I Dipinti a Soggetto Musicale Realizzati Da Caravaggio Per Del Monte, Si

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I Dipinti a Soggetto Musicale Realizzati Da Caravaggio Per Del Monte, Si I dipinti a soggetto musicale realizzati da Caravaggio per Del Monte, si relazionano a tale contesto oltre che nella selettiva scelta icongrafica, nel taglio orizzontale della tela ove le figure aggettano verso il primo piano, sovente contrassegnato dalla presenza di un tavolo. Il liuto al di là della sua evidente funzione musicale diviene strumento emblematico dall’elevato potere seduttivo, tanto da determinare la consuetudine nobiliare di arredare «le camere e gli studi [...] d’instrumenti musici» e le stanze: «di liuti, viole, violoni, lire, flauti [...] perché questi tali instrumenti dilettano molto alle orecchie e ricreano molto gli animi i quali come diceva Platone, si ricordano dell’armonia» (Castiglione 1554) Gli strumenti musicali dunque, ricolmano le stanze dei palazzi in forma di camere delle meraviglie, sorta di piccoli musei privati atti a testimoniare un particolare interesse collezioni- stico, come riporta in proposito il Borghini: «figure di teste e di marmo antiche [...] molti pesci secchi naturali chiocciole di madreperla [...] liuti d’avorio e d’ebano, arpicordi, viuole» BORGHINI 1584, Intorno al 1580, molti dei musicisti fiorentini e romani11 solevano riunirsi in compagnia di gentiluomini e letterati, nel palazzo fiorentino del conte Giovanni Bardi di Vernio (1513-1612): qui dissertavano sulle possibilità di conoscere quale fosse l’antica musica dei Greci con l’intento di farla rivivere nei tempi moderni. Il liutista Vincenzo Galilei (1533-1591) aveva an- nunciato la sua scoperta degli Inni di Mesomede e composto a riguardo il Dialogo della musica antica e moderna (1581). La persuasione di quei dotti era che recuperando la melopea dell’antica poesia greca, fosse possibile ricusare le sofisticazioni del contrappunto; piegando la monodia verso una diligente recitazione. In tal modo sarebbe stata evidente la parola e il suo significato ampliato Nel comune entusiasmo per il supposto rinvenimen- to, il nuovo stile venne elaborato dai musicisti della Camerata, e cioè il cantore romano Giulio Caccini (1550-1618), il fiorentino Jacopo Peri (1561-1633) e il gentiluomo romano Emilio de’ Cavalieri (ca. 1550-1602). Quest’ultimo, vissuto per un decennio a Firenze, tra il 1590 e il 1595, co- me intendente generale delle belle arti, aveva tra l’altro presieduto all’allestimento dei famosi intermezzi del 1589, in occasione delle nozze del Granduca Ferdinando I con Cristina di Lorena; fin dal suo soggiorno fiorentino Emilio de’ Cavalieri aveva musicato, due favole pastorali di Laura Guidiccioni e cioè il Satiro e La dispersione di Fileno, la cui musica, non pervenutaci, era di stile monodico, pare non recitativo, ma largamente fiorito. Tornato a Roma de’ Cavalieri fece mettere in scena, nell’oratorio della Vallicella, fondato da san Filippo Neri, una Rappresentazione di Anima e corpo (1600) su testo del padre Agostino Manni, di stile severamente recitativo L’azione allegorica realizzò uno spettacolo edificante, dal profondo spirito religioso connesso alle origini stesse dell’oratorio, ma al contempo una rappresentazione altamente innovativa per il successivo sviluppo musicale. L’apporto del Cavalieri fu notevole per l’indirizzo essenzialmente monodico e armonistico della produzione musicale profana, gradualmente sempre meno segnata dall’influenza accademica di tipo ellenizzante della Camerata fiorentina. A questa va infine ricondotta l’espressione “recitar cantando”, usata in realtà per la prima volta dallo stesso Cavalieri nel titolo della Rappresentatione, in particolare nella dedica al cardinale Aldobrandini ove si specifica che l’opera e:̀ «posta in musica [...] per “recitar cantando”» Emilio de’ Cavalieri fu amico a Roma del cardinal Francesco Maria Del Monte, ambasciatore ro- mano del Granduca di Toscana, collezionista raffinato: appassionato di musica e suonatore dilettante, come risulta dall’inventario dei suoi beni, nella sua collezione figurano diversi strumenti musicali tra cui: È proprio Del Monte a «una muta di viole numero sei [...] un Arcileuto [...] cinque commissionare al Caravaggio i Chitarre diver-se [...] quattro leuti diversi [...] un cimbalo [...] dipinti a soggetto musicale, un organino dentro un legio di legno bianco [...] un chitarino destinati ad uno dei suoi [...] una cassa dove sono le viole» camerini Nominato, nel 1594, «capo della Congregazione deputata sopra il negotio della riforma del Canto fermo», che lo portò ad una frequentazione assidua con le personalità musicali del tempo Del Monte ebbe rapporti con i cantori della Cappella Sistina e dal 1622 protettore ufficiale della Congregazione dei Musici. Come rivela una lettera di Emilio de’ Cavalieri del 18 dicembre 1599 al Granduca di Firenze, il cardinale ospita (tra il 1595 e il 1601) nel suo palazzo il castrato, Pietro Montoya entrato nel coro della Cappella Sistina nel 1592. Il quadro si trovava nella prima stanza dell'appartamento nuovo in Palazzo Madama. Caravaggio frequentava la zona di San Luigi de’ Francesi, nelle vicinanze e aveva bottega nella zona un rivenditore di quadri conosciuto come maestro Valentino, in realtà Costantino Spada, forse greco di nascita che conosceva tanto Caravaggio che il suo amico pittore Prospero Orsi, conosciuto come Prosperino delle Grottesche. Fu grazie a Costantino che il potente cardinale poté conoscere Caravaggio. Scrive Giovanni Baglione: "E con questa occasione fu conosciuto dal Cardinale del Monte, il quale per dilettarsi assai della pittura, se lo prese in casa e havendo parte, e provisione pigliò animo, e credito, e dipinse per il Cardinale una musica di alcuni giovani ritratti dal naturale, assai bene...» Il cardinale intese imprimere su tela il clima culturale. della sua corte: l'opera infatti ritrae tre giovani in procinto di eseguire un concerto. Il giovinetto nudo a sinistra è una figurazione di eros ha le ali, ma anche una faretra: è una presenza significante: è estraneo al gruppo, ma allo stesso tempo sottolinea il clima erotico e e la tematiche musicalie dei primi dipinti del Caravaggio come Il suonatore di liuto dell'Ermitage. È possibile che i due quadri La Musica e Il suonatore, entrambi con cornice nera, si trovassero nella stessa stanza, un camerino da musica ad uso del Cardinale dove dovevano trovarsi gli stessi raffinati e costosi strumenti che dovevano essere gli stessi raffigurati dal pittore, un liuto, un violino ed un cornetto. Tanto il cardinal del Monte che il cardinal Montalto avevano assistito a rappresentazioni musicali in cui i giovani musici erano abbigliati alla classica, come Eros o Bacco o da cantori angelici; pertanto non è inverosimile che il pittore guardasse anche anche a spettacoli musicali realmente eseguiti a Firenze al cospetto del Granduca: " ...e per maggiore trattenimento fu dai musici di S.A., sempre nella circostanza del cardinal del Monte Montalto tutti vestiti da Ninfe et Pastori cantando in Musiche a tre cori" Nella copia si vede un madrigale a sei voci del musicista napoletano Pompeo Stabile, composto sul testo Ben può di sua ruina di Jacopo Sannazaro. Il sonetto allude al rovinoso volo di Icaro che, sordo agli ammonimenti del padre, muore precipitando in mare quando il sole scioglie le sue ali di cera. Il madrigale rappresenterebbe un monito morale. Dal carteggio di Giulio Mancini archiatra pontificio e collezionista, risulta che il 13 marzo 1615, viene spedita a Siena al fratello Deifebo,̀ una copia della Musica del Caravaggio, il mittente sottolinea che assieme al dipinto: «vi è un rotolo che è la Musica di quei giovinetti». Si arguisce come vi fosse una stretta relazione tra la musica dipinta e quella eseguita: è plausibile che il contesto in cui avvenivano queste esecuzioni private fosse estremamente ricercato. Alle monodie accompagnate dal liuto o da altri strumenti che facevano l’azione del basso o di accompagnamento spesso a più voci, era affidato un fine particolare e cioè di far rivivere, in un parallelismo evocativo dell’atmosfera in cui si esibivano gli antichi cantori il dipinto suggeriva dunque un modello estetico lasciandone memoria. Caravaggio, Suonatore di liuto Giustiniani, San Pietroburgo, Ermitage. Per quanto concerne il Suonatore di liuto la musica raffigurata nel libro in primo piano, è stta identificata: si tratta dell’inizio di quattro madrigali di argomento amoroso di Jacques Arcadelt (ca.1505-1568). Sorprende ancora oggi la precisione calligrafica con cui il pittore riproduce la scrittura musicale sopra un testo chiuso ove figura la parte di Bassus,; su questa poggia un libro aperto ove è trascritta la musica di quattro componimenti tratti dal Primo libro di madrigali a quattro voci del fiammingo Jacob Arcadelt. La trascrizione in chiave di basso presenta nell’ordine gli incipit dei seguenti madrigali: «Chi potrà dir quanta dolcezza provo / Se la dura durezza in la mia donna / Voi sapete ch’io v’amo anzi v’adoro / Vostra fui e sarò mentre ch’io viva» sul recto del foglio successivo si vedono, le due ultime note del primo pentagramma (SI semibreve, MI bemolle minima ed il custos sulla linea del FA indicante la prima nota del pentagramma successivo). Il libretto sotto la particella di Basso, reca l’indicazione in caratteri gotici Bassus, con specialistica precisione viene anche riprodotta la lettera iniziale “V” del terzo madrigale. Le note iniziali del secondo madrigale non si trovano all’inizio del pentagramma coperto dal violino, ma sono state situate solo nella parte visi- bile. In nessuna delle quarantatre edizioni conosciute dei madrigali di Arcadelt, i quattro madrigali si trovano nello stesso ordine nel quale appaiono
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