Paolo Noto, Dal Bozzetto Ai Generi. Il Cinema Italiano Dei Primi Anni Cinquanta
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Paolo Noto, Dal bozzetto ai generi. Il cinema italiano dei primi anni Cinquanta. [Versione preprint del volume in corso di pubblicazione presso Kaplan, Torino; uscita prevista per novembre 2011] 1 Modelli storiografici, p. 1 1.1 La transizione dal neorealismo, p.1 1.1.1 Ipotesi di corruzione, p. 3 1.1.2 Ipotesi di completamento, p. 8 1.1.3 Ipotesi di amministrazione, p. 11 1.2 Neorealismo e generi, p. 15 1.2.1 Genere, cinema popolare, p. 18 1.2.2 Genere, cinema apolide, p. 24 1.2.3 Genere, cinema reazionario, p. 28 2 Obiettivi e metodi della ricerca, p. 35 2.1 Punti di partenza e obiettivi primari, p. 35 2.1.1 Perché un approccio intertestuale, p. 38 2.1.2 Intertestualità e cinema di genere, p. 40 2.2 Intertestualità, genere, realismo, p. 47 2.2.1 La realtà visibile: un cinema indiziario, p. 47 2.2.2 Generi e visibile, p. 50 2.2.3 La guerra nei film di guerra, p. 56 2.2.4 Un cinema bozzettistico, p. 60 3 Il cinema di genere, Hollywood e «Hollywood», p. 67 3.1 Alcuni modelli di teoria dei generi, p. 67 3.1.1 Dal senso comune alla teoria dei generi, p. 68 3.1.2 Genere come funzione dell'industria, p. 74 3.1.3 Genere come sistema semantico/sintattico/pragmatico, p. 78 3.1.4 Genere come forma culturale, p. 81 3.2 Quale modello di genere per il cinema italiano (degli anni Cinquanta)?, p. 85 3.2.1 Il cinema di «Hollywood», p. 86 3.2.2 Applicare la teoria dei generi al caso italiano. Il modello industriale/funzionale, p. 91 3.2.3 Applicare la teoria dei generi al caso italiano. Il modello semantico/sintattico/pragmatico, p. 99 3.2.4 Applicare la teoria dei generi al caso italiano. Il modello ideologico/rituale, p. 108 3.2.5 Applicare la teoria dei generi al caso italiano. Il modello culturale/negoziale, p. 113 3.3 Riepilogo e nuove ipotesi, p. 120 4 Modelli di intertestualità e tipologie di trasformazione, p. 128 4.1 Un cinema delle attrazioni, p. 128 4.1.1 Sketch, battute e numeri comici, p. 130 4.1.2 Canzoni e numeri musicali, p. 136 4.1.3 La presenza dell'attore (e marginalmente dell'attrice): stock characters e memorie di genere, p. 142 4.1.4 La presenza dell'attrice: guest star ed esibizione del corpo divistico, p. 147 4.1.5 Genere come effetto della performance, p. 154 4.2 Dalla dilatazione dei tratti al bozzetto delle strutture: danze, processioni, feste popolari, p. 158 4.2.1 Il topos della festa nel film di banditi, p. 162 4.3 Conclusioni, p. 165 4.3.1 Melodramma come modalità e matrice intertestuale, p. 169 4.3.2 Citazioni e configurazioni discorsive, p. 171 Appendice: Il lessico di genere su «Hollywood» e «Festival», p. 175 Indice dei testi consultati, p. 258 Capitolo 1. Modelli storiografici 1.1. La transizione dal neorealismo Affrontando il cinema degli anni Cinquanta il primo problema che si ha riguarda la definizione storiografica del decennio. Questo periodo risulta infatti per certi versi penalizzato nella produzione storica e critica sul cinema nazionale a causa della sua stessa posizione cronologica. Gli anni Cinquanta sono preceduti e seguiti da due stagioni di grande prestigio internazionale e fioritura espressiva: il quinquennio neorealista, momento di fondazione ed elemento catalizzatore della storia del cinema italiano, e gli anni Sessanta, periodo di massima espansione internazionale del nostro cinema d'autore e di genere. Questo posizionamento ha portato non proprio a una svalutazione critica e storiografica del decennio, ma piuttosto a una serie di tentativi di definizione per viam negationis. Più spesso e prima ancora che manifestare caratteri propri, gli anni Cinquanta appaiono come quel periodo che non è più neorealismo e non è ancora cinema d'autore. Lo sguardo retrospettivo, da questo punto di vista, è, come vedremo, prevalente su quello prospettico: è pressoché impossibile trovare una ricostruzione del periodo che qui ci interessa che prescinda da un'analisi dei rapporti con il neorealismo, quindi da una definizione, quanto meno preliminare, del neorealismo stesso. Tuttavia, se descrivere gli anni Cinquanta vuol dire definire (o accettare una definizione) del periodo che lo precede, la conseguenza sul piano storiografico è immediata: pressoché ogni discorso sugli anni Cinquanta è il corollario di un discorso sul neorealismo. Oppure, detto in altri termini, ogni discorso sugli anni Cinquanta passa attraverso il filtro di una concezione del neorealismo. In relazione all'oggetto del nostro interesse, quindi, non è indifferente che si consideri il neorealismo come un vessillo da difendere nella battaglia delle idee o una questione da indagare storiograficamente; una stagione di breve durata e intensa manifestazione o un'estetica alla quale possono essere ascritti pochi e selezionati episodi; un insieme di determinazioni testuali o un'etica della produzione cinematografica; un momento legato da fitte relazioni intertestuali e intermediali ad altri momenti precedenti e successivi o una parentesi nella storia del cinema nazionale; un cinema del “rifiuto” o un cinema “maggioritario”. Non sono infine indifferenti, nell'attenzione che gli studiosi hanno tributato al cinema italiano degli anni Cinquanta, le valutazioni critiche ed ideologiche espresse sul quinquennio precedente. Appare quasi scontato, a questo punto, un dato che affronteremo meglio nel corso di questo capitolo: anche gli anni Cinquanta, come d'altra parte il “cinema italiano sotto il fascismo”, hanno beneficiato della grande revisione critica e storiografica sul neorealismo, avviata con gli incontri di Pesaro nel 1974, di cui è testimonianza il volume curato da Lino Miccichè1. La messa in discussione del monumento, attraverso la visione e l'analisi dei documenti, ha portato negli anni seguenti a tentativi analoghi di ricognizione dei confini cronologici, tanto di quello inferiore quanto di quello superiore, del cinema del dopoguerra, con risultati ancora oggi estremamente fecondi. La chiave di lettura privilegiata nella verifica dei rapporti tra le fasi del dopoguerra, come molte altre volte nella storiografia del cinema italiano2, è stata trovata nella categoria continuità/rottura. Nel saggio introduttivo al volume Il cinema italiano degli anni '50, uscito nel 1979, Giorgio Tinazzi riassume sinteticamente gli obiettivi di ricerca e le parole d'ordine di molte delle ricostruzioni, passate e da venire, del decennio: Occorre primariamente chiedersi quanto il postneorealismo fosse «corruzione» di elementi, di stilistica, di poetica, prima consolidati, e quanto invece ampliamento coerente, con la maggiore evidenza dovuta all'accelerazione negativa del nuovo assetto sociale e della diffusione quantitativa del sistema produttivo3. I nodi da analizzare, prosegue Tinazzi, sono principalmente due: occorre capire se esiste una continuità tra anni Cinquanta e cinema preneorealista, specie per quanto riguarda la produzione di genere, ed esaminare la produttività dell'esperienza neorealista nella nuova situazione sociale e cinematografica. Già da questi pochi cenni emergono con chiarezza alcune questioni che, in parte, abbiamo esposto brevemente e che torneranno con maggiore precisione di dettaglio nelle prossime pagine: l'idea di un cinema definibile come post-neorealista, a partire quindi da ciò che lo precede; l'ipotesi di “«corruzione»”, per il momento contrapposta a quella di “ampliamento coerente” del patrimonio neorealista; l'ipotesi di un legame sotterraneo tra cinema degli anni Trenta e cinema degli anni Cinquanta, basata su una serie di evidenze 1 Lino Miccichè (a cura di), Il neorealismo cinematografico italiano, Marsilio, Venezia, 1975. 2 Cfr. Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano. Volume III. Dal neorealismo al miracolo economico, Editori Riuniti, Roma, 1993, p. 304. 3 Giorgio Tinazzi, Introduzione, in Giorgio Tinazzi (a cura di), Il cinema italiano degli anni '50, Marsilio, Venezia, 1979, p. 10. cinematografiche (ad esempio, l'irrobustimento della produzione industriale di genere) ed extracinematografiche (ad esempio, la cristallizzazione politica in senso conservatore) e fondata sulla concezione, implicita, del neorealismo come parentesi; la necessità di indagare i legami tra fatti espressivi, “assetto sociale” e “sistema produttivo”, il cui sviluppo, però, si considera guidato da una “accelerazione negativa”. Partendo dalle osservazioni di Tinazzi, allo scopo di orientarci meglio, e non certo di esaurire la ricchezza delle singole argomentazioni (o, peggio ancora, di esprimere giudizi di merito su di esse), proviamo a dividere il campo delle interpretazioni del cinema degli anni Cinquanta in tre tipologie di ipotesi: le ipotesi di corruzione, le ipotesi di completamento, le ipotesi di amministrazione del neorealismo. 1.1.1. Ipotesi di corruzione. Sebbene una suddivisione rigida sia impossibile e le tre linee che proponiamo non di rado si intreccino tra di loro, possiamo affermare che tendenzialmente la concezione del cinema degli anni Cinquanta come corruzione (involgarimento, mercificazione, tradimento4, involuzione) del neorealismo è prevalente prima di Pesaro '74, per poi lasciare il posto a ipotesi più sfumate. Essa appare motivata, in un primo momento, da un clima culturale in cui la battaglia per il realismo è sentita, a torto o a ragione, ancora viva e il progetto di rinnovamento del cinema nazionale, avviatosi con il neorealismo, ancora non del tutto compromesso. Il luogo privilegiato di elaborazione e approfondimento delle ipotesi di corruzione è allora la critica militante, quella che si è data lo scopo, nel dopoguerra, di conoscere e indirizzare (verso il realismo, l'arte, il decoro espressivo, l'appropriatezza ideologica)