 settembre u.s. tra Kerry e i principali colleghi arabi è emerso il comune intento di rilanciare il sostegno all’opposizione siriana quale parte dell’azione anti-ISIS con programmi “train and equip”, i cui contorni non sono

259 ancora chiari e non sono tuttavia esenti da rischi di diversione dell’assistenza a beneficio di gruppi jihadisti. Il contenimento di ISIS in Siria necessita anche di un processo politico più realistico, che rifletta le mutate condizioni sul terreno. Eventuali tregue umanitarie locali tra regime e opposizione potrebbero fungere da confidence building measures. Un impulso potrebbe offrirlo l’azione del nuovo Inviato Speciale ONU, De Mistura, che ha cominciato i colloqui nella regione (Siria, Arabia Saudita, Egitto, Libano). Altri aspetti non meno cruciali nella lotta contro ISIS sono connessi al fenomeno dei foreign fighters diretti nell’area e alla questione delle fonti di finanziamento e reclutamento. Al riguardo, ad un auspicato rafforzamento degli strumenti UE, si dovrebbe aggiungere – anche alla luce della UNSCR 2170 – una cooperazione intensificata con i Paesi della regione, in primis la Turchia. Al di là del nodo siriano, la strategia del Presidente Obama evidenzia potenziali criticità: indeterminatezza di molti dettagli, presenza di disparati interessi in gioco tra gli arabi nella costituenda coalizione. Arabia Saudita e Qatar inquadrano l’intervento contro ISIS nel contesto della lotta contro il regime di Assad. L’Egitto e gli Emirati vi vedono l’occasione per affermare la bontà della loro azione anti islamista in Libia, accomunando l’ISIS all’islam dei Fratelli Musulmani sostenuti da Qatar e Turchia. Ankara appare restia a fornire un contributo significativo alla campagna anti ISIS i (incolumità dei 49 cittadini turchi presi in ostaggio dall’ISIS a Mosul). L’apparente esclusione dell’Iran dal fronte in via di costituzione è infine un ulteriore elemento di ambiguità, se non di potenziale debolezza. Infine, quella fin qui delineata appare una strategia di counter-terrorism quando per una minaccia come quella rappresentata da ISIS sarebbe più appropriata una strategia di counter-insurgency che non può tuttavia prescindere da ben equipaggiate e ben addestrate forze sul terreno.

Afghanistan

Il panorama politico dell’Afghanistan resta molto confuso, senza ancora una data certa per la proclamazione e l'insediamento del nuovo Presidente che succederà a Karzai. Permane infatti una situazione di stallo nel negoziato tra Abdullah Abdullah (in testa dopo il primo turno elettorale del 5 aprile) e Ashraf Ghani (risultato vincitore al ballottaggio di giugno) sui futuri assetti politici del Paese nonostante i tentativi volti a trovare un accordo tra i due candidati, promossi da ultimo dal Presidente Obama e da Karzai, che non hanno impedito ad Abdullah di minacciare di ritirarsi dall’intero processo politico. L’obiettivo è la formazione di un nuovo governo che preveda la contestuale presenza di Ghani come Presidente (se verrà confermata la sua vittoria) e di Abdullah come Primo Ministro od equivalente, ma al momento non si può ancora escludere del tutto l’ipotesi di una “svolta extra-costituzionale” con la creazione di un governo ad interim ispirato dal Presidente uscente. Al di là della questione della verifica elettorale (si è concluso recentemente l’audit sugli 8 milioni di voti espressi a giugno, ma non vi è ancora stata l’aggiudicazione

260 finale e formale dei voti da parte della Commissione Elettorale Indipendente afghana), manca, soprattutto, un accordo politico complessivo sulla futura distribuzione del potere. Malgrado i passi in avanti nella definizione dei contorni del prossimo “Governo di Unità Nazionale”, resta da sciogliere il vero nodo del problema: il ruolo e i poteri della figura del “Chief Excecutive Officer”, ossia l’incarico che sarà ricoperto da chi avrà perso le elezioni su cui si riscontrano ancora divergenze tra i due candidati presidenziali Ghani a Abdullah. Su tale sfondo, che riflette anche una lotta di potere, incide poi negativamente, non agevolando il raggiungimento di un’intesa, anche la pressione delle frange più estremiste dei sostenitori dei due candidati, assai impazienti di incassare il “prezzo” dell’appoggio fornito all’uno o all’altro in campagna elettorale. Da un punto di vista più complessivo, lo stallo sul nome del prossimo Presidente continua a ritardare tutta una serie di scadenze internazionali (in particolare, la firma del Bilateral Security Agreement con gli USA e la conclusione del NATO SOFA) diventate ormai sempre più impellenti. Al Vertice NATO di Celtic Manor dello scorso 4-5 settembre, dove l’Afghanistan è stato rappresentato dall’attuale Ministro della Difesa, i due candidati hanno fatto pervenire comunque un messaggio congiunto di rassicurazioni sul rispetto dell’impegno a firmare i due accordi così come a formare un Governo di Unità Nazionale. La situazione di sicurezza del Paese registra nel frattempo un peggioramento, con un incremento degli episodi di violenza su tutto il territorio afghano (inclusa la provincia di Herat) che ha visto l’insorgenza avviare anche operazioni con centinaia di unità. Il processo di riconciliazione politica tra governo legittimo e insorgenza talebana rimane nel frattempo apparentemente al momento bloccato sia per la diffidenza reciproca tra le parti e per il “rimescolamento” politico che seguirà all’uscita di scena di Karzai, sia, altresì, per probabili divisioni all’interno del movimento talebano tra “aperturisti” (convinti che occorrerà trovare una soluzione politica con il governo di Kabul) e “intransigenti” (fautori della soluzione militare). In tale contesto in rapido mutamento, non va infine tralasciato il quadro regionale e dei principali Paesi confinanti, in primo luogo del Pakistan (i rapporti tra Kabul e Islamabad rimangono tesi) e dell’Iran. Circa la posizione di Teheran, nell’ambito dell’attuale congiuntura politica afghana, la preferenza iraniana è sempre andata al tagiko Abdullah, che gode di un forte consenso politico proprio nella parte occidentale dell’Afghanistan ed è da sempre considerato vicino all’Iran. Tuttavia, il rischio di trovarsi al confine orientale un Paese indebolito e fortemente destabilizzato da un conflitto interno scaturito da un’ipotetica mancata accettazione del risultato elettorale da parte di Abdullah e da una ripresa delle attività dell’insorgenza potrebbe spingere, seppur a malincuore, le autorità iraniane a dar prova di realismo accettando la soluzione giudicata il male minore (vale a dire, un’eventuale vittoria del pashtun Ghani).

261 Negoziati P5+1-Iran L’ultima tornata negoziale fra i P5+1 e l’Iran sul testo dell’Accordo finale (Comprehensive Plan of Action), che avrebbe dovuto sostituire il Piano di Azione (Joint Plan of Action, JPA), concordato il 20 gennaio scorso per una durata di sei mesi, si è tenuta a Vienna dal 2 al 19 luglio. Preso atto dell’impossibilità di giungere ad un accordo definitivo entro la scadenza prevista, le parti hanno deciso di prorogare il JPA fino al 24 novembre. Il 1 settembre, quindi, si è svolto a Bruxelles un incontro tra l’Alto Rappresentante ed il Ministro Zarif ed il 4-5 settembre i colloqui bilaterali tra il Deputy Secretary of State William Burns ed il Vice Ministro iraniano Abbas Araqchi. Un incontro tra Iran e Francia, Germania e Regno Unito ha avuto luogo a Vienna l’11 settembre ed ulteriori colloqui in formato 5+1 a New York il 18 settembre, destinati a proseguire a margine dell’Assemblea Generale. I negoziati continuano a riguardare questioni relative ai limiti da porre alle capacità iraniane di arricchimento e, quindi, al tempo di break-out di cui Teheran disporrebbe per produrre una quantità significativa di uranio ad alto arricchimento (“weapon grade”), qualora decidesse di costruire un’arma nucleare. Il JPA aveva congelato tali capacità per sei mesi, in termini di numero di centrifughe e di riserve di uranio arricchito al 3,5%, sospendendone inoltre la produzione al 20%. L’obiettivo iraniano sarebbe quello di aumentare il numero attuale di centrifughe al fine di poter produrre il combustibile nucleare in grado di rifornire sia il reattore di Bushehr sia una seconda unità. L’intenzione dei P5+1 sarebbe invece di mantenere un ordine di grandezza di poche migliaia di centrifughe, in grado di garantire tempi sufficientemente lunghi di break-out. Altri aspetti ancora controversi del programma nucleare iraniano riguardano la riconversione dell’impianto di arricchimento sotterraneo protetto “Fordow”, quella del reattore IR-40 – potenzialmente plutonigeno – di Arak e la durata dell’accordo. I P5+1 mirerebbero ad una durata ventennale, mentre gli iraniani sarebbero favorevoli ad un termine di cinque anni, dal momento che collegano tale durata direttamente all’abolizione delle sanzioni. L’Iran dovrebbe inoltre attuare e far entrare in vigore il Protocollo Aggiuntivo all’Accordo di Salvaguardie.

Negoziati AIEA-Iran Nell’ambito del Framework for Cooperation, concordato nel novembre 2013 sulla questione delle Possibili Dimensioni Militari (PMD) del programma nucleare iraniano , sono stati sino ad ora definiti 3 pacchetti di misure per il rafforzamento della fiducia, l’ultimo dei quali – il 20 maggio scorso – conteneva 5 misure, di cui 2 relative alle PMD, che avrebbero dovuto essere attuate entro il 25 agosto. Tale scadenza però non è stata rispettata. Si evince, infatti, dall’ultimo rapporto del DG Amano, presentato al Consiglio dei Governatori il 15 settembre scorso, che due misure PMD (“initiation of high explosives” e “neutron transport calculations”) del 3° pacchetto non sono ancora state attuate. Per quel che riguarda le altre misure, solo una è stata completata entro la scadenza del 25 agosto (informazioni e accesso

262 controllato a impianti di assemblaggio delle centrifughe, impianti di produzione dei rotori delle centrifughe e relativi depositi), mentre le altre due sono state attuate solo successivamente (informazioni e visita tecnica a un centro di ricerca e sviluppo delle centrifughe e conclusione di un approccio di salvaguardie per il Reattore IR-40). Il rapporto fa poi riferimento ad “alcuni chiarimenti aggiuntivi”, ricevuti da parte iraniana, riguardo i detonatori simultanei (Exploding-Bridgewire Detonators, EBW), parte del 2° pacchetto, questione particolarmente delicata, dal momento che questi possono essere impiegati per la produzione di ordigni nucleari ad implosione. L’Agenzia ha accettato “in via preliminare” le spiegazioni sull’acquisizione di tale tecnologia, che sarebbe stata utilizzata nei settori petrolifero e metanifero. Al fine di chiarire tali questioni, il Direttore Generale Amano si era recato, il 17 agosto scorso, in visita a Teheran. Nel corso della visita, oltre che del completamento delle misure concordate il 20 maggio, si è discusso di un nuovo pacchetto di misure, mentre sono state fornite assicurazioni da parte di Teheran sull’uso esclusivamente civile dei detonatori. Rimane, infine, la questione della verifica delle attività condotte nel sito militare di Parchin. Sin dal 2012 l’AIEA, nel quadro del chiarimento delle PMD, ha infatti chiesto l’accesso degli ispettori al sito di Parchin, teatro di possibili esperimenti di tipo militare, che continua, tuttavia, ad essere negato dall’Iran.

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