Milano anni ‘50 - ‘60 Brera e l’innovazione a Milano
3 aprile 2019 ALDAI Gruppo Cultura BRERA, una presenza irrinunciabile
2
BRERA, una presenza irrinunciabile
Nel Palazzo di Brera a Milano hanno sede la Pinacoteca, la Biblioteca Nazionale Braidense, l‘Osservatorio, l'Orto Botanico, l'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e l'Accademia di Belle Arti fondata nel 1776 per decreto di Maria Teresa d’Austria.
La STORIA di Milano, dal Rinascimento ai domini austriaci e francesi, dalla distruzione ai nostri giorni coincide con lo sviluppo e l’evoluzione della Pinacoteca e dell’Accademia di Brera, anche se oggi il silenzio ha coperto il simbolo mitologico di «Marte pacificatore» del Monumento a Napoleone I ideato da Antonio Canova. (1809)
Fernanda Wittgens ricostruì Brera con Piero Portaluppi e Gualtiero Gulmanini e dal 1946 rinacque quella che oggi è l’istituzione milanese più ricca di storia, di cultura dell’arte e di luce oltre ogni tempo.
3
BRERA ……… devastata
4
BRERA, rigenerata ……. 9 giugno 1950
Il 12 febbraio del 1946 Ettore Modigliani è reintegrato nel suo incarico di soprintendente. Nel marzo dello stesso anno, Modigliani ribadisce al ministero: "Questo denaro non viene ad essere speso in lavori provvisori e di non permanente utilità" in quanto tali opere dovranno essere intese come il primo lotto di lavori della generale ricostruzione della "grande Brera"
Dopo quattro anni di fatiche e durissimo lavoro scientifico, tecnico, amministrativo, diplomatico e politico, il 9 giugno 1950 Fernanda Wittgens inaugura Brera davanti alle massime autorità dello Stato con un breve, vibrante discorso nel quale traccia la storia del cantiere braidense "comunione commovente" di tecnici, artigiani, operai che in quattro anni di lavoro a quotidiano contatto con la direzione avevano permesso il "miracolo" della ricostruzione.
5
BRERA, la lezione «totale» di Fernanda Wittgens
Antonio Greppi, sindaco di Milano liberata, ricorda nel suo volume autobiografico un incontro di fuoco con Fernanda, in quell'estate febbrile: "Non dette quasi all'usciere il tempo di annunciarla. E mi vidi davanti una donna diversa da tutte le altre. Un erudito classicheggiante avrebbe immaginato in lei 'Pallade-Athena': io pensai alla Walkiria. Il nome me lo ripetè lei, allungandomi la mano: 'Sono Fernanda Wittgens'" [Antonio Greppi, Risorgeva Milano (1945-1951), Comune di Milano, Milano 1982, p. 62].
6
BRERA, la lezione «totale» di Fernanda Wittgens Picasso 1953 al Palazzo Reale
7
BRERA si trasforma in Museo Vivente Ricostruire una cultura di civiltà
La sua visione è innovativa e propositiva : ricostruzione e ampliamento delle sedi museali sul territorio nazionale vanno sempre di pari passo con un costante impegno nell'aggiornamento personale e su quanto si faceva all’estero.
Una visione internazionale e la vita della Pinacoteca si anima con una serie di inediti eventi espositivi e didattici ….
«Il sogno umanistico dell'accordo di Arte, Lettere e Scienze che Maria Teresa e Napoleone realizzarono nella pietra viva di Brera è il nostro sogno e a quest'accordo la Pinacoteca di Brera vorrà portare un vivo contributo con le sue sale di esposizione, con il suo laboratorio di restauro e ricerche scientifiche, con un’attività didattica destinata al popolo (...) affinché il Museo finalmente aderisca al dinamismo della vita moderna, e la cultura estetica circoli come vivo fermento nella Società»
8
BRERA, una presenza irrinunciabile Il Museo ha accolto la scuola = Innovazione
9
BRERA, una presenza irrinunciabile Il Museo ha accolto tutta la bellezza
10
BRERA, una presenza irrinunciabile Il Museo potrebbe accogliere la bellezza …. di oggi = Progresso
11
BRERA, una presenza irrinunciabile La parola del silenzio
12
BRERA, una presenza irrinunciabile La parola del silenzio
13
BRERA, una presenza irrinunciabile Oltre la morte
14
BRERA, una presenza irrinunciabile Oltre il sogno
15
BRERA, sorgente di cultura e di benessere
Fernanda Wittgens non ricostruisce un «museo», ma ricostruisce la cultura, la speranza e l’educazione di una popolazione che aveva subito con la guerra un devastazione senza precedenti.
Fare Scuola nel Museo: investire nei giovani significa investire nel futuro del mondo
Sfilare nel Museo: la cultura italiana della bellezza e lo sviluppo economico trovano nel museo la loro naturale sede dimostrativa
Fare festa nel Museo: il museo come casa del popolo e della sua vita familiare e sociale
Sviluppare l’Economia con il Museo: il patrimonio artistico italiano fonte di lavoro e di promozione del made in Italy
16 Lo Studio di Fonologia della RAI
Studio di Fonologia della Rai di Milano, attivo dal 1955 al 1983 Lo Studio, progettato dal fisico Alfredo Lietti, aprì in Corso Sempione nel giugno del 1955, grazie ai musicisti Luciano Berio e Bruno Maderna, e rimase attivo fino al 28 febbraio 1983. Lo Studio si proponeva principalmente la produzione sperimentale di musica elettronica e la realizzazione di commenti e colonne sonore per la radio e la televisione.
17 Lo Studio di Fonologia della RAI Arte e scienza si ritrovano
Nuova musica oppure altro modo di fare musica?
Curiosità, sperimentazione oppure innovazione?
La nascente pratica dell’elettronica aveva coinvolto tutto lo spazio culturale per dare libero sfogo al desiderio di ricerca della sorgente del suono / musica.
Berio e Maderna cercano le origini del suono, reso visibile dagli apparecchi che possono mostrare il percorso oscillatorio della diffusione dell’onda sonora.
Donatoni e Xenakis cercano l’elaborazione sonora partendo da un generatore elettronico di suoni governato da un programma su computer
John Cage e Pierre Schaeffer registrano suoni dell’ambiente e li riproducono con alterazioni modulari ….. Berio e Maderna realizzano «Ritratto di Città» con testo parlato, suoni registrati e suoni aggiunti modulati.
18 Lo Studio di Fonologia della RAI La testimonianza di Bruno Maderna
19 Lo Studio di Fonologia della RAI
20 Lo Studio di Fonologia della RAI Introduzione per Hyperion di Bruno Maderna
21 La Scala …. Il mondo della musica a Milano
La Scala nel 1950 porta in scena il Ring di Wagner sotto la guida di Furtwängler con Kirsten Flagstad. La RAI lo riprende in concerto a Roma nel 1953. Nello stesso anno (1953) Clemens Krauss a Bayreuth realizza il suo testamento wagneriano con Astrid Varnay e Hans Hotter sulla strada della «Neu Bayreuth» dei nipoti di Wagner.
Evento scontato per Bayreuth, ma unico per il panorama internazionale del 1950
22 La Scala …. Le ragioni non solo della musica
Il 27 gennaio del 1956 Guido Cantelli onora Mozart per il bicentenario della nascita con l’esecuzione del Così fan Tutte alla Piccola Scala assumendosi la responsabilità della direzione musicale e della messa in scena.
Evento che ha cambiato la storia dell’opera mozartiana nel mondo
Guido Cantelli
23
Il trionfo del Piccolo Teatro di Paolo Grassi Milano è cultura
Ai giovani studenti nella Milano dell’espansione post bellica, capitava spesso di uscire dal Piccolo Teatro ed incontrare Paolo Grassi seduto ad un tavolino che parlava di cultura per tutti e per tutte le età. Non solo a Brera, ma anche a Città Studi si poteva vedere Morlotti dipingere circondato dagli studenti del Politecnico e Karl Plattner tracciare figure umane su pannelli di legno con la durezza e la spigolosità che tanto lo angosciavano e lo aprivano al mondo di Bacon e di Lucian Freud.
24
Il trionfo del Piccolo Teatro di Paolo Grassi Il legame con La Scala
Forse non pochi ancora ricordano: il teatro di Strindberg recitato in italiano con la magnifica Ingrid Thulin, il Galileo di Brecht / Strehler, Dino Ciani eseguire i Notturni di Chopin in via Rovello seduto fra il pubblico e spiegando la sua visione della musica che stava eseguendo dal vivo.
Claudio Abbado e Maurizio Pollini alla Scala nel tempo di Paolo Grassi
Claudio Abbado fa il suo esordio alla Scala nel 1966; nel 1968 diventa direttore stabile.
Nel 1972, Paolo Grassi sostituisce lo storico sovrintendente Ghiringhelli, che era in carica dalla ricostruzione del teatro dopo la seconda guerra mondiale. Teatro come bene pubblico, non più riservato a pochi fortunati ma patrimonio di tutti e Grassi avrà successo anche nel massimo teatro d'opera del mondo. 25
Il Piccolo Teatro di Milano I più grandi interpreti del mondo occidentale
L' opera da tre soldi - 1955-56
autore: Bertolt Brecht traduzione: Ettore Gaipa, Gino Negri, Giorgio Strehler regia: Giorgio Strehler direttore orchestra: Bruno Maderna scene: Luciano Damiani, Teo Otto costumi: Ezio Frigerio musiche: Kurt Weill Attori nella foto: Tino Carraro
Fotografia: Bernardi
26
Il Piccolo Teatro di Milano Strindberg: IL sogno e Ingrid Thulin (1969)
27
Il Piccolo Teatro di Milano e la musica: Dino Ciani
28 Il Teatro Lirico di Milano e John Cage
Coerenza storica con il «Damaine Musical» di Pierre Boulez (1954), Milano «reagisce» in ritardo, ma lo spettacolo Empty Words (Parte III) al Teatro Lirico la sera del 2 dicembre 1977 ha fatto storia, con John Cage e lo sgomento del pubblico non preparato alla rarefazione dei suoni e alla sue precedenti ricerche di Cheap Imitation (1976).
A Milano passa tutta la musica, non solo le glorie stellari della cultura tradizionale italiana
29 Il Teatro Lirico di Milano John Cage: Empty Words part III
30
La cultura, ragione di Milano nel mondo
La voce poetica, in modo non sempre riconosciuto, si è dissociata dal mondo e dalle sue guerre (la Guerra Fredda) in un continuo dire no, che ha generato a Parigi il surreale di Paul Celan e dei poeti di “Tel Quel”, l’americana Beat Generation, Gregory Corso con The Bomb, e l’Italia di Caproni, Montale, Sereni e Turoldo. Milano non è stato il «centro» del mondo della poesia, ma a Milano Giovanni Testori ha fatto arte totale e critica d’arte in termini letterari in lingua, in gergo e in versi.
31
La cultura che parla La poesia
• Vittorio Sereni: la necessità di una poesia che parli del vero «Da me a quell'ombra in bilico tra fiume e mare / solo una striscia di esistenza / in controluce dalla foce. / Quell'uomo. / Rammenda reti, ritinteggia uno scafo. / Cose che io non so fare. Nominarle appena. / Da me a lui nient'altro: una fissità. / Ogni eccedenza andata altrove. O spenta.» • Eugenio Montale: la disarmonia nella condizione umana e la «poetica dell’oggetto» «Spesso il male di vivere ho incontrato / era il rivo strozzato che gorgoglia / era l’incartocciarsi della foglia / riarsa, era il cavallo stramazzato. / Bene non seppi, fuori del prodigio / che schiude la divina Indifferenza: / era la statua nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.» 32
La cultura che parla La poesia
• Davide Turoldo: la poesia della vita reale. “Fratello ateo, nobilmente pensoso, / alla ricerca di un Dio / che io non so darti, / attraversiamo insieme il deserto. / Di deserto in deserto andiamo oltre / la foresta delle fedi, / liberi e nudi verso / il Nudo Essere / e là / dove la parola muore / abbia fine il nostro cammino”.
Non solo Milano: Giorgio Caproni “Poeta del sole, della luce e del mare”. I temi portanti della sua poetica sono: la madre, Genova considerata la sua “città dell’anima” e il viaggio allegorico alla scoperta della vita. «Ho provato a parlare. / Forse, ignoro la lingua. / Tutte frasi sbagliate. / Le risposte: sassate.»
33 La cultura che si rappresenta La pittura
Nel sorgere degli anni ’50, per moto proprio o sulla scia di Fontana e dei grandi maestri della “non forma” che lavoravano in America come in Europa, una potente esplosione di nuova pittura lascia una traccia indelebile che merita una considerazione dovuta ai grandi maestri.
Parliamo del percorso irripetibile di Osvaldo Licini, Fausto Melotti e il suo mondo immaginario, Bice Lazzari maestra del segno, Sergio Romiti pittore di angoscianti architetture, Mario Nigro e lo spazio totale, Carol Rama spregiudicata ma poeta oltre misura e dell’americano, figlio della spiritualità di Assisi, William Congdon testimone del Crocefisso come immagine umana.
Pittura della scena, come detto per il teatro, e Piero Manzoni con il Gruppo Zero di Stuttgart hanno fatto di Milano la capitale della nuova arte dell’oggetto in se stesso, della rinuncia al bello per avere il vero, ammesso che il vero sia rappresentabile.
34
Azimuth e il coraggio di ammirare la materia
Azimuth: Esperienza straordinaria, di fulminea durata e intensissima attività, racchiusa tra il settembre del 1959 e il luglio del 1960.
Oggi riconosciuto nella coscienza critica collettiva come fenomeno sempre più decisivo, contraddistinto da una sperimentazione radicale, rafforzata dai suoi legami con alcuni dei più grandi protagonisti della scena artistica di quegli anni, e da un vivace e dinamico dialogo internazionale.
Azimut (la galleria) e Azimuth (la rivista) hanno dato vita e formalizzato un’autentica “nuova concezione artistica” che vive nella dialettica di “continuità e nuovo”. In mostra, oltre ai lavori dei maestri Manzoni e Castellani, trovano spazio le opere di Lucio Fontana e Alberto Burri, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Yves Klein, Jean Tinguely, Heinz Mack, Otto Piene e Günther Uecker.
35
Azimuth e il coraggio di ammirare la materia Piero Manzoni
36
Azimuth e il coraggio di ammirare la materia Günther Uecker
37 La pittura della natura, oltre la forma William Congdon
La sinesi delle esperienze pittoriche nella Milano assetata di nuove cose.
L’oggetto arte di se stesso (Manzoni), il colore che non rappresenta una forma, ma il colore in sé (Ballocco), costruiscono una immagine di materia che trova nella natura il suo riferimento (Congdon).
38 Il Negativo – Positivo Bruno Munari artista totale
Non chiedere perché cambiare, ma chiedere perché «non cambiare»
39 Impresa come lavoro e arte di realizzare «oggetti»
Un esercito di grandi architetti si mobilitarono e, oltre l’edilizia (Giò Ponti e il Grattacielo Pirelli), danno inizio allo sviluppo del design per Eni, Motecatini, Breda (alle esposizioni in Fiera) e di grandi opere come la Metropolitana Milanese e il nuovo complesso di Milano2.
Arnaldo e Giò Pomodoro
40 Impresa come lavoro e arte di realizzare «oggetti»
La bellezza «funzionale e tecnologica»
41 Impresa come lavoro e arte di realizzare «oggetti»
Dipingere il corpo
42
Le ragioni che hanno permesso a Milano di essere una città di progresso negli ’50 e ’60 la caduta successiva e l’attesa ripresa
Ciò che è mancato e manca ancora a Milano è la consapevolezza che la forza dell’individuo senza una visione di stato non conduce a nulla di duraturo…..
……. ma la Milano del XXI secolo ha tutte le possibilità per essere un «secondo» rinascimento italiano …….. e la faticosa ripresa è sotto gli occhi di tutti.
43 MILANO ANNI ‘50 E ‘60
44