Guai a sinistra per Macron

[PARIGI] Dopo molti mesi di trattative nasce infine il nuovo gruppo all’Assemblea Nazionale che riunisce transfughi di La République En Marche (Lrem), il partito di Emmanuel Macron, e deputati appartenenti ad altri gruppi. Con duecentottantotto deputati il partito del presidente perde la maggioranza assoluta (duecentottantanove). Temporaneamente. Perché il gruppo attende l’arrivo di un deputato supplente di un eletto di En Marche dimissionario. In attesa del nuovo deputato, da un punto di vista dell’aritmetica parlamentare il governo di Eduard Philippe non corre comunque alcun rischio. La maggioranza presidenziale poggia infatti su un accordo con il MoDem (centro), il partito di François Bayrou che conta quarantanove deputati, e Agir, il movimento di ex Les Républicains (centrodestra) che ne conta nove. Tuttavia la carica simbolica dell’evento è notevole. Da mesi infatti nella sinistra del partito di Macron si discute sulla possibilità di trovare una forma di organizzazione interna – leggi una corrente – che consenta d’influenzare le posizioni del governo. Il nuovo gruppo sembra indirizzato a fare questo. Si chiamerà Écologie, Démocratie, Solidarité e sarà composto da diciassette deputati. Molti meno rispetto ai cinquanta inizialmente previsti. Di questi, sette sono quelli che hanno lasciato questa settimana il gruppo di En Marche per partecipare alla nuova avventura. Il governo e molti dirigenti di En Marche avevano fatto molte pressioni negli ultimi giorni per impedire che ci fossero troppe partenze dal gruppo parlamentare.

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Matthieu Orphelin, ex deputato del partito di Emmanuel Macron, da tempo lavora per creare un nuovo gruppo parlamentare di “macronisti” delusi Écologie, Démocratie, Solidarité sarà guidato da due ex-marcheurs, fuoriusciti tempo fa, Paula Forteza e Matthieu Orphelin, deputato vicino all’ex ministro dell’ambiente . Tra i parlamentari del gruppo vi sono Delphine Batho, ex ministra socialista, e Cédric Villani, il matematico che si era candidato in dissidio con Lrem al Comune di Parigi. Molti sono ex socialisti che avevano aderito a En Marche. Come Aurelien Taché, giovane deputato rivelazione, che ha dichiarato al Journal du dimanche: Nel 2017 ho lasciato il Partito socialista perché non era capace di andare oltre le proprie frontiere. Oggi lascio Lrem per le stesse ragioni. Il gruppo parlamentare, tuttavia, non conta di iscriversi all’opposizione. Piuttosto, l’idea è quella di diventare “i garanti dello spirito originale del progetto presidenziale”. Significa che faranno pesare di volta in volta il loro voto. Per ora pungoleranno la maggioranza sul alcune proposte: una legge per il benessere degli animali, la rivalutazione dei salari del personale medico e infermieristico, la tassazione del capitale, un “reddito universale per giovani” dai diciotto anni in su, il congedo di paternità obbligatorio, ingenti investimenti nella transizione ecologica, un piano

| 2 Guai a sinistra per Macron di reindustrializzazione. Macron ha molti problemi nell’ala sinistra del suo partito. E nel tentativo di sopirli, mentre nasceva il nuovo gruppo, alcuni deputati di En Marche finalizzavano la costituzione di una corrente di centrosinistra del partito. I deputati e hanno creato infatti l’associazione En Commun, per stimolare la sensibilità sociale ed ecologica del governo. Si tratta di una prima volta per il partito di Macron. I dirigenti di En Marche hanno più volte ripetuto di detestare il sistema correntizio. Un sistema che molti hanno sperimentato nelle guerre civili del Partito socialista nel quinquennato di François Hollande. Meglio quindi uno sviluppo “controllato e organizzato” delle correnti, piuttosto che il caos, avranno pensato. Che la corrente infatti nasca ora non è casuale. Non è stata certamente creata per mettere in difficoltà il presidente. Piuttosto il fine è quello di neutralizzare possibili nuovi abbandoni da parte di ex socialisti ed ex verdi della maggioranza presidenziale. E additare come “rei di slealtà” i deputati che sono usciti dal gruppo parlamentare. E questo non era nemmeno il primo tentativo di calmare le acque tra i marcheurs di centrosinistra. A febbraio era nato anche il movimento guidato da Jean-Yves Le Drian, l’ex ministro socialista della difesa durante la presidenza Hollande e oggi ministro degli esteri nel governo di Philippe. Il movimento Territoires de progrès riunisce deputati e membri del governo di provenienza socialista, con l’ambizione di costruire la gamba socialdemocratica del partito di Macron. Le Drian aveva dichiarato in occasione della nascita del movimento che: La socialdemocrazia si è trasferita, ha abbandonato il Ps. Deve ritrovare una propria casa all’interno della maggioranza presidenziale. Questi movimenti a sinistra nel partito di Macron hanno ragioni profonde. E preoccupano molti deputati. Nel 2017 infatti al primo turno delle presidenziali il 45 per cento degli elettori di Hollande nel 2012 aveva votato per Macron, contro il 15 per cento degli elettori di Bayrou (centro), il 18 per cento degli elettori di Nicolas Sarkozy, il tre per cento degli elettori di Mélenchon e il due per cento degli elettori di Le Pen. Una percentuale che al secondo turno saliva al 66 per cento tra gli elettori di Hollande.

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Il ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian accanto al presidente Macron. Le Drian, ministro della difesa nei governi socialisti durante la presidenza Hollande, è stato uno dei primi politici del Partito socialista a sostenere la candidatura di Macron Alle elezioni europee del 2019 invece s’era ribaltata la situazione. Una parte dell’elettorato di Macron (circa il 20 per cento) si è infatti riversata su Europe Ecologie – Les Verts, dove, assieme al 26 per cento degli elettori che avevano votato per Benoit Hamon (Ps) e Jean-Luc Mélenchon (La Insoumise) nel 2017, hanno costituito il successo della formazione guidata da Yannick Jadot. Alle perdite subito sul lato sinistro dell’elettorato, Macron aveva tuttavia resistito grazie al 27 per cento degli elettori di François Fillon (centrodestra) che erano passati al partito del presidente. È la strategia dei vasi comunicanti che il presidente adotta da sempre e che si fonda sulla flessibilità ideologica del partito. Flessibilità alla quale oggi in molti guardano in maniera problematica in vista delle presidenziali del 2022. Pur in assenza di avversari nella sinistra moderata, incapace di riunirsi attorno ad un leader e di trovare una piattaforma programmatica, l’astensione a sinistra potrebbe danneggiare il presidente. Metterlo poi in difficoltà al primo turno, qualora la sinistra trovasse un accordo attorno ad un candidato, e/o al secondo turno, in vista di un ballottaggio che molti immaginano ancora con Marine Le Pen. E il secondo turno è una nuova elezione. L’astensione sommata ai voti che il partito di estrema destra ha già strappato alle elezioni europee alla destra moderata potrebbero costare cara al presidente. Per ora le pressioni dalla sinistra del partito sono rivolte a Edouard Philippe, il primo ministro, ex uomo di Alain Juppé, a capo di un governo giudicato troppo a destra. Ma un rimpasto di governo per ora non sembra all’orizzonte. Anche perché non c’è una figura in grado di assumersene la

| 4 Guai a sinistra per Macron responsabilità. Vero è che la crisi del Covid-19 sta cambiando molte cose. Per esempio, Orphelin, uno dei leader del nuovo gruppo parlamentare, ha suggerito l’idea di un governo di grande coalizione alla tedesca. Con l’esclusione di Marine Le Pen, il modo migliore per affrontare il Covid-19. Un’idea sulla quale pare stia lavorando anche Daniel Cohn-Bendit, ex leader del Maggio francese ed ex leader dei verdi, oggi ascoltato sostenitore di Macron. Condividere il peso delle prossime scelte di governo per condividere eventuali perdite di consenso. Nei fatti la crisi del coronavirus obbliga Macron a modificare il proprio programma per il 2017. La riforma delle pensioni, che aveva dato vita ad un lungo sciopero, è stata sospesa. Idem le riforme istituzionali. La crisi economica avrà un impatto su quella che era una lenta diminuzione della disoccupazione e sugli obiettivi di riduzione del deficit e della spesa pubblica. Il presidente non smette di ripetere che “nulla sarà come prima”: Dobbiamo saper uscire dai sentieri battuti, dalle ideologie. Dobbiamo sapere reinventarci. Io per primo. Nelle settimane scorse il presidente aveva dichiarato anche che: […] avremo bisogno di decisioni di rottura. Molte certezze e convinzioni sono state spazzate via. Il giorno dopo non potrà essere un ritorno al giorno prima. E, come sempre quando Macron si pone un obiettivo, l’ambizione di riforma è molto ampia. Qualcuno l’ha definito un presidente schumpeteriano. Poiché non ha paura di creare mondi nuovi e di distruggere quelli antichi. Perché crede che la politica sia movimento e dinamismo, non staticità.

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Angela Merkel e Emmanuel Macron durante la conferenza stampa congiunta per annunciare il piano di rilancio franco-tedesco. E questa sfida alla staticità avviene soprattuto a livello europeo. Un suo vero marchio di fabbrica che lo rende molto diverso dai suoi predecessori. Per questo molti esponenti del governo non hanno apprezzato la creazione del gruppo parlamentare di questi giorni. Perché ha tolto visibilità ad un risultato importante nella nuova strategia del presidente in vista del 2022. Il recente accordo con la cancelliera Angela Merkel è visto infatti come la realizzazione delle promesse europeiste fatte ad inizio mandato. Quando alla Sorbona aveva invitato l’Unione europea ad una rifondazione. Aspirazioni poi bloccate dalla Germania. Oggi, sulla scia della crisi sanitaria, quell’accordo riesce anche a puntellare la credibilità del presidente. Un evento che ci ricorda che, nonostante i molti problemi interni, sottovalutare Macron e la sua capacità di fare politica, per molti inaspettata, sarebbe un errore.

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Guai a sinistra per Macron was last modified: Maggio 21st, 2020 by MARCO MICHIELI

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