UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA

Corso di Laurea in

Lingue e Letterature Straniere

Elaborato finale

Il movimento politico dei Verdi in nel contesto europeo

Relatore Candidato Prof. Stefano Aloe Marco Boccaletti matr.VR413899

Anno Accademico 2019-2020

Indice Pag.

1 Introduzione 3

1.1 Le origini 4

1.2 I concetti fondamentali nel pensiero dei Verdi oggi 6

1.3 I Verdi alle europee 9

1.4 Il voto e il suo significato nei singoli paesi 10

1.5 I Verdi tedeschi 12

1.6 Il caso italiano 14

1.7 Il percorso storico dei Verdi in Serbia e la loro attuale organizzazione 15

1.8 Il leader dei Verdi di Serbia: Ivan Karić 18

2 L’inquinamento del Danubio e la questione ambientale 20

2.1 La situazione dell’area danubiana serba nel 2010 20

2.2 La situazione attuale 21

2.3 L’eredità della guerra, inquinamento e uranio impoverito 25

3 Interviste sul campo 28

3.1 Intervista a Simon Ilse del 22/10/2019 28

3.2 Ivan Karić intervista 24/10/2019 31

3.3 Intervista a Ljubinko Rakonjac del 24/10/2019 35

3.4 Conclusioni 37

3.5 Bibliografia 39

3.6 Sitografia 43

1 Introduzione

In questo breve percorso analitico abbiamo puntato la nostra attenzione sulla genesi e sul processo evolutivo del pensiero ambientalista nel contesto europeo. Nello specifico, ci siamo interessati ai problemi ambientali di una nazione, la Serbia, che si trova in una condizione particolare. Lo stato attuale della sua economia è causato dal recente passato attraversato da un conflitto etnico che ha lasciato profonde ferite e ha stravolto sia il suo assetto politico sia la qualità dei suoi rapporti con i paesi più vicini. Ciò rende questo paese un osservatorio ideale per cercare di comprendere come il pensiero ecologista ha potuto farsi strada in una popolazione alle prese con diverse difficoltà ricollegabili a bisogni fondamentali. È evidente che la situazione della Serbia sia sufficientemente diversa da quella della maggior parte degli altri paesi europei, caratterizzati da una condizione di pace duratura, di benessere economico e da una discreta stabilità politica. La prima domanda che ci siamo posti durante questo studio riguarda comprendere se esiste o meno una strategia unica, spendibile in contesti diversi, per garantire il successo di determinate idee politiche. Accade spesso che l’avvenire di un cambiamento importante venga riconosciuto solo a posteriori. Ci siamo allora chiesti se i recenti cambiamenti climatici e l’analisi e il contenuto del messaggio ambientalista potranno essere in futuro considerati come un reale punto di svolta nel pensiero politico, sociale, economico ed organizzativo. A tal proposito possiamo prendere atto del fatto che le critiche al sistema produttivo e alcune delle proposte degli ambientalisti abbiano già cominciato a determinare cambiamenti nel mondo del mercato e nelle nostre abitudini quotidiane; è evidente come questa modifica nei nostri comportamenti sia una diretta conseguenza di un mutamento nel nostro modo di percepire l’ambiente: invece di fare da sfondo della nostra esistenza questi diventa un soggetto con il quale è necessario confrontarsi.

Capitolo 1 1.1 Le origini

I Verdi in Europa nascono come movimenti intorno agli anni ‘70 del secolo scorso, principalmente con istanze contrarie all’uso dell’energia atomica e contro la guerra come risoluzione alle tensioni internazionali. La diffusione del benessere nelle società industriali favorisce il passaggio ideologico ai valori del post-materialismo; ossia il cambiamento delle necessità fondamentali da materiali, come la crescita economica incondizionata, esercito forte e stato autoritario, a spirituali, come l’ambientalismo, una cittadinanza attiva nelle questioni politiche, città belle e pulite, libertà di espressione ecc.; queste sono alcune delle motivazioni che hanno portato i partiti Verdi nei parlamenti europei negli ultimi 50 anni.1 Il loro successo si consolida dopo i disastri di Černobyl’ del 1986 e di Fukushima del 2011, dai quali l’opinione pubblica rimase profondamente scossa. Si avvertì, a livello europeo, la necessità del cambiamento proposto da queste nuove fazioni politiche. A seguito delle loro battaglie contro l’industrializzazione e il disarmo questi partiti venivano mal visti soprattutto da quelli liberali che criticavano il loro approccio all’economia e alla soluzione dei conflitti senza l’uso della forza. La percezione delle fazioni ecologiste da parte dei liberal-democratici arrivò, in alcuni casi, ad essere fortemente negativa, come testimonia la definizione che troviamo in una brochure della CDU tedesca, dell’anno 1984, che le definisce “potenzialmente pericolose e incapaci di formare una coalizione”.2 Il giudizio dei partiti liberali e social-democratici risulta ancora più avverso a fronte delle proposte Verdi: il totale disarmo militare e una radicale modifica della politica degli investimenti industriali e infrastrutturali, volta a un forte disinvestimento per limitare i danni dell’inquinamento. La tesi politica del partito Verde appare, ai loro occhi, come una sostanziale rinuncia sia alla difesa della sovranità dello stato sia alle lusinghiere promesse del progresso scientifico di un futuro ricco, agiato, e in fondo migliore. Se in quegli anni c’era un problema di accettazione e di comprensione da parte delle formazioni politiche conservatrici, neppure i rapporti con la sinistra non erano positivi. Infatti, ai militanti e agli aderenti al pensiero politico della sinistra, le idee e le istanze del movimento ecologista apparivano come una dannosa strategia volta a distrarre l’attenzione dalla più importante lotta di classe. Il

1 Cfr. Juan Diez Nicolas, Postmaterialismo, in “HiSoUR”, https://www.hisour.com/it/post-materialism-34509/ 2 Thorsten Holzhauser, Extremisten von Gestern – Demokraten von Heute? Zum Umgang mit Systemfeindlichen Parteien am Beispiel von Grünen und Linkspartei, “MIP Zeitschrift für Parteienwissenschaften”, 06/04/2018, pp. 5-13: 6, https://doi.org/https://doi.org/10.25838/oaj-mip-20185-13

messaggio principale contenuto nel pensiero ecologista sembra essere appositamente costruito per spegnere la spinta dello scontro tra classi sociali ed è sintetizzabile nella frase: “stando tutti nella stessa barca bisogna collaborare”.3 Le priorità degli ecologisti vengono percepite dalla sinistra o come un diversivo rispetto ad obiettivi veramente urgenti e popolari, o comunque come una sorta di lusso borghese: “Chi non ha da mangiare o manca di un tetto, non ha tempo da perdere dietro a farfalle in estinzione o monumenti storici da proteggere.”4 Tanto l’approccio capitalista quanto quello comunista sono quindi accomunati nella critica del pensiero Verde, che, ai loro occhi, sembra contenere il medesimo errore: la lotta all’industrializzazione, ritenuta come principale responsabile delle problematiche ambientali. In effetti, sul nascere, la questione ambientale ha, all’interno del pensiero Verde, una pregnanza e una importanza tali che qualsiasi altra componente del vivere sociale, come il lavoro, il profitto, la patria, il calcolo geopolitico e il progresso scientifico deve essere necessariamente sacrificata in favore di un fondamentale rispetto della natura e dei suoi equilibri. Questa priorità assoluta mette i movimenti Verdi nella condizione di essere criticati aspramente dalle formazioni politiche maggioritarie che sono in grado, all’interno dei diversi panorami politici nazionali, di dare vita a coalizioni e di partecipare ad alleanze di governo o di opposizione. Questa visione complessiva fa vivere al movimento Verde una fase di vano solipsismo, narcisisticamente compiaciuto dalla convinzione di essere l’unico ed incompreso interprete di una realtà emergente, negata, per interesse o per miopia, da tutti gli avversari. Di fatto, negli anni ’70 e ’80 si affermano formazioni politiche ambientaliste, in opposizione al governo, sia nei paesi capitalisti che in quelli socialisti. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, con il crollo dell’Unione Sovietica, la cultura occidentale deve fare i conti con il lutto e la perdita di un’idea di costruzione alternativa di una società organizzata, diversa da quella liberale fondata sul mercato globale. I capisaldi del pensiero liberale come il libero scambio, l’assetto democratico, la proprietà privata, le differenze di classe, diventano parti irrinunciabili nel progetto e nel disegno di ogni forma di società. Potrebbe essere che questa consapevolezza abbia fortemente influenzato il dibattito ed il confronto all’interno del movimento ecologista: se non è più possibile rinunciare agli investimenti per la crescita industriale e per lo sviluppo delle infrastrutture, se deve essere mantenuto il concetto di produzione e di libero scambio, diventava allora necessario capire come sia possibile coniugare queste istanze di sviluppo con l’esigenza di salvaguardare l’ambiente, tenendo conto dei limiti dell’ecosistema.

3 Alexander Langer, Storia del movimento verde in Italia: i verdi come le vergini stolte?, “Fondazione Alexander Langer Stiftung” 1993, https://www.alexanderlanger.org/it/145/367 4 Ibidem.

Il pensiero ecologista propone allora l’idea di “sviluppo sostenibile”, come sofferto compromesso tra le esigenze economiche e quelle legate alla conservazione e all’integrità del sistema ambientale. Verso gli anni ’90, all’interno dei partiti Verdi nacque un dibattito. C’erano due fazioni: uno schieramento decise di abbandonare la critica al capitalismo e ai problemi energetici al fine di creare coalizioni con i partiti social-democratici, mentre l’altro voleva restare fedele ai principi radicali originali del pensiero Verde, senza scendere a compromessi con altre forze politiche.5 La prima fazione, quella revisionista, divenne prevalente e si rivelò aver fatto la scommessa vincente. Nella maggior parte dei paesi ex-comunisti il benessere economico non ha raggiunto i livelli dell’Europa occidentale; questo divario, non ancora colmato, ha mantenuto l’attenzione ed il desiderio di queste popolazioni focalizzato sul raggiungimento degli standard di benessere economico dei paesi fondatori della comunità europea. L’esigenza principale delle popolazioni dei paesi dell’ex blocco sovietico rimane, per questa ragione, la crescita economica, incondizionata e prioritaria sopra ogni altro interesse. Questa priorità non si sposa certamente con i valori e i progetti dei partiti Verdi. Infatti, le istanze di questa parte politica vengono considerate degne di nota. Ci sono alcune eccezioni, la Lituania e la Lettonia, negli ultimi tempi, hanno visto l’affermarsi di un partito Verde avente una discreta importanza politica. Al contrario, paesi come la Polonia, pur avendo raggiunto una discreta crescita economica, sono rimasti del tutto ancorati all’obbiettivo dell’innalzamento della produzione industriale e della capacità produttiva in generale. Sul versante dei paesi aderenti al primo nucleo del Patto Atlantico, sono emblematici i casi della Turchia e della Grecia, entrambe caratterizzate da una debole crescita economica e da un forte stato di insoddisfazione che sembra aver mantenuto, in quei contesti, l’attenzione ferma sul soddisfacimento dei bisogni primari, a danno di una svolta di interesse per i temi legati all’ambiente, all’ecologia, allo sviluppo sostenibile.

1.2 I concetti fondamentali nel pensiero dei Verdi oggi

Il concetto di ecosistema rimanda all’idea di una rete di ambienti di vita naturale, tutti interconnessi tra loro. Questi diversi ambienti possono apparire ad una prima analisi superficiale del tutto separati ed indipendenti; un’analisi più approfondita, al contrario, mostra invece come tra loro ci sia un evidente rapporto di causalità e di dipendenza reciproca. Per questa ragione si può descrivere la coesistenza dei diversi ambienti come una relazione simbiotica che coinvolge l’intera vita del pianeta.

5 Vedi Şenol Arslantaş, Avrupa’da değişen siyasal paradigma çerçevesinde yeni sol reformist partiler: yunanistan, fransa ve almanya örnekleri, phd thesis, Istanbul University Institute of Social Sciences, 29/09/2020, pp. 27-28

In questo modo possiamo capire come ogni cosa che ci circonda (flora, fauna, clima) faccia parte di un unico sistema nel quale produrre un sensibile mutamento in una parte implica modificare l’equilibrio tra quella parte e le altre che compongono il sistema. La connessione del sistema internet, nell’esperienza quotidiana attuale, ci dà un’idea di come possa esistere una rete simile. L’inquinamento provocato dall’industrializzazione sta distruggendo parti dell’ecosistema compromettendo la sua funzionalità globale, come quando un organo si ammala e ne risente tutto il corpo. Questo è il primo pilastro su cui si basa il pensiero ecologista, che pone i Verdi nel ruolo di guardiani dell’ecosistema. L’inquinamento si ripercuote, peraltro, in maniera diretta sull’uomo stesso, compromettendone la salute e quindi gravando sui sistemi sanitari. La giustizia sociale è un'altra istanza fondamentale del pensiero Verde. Viene auspicata una pace interna ai paesi, tra i vari strati della società, lungo tutte le faglie sociali, motivo di conflitto e contrasto: il binomio uomini-donne, il binomio abbienti-indigenti e quello giovani-anziani. Gli squilibri che si creano in questi contrasti diventano sempre fonti di sofferenza, disagio, violenza e dispersione di risorse ed energie; ancor più allontanano le società dei diversi paesi dal poter creare una alleanza ed una unione finalizzata ad affrontare in modo efficace e risolutivo il problema del rispetto dell’ambiente. Il concetto di democrazia partecipativa si basa sull’idea fondamentale di una contribuzione attiva e ravvicinata di idee, di proposte, di scelte, della singola persona alla gestione politica della sua comunità. Le popolazioni del Nord Europa hanno costantemente sviluppato nella loro storia modalità di partecipazione e gestione della vita politica che si rifanno a questo principio. Forse favorite in questo dalle ridotte dimensioni delle loro comunità e da un rapporto con l’ambiente naturale più ostico, che può averle motivate ad una maggior collaborazione reciproca. Le popolazioni mediterranee, pur lamentandosene, preferiscono rimanere meno coinvolte e in alcuni casi operare una forte delega verso le loro élites politiche. Nel pensiero Verde, solo un’attenta e consapevole quanto diffusa vigilanza di tutta la popolazione, nelle sue diverse componenti sul governo e sulle amministrazioni locali, diventa garanzia del mantenimento di oculate e proficue scelte di rispetto per l’ambiente. Al contrario una forte delega politica fatta verso una élite, che governa quasi autonomamente, moltiplica il rischio che vengano perseguite scelte politiche favorevoli a pochi e avverse al benessere dell’ambiente. La democrazia partecipativa parte dal livello locale fino ad arrivare agli ambiti più elevati creando una coesione sempre più profonda tra istituzioni e popolazione. La ricetta dei Verdi per passare da movimento ribellista a partito di governo è quella dello “sviluppo sostenibile”, ossia una revisione della formula di investimenti nel settore industriale e infrastrutturale adattandola alle nuove tecnologie che permettono di avere un impatto sull’inquinamento minore di

quello tradizionale. Ricordando che le rivoluzioni comportano spesso dei sacrifici e comunque una buona parte di quello che c’era prima rimane, mascherandosi, conviene puntare sulle evoluzioni graduali, che permettono di metabolizzare tutti i passaggi e creare una consapevolezza delle nuove conquiste sociali. In questo contesto si può definire lo sviluppo sostenibile come “il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.6 Per rispettare questi propositi tutte le nazioni devono impegnarsi per una finalità condivisa; probabilmente non esattamente allo stesso modo data la situazione economica di partenza di ogni paese. I paesi ricchi cercando di ottenere processi di produzione meno inquinanti e stili di vita sostenibili diversamente quelli poveri devono cercare di controllare il loro sviluppo demografico al fine di ridurre il peso eccessivo che un numero troppo elevato di abitanti può avere sull’ambiente naturale. Le energie rinnovabili sono la più grande fonte di energia pulita che oggi è in nostro possesso, seguita dal gas liquefatto. Una conversione totale e immediata di tutte le fonti di energia da idrocarburi a rinnovabili causerebbe un trauma difficilmente assimilabile dalla popolazione che dovrebbe rinunciare a parte del suo attuale stile di vita, per finanziare un piano così ambizioso. Diversamente una conversione graduale permette di incrementare, passo dopo passo, il mercato delle rinnovabili, con sempre maggiori investimenti che portano a nuove scoperte scientifiche e tecnologiche in grado di abbattere i costi ed aumentare la produttività, senza dare scossoni all’economia e quindi alla società civile. La peculiarità politica che i Verdi possono giocare si colloca nell’identificare un conveniente equilibrio, probabilmente diverso da un paese all’altro, e da un periodo all’altro, tra le due istanze del processo di rinnovamento: A) La prima istanza prevede l’insistere sulla velocità di riconversione energetica facendo fede agli ideali originari, quindi presentandosi come partito innovatore, ma pericoloso per l’affidabilità negli investimenti e negli accordi internazionali duraturi legati alla realizzazione di infrastrutture commerciali e di approvvigionamento energetico. B) La seconda istanza consiste invece nell’attendere risultati su tempi più lunghi, investendo il più possibile sulla ricerca scientifica, per ottenere un aumento del potenziale delle energie rinnovabili, in modo da renderle largamente preferibili alle energie derivanti dai combustibili fossili. Risulta evidente che questa seconda scelta rischia di appiattire la posizione dei Verdi su quelle della maggior parte delle forze politiche, rendendo in qualche modo indistinguibile il loro contributo, con il risultato di ridurre il peso delle motivazioni favorevoli ad una scelta specifica dell’elettorato nei loro confronti.

6 Sviluppo sostenibile, in “Enciclopedia Treccani on-line”, s.d., https://treccani.it/enciclopedia/sviluppo-sostenibile/

1.3 I Verdi alle europee

Le diverse formazioni ambientaliste europee, in occasione delle ultime elezioni per il parlamento europeo, si sono federate, aderendo ad un unico e significativo “manifesto Verde” che contiene i propositi e le istanze che i vari movimenti nazionali condividono e vogliono sostenere su tutto il territorio continentale. Questo manifesto comprende vasti ed importanti aspetti che regolano la vita sociale ed economica all’interno della comunità europea: ambiente, economia, welfare, giustizia, migranti, mobilità, salute, alimentazione, istruzione, lavoro e giustizia sociale, donne e pace.7 Benché la proposta di progetto politico fosse quindi la stessa per tutti gli elettori europei, le formazioni Verdi hanno ottenuto risultati sensibilmente diversi a seconda delle aree geografiche. Nell’area balcanica ad esempio i partiti ecologisti ottengono risultati assai modesti mentre il favore dell’elettorato viene principalmente raccolto da partiti conservatori; anche nell’area della penisola iberica il risultato è piuttosto limitato, questa volta con una prevalenza dei consensi rivolti verso i partiti progressisti. In altri paesi mediterranei rappresentativi come Grecia e Italia, il consenso espresso a favore del manifesto Verde è sicuramente modesto per non dire deludente. In entrambi questi paesi la dinamica politica sembra escludere, sia pure per motivi diversi, la presenza delle formazioni ambientaliste sia rispetto a un ruolo di maggioranza, che di minoranza parlamentare. Nei paesi dell’Europa settentrionale i partiti ambientalisti confermano o migliorano un consenso storico che in alcuni casi li ha resi parte integrante delle coalizioni di governo. L’area in cui si registrano i più netti avanzamenti nel consenso elettorale è sicuramente quella centro-occidentale, con paesi come la Germania in testa dove i consensi sono raddoppiati, o come la Francia, il Regno Unito, l’Irlanda, in cui il risultato li porta ad essere tra i primi tre partiti più votati. In termini assoluti, comunque, il numero complessivo di rappresentanti Verdi eletti all’interno del Parlamento Europeo è sensibilmente aumentato, tanto da segnare il punto più alto raggiunto da quando sono nate le istituzioni comunitarie europee.8 Questo risultato conferma un aumento della consapevolezza dei cittadini comunitari rispetto al problema dell’ambiente, consapevolezza che potrebbe mettere l’Europa nella condizione di giocare un ruolo importante su questo tema nel dialogo mondiale.

7 Il programma dei Verdi per le elezioni europee 2019, “Il Post”, 08/05/2019, https://www.ilpost.it/2019/05/08/programma-verdi-elezioni-europee-2019/ 8Antonio Galdo e Daniele Brunetti, Onda verde in Europa, sindaci in Francia, land in Germania e governo in Irlanda, “Non sprecare”, 30.06.2020 https://www.nonsprecare.it/verdi-in-europa?refresh_cens

1.4 Il voto e il suo significato nei singoli paesi

In questo capitolo, ci proponiamo di rappresentare una breve ma significativa rassegna dei partiti Verdi europei, delle loro istanze e del rapporto con gli elettori dei loro paesi. Questa panoramica sulle varie declinazioni Verdi in Europa, ci permetterà di capire in quale cornice politica e culturale nasce e si sviluppa il partito Verde della Serbia. Successivamente porteremo la nostra attenzione sulla situazione ambientale specifica di questa nazione, per meglio comprendere quali problemi concreti e quali difficoltà il partito Verde serbo stia cercando di affrontare. In Francia il partito Verde guidato da Julien Bayou continua a guadagnare terreno; in questo verso vanno i risultati ottenuti sia alle elezioni europee nelle quali i Verdi raggiungono il risultato del 13,47%, sia delle più recenti elezioni comunali, nelle quali confermano le posizioni raggiunte alle europee e alzano il loro vessillo su alcune città importanti come Marsiglia, Lione, Bordeaux, Strasburgo e Besançon.9 Nel paese d’oltralpe la sinistra, che pure era solidamente radicata nell’elettorato francese, ha gradualmente ma costantemente perso consensi e interesse. I partiti tradizionali della sinistra, socialisti e comunisti non sono riusciti a proporre una critica credibile e una costruzione di progetto politico realmente alternativa al modello capitalista, questo si è tradotto nel loro contesto in una povertà ideativa sia rispetto alle proposte politiche, che al piano amministrativo. Le analisi sui sondaggi politici concordano sul fatto che una parte consistente dell’elettorato che tradizionalmente votava “gauche” si è spostato verso il partito Verde e la formazione “En marche”. Jean-Marc Dejean, giornalista, dice che:

“La création des Verts a été une des seules réponses innovantes à la crise de la politique progressiste. Leur histoire reflète les difficultés de la pensée écologiste confrontée aux rapports sociaux et enjeux de pouvoir. On ne s’étonnera donc pas que leur insertion à gauche soit contradictoire. Les Verts se sont constitués contre la gauche, en alternative au marxisme et à la faillite du socialisme réel et du communisme à la française. Visant à un autre mode de production et de consommation, la critique écologiste est aujourd’hui la seule critique réaliste du capitalisme. Mais, [...] parce qu’elle remet la démocratie et l’individu au coeur de l’action politique elle n’est pas soluble dans la question sociale.”(...)“L’écologie politique s’inscrit dans la continuité philosophique du siècle de Lumières”.10

9 Ibidem 10 Jean-Marc Denjean, Les verts et la gauche, “CAIRN.INFO”, 02/09/2007, https://www.cairn.info/revue-mouvements- 2007-2-page-57.htm

Nell’isola irlandese è presente una sola formazione politica ambientalista che unisce elettori sia dell’Irlanda del nord che della Repubblica d’Irlanda. Il suo nome è Comhaontas Glas, letteralmente Alleanza Verde, ed è guidato già da alcuni anni da Eamon Ryan. I Verdi irlandesi sono riusciti ad ottenere un importante risultato alle ultime elezioni europee con il 9% dei consensi, uscendo dall’insignificanza politica che aveva segnato gli ultimi decenni. Il partito Verde, forte di questo risultato è riuscito ad entrare nella coalizione di governo insieme a partiti conservatori facendo inserire importanti proposte ambientali nel programma di governo.11 Sicuramente interessante è anche il percorso del partito Verde finlandese, nella lingua locale Vihreä liitto ossia ”Lega Verde”. Non è riconducibile a nessun campo della tradizionale politica a due poli (destra-sinistra) anche se molti dei suoi componenti provengono da formazioni del mondo progressista e di sinistra. Questo partito ha raccolto nell ultima tornata elettorale per il Parlamento Europeo una conferma del consenso (16%), di cui all’interno del paese i Verdi godono già da diversi anni. Pekka Haavisto è il leader del partito, a livello nazionale è considerato una personalità politica di spicco, tanto da diventare il primo ministro dell’ambiente ”Verde” nella storia del continente, e da concorrere nel 2012 per la carica di primo ministro. Pekka Haavisto gode di un credito anche internazionale avendo ricevuto incarichi presso l’Onu e avendo coordinato il gruppo di ricerca per il programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP) in Kosovo, Afghanistan, Iraq, Liberia, Palestina e Sudan.12 Il suo contributo UNEP sul Kosovo verrà di seguito ripreso nel capitolo che parla degli effetti sull’ambiente degli eventi bellici. In Svezia il partito Verde, Miljöpartiet de gröna, letteralmente "Partito ambientale dei Verdi" vede una sensibile riduzione del consenso elettorale, passando nelle elezioni europee del 2014 dal 15,4% al 11,5% delle ultime. Nonostante questo, il partito Verde collabora tuttora all’azione di governo del paese, facendo parte della colazione con il partito socialdemocratico.13 Anche nel gruppo dei paesi più piccoli (Belgio, Olanda, Lussemburgo e Svizzera) dell’Europa occidentale si registra un sensibile aumento del consenso elettorale nelle ultime elezioni per il parlamento europeo. Nel Regno Unito il partito Verde segna un deciso progresso passando dal 10,8% del 2014 ad un lusinghiero 16,2% delle ultime elezioni europee. In i Verdi confermano il buon risultato del 2014 attestandosi intorno al 14%.14 Il dato spagnolo non è facilmente interpretabile poiché è la risultante sommatoria di una miriade di piccoli movimenti locali. Un caso particolare è costituito dalla Lituania, dove il partito Verde nel

11 Antonio Galdo e Daniele Brunetti, art. cit. 12 Ibidem 13 Ibidem 14 Daniele Baldo, Mai così tanti Verdi in Parlamento in Europa, “YouTrend”, 26/05/2019 https://www.youtrend.it/2019/06/26/elezioni-europee-2019-verdi-risultati/

2016 era entrato nella coalizione di governo con il Partito dei Contadini, mentre nelle recentissime elezioni politiche del 2020 è tornato all’opposizione. Se passiamo da un’analisi quantitativa ad una qualitativa potremo sicuramente annotare alcune differenze rispetto alla natura delle istanze di cui le diverse formazioni Verdi si fanno portatrici nel nostro continente: nell’area settentrionale i partiti Verdi portano il loro interesse prevalentemente sulle battaglie ambientali (Finlandia, Svezia, Danimarca e Gran Bretagna); nel centro Europa è presente una particolare sensibilità per i diritti civili accanto ai problemi dell’ambiente; nell’area mediterranea invece il focus dell’azione politica rimane sul tema delle disuguaglianze sociali ed economiche. Pur con queste differenze i partiti Verdi rimangono nel perimetro dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile firmata dall’ONU.15 Questi sono solo alcuni esempi dei vari partiti europei più influenti. Una parentesi a parte meritano il partito tedesco, che è quello trainante all’interno della comunità europea, e quello italiano che ci riguarda da vicino. Anche i casi greco e turco offrono spunti interessanti di analisi.

1.5 I Verdi tedeschi

In Germania il partito Verde ha raggiunto uno dei più significativi risultati in termini di voto nel contesto europeo. L’attuale partito Verde tedesco è il risultato dell’unione, avvenuta nel 1993, dei due partiti che già in precedenza operavano nelle rispettive Germanie, i Verdi (Grünen) nella parte occidentale e Bündnis 90 in quella orientale. Entrambe le formazioni, oltre che per la salvaguardia dell’ecosistema si battevano anche per la qualità di vita nelle città e per l’impegno contro l’utilizzo dell’energia atomica. Negli anni tra l’80 e il ’90 il partito Verde tedesco attraversa una fase di riconoscimenti discontinui. Potremmo dire che dopo la sua unificazione, l’avvento di una nuova classe dirigente in cui spiccano nomi come Robert Habeck e Katharina Schulze, la formazione Verde trova una maggiore continuità nel progetto politico proposto che si riflette in uno stabile riconoscimento nelle preferenze elettorali. Il partito Verde ottiene in Germania un buon riconoscimento tra le fasce giovanili. La loro attenzione si focalizza sull’impatto che le attività produttive hanno sull’ambiente, ma non solo. L’ambizione maggiore è quella di ridurre gradualmente la dipendenza dal carbone fino a renderla nulla. Le risorse energetiche, derivanti da idrocarburi, che ora sostengono ancora in parte i bisogni della nazione, verranno gradualmente sostituite da fonti di energia rinnovabile, quindi solare, eolico, moto ondoso, biomasse ecc. La Germania importa ancora fonti energetiche derivanti da combustibili fossili che servono a soddisfare i bisogni di

15 Antonio Galdo e Daniele Brunetti, art. cit.

approvvigionamento elettrico, per il riscaldamento/raffreddamento degli edifici e per i trasporti. Il problema dei trasporti, in particolare, è il più critico, perché i motori termici sono i sistemi, al momento, più in uso sul mercato e non si può incidere su questo settore senza modificare segmenti importanti del sistema industriale. La riconversione industriale deve riguardare sia i processi di fabbricazione, che il prodotto finale che deve essere, a sua volta, meno inquinante.16 Viene proposto un disincentivo ai prodotti usa-e-getta, spesso di plastica, che hanno un impatto distruttivo sull’ambiente. Viene privilegiata e incoraggiata l’economia circolare che prevede la possibilità di riassorbire il prodotto nella biosfera o la possibilità di riciclarlo per riutilizzarlo nel ciclo produttivo successivo. La digitalizzazione del settore pubblico e privato viene fortemente incentivata, al fine di incrementare l’efficienza e diminuire gli sprechi. I Verdi tedeschi propongono di tassare maggiormente i giganti del web, i quali troppo spesso si svincolano dagli oneri fiscali. Il programma dei Verdi ha una parte sociale che si occupa dell’abbattimento dei prezzi degli alloggi per famiglie e studenti e dell’abbattimento di barriere architettoniche a favore di anziani e disabili. Vengono altresì considerate le pari opportunità di genere, l’incremento degli asili per favorire le famiglie nel rapporto casa/lavoro e la lotta alla discriminazione di razza, religione e genere. L’approccio alla questione dell’immigrazione prevede un flusso controllato al fine di permettere un graduale inserimento degli immigrati nel tessuto sociale, con un investimento nelle politiche di integrazione. Su queste basi, si evidenzia la natura moderata e liberale della proposta dei Verdi tedeschi, ormai molto lontana dalle istanze radicali delle origini. Il progetto di governo è sicuramente realizzabile, considerando l’intero corpo delle proposte che da una visione tutto sommato realista equilibrata dell’insieme delle esigenze in gioco, senza tuttavia perdere di vista la missione finale del rispetto dell’ambiente.17 Nei dibattiti politici si pensa che nelle prossime elezioni nazionali del 2021 i Verdi potranno aumentare ancora i loro seggi in parlamento, se così fosse, è molto probabile che si crei una coalizione di governo che comprenda anche loro insieme ai due partiti tradizionali CDU e CSU.18 Quello che non è certo è chi sarà il leader di questa coalizione. Mentre il risultato delle elezioni politiche rimane costante attestandosi al 9%, si evidenzia invece il balzo in avanti fatto alle elezioni europee in cui si passa dal 10,3% al 20,5%. Nelle ultime elezioni federali colpisce il terzo posto preso da AfD, definito dai Verdi antagonista e pericoloso. Tuttavia, l’AfD non riuscirà ad andare oltre perché manca, come i Verdi delle origini, di un progetto convincente. Questo lo pone nella condizione di essere un partito

16Linking sectors, power, transports, heat unit, “Energy Atlas 2018”, p.22 17 Daniele Brunetti, Voto in Germania, in due regioni si può governare solo con i Verdi. Sono sempre più determinanti, “Non Sprecare”, 03/09/2019, https://www.nonsprecare.it/verdi-tedeschi?refresh_cens 18 Cristoph von Marschall, La Germania non ama l’America ma ne ha bisogno, Occidenti contro, “Limes”, 13/09/2020, p. 202

“outsider”, cui è preclusa ogni possibilità di governo. In altre parole, anche se dovesse raggiungere in percentuali la maggioranza relativa, gli altri partiti formerebbero coalizioni per escluderla.19

1.6 Il caso italiano

Tenendo conto del ragionamento precedente riguardo al post-materialismo l’Italia è un paese relativamente benestante, pertanto rientra sicuramente nella fascia dei paesi europei che hanno fatto quel salto ideologico che li differenzia dalla maggior parte dei paesi dell’ex blocco sovietico. Le manifestazioni ambientaliste del 2019 tra cui i “Friday for future” testimoniano la sensibilità per il tema ambientale che una buona parte della popolazione italiana dimostra, soprattutto quella giovanile. L’attuale maggioranza di governo, sensibilmente influenzata dalla spinta ambientalista dei settori giovanili dell’elettorato, ha cominciato peraltro a parlare con più frequenza di temi come economia circolare e sviluppo sostenibile. Il problema dello scarsissimo successo dei Verdi nella politica italiana è ricollegabile all’evoluzione del partito Verde. Possiamo rinvenire le ragioni del suo scarso appeal tornando al già citato dibattito alla fine della guerra fredda. Negli anni ‘90, come abbiamo detto, avviene la metamorfosi dei Verdi da partiti di protesta e rifiuto, a partiti con progetti realistici, una mentalità governista e un piano economico liberista necessario ad affrontare tutti i punti critici dello stato. Il partito dei Verdi italiani non ha affrontato questo sviluppo. La formazione ambientalista in Italia ha sofferto una sorta di “sindrome di Peter Pan”, rimanendo alla sua versione anni ’80, legata tenacemente ad un’immagine antica, vetusta, basata solo su vecchi slogan, non aggiornata, di conseguenza inadatta e poco credibile per affrontare le esigenze della situazione attuale. La stagnazione del partito dei Verdi italiano non ha non ha contribuito alla formazione di leader forti e visibili, che potessero traghettare il partito verso i vertici del consenso politico.20 Sembra che l’attuale dirigenza dei Verdi italiani non sappia guardare alle iniziative molto concrete che i loro colleghi di altri paesi promuovono sui loro territori: gratuità o prezzi contenuti per i trasporti pubblici, impegno contro l’apertura di nuovi centri commerciali. Le idee in Italia rimangono spesso solo teoriche anche perché i progetti non risultano credibili. Francesco Rutelli, che ha avuto un passato politico nei Verdi, dice: “troppo spesso i Verdi sono stati il partito dei ‘no’, incapace di affiancare agli allarmi lanciati per salvaguardare il Pianeta proposte concrete e alternative percorribili”.21 Negli anni in cui i Verdi italiani sono stati al governo, facendo parte della coalizione dell’Ulivo (anni 1996-2001) e successivamente nell’alleanza dell’Unione (anni 2005-2008), non sono riusciti ad aumentare la loro

19 Werner J. Patzelt, Berlino è ancora in guerra con sé stessa, Occidenti contro, “Limes”, 13/09/2020, p.189, 20 Antonio Galdo, Verdi in Italia, perché sono scomparsi. Mentre in Europa non sono mai stati così forti, “Non Sprecare”, 30/07/2020 https://www.nonsprecare.it/verdi-in-italia?refresh_cens 21 Ibidem

affidabilità e a conquistare la fiducia dell’elettorato. Emersero, in alcune occasioni, ombre negative sul coinvolgimento di alcuni leader Verdi in episodi di corruzione; tra questi fu indagato e infine assolto, anche Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Federazione dei Verdi e per due volte, ministro dell’ambiente per sette anni (dal 2001 al 2008), con Giuliano Amato e con Romano Prodi.22 Il tracollo del partito Verde in Italia non si è fatto attendere; se nel 1987 erano entrati in parlamento con 13 deputati, quasi tutte donne, agli inizi del duemila avevano 12 deputati e 12 senatori. Dopo il 2008 la rappresentanza si è azzerata. Alex Langer, che fu in quegli anni padre nobile dell’ambientalismo italiano e presidente dei Verdi europei, ebbe a dire che si scontava un’alta litigiosità interna, tanta burocrazia da partitino e l’assenza di una leadership riconoscibile all’esterno.23 Un'altra causa importante del declino dei Verdi in Italia è riconducibile ai grossi limiti mantenuti anche dai governi di centro sinistra sul ruolo del Ministro per l’Ambiente. In Francia e in Germania il Ministro per l’Ambiente ha responsabilità decisamente più elevate e vaste, su questo dicastero ricadono infatti le scelte sulle politiche sociali che sono legate alla sostenibilità ambientale, mentre in Austria dipendono da questo ministero dipendono anche le scelte politiche sui trasporti. In Italia il ministro dell’ambiente continua a ricoprire un ruolo marginale, con un potere quasi esclusivamente burocratico, che si concretizza nel firmare la valutazione di impatto ambientale su opere e investimenti pubblici e privati. Sono stati pochissimi i ministri dell’ambiente che hanno potuto lasciare un segno indelebile nella politica del nostro paese e di rado a questo ministero sono stati assegnati uomini con una vera vocazione ambientale.

1.7 Il percorso storico dei Verdi in Serbia e la loro attuale organizzazione

Sebbene già presenti in Serbia come movimento di opinione che propone una sensibilità ambientale, i Verdi arrivano a costituirsi legalmente in forma di partito in questo paese solo il 14 settembre del 2007. Benché non possa contare su un grande numero di aderenti, il partito Verde della Serbia (Зелени Србиjе) si avvale di un discreto radicamento sul territorio: esso infatti è costituito da 80 movimenti locali distribuiti su tutto il territorio nazionale. I Verdi serbi prendono le coordinate politiche di riferimento dalle altre formazioni Verdi europee: si definiscono un partito democratico che vuole promuovere la protezione dell’ambiente, che ha un riferimento nell’idea di sviluppo sostenibile, che cerca di evitare i conflitti sociali, contenendone, il più possibile gli effetti negativi. Le loro priorità mettono in primo piano tematiche come l’attenzione per la salute dell’ambiente, la solidarietà sociale e l’equilibrio nel conflitto tra le categorie sociali, la partecipazione politica attraverso sistemi di

22 Ibidem 23 Ibidem

democrazia diretta, la green economy, lo stato di diritto e il rispetto della diversità e la prevenzione di ogni forma di violenza. Nei primi anni della loro attività i Verdi serbi hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sugli alimenti geneticamente modificati, arrivando a contribuire alla stesura della legge sugli OGM adottata dal paese il 26 ottobre del 2011. Dal 2012 al 2016 i Verdi serbi rimangono all’opposizione, eleggendo un rappresentante nel Parlamento, dal 2016 ad oggi, in coalizione con il Partito Socialista serbo entrano a far parte della coalizione di governo.24 Da quando i Verdi hanno lasciato la forma di movimento per assumere quella di partito, con la finalità di radicare la loro azione in una strategia politica concreta, si sono dati un’organizzazione formale che prevede diversi livelli di rappresentanza, organizzazione che parte dalle realtà locali sino alla presidenza del partito. L’organo di base della piramide organizzativa è il Consiglio Locale. I suoi membri vengono eletti dagli iscritti e dai simpatizzanti che appartengono alla comunità locale (area geografica o municipio urbano). Il Consiglio ha indipendenza nel suo lavoro e libertà nel decidere su tutte le questioni di interesse nella realtà territoriale in cui opera, nel rispetto delle regole e degli ordinamenti generali del partito. Ogni proposta o istanza che il consiglio locale promuove viene decisa attraverso una votazione dei partecipanti per maggioranza. Questa modalità democratica decisoria viene peraltro perseguita a tutti i livelli del partito, elemento questo che rende il partito Verde serbo molto simile ai partiti Verdi occidentali. Le diverse proposte e richieste espresse dai Consigli Locali vengono analizzate e discusse all’interno dell’“Assemblea Nazionale”, organo costituito da rappresentanti di tutte le realtà locali: membri delle presidenze del partito, presidenti di consigli comunali e cittadini, presidenti e membri della Commissione Statutaria e del Consiglio di Sorveglianza e membri della Presidenza e delegati della gioventù del Partito. L’Assemblea viene convocata ogni anno per analizzare e organizzare in modo funzionale le proposte che vengono dalla “base”. Esiste poi un ulteriore livello dato dal Consiglio Direttivo che ha il compito, partendo dalle emergenti argomentazioni dell’Assemblea, di tradurle in concrete linee di azione politica ed iniziative. Ad un livello ancora superiore opera la Presidenza del partito, che ha il compito strategico di coordinare e controllare i lavori dell’Assemblea Nazionale. In tutti i livelli organizzativi vale il principio delle pari opportunità tra i sessi, con l’effetto di garantire all’interno dei diversi organi una equilibrata rappresentanza di genere.25 L’analisi di questa struttura organizzativa mette in evidenza una coerenza tra gli intenti perseguiti e le scelte concrete adottate dai Verdi serbi nel costituirsi come formazione politica: come sappiamo l’organizzazione scelta è un messaggio chiaro e incontrovertibile rivolto agli elettori e alla popolazione in generale, sulle vere finalità che un partito persegue e sulle

24 The Greens of Serbia, “Zeleni Srbjie” sito web http://zelenisrbije.org/english/ 25 Vedi „ЗЕЛЕНИ СРБИЈЕ“ СТАТУТ, Statuto del partito Verde, “Zeleni Srbjie” sito web, 16/06/2018 http://zelenisrbije.org/wp-content/uploads/2016/Statut-Zeleni-Srbije.pdf

modalità che intende utilizzare per perseguire questo compito. I Verdi di Serbia partono da una netta e forte percezione della situazione di allarme e di pericolo che evidenzia la crisi finanziaria ed il fallimento delle scelte di politica economica fatte negli anni precedenti. La presenza di questa crisi per loro è un segnale ineludibile rispetto alla necessità di operare una rapida e radicale trasformazione del sistema economico, produttivo e sociale del loro paese. Questa trasformazione deve essere operata tenendo conto delle compatibilità e della sostenibilità di ogni azione con l’ambiente. In questo il partito Verde serbo sembra cogliere con chiarezza il ruolo di radicale critica ad una società capitalista che sembrava porsi come unico modello di società organizzata. È interessante notare alcune somiglianze importanti del partito Verde serbo con altri partiti Verdi dell’area balcanica. Le somiglianze partono dalla situazione socioeconomica e dal tessuto culturale e storico che accomuna questi paesi: per tutti esiste il problema di una economia ancora povera, di una insufficiente vitalità del tessuto imprenditoriale, della mancanza di un progetto economico a largo respiro che possa orientare in modo significativo le scelte politiche e gli indirizzi strategici dei loro governi. Su queste premesse diventa difficile a tutti i partiti e movimenti Verdi riuscire ad ottenere attenzione per i problemi ambientali e per i disegni predisposti ad affrontarli. Risulta con evidenza il dato comune a tutta l’area di una scarsa attrattività delle idee ambientaliste, tutti i partiti hanno ottenuto risultati assai modesti, se confrontati con quelli dei Verdi dell’Europa centro-settentrionale. Colpisce, in questo quadro generale, una netta somiglianza di strategia politica tra il partito Verde serbo e il partito dei Verdi greci Οικολόγοι Πράσινοι (ecologisti verdi): anche in Grecia, come in Serbia, i Verdi scelgono la strada dell’alleanza con un cartello di partiti forti della sinistra, Siriza (ΣΥΡΙΖΑ). Questo permetterà a loro di diventare parte integrante della compagine governativa, con la possibilità, seppure il loro elettorato rimanga ridotto, di contribuire a scelte e politiche che per motivi diversi hanno influenze e riverberi evidenti sull’ambiente.26 Ad indicare che questa sembra essere la strategia condivisa in quell’area possiamo citare anche il caso del partito Verde turco: vessato (due volte disciolto), ricostituito, questa formazione che ha una scarsissima rappresentanza elettorale, decide di fondersi nel 2012 con il Partito per l'Uguaglianza e la Democrazia che diventa Yeşiller ve Sol Gelecek Partisi (Partito dei Verdi e della Sinistra Futura).27 Questi esempi, ci fanno comprendere come in tutta l’area per l’elettorato l’idea della protezione ambientale possa essere mutuabile solo se proposta congiuntamente a ad altre istanze politiche che si occupano

26 Ποιοι Είναι οι Οικολόγοι ΠΡΑΣΙΝΟΙ, Chi sono gli ecologisti verdi?,” Eco Greens” sito web, https://ecogreens.gr/ergo-istoria/?fbclid=IwAR1S- L6LJFRdahGEGenWxFEXq9DIQkbl6XAGQR58EuVtZmOf7L8RUlesi7g 27 Esra Banu Sipahi ve Selçuk Dinçer, Yeşil İdeolojiler Bağlaminda Yeşil Siyasetin Türkiye’deki Siyasi Partilere Yansimalari Doç. Dinçer Kent ve Çevre Araştırmaları Dergisi Cilt:1, Sayı:1, Aralık 2019

tendenzialmente di proteggere gli strati sociali più deboli e di promuovere una politica produttiva equa ed efficace.

1.8 Il leader dei Verdi di Serbia: Ivan Karić

Ivan Karić, nato il 19 settembre del 1975, dimostra un continuo e coerente interesse per le questioni ambientali per tutto il corso della sua vita, impegnandosi su questo argomento a fondo e con competenza sia nel ruolo di ricreatore scientifico, sia in quello di politico. La sua storia dimostra come sin dalla giovane età egli abbia avuto un forte interesse per lo studio degli ambienti naturali e successivamente l’intento di preservarli il più possibile dall’azione di degrado inferta dalle attività umane. È poco più che ventenne quando nel 1996 gli viene affidato l’incarico di organizzare i campi alla stazione di ricerca di Petnica e i campi geologici sulla montagna Radan e sul fiume Pek, l’assunzione di questo ruolo è la prova della sua competenza professionale e di una sua già presente vocazione alla leadership. All’inizio degli anni 2000 consegue la laurea in geologia ed estrazione presso l’università di Belgrado. Prosegue, in quegli anni, una vivace e proficua campagna di ricerche a sfondo geologico ed ambientale che ne fanno presto un riferimento per gli addetti ai lavori del settore. Questi impegni gli valgono la nomina tra il 2004 e il 2008 di vicedirettore del Fondo per la protezione ambientale di Obrenovac e successivamente di responsabile della sicurezza dalle inondazioni al JVP Beogrаdvode dal 2009 al 2010.28 Avvalendosi di queste cariche Karić realizza alcune iniziative innovative e utili per il territorio di Belgrado come il catasto dell’inquinamento, quello dell’erosione e delle frane; egli mette a punto per primo un progetto preliminare per l’impianto di trattamento delle acque reflue della città. In quegli anni cerca anche di avvicinare la sensibilità dei cittadini di Belgrado ai problemi dell’ambiente occupandosi di impiantare la prima centralina di misurazione del grado di inquinamento dell’aria capace di rendere disponibile la misurazione a tutti in tempo reale. In quegli anni Karić comincia a tradurre il suo interesse scientifico anche in un impegno politico, entrando nel partito dei Verdi serbi di cui diventa presto personalità di spicco. Nel 2012 ottiene il suo primo incarico come parlamentare all’opposizione partecipando alla lista “Scelta per una vita migliore”, in serbo Избор за бољи живот, insieme al Partito Democratico; in questa occasione viene eletto come unico deputato della formazione Verde. Alle successive elezioni politiche del 2016 i Verdi entrano nella coalizione con il Partito Socialista Serbo che fa parte dell’alleanza politica di Vučić, il quale si afferma andando al governo. In questa occasione a Karić viene assegnato il ruolo di membro della commissione parlamentare per la protezione dell'ambiente.

28 IVAN KARIĆ biografia, sito web “Otvoreni Parlament”, 27/08/2017.

Il 10 ottobre del 2017 Karić si dimette da questo incarico per assumere quello di segretario di stato nel ministero serbo per la protezione ambientale. 29

29 Biography and activism, Zeleni Srbjie sito web, http://zelenisrbije.org/biography-activism-ivankaric/

Capitolo 2 2 L’inquinamento del Danubio e il problema ambientale

Parlare di questione ambientale in Europa ci porta sicuramente a prendere in considerazione il fiume Danubio poiché questo fiume, per la sua lunghezza e l’ampiezza del suo bacino, può essere, a ragione, considerato un termometro sensibile e veritiero dello stato di salute del territorio nel nostro continente. In effetti, il Danubio e i territori che attraversa, possono essere considerati come uno dei più importanti ecosistemi europei, in grado di generare con le loro risorse una grande ricchezza in termini di biodiversità, sia di fauna che di flora, di apporto idrico sia per il settore alimentare che industriale, di apporto energetico, oltre a costituire una via privilegiata di comunicazione e trasporto. Per lunghezza il fiume Danubio è secondo in Europa solo al Volga; percorre complessivamente 2860 km, attraversando tutta la fascia centrale europea e bagnando diverse capitali. Ha le sue fonti all’interno della Foresta Nera in Germania, attraversa diversi paesi come l’Austria, la Slovacchia, l’Ungheria, la , la Romania, la Moldavia per concludere la sua corsa in Ucraina con una foce, a delta, molto ampia sul Mar Nero. Nel suo percorso il Danubio coinvolge una regione molto ampia con un bacino idrografico di 800.000 kmq che corrisponde al 10% dell’intera superficie europea e nel quale vivono 80 milioni di persone. Il livello di salute delle sue acque, oltre a coinvolgere in modi diversi tutti gli abitanti di questa zona influisce sull’ambiente naturale del suo delta. Il delta del Danubio è riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità per la ricchezza che ancora ha in termini di biodiversità, ospitando 1200 varietà di piante, 45 specie di pesci d’acqua dolce e quasi 300 specie di volatili. Stiamo parlando di uno dei pochi siti naturali che ha mantenuto una sua integrità, attualmente zona protetta. L’inquinamento delle sue acque tuttavia rischia di compromettere questo prezioso ecosistema. 30

2.1 La situazione dell’area danubiana serba nel 2010

Un ostacolo importante all’integrazione delle politiche per la salvaguardia dell’ambiente viene dalla grande eterogeneità negli aspetti economici, ecologici e culturali degli stati membri del bacino idrografico danubiano; queste grandi differenze rendono difficile trovare un comune denominatore nella politica ambientale, che dovrebbe, invece, essere necessariamente orientata da un unico progetto condiviso, considerata la pericolosità che deriva dagli agenti inquinanti. Uno studio fatto su quest’area

30 Il lungo percorso del Danubio: dove nasce e quali città tocca, “Informazione ambiente” sito web, 08/04/2019, https://www.informazioneambiente.it/danubio/

nel 2010 riporta il quadro che viene di seguito descritto. Un problema particolare è costituito dalla grande quantità di azoto e fosforo che la Serbia, da sola, riversa nella parte a valle del fiume, calcolata tra il 13% dell’azoto, e il 14% del fosforo scaricato complessivamente dai paesi europei. 31 Nel novero delle fonti di inquinamento registrate nel bacino del Danubio dominano l'agricoltura, gli insediamenti urbani, la produzione di energia, a cui si aggiungono i produttori farmaceutici, gli stabilimenti che utilizzano acque termali e le officine meccaniche. Nel campo dell’inquinamento un ruolo di tutto rispetto viene mantenuto dall’industria; nel territorio della Serbia circa il 95% delle acque di scarico, utilizzate nei processi di lavorazione, vengono rilasciate senza alcun trattamento direttamente nei fiumi e nei laghi locali. Questa abitudine sta danneggiando fortemente l’intero patrimonio idrico sia sotterraneo che di superficie. Il Danubio in Serbia costituisce di fatto il principale asse di sviluppo industriale sul quale è insediata la maggior parte dei centri produttivi. Rispetto a questi centri produttivi esistono due ordini diversi di problemi: il primo consiste nel fatto che la maggior parte delle fabbriche sono rimaste per lo più antiquate e poco o nulla dotate di sistemi per la protezione dell’ambiente, il secondo riguarda la loro concentrazione in un’area molto ristretta. Tra esse gli autori della ricerca del 2010 Milanović, Kovačević-Majkić e Milivojević32 citano: - Novi Sad, chimica inorganica, - Pančevo, Novi Sad, Belgrado, chimica organica di base, - Smederevo, metalli neri - Pančevo, sfruttamento e trasformazione di prodotti non metallici; - Vojvodina, produzione di materiali da costruzione. Un’area che può essere considerata esempio emblematico di questa concentrazione non sostenibile di siti industriali nella stessa ristretta zona è quello di Pančevo. Piccola cittadina distante una ventina di chilometri dalla capitale, Pančevo ha sul suo territorio sia raffinerie del petrolio, sia impianti petrolchimici e di produzione di fertilizzanti, tutto questo le è valso un forte tasso di inquinamento in tempo di pace e il diventare obbiettivo strategico da distruggere in tempo di guerra, oltre al nomignolo di “macchia nera” del Danubio. Purtroppo sul versante agricolo le cose non vanno meglio: l’utilizzo eccessivo e non sottoposto ad alcun controllo di pesticidi sta procurando un forte inquinamento del suolo; le modalità di gestione degli allevamenti di bestiame e avicoli sono a loro volta causa di un forte carico inquinante che sembra avere un peso addirittura 150 volte superiore a quello delle acque reflue dei centri urbani.33

31 Мarina Ilić , Преглед стања проблема у животној средини у Србији и њихових узрока, Еnvironment Capacity Building Program, , 2004 32 Ana Milanović, Jelena Kovačević-Majkić, Milovan Milivojević, Water quality analysis of Danube river in Serbia: Pollution and protection problems, “Bulletin of The Serbian Geographical Society”, 2010 http://www.doiserbia.nb.rs/img/doi/0350-3593/2010/0350-35931002047M.pdf 33 Milutin Lješević, Nauka o životnoj sredini, Geographical Faculty, faculty, 2002

Le centrali termoelettriche sono, come evidenziato nella ricerca del 2010, le fonti principali per la produzione di energia. Questi siti hanno un doppio impatto sull’ambiente, all’effetto dell’inquinamento generale si aggiunge infatti quello dell’innalzamento della temperatura di acqua ed aria. Emblematica, in questo contesto, è la situazione relativa al bacino carbonifero di Kostolac, con tre miniere (Drmno, Ćirikovac e Klenovnik) dalle quali si estrae il fossile che alimenta le due centrali termoelettriche della zona. Al momento non ha ancora trovato una risposta la necessità di costruire un’area di deposito delle ceneri che derivano dalla lavorazione del carbone. Esiste poi il problema legato allo smaltimento dei rifiuti urbani, intesi sia come residui fognari che come rifiuti domestici; la ricerca di Milanović, Kovačević-Majkić e Milivojević parla di un basso grado di efficienza degli impianti di riscaldamento, delle reti idriche e fognarie, dello smaltimento dei rifiuti, nei centri urbani, con una cattiva organizzazione dei trasporti e una scarsa disponibilità di aree verdi. Queste inefficienze sono chiaramente motivo di un elevato inquinamento delle falde acquifere sotterranee. Diventa quindi ineludibile un progetto di efficientamento e sanificazione della rete fognaria. Proprio su questo tema nella prima parte del 2011 la Serbia aderisce ad un progetto europeo che prevede un miglioramento dei settori della comunicazione, trasporti, ed energia, insieme ad altre tredici nazioni.34 Risulta nell’insieme evidente quanto sia prioritario dare avvio ad un concreto progetto di bonifica delle miniere di carbone di superficie, promuovendo la fornitura energetica sotto forma di gas per i centri industriali, nonché provvedendo alla costruzione di stazioni per la depurazione dei rifiuti urbani intorno a Belgrado, Pančevo, Smederevo e Požarevac.

2.2 La situazione attuale

Sono passati dieci anni dalla descrizione sopra riportata delle problematiche ambientali presenti nel territorio del Danubio serbo e purtroppo la situazione complessiva non appare molto diversa da allora. Gli articoli e le testimonianze rinvenute sui media nei tempi più recenti confermano la persistenza di problemi come la mancanza di un impianto di filtraggio e depurazione delle acque fognarie per ancora un terzo della città di Belgrado; apprendiamo da un articolo della Radio Televisione del Lussemburgo che il resto degli scarichi domestici viene gestito attraverso l’utilizzo di fosse settiche. Queste discariche vengono periodicamente svuotate da camion che sversano il loro contenuto direttamente nelle acque del Danubio. 35 Per avere un’idea dell’impatto che questa azione ha sull’ecosistema del

34 “Evroski pokret Srbjia” sito web, http://www.emins.org/sr/aktivnosti/projekti/dunav 35 Brown Danube: How Belgrade's sewers taint Europe's famous river, “AFP”, 16/09/2020 RTL Today - Sewage dump: Brown Danube: How Belgrade's sewers taint Europe's famous river

fiume potremmo immaginare quello che accadrebbe se una nostra città delle dimensioni di Genova riversasse la sua produzione fognaria direttamente in mare. In termini numerici si tratta di una massa di rifiuti pari a 190 milioni di metri cubi che la città di Belgrado “tratta” per liberarsene; la conseguenza è che il fiume presenta una concentrazione di particelle batteriche ordinariamente superiore a quella consentita per rispettare i parametri di sicurezza (500 microgrammi per litro).36 Purtroppo, le più recenti rilevazioni hanno fatto emergere nuovi aspetti dell’inquinamento delle acque, quanto meno ancora non considerati negli studi del decennio precedente. Uno studio presentato nel maggio del 2019 dall’Università di New York, indica il Danubio come il primo fiume nel continente per inquinamento37, portando l’attenzione sulla contaminazione del fiume derivante dall’uso di antibiotici. La metà delle 14 sostanze ricercate dagli studiosi americani sono risultate eccedenti la soglia di rischio per la salute. Il ritrovamento della presenza invasiva delle microplastiche nelle acque marine ha indotto i ricercatori a verificare la loro presenza a monte, lungo il corso dei fiumi. Uno studio austriaco del 201538 sottolinea come la stessa Austria riversi nel Danubio una notevole quantità di microplastiche (circa 40 tonnellate di polietilene e di polipropilene). Secondo questo stesso studio, la quasi totalità della materia plastica rinvenuta nelle misurazioni è dovuta a residui provenienti da inondazioni, trasporto eolico, fognature e rifiuti. Apriamo una parentesi per dare una breve descrizione delle microplastiche. Con questo termine si intendono piccolissime particelle di plastiche, con una dimensione che varia da poco meno di un millimetro fino alla dimensione di pochi micrometri (un millesimo di millimetro). Queste particelle derivano dal decadimento naturale di oggetti di plastica, nell’ambiente liquido rimangono in soluzione come una poltiglia in sospensione che può ricordare i microorganismi già presenti nell’acqua; proprio per questa ragione vengono spesso scambiate per cibo dalla fauna ittica del fiume ed inghiottite.39 Dieci anni dopo anche la presenza di pesticidi e di fertilizzanti, provenienti dalle lavorazioni agricole, viene confermata in misura eccessiva con il risultato di provocare nel fiume un’asfissia degli organismi viventi e di converso una maggiore crescita delle alghe. Parliamo di una presenza ancora superiore ai limiti di queste sostanze nonostante che Ivan Zavadsky, esperto della commissione internazionale per la protezione del bacino fluviale del Danubio, sostenga come negli ultimi vent’anni si sia accertata una lenta ma graduale diminuzione della percentuale di presenza di

36 Daniel Harries 'Disaster' in the Danube as the river continues to be polluted, 18/09/2020, https://newseu.cgtn.com/news/2020-09-18/-Disaster-in-the-Danube-as-the-river-continues-to-be-polluted- TRIVMNBsI0/index.html 37 Danube is most polluted river in Europe, shows new global study, “Kafkadesk”, 30/05/2019, Danube is most polluted river in Europe, shows new global study (kafkadesk.org) 38 Pilotstudie zu Plastik in der Donau, “Nationale und internationale Wasserwirtschaft Bundesministerium Landwirtshaft, Regionen und Turismus”, 14.09.2015, Pilotstudie zu Plastik in der Donau, bmlrt.gv.at 39 La plastica rischia di soffocare il Danubio, “SkyTG24”, 14/11/2016, La plastica rischia di soffocare il Danubio | Sky TG24

sostanze come il fosforo (50% in meno)e l’azoto (20% in meno).40 Più in generale la situazione sembra aggravarsi sempre di più, man mano che si procede da monte allo sbocco del Danubio nel Mar Nero. Austria e Ungheria hanno investito fondi europei in opere di risanamento in favore della preservazione dell’ambiente. È molto conosciuto ad esempio il moderno impianto di depurazione delle acque adiacente alle rive vicino al ponte Rákóczi di Budapest. Purtroppo, la stessa iniziativa non ha coinvolto altri paesi più a valle come la Romania, la Bulgaria e la stessa Serbia. Proprio nell’anno in corso il livello di inquinamento dell’aria e dell’acqua, complessivamente sono valsi a “guadagnare” per la Serbia la prima posizione europea come paese maggiormente inquinato. Se torniamo alla centrale termoelettrica a carbone di Kostolac, troviamo che nulla è stato predisposto per ridurre il suo impatto sull’ambiente, tanto che, allo stato attuale è stato misurato che le emissioni di anidride solforosa di una sola delle due sue centrali sono più alte di quelle emesse dalla totalità di tutti gli impianti dello stesso tipo presenti in Germania.41 Le parole di commento con cui il presidente Aleksandar Vučić ha colto questa notizia danno un immagine impietosa sull’importanza che la classe politica serba attribuisce al problema ambientale: egli infatti ha affermato che era una buona notizia perché indicava che il tenore di vita dei serbi si stava alzando.42 Le testimonianze raccolte in questa breve rassegna di fonti recenti sottolineano in modo uniforme come il governo serbo non abbia in alcun modo provveduto ad attuare le misure e gli ammodernamenti infrastrutturali che avrebbero permesso l’inizio di un percorso di miglioramento della situazione ambientale, posponendo la realizzazione di questi propositi al 2029. Il caso dei lavori per la costruzione del depuratore di Veliko Selo può essere illuminante: il vicesindaco di Belgrado, Goran Vesić, aveva già annunciato43 un’apertura dei cantieri per l’autunno del 2019. Era stato preso un accordo per dare avvio alle attività con una compagnia cinese, tuttavia i fondi non sono mai stati stanziati. Uguale sorte hanno avuto i lavori per altri due impianti, 44a Batajnica e Ostružnica, quest’ultimo sulla Sava. Rimane quindi sulla carta un piano di risanamento nazionale che prevede la creazione di impianti di depurazione e sistemi fognari per settanta centri urbani; la sua realizzazione prevede un impegno economico di oltre 5 miliardi di euro che al momento non sembrano di facile reperimento. Queste mancanze per altro costituiscono uno degli ostacoli ad un prossimo eventuale ingresso della Serbia nella Comunità

40 Smart Region, Ivan Zavadsky's talks the Danube River, “Euronews” YouTube, 25/04/2019, https://www.youtube.com/watch?v=zCFt19iswp8YouTube 41 Serbia, l’impegno sul clima è un disastro: +15% di emissioni, “Rinnovabili.it”, 12/06/2015, Serbia, l’impegno sul clima è un disastro: +15% di emissioni (rinnovabili.it) 42 Serbia, tra ambizioni europee e inquinamento delle acque, “Rinnovabili.it”, 17/09/2020, Inquinamento delle acque: così la Serbia condanna il Danubio (rinnovabili.it) 43 Danube polluted with faeces in Serbia, Romania, Bulgaria, “Balkan Green Energy News”, 12/08/2019, Danube polluted with faeces in Serbia, Romania, Bulgaria (balkangreenenergynews.com) 44 Construction of first wastewater treatment facility in Belgrade under way, “Balkan Green Energy News”, 08/03/2017, Preparation begins for construction of wastewater treatment facility in Belgrade (balkangreenenergynews.com)

Europea.45 Si può pensare che come in un circolo vizioso il mancato ingresso contribuirà a mantenere per la Serbia la difficoltà di recuperare i fondi necessari.

2.3 L’eredità della guerra, inquinamento e uranio impoverito

L’effetto sull’ambiente prodotto dai conflitti bellici è stato preso in considerazione e studiato solo in questi ultimi decenni. Questo ritardo è dovuto ad alcuni fattori che hanno indotto il pensiero comune a non associare la guerra e il danno ambientale. Partiamo dal fattore storico: i conflitti nei secoli passati si traducevano per lo più in danni agli eserciti, alle popolazioni ed alla proprietà. Questa affermazione risulta veritiera sino agli inizi dell’Ottocento; se prendiamo in considerazione le guerre napoleoniche, lo spostamento di grandi masse di combattenti, i limiti della logistica e l’utilizzo di strategie come quella della terra bruciata nella campagna di Russia, possiamo sicuramente intuire il peso che queste campagne militari hanno avuto sugli ambienti che ne sono stati attraversati, anche se non possiamo avere una documentazione precisa e della misurazioni su questi effetti. Con lo sviluppo della tecnologia, dell’industria, dei macchinari e conseguentemente anche con l’aumento dell’efficacia distruttiva delle armi i danni sono via via, costantemente aumentati. A partire dalla seconda metà del Novecento si afferma il concetto di guerra totale, idea che contiene al suo interno la considerazione che qualsiasi elemento facente parte dello scenario bellico entra nel calcolo strategico del conflitto: se le foreste del Vietnam avvantaggiavano le imboscate dei guerriglieri vietcong, le stesse foreste diventano un nemico da abbattere ed eliminare, se le colture agricole alimentano il nemico diventano un bersaglio. Per questa ragione vengono utilizzati defoglianti su larga scala che uccidono vaste zone di foresta vietnamita e rendono parti del delta del fiume Mekong un deserto di fango. Prendiamo in considerazione la prima guerra del Golfo (1990/91): in questo conflitto l’impatto distruttivo delle armi utilizzate sull’ambiente è ancora maggiore ma accanto a questo diventano molto evidenti anche i danni secondari causati dal conflitto: gli attacchi alle raffinerie e agli impianti di estrazione del petrolio provocano il riversamento di milioni di tonnellate di greggio nelle acque del Golfo Persico, con danni immensi alla flora e alla fauna di tutte le sue coste.46 In questa triste scrittura merita una citazione anche la guerra del Kosovo condotta nel 1999, poiché in questo conflitto si aggiunge un altro tipo di danno oltre a quelli già conosciuti citati. La NATO intervenne nel marzo di quell’anno ufficialmente con l’obbiettivo di fermare le violenze serbe sulla minoranza albanese del Kosovo. La NATO ha dichiarato di eseguire bombardamenti “mirati”,

45 Pietro Aleotti, SERBIA: Danubio, il gigante malato, “East Journal”, 22/10/2020, SERBIA: Danubio, il gigante malato - East Journal 46 Salvatore Santangelo, La sporca guerra: conflitti e ambiente “Limes”, Limes online 9/12/2009, La sporca guerra: conflitti e ambiente - Limes (limesonline.com)

con l’obbiettivo di causare meno danni possibili alla popolazione e all’ambiente e con la finalità di favorire una rapida resa del paese. Per questa ragione vengono selezionati obbiettivi sensibili per l’economia e la gestione del paese; i bombardamenti si sono concentrati su fabbriche, centrali energetiche, raffinerie di petrolio e sistemi di comunicazione. Purtroppo, sono finiti sotto i bombardamenti anche ponti, ospedali, ambasciate e altre strutture. Le industrie e le raffinerie colpite nei pressi del Danubio hanno riversato grandi quantità di rifiuti tossici nel fiume, creando danni ambientali enormi, lo stesso è accaduto per installazioni nei pressi di parchi naturali. Un altro tipo di inquinamento provocato dalla guerra deriva dalla fuga e dall’ammassarsi di sfollati che vengono concentrati in località non attrezzate a una tale sollecitazione, gravando sulle amministrazioni locali che si sobbarcano l’onere, per quanto possibile, del primo aiuto. In questo conflitto viene inoltre utilizzato, come era già accaduto in precedenza nella guerra del Golfo e in quella in Bosnia ed Erzegovina, l’uranio impoverito. Questo composto deriva dallo scarto di lavorazione dell’arricchimento dell’uranio utilizzato per le centrali nucleari o per armi atomiche. Il materiale viene installato sulla punta dei missili o di proietti anticarro, esso crea all’impatto con il corpo contro cui si schianta, un danno ulteriore, generato dall’esplosione della lega di uranio impoverito. Questo potenziamento dei tradizionali proiettili anticarro è particolarmente efficace contro le corazze dei mezzi pesanti, poiché assicura un maggior successo nella loro penetrazione. L’alta radioattività e tossicità del materiale ha effetti anche sulla salute dei soldati colpiti, e può provocare una morte più o meno rapida a seconda dell’esposizione alle polveri che derivano dalla frantumazione dei proiettili. Nella relazione sulla guerra del Kosovo, prodotta dal gruppo di ricerca coordinato da Pekka Haavisto, la presenza dell’uranio impoverito nel conflitto non viene negata né confermata. La NATO, dal canto suo, non ha fornito al gruppo di Haavisto chiamato Balkans Task Force la mappa dettagliata di dove e quanto materiale bellico dotato di uranio impoverito fosse stato usato per colpire i bersagli. Le risultanze a vent’anni di distanza dimostrano che gli effetti prodotti dall’uso di questo tipo di armi non solo hanno provocato danni all’ambiente, ma hanno provocato un aumento sensibile dei tumori nella popolazione vicina alle zone dei bombardamenti. Anche soldati italiani che facevano parte dei contingenti mandati in quella regione con la finalità di mantenere la pace dopo il conflitto bellico sono tornati in patria ammalati di tumore. Un gruppo di avvocati ha cercato di aprire un contenzioso legale contro l’Alleanza Atlantica con il fine di un riconoscimento e un risarcimento per i danni da guerra. La causa sembra avere scarso appoggio politico sia interno che esterno e perciò basse speranze di essere vinta. In questo contesto, la Nato si è difesa dicendo che nessuna legge internazionale vieta l’uso di queste armi e che le industrie serbe inquinano molto più di quanto non abbia fatto il conflitto. La relazione di Haavisto descrive una situazione ambientale già compromessa prima dell’evento bellico. La Federazione Iugoslava, dagli anni ’50 agli anni ’70 aveva avuto una forte crescita

economica fondata su uno sviluppo che sfruttava le risorse presenti e creava un forte inquinamento. Sicuramente tuttavia la distruzione dei siti industriali ha ulteriormente gravato sull’ambiente, infliggendo ulteriori ferite.47

47 Cfr. The Kosovo Conflict – Consequences for the Environment & Human Settlements, Unep/Unchs, 1999

Capitolo 3

3 Interviste sul campo

Nel corso della mia esperienza ho lavorato presso il Centro Europeo di Pace e Sviluppo istituito dalle Nazioni Unite con sede a Belgrado, ora autogestita dal suo comitato di direzione. Il suo apporto economico è generato attraverso percorsi formativi che il personale dell’associazione offre a studenti e a persone che lavorano nel campo delle relazioni internazionali. Questo centro ha la finalità di approfondire il tema dei rapporti tra i diversi stati balcanici e studiare l’influenza che le diverse confessioni religiose presenti in quell’area hanno sui rapporti tra le etnie e sulla loro politica. Grazie anche ai contatti che il centro aveva con gli esponenti del mondo politico serbo, mi è stato possibile organizzare degli incontri con Simon Ilse, direttore della fondazione Heinrich Böll Stiftung di Belgrado, Ivan Karić, leader dei Verdi serbi e Ljubinko Rakonjac, vicesegretario del partito Verde serbo, al fine di porre loro una serie di domande sulle proposte che la formazione ecologista serba avanza come progetto elettorale, nonché sulle criticità e difficoltà con cui il partito Verde serbo deve confrontarsi nel contesto attuale. Tutte le personalità che ho contattato hanno confermato una disponibilità ad essere intervistate e hanno fornito nel corso degli incontri elementi importanti e chiari per meglio comprendere l’attuale situazione sociopolitica che la Serbia sta attraversando e come si declina la politica Verde in questo contesto.

3.1 Intervista a Simon Ilse del 22/10/2019

Nella prima parte dell’intervista Simon Ilse mi spiega quale ruolo abbia l’organizzazione da lui coordinata nel panorama politico della regione dei Balcani occidentali. La Heinrich Böll Stiftung è la fondazione tedesca direttamente collegata con il partito Verde tedesco che si occupa di portare contributi ideativi politici in Germania e in altri 33 paesi, promuovendo nei suoi contatti uno scambio culturale, un dibattito e un confronto sulle prospettive ambientali che possono essere percorse nei diversi contesti. Nella Repubblica Federale, per legge, tutti i partiti che sono entrati per almeno due volte nel parlamento ricevono i finanziamenti per aprire e sostenere delle fondazioni che si occupano di promuovere la loro cultura politica. Negli anni Novanta in Germania il partito Verde comincia a raccogliere consensi significativi e nel 1997 può aprire la sua fondazione per la diffusione delle idee e della cultura ecologista. Lo stesso Ilse ammette che, se per un verso queste fondazioni hanno il lodevole ruolo di migliorare e implementare il dibattito politico nei diversi paesi in cui si insediano, per un altro si espongono alla naturale critica che la loro presenza e il loro operato si connoti come una forma di soft power tedesco in quei contesti, sostanzialmente una consulenza e una collaborazione costruttiva e lecita alla loro vita politica, ma che comunque si traduce in una reale influenza. Chiedo

come prima cosa a Simon Ilse se la sua fondazione stia in qualche modo contribuendo al processo di democratizzazione e di miglioramento della situazione ambientale della Serbia e se ha contatti diretti con il governo. Ilse mi risponde che non ci sono contatti strutturati e continui con il governo serbo, ma solo occasionali, come è avvento in occasione della recente visita di un parlamentare Verde tedesco ricevuto dal presidente Vučić; esistono contatti informali con un consigliere tedesco del presidente, capace di parlare bene il serbo, che coordina le politiche economiche tra Serbia e Germania. Ilse conferma che la fondazione si stia impegnando a contribuire al processo di democratizzazione e alla costruzione della sensibilità ambientale, tuttavia queste azioni non vengono svolte direttamente dalla sua fondazione ma attraverso società partner, ONG e piattaforme social come “Inicijativa Ne davimo Beograd” (movimento politico locale che è sorta in occasione delle proteste contro il “Water Front” (un nuovo quartiere nel centro di Belgrado sulla riva della Sava che è stato costruito con un architettura moderna e una mole imponente, sostituendo quartieri storici e rovinando lo skyline naturale). Un altro partner è “Coalizione 27”, una ONG che fa dei report sullo stato dei requisiti fondamentali per l’adesione all’UE. Il direttore della sede serba della Heinrich Böll Stiftung mi spiega che hanno avuto contatti con il ministro dell’ambiente e con il ministro dell’energia del governo serbo. È emerso, a suo avviso, un forte e chiaro conflitto tra i due ministri sulla prossima politica strategica di produzione energetica: il contrasto nasce intorno alla possibilità di mantenere o modificare la tradizionale scelta di produrre energia bruciando lignite. Interrogo Ilse sulla sua percezione rispetto al grado di consapevolezza raggiunto dalla popolazione serba sulla questione ambientale. Ilse mi dice che, a suo avviso, il livello di percezione dell’esistenza del problema ambientale è ancora molto basso in Serbia, ma non assente. I cittadini hanno dimostrato di tenere alla salute dei fiumi contestando la costruzione e l’utilizzo delle centrali idroelettriche. Benché queste centrali permettano di ottenere “energia pulita”, di fatto la loro dislocazione sta compromettendo l’equilibrio ecologico dei fiumi, ostacolandone il flusso naturale. Sono emersi inoltre evidenti fenomeni di corruzione e di mala gestione dei pochi fondi destinati alla costruzione di questi complessi produttivi e di fonti di energia rinnovabile, che, ad una valutazione finale, risultano anche essere poco efficienti. Alla domanda se il presidente serbo si impegni sulle politiche per l’ambiente e favorisca un’economia circolare Ilse risponde con sicurezza che questi temi non sono in alcun modo nelle corde del governo. Egli riferisce che il ministro per l’ambiente, Irena Vujović, appare del tutto isolato all’interno della compagine governativa; dovrebbe trovare una sponda nel ministro per l’energia Aleksandar Antić, ma quest’ultimo nonostante abbia nella sua esperienza avuto la possibilità di conoscere il settore dell’energia eolica, di fatto non ha dato alcun impulso all’utilizzo delle fonti rinnovabili, dando solo qualche contributo sulla digitalizzazione delle aziende del settore pubblico. Ilse sottolinea come di fatto per il governo serbo manchi completamente un’agenda Verde: rimane ad

esempio aperta la questione spinosa delle centrali a carbone: tra le dieci centrali più inquinanti del continente, nove sono concentrate tra Serbia e Bosnia. L’unica novità al momento sembra essere costituita dal futuro approvvigionamento di gas che potrà arrivare dalla Russia o dall’Azerbaijan, attraverso i gasdotti. Il mio intervistato mette in risalto però come di primaria importanza risulti aumentare tra la gente una consapevolezza dell’urgenza del problema ambientale, nonché dei pericoli ad esso correlati. Egli auspica che una maggiore consapevolezza possa riflettersi in un governo meno corrotto e più incline a realizzare effettive politiche ambientali. Facendo un paragone con quanto avviene attualmente in Germania, Ilse illustra come nel suo paese la modernizzazione dello Stato e il cambiamento in senso ecologico della produzione energetica, hanno di fatto incrementato il mercato del lavoro, direzione che potrebbe potenzialmente essere presa alche in Serbia se fosse presente una maggiore sensibilità per l’ambiente. Purtroppo invece prevalgono ancora le necessità legate al benessere materiale, le priorità sono il lavoro e il salario, situazione sintetizzabile nel modo di dire inglese bread and butter issue. Sono curioso di sapere se secondo lui le giovani generazioni sono del tutto coinvolte e omologabili a questa mentalità. Ilse mi spiega che purtroppo è così, nel senso che i giovani sono molto sfiduciati poiché non si aspettano che il governo faccia la sua parte e mantenga le sue promesse. Egli descrive inoltre come la situazione economica generale dei giovani sia peggiore di quella di cui potevano godere i genitori durante il periodo socialista della Iugoslavia unita. Di fatto il paese sta perdendo popolazione, il governo se ne accorge, cerca di migliorare la sua immagine, ma non ci riesce. La maggior parte dei lavori vengono offerti dalle istituzioni pubbliche e per accedervi molto spesso è necessario l’iscrizione al partito del presidente. Siamo lontani da ciò che desidererebbero i giovani, come ad esempio una valorizzazione lavorativa in base agli interessi e ai meriti, inoltre lo Stato non aiuta le famiglie a sostenere i costi dell’istruzione. Quando chiedo a Ilse cosa ci si possa aspettare dalle imminenti elezioni politiche del 2020, egli sconsolatamente afferma che purtroppo non ci si potrà attendere nulla di nuovo: il partito Verde è molto debole e ancora poco radicato nella società serba, al contrario il partito del presidente è bene organizzato e presidia in modo capillare tutti i territori del paese. La sua unica speranza riguarda la possibilità che ci possa essere qualche piccolo risultato in qualche distretto grazie anche all’aiuto, da loro fornito, sulla divulgazione dei contenuti e dei progetti ambientali. L’unica alternativa all’attuale governo potrebbe essere quella data dall’opposizione che però con ogni probabilità boicotterà le elezioni astenendosi da una partecipazione diretta. Porto poi l’attenzione del mio interlocutore sulla possibilità che la Serbia possa acquisire i criteri minimi per ottenere un ingresso nell’Unione Europea. Su questo aspetto Ilse ha un’idea sufficientemente chiara: a suo parere per questo paese sarebbe prioritario risolvere almeno una parte degli ostacoli economici, organizzativi, gestionali che impediscono il raggiungimento di una discreta qualità della vita. I recenti conflitti che hanno coinvolto tra loro le regioni della ex

Iugoslavia hanno avuto l’effetto negativo di inibire gli scambi commerciali nell’area, indebolendone le economie. Secondo Ilse sarebbe fondamentale che si ricrei una sinergia commerciale ed economica tra i paesi dell’area dei Balcani occidentali; su base di una migliore collaborazione economica e istituzionale tra i paesi della ex Iugoslavia potrebbe portare ad un miglioramento della situazione generale, liberando così energie da volgere verso la politica ambientale. In quest’ottica l’inclusione di tutta la zona nell’Unione Europea richiederà un periodo molto lungo, rimanendo per il momento un obbiettivo secondario rispetto alle più urgenti necessità di una ristrutturazione generale. Approfitto della disponibilità del mio ospite per porgli una domanda sul rapporto tra il partito Verde e le industrie automobilistiche in Germania. Ilse mi spiega che c’è un dialogo continuo tra i rappresentati dell’organizzazione che riunisce i maggiori marchi automobilistici tedeschi ed i vertici del partito Verde. In questo confronto è emerso quanto sia importante per l’industria tedesca la stabilità del quadro politico che permette di fare progetti a lungo termine. In questo caso, il progetto più importante consiste in un accordo di mediazione sulla modalità di produzione energetica nei prossimi anni; è risultato evidente quanto sia impossibile rinunciare da subito alle centrali a carbone rimaste, d’altra parte però non si deve perdere tempo per cercare di investire sulle fonti rinnovabili ed eventualmente sull’utilizzo del gas, inquinante, ma con un minore impatto sull’ambiente. Egli poi passa a sottolineare l’importanza che in tutti paesi, a livello globale vengano adottate normative per il rispetto dell’ambiente, nel settore del trasporto, sempre più vincolanti, norme che stanno costringendo le industrie automobilistiche ad adattare i loro prodotti su standard sempre più compatibili con il rispetto dell’ambiente. Egli parla anche della soluzione offerta dalla modalità di utilizzo degli automezzi detta car sharing: utilizzare l’autovettura solo quando serve potrebbe permettere di produrre meno macchine, e anche di utilizzarle meno.

3.2 Ivan Karić intervista 24/10/2019

Ho raccolto questa testimonianza da Ivan Karić, intervistandolo personalmente presso la sede del Ministero della Protezione Ambientale presso Novi Beograd, grazie anche alla mediazione e ai contatti che mi sono stati offerti dagli operatori del Centro Europeo di Pace e Sviluppo, che ringrazio particolarmente per aver semplificato molto la procedura per ottenere quest’incontro. Ho voluto iniziare questo dialogo con Ivan Karić partendo dalla posizione politica che il partito Verde serbo ha preso nel contesto parlamentare di questo paese. Karić mi conferma che i Verdi serbi vogliono continuare la già sperimentata alleanza con il Partito Socialista, questa collaborazione verrà infatti mantenuta anche per le prossime elezioni parlamentari e municipali, che avranno luogo nel giugno 2020. Non solo, Karić mi spiega che l’alleanza con i socialisti è sentita come strategica per

portare un concreto contributo Verde alle scelte politiche del governo. L’impressione è che Karić veda una buona complementarietà e compatibilità tra le idee socialiste e quelle Verdi, mi spiega tra l’altro che si sta lavorando alla creazione di una scuola di formazione di stampo “rosso-verde” che possa approfondire, analizzare, meglio comprendere la situazione e i bisogni della popolazione al fine di formare i nuovi quadri sia socialisti che Verdi. Quando chiedo a Karić quando verrà realizzata questa scuola di formazione, egli mi spiega che in Serbia, data la condizione ancora problematica dell’economia e della capacità produttiva nazionale, non è semplice perseguire questi obbiettivi. La domanda più pressante ed urgente che viene dall’elettorato ha a che fare soprattutto con il miglioramento delle condizioni economiche ed il raggiungimento di un minimo di benessere. Karić sottolinea che proprio su questi argomenti fanno leva i partiti di destra, d’altro canto anche la sinistra estrema fa perno sulla presunta incapacità di raggiungere questi obbiettivi fondamentali. Non ostante questo, Karić è assolutamente convinto che il partito Verde abbia una serie di proposte molto concrete e percorribili per raggiungere questo risultato e, al tempo stesso, non perdere di vista un buon rapporto con l’ambiente. Il leader dei Verdi mi spiega, a questo proposito, come siano state elaborate dai suoi collaboratori e dagli attivisti Verdi le D.S.I.P. (Directive Specifique Implementation Plan), piani attuativi di riconversione e riqualificazione del patrimonio industriale e infrastrutturale che tengono conto dei vincoli posti dalla Comunità Europea per il rispetto dell’ambiente. Alla domanda su quanto la Serbia sia vicina al raggiungimento degli standard minimi per entrare nell’Unione Europea, il leader Verde mi risponde che il suo paese è sulla buona strada, egli sottolinea che devono essere attuate diverse importanti riforme del sistema economico produttivo. L’azione del suo partito si è ultimamente concentrata sulla questione del riciclo dei rifiuti, visto da Karić come il primo passo concreto per avviare un’economia circolare, indispensabile per il benessere del paese e il risanamento dell’ambiente. Proprio su questo versante sono stati ottenuti alcuni primi risultati, tuttavia il percorso è ancora molto lungo e la gente non ha ancora messo completamente a fuoco l’importanza di questa partita. La scelta dell’economia circolare, a suo modo di vedere è l’unica perseguibile, poiché egli si aspetta una prossima crisi del sistema produttivo capitalistico tradizionale che sarà presto insostenibile e dovrà cedere il passo, inevitabilmente, ad una politica economica di riutilizzo delle risorse. Come avevo già fatto con Simon Ilse chiedo anche a Karić quale grado di consapevolezza ambientale, a suo parere, abbiano raggiunto i suoi connazionali. Egli mi spiega che i suoi attivisti devono ancora confliggere con il radicato stereotipo del partito Verde radicale insito nella popolazione, tuttavia i suoi collaboratori stanno facendo il possibile per cambiare questa percezione del partito Verde. Mi viene detto che una nuova affermazione delle liste Verdi si sta verificando proprio nelle aree più inquinate e in quelle verdi protette; in queste zone l’impegno degli attivisti Verdi è massimo. Karić inoltre mette in evidenza come sia strategica la conoscenza che si sta

diffondendo circa la convenienza e la redditività di nuovi lavori basati su un approccio in sintonia con l’ambiente: dell’ecoturismo, dell’enoturismo, agricoltura biologica, parchi nazionali, centri benessere, o in generale ricavare denaro da zone pulite e protette e dalla natura. Secondo Karić è necessario fare un calcolo di cosa costa di più alla società, se l’inquinamento e conseguenti problemi alla salute o un ambiente pulito. Per questa ragione egli si dichiara del tutto contrario all’utilizzo degli OGM in agricoltura, favorevole invece al consumo di prodotti a chilometro zero e favorevole al riutilizzo delle ceneri come ingrediente per la produzione dell’asfalto. Chiedo allora quali indici di consenso abbia ottenuto il partito Verde in Serbia e il mio interlocutore mi spiega quanto sia necessario per il suo partito presentarsi in coalizione con i socialisti, poiché nella maggior parte delle regioni e dei municipi i Verdi non raggiungerebbero da soli la soglia del 5%, considerata soglia di sbarramento per poter ottenere una rappresentanza nel contesto politico. Quando chiedo a Karić se anche in Serbia il partito Verde ottiene i suoi migliori risultati nelle aree urbane, egli mi risponde con il caso emblematico della sua città natale: Obrènovac, uno dei centri urbani più inquinati della Serbia. In questa cittadina alle elezioni del 2008 dove si presentavano come i “Verdi di Obrènovac”, il consenso elettorale fu discreto, tuttavia nei dieci comuni limitrofi la sua lista non prese alcun voto. Lezioni come queste hanno fatto capire quanto sia importante creare cartelli, accordi, per arrivare ad una migliore diffusione delle idee e delle alleanze che permettano di contare su una base di consenso più ampio. Per questo motivo, egli mi spiega, i Verdi di Serbia sono in stretto contatto con gli altri partiti Verdi nei Balcani, specialmente quello macedone, quello rumeno, bulgaro e greco. Egli ricorda a questo proposito la sua esperienza in Grecia nel 2015 quando vollero supportare i Verdi greci presenti nella coalizione Syriza. Karić ricorda che quella fu un’occasione per crescere assieme, condividere gran parte delle problematiche ambientali ma anche lo stesso programma politico ed economico, soprattutto la stessa percezione agli occhi dei cittadini di cosa sia il partito Verde. Egli afferma che sia più facile comprendersi tra le formazioni dell’area balcanica e anche con quelli dell’area mediterranea; la sua sensazione è invece che i Verdi scandinavi non riescano a comprendere a fondo i problemi dell’area balcanica e mediterranea, nonché il ruolo che i partiti Verdi possono avere in queste aree. Chiedo a Karić cosa pensa di Zelena Stranka, formazione che si presenta con un logo simile a quello dei Verdi. Karić, quasi infastidito, mi risponde che in realtà questa formazione, come altre, non ha nulla a che fare il movimento Verde, questo genere di partiti rappresentano le minoranze etniche, pertanto hanno finalità diverse, e diversi vincoli di soglia per l’ammissione in parlamento. Cerco di comprendere meglio quali rapporti il partito Verde serbo abbia costruito con il potere e gli uomini che lo rappresentano, per questa ragione chiedo a Ivan Karić quale sia il sostegno della loro fazione politica verso un uomo come il presidente Aleksandar Vučić, sicuramente noto per le sue improvvide uscite rispetto alla problematica ambientale. Karić affronta questo argomento con

schiettezza e con termini piuttosto chiari. Nella sua spiegazione il partito Verde serbo partecipa ad una coalizione che sostiene il presidente Vučić; anche se nella politica reale di questo governo non c’è molto spazio per progetti ed iniziative di netto stampo ecologista, Karić ritiene che fare parte della squadra possa dare agli ideali e alle analisi ambientaliste una visibilità altrimenti non raggiungibile, egli dice che al momento il suo partito è troppo debole e troppo poco conosciuto per avere mire diverse da questa. Rimanendo sull’argomento chiedo al mio interlocutore cosa ne pensa dello scontro periodico tra il ministro dell’energia e il ministro dell’ambiente del suo governo. Karić sottolinea quanto siano usuali e ricorrenti questi conflitti in tutti i governi europei. Nel caso della Serbia, egli afferma l’obbiettivo prioritario che deve essere perseguito è quello dell’adeguamento del paese alle normative contenute nell’articolo 27, dal quale dipende la possibile ammissione della Serbia nell’Unione Europea in riferimento ai parametri ambientali. Egli appare soddisfatto rispetto al risultato che alcune norme della legge nazionale siano già state riscritte per un adeguamento a questi parametri e che l’attuale governo abbia stanziato finanziamenti più cospicui rispetto a quanto accaduto in passato. Tutto questo non sarebbe stato possibile rimanendo all’opposizione come partito “duro e puro”. Il segretario sintetizza il concetto dicendo: “se vogliamo fare qualcosa di grosso dobbiamo sporcarci le mani, tuttavia non possiamo sentirci puliti sapendo di non aver ottenuto nessun risultato”. Karić ricorda che nel 2012, quando fu eletto, fu il primo parlamentare Verde della Serbia e questo può essere considerato come un primo risultato positivo, rispetto alla lungimiranza delle sue scelte. Attualmente il leader Verde ha assunto il ruolo di segretario di stato, uscendo di fatto dal parlamento, lasciando questo incarico a Ljubinko Rakonjac, studioso e direttore dell’istituto forestale serbo. Faccio presente al leader serbo che durante la mia permanenza a Belgrado anche nel mio paese si discuteva circa la possibilità di introdurre una tassa sull’utilizzo della plastica, Karić accenna alle iniziative che anche in Serbia si stanno valutando su questo argomento: l’introduzione di una tassa è l’utilizzo di plastica riciclata per gli imballaggi commerciali. D’altra parte, in Serbia è già partito un processo per il riciclo degli olii esausti, delle parti elettroniche da smaltire e per altri rifiuti speciali. Conoscendo la biografia del mio intervistato, gli chiedo se abbia studiato estrazione mineraria per risolvere i problemi della sua città natale. Raccolgo, rispetto a questo, una conferma, dalla sua storia emerge come appena terminati gli studi egli si sia impegnato con associazioni non governative, ad analizzare, valutare e cercare proposte concrete per affrontare il tema dell’attività mineraria e dei suoi scarti nella città di Obrènovac. Nonostante gli ottimi contributi, al mio intervistato è chiaro che è stato possibile cominciare a dare delle risposte concrete per migliorare la situazione ambientale della sua città solo quando gli attivisti hanno smesso la forma di associazione e si sono costituiti in un vero e proprio partito. Per ricollegarmi a quanto raccolto nella prima intervista chiedo al segretario di stato

serbo quale sia la sua opinione rispetto alla fondazione dei Verdi tedeschi, presente a Belgrado con la finalità di analizzare la situazione ambientale in Serbia per affiancare e sostenere il movimento ambientalista locale. Karić mi fa capire che se pure l’intento che anima queste organizzazioni è lodevole, spesso i loro attivisti non sono in grado di formulare una buona analisi di quanto accade nella regione balcanica. Cita ad esempio il caso del partito Verde croato Održivi razvoj Hrvatske: fondato da un ex ministro della protezione ambientale e della natura e deputato del Partito Socialdemocratico, Mirela Holy, il partito dopo aver seguito i consigli della fondazione tedesca perse consenso alle elezioni nazionali del 2016. Nello stesso anno, in Montenegro, il partito di centro- sinistra fondato nel maggio 2012 dall'ex attivista ambientalista Darko Pajović, Позитивна Црна Гора, ha seguito i consigli della fondazione tedesca incontrando turbolenze interne e finendo nell’irrilevanza politica, perdendo tutti e sette i seggi guadagnati quattro anni prima. Al termine di queste due prime interviste mi balzano agli occhi differenze significative nei punti di vista e nei contenuti esposti dai miei intervistati. Ilse stenta a percepire cambiamenti significativi nella consapevolezza del popolo serbo rispetto al problema dell’ambiente, mi sembra inoltre che egli preferisca un intervento “movimentista”, sia rispetto al perseguimento di risultati, sia come strumento per migliorare il grado di consapevolezza della gente. Karić, al contrario, mette in evidenza, con soddisfazione i passi che sono stati compiuti nel suo paese, anche con il suo impegno personale, per affrontare il tema del miglioramento del rapporto con l’ambiente. Diametralmente opposta inoltre mi appare la sua visione rispetto allo strumento politico più opportuno per ottenere almeno primi risultati in Serbia: la forma partito appare a Karić come il naturale superamento del movimento, e come l’unico modo, in quella realtà, in grado di promuovere primi reali e visibili cambiamenti che possano aumentare la fiducia e le speranze della popolazione su questo tema. Mentre per Ilse non vi è ancora evidenza di una generale presa di coscienza ambientale, per Karić questa consapevolezza è già presente tra i suoi connazionali ed il partito con le sue azioni dirette deve solo maieuticamente aiutarla ad uscire ed esprimersi.

3.3 Intervista a Ljubinko Rakonjac del 24/10/2019 Al termine della sua intervista, Ivan Karić, mi offre la possibilità di avere un contatto con l’attuale vicesegretario del partito Verde serbo, Ljubinko Rakonjac, con la finalità di arricchire la mia raccolta di testimonianze e pareri sull’operato dei Verdi in Serbia. Non ostante i ristrettissimi tempi riesco a raggiungere presso il Parlamento Rakonjac, il quale molto gentilmente inizia col mettere in evidenza l’importante contributo che il piccolo partito Verde serbo sta dando ai lavori del governo. Il mio intervistato mi conferma di essere il secondo deputato Verde del Parlamento serbo, in carica al momento dell’intervista da 3 anni e mezzo con mandato fino alle più recenti elezioni del giugno 2020,

nelle quali è stato poi riconfermato come unico parlamentare Verde. Rakonjac mi spiega che il frutto del suo lavoro e del suo impegno politico parlamentare sarà visibile al termine del 2020 quando verranno definitivamente adottate, dal governo, delle norme per la salvaguardia dell’ambiente. Il mio intervistato mi spiega che i due parlamentari Verdi si sono espressi e hanno preso posizione ogni volta che queste leggi sono state prese in considerazione. Quando chiedo ulteriori precisazioni rispetto alla pertinenza di questi provvedimenti legislativi, Rakonjac mi dice che i provvedimenti hanno un buon numero di contenuti riguardanti il settore dell’ecologia: la legge forestale, la legge sull'acqua e quella che riguarda la protezione dall'erosione. Le conoscenze tecnico-scientifiche di Rakonjac gli hanno permesso di fornire un contributo molto significativo sia per quanto riguarda l’analisi e la presentazione dei problemi ambientali, sia per quanto concerne l’individuazione di opportune strategie correttive e quindi per la stesura conseguente del testo di legge. Rakonjac dice di essere intervenuto non solo nelle discussioni inerenti alle leggi ambientali, ma anche in altre udienze dove i Verdi serbi si sono impegnati a intervenire a proposito degli altri punti nel loro programma. Il deputato dei Verdi si è convinto, partendo dall’esperienza fatta nel corso dei lavori in Assemblea Nazionale, che strada facendo, altri parlamentari appartenenti a formazioni politiche alleate, ma anche a formazioni dell’opposizione, ascoltando le istanze e le analisi prodotte dai Verdi, non solo siano stati sensibilizzati verso questi problemi, ma abbiano cominciato a vivere un rapporto di simpatia e di comprensione per la causa Verde. D’altra parte, mi fa notare il mio interlocutore, alla fine parla di problemi che coinvolgono tutti. Pongo a Rakonjac una domanda sulla qualità dei rapporti con l’alleato Partito Socialista. Anche Rakonjac conferma un giudizio positivo della collaborazione con gli alleati, afferma che i socialisti hanno un buon programma sociale, creato anche per le esigenze delle persone comuni. Chiedo al mio intervistato come procede la realizzazione del programma e mi risponde che malgrado l’approccio positivo del resto del parlamento il numero esiguo di parlamentari Verdi rallenta molto l’attuazione del programma nella sua completezza, già con dieci deputati cambierebbe tutto. Come con Karić faccio l’esempio della vittoria dei Verdi nel contesto cittadino di Budapest e chiedo se il risultato elettorale potrà essere particolarmente promettente anche nella città di Belgrado. Mi risponde che tra l’attuale amministrazione della capitale e i Verdi serbi c’è una buona collaborazione, tuttavia manca ancora molto per rendere Belgrado una città pulita. Faccio un paragone con il partito Verde italiano che a differenza di quelli balcanici attualmente non si è aggregato a nessun partito grande in grado di sostenerlo, Rakonjac ribatte dicendo che l’obbiettivo è far sentire la propria voce anche in parlamento e questo risulta impossibile senza l’appoggio di un partito forte. Rakonjac spende anche due parole sull’investimento che il partito dell’ambiente in Serbia sta facendo sulle generazioni più giovani, attraverso la creazione di una sezione giovanile del partito, nella quale sia possibile fornire agli aderenti strumenti utili ad indirizzare il loro percorso di studi e le loro scelte

relative alla futura carriera lavorativa. Chiedo anche a Rakonjac che cosa ne pensi dell’attuale presidente e questi, mi risponde che sta cercando di tirar fuori la Serbia dai problemi che la affliggono, riferendosi in particolare alla migrazione dei giovani in paesi più ricchi per la ricerca di un salario migliore.

3.4 Conclusioni È interessante notare nel confronto tra le tesi descritte, nell’intervista dell’attivista tedesco per un verso, e nell’intervista dei politici serbi per l’altro, una sostanziale e strategica differenza. Per l’attivista tedesco l’azione politica Verde in Serbia dovrebbe preoccuparsi di mantenere il più possibile una sua chiara e distinta identità, concentrando il suo obbiettivo sulla ricerca di iniziative che possano aumentare la consapevolezza dell’elettorato relativamente ai problemi ambientali. Ilse non cita quasi mai il partito Verde serbo nel suo discorso e dà importanza esclusivamente alle iniziative “movimentiste” e all’azione di base dei Verdi serbi. La strategia descritta da Karić e Rakonjac è viceversa fondata sull’alleanza con il Partito Socialista Serbo. Nelle loro parole si intende che il Partito Socialista al governo possa funzionare per i Verdi come una locomotiva in grado promuovere le idee ambientaliste verso l’elettorato. La mia impressione è che Karić abbia sottinteso che non ci può essere un’attenzione e un amore per l’ambiente se questo non viene veicolato e sostenuto da un’azione di miglioramento della condizione economica dei serbi; in questo senso la scelta di quest’alleanza non sembra dettata per i Verdi solo da una mera convenienza. Queste considerazioni, maturate nel confronto della realtà balcanica con quella europea, possono essere interessanti se allargate alle scelte politiche strategiche del pensiero Verde a livello globale, pensando a quale possa essere la sua direzione nei contesti con un’economia emergente o povera. In queste nazioni mantenere una collaborazione diretta con chi governa può tradursi in iniziative visibili, utili ed in una progressiva maggiore sensibilità e conoscenza per il problema ambientale. Ci troviamo di fatto di fronte ad un movimento a due velocità, se non di più, a seconda del contesto nel quale le idee ambientaliste cercano di attecchire. Contesti economicamente più ricchi ed avanzati, nei quali l’azione Verde può progredire più velocemente, ponendosi obbiettivi più vicini nel tempo, e con la possibilità di misurarsi alla pari con i partiti di governo. Contesti economicamente disagiati o in via di miglioramento ma con la presenza di uno stato di sofferenza diffuso ad ampi strati della popolazione, nei quali l’avanzamento di una consapevolezza ambientale può progredire parallelamente ad un miglioramento delle condizioni di vita. Questa considerazione peraltro si è tradotta in accordi differenziati tra le nazioni che hanno aderito ai diversi protocolli sul clima; accordi che non riflettono solo differenze economiche e di ricchezza, ma anche di un differente stato sulla percezione del soddisfacimento dei bisogni primari.

Guardando con un occhio evolutivo il percorso storico del confronto e della lotta politica, sembra di intuire il passaggio di una progressiva e graduale presa di coscienza di tutte le diverse componenti che entrano a far parte del processo produttivo di beni e ricchezze. Si comincia dalla consapevolezza dei diritti e delle ragioni del proprietario dell’impresa, si arriva in seguito a tenere conto anche dei diritti e delle ragioni per i lavoratori, si giunge in fine a considerare l’esistenza delle necessità del contesto inteso come ambiente naturale. Se inizialmente vengono salvaguardati i diritti dei proprietari, si arriva poi a evidenziare lo sfruttamento e la sofferenza che ne deriva dei lavoratori, per arrivare ai nostri tempi a comprendere meglio le conseguenze dello sfruttamento e delle sofferenze della natura. Potremmo pensare che con l’avanzare delle conoscenze che derivano dal progresso scientifico si passi gradualmente dalla percezione di un dettaglio alla conoscenza progressiva dei vari elementi che concorrono nello sviluppo di un processo. Qualcosa di simile è avvenuta nell’evoluzione dell’idea sul collocamento della nostra specie nell’universo e per passare dal molto grande al molto piccolo nella concettualizzazione e nello studio condotto sulla materia e i suoi componenti. D’altra parte, possiamo notare una progressiva più accurata comprensione anche nelle discipline psicologiche e sociali: basti pensare come la psicoanalisi abbia modificato il concetto di mente e del suo funzionamento portando la parte consapevole e senziente della nostra mente dall’essere l’unico oggetto, ad una parte minoritaria di un insieme più vasto nel quale ogni componente gioca un ruolo forte ed importante nella determinazione finale del nostro comportamento. Sicuramente, anche nella politica, con l’avvento dei movimenti ecologisti, ci troviamo di fronte ad una “rivoluzione copernicana”. In passato la politica si è sempre occupata del rapporto tra categorie sociali, descrivendone e dettandone le abitudini, le convenienze e i rapporti di dominanza e sottomissione, con un focus totalmente centrato sul fattore umano. Per tutto questo tempo gli aspetti materiali sono stati presi in considerazione dalla politica solo come oggetto passivo: merci di scambio, ricchezze naturali, proprietà, territori nazionali. Solo quando le evidenze scientifiche e le prime prese di coscienza ricostruiscono una visione nuova del mondo in cui l’uomo è solo una piccola parte di un sistema molto più vasto e con un equilibrio dedicato, l’ambiente, i beni naturali cessano di essere visti unicamente come oggetto di scambio o di contesa umana e diventano soggetti nell’interazione complessiva di pari dignità ai soggetti umani. Per questa ragione possiamo ipotizzare che la visione ecologista cambia radicalmente il pensiero e la logica della politica, in maniera epocale. Su questi presupposti, nonché sull’evidenza dei limiti emersi nelle esperienze concrete di socialismo reale, molti pensano che mentre l’ottica socialista possa di fatto avere solo un ruolo di contenimento e di moderazione delle leggi del mercato, l’ambientalismo contenga al suo interno ragioni sufficienti per portare una critica radicale al modello di sviluppo fondato sul capitale ed una significativa spinta per arrivare ad imporre cambiamenti che in futuro potrebbero essere giudicati come propri di un modello

di organizzazione sociale e politica completamente diverso. Detto in altri termini, possiamo pensare che in un prossimo futuro le esigenze ed i limiti imposti dalle condizioni dell’ambiente siano tali da imporre un modello organizzativo e politico della società completamente nuovo e distante da quello attuale. Da questo punto di vista possiamo ipotizzare che se nel Novecento il socialismo costituiva il potenziale politico rivoluzionario delle società, nel nostro secolo questo ruolo sembra essere destinato all’ambientalismo.

3.5 Bibliografia

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