LE MAPPE DEL TESORO Venti itinerari alla scoperta del patrimonio culturale di e della sua provincia

Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo LA DECORAZIONE BAROCCA LE TARSIE MARMOREE di Valeria Sola

REGIONE SICILIANA Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana PO FESR Sicilia 2007-2013 Linea d’intervento 3.1.1.1. “Investiamo nel vostro futuro” Progetto LE MAPPE DEL TESORO. Venti itinerari alla scoperta del patrimonio culturale di Palermo e della sua provincia. progetto di: Ignazio Romeo R.U.P.: Claudia Oliva

Soprintendente: Maria Elena Volpes

La decorazione barocca: le tarsie marmoree di: Valeria Sola fotografie di: Diletta Di Simone (fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 15, 16, 19, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51); Dario Di Vincenzo (fig. 9, 10, 13, 14, 20, 23, 26, 27, 28, 35); Francesco Paolo Cusimano (fig. 8, 17, 21, 22, 24, 25); archivio fotografico della Soprintendenza di Palermo (fig. 18, 36) si ringraziano per aver consentito la riproduzione dei beni culturali di loro proprietà: il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Inter- no e la Prefettura di Palermo; l’Arcidiocesi di Palermo; l’Arcidiocesi di ; la Diocesi di Cefalù; l’Eparchia di Piana degli Albanesi si ringrazia inoltre: Leonardo Artale cura redazionale: Ignazio Romeo con la collaborazione di Maria Concetta Picciurro, Francesca Buffa e Marina Mancino grafica e stampa: Ediguida s.r.l.

Le mappe del tesoro : venti itinerari alla scoperta del patrimonio culturale di Palermo e della sua provincia. - Palermo : Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana. – v. 1. Beni culturali – Palermo . 709.45823 CDD-22 SBN Pal0274341

9.: La decorazione barocca : le tarsie marmoree / di Valeria Sola. - Palermo : Regione siciliana, Assessorato dei beni cultu- rali e dell’identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana, 2015. ISBN 978-88-6164-286-7 1. Intarsi marmorei - Palermo - Sec. 17. I. Sola, Valeria <1965->. 736.509458231063 CDD-22

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

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Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo Via Pasquale Calvi, 13 - 90139 Palermo Palazzo Ajutamicristo - Via Garibaldi, 41 - 90133 Palermo tel. 091-7071425 091-7071342 091-7071411 www.regione.sicilia.it/beniculturali LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

5 PREMESSA 6 L’ARTE DELLE TARSIE MARMOREE 16 La tecnica 18 Le maestranze 23 I paliotti 28 SCHEDE 28 Cappella dell’Immacolata nella chiesa di San Francesco d’Assisi 30 Chiesa di Casa Professa 35 Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria 38 Cappella del Rosario e Cripta Lanza nella chiesa di Santa Cita 42 Chiesa di Santa Maria di Valverde 44 Chiesa della Immacolata Concezione 47 Il “cappellone” della Martorana 50 Chiesa del SS. Salvatore 54 Cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale 61 BIBLIOGRAFIA

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Le sfarzose decorazioni marmoree che accen- Sant’Ignazio all’Olivella. Ma la contesa (se dono di colori e di fasto alcune chiese e cap- davvero vi fu) sembra riservata soprattutto pelle del secondo Seicento e del primissimo agli ordini femminili, nei quali le giovani Settecento palermitano, aprono allo stupefat- monache delle grandi famiglie portavano to visitatore odierno le porte di un mondo, – prendendo il velo – una dote quasi ma- in cui egli fatica un poco ad orientarsi. trimoniale, che veniva spesa per il prestigio Queste opere d’arte di minuziosa e lenta della Casa. Così, con l’eccezione della chiesa esecuzione furono realizzate nel cuore della gesuitica, di alcune cappelle nobiliari e della moderna epoca d’oro dell’architettura a cappella senatoriale in San Francesco d’As- Palermo, quel periodo fra ‘600 e ‘700 in cui sisi, le più straordinarie scenografie di tarsie la città (oggi, il suo centro storico) assunse marmoree si possono ammirare nelle chiese l’aspetto che ancora si può ammirare, a di monasteri femminili: nelle benedettine dispetto delle devastazioni portate dai bom- dell’Immacolata Concezione e della Marto- bardamenti degli anglo-americani durante la rana, nella carmelitana S. Maria di Valverde, seconda guerra mondiale, e della successiva nella domenicana S. Caterina d’Alessandria e incuria degli stessi abitanti. nella basiliana chiesa del SS. Salvatore. E già ci si domanda quali tesori di ricchez- ze – da una terra avarissima per la maggior Capita spesso che quanto Palermo ha di più parte degli abitanti delle campagne – resero bello da offrire al visitatore, si presenti come possibile una simile fioritura. Ma le ingenti un fiore raro: una pianta insolita, non vista risorse economiche non spiegano tutto. Quel altrove, dalla fioritura eccezionale (tardiva che per noi è più difficile da concepire, è lo o intempestiva) e difficile a ripetersi. Così è spirito che animò questo fervore e, vien da senz’altro per la stagione dei marmi mischi, un dire, questa gara, che vide impegnato un in- periodo di circa settant’anni che ha lasciato tero ceto dominante (la nobiltà, l’alto clero, meravigliosi fiori di pietra. Poche cose riescono i più potenti ordini religiosi) e che si esercitò a rappresentare in modo più incisivo la storia soprattutto nel campo dell’architettura sacra. ambivalente di questa città, che è stata sempre Qui si vede come l’intento di offrire equiva- (dopo le epoche araba e normanna, e fino lenti terreni (attraverso l’architettura e l’arte) all’inizio del ‘900), nello stesso tempo una alla potenza di Dio e della Chiesa cattolica si grande capitale e una periferia lontana da tut- sposava con la volontà di rendere visibile il to. Un’arte lussuosa, regale, ma sviluppatasi per ruolo sociale del committente; di farlo pesare. vie proprie e fuori dalle correnti maggiori; un Così, accanto allo straordinario amore per trionfo di opulenza, ma destinata malinconica- una bellezza che dev’essere innanzitutto opu- mente ad appannarsi, e quasi a cancellarsi, con lenta, una decorazione ricca come quella dei la perdita di rilievo, e infine l’estinzione, delle marmi mischi fa pensare anche alla animosa istituzioni religiose che l’avevano promossa. emulazione fra le diverse case religiose, e le Al di là della loro ipnotica e indimenticabile famiglie nobili che le sostenevano. Così, per bellezza, i marmi mischi offrono lo spettaco- esempio, i Gesuiti, che per primi avevano lo, nello stesso tempo, della gloria terrena e proposto questa maniera, rispondono col della sua scomparsa. fasto della loro Casa Professa alle vaste de- corazioni dei Filippini nella loro chiesa di I.R. LE MAPPE DEL TESORO

L’ARTE DELLE TARSIE MARMOREE

A Palermo, entrando nella chiesa di Casa Professa, di Santa Caterina o dell’Immacolata Concezione al Capo, il visitatore rimarrà certamente stupito dallo sfarzo e dall’opulenza della decorazione marmorea che riveste intera- mente le pareti. Per quanto l’impiego dei marmi variamente lavorati non sia evidentemente un’esclusiva del barocco siciliano e palermitano in particola- re, qui esso assume caratteristiche proprie e inconfondibili. Bianchi puttini, statue, simboli religiosi e motivi floreali policromi si affollano su un fondo nero, spesso alternato a specchiature in rosso. Questa decorazione, in uso tra il XVII e la prima metà del XVIII secolo, viene indicata nelle fonti storiogra- fiche antiche e nei documenti d’archivio con il nome di marmi mischi.

Più precisamente, mischi sono detti gli in- sero in Sicilia architetti e marmorari quali tarsi marmorei piani, che prendono invece appunto i Calamech, il Montorsoli, e i il nome di tramischi, trabischi o rabischi se fiorentini Montanini e Camillo Camilliani, vi si inseriscono elementi a rilievo, per lo che importeranno in Sicilia la nuova ma- più in marmo bianco, come avverrà nel niera italiana. Proprio il Camilliani avrebbe corso dello sviluppo di questa tecnica sin- diffuso i commessi marmorei adottandoli golare (fig. 1-5). nella decorazione dei suoi monumenti Se la raffinata produzione messinese, per funebri con sarcofagi ornati da rilievi in le vicende legate alla distruzione della città marmo bianco, alternati a lastre in marmo causata dal terremoto del 1908, ci è giunta policromo secondo disegni geometrizzanti. essenzialmente in frammenti, è nella capita- Ma l’origine di questa fantasiosa, nonché le dell’Isola che possiamo ancora ammirare accuratissima e costosa decorazione sem- gli arredi marmorei all’interno degli edifici bra dipendere solo in parte dagli esempi per i quali furono realizzati. toscani, sempre elaborati in un ambito La letteratura artistica sui marmi mischi è culturale, quale quello meridionale, ten- piuttosto ampia. L’origine di tale decora- dente ad enfatizzare l’aspetto ornamentale e zione è piuttosto controversa, ma deter- decorativo. Certamente un forte incentivo minante, alla fine del XVI secolo, sembra allo sviluppo fu la presenza in Sicilia di essere stata la produzione fiorentina dei numerose varietà di marmi pregiati, noti famosi “commessi” in marmo e pietre dure. fin dall’antichità: rossi di Castellammare, Probabilmente l’introduzione nell’Isola di di San Vito e di Piana dei Greci, gialli di quest’uso decorativo avvenne tramite artisti Castronovo e Segesta, grigi di Billiemi ed toscani che, grazie al commercio del mar- Erice, nonché marmi brecciati policromi mo di Carrara, entrarono in contatto con come il libeccio, proveniente dalle cave del i principali porti isolani, ovvero e trapanese, detto “pietra di libici” nei docu- Palermo. Insieme al marmo, infatti, giun- menti. Abbondavano anche le pietre dure, 7

1 Palermo, Chiesa della Martorana, particolare LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

quali calcedoni, agate, ametiste e diaspri, usate soprattutto per gli altari, secondo gli esempi romani nelle cappelle Sistina e Paolina a Santa Maria Maggiore. Per il tono azzurro erano impiegate le scorie vetrose prodotte nelle fornaci da calce, indicate infatti nei documenti coevi come “pietre di calcara”. Di importazione, invece, come si è accennato, il marmo bianco e statuario, proveniente da Carrara, e altre pietre quali il grigio bardiglio, pure toscano, tendente all’azzurrognolo, il nero di paragone e il verde, estratto dalle cave apuane o liguri, meno usato dei precedenti. Nei primi decenni del XVII secolo dai monumenti funebri il mischio passò ben presto a decorare altari e cappelle. A quanto testimoniano i documenti d’archivio, tale soluzione decorativa fu applicata, forse per la prima volta, nel 1617 nel presbiterio della chiesa gesuitica di Santa Maria della 9 2 Monreale, Duomo, Cappella Roano (o del Crocifisso)

3 Palermo, Chiesa della Martorana, particolare

Grotta a Palermo (perduta; oggi atrio della ne dell’architetto regio Mariano Smiriglio Biblioteca centrale della Regione siciliana) nel 1626 e compiuta otto anni dopo, e la e nelle edicole degli altari del transetto nella coeva cappella della Madonna della Lettera chiesa di Sant’ Ignazio Martire all’Olivella, nel Duomo di Messina, progettata da Si- nei quali la decorazione marmorea si limita mone Gullì. Queste cappelle erano decora- ai motivi geometrizzanti dei plinti e dell’ar- te da motivi non più geometrici come nel chitrave. caso degli altari di Sant’Ignazio Martire, Già nel terzo decennio del XVII secolo il più simili agli esempi toscani, ma da girali mischio viene impiegato nell’ornamentazio- e rabeschi vegetali alla maniera napoletana. ne di intere cappelle. Celebrate dalle fonti Anche a Napoli infatti si erano diffusi gli 4 coeve, ma non giunte sino ai tempi nostri, sfarzosi commessi marmorei. L’intarsio Palermo, Chiesa sono la cappella di Santa Rosalia nella Cat- napoletano, come quello siciliano, predi- della Martorana, tedrale di Palermo, iniziata sotto la direzio- lige l’aspetto puramente ornamentale; a particolare LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

5 differenza dei mischi palermitani, però, il da quelli dell’arte tessile (fig. 5). Palermo, Chiesa di cui fondo è sempre costituito dal marmo Per l’elevato costo dei materiali e della Sant’Ignazio marti- re, Cappella di San nero (detto dalle fonti di paragone), quello lunga lavorazione, i mischi potevano es- Giovanni Battista presenta spesso fondi colorati. Lo sviluppo sere realizzati solo da ricchi committenti; parallelo non stupisce; i contatti e gli scam- essi vengono impiegati dapprima nella bi tra Napoli e l’Isola erano molto stretti, e decorazione di cappelle private di famiglie con reciproche influenze. I marmi siciliani, nobiliari, quale le Oneto-Sperlinga in San largamente esportati, venivano impiegati Domenico e Gravina in San Giuseppe dei infatti anche nella città partenopea. I mi- Teatini, o nel caso di commissioni da parte schi siciliani presentano motivi puramente del Senato cittadino, come la già citata decorativi, privi di ricerca naturalistica e cappella di Santa Rosalia nella Cattedrale spesso bidimensionali, chiaramente derivati o la cappella Senatoria in San Francesco 6 11 Palermo, Chiesa di San Dome- nico, cappella Oneto-Sperlinga, parete sinistra

7 Palermo, Chiesa di San Dome- nico, cappella Oneto-Sperlinga, gradino d’altare d’Assisi. Ben presto la decorazione a mischio diventa caratteristica delle chiese degli ordi- ni religiosi più ricchi: dapprima i Gesuiti, seguiti, quasi in gara tra loro, dagli ordini femminili di clausura, che potevano conta- re su ingenti risorse grazie alla “dote” porta- ta per la monacazione dalle nobili fanciulle. I mischi rivestono gli interni delle benedet- tine Immacolata Concezione e Martorana, della carmelitana Santa Maria di Valverde, della domenicana Santa Caterina, della basiliana SS. Salvatore. Gli architetti ge- suiti Angelo Italia e Lorenzo Ciprì hanno un ruolo fondamentale nella direzione dei vari cantieri. Il fastoso addobbo arriverà a ricoprire interamente le pareti di chiese anche di vaste dimensioni, nascondendo e dissolvendo lo spazio architettonico, spesso costituito da una struttura cinquecentesca misurata e classicista, come a Casa Professa e a Santa Caterina. Il mischio palermitano si svilupperà nel corso del XVII sec. con caratteri propri: gli intarsi si fanno più fitti, arricchiti da putti, ghirlande, mascheroni e altri elementi a rilievo in marmo bianco che spiccano sul LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

8 Palermo, Chiesa di Casa Professa, cappella di Santa Rosalia, fianco destro 13

fondo policromo. Per il passaggio a questo 9 stile, detto tramischio, un ruolo fondamen- Palermo, Chiesa di Casa Professa, tale deve essere stato svolto dalle architet- abside, particolare ture effimere realizzate in occasione di varie solennità pubbliche, con statue e rilievi in cartapesta e stucco, che permettevano una grande libertà formale e la sperimentazione quindi di nuove soluzioni decorative. Gli addobbi di Casa Professa per la canonizza- zione dei Santi Ignazio e Francesco Saverio nel 1622 sono descritti infatti come “dipin- ti al vivo di color marmoreo, col lavoro di foglie, ovoli e dentelli [,,,] restando il fregio di campo celestino, sopra il quale andranno ripartiti e serafini e rosoni di rilievo”. E ancor più esplicitamente per gli addobbi della Chiesa del Collegio che “i padri con artificiosa pittura di mischio far l’esperienza ne’ tempi nostri di ciò che altra età avrà a godere nel vero”. La tendenza a interrompere le cortine a LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree 15

mischio con inserti scultorei veri e propri, dal 1694. In Cattedrale, l’arcivescovo Fer- 10 affermatasi già nell’ultimo ventennio del dinando Palafox gli affidò la realizzazione Palermo, Chiesa di Casa Professa, XVII secolo, culmina con l’inserimento della sontuosa cappella di Libera Inferni, veduta dell’abside di scene scolpite ad altorilievo e a tutto eseguita da Baldassarre Pampillonia nel tondo (fig. 10). Grandi statue animano le 1694, smontata in seguito ai rifacimenti nicchie della cappella di Sant’ Anna a Casa della fine del XVIII secolo ed oggi a Gibil- Professa, realizzate dal penultimo decennio manna (fig. 15). In qualità di architetto del XVII secolo al 1704, e del “cappellone” del Senato palermitano, si occupò della della stessa chiesa; ed ancora bianche figure progettazione delle nicchie nella cappella di santi sono inserite nei quattro pilastroni dell’Immacolata in San Francesco. Lo stile della crociera della chiesa di Santa Caterina di Paolo Amato è caratterizzato da grande realizzati su progetto di Scipione Basta dal libertà compositiva, con largo uso di colon- 1690. Quadroni a rilievo vengono inseriti ne tortili ed elementi a voluta. nella cappella del Rosario nella chiesa di Lorenzo Ciprì si occupò della ricostruzione Santa Cita, per la quale a partire dal 1697 della chiesa del monastero di Montever- Gioacchino Vitagliano realizza i dieci Mi- gini, a partire dal 1687; e negli stessi anni steri su modello di Giacomo Serpotta. Nel- Angelo Italia diresse l’ornamentazione della la cappella Senatoria dell’Immacolata nella cappella Roano di Monreale. Ai due laici chiesa di San Francesco d’Assisi le nicchie gesuiti vengono affidati i lavori della navata destinate a ospitare le statue sono realizzate della chiesa dell’Immacolata Concezione al su progetto di Paolo Amato entro il 1709. Capo e delle navate di Casa Professa. Questi inserti naturalmente offrono nuove Sotto la direzione di Giacomo Amato, af- e più specialistiche occasioni di lavoro agli fiancato dall’”ingignero” Gaetano Lazzara, scultori, chiamati a realizzare rilievi e statue si realizzano la chiesa di Santa Rosalia (oggi di discreta fattura. distrutta), il coro della chiesa dell’Imma- E’ sopratutto negli ultimi due decenni colata Concezione e la cappella maggiore del secolo diciassettesimo che si registra della chiesa di Santa Caterina. un fervore edilizio che tocca quasi tutti i I grandi cantieri dei mischi palermitani si monasteri cittadini. A dirigere i cantieri chiudono tutti entro il terzo decennio del saranno architetti quali il sacerdote Paolo XVIII secolo. La decorazione a mischio, Amato, architetto del Senato palermitano, i straordinariamente diffusa nei decenni ap- laici gesuiti Lorenzo Ciprì e Angelo Italia, il pena precedenti, è ormai passata di moda e crocifero Giacomo Amato. i minuti disegni lasciano il passo alle larghe Paolo Amato fu forse il più attivo. Le campiture cromatiche, secondo un gusto monache benedettine della Martorana gli classicista da tempo affermatosi a Roma, affidarono la progettazione del loro nuovo che tende a escludere il tradizionale fondo “cappellone” rivestito a mischi; egli elaborò in nero paragone e a sostituirlo con i rossi e il progetto della decorazione della chiesa verdi, interrotti da modanature solitamente del SS. Salvatore, costruita a partire dal realizzate in giallo di Castronovo. 1682, e quello di Santa Maria di Valverde, LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

12 Palermo, Chiesa di San Giu- seppe dei Teatini, cappella della Madonna di Trapani

11 La tecnica a sezione triangolare poi riempiti di stucco. Monreale, Cappella Per l’esecuzione di una tarsia a mischio veni- Sulla pietra gialla di Castronovo effetti del Crocifisso, pavi- mento va usata una lastra di base, generalmente in particolari venivano ottenuti per ossidazio- marmo bianco, spessa da 4 a 8 centimetri. ne, riscaldando alla fiamma la pietra che In questo spessore venivano ottenuti me- assumeva sfumature rosate.. Si procedeva diante scalpellatura gli alveoli nei quali si poi alla lucidatura mediante abrasivi come incastravano le sottili lastre policrome; il pietra pomice e stracci bagnati. fondo di questi alveoli, profondi da 8 a 10 Nei mischi palermitani, oltre al bianco di millimetri circa, veniva lasciato grezzo per base, colori caratteristici sono il rosso e il meglio fare aderire il collante, una miscela a nero, a cui si aggiungono grigio o grigio caldo di pece greca e polvere di marmo. Gli azzurrino e giallo. Nell’ornamentazione a elementi bianchi delle lastre a mischio sono tramischio, con parti a rilievo in marmo dunque le parti non scavate della lastra di bianco, lo spessore della lastra di base era base. Quando i pezzi policromi da inserire naturalmente maggiore, poiché dovevano non combaciavano perfettamente con l’al- essere ricavate nello spessore tutte le parti veolo destinato ad alloggiarli, si provvedeva aggettanti. Se queste ultime avevano note- a riempire i vuoti con stucchi colorati che vole sporgenza venivano tuttavia eseguite imitavano le tonalità del marmo, mentre le a parte e poi montate a incastro, fissandole linee sottili erano ottenute mediante incavi con elementi in metallo. 17 LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

13 Palermo, Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo, parete destra

Le maestranze ad altre attività. Un raro documento ci for- I mischi costituiscono tecniche avanzate, nisce alcune notazioni interessanti: si tratta per la cui esecuzione erano necessarie ma- di un atto del 1° giugno 1700, in cui un estranze specializzate. Come di consueto marmoraro, Antonino Lembo, “obbliga” il anche per altre attività artigiane, il mestiere figlio Giacomo come garzone allo scultore del marmoraro o dello scultore veniva Gaspare Marino. Il ragazzo, dodicenne, tramandato di generazione in generazione veniva affidato per sette anni ad ei servien- all’interno della stessa famiglia. Esistono fa- dum pro famulo tam in arte marmorarii … miglie più o meno longeve nell’attività, at- et ad omnia alia servitia licita et honesta testate per più generazioni, come i Marino, [traduzione: per servirlo come garzone i Musca, gli Allegra, i Pennino, Antonino e tanto nell’arte del marmoraro, quanto in Giacomo Lembo, padre e figlio, e numerosi tutti gli altri servizi, purché leciti e onesti]; altri. A volte si tramandava il medesimo il maestro si impegnava a insegnargli l’arte mestiere, come nel caso dei marmorari; secundum eius possibilitate et capacitate talaltra invece uno dei componenti della [traduzione: secondo la propria possibilità famiglia si specializzava, solitamente grazie e capacità], a fornirgli vitto, alloggio, abiti ad apprendistati esterni, come nel caso di e scarpe; alla fine dei sette anni, il maestro Giovan Battista Ragusa, figlio del marmora- avrebbe consegnato all’allievo uncias tres ro Giuseppe, o di Ignazio Marabitti, fratello p.g. nec non una coffa con tutti li ferri di del più modesto Lorenzo, elevandosi sulla marmoraro [traduzione: tre once di ... e una produzione corrente. sporta con tutti gli attrezzi del marmista]. Possiamo presumere che il maestro non Nel caso di malattia del ragazzo, il maestro lavorasse da solo, ma insieme ad appren- era tenuto ad accudirlo per otto giorni. disti e collaboratori. L’enorme quantità e Si può dedurre che l’apprendistato si con- le diverse tipologie delle opere condotte a cludesse entro i venti anni circa; alla fine termine da uno scultore come Gioacchino il garzone poteva associarsi e rimanere a Vitagliano, ad esempio, fanno supporre lavorare con il maestro, o intraprendere la l’esistenza di una bottega specializzata. propria strada. Con questo sistema artisti Il Vitagliano infatti si incarica dei lavori ed artigiani potevano contare su mano più disparati, dai pavimenti a commesso d’opera a basso costo, che si andava via via alle sculture a tutto tondo, e risulta spesso specializzando all’interno della bottega, impiegato contemporaneamente in diversi spesso continuando a lavorare per essa. cantieri; sappiamo inoltre che doveva aver Non diversamente che ai giorni nostri, l’af- raggiunto una certa agiatezza, testimoniata fidamento di un compito a uno scultore o dal possesso di case, cavalli e terreni. a un’équipe di marmorari avveniva tramite Poco sappiamo purtroppo sull’organizza- contratti stipulati presso pubblici notai o at- zione interna delle botteghe. Le modalità testati da scritture private, talvolta dopo vere dell’apprendistato dovevano comunque e proprie gare d’appalto. Le opere affidate svolgersi secondo i termini consueti anche dovevano essere realizzate secondo minuziosi 19 LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree 21

capitoli redatti in precedenza da architetti o 14 ingigneri, che definivano i lavori prevedendo Palermo, Chiesa di Santa Caterina, compensi e modalità di esecuzione. I lavori veduta dell’abside per privati e ordini religiosi venivano spesso affidati a coloro che si offrivano per il prezzo più basso; nel caso di opere impegnative, i marmorari si consociavano in gruppi che si impegnavano in solidum, secondo cioè una responsabilità collettiva. Ad esempio per la decorazione marmorea della chiesa della Concezione, nel 1685, il gruppo compo- sto da Giovanni Travaglia, Nicolò Musca, Francesco Camelino, Ambrogio Schillaci e Giuseppe Ragusa aveva fatto un’offerta mi- nore di un sesto rispetto al gruppo formato da Gerado Scuto, Giovan Battista Marino, Antonino Anello, Giacomo Firrera e Gero- nimo Mira, ma nel caso in questione l’opera venne comunque affidata a questi ultimi, sebbene l’offerta fosse più dispendiosa per il monastero, poiché, a parere dell’architetto Lorenzo Ciprì, il prezzo offerto era già il più basso possibile e gli artigiani, noti per essere virtuosissimi, offrivano garanzia di un lavoro realizzato a regola d’arte. I contratti ad personam sono più rari, e venivano stipulati nel caso di opere di poco conto, i cui prezzi erano piuttosto standardizzati (gradini, predelle, balate) o, al contrario, per opere di una certa impor- tanza, per le quali ci si voleva assicurare l’intervento di un determinato artista. Infatti, quando si trattava di opere dove l’abilità del singolo scultore era preminen- te rispetto alla direzione unitaria di un architetto, come nel caso di statue a tutto tondo rispetto a cappelle e decorazioni a mischio, l’aspettativa di un risultato pre- stigioso portava il committente a rivolgersi ai migliori. Ecco dunque suor Lorenza LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

Antonia Amato richiedere espressamente, inoltre regalano loro, in occasione delle feste, per i puttini da inserire nei pilastri a tra- dolci di ogni tipo: guastelli intigliolati per il mischio da lei finanziati per la chiesa del giorno del Santissimo Sacramento, biscottini Monastero di Santa Caterina, l’intervento e pane di Spagna per S. Martino, mostaccioli di Giovan Battista Ragusa, tra i migliori e riso dolce per il Natale e teste di Turco per il scultori disponibili a qual tempo sulla giovedì grasso. piazza palermitana; e spesso nei capitoli A Palermo molti marmorari e scultori che definiscono gli appalti per i marmora- abitavano presso la Marina, dove le navi ri si prescrive che le parti scultoree siano scaricavano i blocchi di marmo di Carrara eseguite da un perito scultore, il cui nome e d’importazione, anima di un fiorente sia approvato dai committenti. commercio praticato da mercanti spesso Solitamente chi si assumeva l’onere di com- genovesi. Nel 1704 Giovanni Battista Ma- piere un lavoro era tenuto all’attratto, cioè alla fornitura di tutto il materiale occorrente; più raramente il marmo veniva fornito dal committente, come per le statue dei quattro arcangeli della Colonna dell’Immacolata, per le quali gli scultori vengono pagati per la sola fattura e maestria; nei capitoli per la decorazione del “cappellone” di San Giusep- pe dei Teatini, firmati dall’architetto Fran- cesco Quequelar, si obbligano gli staglianti a ritirare, al prezzo di 125 onze da defalcarsi dal compenso totale, alcuni vecchi marmi presenti nel “cappellone”, sempre che i Padri non fossero riusciti a venderli ad un prezzo più vantaggioso. Apparentemente, a giudica- re dai capitoli d’appalto, i marmorari dove- vano lavorare con poche garanzie, costretti a rispettare strettamente tempi e modalità pre- viste. Spesso tuttavia, specialmente nel caso di decorazioni che si protraevano nel tempo, potevano ottenere qualche fringe benefit: nel 1706 a Giovan Battista, Gaspare e Antonino Marino vengono regalate ben 40 onze oltre al compenso pattuito per aver terminato il rivestimento marmoreo del “cappellone” della chiesa di Santa Caterina del Cassaro nel tempo stabilito in esso contratto e per aver riuscito di tutta perfezzione; le monache 23

rino affitta un “magazinus” collaterale alla I paliotti 15 chiesa di San Giovanni dei Napoletani, di Un cenno a parte meritano gli straordinari Gibilmanna, Madonna di Libera proprietà della chiesa stessa. Verso la metà paliotti, per lo più con scene architettoni- Inferni (già Catte- del secolo abitano nel piano della Marina, che, realizzati in pietre dure, per le chiese drale), paliotto in case di proprietà della confraternita di palermitane, tra il XVII e il XVIII secolo. San Giovanni dei Napoletani, Paolino Ga- I paliotti sono la parte anteriore, in genere briele e Leonardo Musca; a Paolino suben- decorata a intarsio o a rilievo, dell’altare. trerà il figlio Emanuele. Lo scultore Ignazio Paliotti “di architettura” furono realizzati Marabitti invece preferirà tenere il suo in diversi materiali a partire dalla metà del studio presso lo Spirito Santo, in un locale XVII secolo. È presumibile che i disegni di proprietà del monastero di San Martino da eseguire, densi di simbologie, fossero delle Scale. ispirati dai numerosi trattati di architet- LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

16 tura disponibili presso le biblioteche degli Monreale, Duomo, ordini religiosi e dei Gesuiti in particolare. Cappella Roano (o del Crocifisso) La direzione dei cantieri ove si inseriscono paliotti architettonici era spesso affidata a gesuiti quali Lorenzo Ciprì o Angelo Italia; 17 lo stesso Paolo Amato scrisse il volume Palermo, Chiesa di Nuova Pratica di Prospettiva, pubblicato Casa Professa, pa- liotto della cappella postumo nel 1733. della Sacra Famiglia Una delle prime testimonianze di paliotti a commesso con scena prospettica di belve- dere è quello dell’altare della Madonna di Libera Inferni già nella Cattedrale di Paler- mo e ora a Gibilmanna, progettato dallo stesso Amato nel 1684. Al 1690 risalgono quello della cappella Roano di Monreale e quelli della chiesa della Immacolata Conce- zione a Palermo. Per finezza di intaglio ed esecuzione, i paliotti citati costituiscono un gruppo omogeneo, cui vanno aggiunti quello della 25 LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

18 Paliotto della cappella della Madonna di Libera Inferni. Palermo, Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo 27

chiesa di Sant’Antonino, datato 1701, della loro i documenti coevi ci hanno tramandato 19 cappella della Sacra Famiglia a Casa Pro- i nomi: Giovanni Piscatore, che lavorò nel Palermo, Cripta Lanza in Santa Cita fessa e dell’Eremo di Santa Rosalia a Santo 1690 alla Cappella Roano e nel 1704 all’ab- Stefano di Quisquina. side di Casa Professa, Domenico Magrì e Rispetto alle coeve tarsie a mischi, essi sono Filippo Dedia, autori dei paliotti per la chie- ricchi di particolari minuti, resi mediante le sa della Immacolata Concezione. infinite sfumature dei diversi materiali, che Ad artigiani meno raffinati vanno invece includevano anche pietre semi-preziose quali assegnati i paliotti oggi nella sacrestia della diaspri e lapislazzuli. Caratteristico è l’im- chiesa di San Giuseppe dei Teatini, quello piego di un materiale di colore azzurro bril- raffigurante San Nicola presso la chiesa lante, derivato dalle scorie vetrose prodotte dell’Annunziata a Porta d’Ossuna (prove- nelle fornaci da calce. Proprio la lavorazione niente forse dalla distrutta chiesa di Santa di queste scorie, indicate infatti come “pietre Rosalia, progettata da Giacomo Amato) e di calcara” richiedeva “gioiellieri” specializ- della cripta della famiglia Lanza della chiesa zati nel taglio e nella politura. Di alcuni di di Santa Cita. LE MAPPE DEL TESORO

SCHEDE

CAPPELLA DELL’IMMACOLATA NELLA nel contratto di obbligazione per le statue CHIESA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI della cappella, del 24 aprile 1711, si pre- scrive espressamente che la prima statua da Piazza S. Francesco d’Assisi Palermo consegnarsi doveva essere quella raffiguran- tel. +390916113622 te Santa Rosalia. Deputato della cappella, con il compito La cappella dedicata all’Immacolata Conce- di sovrintendere alla sua decorazione, era zione nella chiesa di San Francesco d’Assisi allora Federico di Napoli e Barresi, principe costituisce di fatto una delle maggiori im- di Resuttano. L’importante commissione fu prese artistiche commissionate dal Senato affidata allo scultore più moderno e aggior- cittadino tra la metà del XVII e il XVIII nato del tempo: Giovan Battista Ragusa. secolo. Essa trae origine dal voto fatto dal Il Ragusa scolpì le otto statue in un lungo Senato all’Immacolata in occasione della arco di tempo, fino al 1726, e offrì esempi peste del 1624: dell’offerta di cento onze di raffinata scultura, modellata su esempi annuali, da devolvere in giogali (suppellet- romani che spaziano dal Legros (Santa Ro- tili) per servizio della cappella e per la cele- salia) al Papaleo (San Sergio) e risalgono alla brazione della festività. Nel 1649 si decise statuaria monumentale barocca del XVII di impiegare il donativo nell’ampliamento e secolo (Santa Ninfa). La prima statua, raffi- decorazione a mischi della Cappella, sull’e- gurante Santa Rosalia avrebbe dovuto essere sempio della cappella di Santa Rosalia nella consegnata, entro un anno dal contratto; Cattedrale. Dal 1650 quindi la si iniziò a tuttavia sembra attendibile la testimonianza rivestire, su progetto dell’architetto e pitto- del Mongitore, che attesta che esse furono re Gerardo Astorino. I lavori dovevano es- eseguite a partire dal 1716. sere terminati intorno al 1655. Si proseguì Il tardobarocco monumentale delle statue quindi a definire alcuni dettagli scultorei e in candido marmo contrasta con le nicchie ad affrescare la volta. Nel primo decennio dalle mosse cornici mistilinee, animate da del XVIII secolo si decise di aprire nelle putti, tipiche dello stile di Paolo Amato e cortine delle pareti otto nicchie, destinate a paragonabili per fantasia inventiva alla de- contenere altrettante statue; a quest’epoca corazione di Santa Maria di Valverde. la direzione dei lavori della cappella era af- Il paliotto d’altare proviene dalla chiesa fidata a Paolo Amato, architetto del Senato, dell’Immacolata Concezione e fu qui tra- che nel 1709 redige una relazione per vedere sferito nel 1858. e riconoscere l’opera marmorea fatta nella Venerabile Cappella e precise l’ultima nicchia di San Bonaventura tra li pilastri dell’opera di architettura. Dall’accenno a San Bona- ventura si potrebbe evincere che il progetto 20 originario prevedesse le statue dei dottori Palermo, Cappella senatoria nella chiesa della chiesa; ma tale progetto doveva essere di San Francesco stato cambiato già due anni dopo, dato che d’Assisi 29 LA DECORAZIONE BAROCCA 21 Le tarsie marmoree Palermo, Chiesa di Casa Professa, pi- lastro della crociera con allegorie del fuoco

CHIESA DI CASA PROFESSA

Piazza Casa Professa Palermo tel. +393387228775 +393384520110

A Palermo, la maggiore impresa decorativa a mischi è costituita indubbiamente dal rive- stimento marmoreo della chiesa della Casa Professa dei Gesuiti. Nel pensiero dei Padri, il ciclo decorativo a mischi era strettamente legato, in una simbologia complessa, agli stucchi e agli affreschi, molti dei quali anda- rono perduti in seguito ai crolli causati dai danni prodotti durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale e non ade- guatamente ripristinati; nonostante ciò, esso comunica ancora un’imponenza, uno sfarzo e una magnificenza straordinari. Sintetizzare le lunghe vicende costruttive dell’edificio e del suo completamento è assai arduo. I Gesuiti, giunti a Palermo nel 1547, si trasferirono nel 1553 presso il sito di Santa Maria della Grotta, concesso loro dall’imperatore Carlo V. Pochi anni dopo, dal 1564, iniziarono la costruzione di una grande chiesa su progetto di Giovanni Tri- stano, che subì però numerose modifiche fino a giungere alle forme attuali. Secondo alcune testimonianze sembra che all’interno la prima decorazione a mischi sia stata la realizzazione delle colonne tortili della cappella della Madonna di Trapani nel 1597. Ad una data precoce tuttavia si con- cepì l’idea di ricoprire interamente le pareti dell’intero edificio. Nel 1622 la chiesa, an- cora in fieri, venne ornata in occasione delle feste per la canonizzazione dei santi Ignazio e Francesco Saverio con strutture effimere che, imitando il marmo, fecero da modello 31

alle future decorazioni definitive. contabili nei quali venivano annotate le 22 Tra il 1656 e il 1660 si iniziò a decorare le spese sostenute. Così il marmoraro e scul- Palermo, Chiesa di Casa Professa, pareti di fondo delle cappelle della navata tore Francesco Scuto, ad esempio, viene sopraporta sinistra, per poi procedere nel corso di de- sostituito dai figli Tommaso e Gerardo, cenni al completamento dei lavori. mentre nella direzione dei lavori si avvi- Generazioni di artigiani e diversi architetti cendano dal 1660 Lorenzo Ciprì, Angelo e capomastri si succedettero all’interno del Italia, Paolo Amato e Antonino Vasquez. cantiere, i cui nomi ci sono stati tramandati Particolarmente significativi sono i pilastri dai “Giornali dei marmi”, ovvero i libri della crociera raffiguranti i quattro elemen- ti, che rimandano evidentemente ad una restri e i centauri, mentre il fuoco è rappre- simbologia cosmologica e alla cultura scien- sentato da fiamme e dalla mitica fenice, che tifico esoterica dei Padri: i quattro elementi rinasce dalle sue ceneri, e l’acqua, versata infatti sostengono la cupola, simbolo del dai putti, da pesci e animali marini. mondo e del cielo. All’aria alludono le raf- Dal 1690 Giovan Battista Ferrera e Baldas- figurazioni di volatili quali aquile, cicogne, sarre Pampillonia realizzano i quattro pila- pellicani; alla terra i frutti, gli animali ter- stri dell’abside sotto la direzione di Antonio 33

Vasquez. Anche qui su ciascun pilastro è abbattuto; il Trionfo della resurrezione uno 23 svolta una decorazione simbolica. L’Alle- straordinario demonio incatenato, mentre Palermo, Chiesa di Casa Professa, goria della purezza che doma la sensualità è l’Allegoria dell’attaccamento alla vita terrena navata centrale rappresentata dalla dama con l’unicorno, è rappresentata da una singolare figura con che secondo la leggenda avrebbe potuto riga squadra e filo a piombo che sembra essere domato solo da una vergine; il Trion- rimandare ad un architetto. fo della Chiesa sull’eresia presenta un idolo Tra il ‘92 e il ‘95 si lavora contemporane- LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

24 amente all’abside, alle navate laterali e alla Palermo, Chiesa di cappella di Sant’Anna, posta a sinistra del Casa Professa, pila- stro della Crociera presbiterio. In quest’ultima gruppi scultorei con allegoria della raffiguranti l’Educazione della Vergine e terra Gioacchino ed Anna invocano l’Eterno sono incorniciati da archi su sfondi di paesaggio realizzati con tarsìe policrome. 25 Tra il 1702 e il 1706 vengono realizzati Palermo, Chiesa anche i gruppi scultorei dell’abside, raffigu- di Casa Professa, cappella dei Santi ranti David e Achimelech e David e Abigail, Confessori, parete opera di Gioacchino Vitagliano su modello sinistra del cognato, il famoso plasticatore Giacomo Serpotta, anch’essi su sfondi policromi raf- figuranti paesaggi. 35

CHIESA DI SANTA CATERINA accettate solo in qualità di converse. D’ALESSANDRIA Nel flusso ininterrotto di intarsi ed ele- menti scultorei si percepisce chiaramente il Piazza Bellini Palermo senso barocco della religione come pompa, festa, lusso, apparato. Fondato poco dopo il 1312, il monastero I ritrovamenti documentari fanno supporre domenicano di Santa Caterina divenne che il rivestimento marmoreo di Santa Ca- uno dei più ricchi e nobili della città. L’an- terina sia stato avviato tra la fine del XVII e tica chiesa ormai inadeguata fu sostituita gli inizi del XVIII secolo con i pilastri della dall’attuale ad aula unica con cappelle late- crociera e protratto per oltre tre decenni. La rali, edificata tra il 1566 e il 1596. decorazione è giocata principalmente sulle Secondo il costume della nobiltà isolana usuali cromìe degli sfondi rossi e neri e del che indirizzava le proprie risorse quasi bianco degli inserti scultorei; il suo signi- esclusivamente a spese di rappresentanza ficato è riconducibile alla glorificazione di per l’affermazione del proprio primato, le Santa Caterina e dell’ordine domenicano. monache espressero il loro prestigio nell’ad- Lungo la navata assumono particolare ri- dobbo marmoreo della chiesa, tra i più salto i plinti basamentali, divisi dalla zona fastosi dell’epoca. Le fanciulle entrate in superiore, dal risalto dei cornicioni ed monastero versavano infatti una cospicua eseguiti in tempi diversi. Sul lato sinistro, dote che, per quanto inferiore a quella ma- il primo rappresenta una fontana, con trimoniale, costituiva un filtro selettivo che raffigurazioni di attributi mariani; sui due escludeva le appartenenti ai ceti più bassi, seguenti, che fiancheggiano specularmente

26 Palermo, Chiesa di Santa Caterina, interno LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

27 la cappella, è presente un leone araldico da 1702 e il 1705 sotto la direzione dell’archi- Palermo, Chiesa ricondurre allo stemma del casato di suor tetto Andrea Palma. Ai due verso la navata di Santa Caterina, parete destra Lorenza Antonia Amato, che fece realizzare lavorò Giovan Battista Ragusa, autore an- i lavori a proprie spese tra il 1711 e il 1713. che delle statue di San Pietro Martire e San Sul lato destro è raffigurato in altorilievo Vincenzo e di numerosi altri ornati in mar- 28 Giona che sta per essere inghiottito dal mo- mo bianco nella navata. Santa Caterina vi Statua di Santa stro marino, seguito dal Sacrificio di Isacco e compare in trono trionfante, con un libro Caterina di dalla Probatica Piscina. aperto, mentre uno dei saggi pagani viene Antonello Gagini Immediatamente sopra ai plinti sono al- atterrato da un leone. Ad Andrea Palma torilievi di sante e beate domenicane quali viene tradizionalmente attribuito anche il la Beata Giovanna di Portogallo e Santa disegno dell’altare di Santa Caterina posto Margherita d’Ungheria; nei rilievi sotto le nel transetto. grate sono raffigurati a sinistra La visione La decorazione del presbiterio fu iniziata di San Giovanni a Patmos, San Domenico nel 1705, grazie al cospicuo lascito di suor riceve il Rosario e San Domenico resuscita il Vittoria Felice Cottone, da Giovan Battista nipote del cardinale di Fossanova; a destra Marino e dai figli Gaspare e Antonino sotto L’apparizione della Madonna a Reginaldo la direzione di Giacomo Amato, il cui stile, d’Orleans, Santa Caterina riceve le stimmate memore della formazione romana, per le ed Una monaca domenicana aiuta il Cristo più ampie campiture si distingue netta- portacroce. mente dalle decorazioni a mischio ideate da I pilastri della cupola furono realizzati tra il Paolo Amato o Angelo Italia. 37 LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

29 CAPPELLA DEL ROSARIO La cappella della Madonna del Rosario, Cappella del Rosario E CRIPTA LANZA NELLA CHIESA destinata alla sepoltura gentilizia dei con- in Santa Cita, DI SANTA CITA parete sinistra frati dell’omonima compagnia, fu costruita tra il 1635 e il 1641 a destra dell’abside. Via Squarcialupo Palermo L’idea di rivestirla a mischi sembra piuttosto tel. +39091332779 precoce, se già tra il 1641 e il 1644 viene spesa l’ingente somma di 1200 onze per La chiesa di Santa Zita o Cita, di fonda- comprare marmi. Nel 1653 sembra sia zione trecentesca, fu riedificata alla fine del stata completata la parte basamentale: in XVI secolo. quell’anno vengono infatti inserite le lapidi 30 39 Cappella della Madonna del Rosario, interno funerarie di Antonio Di Salvo e di Diego misteri gaudiosi e dolorosi, scolpiti da Gio- Lopez Zunica. acchino Vitagliano su modelli del cognato Secondo le fonti, nell’ornamentazione sa- Giacomo Serpotta e completati nel 1722, rebbe stata impiegata la cifra eccezionale di che presentano caratteri stilistici analoghi 8000 ducati, raccolti dal domenicano Giu- ai famosi “teatrini” realizzati in stucco dallo seppe Giganti entro il 1689, anno della sua stesso Serpotta all’interno degli oratori da morte. A partire dal 1697 si diede inizio lui decorati. all’inserimento dei rilievi raffiguranti i dieci Alcuni stemmi sul paliotto e sulle pareti 41

fanno pensare a committenze private; a la grazia salvifica, culminanti nella fons vitae, 31 destra nel paliotto è quello della famiglia simbolo della Vergine, raffigurata nel paliot- Cripta Lanza in Santa Cita genovese dei Di Faccio. to. Tutta la decorazione è pensata in riferi- Nella chiesa, sulla sinistra dell’abside è l’ac- mento alla quattrocentesca Pietà recentemen- cesso alla cripta della famiglia Lanza, cappella te attribuita a Giorgio da Milano, inserita sotterranea rivestita in marmi mischi, seppure tra due colonne tortili sull’altare. L’opera fu di non squisita fattura. Qui i temi decorativi completata entro il 1689, data che compare rimandano alla mediazione di Maria verso su uno dei lati del paliotto. 32 CHIESA DI SANTA MARIA Cappella di Santa DI VALVERDE Lucia Piazza S. Maria di Valverde Palermo 33 tel. +39091332779 Palermo, Chiesa di Santa Maria di Valverde, interno La chiesa del monastero carmelitano di Santa Maria di Valverde, anche con il nome di Santa Lucia per una preesistente cappella dedicata alla santa, fu ampliata a partire dal 1633 grazie alla munificenza del nobile Camillo Pallavicino su progetto di Mariano Smiriglio, architetto del Senato di Palermo. 43

I lavori di ornamentazione dell’interno vennero iniziati a partire dal 1694 sotto la direzione di Paolo Amato. La prima cappel- la a essere decorata fu quella di Santa Lucia. Qui, per bilanciare le ridotte dimensioni dell’antica e venerata immagine della san- ta, da porre sull’altare, l’Amato ideò una straordinaria fuga prospettica. Colonne tortili in marmo rosso con capitelli floreali fiancheggiano l’altare; nella parte inferiore delle colonne sono raffigurati un pellicano e una fenice, simboli cristologici, e puttini con palme alludenti al martirio. La forma mistilinea della nicchia richiama quelle progettate dallo stesso Amato per la cappel- la Senatoria in San Francesco d’Assisi. Negli anni seguenti, si procedette alla de- corazione delle cappelle di Sant’Antonio Abate, della Madonna dell’Udienza e del Crocifisso, tutte caratterizzate da grandi colonne tortili e fitta decorazione. Questi lavori furono terminati entro il 1703, anno in cui Paolo Amato fu sostituito nella di- rezione del cantiere da Andrea Palma e si proseguì con la restante decorazione della navata il cui disegno, verosimilmente, non si discosta però dal progetto amatiano come mostrano i caratteri stilistici dell’opera. Nel 1721-1725 furono ornati i due pilastri dell’abside e furono dipinte ad imitazione del marmo le pareti non rivestite a mischi.

34 Palermo, Chiesa di S. Maria di Valver- de, particolare LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

35 CHIESA DELLA IMMACOLATA Palermo, Chiesa CONCEZIONE dell’Immacolata Concezione al Capo, interno Via Porta Carini Palermo tel. +39091348977

La chiesa del monastero benedettino dell’immacolata Concezione, iniziata nel 1604, e consacrata nel 1612, è un edificio a navata unica con due cappelle su ogni lato, eretta su progetto dell’architetto regio Ora- zio Lo Nobile. Fin dalla sua fondazione, nel 1576, il mo- nastero ebbe stretti legami con i padri Ge- suiti, i quali si erano adoperati perché un gruppo di suore francescane lasciasse l’ordi- ne ed il monastero dell’Origlione per tra- sferirsi nel palazzo di donna Laura Barbera, sede del nuovo convento. I Gesuiti ebbero un ruolo influente nelle scelte decorative: il cantiere dell’Immacolata Concezione e quello di Casa Professa condivisero infatti le stesse maestranze e gli stessi architetti. Le pareti interne della chiesa sono fitta- mente rivestite di decorazioni marmoree la cui lavorazione perdurò per tutto il XVII secolo. La prima parte ad essere ornata fu quella del “cappellone”, eseguita sotto il governo della badessa Flavia Maria Aragona, in ca- rica tra il 1625 e il 1651, i cui stemmi figu- rano nel presbiterio. Molto probabilmente questa decorazione è coeva all’opera di Pie- tro Novelli, che dipinse intorno al 1635 la pala d’altare e intorno al 1640 gli affreschi del cupolino. L’arco trionfale, con statue e colonne bina- te, presenta notevoli affinità con il progetto del Novelli per l’effimero arco trionfale 45 LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

36 per il Viceré Cabrera del 1641, tanto da berto, San Lotario, Sant’Agatone; sull’arco Palermo, Chiesa avvalorare la supposizione di un intervento trionfale Santa Scolastica, San Benedetto, dell’Immacolata Concezione al Capo, progettuale del Novelli stesso, e fu eseguito San Mauro, Santa Geltrude; a destra San paliotto della cappel- tra il 1655 e il 1660. Ildefonso di Toledo, Santa Barbara, San Pier la del Crocifisso Tra il 1652 e il 1660 numerose note di Damiani, Sant’Ugo. Conferma lo stretto pagamento testimoniano il completamento legame con i Gesuiti la presenza delle statue del “cappellone” e l’inizio della decorazione di Sant’Ignazio e San Francesco Saverio, po- della navata ad opera di Carlo d’Aprile ste al di sopra delle porte laterali. e Alojsio Geraci. Dal 1685 il gruppo di Tra il 1685 e il 1691 furono eseguiti i fa- marmorari composto da Gerardo Scuto, mosi paliotti, capolavori delle tarsie piane, Giovan Battista Firrera e Baldassarre Pam- ad opera di artigiani specializzati. Il paliotto pillonia si aggiudicò i lavori, diretti dal un tempo situato sull’altare maggiore si gesuita Lorenzo Ciprì. trova oggi alla cappella Senatoria in San Nella navata statue di santi si alternano alle Francesco d’Assisi. cappelle, dedicate al Crocifisso e alla Ma- Nel 1721 Giacomo Amato e Gaetano Laz- donna di Libera Inferni a sinistra e a Santa zara dirigono i lavori del sottocoro e dei Rosalia, e san Benedetto a destra. Sono ri- palchetti degli organi, ultimando la decora- conoscibili a sinistra Sant’Anselmo, Sant’U- zione marmorea dell’interno della chiesa. 47

IL “CAPPELLONE” DELLA ampia, su progetto di Paolo Amato; inoltre MARTORANA fu aggiunta sul fianco destro la cappella di San Benedetto, interamente decorata a Piazza Bellini, 3 Palermo mischi, ed anche i muri perimetrali furono tel. +390916161692 +393458288231 rivestiti di marmi. La cappella di San Be- nedetto fu abbattuta e le decorazioni della La chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, navata rimosse durante i restauri condotti fondata da Giorgio d’Antiochia nel 1143, da Giuseppe Patricolo tra il 1870 e il 1874; fu concessa nel 1436 al monastero femmi- oggi la principale testimonianza della de- nile benedettino fondato nei pressi dalla corazione barocca è data dal “cappellone” nobile Eloisa Martorana. che, nonostante l’ardito accostamento, per L’edificio subì numerose trasformazioni. cromie e stile convive senza stridere con i Alla fine del XVII secolo le monache, per mosaici medievali. adeguarsi al gusto imperante e di fatto in La decorazione del “cappellone” è legata gara con gli altri monasteri femminili che alla celebrazione dell’ordine benedettino; avevano adottato per le loro chiese la de- le statue raffigurano Santa Rosalia e Santa corazione a mischi, decisero di trasformare Oliva, patrone di Palermo e, sul fondo, San l’interno. Benedetto e San Placido. Nel medaglioni ai A partire dal 1683 fu demolita l’abside lati sono raffigurate l’Estasi di Santa Scola- normanna e costruita quella attuale, più stica a sinistra e di San Benedetto a destra.

37 Palermo, “cappello- ne” della Martora- na, particolare LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

38 Palermo, “cappello- ne” della Martora- na, particolare

Domina lo spazio presbiterale la ricca cu- stodia in lapislazzuli, eseguita nel 1686. Tra il 1698 e il 1701, sotto il governo della badessa Maria Vittoria Zappino, venne realizzata la decorazione dei pilastri laterali verso la navata. Paolo Amato fu attivo nel cantiere tra il 1695 e il 1701, fornendo progetti per la cu- stodia e la decorazione della parete di fondo del “cappellone”, il cui apparato decora- tivo presenta infatti notevoli affinità con quello di Santa Maria di Valverde, opera dello stesso architetto. Le restanti superfici furono decorate a partire dal 1718 sotto la direzione di Gaetano Lazzara. All’interven- to dello scultore Gioacchino Vitagliano si devono con ogni probabilità le statue e i rilievi in marmo bianco.

39 Palermo, “cappello- ne” della Martorana, veduta dell’interno 49 LA DECORAZIONE BAROCCA 40 Le tarsie marmoree Palermo, Chiesa del SS. Salvatore, interno

41 Palermo, Chiesa del SS. Salvatore, particolare

CHIESA DEL SS. SALVATORE

Corso Vittorio Emanuele (angolo via del SS. Salvatore) Palermo tel. +39091323392

L’antica chiesa del monastero basiliano del Santissimo Salvatore, di fondazione nor- manna, aveva il prospetto sull’ adiacente via del Protonotaro. “Mal soffrendo che la loro chiesa fosse angusta e all’antica”, le monache nel 1682 iniziarono la costruzione della nuova su progetto di Paolo Amato, che concepì un originale edificio a pianta ellittica con cap- pelle alle estremità degli assi. Il prospetto era sulla via Toledo, di fronte al Collegio Massimo dei Gesuiti . Del cantiere del Santissimo Salvatore non sono stati tramandati i dettagliati docu- menti d’archivio che in altri casi hanno consentito di ricostruire pienamente le vi- 51

42 Palermo, Chiesa del SS. Salvatore, particolare LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

43 cende costruttive. La decorazione dell’am- La decorazione, condotta sul consueto Palermo, Chiesa biente centrale si può considerare ideata da fondo nero con inserti scultorei in bianco e del SS. Salvatore, veduta dell’interno Paolo Amato, mentre le tre cappelle laterali tarsie in bianco, rosso e giallo, è scandita da sono più tarde. L’addobbo marmoreo fu due ordini di paraste che separano grandi completato nel 1740 sotto la direzione di arcate, ove erano poste un tempo le grandi Nicolò Trojsi, che verosimilmente non si pale dipinte. discostò dal progetto amatiano. La chiesa fu gravemente danneggiata dai 53

bombardamenti alleati del 1943, che cau- L’edificio ha recentemente ripreso le fun- 44 sarono il crollo parziale della cupola. Molti zioni liturgiche pur mutando la posizione Palermo, Chiesa del SS. Salvatore, cap- elementi scultorei andarono perduti. I lavo- dell’altare maggiore, un tempo in asse con pella del Crocifisso ri di restauro condotti tra il 1959 e il 1964, l’ingresso ed ora spostato lateralmente. che trasformarono la chiesa in auditorium, non hanno ripristinato la policromia delle pareti ove i marmi non sono più in situ. LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

45 CAPPELLA DEL CROCIFISSO Monreale, Duomo, NEL DUOMO DI MONREALE cappella del Crocifis- so, particolare Piazza Guglielmo II, 1 Monreale tel. +390916402424

La cappella fu voluta dall’arcivescovo di origine spagnola Giovanni Roano, in carica a Monreale tra il 1673 e il 1703, per ospi- tare degnamente un crocifisso ligneo quat- trocentesco oggetto di devozione. 55

46 Monreale, Duomo, cappella del Croci- fisso, veduta dell’interno LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

47 Monreale, Duomo, cappella del Croci- fisso, statua del profeta Geremia

La costruzione della cappella, annessa alla navata settentrionale della cattedrale nor- manna, fu iniziata nel 1687 su progetto di fra’ Giovanni da Monreale. La decorazione a mischi che ricopre interamente le pareti interne fu prevista fin dal suo inizio. 57

A metà del 1688 Giovanni Monreale viene Luzio Tudisco, Nicolò Musca, Giovan Bat- 48 sostituito dal più noto Angelo Italia, sotto tista Marino e Caro Rutè. Monreale, Duomo, cappella del Crocifis- la cui direzione viene portata a termine l’o- La cappella è a pianta esagonale e vi si accede so, pavimento pera. I documenti attestano che le decora- attraverso quattro gradini in marmo rosso. zioni marmoree furono eseguite da Giovan Tutti i motivi decorativi rimandano al Cro- Battista Firrera, Baldassarre Pampillonia, cifisso e al suo sacrificio in una complessa 49 simbologia. Ad esso alludono evidentemen- Nel presbiterio, sulla parete di fondo è il Monreale, Duomo, te le quattro statue raffiguranti i profeti Crocifisso ligneo su sfondo blu di “pietre cappella del Croci- fisso, l’arcivescovo Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia, su sfon- di calcara” e una raffigurazione dell’albero Roano in preghiera di di finti drappi tra imponenti colonne di Jesse; a sinistra è il monumento funebre tortili in marmo rosso. Gli scudi alla base del Roano, morto nel 1703 a 85 anni, raf- delle colonne sono decorati con immagini figurato in preghiera, mentre sulla parete di simboliche, quali il Torchio mistico, la Verga destra è la statua della Carità. di Aronne, l’Agnello dell’apocalisse, l’Albero Il raffinato paliotto architettonico presenta carico di frutti. tre archi separati da colonne tortili al dì là 59 50 Monreale, Duomo, cappella del Croci- fisso, il crocifisso con albero di Jesse LA DECORAZIONE BAROCCA Le tarsie marmoree

dei quali si apre un terrazzo. Ai lati sono simmetricamente raffigurate due fontane, simbolo di vita, mentre al centro la scena della Visitazione si svolge sotto Dio padre. Nel presbiterio si aprono anche due porte in legno, sormontate dal Sole e dalla Luna, sulle quali sono raffigurate a rilievo episodi della Passione, in prosecuzione del pro- gramma simbolico e iconografico dell’inte- ra cappella. Lo straordinario pavimento presenta una raffigurazione di Giona inghiottito dalla balena, immagine prefigurante la resur- rezione di Cristo ma alludente anche alla resurrezione dei morti, come esplica l’i- scrizione incisa nella vela della nave, nella quale si dichiara che il Roano fece costruire la cappella quale luogo di sepoltura per sé e per altri arcivescovi. Nella sacrestia, oltre ad un notevole ar- madio in noce, si trova un lavabo pure in marmi mischi. Alla committenza del Roano e alla stessa équipe di devono anche due altari nel Duo- mo: l’altare del Sacramento, con pavimento decorato da motivo a scacchiera prospettica con al centro lo stemma Roano, e l’altare della Madonna del Popolo con simboli mariani.

51 Monreale, Duomo, porta della sagrestia 61

BIBLIOGRAFIA

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PALERMO CENTRO PROVINCIA DI PALERMO

1 Chiesa di S. Francesco d’Assisi 12 Duomo di Monreale 2 Chiesa di Casa Professa 13 Santuario di Gibilmanna 3 Chiesa di S. Caterina d’Alessandria 4 Chiesa di S. Cita 5 Chiesa di S. Maria di Valverde 6 Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo 7 Chiesa della Martorana 8 Chiesa del SS. Salvatore 9 Chiesa di S. Domenico 10 Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini 11 Chiesa di S. Ignazio Martire all’Olivella