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Fasc. XVIII

Bollettino del Centro Studi Archeologici di Boscoreale, e Direzione, Redazione ed Amministrazione: Via Vargas 1 - 80041 Boscoreale (Napoli) Tel: 081.8586417 - E-mail: [email protected] - Sito web: www.centrostudiarcheologici.com

SOMMARIO

Pag. 2 - ANGELANDREA CASALE, Quarant’anni fa la commemorazione in consiglio co- munale di Alfonso Cirillo. Sindaco di Boscoreale dal 1947 al 1956 e dal 1961 al 1963

Pag. 5 - DOMENICO PARISI, La strana vicenda di un denarius di Quinto Fabio Labeone rinvenuto a

Pag. 11 - GERARDO CAPASSO, Ville rustiche di epoca romana in località Macedonia e Richiuso nel di

Pag. 19 - ANGELANDREA CASALE - PASQUALE MARCIANO, Il palazzo ducale di Palma dai Saluzzo Duchi di Corigliano ai Compagna Principi di Mar- siconovo

Pag. 24 - CARLO AVVISATI, Gli affreschi ritrovati della Villa di Asellius e tre scavi clan- destini

Periodico SYLVA MALA - Editore e Direttore ANGELANDREA CASALE - Responsabile LUIGI DI MARTINO Fasc. XVIII - 2016 Reg. Trib. Napoli n. 2967 dell’11-9-1980 - Tipografia Aurora, Boscoreale Attività editoriale di natura non commerciale ai sensi previsti dall’art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e successive modifiche. Gli scritti esprimono l’opinione dell’Autore che si sottofirma. La collaborazione è aperta a tutti ed è completa- mente gratuita. Proprietà letteraria e artistica riservata agli Autori. Digitazione ed impaginazione: ALBERTO RAFFAELE CASALE

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QUARANT’ANNI FA LA COMMEMORAZIONE IN CONSIGLIO COMUNALE DI ALFONSO CIRILLO Sindaco di Boscoreale dal 1947 al 1956 e dal 1961 al 1963

Il 30 gennaio 1976, alle ore 14,40, si riuni- A quarant’anni dall’evento pubblichiamo va il Consiglio Comunale di Boscoreale in uno stralcio dei suddetti interventi, riportati sessione straordinaria, sotto la presidenza nella deliberazione del Consiglio Comuna- del Sindaco dott. Angelo Tufano, per com- le n. 2 del 30.1.1976, con lievi modifiche memorare il defunto consigliere rag. cav. alla forma ma non al contenuto. Alfonso Cirillo, deceduto a Boscoreale il 3 dicembre 1975. Prende la parola il Sindaco. Alfonso Cirillo era nato a Boscoreale il 1 Abbiamo creduto opportuno inserire novembre 1898, da Vitantonio e da Ma- all’o.d.g. la commemorazione del consi- riantonia Paduano, era coniugato con la gliere cav. Alfonso Cirillo che è mancato a sig.ra Carla Pettenati. questo Consiglio Comunale e la scomparsa recente ci impone l’obbligo di ricordarne la figura di cittadino esemplare. Prima come combattente che da giovane si è sacrificato per la Patria, quando ha ri- portato anche croci al merito di guerra ed è stato un valoroso combattente nella Guerra 1915-1918. Dopo, quando il nostro paese ha iniziato i primi passi della propria autonomia, ha avuto il mandato di primo cittadino da par- te di questo consesso comunale e ha rive- stito tale carica per molti anni dando all’amministrazione del nostro comune la sua capacità, la sua competenza e metten- do al servizio della comunità la sua intelli- Alfonso Cirillo (1898-1975) genza e ha avuto modo negli anni di ammi- nistrazione di dare un insegnamento a noi, Fu il primo Sindaco di Boscoreale del do- perchè ha amministrato senza tener conto poguerra, dal 29 giugno 1947 al 1956, do- dei raggruppamenti politici esistenti nel po la ricostituzione del Comune ad opera Consiglio Comunale. del Luogotenente del Regno Umberto di Al di là dei raggruppamenti politici lui Savoia, il quale con Decreto Luogotenen- metteva sempre l’interesse del paese. Allo- ziale n. 37 del 24 gennaio 1946 ridiede ra noi giovani eravamo all’opposizione l’autonomia amministrativa al paese, di- (ndr. Democrazia Cristiana) quando ammi- staccandolo da . nistrava Cirillo (ndr. Partito Comunista Procedutosi alla surrogazione del consiglie- Italiano) ed abbiamo potuto notare ed os- re rag. Alfonso Cirillo con l’avv. Luigi Al- servare la sua determinazione proprio in bano, il Presidente del Consiglio Comunale questi precisi impegni, cioè di dare tutto passò al secondo argomento all’ordine del per il paese, bandendo la demagogia poli- giorno, inerente la commemorazione del tica perché riteneva che tutti i consiglieri defunto, con interventi del Sindaco dott. comunali espressi dal paese fossero uguali, Angelo Tufano, del consigliere anziano a qualsiasi colore politico appartenessero. dott. Francesco Balzano e del consigliere Proprio quando il nostro paese faceva i prof. Filippo Cangemi. primi passi della propria autonomia si ri-

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Prende la parola il consigliere anziano Francesco Balzano. Mi associo alle parole che ha pronunciato il Sindaco in merito alla commemorazione del consigliere Alfonso Cirillo. Ho un motivo tutto particolare in quanto, anche come medico, ho assistito fino all’ultimo la sua presenza su questa terra e ho avuto modo di avere delle sue confiden- ze sull’attività da lui svolta, ed è certo che, Boscoreale, veduta 1950 come diceva il Sindaco, a parte i suoi pas- saggi politici che a noi non riguardano, a velò molto importante la sua amministra- noi interessa l’uomo, ed io posso dire vera- zione in quanto mise a disposizione la sua mente che come uomo dedicò i suoi quindi- competenza di amministratore, perché co- ci anni circa di Sindaco alla popolazione, me sapete era Ragioniere Capo al comune nello sviluppo di tutti i passi che faceva di Torre Annunziata. Boscoreale. Veramente ha dato con passione, con fede, E’ un uomo il quale dedicò tutta la vita per con volontà, tutto quello che poteva dare il suo paese. Un uomo il quale, lo possia- per Boscoreale. mo dire tutti, onestamente ha portato avan- E lo abbiamo visto continuamente impe- ti un’amministrazione comunale e la pro- gnato anche in questo consesso fino alle pria famiglia. ultime sedute, quando già conoscevamo le Gloria a lui che riposa nell’altro mondo e sue precarie condizioni di salute. che in questo momento noi commemoria- Lui ci teneva ad impegnarsi, a dare sempre mo, in quanto non ha approfittato di niente tutto per il proprio comune, infatti nella in tutta la sua attività politica, dando sem- sua ultima lettera di giustifica mostra pre quanto poteva dare. quanto era a noi a conoscenza, cioè che la E’ un esempio per Boscoreale e speriamo sua salute non gli permetteva più di dedi- che alla prima occasione possiamo ricor- carsi alla collettività. darci perennemente del nome di Alfonso La giustifica che presentava sta a dimo- Cirillo. strare quanto teneva al dovere di cittadino, di consigliere eletto dal popolo per ammi- Prende la parola il consigliere Filippo nistrare. Cangemi. Noi abbiamo ricevuto da lui l’insegnamen- Alfonso Cirillo era amato da tutti esatta- to che bisogna operare soprattutto al di mente come ha dichiarato il Sindaco ed ha sopra di ogni discriminazione politica, confermato il consigliere Balzano. Chi per nell’interesse del paese, e abbiamo visto la prima volta conosceva Alfonso Cirillo crescere Boscoreale sotto la sua guida, provava un certo senso di soggezione. quando il paese iniziava i primi passi, in Esteriormente era uno, interiormente era autonomia. un altro. Esteriormente sembrava burbero, Cercheremo di operare ricordandolo insie- introverso, qualche volta un poco tiranni- me, spogliandoci della veste politica, co, ma quello che valeva era l’Alfonso Ci- nell’interesse del nostro paese perché que- rillo interiore, quello che era esattamente sta cittadina, è vero, deve ancora crescere il contrario di quello che appariva, a fare e deve avere il posto che le compete tra i proprio della gestione comunale. comuni della Provincia di Napoli. Trattò tutti da amici, non guardò mai nes- Subito dopo gli interventi dei consiglieri suno dall’alto in basso, raccolse tutti i pa- Balzano e Cangemi propongo di osservare reri specialmente quelli dell’opposizione, un minuto di raccoglimento in memoria del quando quelli erano da prendersi in consi- nostro caro amico rag. Alfonso Cirillo. derazione.

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E invitava anche lui a fare la stessa cosa. Ci insegnò quale fosse la democrazia nella sua essenza. Quello che mi è rimasto im- presso di Alfonso Cirillo è stato questo: che si è messo a pari passo con i tempi, non ha mai trascurato talvolta di avanzare il passo per precorrere i tempi. Infatti lui vedeva l’amministrazione del comune non dal piano demagogico, non dal piano strettamente politico, strettamen- te partitico, ma politico nel vero senso, cioè egli svolgeva un’azione che si confa- ceva a quelle che erano le finalità di un amministratore che si interessa di portare Boscoreale, via Ten. E. Cirillo e Municipio, 1950 l’amministrazione a svolgere azioni ad esclusivo beneficio del popolo, ma diciamo Boscoreale, meritava ben altri onori. del popolo sofferente, del popolo che ha Noi dobbiamo non solo seguire il suo bisogno appunto dell’appoggio dell’azione esempio per quello che ha fatto, ma ono- di coloro i quali stanno al di sopra. rarlo maggiormente dedicandogli le nostre Ma Alfonso Cirillo non si metteva al di so- opere pubbliche, cioè il nostro operato pra per non vedere le piccole cose, anzi se pubblico nella maniera più onesta, cioè qualche volta saliva al di sopra di quello dobbiamo dedicargli quanto di meglio sap- che ognuno di noi dovrebbe salire, lo face- piamo fare per riconfermare il nostro affet- va per guardare ancora più in là le esigen- to, la nostra ammirazione verso di lui. ze, i desideri del popolo. E per quanto riguarda una prova concreta Condusse un’azione che alle volte ebbe dei della nostra ammirazione, io proporrei, momenti di audacia, di eroismo, perché ove mai si presentasse il caso, di intitolare talvolta osò mettersi contro la legge pur di a lui qualcosa di pubblico in modo che il attuare qualche cosa che al popolo avreb- cittadino passando possa guardare, legge- be portato utile. re il nome e, anche se qualcuno non l’aves- E che il popolo lo abbia chiamato, è dimo- se conosciuto, potrebbe chiedere: chi è strato dal fatto che anche in quelle zone di quello, in modo che si possa rispondere Boscoreale dove il nostro partito (epoca “fu uno che amò il suo paese”. nera per noi altri) non sperava di ottenere Dopo i tre interventi viene osservato un voti, egli cominciò a ricredersi e dobbiamo minuto di raccoglimento, indi il Sindaco dire che fu proprio l’attrattiva che eserci- dichiara che sarà tenuta presente la propo- tava la sua persona, la sua capacità tecni- sta di Cangemi per la intitolazione al nome ca, la sua lungimiranza, che portarono a di Alfonso Cirillo di una strada, piazza o questi fenomeni migliorativi in campo elet- opera pubblica. torale. Solo a distanza di venticinque anni dalla Mi si strinse il cuore quando Alfonso Ciril- predetta commemorazione, con delibera di lo se ne andò nel regno dei giusti, perché Giunta Municipale n. 168 del 28 settembre era un giusto, quasi solo. 2001 il Comune di Boscoreale, su proposta Eravamo in pochi a seguire il feretro di dell’estensore di questo articolo, scioglie il quello che fu il primo cittadino. Eravamo debito di riconoscenza verso l’ex sindaco in pochi probabilmente perché l’annunzio Alfonso Cirillo, intitolandogli la strada cit- della sua morte correva in ritardo, perché tadina, già vico Falanga (capisaldi da via probabilmente la giornata non era proprio Giovanni Della Rocca a via Vittorio Ema- climaticamente propizia o probabilmente nuele), adiacente alla Stazione Carabinieri. perché molti erano a lavorare, però per quello che aveva dato Alfonso Cirillo a ANGELANDREA CASALE

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LA STRANA VICENDA DI UN DENARIUS DI QUINTO FABIO LABEONE RINVENUTO A MARIGLIANO

Nella collezione numismatica già di Alberto cheologiche e scientifiche, che così la descrive Galdi Senior di Marigliano, fa bella mostra di tracciandone la storia: LABEO ROMA Testa sé un’antica moneta romana che recentemente di Roma galeata a dritta sotto X Q FABI Giove G. Basile e A. Esposito (1), riprendendo un fulminante in quadriga veloce a dritta vibrando saggio di G. Galdi (2), erroneamente attribui- il fulmine e tenendo lo scettro, sotto i cavalli scono al console Quinto Fabio Labeone. prora di nave. Quinto Fabio Labeone sotto il Si tratta di un denarius d'argento che presenta consolato di Gneo Manlio fu nominato pretore queste caratteristiche: e comandante della flotta destinata contra del D. Testa elmata di Roma a destra; dietro RO- re Antioco. Operò varie spedizioni in quella MA a scendere; dinanzi segno del valore, X e guerra, precise contro i Gortinii e diportatosi LABEO a salire. Bordo perlinato. R. Giove in vittorioso, richiese dal Senato l’onore del trion- quadriga a destra sorregge uno scettro e le redi- fo. Siffatti denari furono coniati in quell’epoca ni con la mano sinistra mentre con la mano ed in Roma coi soliti antichi tipi della testa di destra brandeggia un fulmine; sotto rostro; in Roma e della quadriga. La prora sotto i cavalli esergo Q FABI. Bordo perlinato; diam. 18 mm, allude alla sua spedizione marittima (7). peso 3,90 gr. Probabilmente è stata proprio la presenza del L’errata attribuzione di questo particolare tipo rostrum sul rovescio della moneta a trarre in di moneta, così come quella relativa ai due inganno diversi studiosi di numismatica. In quadranti della serie coniata da Q. Fabi Labeo, effetti la raffigurazione di quella micidiale ha illustri e antichi precedenti. Il riferimento macchina da guerra navale, apparendo del tutto più antico che mi è capitato di trovare, è in una estranea alla scena raffigurata, sembrava essere lettera del 1559 del vescovo di Tarragona An- stata messa apposta per “firmare” la moneta in tonio Augustin indirizzata a Fulvio Orsini (3), maniera inequivocabile e, invece, proprio da lì uno dei massimi esponenti della filologia anti- sono cominciati i problemi di interpretazione. quaria italiana del XVI sec., nella quale una Intanto già l’esatta identificazione dell’oggetto “medaglia” di Q. Fabio Labeone viene sempli- in sé ha fatto fare qualche cattiva figura anche cemente elencata col solo riferimento di qua- a degni numismatici, tanto che, uno di essi, drigato Q. Fabi Labeo (4). Celestino Cavedoni (8), ritenne opportuno ad- Altri esempi sono in Lodovico Moscardo, con- dirittura scusarsi non so per quale strana com- te veronese, accademico Filarmonico, naturali- binazione tutti gli otto o dieci denarii di Q. Fa- sta, che la classificò come consolare di argento bio Labeone che sono nel R. Museo Estense e pensando, appunto, che raffigurasse il console gli altri che si trovarono nei tesoretti nostri, Quinto Fabio Labeone (5); oppure in Lorenzo abbiano sotto i cavalli un simbolo che somiglia Legati, cremonese, dottore di Filosofia, medi- (ad) un piede umano con parte della gamba e co e pubblico professore delle Greche che invece delle dita mostri tre punte; quando in Bologna, che l’attribuì a Q. Fabio Pretore per l’opposto tutti quei che vidi l’anno scorso l’anno di Roma 564, Console nel 570 e Ponte- nel Pontificio Museo di Bologna hanno una fice nel 573 (6) o ancora in Gennaro Riccio, prora o più tosto un rostro di nave manifesto e giudice del tribunale civile di Lucera, socio così pure uno dei ritrovati a S. Anna. Per que- onorario e corrispondente di molte Società ar- sti riscontri mi convinco che sia veramente in tutti questi denari una prora o rostro di nave e che quello simile al piede umano, sia il rostro di per sé e prima che venisse infisso ed incassa- to nel legno della prora. Sarò dunque da scusa- re se lo chiamai simbolo incerto (9). Alcuni anni dopo, entrato in rapporto epistolare con Bartolomeo Borghesi (10), il Cavedoni ebbe modo di approfondire ed affinare le sue conoscenze numismatiche fino a condividere, Fig. 1 con quello che, intanto, era diventato il suo

6 - Sylva Mala vero maestro, che i triumviri monetali di epoca È pur vero che a Roma, in origine, l’autorità repubblicana utilizzarono largamente la possi- sulla monetazione apparteneva ai consoli che bilità di propagandare le glorie della propria la esercitavano per mezzo di fiduciari; ma que- famiglia mediante la raffigurazione di oggetti sta prerogativa, probabilmente fra il 289 ed il simbolo come, ad esempio, il lituo nei discen- 269 a.C., venne loro sottratta dal Senato ed denti di Servilio Augure, il rostro di nave in affidata ad una magistratura appositamente Fabio Labeone e il clipeo macedonico in Quin- costituita: i IIIviri monetales Aere Argento Au- zio Flaminino (11). ro Flando Feriundo (16). Stando ad un passo Di conseguenza quel rostrum, non serviva ad di Pomponio (17), i triumviri monetari sareb- identificare il responsabile della coniazione, bero stati creati insieme ai Triumviri Capitales per altro già indicato in bella evidenza, quanto che, come ricorda Livio (18), furono introdotti piuttosto a fornire un ulteriore elemento di pro- in concomitanza con la deduzione della colonia paganda utile per il futuro politico del moneta- ad Hatria, nel 289 a.C.; altri, invece, ricolle- le. Nel caso in esame il rostro intendeva comu- gandola all'inizio dell'emissione del denarius, nicare che il triumviro monetale Q. Fabio La- ritengono che sia da collocare nel 269 a.C., beone era discendente del console Q. Fabio data desunta da un celebre passo della Natura- Labeone che, ricoprendo la carica di praefectus lis Historia di Plinio il Vecchio, quando, con la classis, nel 189 a.C. aveva ottenuto una memo- legge Fabia Olgunia dei consoli C. Fabius rabile vittoria navale in Siria contro Antioco III Pictor e Q. Olgunius Gallus, sarebbe stata in- (12) ottenendo, al suo ritorno a Roma, la cele- trodotta in Roma la monetazione d’ argento et brazione del trionfo e la gloria eterna per la placuit denarium pro X libris aeris valere (19) Gens Fabia. o nel 268 a.C., anno della deduzione delle co- L’equivoco, nel quale, suo malgrado, è incorso lonie di Arminium e Beneventum, ancora una anche l’amico G. Galdi, appassionato bibliofilo volta in base ad un’affermazione di Livio “tunc e stimato cultore di storia locale (13), è stato, primum populus romanus argento uti coe- invece, certamente indotto dalla, direi naturale, pit” (20). relazione tra il luogo presunto del ritrovamento Q. Fabio Labeone ricoprì la carica di console e il notissimo episodio del litigio per motivi di tra il 183 e il 182 a.C.(21) quando ormai il Se- confini tra nolani e neapolitani (14) che, nei nato aveva già da parecchi anni revocato ai primi anni del II secolo a.C., venne risolto da consoli la prerogativa di battere moneta. Il no- un arbitrato di Roma, anch’esso, da sempre, me impresso sul denarius in questione, quindi, erroneamente attribuito al console Quinto Fa- non può riferirsi a lui perché questa, ormai, era bio Labeone. Sull’episodio, che riguarda da diventata una prerogativa dei tresviri moneta- vicino la storia antica del territorio nord vesu- les. viano, ho già avuto modo di avanzare un’ipote- L’attività della zecca di Roma in età repubbli- si più credibile e documentata, pubblicata nel cana era, dunque, controllata da questi magi- 2011, che indicherebbe, come vero autore strati che, anteriormente alla prima emissione dell’arbitrato, il pretore peregrino Caio Atinio in argento, erano verosimilmente chiamati tre- Labeone (15). sviri aere flando; più tardi, con la coniazione Tutti gli studi precedenti, invece, basandosi su anche in argento, la denominazione divenne una errata interpretazione del celebre brano di tresviri aere argento flando feriundo (22) e, Cicerone, indicavano come arbitro il console infine, la dicitura si trasformò in quella defini- Quinto Fabio Labeone. Ovviamente quando a tiva tresviri monetales Aere Argento Auro Marigliano è stata ritrovata questa antica mo- Flando Feriundo quando il bimetallismo della neta con l’incisione LABEO X Q. FABI, è coniazione monetale romana venne superato stata immediatamente stabilita la relazione col dalle prime coniazioni in oro (23). In origine di console ritenuto autore dell’arbitrato che ag- numero incerto, questi magistrati, si stabilizza- giudicò a Roma tutto il territorio sul quale at- rono in numero di 3 nel I secolo a.C. È proba- tualmente sorgono Somma Vesuviana, Mari- bile che non svolgessero tutti la stessa mansio- gliano, , Pomigliano, Sant’Anastasia, ne e che, quindi, uno si occupasse della fusione Pollena, Massa, e Ponticelli. dei metalli (flando), un altro della battitura dei In realtà il console Quinto Fabio Labeone, così tondini (feriundo) e solo uno di essi, il premi- come ha poco a che fare con la fondazione del nente, assumesse su di sé l’onore e la responsa- territorio pedemontano nord vesuviano, poco bilità di apporre il proprio nome sulle monete, c’entra anche con la coniazione della nostra a garanzia della legalità dell’emissione anche moneta, per diversi ed inconfutabili motivi. in rapporto al peso e alla dimensione. La loro

Sylva Mala - 7 sede era sul Campidoglio, presso il tempio di tissimo veicolo di propaganda. Questo spiega Iuno Moneta dal quale presero nome l'officina l’insistenza con la quale alcune tra le più po- monetale, il prodotto e la magistratura stessa tenti famiglie romane occuparono questa carica (24). Dall'anno 217 a. C., il loro nome comin- in un lunghissimo arco di tempo come, ad ciò ad essere indicato sulle monete, dapprima esempio, la Gens Aurelia (tra il 244 e il 90 con iniziali, poi per intero in concomitanza a.C.), la Gens Plautia ( 218 – 45 a. C.), la Gens all’emissione monetale di nuovo tipo, per lo Furia ( 217 – 53 a. C.), la Gens Valeria ( 209 – più con allusioni ai nomi, ai fasti e alle memo- 44 a.C.) e, naturalmente anche la Gens Fabia rie delle loro famiglie. La funzione di questa che, nella Roma repubblicana, occupò sempre magistratura fu dapprima esercitata avanti la una posizione di grandissimo rilievo (29). questura; con Augusto divenne una delle cari- I numerosi ritrovamenti di monete e le ricerche che del vigintivirato, all'inizio della carriera numismatiche hanno chiarito con una messe senatoria, quindi da esercitarsi prima della que- abbondante di dati che la Gens Fabia espresse stura. […]. Nell'anno 44 a. C. Giulio Cesare triumviri monetali in un arco di tempo compre- aveva portato il loro numero a quattro, Augu- so tra il 127 e l’ 82 a.C (30). Tuttavia, già mol- sto, circa l'anno 27 a. C. lo riportò a tre. Circa ti anni prima, con il consolato di Caio Fabio dall'anno 12 a. C. i nomi dei triumviri non ap- Pictor nel 269, aveva avuto modo di influenza- paiono più sulle monete d'oro e d'argento la cui re l’iconografia monetale con l'apposizione coniazione era passata alla diretta dipendenza della testa di Ercole sulle monete repubblicane dell'imperatore; si riscontrano invece ancora (31). La Gens Fabia, infatti, era legata da anti- nelle monete di bronzo fino verso l'anno 3 a.C., ca data al culto dell’infaticabile figlio di Giove quando la coniazione enea cominciò ad essere tanto che nel 121 a.C. Fabio Allobrogo dedicò devoluta al Senato. Quantunque con Traiano la ad Ercole un Tempio nella Gallia (32) e negli cura effettiva della produzione monetale fosse stessi anni Fabio Labeone, nella funzione di passata ai “procuratores monetae” imperiali, la triumviro monetale, introdusse la clava come carica di “triumvir monetalis” continuò a sussi- tipo dei quadranti (33). Ed è proprio a quest’ul- stere fino a Gallieno, scomparendo del tutto timo, al tresviro monetalis Quinto Fabio La- con Aureliano (25). Non tutti gli studiosi sono beone, che bisogna attribuire il denarius d’ar- concordi sulla durata e l'accesso a questa cari- gento di Marigliano. Di lui non si hanno molte ca. Zehnacker (26), ad esempio, ritiene che non notizie; verosimilmente avviò il personale cur- si possa escludere che fosse annuale ed eletti- sus honorum occupando questo primo grado di va, anche se qualcuno – su basi davvero labili - magistratura intorno ai 25 anni, dopo aver pre- si è spinto a ipotizzare una loro azione quadri- stato servizio militare (34), forse nella posizio- mestrale (27). Tutti, invece, concordano sul ne che, in età imperiale sarebbe stata definita fatto che i triumviri monetali facevano parte tribunus militum laticlavius in quanto apparte- della variegata schiera di magistrature minori, nente all’ordine senatorio. Presumibilmente è il vigintisexvirato (28) che, nella fattispecie, era- nipote di Q. Fabius Labeo, console nel 183 no poste all'inizio del cursus honorum. Queste a.C. e il figlio del Q. Fabius Labeo menzionato magistrature minori erano particolarmente da Cicerone (35) che lo annovera tra i giovani importanti per i figli dei Senatori, dato che co- oratori che si distinsero particolarmente al tem- stituivano il primo passo per iniziare la carriera po di Catone (36). Al nome suo o a quello di politica, in quanto una condizione necessaria, suo padre è associata l'iscrizione di un miliario appunto per accedere al cursus honorum, era spagnolo codificata come ILLRP 461 (37). La l'aver precedentemente rivestito le cariche di Gens Fabia aveva già dato alla Res Publica minore responsabilità nell’organizzazione go- diversi altri monetari, anche se i più rappresen- vernativa della Repubblica. In caso di successo tati nei vari gruzzoli rinvenuti fino a questo personale i gradini successivi sarebbero stati: momento, sono: Q. MAX. (Q. Fabius Maxi- questura, edilità, pretura, consolato, censura. mus), per i tipi Bab. Fabia 5, 8 e 10, Craw. 265 Ben si comprende, allora, la continuità con la che datano al 127 a.C.; N. FABI PICTOR (N. quale le più potenti Gentes romane indirizzava- Fabius Pictor), per il tipo Bab. Fabia 11, Craw. no verso queste magistrature i giovani rampolli 268 del 126 a.C. e, appunto, il nostro Q. FABI che aspiravano alla carriera politica. Natural- LABEO (Q. Fabius Labeo) che ricoprì la cari- mente quella del triumviro monetale, tra tutte ca di triumviro monetale nel 124 a.C. (38). le magistrature minori, era quella che meglio di Il denarius d’argento in questione è del tipo altre si prestava allo scopo proprio perché il Crawford 273/1, Sydemhan 532, Babelon Fa- nome ben impresso sulle monete era un poten- bia 1 del 124 a.C. anche se alcuni manuali di

8 - Sylva Mala numismatica riportano ancora la cronologia di fulmine con la d.; sotto rostrum; in esergo Grueber (BMCRR), 102-100 a.C. che sembre- Q.FABI; c. p. gr 3,83, mm 18/20, inv. rebbe più appropriata ad un altro monetale del- 126608/214, segnalato dal Rupel nel 2000, era la Gens Fabia, C. Fabi C. f., Zecca di Roma, stato rinvenuto in Friuli, presso il monte Bar- 102 a.C. (RRC 322) (39) e attivo, appunto co- da e Roba nel 1997 (43). Nel 2001 in un inse- me monetale, nel 102 a.C. diamento di Albano laziale ancora un denario L’eccezionalità del denarius di Marigliano, in argento di Labeone venne rinvenuto in un non è rappresentata tanto dall’essere stato con- gruzzolo contenente 152 esemplari tra denari e siderato, da molti appassionati di storia locale, quinari, dalla serie anonima più antica (268- una sorta di prova per attribuire al console del 211 a.C.) fino all’emissione di C. Postumius 183 a.C. la paternità dell’arbitrato tra nolani e At. (76-74 a.C.) (44). Addirittura tre denarii in neapolitani, cosa che, evidentemente non è; argento, del tipo in questione, vennero ritrovati quanto piuttosto quella di rappresentare, per i nel 2006 in un ripostiglio di Pieve Quinta ritrovamenti in territorio campano, una vera (Forlì) (45) e infine, ma l’elenco potrebbe con- rarità. Pur non avendo sufficientemente inda- tinuare, due di questi denarii vennero ritrovati gato questo aspetto, sembrerebbero davvero in Francia, nel tesoretto di Arbanats, nel 1859 pochi i denarii di Q. Fabi Labeo ritrovati in (46). Campania tra cui quello rinvenuto a il 23 maggio 1911 durante gli scavi nella casa DOMENICO PARISI detta del Conte di Torino (la casa di Obellio, vale a dire M. Obellio Firmo). Nell'atrio secon- dario di quella casa, infatti, venne rinvenuto Note bibliografiche uno scheletro umano con accanto un gruzzolo di monete che forse erano contenute in una 1) G. Basile, A. Esposito (a cura di), Storia di borsa di tela o di cuoio e tra esse una di Q. Fa- Pomigliano d’Arco. Dalle origini ai giorni nostri, Pomigliano d’Arco 2009, p. 37. bio Labeone (40). Il denarius in argento di Q. 2) G. Galdi, Marigliano, suffeudo di ?, in Fabio Labeone in ottimo stato, presente nel F. Aliberti (a cura di), Marigliano antologica, Museo Nazionale di Napoli, invece, fu acqui- Marigliano 2007, pp. 204-205. stato, per conto del Museo, unitamente ad un 3) Antonio Agustinus (1517-1586), giurista, teo- gruzzolo di centoventi denari della repubblica logo e storico prese parte anche al Concilio di romana, a Licodia presso Catania. Le trattative Trento perché ritenuto esperto conoscitore del d'acquisto furono fatte dal professore P. Orsi, diritto romano e canonico. Coltivò con passio- che aveva dato avviso del ritrovamento (41). ne studi umanistici e filologici; fu un fortunato Al contrario numerosi sono, invece, i ritrova- collezionista di iscrizioni antiche e numismati- menti nelle altre zone e molto nutrita è la pre- co molto considerato. Nella seconda metà del ‘500 intrattenne una nutrita corrispondenza senza di questo tipo di moneta nei musei e nel- con Fulvio Orsini (1529-1600), romano, figlio le collezioni private italiane e straniere. Solo naturale di un Orsini del ramo di Mugnano, per fare alcuni esempi, il 29 dicembre del 1952 canonico di San Giovanni in Laterano e bi- un militare della Stazione dei Carabinieri di bliotecario del Cardinale Alessandro Farnese Cisterna di Latina consegnava alla Soprinten- il Giovane. Anche l’Orsini fu un appassionato denza alle Antichità di Roma Kg 2 circa di mo- collezionista di libri, manoscritti greci e latini, nete - sembra antiche - rinvenute agli inizi del pietre incise, monete e quadri. Prima di morire mese in località Macchia del Pantano, nel po- donò gran parte della sua raccolta, oggi visibi- dere n. 2122, dal colono Francesco Salaro du- le nel Museo Nazionale di Napoli, al cardina- rante i lavori di aratura. Il colono dichiarò che le Odoardo Farnese nipote prediletto di Ales- sandro. le monete erano contenute in un barattoletto di 4) A. Agustinus, Lettere italiane di Antonio metallo che era stato ridotto in frammenti in Agostini arcivescovo di Tarracona a Fulvio seguito all'urto dell'aratro. Nel ripostiglio in Orsini; sta in, Opera omnia di Antonio Augu- esame venne registrata la presenza di tre denari stin pubblicata da Rocchius (Josephi Rocchii) punzonati su quattro tra quelli emessi da Q. nel 1772, p. 232. Fabi Labeo nel 124 a.C. (42). Un altro denario, 5) L. Moscardo, Note overo memorie del Museo Q. FABI LABEO, denario Zecca di Roma, ar- di Lodovico Moscardo, Verona 1672, p. 461. gento (124 a.C.) D/ Testa di Roma a d., con 6) L. Legati, F. Cospi, Museo Cospiano annesso elmo; dietro ROMA; davanti X e LABEO; c. a quello del famoso Ulisse Aldovrandi, Bolo- p. R/ Giove in quadriga al galoppo a d., con gna 1677, p. 400. 7) G. Riccio, Le monete delle antiche famiglie scettro e redini nella s., in atto di scagliare il di Roma fino all' imperadore Augusto, inclusi-

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vamente co' suoi zecchieri dette comunemente 20) Livio, Ep. XV. consolari disposte per ordine alfabetico, Na- 21) Livio, XL, 1, 8. Nominato console nel 183 poli 1836, p. 66. a.C. Labeone si vide prorogato all’anno suc- 8) Celestino Cavedoni (1795-1865) prete mode- cessivo (182 a.C.) il suo consolato, perché il nese, aggiunto vicebibliotecario della Biblio- fronte ligure era diventato insicuro per il per- teca ducale estense e direttore del Museo rea- sistere dei tentativi di penetrazione dei Galli. le. Tenuto in alta considerazione dai dotti di 22) H. Zhenacker, Moneta Recherches sur l’or- ogni paese, godette di fama grandissima. Fu ganisation et l’art des emissions monetaires chiamato, primo fra gli archeologi stranieri, a de la Republique roamine (289 – 31 a.C.), far parte della commissione incaricata da Roma 1973. Napoleone III della pubblicazione delle opere 23) G. Nenci, Considerazioni sulla storia della di Bartolomeo Borghesi, del quale era stato monetazione romana in Plinio(Nat. Hist. collaboratore. (S. L. Cesano, v. Cavedoni, XXXIII, 42-47), in Athenaeum, 1968, 28; B. Enciclopedia Treccani, 1931). Santalucia, Studi di Diritto penale romano, 9) C. Cavedoni, Considerazioni generali su i Roma 1994, p. 94. denarii consolari e di Famiglie, in Memorie di 24) Sul Campidoglio si trovava la casa di Manlio, religione, di morale e di letteratura, Modena che aveva avvertito i suoi concittadini dell’as- 1831, p. 257. salto notturno dei Galli. Successivamente pro- 10) Bartolomeo Borghesi (1781-1860) conte, stu- prio lì, in memoria dell’accaduto, venne edifi- dioso delle antichità romane con particolare cato un tempio dedicato a Giunone che avver- riguardo all’epigrafia; larghissima fu la sua te. influenza sugli studiosi del tempo, primo tra 25) G. Mancini, voce Tresviri monetales, Enci- tutti Mommsen, che si considerò suo discepo- clopedia Treccani, 1937. “Dopo qualche anno lo. cessarono i Triumviri Monetali di segnare il 11) B. Borghesi, Oeuvres complètes de Bartolo- proprio nome sulle monete. Eckhel nei prole- meo Borghesi: oeuvres numismatiques. Vol. II gomeni generali alla Doctrina nummorum 1862-64, Paris mdccclxiv, p. 316. veterum pag LXXIX scrive che ciò avvenne 12) L’episodio è riportato in Liv. XXXVII, 47, 50, circa l’anno 740. Nel tomo VI poi pag 107 60; XXXVIII, 39, 47. dimostra che Augusto assunse il Sommo Pon- 13) Colgo l’occasione per ringraziare Guido Galdi tificato il giorno avanti le none di Marzo del per la grande disponibilità e cortesia che ha 742 e poco appresso nomina varie monete col voluto dimostrarmi consentendomi, insieme titolo di Pontefice e coi nomi dei Monetali. all’amico Gerardo Capasso, di ammirare da Converrà dunque dire che questi cominciaro- vicino l’eccellente esemplare della collezione no a tralasciare i loro nomi più tardi. Io ho Galdi. contato fino a sette diversi Monetali segnati 14) Cicerone, De officiis, I, 33. sopra varie monete di questo Imperatore col 15) Sull’argomento vedi, D. Parisi, Caio Atinio titolo di Pont. Max. cioè A. Licinio Nerva, Labeone: il vero fondatore del territorio Sum- M. Lurio Agrippa, P. Lurio Agrippa, M. Me- mano, in Summana, Anno XXVII, 71 n. s., cilio Tullo, Sesto Nonio Quintiliano, M. Sal- marzo 2011, pp. 96-100. vio Otho e Voluso Valerio Messala e forse ve 16) CICERONE, De legibus, III,3,6; Ad familia- ne saranno degli altri e questi si vuole che la res, VII,13,2; Ad Atticus , X,11,5; Pro Fon- loro Carica durasse un anno suppongono al- teius, 5; DIONE CASSIO, Liv. 25,1,10; LI- meno il corso di tre anni; dunque volendo VIO, Epitome, VII; POMPONIO, Digesto, anche includere in questo spazio di tempo il 1,2,2,30; SVETONIO, Caesar, 41; CIL: I, 742 che correva quando Augusto fu fatto Pon- PII APPENDIX NUMMORUM n. 317, 323, tefice, avremo che i Triumviri Monetali non 325, 336, 338, 345, 353, 355; I, 1 2a ed. Elo- tralasciarono i loro nomi prima del 745”. cf: gium 33; II 4121, 4509-11; 4609; III 289-91, L. Pizzamiglio, Saggio cronologico, ossia (6810-12, 6818), 1459, 2732, 6074, 6076, Storia della moneta romana dalla fundazione 14.148; V 865, 1812, 2819, 4347; VI 1339, di Roma alla caduta dell’Impero 1360, 1365, 1421-22, 1455, 1456, 1540, 1577, d’ ́Occidente, Roma 1867, p. 196. 31717, 31740, 32412; VIII 11.338, 23831; IX 26) H. Zehnacker, op. cit., I-II, Roma. 39, 1122, 2215, 2456, 3153, 3154; X 1259, 27) L. Pedroni, Interrogativi sulla magistratura 3724, 3830, 5579, 6658, 6661; XI 3098, 3365; monetaria in età post-annibalica, sta in Dialo- XIV 2501, 3593; 3599, 3600, 3607, 3608, gues d'histoire ancienne. Vol. 26,1, 2000, p. 3993, 4237, 4240, 4242; DESSAU 1155 ; AD 129. RES ROM. PERT. IV 960. 28) La sua composizione era costituita da: trium- 17) Pomponio, Dig. I, 2, 27 ss. viri capitales, che aiutavano il pretore nelle 18) Livio, Ep. XI. cause panali; triumviri monetales, preposti, 19) Plinio, N.H., XXXIII, 3, (13), 44; cfr: G. come abbiamo visto, al funzionamento ed al Rotondi, Leges Publicae Populi Romani, controllo della zecca; quatuorviri viarum cu- 1912, p. 244. randarum, per la manutenzione delle strade

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all'interno della città di Roma; curatores via- grande esperto di diritto, di lettere e antichità; rum, consistenti in due magistrati che curava- e quasi altrettanti riconoscimenti ebbe Quinto no le strade fuori dell'urbe; decemviri stlitibus Fabio Labeone. iudicandis, che collaboravano con il pretore 37) Inscriptiones Latinae liberae rei publicae 461. nelle cause civili; praefecti, consistenti in 38) Cronologia di Crawford (RCC); Cfr. G. Devo- quattro magistrati inviati in Campania per to, P. Serafini, Petrillo, Dai Denari anoni- amministrarvi la giustizia. Augusto abolì i due mi ai Denari di q. fabi labeo del 124 a.C., curatores viarum ed i quattro prefetti Campa- 1993 in, Filli Rossi (a cura di), Nuove ricerche ni, trasformando il collegio dei vigintisexviri sul Capitolium di Brescia: scavi, studi e re- nel vigintiviri (venti uomini). stauri, Brescia 2002, p. 487; E. Babelon, De- 29) La gens Fabia fu tra le prime 17 tribù rusticae scription historique et chronologique des che si costituirono nel 495 a.C. Particolar- monnaies de la république romaine, (rist. mente noto è l’episodio narrato nelle Epistulae anast. 1885-86) Forni, 1999 (con datazione al ex Ponto 1, 2, con il quale Ovidio, in tono 144 a.C.); A. Bouché-Leclercq, Manuel des encomiastico, ricorda a Paolo Fabio Massimo, institutions romaines, ivi 1886, p. 70 seg.; la battaglia del 477 a.C. combattuta contro Politis, Les triumvirs capitaux, ivi 1904; P. l’etrusca Veio, presso il piccolo fiume Cre- Willems, Le droit public romain, 7a ed., mera. Per la gloria di Roma in quella battaglia Lovanio 1911, pp. 194, 275 seg.; C. Lécriva- perirono trecentosei Fabi; vi fu un solo so- in, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des pravvissuto, unus de Fabia gente relictus erat. antiquités grecques et romaines, V, Parigi (Liv. 2, 49-50) che, unendosi in matrimonio 1919, p. 414; T. Mommsen, Römisches con una ragazza campana, figlia del beneven- Staatsrecht, II, Lipsia 1887, p. 601 segg.; D. tano Numerio Otacilio, avrebbe poi perpetrato R. Sear, Roman coins and their values, Sea- la discendenza della gens Fabia. by, 1988, p. 68; Università di Palermo. Isti- 30) Gli studi numismatici attribuisco ai Fabi 12 tuto di storia antica. Kōkalos, Atti del IV Con- tipi principali di conio più numerose varianti. gresso internazionale di studi sulla Sicilia La presenza dei Fabi nella magistratura dei antica, Palermo 1997, p. 286; cf. Ibidem, La tresviri monetales sembrerebbe essersi conclu- documentazione numismatica (A. Cutroni sa con L. FABI L. F HISP Q (L. Fabius Tusa). Hispamiensis) tresviro monetalis dall’82 39) R. M. Nicolai, Il ripostiglio di Cisterna all’81 a.C.; Crawford 366 e Babelon Fabia (Latina), Ministero per i Beni e le Attività 17. culturali, Bollettino di Numismatica, Anno 31) R. Thomsen, Early Roman Coinage, I-III, XXVIII Serie 1, 34 -35, Roma 2000, p.10. Copenhagen, 1957-1951, III, p. 120-122; J. P. 40) M. Della Corte, Notizie degli scavi di anti- C. Kent, B. Overbeck, A.U. Stilow, Die chità, in Atti della R. Accademia dei Lincei, Römische Münze, München, 1973, p. 12. Anno CCCVIII, Roma 1911. 32) F. Münzer, Fabius, n. 110, in RE, VI, 2, 41) E. Gabrici, Licodia (Catania)- Ripostiglio di 1909, e. 1794-1976. 120 denari della repubblica romana, sta in, 33) F. Münzer, Fabius, n. 92, in RE, VI, 2, Stutt- Atti della R. Accademia de Lincei, Anno cart 1909; P. Moreno, Modelli lisippei CCXCVII, 1900, serie Quinta, Classe di nell'arte decorativa di età repubblicana ed au- Scienze morali, Storiche e Filosofiche, Vol. gusteasta in, L'art décoratif à Rome à la fin de VIII, parte II, Roma 1903, p. 657. la République et au début du principat. Actes 42) R. M. Nicolai, op. cit. p. 14. dela table ronde (Rome, 10-11 mai 1979), 43) L. Rupel, Vecchi e nuovi ritrovamenti archeo- Rome 1981, p. 182. logici nelle Valli del Natisone, in Valli del 34) La lex Villia Annalis del 180 a.C. stabiliva Natisone - Nedišhe doline, a cura di P. Petri- che, tra l'elezione alla magistratura inferiore e cig, San Pietro al Natisone 2000. a quella superiore, doveva trascorrere almeno 44) S. Aglietti, Un ripostiglio di denari repub- un biennio e per presentarsi candidati alla que- blicani da Albano, in Rivista italiana di numi- stura bisognava aver fatto almeno dieci anni di smatica e scienze affini, vol. CIX, 2008. servizio militare. 45) Bollettino di Numismatica 48 – 49, 2007, p. 35) M. Bergamini, Museo Claudio Faina di Or- 36. vieto: Monete etrusche e italiche, greche, ro- 46) C. Cavedoni, Indicazione delle monete d’ar- mane repubblicane, Electa - Editori Umbri gento di famiglia romana scoperte in un anti- Associati, 1995, p. 113. co ripostiglio ad Arbanats in Francia l’anno 36) Cicerone, Brutus, 81: Nell'età di Catone si 1859, sta in Bullettino dell’Istituto di corri- distinsero molti oratori più giovani di lui. Ad spondenza archeologica, n. I-II, gennaio e esempio, tra gli altri, Aulo Albino, colui che febbraio 1863, Roma 1863 p.16. scrisse la storia della Grecia, che fu console con L. Lucullo, oltre che uomo colto ed elo- quente; e con costui ebbe una certa rilevanza anche Ser. Fulvio e Numerio Fabio Pittore,

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VILLE RUSTICHE DI EPOCA ROMANA IN LOCALITÀ MACEDONIA E RICHIUSO NEL COMUNE DI SOMMA VESUVIANA*

La città di Somma Vesuviana, di antichissime vulcano erano più accessibili e meglio collega- origini, sorge sulle pendici del gruppo vulcani- te con le città di Nola e Napoli che nel II secolo co del Somma – Vesuvio, la storia del luogo è a. C. si contendevano questo territorio. legata alla vita del Vesuvio di cui il monte La rovina provocata dal Vesuvio, che, improv- Somma rappresenta il più antico cratere vulca- visamente, si svegliò, in un giorno caldo e pi- nico. Luogo ospitale e fertilissimo ma soprat- gro sul finire dell’estate del 79 d.C., con una tutto luogo di importanza strategica. nuvola nera di pietre infuocate e di cenere, di- Prima dell’eruzione del 79 d.C. il vulcano ap- struggendo importanti ville rustiche, ha lasciato pariva come una normale montagna coperta di ai posteri un patrimonio di conoscenze che sa- boschi e vigneti, non tutti erano a conoscenza rebbe andato altrimenti perduto, il vulcano co- del fatto che il monte fosse un vulcano quie- stituisce il più straordinario tempio su terribili scente, solo Strabone e Vitruvio avevano rico- rovine. nosciuto la natura vulcanica delle rocce. In se- Diciassette anni prima, un violento terremoto guito alla guerra sociale del 90 a.C. tutto il aveva scosso le ville disseminate alle pendici comprensorio divenne una colonia romana con della montagna sacra a Giove, un tentativo del la funzione di zona neutra. vulcano che voleva squarciare la terra per dare Sul territorio sono stati ritrovati, nei tempi pas- più respiro ai suoi polmoni e trovare sbocco sati e moderni, reperti di diverse civiltà come alla furia delle sue viscere in ebollizione, un Etruschi, Osci e Romani, e probabilmente esi- segnale che nessuno interpretò come preludio steva una strada che da Pompei andava verso il alla futura catastrofe. territorio di tenendosi sulle pendici Sono passati molti secoli, la fisionomia dei luo- est del Vesuvio raggiungendo la pianura tra ghi, alterata dalle forze lente e convulse del Nola e Suessola, all’incirca sul tracciato di età sottosuolo e dalla mano dell’uomo, appare ora medievale e borbonica, la stessa strada già san- profondamente mutata. nitica che serviva anche gli insediamenti di Questo importante patrimonio di arte e cultura ville rustiche che continuavano dopo Terzigno nel corso dei secoli è stato profondamente ri- nei territori di , Somma Vesuviana e maneggiato distruggendo importanti struttura Sant’Anastasia. che si conservavano ancora intatte. Ritrovamenti recenti fanno supporre l’esistenza Le ombre dei numi vagano sui cumuli di remo- di insediamenti anteriori al II secolo a.C. che ta agonia, tra resti di ville inghiottite dai lapilli, sfruttavano le fertili pendici dell’antico vulca- nella dissepolta memoria di immagini lontane, no. Queste ville, legate più alla piccola proprie- fra i fremiti della terra ed i suoi perenni sussul- tà contadina che non a veri e propri latifondi, si ti. formarono solo successivamente assorbendo i Il termine latino villa indicava, in origine, la piccoli nuclei che erano diventati poco redditizi casa colonica situata in campagna di modeste a causa della mancanza della manodopera ef- dimensioni e a destinazione agricola, edificata fettuata da schiavi di cui si erano serviti in tem- in un luogo salubre, su terrazze naturali nei pi precedenti. pressi di una sorgente o di un corso d’acqua Questo territorio, per la sua posizione geografi- strettamente legata al fundus (proprietà terrie- ca, il clima temperato e la fertilità del terreno ra), solo in età tardo repubblicana si assiste alla vulcanico rispondeva a tutte le esigenze nascita di vere e proprie ville residenziali dota- dell’uomo ma non abbiamo una documentazio- te di ampi terreni coltivabili che garantivano ne certa dell’esistenza di un centro abitato, solo buone rendite ai proprietari e indipendentemen- estese ville rustiche dove abitavano tenaci agri- te dalle sue dimensioni poteva disporre di una coltori. o più fornaci con ambienti per la lavorazione Le vie di accesso a queste abitazioni rurali, po- dell’argilla e materiale da costruzione. ste sui tuori del monte, dovevano essere, proba- Ogni villa era dotata di cella vinaria con dolia bilmente, delle nodose mulattiere raggiungibili seminterrati nel terreno, che venivano collocati solo con animali da soma. in parte nella corte centrale di ogni fattoria e Solo le ville poste sulle estreme pendici del impianti di lavorazione (torcularium) per la

12 - Sylva Mala spremitura dell’uva. Appositi ambienti serviva- La presenza del forte interro di lapillo e sovra- no per la pulizia dei dolia, per la maggior parte stante cenere, provocata dall’eruzione del 79 restaurati con grappe di piombo. Queste fatto- d.C., non impedì agli abitanti di ritornare sui rie non producevano solo vino ma anche, per il luoghi di loro proprietà, terremoti, pure di mi- proprio sostentamento, cereali ed ortaggi, non- nore importanza, continuarono a funestare il ché frumento (triticum). territorio vesuviano, l’abbandono totale del Sono presenti sul territorio anche alberi da frut- territorio si registra solo a partire dal IV - V ta come il noce, il pero, il sorbo, il melo, il ci- secolo d.C., in seguito alla crisi demografica ed liegio e il pesco, quest’ultimo doveva essere economica del mondo antico. coltivato estensivamente e forse la sua coltiva- Le condizioni di vita furono messe a dura pro- zione andava a sostituire quella dei vigneti man va dall’eruzione del 79 d.C., ma sarà l’altra mano che la produzione del vino diventava eruzione, quella del 472 d.C., a sigillare i resti sempre meno competitiva sui mercati. romani ancora emergenti, aprendo drammatica- L’eruzione pliniana arrecò all’economia del mente l’età medievale. territorio danni irreparabili, distruggendo tutte le colture, anche se i luoghi furono immediata- Località Macedonia mente recuperati per reimpiegare la coltura della vite dal momento che, in più casi, si è Nel territorio di Somma Vesuviana tra i due costatato che i proprietari dei terreni ritornati alvei Macedonia (quota m. 232 circa s.l.m.) e sul posto, si sono attivati a recuperare unica- Fossa dei Leoni scende un lungo tuoro attra- mente i dolia, in quanto, costosi da realizzare, versato dalla sommità della strada vicinale Ma- ma soprattutto necessari per l’uso a cui essi resca o Cupa Maresca, detta in dialetto E’ Con- erano destinati. traffatte. Bisogna ricordare che tutta l’area faceva parte, I poderi sono coltivati fino ad una quota di 500 prima dell’acquisizione romana, ad un’unica metri sul livello del mare. Il territorio presenta proprietà il praedium Octaviorum, un vastissi- le caratteristiche dei terreni investiti dai feno- mo possedimento appartenente alla gens Octa- meni eruttivi. In superficie abbondano i mate- via, la famiglia dell’Imperatore Augusto. Tutto riali piroclastici intercalanti ad altri trasportati il territorio vesuviano in epoca romana si pre- e depositati da corsi d’acqua che in varie epo- sentava strettamente legato alla città di Nola. che hanno solcato la piana. I due alvei sono ed Sterri, arature e temporali con abbondanti piog- erano al tempo dei romani due larghe vie di ge hanno fatto di tanto in tanto riemergere dal- comunicazione tra villaggi in pianura e inse- la corrugata dorsale del monte Somma molti e diamenti montani. A destra e a sinistra dell’al- interessanti ruderi sepolti da più di due millen- veo Macedonia affiorano i resti di due siti ar- ni. Sotto il profilo architettonico queste masse- cheologici. rie si dividono in tre parti: I siti sono ottimali per la loro posizione in un Pars urbana: riservata al padrone (dominus), e contesto salubre, panoramico e altamente pro- comprende il cortile centrale (atrium) con tetto duttivo. displuviato per la raccolta dell’acqua piovana L’area non aveva un agglomerato urbano pre- (impluvium), una serie di stanze da letto minente ma solo aziende agricole che sfrutta- (cubicula), cortile colonnato scoperto vano queste terre dislocate sul territorio di vari (peristilium), ambienti destinati al riposo ed al praedia. Le strutture archeologiche fanno parte banchetto (triclinia). di vaste aziende agricole, dette più propriamen- Pars rustica: costituita dagli alloggi per il fatto- te ville rustiche, sparse alle pendici del monte re (vilicus), per gli schiavi e per i loro sorve- Somma, costruite nel II – I secolo a.C. e dan- glianti (monitores), con la cucina (culina) in- neggiate nel 62 d.C. da un violento terremoto torno alla quale, per sfruttare il vapore si dispo- che annunciava il risveglio del vulcano che le nevano i bagni, la cantina e le stalle. sommerse nell’eruzione del 79 d.C. Pars fructuaria: era costituita dagli ambienti Dal terreno, nascoste da piante di melograno e per la pigiatura dell’uva con l’utilizzo del tor- viti di uva catalana, affiorano mura in opus chio (torculum) e alla fermentazione del mosto incertum e parte di una struttura in opus lateri- deposto in apposite vasche (lucus), la conser- cium. Le pietre sono consumate dal tempo e vazione del vino avveniva in particolari am- distrutte dalle furia della montagna che sembra bienti (cellae vinariae) all’interno di grossi sollevarsi verso il cielo spinta da una forza sot- contenitori (dolia), per la spremitura dell’olio terranea invisibile la cui potenza è facile imma- si utilizzavano macine (trapetum). ginare.

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Il primo sito archeologico, dopo giorni di in- tense piogge, ha restituito, dal terreno franato, una grossa pentola fittile dal corpo globulare alta 22 cm., il suo fondo presenta una serie di 58 fori di 5 cm. di diametro. Questo tipo di contenitore serviva per la cottura a vapore di cibi come carne e verdure. L’orlo è svasato con alloggiamento per il coperchio e due anse ver- ticali di cui una mancante, resta solo l’attacco inferiore sulla spalla, l’ansa misura 12 x 4 cm. La parete esterna che misura 6 mm. presenta, sotto il diametro maggiore di 99 cm., una fa- scia a mensola di 105 cm. che consentiva l’in- serimento di essa sopra un altro contenitore. Fig. 3 Due esemplari simili sono conservati presso il deposito di Pompei con inventario 31666 e delle lettere 8 mm. punto dopo la prima A (fig. 19574 (fig. 1). 3). M(arcus). Lucceii – Quartionis, liberto del I secolo d.C. Frammenti di pavimento in opus signinum. Vano con pavimento in coccio pesto e canalet- ta di scolo, forse la vasca vinaria del torcula- rium. Percorrendo l’alveo, a poca distanza dal sito descritto, si incontra una cava abbandonata, non visibile dall’esterno perche ben nascosta dalla vegetazione spontanea. Dalla rupe, for- matasi a causa del lavoro delle ruspe che hanno deturpato il paesaggio, affiora una struttura muraria in opus latericium, posteriore all’eru- zione del 79 d.C. Da quello che resta della villa Fig. 1 rustica, quasi del tutto distrutta dal vulcano e dall’incuria dell’uomo, sono stati recuperati, in Dalla stessa località è venuto alla luce un va- superficie, tra le pietre vulcaniche dove attec- setto a pareti sottili alto 10,6 cm. con diametro chisce un lichene grigio argentato di 36 cm. e uno spessore di 3 mm., decorato (stereocaulon vesuvianum), due bolli su lateri- con gocce di argilla a rilievo (fig. 2). zi: Due sigilli su tegola in cartiglio rettangolare: C(aio). Arri – Nimeio, età augustea - tiberiana, A(ulo). Appulei – Hilarionis, liberto del I seco- bollo su frammento di pelves in cartiglio ret- lo d.C., il cartiglio misura 7 x 2,3 cm. altezza tangolare con punteggiatura a freccia che divi- de il prenome dal nome.

Fig. 2 Fig. 4

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C(aio). Porci – Optandi, bollo su frammento di sto venne alla luce una necropoli con tombe orlo di dolium in cartiglio rettangolare con alet- alla Cappuccina ed anfore, forse la necropoli te laterali, il cartiglio misura 5,5 x 1,7 cm., al- della villa sopra citata. La presenza della ne- tezza delle lettere 5 mm., punteggiatura di for- cropoli fa supporre che la strada per il santua- ma romboidale (fig. 4). rio di Castello era già percorribile in epoca ro- Cranio di cinghiale comune (sus scrofa), il re- mana. perto è stato rinvenuto in piccoli frammenti. Da questa località anni fa furono recuperati, da Numerosi frammenti di sigillata chiara testimo- chi scrive, frammenti di tegole con bollo osco, niano che la villa è stata riabitata dopo il 79 testimonianza che il nostro territorio fu abitato d.C. da popolazioni antichissime. Un’altra notizia Nel mezzo della cava, all’ingresso di una casa riguardante questa zona ci viene data dallo sto- fatiscente, fino a poco tempo fa si poteva am- rico Alberto Angrisani che nei suoi itinerari mirare un blocco cilindrico in piperno che fa- archeologici descritti nella pubblicazione di ceva parte di una macina olearia (trapetum). Mario Angrisani “La Villa Augustea in Somma Vesuviana”, Aversa, 1936, scrive a pag. 36, IX Località Richiuso - Lastra in travertino, doli, camera sepolta dalle ceneri vesuviane del 79 in proprietà Lan- Quota m. 275 s.l.m., crinale orientale dell’altu- dini a Rivittavoli, presumibilmente trattasi del- ra di Santa Maria a Castello, marginato a est la località Richiuso. dell’alveo Cavone. Villa rustica, sicuramente costruita nel II - I sec. a.C., si trova in una località alle pendici del monte Somma nota con il nome di Richiu- so, dal terreno affiorano mura con pietre poli- gonali cementate con malta in disposizione irregolare in gergo archeologico opus incertum e parte di una struttura muraria in opus lateri- cium. Tra le due strutture murarie si trovano alcuni doli interrati, forse la cella vinaria della villa, e frammenti di tegole e coppi del tetto crollato. Dal sito si è recuperato un blocco di base degli arbores di un torcularium in travertino con incavo rettangolare al centro (fig. 5). Fig. 6 Dal materiale archeologico rinvenuto in super- ficie si è raccolto: Un frammento di tegola con sigillo mutilo in cartiglio rettangolare ILAD / A (P ?) [ … ], rinvenuto il 12 maggio 2013, misura 4 cm. di lunghezza per 1 cm. e 6 mm. di larghezza, l’al- tezza dei caratteri è di 1 cm. e 5 mm. (fig. 6). Il sigillo è stato sempre utilizzato per le stesse finalità, rimaste alterate nel tempo, quelle di garantire la proprietà da parte di chi lo appone. Antefissa fittile, dal latino antefixa o antefigere (fermata o porre d’avanti), II – I sec. a.C. I sec. d.C., sono tegole semicilindriche terminali del tetto con ornamento di origine orientale la cui Fig. 5 funzione era quella di mascherare all’esterno il punto di giunta tra le tegole e i coppi o embrici Da ricordare che nelle vicinanze della località (imbrices). L’esemplare, di buona fattura, testi- sopra descritta durante i lavori per la realizza- mone di una calamità e messaggero di un pas- zione della strada per il santuario di S. Maria a sato lontano più di duemila anni, doveva essere Castello nel 1960 vennero alla luce resti di produzione di una officina campana, con forna- epoca romana e a distanza di circa venti anni in ci locali di minore importanza, attiva cronolo- occasione di uno sbancamento nello stesso po- gicamente tra la metà del I sec. a.C. e gli inizi

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bronzo che continua con un alto fusto termi- nante con un piattello destinato a reggere una lucerna somigliante ad un albero che sostiene un nido. In ambiente vesuviano sono stati rin- venuti alcuni esemplari di candelabri in ferro mentre è attestato dalle fonti anche l’uso del legno (Marziale, Epigrammi, XIV, 44). Sempre in area vesuviana il candelabro di tipo etrusco sembra che fosse oggetto di antiquariato già in epoca romana (fig. 8).

Fig. 7 del I sec. d.C. Il volto è di prospetto e misura 4 x 4 cm. ed è incorniciato da lunghi capelli a ciocche ondula- te che scendono fino al collo in modo da con- tornare il viso, purtroppo frammentato. Il busto con seni nudi e forse un diadema si appoggia su di un pulvino decorativo che misura 17 x 5 cm., affiancato da due volute serpentiformi o girali vegetali simmetriche a rilievo, una delle quali mutila, l’incastro misura 5 x 3 cm. Sul Fig. 9 reperto si possono notare tracce di colore bian- Piattello con cerchi concentrici rilevati sulla co. Sul retro si è conservato il segno in calcina superficie superiore, sul retro sono riconoscibi- di appoggio dell’antefissa al coppo (fig. 7). li i segni di giuntura al candelabro (fig. 9). Un frammento di candelabro di gusto ellenisti- Un’ansa di oinochoe in bronzo a sezione circo- co databile al I secolo d.C., il fusto, nodoso, lare con motivo a spina di pesce inciso. I reci- imita l’albero presente in due versioni, da pavi- pienti in bronzo sono decorati sempre sugli mento con fusto alto e da tavolo con fusto bas- elementi di presa (anse, impugnature, attacchi) so. e molto di rado sul corpo e si ispirano a motivi Per la loro ricercatezza e preziosità divennero figurati (vegetale, animale, mitologico) (fig. un elemento importante dell’arredo domestico, 10). Plinio afferma che il loro valore poteva arriva- re fino a 50.000 sesterzi ed erano utilizzati per rendere più funzionale l’uso delle lucerne ma anche con un intento estetico e di arredo all’in- terno delle abitazioni di censo medio – alto. Il candelabro è generalmente un treppiede di

Fig. 10 Un manico di patera in bronzo a bastone tondo striato, patere simili sono attestate frequente- Fig. 8 mente in area vesuviana. Di solito le estremità

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Fig. 11 di questi reperti venivano ornate da una testa di ariete, si può pensare che esistessero matrici di Fig. 12 anse che permettevano di costruire dei modelli di cera adattabili in modo preciso alla curva dei inediti con bollo osco. ventri o dei colli, queste matrici, che potevano Frammento di tegola con bollo di fabbrica in essere anche molto semplici, servivano a fab- cartiglio circolare con lettere in grafica osca v . bricare anse di dimensioni precise (fig. 11). p, circonferenza del cartiglio 3 cm., altezza Un reperto in bronzo non decifrabile forse la delle lettere 2,1 cm (fig. 12). base o l’orlo di un vaso. Nonostante l’assoluta povertà dei dati di un contesto di scavo, cui si possa fare riferimento, sono ritrovamenti frammentari che possono arricchire le conoscenze sulla circolazione dei reperti di bronzo nel nostro territorio. In epoca romana il vasellame in bronzo era più costoso del vetro e della ceramica e costituiva un sim- bolo di status sociale, Catone, Orazio e Plinio vantavano l’industria del bronzo di Capua, pa- ragonandola a quella prestigiosa di Corinto. Lo storico Svetonio narra che l’imperatore Augu- sto era chiamato dai suoi avversari in segno di disprezzo corinthiarius, appunto per la passio- Fig. 13 ne che mostrava nel cercare e collezionare Frammento di tegola con bollo di fabbrica con bronzi originari della città greca. Raramente lettere in grafica osca v . p, senza cartiglio ma negli scavi archeologici si trovano questi reper- con un piccolo quadratino che indica la base ti perche in antichità si praticava la rifusione delle due lettere, il quadratino misura 4 mm. le sistematica degli oggetti in metallo rotti o de- lettre 2 cm., questo tipo di bollo è stato ritrova- formati. to solo nel territorio di Somma Vesuviana, si Il nostro territorio salvo poche eccezioni non è mai stato oggetto di studi stratigrafici sistema- tici, pur nella rilevanza dei reperti fittili resti- tuiti da indagini di superficie e occasionali, ad esempio, in seguito ad attività agricola e a sca- vi edili, per tale motivo, non vi sono ancora delle certezze assolute sulle figline. Nel corso degli ultimi decenni però, approfonditi studi sui bolli laterizi, hanno ristretto il campo d’in- dagine e definito con sufficiente certezza le aree produttive interessate. Queste brevi note, pertanto, vanno ad aggiun- gere un ulteriore tassello nella conoscenza di questo peculiare settore della storia locale, si presentano infatti, alcuni frammenti di laterizi Fig. 14

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Fig. 17

Documentiamo questi reperti perché il patri- monio archeologico, preziosissimo per la no- stra storia, non vada ignorato o distrutto ma salvaguardato per le generazioni future.

GERARDO CAPASSO Fig. 15 presume che nella zona esistesse una fornace di laterizi (fig. 13). I reperti descritti sono stati consegnati da chi scrive al Museo Storico Archeologico di Nola e si possono Frammento di tegola con bollo di fabbrica TN ammirare nelle vetrine della sala dedicata a Som- in cartiglio quadrato 3 x 3 cm., altezza delle ma Vesuviana. lettere 1,8 cm (fig. 14). Bollo figurato (signa) su tegola in cartiglio Fonti bibliografiche rettangolare raffigurante Dioniso - Bacco che si appoggia al Tirso (asta sormontata da pampi- AA.VV., Stabiae, Bollettino ni ed edera intrecciati), il cartiglio misura 7 x dell’Associazione Internazionale Amici di Pompei, 3,3 cm. (fig. 15). Pompei I - 1983. Bollo figurato (fig. 16). AA.VV., Archeologia e vulcanologia in Campania, Parte di tegola con bollo HILAD riutilizzata Napoli 1998. lunga 21 cm. larga 9 cm. spessore 3 e mezzo il AA.VV., Itinerari Vesuviani… tra l’arte e la storia, bollo mutilo misura 4 x 2 cm. altezza delle let- Lions Club Palma Vesuvio Est, Napoli 1998. tere 1 cm. e mezzo (fig. 17). AA.VV., Cibi e sapori a Pompei e dintorni, Castel- Lo sguardo nel passato rappresenta un impera- lammare di Stabia 2005. tivo categorico per l’umanità, perché solo ANGRISANI A., Somma – Le origini – Le antichi- quando essa avrà imparato a conoscere il lungo tà classiche, in M. Angrisani, La Villa Augustea in cammino percorso nei secoli potrà comprende- Somma Vesuviana, Aversa 1936. CAPASSO G., Frammento di scudo fittile re meglio il proprio presente, l’archeologia è la (Tectoria) dalla contrada Abbadia in Somma Vesu- testimonianza tangibile del passato dell’umani- viana, in Summana, 37 – set. 1996. tà e ci parla delle ricchezze e delle civiltà dei CAPASSO G., Altri bolli dal Palmentiello, in Sum- tempi remoti e del modo di pensare e di vivere mana, 41 – dic. 1997. degli uomini di allora. CAPASSO G., Frammento di bollo figurato dalla località Richiuso nel comune di Somma Vesuviana, in Summana, 68 – dic. 2008. CAPASSO G., Antefissa fittile di epoca romana dal territorio di Somma Vesuviana, in Summana, 70 – apr. 2010. CAPASSO G., Bolli laterizi nell’area vesuviana – I parte, in Summana, 71 – mar. 2011. CAPASSO G., Fonti documentarie sui bolli rinve- nuti nel territorio di Somma Vesuviana, zone limi- trofe e agro nolano – Parte II, in Summana, 72 – dic. 2011. CAPOLONGO D., Del passato di e di antichi itinerari nel territorio di Nola, (I parte, Fig. 16 1976), Marigliano 1976 – 1977.

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IL PALAZZO DUCALE DI PALMA CAMPANIA DAI SALUZZO DUCHI DI CORIGLIANO AI COMPAGNA PRINCIPI DI MARSICONOVO*

Citato per la prima volta in un documento del della Tolfa [Giacomo, conte di San Valentino, 997, il locus Palma nel secolo seguente è testi- acquista il feudo dalla Regia Corte per 7160 mone di un fatto singolare ed increscioso: la ducati, con atto del 9 luglio 1529], Pignatelli prigionia di papa Pasquale II, assieme a due [Scipione, marchese di Lauro, sposa in Napoli vescovi e quattro cardinali, nel castello di Tri- il 2 giugno 1582 la contessa Vittoria della Tol- bucco, ad opera dell’imperatore Enrico V. fa, figlia di Carlo], di Capua [Maria Giovanna, Nel 1427 il feudo di Palma passa alla famiglia principessa di Cariati, con atto del 12 ottobre Orsini, conti di Nola, che dimorano nel castello 1634 per notar Marzio de Grisi di Napoli, com- posto in collina. Pochi anni dopo viene eretto pra dal Sacro Regio Consiglio la Terra di Pal- ma per ducati 70.500], Passaro [Massimino, Presidente della Regia Camera della Somma- ria, con atto del 29 gennaio 1643 per notar Pie- tro Antonio de Grisi di Napoli, compra la Terra di Palma da Scipione Spinelli], di Bologna [Nicola, Nobile del Seggio di Nido, compera il feudo nel 1663 col titolo di duca concessogli da re Filippo di Spagna], Caracciolo [pervenuto per linea materna a questa famiglia

Fig. 1 dal conte Raimondo Orsini giù nel planum Pal- mae una imponente costruzione fatta di torri e mura merlate, dietro espresso ordine del re di Napoli, Alfonso I d’Aragona, che sceglie que- ste contrade per le sue delizie e per i piaceri e sollazzo di Casa Reale, specie per la R. Caccia dei falconi nella stagione primaverile (figg. 1 e 11). Da quel momento prima gli Orsini [Enrico, a causa della sua ribellione viene privato del feu- do di Palma, devoluto all’imperiale dominio di Fig. 3 Carlo V nel 1529], poi in ordine di possesso: nel 1778], Saluzzo [il feudo viene comprato nel 1788 per la somma cospicua di ducati 314.485 dalla madre di esso Giacomo, Chiara de Marinis dei Principi di , essendo il figlio Giacomo minorenne, attraverso i contu- tori Camillo Sanseverino Marchese di Gagliati e l’avvocato Filippo Sabatini d’Anfora] ed infi- ne nel secondo decennio dell'Ottocento i baroni Compagna, poi principi, abiteranno stabilmen- te nel maestoso palazzo (fig. 2), il cui portone di ingresso, sormontato da una cornice di pi- perno contenente al centro lo stemma marmo- reo di questa Casata (fig. 3), è ancora oggi rag- Fig. 2 giungibile attraverso una doppia rampa di ac- cesso. Resti di affreschi di fine Seicento sono

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Tale arma si presenta attualmente agli occhi del visitatore alquanto sbiadita e cancellata quasi del tutto dall’edacità del tempo e dall’in- curia dell’uomo, al punto tale che si era resa difficilissima, se non impossibile, la sua inter- pretazione (fig. 6). A seguito di un paziente lavoro di “restauro” effettuato con l’ausilio del computer, possiamo affermare che tale stem- ma, pur con alcuni evidenti errori araldici do- vuti all'impreparazione del pittore, é da asse- gnare alla nobile famiglia Compagna, suppor- tati in ciò da studi di araldica, conservati presso biblioteche pubbliche e private.

Fig. 4 tuttora visibili all’interno del palazzo (fig. 4) che si presenta agli occhi del visitatore in tutta la sua maestosità, dopo gli interventi di restau- ro a cui è stato sottoposto pochi anni or sono, sotto l’attenta vigilanza della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per Napoli e Provincia, secondo il dettato del vincolo di tu- tela della legge del 20 giugno 1909 n. 364 che stabilisce e fissa norme per l’inalienabilità delle antichità e le belle arti, onde per la quale è stato dichiarato “Monumento Naziona- Fig. 6 le” (fig. 5). Vediamo chi erano i Saluzzo e i Compagna. La nobile famiglia Saluzzo è divisa principal- mente in tre rami, cioè in quello di Genova, del Piemonte e di Napoli. Il ramo piemontese, il più antico, si divide an- cora in vari rami che, dal predicato dei feudi posseduti, si dicono di Paesana e Castellar, di Monterosso, di Cardè, di Dogliani, della Man- ta, etc.. Il ramo passato nel napoletano, oggetto del nostro studio, ai principi del XVII secolo divie- ne signore di vasti feudi in Calabria e in Terra d’Otranto. I Saluzzo di Napoli traggono origine da Geno- va ove godettero di nobiltà nell’albergo (sedile) di Calvi. Diversi personaggi illustraro- no il ramo genovese: Bartolomeo, accimatore e collettore dell’introito di Corsica nel 1438; Giambattista, vescovo di Nebbio in Corsica nel Fig. 5 1471; Francesco, alto magistrato nel 1484; Giacomo, ufficiale della borsa nel 1510 e nel Col passaggio di proprietà del maestoso edifi- 1516 console dei pubblici incanti; Agostino, cio ai Signori Compagna, principi di Marsico- doge della Repubblica di Genova nel 1673. novo, costoro, oltre lo stemma marmoreo fatto Nella prima metà del Seicento alcuni membri apporre sul portone di ingresso, faranno affre- di tale ramo si portarono nel Regno di Napoli, scare sotto la volta dell'androne la loro arma di ove Agostino e Giovan Filippo, ricchi finanzie- famiglia, oggetto del presente studio. ri e patrizi di Genova, acquistano nel 1616 la

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questo concesso con R. D. del 3 giugno 1846 ed in essa estinto. Alla casata venne riconosciuto il titolo di nobi- le trasmissibile ai figli maschi e femmine dalla Commissione dei titoli di nobiltà dell’ex reame delle Due Sicilie, con deliberazioni del 1845, 1850 e 1859. Le è stato riconfermato il titolo di nobile con Decreto Ministeriale del 28 marzo 1903. I Saluzzo usarono l'arma: “troncato, d’azzurro e d’argento, al leone d’oro, nascente dalla troncatura” (fig. 7). La famiglia Compagna, originaria della Sicilia Orientale, emerge dalla nebbia della storia al Fig. 7 tempo del Vespro con Paolo, Rettore di Sutera (1282). Infeudata dal 1362 della rendita di due terra di Corigliano (Cosenza). Giacomo divie- onze annuali sui proventi delle gabelle e della ne Presidente della Regia Camera della Som- Secrezia di Messina, Matteo nel 1467 acquistò maria ed il figlio Agostino per aver sostenuto il feudo della gabella del fondaco del Re. I un lungo assedio nel suo castello di Corigliano Compagna appartennero alla ristretta cerchia e aver respinto le forze repubblicane del duca delle famiglie patrizie messinesi gelose custodi di Guisa (1647-48), ottiene, con decreto del 18 della Giurazia, il supremo magistrato cittadino. maggio 1649, il titolo di duca di Corigliano da Tommaso nel 1455, Francesco nel 1496 e Ber- parte di re Filippo IV di Spagna. nardino nel 1522 furono Senatori della città di Giovanni Filippo, figlio di detto Agostino, nel Messina. Nel 1618 Francesco Maria abbando- 1691 viene decorato del titolo di principe di nando l’isola pose la sua residenza nella citta- Lequile (Lecce), titolo estintosi poi nei Ruffo dina calabra di Longobucco in Sila, dando ori- per le nozze contratte il 22 gennaio 1868 dalla gine a un nuovo ramo della famiglia, che, per nobile Lucia Saluzzo col principe Fabrizio successione all'estinta famiglia Bajo, esercitò a Ruffo. lungo l'ufficio feudale della Mastrodattia. Pao- A questi titoli bisogna aggiungerne altri: prin- lo Antonio nel 1756 ebbe l'incarico da parte del cipe di San Mauro (Calabria Citra) con decreto governo di riattivare le antiche miniere argenti- del 1726 di Re Carlo VI d’Asburgo-Austria, fere, Pietro suo figlio, avvocato, ottenne dal principe del Sacro Romano Impero per i soli Senato di Messina la reintegra nella Nobiltà. primogeniti e di conte per tutti gli altri membri Da Longobucco la famiglia se ne partì nella della famiglia (1810). seconda metà del Settecento, trasferendosi a Agostino Saluzzo, 4° duca di Corigliano Corigliano. Con atto del 26 novembre 1828, (1782), sposò Chiara Marino (o de Marino), stilato dal notaio Narici di Napoli, il barone figlia di Filippo, Marchese di Genzano e Prin- Giuseppe Compagna (Longobucco 1780 + Co- cipe di Striano. Nel 1748 la famiglia viene aggregata al Real Monte di Manso e nel 1781 al seggio di Nido di Napoli. Inoltre i Saluzzo ebbero il marchesa- to di Anzi e la baronia di Bonifati (Cosenza), Mottafollone (Cosenza), Trivigno (Potenza) e quella succitata di Palma. I Saluzzo hanno infine vestito l’abito di Malta fin dal 1463 con Ludovico. Gabriele Saluzzo di Montemar fu Priore di Capua nel 1611-14, Ma- rino dei duchi di Corigliano fu ricevuto nel Gran Priorato delle Due Sicilie il 25 gennaio 1907. La famiglia ha ereditato il titolo di principe di Belvedere nel 1870 per il matrimonio contratto da don Filippo Saluzzo con donna Giulia Cara- fa, principessa di Belvedere (Cosenza), titolo Fig. 8

22 - Sylva Mala rigliano 1834), figlio di Pietro, acquistò gli ex feudi di Corigliano e Palma dai fratelli Filippo e Chiara Saluzzo, oberati di debiti. Uomo d'af- fari spregiudicato ed abile, il Compagna riuscì a ricomporre la grande proprietà fondiaria che le leggi antifeudali del 1806-1808 avevano ten- tato di frazionare (fig. 8). Suo figlio Luigi (1823 +1872) fu intestatario dei beni Saluzzo e sottoposto alla tutela materna fino alle noz- ze nel 1842 con la nobildonna Mariuccia del Carretto. Il barone Francesco (Corigliano 1848 + Napoli 1925), figlio del citato Luigi, nobile di Messina, Senatore del Regno e gentiluomo di corte della Regina Margherita, si coniugò con la nobildonna Maria Bianca Gallone di Fig. 10 Nociglia (1852 +1939), 9a principessa di Mar- siconovo. Il primogenito barone Luigi Francesco (1613). (Corigliano 1873 + Napoli 1939), divenne Ritornando al nostro assunto, il pittore, pur- principe di Marsiconovo per anticipata succes- troppo a noi ignoto, che ha realizzato nel se- sione materna, titolo concesso con R.D. 17 condo decennio dell’Ottocento lo stemma dei maggio 1925 e successive RR.LL.PP. 4 marzo Compagna nella volta dell’androne del palazzo 1926. Unitamente ai fratelli e allo zio Alfonso, ducale di Palma Campania, ha tenuto bene in venne riconosciuto nobile di Messina con D.M. conto, con notevole fattura artistica, i titoli 13 settembre 1927. Si sposò con Margherita (manto e corona di principe) e le onorificenze Soulier nel 1905. Senza prole, nei titoli succes- (croce di Malta) goduti dalla nobile Casata, se suo fratello, il barone Pietro (Napoli 1888 + realizzando l'affresco dello stemma, oggi pur- ivi 1965), principe di Marsiconovo, nobile di troppo in cattive condizioni, ma ha sbagliato i Messina, cavaliere d'Onore e Devozione del colori del campo dello scudo (di azzurro e di Sovrano Militare Ordine di Malta, cavaliere oro, anzicchè di oro e di nero) e del leone ram- dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, sposa- pante (di oro, anzicchè per metà di nero nel to con Teresa Siciliano dei marchesi di Rende. campo di oro e metà di oro nel campo di nero) Da loro nacque il barone Francesco (Napoli (fig. 9). 1921 + Capri 1982), principe di Marsiconovo e Il pittore avrebbe potuto rifarsi allo stemma nobile di Messina, noto politico italiano e Mi- realizzato nella seconda metà dell'Ottocento su nistro dei Lavori Pubblici. I Compagna sono mattonelle vietresi in località Pozzoromolo di iscritti nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana e Palma Campania, che rispetta le norme araldi- nell'Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano. Nume- che (fig. 10). Lo stemma affrescato, infatti, rosi furono i cavalieri accolti all’Ordine di andava così realizzato: Malta, tra cui spiccano: frà Antonio (1577), frà Arma: “troncato, d'oro e di nero, al leone Giuseppe (1582), frà Giacomo (1583) e frà rampante dell'uno nell'altro” (fig. 12). Dipinti bene risultano, invece, gli ornamenti esteriori dello scudo: Manto di principe: “drappo di velluto porpora foderato di ermellino, frangiato e legato ai lati, in alto, con cordoni d’oro, ricadente dalla co- ronaˮ. Corona di principe: “cerchio d’oro, gemmato e perlato al naturale, sormontato da nove foglie di acanto d’oro (dette fioroni), bottonate al centro con una perla, sostenute da punte, che sono chiuse superiormente col velluto (dello stesso tipo del manto) come un tocco, sormon- tato da una piccola croce”. Lo scudo è accollato da una croce biforcata d’argento (Ordine di Malta), a ricordo dei nu- Fig. 9 merosi esponenti della Casata, membri dell'Or-

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Fig. 11 - Mura perimetrali del giardino del Palazzo Ducale in una cartolina di inizio ‘900 dine Gerosolimitano nel corso dei secoli. rio d’Oro. Annuario nobiliare-diplomatico- Chiudiamo con una curiosità. I domestici di araldico, Istituto Araldico Italiano, anno XII, Roma casa Saluzzo, come ci ricorda il Padiglione, 1900. portavano la seguente livrea: “panciotto di DE LUCA L. (a cura di De Luca F.), Notizie sul bianco, calzoni, calze e giubba di azzurro, bot- Castello di Corigliano Calabro, Corigliano 2000. DI CROLLALANZA G. B., Dizionario storico- toni d’oro, gallone d’argento, dell’altezza di blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane quattro centimetri”. estinte e fiorenti, voll. I-III, Pisa 1886. I domestici di casa Compagna, invece, usava- DI MARTINO C., I Compagna e il Risorgimento, no: “panciotto di panno nero col fregio di gial- in www.brigantaggio.net. lo, calzoni, calze e giubba di giallo, bottoni MUGNOS F., Teatro Genealogico delle famiglie d'oro, gallone d'oro, dell'altezza di tre centime- nobili, titolate, feudatarie ed antiche nobili del fide- triˮ. lissimo Regno di Sicilia, p. I, Palermo 1647. NAPPI P., Un paese nella gloria del sole: Palma ANGELANDREA CASALE Campania, Sarno 1939. PASQUALE MARCIANO PADIGLIONE C., Delle livree del modo di com- porle e descrizione di quelle di famiglie nobili ita- liane, Napoli 1889. * Viene qui riproposto, con sostanziali modifiche e PELLICANO CASTAGNA M., La storia dei feudi aggiunte, un lavoro che gli autori hanno pubblicato e dei titoli nobiliari della Calabria, voll. I-IV, Ca- su Il Foglio, dic. 2010, periodico della Pro Loco tanzaro 1994-2003. Palma Campania. SPRETI V., Enciclopedia storico nobiliare italiana, vol. VI, Milano 1932. Bibliografia

AA.VV., L’Araldo almanacco nobiliare del Napo- letano, anno XXXIII - 1910, Napoli 1910. ALDIMARI B., Memorie historiche di diverse fa- miglie nobili così napoletane, come forastiere, Na- poli 1691. ALLOCCA G., Palma nei secoli tra storia e crona- ca, Terzigno 2004. BONAZZI F., Elenco dei Cavalieri del S. M. Ordi- ne di S. Giovanni di Gerusalemme ricevuti nella Veneranda Lingua d’Italia, Napoli, vol. I-1897, vol. II-1907. BORELLA A. (a cura di), Annuario della nobiltà Fig. 12 italiana, anno XXX, vol. II, Teglio 2006. Calenda-

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GLI AFFRESCHI RITROVATI DELLA VILLA DI ASELLIUS E TRE SCAVI CLANDESTINI Le pitture, parte dell’apparato decorativo parietale di una fattoria del I secolo a.C., scavata a Boscoreale nel 1903, erano sparite dai depositi di Pompei in epoca imprecisata

Quella che si ripercorre nelle pagine che seguono è la storia del ritrovamento di pez- zi di «storia» di Boscoreale spariti quasi mezzo secolo fa dai depositi archeologici degli Scavi di Pompei, dove erano custodi- ti. Si tratta di sei quadretti dipinti, che faceva- no parte dell’apparato decorativo parietale della villa di Asellius, una azienda agricola che secondo gli archeologi risalirebbe al I secolo a.C., e che come tanti altri edifici simili e contemporanei, venne sepolta da ceneri e lapilli durante l’eruzione del Vesu- vio, nel 79 d.C. Fig. 2 Sei, come si diceva, i quadretti recuperati all’estero, in tempi differenti, dai Carabi- positi pompeiani di Porta Stabia, non si è nieri del Nucleo Tutela Patrimonio Cultu- mai saputo con precisione. Sparirono e ba- sta. Presumibilmente la loro sparizione ri- sale al 1957, epoca in cui il sito di Pompei dipendeva dalla Soprintendenza Archeolo- gica di Napoli, e pochi mesi dopo che quel- le pitture erano state acquisite dal Museo Archeologico Nazionale (inventariate ai nn. 151194-151200), perché alienate dai legittimi proprietari. Unico pannello non sparito fu quello al quale, successivamente, venne cambiato il numero d’inventario ori- ginario con il 41679.

Fig. 1 rale, dopo una serie di ricerche e di opera- zioni di intelligence: un pavone, un Dioni- so «sacrificante», una ministra «sacrificante» (fig. 1), una «figura femmi- nile con lungo mantello rosso che regge con la mano destra una piccola oinochoe (un vaso)», un medaglione con «busto di giovane donna con un amorino sulle spal- le» e un quadretto con «una tozza figura maschile». Come scomparvero, quelle pitture, dai de- Fig. 3

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Del gruppo di sei quadretti, gli ultimi recu- perati sono la «figura femminile con lungo mantello rosso che regge con la mano de- stra una piccola oinochoe (un vaso)», il medaglione con «busto di giovane donna con un amorino sulle spalle» (fig. 2) e il quadretto con «una tozza figura maschile». I reperti facevano parte della collezione privata di un magnate statunitense e stava- no per essere messi all’asta. La «figura femminile con lungo mantello rosso che regge con la mano destra una piccola oinochoe (un vaso)» impreziosiva la parete settentrionale dell’ambiente “diciannove”. Si trovava nel fregio e pro- poneva una donna con tunica verde chiaro e mantello rosso, reggente una pisside nella mano sinistra, oltre al piccolo cratere tenu- Fig. 5 to nella mano destra (fig. 3). secolo d.C., situata a poca distanza dalla L’altro affresco, a forma di medaglione, cosiddetta «villa del Tesoro di Boscoreale che raffigura un «busto di giovane donna o della Pisanella», si trovava nel fondo con un amorino sulle spalle», stava invece agricolo di Giuseppe De Martino e venne nell’ambiente “sedici”, all’interno di una scavata e indagata dall’on. Vincenzo De nicchia decorata con fiori gialli e rossi, ol- Prisco, lo scopritore della sunnominata vil- tre a numerosi uccelli, su campo bianco. la “Pisanella”, al quale il De Martino aveva Infine, molto rovinato, l’ultimo dipinto re- concesso, con il consenso dei figli Antonio, Giovanni e Maria Antonia, il diritto di «scavo in un suo fondo…» della grandezza di 6 moggi, pari a due ettari e 22 are che confinava «a occidente con la via pubbli- ca, a settentrione con via vicinale, a mez- zodì con i beni di Antonio Di Martino, ad oriente con quelli di Giuseppe Maiello», come ebbe a scrivere, nell’atto stipulato per conto dei contraenti, il notaio Luigi Vi- telli, il 7 dicembre 1899. La fabbrica, a pianta quadrata, viene detta di «Asellius» da un sigillo di bronzo con soprassegnato quel nome e ritenuto appar- tenente al proprietario dell’edificio o al suo Fig. 4 procuratore (fig. 6). cuperato e raffigurante «una tozza figura maschile» (fig. 4), proviene ancora dall’ambiente “diciannove”, dove si trova- va a destra della precedente figura femmi- nile. Ma prima di continuare la descrizione dei reperti recuperati, per una migliore vi- sione d’insieme, pare di sicuro interesse descrivere orientamento, dislocazione e geometria abitativa della fattoria. La villa detta di «Asellius» (fig. 5), del I Fig. 6

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La fattoria, in due anni di lavoro, tra il 1903 e il 1904, venne scavata, spogliata di affreschi e materiali e risotterrata. Tanto che pochi ne ricordano l’esatta ubicazione. Eppure, gli archeologi ritengono che si tratti di una delle più interessanti ville – fattorie che si trovano nel territorio di Bo- scoreale. Difatti, il fabbricato è del tutto differente dagli altri insediamenti dell’area perché non ha locali destinati alla conservazione Fig. 8 delle derrate alimentari e alla loro lavora- ché il sole, penetrando senza ostacoli, re- zione. Matteo Della Corte, difatti, ipotizzò casse luce e calore cosi ai tre gruppi armo- che torcularium, trapetum e pistrinum si nici di ambienti posti intorno agli altri lati trovassero in un altro edificio rustico, posi- del portico, come ai boschetti ed alle aiuo- zionato poco distante e non ancora rinve- le fiorite del viridario centrale». Non molti nuto. Gli ambienti posti attorno all’ampio furono i reperti recuperati nel corso dello peristilio erano decorati con belle pitture e scavo perché la villa era stata a più riprese aveva un impianto termale distribuito su tre oggetto di esplorazioni (tombaroli?) in locali. Ecco, in un passo riportato in Noti- epoca antica. Sicuramente interessanti, tra zie degli Scavi di Antichità del gennaio quelli recuperati, sono i pezzi di argento e 1921, pag. 426, come viene descritta da di bronzo, ceramiche, alcune monete. Della Corte l’unicità del fabbricato: «Un L’affresco con Dioniso (fig. 7) invece, sti- vero luogo di delizie si volle avere in que- mato del valore pari a circa 400 mila euro, sto che, a parer mio, è un modello di edifi- venne recuperato a Londra, in una galleria cio di campagna: ce lo dicono concorde- d’arte, con un’operazione congiunta tra mente tanti elementi costruttivi, architetto- Carabinieri del Reparto Operativo Tutela nici, decorativi, che la villa offre all'osser- Patrimonio Culturale di Roma e dalle vazione, quali, principalmente, la perfetta Fiamme Gialle del Nucleo Tutela Patrimo- orientazione della pianta; la sua forma nio Archeologico della Guardia di Finanza. quasi quadrata; la simmetria nella distri- Il quadretto mostra il dio del vino, Bacco - buzione degli ambienti; l'assenza, non che Dioniso, in piedi, coperto da un mantello di di camere, anche del semplice portico, lun- colore rosso che gli avvolge la gamba de- go il muro perimetrale meridionale, affin- stra e la spalla sinistra, mentre versa, da una patera, del vino su un altare, per un sacrificio. Accanto all’altarino in pietra, ci sono due montoni che lo osservano. In alto, la scena è abbellita da un festone di fiori e foglie retto da tre chiodi, mentre in basso è dipinto un serpente agatodemone che, co- me scrisse ancora Matteo Della Corte in Notizie Scavi del 1921, «snodando le sue spire da destra a sinistra brandisce le of- ferte per lui preposte sopra un’ara cilindri- ca di brecciato giallo». La nicchia in cui più di un secolo fa si rinvenne il quadretto si trovava nel cosiddetto “ambiente 22” della villa di Asellius. Il dipinto, delle di- mensioni di cm 80 x cm 60, mostra, pro- babilmente, una sacerdotessa mentre regge Fig. 7 una patera con la destra e un praefericulum

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Fig. 11 ria nord di Pompei, in contrada Civita Giu- Fig. 9 liana. A intercettare lo scavatore clandesti- (vaso sacrificale) con l’altra mano, e pro- no furono, agli inizi del giugno 2009, i mi- viene dal triclino “18” della villa e venne litari dell’Arma appartenenti al Gruppo di recuperato nel 2010. Torre Annunziata. Nel corso di una perqui- L’altro affresco, proponente la sacerdotes- sizione effettuata nel casolare i Carabinieri sa, proveniva dall’ambiente “18” e venne scoprirono reperti archeologici risalenti al I localizzato nel 2008 in una galleria londi- secolo d.C. provenienti da una villa romana già nota e in parte scavata (e risotterrata) tra il 1907 e il 1908. Si tratta della cosiddetta “Villa del fondo Imperiali” perché venne scavata dal mar- chese Giovanni Imperiali che ne aveva in- dividuato le tracce in un suo fondo rustico in località Civita (figg. 9 e 10). Lo scavato- re clandestino aveva raggiunto il calpestio della villa, nella parte ancora inesplorata, praticando un pozzo profondo circa sette metri. Poi, si era fatto largo nel lapillo fria- bile costruendo una galleria attraverso la quale aveva cominciato a recuperare i pri- Fig. 10 mi pezzi. Tra essi, un puteale in creta, una nese e nel 2009, a febbraio, rientrò in Ita- pentola con coperchio, delle macine e un lia. Mentre quello con un pavone (fig. 8), mortaio, i fondi di anfore olearie, i resti di dall’esedra n. 8, era stato recuperato qual- un palco di corna di cervo, e una serratura che anno prima. in bronzo (fig. 11). Vanno altresì segnalati gli altri interventi Un altro scavo clandestino, scoperto a un compiuti dai Carabinieri che nell’ultimo centinaio di metri dall’Antiquarium Nazio- decennio hanno intercettato scavi clande- nale di Boscoreale, nell’isolato “14” di via stini fatti sia in territorio di Boscoreale sia Settetermini, nel cuore del rione «Piano in aree che, in antico, appartenevano alla Napoli» invece, venne bloccato mentre i sunnominata cittadina. tombaroli erano in vista delle murature di È appunto il caso dello scavo condotto ille- un edificio del tutto sconosciuto. Gli scava- galmente in un casolare situato alla perife- tori, che non vennero individuati perché

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tato e bloccato un altro scavo clandestino. Quando si dice: abitare sulla Storia e non averne coscienza.

CARLO AVVISATI

Nota bibliografica

AA.VV,, Casali di ieri casali di oggi. Architetture rurali e tecniche agricole nel territorio di Pompei e Stabiae, Napoli 2000. AVVISATI Carlo, Recuperato il Pavone di Pom- Fig. 12 pei, rientra in Italia il prezioso pannello trafugato quarant’anni fa, Il Mattino, 1 marzo 2000, pag. 29. fiutarono il pericolo e abbandonarono le AVVISATI Carlo, Villa Regina scacco ai tombaro- “indagini”, vi stavano lavorando da circa li, Il Mattino, 24 luglio 2004, pag. 37. un anno. Il pozzo scendeva sino a circa set- AVVISATI Carlo, Scavi abusivi, sotto sequestro la te metri dall’attuale livello di calpestio e fattoria, Il Mattino, 25 luglio 2004, pag. 37. AVVISATI Carlo, Torna a casa l’affresco rubato a una volta raggiunto il “tuono”, ovvero il Pompei, recuperato a Londra, Il Mattino, Cultura, calpestio del 79 d.C., si divideva in due 14 febbraio 2009. camminamenti lunghi circa 140 metri (fig. AVVISATI Carlo, Pronti per l’asta e invece torna- 12). Per non fare scoprire lo scavo, il lapil- no in Italia, Il Giornale dell’Arte, n. 295, febbraio lo estratto veniva stoccato in vasche desti- 2010, pag.47. AVVISATI Carlo, Affreschi all’asta negli Usa fu- nate alla raccolta di acque piovane realiz- rono rubati a Villa Asellius, quadri e monete furono zate all’epoca del Commissariato alla rico- trafugati nel 1957 nei depositi di Porta Stabia, Il struzione post terremoto del 1980. Lungo il Mattino, 2 giugno 2015, pag. 47. tunnel vennero trovate numerose tegole DELLA CORTE Matteo, La «Villa rustica Aselli» frammentate. Quasi certamente, la villa è esplorata dall’on. Sig. Vincenzo De Prisco nel fon- do De Martino, in contrada Pisanella (com. di Bo- rimasta integra perché lo scavo in profon- scoreale) negli anni 1903 – 1904, in Notizie Scavi dità era ancora in fase iniziale. 1921, pp. 426-435. Sempre in quell’area, ma dal lato opposto, STEFANI Grete, Boscoreale: la Villa di Asellius e ovvero a pochi metri da dove attualmente le sue pitture, in Rivista di Studi Pompeiani, IX, sorge l’Istituto Superiore Vesevus e alle Roma 1998, pp. 41-62. STEFANI Grete, Pompei. Vecchi scavi sconosciuti, spalle del Santuario della Madonna Libera- Roma 1994. trice dai Flagelli, nel 1999 venne intercet-

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