Napoli. a Pozzuoli, Tra Le Donne Detenute Che Lavorano Per
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Napoli. A Pozzuoli, tra le donne detenute che lavorano per rinascere di Rosanna Borzillo Avvenire, 29 dicembre 2019 Appena entri il profumo del “Caffè Lazzarelle”, pregiata miscela prodotta dalle detenute del carcere femminile di Pozzuoli. Spetta a Giuseppina e Claudia tostare, seguire le fasi di asciugatura, macinare il caffè e occuparsi della manutenzione dei macchinari nei locali dell’istituto penitenziario in provincia di Napoli. È solo uno dei tanti progetti in cui sono impegnate le 160 detenute che, nonostante le enormi difficoltà del sistema carcerario italiano - dal sovraffollamento alla mancanza di progetti di lavoro o di reinserimento - qui, dietro le sbarre, hanno trovato per la prima volta una casa. Nei giorni scorsi il carcere, diretto da Carlotta Giaquinto, ha ospitato la visita del cardinale Crescenzio Sepe e di oltre duecento persone: “È stato emozionante - racconta Valentina, 25 anni - essere impegnata in un progetto: il presepe vivente. Per me era la prima volta che mi occupavo in qualcosa”. Valentina è arrivata alla casa circondariale per una rapina. Da un mese è a Pozzuoli. “Facevo la barista: il lavoro era impegnativo. Provengo da una famiglia normale: papa, mamma, tre fratelli. Poi le compagnie sbagliate”. Ma qui ha trovato una famiglia. “Ho capito che nella vita si può migliorare. Sbagliare è umano, perseverare un vizio. Qui sto avendo una seconda opportunità”. Valentina è stata selezionata tra le detenute che segue il corso professionale di estetista, finanziato dalla Regione Campania. Invece è stato un Natale a casa con i propri figli per trenta detenute: tra queste c’è Anna. È a Pozzuoli da 4 anni. Racconta la sua storia tra le lacrime. “Ho perso un bambino: è questo il mio dolore più grande”, per questo ha trascorso il 25 a casa con gli altri sei figli, tra cui Marco, che è gravemente disabile. Ma Anna si dice “sostenuta dalla fede; solo grazie ad essa ho ancora la forza di non lasciarmi andare”. Valentina, Anna, Lucia che lavora in lavanderia, “ma ho fatto una corsa per essere qui”, chiedono tutte preghiere e esprimono ringraziamenti per il cappellano don Fernando Carannante, la polizia penitenziaria, la direttrice. “Grazie a loro in questo carcere - dice Luana, 33 anni di Taranto, arrestata a Napoli mentre compiva una rapina- ci diamo una mano l’una con l’altra, convinte che alla fine di questo percorso saremo certamente diverse”. Su tutte l’incoraggiamento di Caterina: “Ce la possiamo fare: questo è solo un passaggio. Coraggio, andiamo avanti”. Oltre alla torrefazione del caffè, c’è l’orto in cui le ragazze sono impegnate, c’è una boutique per riadattare abiti usati e soprattutto per 40 di loro, la scuola. È attiva quella elementare, la media inferiore e il biennio delle scuole medie superiori. Recentemente sono stati attivati corsi universitari, nell’ambito di una collaborazione degli istituti penitenziari della provincia di Napoli con la Federico II. Ai corsi universitari (trasmessi dalla casa di reclusione di Secondigliano) partecipano 3 donne detenute, via Skype. “Abbiamo aperto le porte del carcere al territorio - spiega la direttrice Giaquinto - augurandoci che così le nostre detenute siano conosciute e riconosciute con la dignità di persone. Speriamo così che il carcere non sia considerato una realtà a sé ma parte integrante della società”. Ecco allora l’idea del presepe in cui 40 tra italiane e straniere hanno raccontato la Natività, in 5 spettacoli e dodici quadri viventi. Spetta al cardinale Sepe concludere: “Sono qui per dirvi che vi vogliamo bene, la Chiesa vi sta accanto e anche il Signore è con voi. L’importante è non arrendersi mai: tutti possiamo sbagliare. Il carcere non è certo l’ultima spiaggia. C’è sempre una speranza. Dio non ha paura del nostro peccato: ha paura solo se ci arrendiamo”. A Sepe la replica di Anna: “Eminenza, dalla mia cella al terzo piano, si vedeva un bel Crocifisso che si illuminava la sera. Ora non si accende più. Me la fate la cortesia di farla riparare? La vista di Gesù mi consolava”. Un impegno per l’arcivescovo, che abbraccia personalmente ogni detenuta mentre il quartetto “Discantus” diretto dal maestro Luigi Grima, saluta le detenute intonando “OAltraCittà sole mio”. Perugia. Un laboratorio di cucito per detenuti nel carcere di Capanne Corriere dell’Umbria, 28 dicembre 2019 Partirà nel 2020 nel carcerewww.altravetrina.it di Capanne il laboratorio di cucito: ci sono tutte le volontà e le aspettative. Il corso che interesserà 60 detenuti e detenute porta la firma e il sostegno di Brunello Cucinelli. Nei prossimi mesi nella casa circondariale di Perugia si realizzeranno anche i capi in maglieria delle divise degli agenti della polizia penitenziaria di tutta Italia. Una sfida che ha il sapore della vittoria personale e di una comunità che vuole offrire una seconda opportunità. “Ci è stato chiesto un supporto per il settore della maglieria e noi abbiamo accettato con molto piacere - spiega il progetto Carolina Cucinelli, figlia del re del cachemire - abbiamo fornito tutto il know how, il nostro saper fare, a partire dall’aiuto logistico: pensiamo soltanto al tipo di macchinari da scegliere e impiegare nel laboratorio ma anche al numero di postazioni in base allo spazio e al numero di lavoratori”. Taranto. I detenuti-muratori sistemano le scale del carcere Gazzetta del Mezzogiorno, 20 dicembre 2019 Dieci ospiti della casa circondariale di via Speziale, hanno imparato le tecniche di restyling di opere murarie lavorando sul campo all’interno della struttura Carmelo Magli. L’iniziativa, possibile per un progetto portato avanti dall’associazione Homines Novi, che ha intercettato un avviso pubblico della Regione Puglia, ha permesso di eseguire interventi sulle scale detentive del primo, secondo e terzo piano del carcere, e sulla scala agenti. Sono stati ripristinati, tappeti in gomma, risistemati i gradini e ripitturate scale e rampe. I risultati del corso di formazione, che ha impegnato i detenuti per un anno in lezioni di teoria e di pratica, dietro il coordinamento del tutor del progetto, il professor Salvatore Montesardo, e con l’ausilio tecnico e professionale dei docenti, gli ingegneri Alfonso Esposito e Mauro Capita, sono stati illustrati alla stampa questa mattina alla casa circondariale. Presenti la direttrice della casa circondariale di Taranto, Stefania Baldassari, la dottoressa Rossana Ercolano, responsabile della sezione Formazione professionale del Dipartimento per lo Sviluppo Economico, innovazione, istruzione, formazione e lavoro della Regione Puglia, il comandante della Polizia Penitenziaria di Taranto, Giuseppe Donato Telesca, ed il direttore dell’ente di formazione Homines Novi, Gianluigi Palmisano. Il corso - Nello specifico, i detenuti hanno seguito lezioni di disegno tecnico, organizzazione aziendale, sicurezza sui luoghi di lavoro, materiale di base per l’edilizia, e preparazione delle malte. L’attività di pratica è stata realizzata grazie al coinvolgimento attivo di professionisti operanti nel settore, che hanno messo a disposizione materiale di consumo per raggiungere gli obiettivi formativi previsti dal progetto. L’attività di accompagnamento ed affiancamento consulenziale è stata curata dall’associazione di promozione sociale Massimo Troisi. La relazione - “Tutte le lavorazioni - si legge nella relazione dei docenti Alfonso Esposito e Mauro Capita - sono state eseguite dai detenuti con impegno e dedizione ed i risultati ottenuti sono stati soddisfacenti ed al tempo stesso hanno in parte risposto alle richieste della Direzione della casa circondariale, per una maggiore sicurezza dei vani scale e un miglior decoro delle strutture oggetto degli interventi, rispettando il progetto presentato e finanziato”. La qualifica sarà senz’altro spendibile nel mondo del lavoro una volta che questi operatori avranno scontato il loro debito con la società. Si è infatti già potuto creare un ponte di comunicazione tra la realtà carceraria e il mondo occupazionale, anche attraverso un vero e proprio sportello informativo. “Il nostro intento - commenta il direttore Palmisano - è quello di contribuire a dare una possibilità di reale “riscatto” a queste persone. Abbiamo lavorato per rafforzare la loro autostima ed agevolarli nel concreto ingresso nel mondo del lavoro attraverso un orientamento mirato al reinserimento occupazionale, alle logiche legate all’etica del lavoro, e soprattutto rivolte aduna ricerca attiva, offrendo inoltre strumenti per muoversi nella società esterna una volta scontata la pena”. Roma. Economia carceraria e sostenibilità: il caso di Vale La Pena Pub & Shop di Antonella Coppotelli greenstyle.it, 20 dicembre 2019 La sostenibilità a Roma ha una nuova casa grazie a economia carceraria e a Vale la pena Pub & shop. In via Eurialo 22, nel cuore dell’Alberone, quartiere romano che si sviluppa tra l’Appia e la Tuscolana, due tra le più importanti e trafficate vie consolari della Capitale, vive una realtà che con costanza e dedizione ha dato vita a un importante progetto di carattere sociale: Vale La Pena Pub & Shop. Nato per volere di Paolo Strano, fondatore di Semi di Libertà Onlus, associazione votata al reinserimento nel mondo lavorativo degli ex detenuti o ancora AltraCittàin libertà vigilata, Vale la Pena Pub e Shop è il primo esercizio fisico in Italia basato interamente sull’economia carceraria. A raccontarci il progetto e la sua evoluzione negli anni che ha forti connotazioni sostenibili e a basso impatto ambientale sono i tre gestori attuali: Veronica, giornalista professionista specializzata in comunicazione istituzionale, che collabora in qualità di volontaria, Oscar La Rosa, fondatore di Economia Carceraria ed exwww.altravetrina.it volontario della Onlus e Massimo, responsabile della cucina. Tre anime con passato, background e formazione differenti ma tutte accomunate da un unico obiettivo: combattere la recidiva di chi torna in libertà ma non ha reali strumenti per un corretto reinserimento nella società, in primis un impiego regolare. A oggi i dati che i tre gestori ci comunicano sono impressionanti: solo il 30% degli ex detenuti può davvero considerarsi tale e ricominciare a vivere, il rischio di recidiva e di ritorno a commettere illeciti è davvero molto elevato.