ALLEGATO a Individuazione E Perimetrazione Di Centri Storici, I Nuclei Ed I Complessi Rurali Di Valore Storico Ed Ambientale Ai
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ALLEGATO A Individuazione e perimetrazione di centri storici, i nuclei ed i complessi rurali di valore storico ed ambientale ai sensi dell'articolo 5, punto 2 del PTP Cilento Costiero Premessa Il Comune di San Giovanni a Piro, ad oggi, sprovvisto di strumentazione urbanistica, ha avviato alla fine del 2012 il lavoro di elaborazione del proprio Piano Urbanistico Comunale. Conformemente alle previsioni del Regolamento regionale 5/2011 in materia di governo del territorio è stata anzitutto predisposta una proposta preliminare di Puc corredata di rapporto preliminare ambientale sulla base dei quali è stata condotta, nel periodo ottobre - dicembre 2013, una vasta attività di consultazione e di confronto con i Soggetti Competenti in materia Ambientale, con il Pubblico Interessato, con la cittadinanza. Sulle base degli esiti di tali consultazioni è stata approvata definitivamente la proposta preliminare di Puc ed il Rapporto preliminare ambientale con deliberazione di Giunta Comunale n.22 del 03.03.2014, ed è stato dato avvio alla elaborazione della proposta definitiva di Puc, ormai in corso di ultimazione. Il presente studio è stato redatto per le finalità di cui al punto 2 dell’art.5 del vigente Piano Territoriale Paesistico del Cilento Costiero nella parte in cui stabilisce che “…di concerto con la Soprintendenza per i BB.AA.AA.AA.SS., dovranno essere individuati e perimetrati i centri storici, i nuclei ed i complessi rurali di valore storico ed ambientale”. Cenni storici 1 San Giovanni a Piro Verso l’anno 990 d.C., i monaci basiliani provenienti dall’Epiro fondarono, in località Ceraseto - così denominata perché all’epoca ricchissima di piante di ciliegio - l’Abbadia di S. Giovanni Battista. Il territorio dove sorge il Cenobio, posto alle falde del monte, costituiva un rifugio sicuro e pressoché inattaccabile. I frati basiliani cercarono subito di iniziarne la coltivazione, dando notevole impulso, oltre che a colture di ogni genere, anche all’industria armentizia, in modo da garantire al sorto cenobio una cospicua e necessaria risorsa economica che assicurasse una completa indipendenza ed una vita propria alla nuova comunità. Un primo nucleo abitato degno di tale nome sorse, sul territorio ove è oggi S. Giovanni a Piro, soltanto nei primissimi anni del X secolo, quasi sicuramente dopo la terribile distruzione della vicina Policastro del 915 ad opera dei Saraceni agropolitani. I numerosi policastresi scampati alla rovina decisero di abbandonare la costa e rifugiarsi in luoghi più sicuri e nascosti. I monaci basiliani, oltre a servirsi dell’operosa attività della scarsa popolazione del vicino nucleo abitato, chiamarono sul posto anche numerosi coloni dei villaggi circostanti che ben presto si stabilirono anch’essi ai piedi del monte di Bulgheria. La popolazione crebbe in modo notevole, nuove dimore furono costruite, ed il piccolo centro diventò ben presto un vero e proprio borgo che, traendo il nome dal titolo della vicina Abbadia basiliana, cominciò a chiamarsi S. Giovanni a Piro. Riguardo al toponimo “Piro” la tesi più accreditata è che il termine derivi dal termine dialettale “piro” ovvero “albero di pero”, in quanto nel luogo del sorto villaggio vi era appunto un grande albero di pero. Oggi, concorde con tale tesi, lo stemma del Comune rappresenta una pianta di pero con due leoni rampanti a testimonianza della decisa volontà del popolo di resistere, ad ogni costo, alle difficoltà. Il Cenobio, diretto da illustri studiosi ed umanisti, fu uno dei più importanti monasteri del monachesimo greco dell’Italia Meridionale. Nel 1462 fu chiamato dal cardinale Bessarione come Procuratore e Fattore Generale dell’Abazia Teodoro Gaza (Tessalonica,1398 – San Giovanni a Piro, 1475). Grazie alla sua spiccata personalità e ai suoi studi, l'Abazia ebbe un nuovo assetto e nuove normative. Il 7 ottobre del 1466, dopo quattro anni di duro lavoro, durante i quali si era valso dell’aiuto di esperti giuristi, compilò gli “Statuti” o “Capitoli” della terra di S. Giovanni a Piro. Un piccolo codice, composto originariamente da 49 articoli, che regolava i rapporti tra il Cenobio e il casale di S. Giovanni a Piro. Presentava norme di diritto Civile, Penale, Amministrativo e di Pubblica Sicurezza ed altri regolamenti per la tutela della proprietà e dell’amministrazione della giustizia. Si dovette, però, aspettare il 1520 per conferire forma pubblica agli "Statuti del Gaza" che, nella stessa data, vennero anche accettati e sottoscritti dagli esponenti politici del luogo. Il Gaza durante il suo mandato viaggiò molto, ma i suoi ultimi giorni trascorsero, dice il Palazzo, “nella 1 Tratto dal sito ufficiale del Comune di San Giovanni a Piro all’indirizzo: http://www.comunedisangiovanniapiro.it/Storia.htm verde oasi e nel mistico silenzio delle sacre mura che lo avevano accolto e confortato dopo il suo lungo peregrinare”. Si spense nel 1475 e fu seppellito nella chiesa del Cenobio di S. Giovanni Battista, come attesta una lapide di marmo. Il Cirelli autore del “Regno delle due Sicilie descritto ed illustrato” a proposito degli “uomini distinti” cita “Primo tra tutti per tempo e per sapere (...) Teodoro Gaza, uomo di greca eccellenza, di cui tutti sanno”. Nel XVI secolo S. Giovanni a Piro, al pari dei vicini centri costieri fu a lungo perseguitato dalle continue e martellanti scorrerie dei pirati. Una prima terribile incursione il borgo la subì nell’agosto del 1533 quando fu assalita dal corsaro turco “il Giudeo”, agli ordini di Khair-ed-Din Barbarossa. Il corsaro sbarcò alla Marina dell’Oliva, odierna Scario, uccidendo e facendo schiave circa ottanta persone. I Padri Basiliani, in seguito alla terribile incursione, in comune accordo con i cittadini e gli esponenti dell’Università di S. Giovanni a Piro, ritennero opportuno cingere di mura tutta la zona che conteneva il complesso abitato. Il paese subì un’altra incursione nel 1543 ma una sciagura ancora peggiore si abbattè su S. Giovanni a Piro la domenica del 10 luglio 1552. Il corsaro turco Dragut Rais Bassà sbarcò alla Marina dell’Oliva con 123 galee assalendo nello stesso tempo Vibonati, S.Giovanni a Piro, Bosco, Torre Orsaia, Roccagloriosa. Nell’anno 1561 l’antico Cenobio si presentava ormai in completo sfacelo, in pieno abbandono e quasi deserto. Venuta meno la funzione di centro ascetico e culturale, il Cenobio basiliano passò, nel 1587, a far parte, insieme con altri monasteri ed abbadie del Meridione, del ricchissimo patrimonio della Cappella Sistina di Roma. Fu incaricato per l'amministrazione dell'Abbadia il vescovo di Policastro, Mons. Ferdinando Spinell. Il vasto territorio di S. Giovanni a Piro divenne ben presto un vero e proprio feudo diocesano con indebiti arricchimenti e con oppressioni e soprusi di ogni genere. Le autorità civili del paese, insieme ai privati, denunciavano tutti i soprusi commessi dal conte e dalla contessa di Policastro nei confronti dei cittadini, chiedendo a Roma di intervenire. Finalmente, dopo anni di indifferenza e di inerzia, raccolte le suppliche e le lamentele dei cittadini e di cospicue personalità di S. Giovanni a Piro, il Consiglio d’Amministrazione della Cappella Sistina incaricò di far luce sulla questione l’avvocato Di Luccia, conferendogli regolare mandato. Il giurista accettò di sostenere le ragioni dell’Università di S. Giovanni a Piro riuscendo a porre nel giusto risalto la gravità della situazione e le indebite appropriazioni dei conti Carafa di Policastro. Dal 1700 nessun’altra notizia si ha più della gloriosa Commenda Basiliana. S. Giovanni a Piro incominciò il suo ritmo normale di vita, con amministrazione propria ed in conformità delle norme legislative che venivano man mano evolvendosi. Per la ristrettezza dei mezzi economici, ma specialmente per la disagevole posizione topografica, il piccolo centro camminò assai lentamente sulla via della civiltà e del progresso. Contribuirono a rallentargli il passo altre tristi vicende che si abbatterono con particolare violenza sull’intera regione. Nell’anno 1656 nel Regno di Napoli infierì orribilmente la peste che, dalla capitale, si estese rapidamente nel Salernitano e nel Cilento mietendo migliaia di vittime. Un secolo più tardi, il paese fu spietatamente decimato dalla carestia, che si ripeté, con conseguenze ancora più disastrose e mortali nell’anno 1817. Nell’anno 1806 agli eventi naturali si aggiunse, poi, la mano dell’uomo. Arrivarono in paese le truppe di Gioacchino Murat, che si scatenarono contro il Santuario di Pietrasanta, avendolo scambiato per una fortezza Il tessuto edilizio di San Giovanni a Piro, situato a 450m. s.l.m., si svolge sulle linee tradizionali di una architettura fondata sul perseguimento di una elementare aderenza ai bisogni dell’uomo che, all’epoca della fondazione, erano quelli della difesa e della sicurezza. Le case del centro storico sorgono aggrappate l’una all’altra, con un prezioso risparmio di mura, separate da passaggi strettissimi, legate da ripide e lunghe scalinate. L’insediamento più compatto del paese è dominato dai caratteristici profili della Chiesa madre e della torre campanaria. Chiuso un tempo da mura, è oggi di difficile accesso e quasi impenetrabile alla circolazione veicolare. L’insediamento sparso è piuttosto raro e si riferisce in generale all’ultima fase della edificazione, legata alla diffusione di case per vacanze e ville. L’intensità della storia vissuta si manifesta pienamente nell’aspetto attuale del paese, che trasmette al visitatore una forte e suggestiva atmosfera di antichità. La caratteristica primaria dell’insediamento è la sua spontanea integrazione nell’ambiente paesaggistico, nel quale si prolunga con muri di confine, terrazzamenti, muretti di sostegno e viottoli pavimentati, che sono stati costruiti utilizzando la stessa pietra calcarea che è servita nei secoli a costruire le case. Percorrendo il nucleo più antico di S. Giovanni a Piro si può intuire quella che era la tipologia della casa contadina, un semplice cubo, con modeste aperture che si riproduceva, proprio in virtù dell’andamento accidentato del terreno e dei dislivelli, con una ripetitività tale da non raggiungere mai effetti di monotonia.