Giornalista, Attore O Calciatore Era Il Volto Buono Dell'italia

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Giornalista, Attore O Calciatore Era Il Volto Buono Dell'italia 26 in scena venerdì 1 novembre 2002 Lollo & Pampanini Catullo a memoria Gina Lollobrigida era collega di Raf Vallo- «Raf era un gran erudito, un fine e squisi- ne in alcuni film all'inizio della carriera to conversatore. Conosceva a memoria tra cui Cuori senza frontiere di Luigi Zam- Catullo e spesso lo citava in latino». Ma- pa, nel 1950. «Era un po’ burbero - ricor- rio Scaccia ricorda così Raf Vallone. Il da la Lollo - Se ne stava sempre apparta- grande vecchio del teatro italiano aveva to sul set, di lui non si sapeva molto. Ma interpretato nel 1968, accanto all'attore una gran brava persona e un bravo atto- e regista scomparso, il testo di Arthur re. Poi ci siamo persi di vista,ma lo ricor- Miller Uno sguardo dal ponte. «Non di- do con affetto». «Un simpaticone, cordia- menticherò mai quel debutto -spiega an- le e gentile»: così Silvana Pampanini, che cora Scaccia- E soprattutto non dimenti- con Vallone girò Le avventure di Mandrin cherò Miller compagno inseparabile di nel ’51. «Con il talento e la professionali- Raf. L'aveva conosciuto negli Stati Uniti tà che aveva, Vallone avrebbe potuto otte- e per quella prima italiana aveva anche nere molto di più nella sua carriera». tradotto l'opera». Raf Vallone con Lucia Bosé In una scena di «El Cid» ROMA È morto ieri mattina a Roma, all'età di 86 anni, l'attore Raf Vallone. Vallone era nato il 17 febbraio del 1916 a Tropea. Dopo essere stato capo redattore della pagina culturale de l'Unità di Torino, aveva cominciato la carriera di attore nel film Riso amaro. I funerali, si è appreso dal figlio Saverio, si svolgeranno domani a Roma, nella Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo. Un telegramma di cordoglio è stato inviato alla famiglia dal presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Alberto Crespi on c’è niente da fare: per capire chi è stato Raf Vallone, quale impatto abbia C’era una volta un cronista dell’Unità N avuto sul pubblico italiano, e soprat- tutto quale Italia abbia conquistato con le sue l cinema italiano del dopoguerrra fu volto ancora sconosciuto di Raf Vallone doti di attore, bisogna tornare a quelle due meno iconoclasta di quanto si pensi, MARCORD... apparve in un manifesto del Fronte popo- date. Il 1948 e il 1949. L’anno in cui De Santis I almeno per quanto riguarda gli atto- A lare (erano le elezioni del 18 aprile 1948) concepì e girò Riso amaro, e l’anno in cui il film ri. Accanto a tanti volti presi dalla stra- creato dagli esperti della direzione del uscì, sconvolgendo gli italiani per molti motivi da, riapparvero attori che avevano fatto Carlo Lizzani Pci con la consulenza di De Sanctis e (apparentemente) diversi e diventando il più lo star-system degli anni precedenti: Gi- mia, e certamente era un volto che ben grande successo di pubblico nella breve e glorio- rotti, Giachetti, Andrea Checchi. Ma con tà sulla quale volevamo indagare, per figurava nell’iconografia di una forma- sa stagione del neorealismo. Il ‘48: la fine della l’apparizione di Raf Vallone, Silvana dare al nostro soggetto una sostanza pro- zione come il Fronte, negata alle masse «pax» del dopoguerra fra Pci e Dc, le elezioni Mangano e Lucia Bosé, emersero quei fondamente reale. popolari. con la sconfitta del Fronte Popolare, l’attentato volti nuovi destinati ad un successo pro- Frequentandolo, in quei giorni, scoprim- Dal 48 in poi, specialmente dopo il suc- a Togliatti, la disperazione post-bellica di Ger- fessionale che il cinema neorealista aspet- mo il suo talento di giovane intellettuale cesso mondiale di Riso amaro, Raf Vallo- mania anno zero, Ladri di biciclette e la vittoria tava. (le citazioni a memoria di Garcìa Lorca, ne ebbe una carriera di successi e di pre- di Bartali nel Tour de France. Il ‘49: l’Italia Io e Giuseppe De Sanctis conoscemmo di Rilke) e poi ci convincemmo a poco a stigio, non solo nel cinema italiano, ma ormai divisa in due e pronta ad identificarsi nel Vallone nel 1947 quando, recatici a Tori- poco della possibilità di farlo esordire anche nella cinematografia internaziona- «mondo piccolo» di Don Camillo e Peppone, no per esplorare in Piemonte le zone del- come attore nello stesso film Riso amaro. le. Da allora rimanemmo legati da stima l’apparente ripiegamento di Stromboli, la dop- le risaie, in cui sarebbe stato ambientato Tenemmo segreta la cosa ripromettendo- reciproca ed affetto, anche se poi le occa- pietta Giro-Tour di Coppi (la prima nella sto- Riso Amaro, avendo bisogno di una ci di fare poi a Roma un provino e quin- sioni di lavoro furono rarissime. Ma cer- ria) e soprattutto Superga, la tragedia del Gran- «guida», cioè un giornalista esperto di di solo due o tre mesi più tardi lui seppe tamente con De Sanctis avevamo punta- de Torino. In questa Italia, dove il neorealismo problematiche sociali, Davide Lajolo, al- della nostra intenzione e ne fu entusia- to giusto, infatti il retroterra culturale di fatica ad affermarsi presso il pubblico (anche lora direttore de l’Unità, ci consigliò e ci sta. Campione di football, poi giornali- Raf fu anche il fattore che gli permise per l’ostracismo da parte delle autorità, convin- mise accanto il giovane giornalista Raf sta, poi attore, sembra un personaggio di non solo il successo sullo schermo, ma te allora come oggi che i panni sporchi vadano Vallone. oggi: quando si parla di flessibilità! In- anche sulla scena. lavati in famiglia) e la cultura è ancora appan- Raf era stato anche un grande campione tanto erano andati avanti i provini per Certamente, con la sua scomparsa, il naggio di pochi; in questo pianeta ricco di idee di football, ma l’interesse per la cultura e la protagonista femminile ed era stata grande cinema italiano di quei decenni e povero di soldi, affamato di internazionali- per le problematiche di quegli anni roven- scelta Silvana Mangano. In questo film d’oro perde uno dei suoi punti di riferi- smo e incredibilmente provinciale, atterra il ti lo aveva portato al lavoro di giornali- quindi furono «laureati» due volti vera- mento essenziali. meteorite Riso amaro. È un film neorealista, ma sta. Vallone divenne il nostro «Virgilio» mente tipici e diventati poi leggendari Mi sento vicino in questo momento a è anche un grande spettacolo popolare; parla e ci fece conoscere zone e personaggi im- del cinema neorealista. Elena Varzi, sua compagna inseparabile, della vita durissima delle «mondariso», ma nel portanti per la conoscenza di quella real- Prima ancora che uscisse Riso amaro,il e ai suoi carissimi figli. momento stesso in cui denuncia il loro sfrutta- mento le trasforma in creature sexy, con le calze arrotolate e le gambe nude immerse nel- l’acqua delle risaie. Mette in scena un’Italia pro- letaria dove ciascuno parla il suo dialetto, ma fa ballare alla stupefacente Silvana Mangano un boogie-woogie che popola immediatamente i sogni erotici di tutti i maschi italiani. Racconta Giornalista, attore o calciatore una storia da gangster-movie all’americana, ma girata con la sapienza e la ricchezza stilistica dei classici sovietici: Raoul Walsh più Dovzenko. Crea personaggi femminili ambigui (ladre che si innamorano, mondine che si sporcano la Era il volto buono dell’Italia fedina penale) e personaggi maschili tutti d’un pezzo, il cattivissimo Vittorio Gassman e il buo- nissimo Raf Vallone. È, insomma, cinema po- polare all’ennesima potenza, al quale si ispire- da Smith, accanto a un divo della New Hollywo- so. Con loro, De Santis crea due archetipi, an- tenere il passo degli esordi (un Riso amaro capi- ranno i Lizzani come i Matarazzo. Ad esso, od come Steve McQueen ma diretto da un che ideologici. In quel fatidico ‘48, Vallone è ta una volta nella vita) e ben presto il divo Vallone collabora prima di tutto da cronista: grande della vecchia guardia, il più autoritario chiaramente un potenziale comunista, Gas- buono punta ad altro. Da giovane colto (nella De Santis lo chiama perché ha letto una sua e «cattivo» di tutti: Henry Hathaway. sman è ancor più chiaramente un fascista rici- redazione dell’Unità ha frequentato Pavese, Cal- inchiesta sulle mondine uscita sulle pagine tori- Nel mezzo, sulla via che lega le risaie del clato. Anche nei film successivi, la maschera del vino, Lajolo) pensa al teatro. Nel ‘57, come si nesi dell’Unità. Poi, intuendo in lui talento e Piemonte ai deserti del Far West, c’è di tutto. buono rimarrà appiccicata a Vallone come una diceva, interpreta Uno sguardo dal ponte di Mil- voglia di fare, gli offre il ruolo di Marco, il C’è il cinema italiano: il neorealismo (Roma ore benedizione. Il suo secondo film, nel 1950, è Il ler con la regia di Peter Brook. Negli anni ‘60, reduce dal cuore d’oro che tenta invano di sal- 11 di De Santis, ad esempio: il film più «zavatti- cammino della speranza di Pietro Germi: il neo- molti palcoscenici e pochi set: interpreta Piran- vare Silvana Mangano dal suo triste destino. niano» di tutti), la commedia (Il segno di Vene- realismo si mescola con la parabola evangelica dello (Sei personaggi in cerca d’autore), Ibsen (Il Ma c’è una strana continuità, nell’Italia di quel re, primo strepitoso capolavoro di Dino Risi: (grazie anche al copione di Fellini e Pinelli), e costruttore Solness), più tardi Shakespeare (un particolare frangente storico, fra l’essere croni- Vallone è l’onesto tassinaro concupito da Fran- Vallone si carica la croce sulle spalle e incarna epocale Tito Andronico messo in scena da Peter sta dell’Unità, ex giocatore del Torino («squa- ca Valeri, ma le preferisce - chiamatelo stupido un Cristo emigrante.
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