P. GAMBOGI, Soprintendenza Archeologica Della Toscana
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SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA: RICERCA E TUTELA DEL PATRIMONIO SOMMERSO di Pamela Gambogi L’occasione fornita da questo ciclo di conferenze, intitolate a Fabio Faccen- 1-2. - Populonia - LI. Relitto del na, può essere sfruttata per un bilancio consuntivo di alcune tappe segnate dal- Pozzino (II sec. a.C.). Parti del l’Istituzione preposta in Toscana alla tutela dei beni archeologici negli ultimi fasciame. anni di attività subacquea. Non va dimenticato peral- tro che il concetto di tutela non può essere scisso da quello di ricerca, poiché la prima non deve limitarsi a una rigida serie d’impedimenti e divieti, tanto sterili quanto pericolosamente orientati a chiudere in una sorta di “gabbia” un patrimonio che è, per sua stessa natura (giuridica ed etica), semplicemente di tutti. E la ricerca ha davvero poco senso se è disgiunta da un lato dal lavoro di conservazione, catalogazione e restauro, dall’altro dalla continua pubblicazione dei dati. Tenterò qui una sintesi il più possibile completa delle principali ricerche sottomarine e del lavoro che a esse è seguito con i limiti imposti dallo spazio con- cesso e con la consapevolezza di ripetere cose già dette e scritte in altre sedi che, tuttavia, riunite in un unico schema, possono facilitare la comprensione di una realtà territoriale ben definita (dove il mare è ele- mento prevalente) e l’approccio alle più recenti acquisizioni da essa pervenute. Si deve al Soprintendente Francesco Nicosia l’in- tuizione dell’assoluta necessità di costituire, agli inizi degli anni Ottanta, un gruppo subacqueo interno alla Soprintendenza che, sulla scorta delle conoscenze già acquisite in Toscana dalla precoce attività di Nino Lamboglia e Francisca Pallarès, cre- sce nel tempo, affianca- to da professionalità interne ed esterne al Ministero. Nascono da questa realizzazione le campagne sui relitti del Pozzino (1982 e 1989- 90, figg. 1-2) e di Cala Piccione (1993) a Populonia, di Giglio Porto (1984 e poi 1986-1988), le ricogni- zioni nelle acque del Giglio (1982) e in quel- le della Pianosa (1991- © 2004 Casa Editrice Edipuglia, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 77 Pamela Gambogi 92), e anche l’impulso dato a scavi e ricerche in concessio- ne, che portano alle campa- gne del relitto arcaico del Giglio Campese (1982-1985) e alle prime acquisizioni sistematiche su giacimenti diversi nelle acque della Gor- 3. - Secche della Meloria - LI. Il “Relitto della Torre”(metà III sec. gona (1990-1993), a opera di Mensun Bound. a.C.). Resti del carico. Fra il 1993 e il 1994 si realizzano i primi saggi di scavo nel bacino archeo- logico sommerso della Cala del Barbiere di Punta Ala, sulla costa grossetana di Castiglion della Pescaia, più tardi indagato sistematicamente, mentre di fronte alla costa di Livorno, sulle Secche della Meloria, nello stesso biennio, ricognizioni sistematiche portano al riconoscimento di ciò che resta di tre importanti giacimenti più volte segnalati alla Soprintendenza. Il 1995 ha segnato una battuta d’arresto nell’attività del personale subacqueo dell’Amministrazione, in attesa di una nuova e più controllata disciplina delle immersioni in servizio, poi raggiunta tramite decreti ministeriali ad personam, rilasciati dopo corsi o esami d’abilitazione. Il lavoro del Nucleo Subacqueo To- scano, fra i più numerosi in seno al Ministero, composto da sette elementi, tutti abilitati e di diversa professionalità, compresa chi scrive col compito del coor- dinamento, è ripreso soltanto nel 1998 con l’inizio dello scavo sistematico del “Relitto B” di Punta Ala e le ricognizioni su tutta la costa e nell’Arcipelago. La Soprintendenza si avvale in tutte le operazioni del supporto continuato dei Nu- clei Sommozzatori del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (Comandi Provin- ciali di Firenze, Pisa, Livorno e Grosseto) e dell’assistenza dell’Istituto di Ane- stesiologia dell’Università degli Studi di Firenze. Questa veloce cronistoria dell’ultimo ventennio era necessaria per introdur- re l’esposizione di alcune acquisizioni degli ultimi anni e per sottolineare che a Francesco Nicosia va riconosciuto il merito di avere compreso fra i primi la necessità di addestrare personale interno all’Amministrazione per la tutela e la ricerca del patrimonio sommerso e di averne permesso l’intensa e prolungata attività. Nell’esposizione che segue si sono selezionati, per ovvi limiti di spazio, solo alcuni interventi che hanno già condotto a risultati scientifici definiti e alcune operazioni di natura particolare che, derivando direttamente dall’espe- rienza del cantiere subacqueo, possono apportare qualche nuova conoscenza. A partire dal 1993-94 – e le ricerche proseguono a tutt’oggi – i bassi fonda- li delle Secche della Meloria, di fronte alla costa di Livorno, sono stati oggetto d’indagini archeologiche tendenti anche a valutare il livello dei danni provoca- ti dal saccheggio e dalla distruzione operati da organizzati predatori clandestini di tesori sommersi, a cui si sono aggiunti nel tempo i modesti prelievi dei sem- pre più numerosi subacquei sportivi. In particolare si è insistito allora sulla necessità d’iniziare un’indagine sistematica soprattutto in seguito alla consi- stente mole di materiali, di provenienza accertata dalle acque della Meloria, 78 © 2004 Casa Editrice Edipuglia, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Soprintendenza archeologica della Toscana: ricerca e tutela del patri- monio sommerso recuperata attraverso i sequestri della Guardia di Finanza di Livorno nei primi degli anni Novanta. Che le Secche della Meloria abbiano costituito un pericoloso punto di naufragio in tutti i tempi è un fatto semplicemente intuitivo e la letteratura ne conosceva, attraverso ritrovamenti anche clamorosi, l’importanza e la ricchezza come giacimento di relit- ti o di carichi perduti. Non erano però state condotte vere e proprie campagne di ricognizione sistematica finché una proficua collaborazione fra l’Università degli Studi di Pisa, Insegnamento di Topografia Antica, volontari dell’Archeosub di Livorno e il Nucleo Sub della Soprintendenza, con l’appoggio del Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Livorno, ha permesso di raggiungere, in tempi rela- tivamente brevi, alcuni significativi risultati. Oltre che sulle segnalazioni dei volontari si è lavorato sui 4. - Secche della Meloria - LI. Il dati del nostro Archivio Storico, nell’ambito di una “Relitto dei dolia”(I sec. d.C.). Par- ricerca globale sulle acque del livornese che ha permesso la realizzazione di ticolare del giacimento. due tesi di laurea, fatto questo di non poca importanza se si pensa alle scarse possibilità che si offrono ai giovani studenti che intendano dedicarsi alla ricer- ca subacquea. Si sono quindi identificati tre relitti, tutti a bassa profondità (la massima non supera i 4,5 m) ampiamente saccheggiati, danneggiati da vandalismi e dal moto ondoso delle violente libecciate della Meloria, relitti che pure hanno ancora fornito preziose indicazioni per la ricostruzione storica delle rotte e dei commerci di questo tratto del Mediterraneo nord-occidentale. Il relitto della Torre – 3 m di profondità – in stato di avanzata frantumazio- ne, oggetto di continuo saccheggio, di cui restano tredici grandi blocchi di frammenti ceramici ancorati al fondo da un rivestimento di solida concrezione marina (fig. 3); una campionatura del poco che sopravvive ha permesso comunque d’identificare un carico composto da due tipi di materiali ben defi- niti e omogenei fra loro. Anfore greco-italiche arcaiche e ceramica da mensa a vernice nera pongono così il naufragio della nave da trasporto intorno alla metà del III secolo a.C.; i frammenti anforacei (con bolli in lettere greche) recano ancora tracce di sostanza isolante e inseriscono la rotta della nave in quel flusso commerciale basato sull’esportazione del vino italico dal sud della penisola verso le coste della Gallia, e dei relativi serviti da mensa, già da epo- che ben precedenti a quella del dominio di Roma sull’intero Mediterraneo. Il relitto dei dolia – 4,5 m di profondità – di cui restano tracce costituite da una notevole concentrazione di orli, pareti e grappe in piombo a coda di rondi- ne per la riparazione delle fenditure. Resti del fasciame e parte di un’ordinata sono stati rintracciati recentemente durante un’immersione di controllo con limitato uso di sorbona. Un fitto strato di radici e una prateria di posidonia impediscono una più chiara visione della consistenza della nave oneraria, il cui naufragio può essere collocato nella prima metà del I secolo (fig. 4). © 2004 Casa Editrice Edipuglia, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 79 Pamela Gambogi A breve distanza dal relitto dei dolia, su un fon- dale di circa 4 m, giaccio- no gli imponenti resti di un carico di marmo bianco (undici grandi blocchi squadrati e un probabile 5. - Secche della Meloria - LI. Il fusto di colonna già lavorato) per un peso totale calcolabile attorno alle cin- “Relitto dei marmi”. quanta tonnellate (fig. 5). Non possiamo affermare con certezza che la nave lapidaria naufragata fosse d’età imperiale poiché non v’è più traccia di mate- riale associato nel carico, ma sappiamo che il marmo di Luni, trasportato verso la capitale e impiegato nell’edilizia a partire dall’età di Augusto, percorreva normalmente questa rotta. Le indagini subacquee della Meloria promettono ulteriori risultati ma cre- diamo che il metodo col quale sono state impostate -ricognizioni mirate, rile- vamenti sistematici, analisi e datazione dei materiali, copertura fotografica, rilievo grafico- abbia comunque già dato notevoli frutti e fornito alcuni primi dati scientificamente controllati; per non parlare dei punti fermi stabiliti nella redazione della carta archeologica subacquea di questo significativo tratto della costa toscana. Il che dimostra che anche un bacino archeologico plurisac- cheggiato e particolarmente esposto, se indagato correttamente, può offrire ancora materia di ricostruzione storica. L’impegno degli ultimi due anni si è riversato in buona parte nelle campa- gne di scavo del cosiddetto “Relitto B” che giace a una profondità di soli 4 m circa sui fondali della Cala del Barbiere di Punta Ala, in comune di Castiglion della Pescaia (GR).