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Maria Sframeli FIRENZE 1892-1895 immagini dell’antico centro scomparso Pagliai Polistampa RINGRAZIAMENTI Desidero innanzi tutto ricordare con estrema gratitudine Mina Gregori, che nel lontano 1976 mi indirizzò allo studio dell’antico centro di Firenze, devastato dall’ormai universalmente deprecata operazione urbanistica di fine Ottocento. Da quegli studi – mi preme rammentare gli importanti contributi di Annalisa Bricoli, Chiara Cecchi, Barbara Chelini, Laura Pag- notta, Pauline Pruneti – nacque l’idea del catalogo dei pezzi salvati dalle demolizioni e riuniti da Guido Carocci nel Museo di San Marco; idea rac- colta con entusiasmo da Alberto Bruschi, che si assunse l’onere della pub- blicazione del volume Il Centro di Firenze restituito. Affreschi e frammenti lapidei nel Museo di San Marco, Firenze, 1989, punto di riferimento essenziale e costante anche per questo volume. Oltre a loro, la mia riconoscenza va oggi ad Antonio Paolucci che, da soprintendente, ha voluto fosse il Polo Museale Fiorentino, depositario di questo importantissimo fondo fotografico a finanziare il volume, e insieme a lui Serena Padovani e Giovanni Lenza, componenti del Consiglio di Amministrazione. Sono debitrice a Marilena Tamassia, direttrice del Gabinetto Fotografico, per i suggerimenti e a Emanuele Barletti, che ha condiviso con me l’en- tusiasmo e la sollecita attenzione per queste inedite immagini di Firenze. Voglio ricordare inoltre due fotografi della Soprintendenza,Vittorio Ber- telli e Otello Ciuffi, che in anni ormai lontani riuscirono a trarre bellissi- me stampe da lastre in precarie condizioni conservative. La mia gratitudine va a tutto lo staff della casa editrice Polistampa di Mauro Pagliai, che ha capito, condiviso e risolto con la sua qualificata esperienza ogni difficoltà sorta in corso d’opera. Ringrazio di cuore infine Cristina Acidini, attuale soprintendente, per aver raccolto e fatta sua questa iniziativa. © 2007 EDIZIONI POLISTAMPA Via Livorno, 8/32 - 50142 Firenze Tel. 055 737871 (15 linee) [email protected] - www.polistampa.com Sede legale:Via Santa Maria, 27/r - 50125 Firenze ISBN 978-88-596-0246-X Una generazione che poteva permettersi di dissipare, distruggendole, le testimonian- ze materiali di un tessuto storico fittamente intrecciato di luoghi, ornamenti, memorie: ec- co come ci appare quella che, in mezzo a polemiche ma con determinazione, sul finire del XIX secolo decise e portò a termine le demolizioni nel cuore del centro fiorentino. Una generazione, quella del “piccone risanatore” attivo in tanti altri centri della penisola, che non conosceva, né poteva immaginarli, gli orrori a venire delle guerre del Novecento e gli scempi nelle città d’Italia e d’Europa, che avrebbero apportato distruzioni di scala ancor maggiore. Possiamo ricostruirne le motivazioni e gli interessi e perfino capirli (ma molti degli stranieri del tempo non lo fecero, e anzi la colonia angloamericana a Firenze, di cui fu battagliera esponente la scrittrice Vernon Lee, fece sentire il suo dissenso dalle colonne del “The Times” di Londra), possiamo inserire l’evento nel contesto storico di transizio- ne e nell’assetto socioeconomico turbato di Firenze post-capitale. Ma difficilmente po- tremo giustificare fino in fondo tutto questo. Le fotografie in gran parte inedite ritrovate negli archivi del Gabinetto Fotografico dell’antica Soprintendenza fiorentina, che Maria Sframeli presenta e interpreta magistralmente in questo bel volume condotto avanti per impulso del mio predecessore Antonio Paolucci, sono troppo crudamente espressive per agevolare la giustificazione e tanto meno indurre al perdono.Anzi, ispirano semmai l’am- monimento a un senso ulteriore di prudenza ove si sia alla vigilia di qualche decisione dra- stica: affinché non debbano i nostri posteri pensar così male di noi e magari noi stessi non si debba indugiare con sguardi dubbiosi sui resti delle estreme e timide demolizioni di que- sti tempi, come ad esempio ora, di fronte alle casucce sventrate di piazza Ghiberti. Il nitore elegante delle fotografie in bianco e nero, dalle superbe inquadrature, ci con- segna un pezzo di città in cui la purezza metafisica dei volumi architettonici è via via in- taccata e corrosa dal progresso delle demolizioni. Stemmi, lapidi, capitelli e quant’altro po- sano per l’obiettivo un’ultima volta, prima di finire in mani rapaci o pietose e prender la via ora del mercato antiquario, ora del lapidario pubblico installato infine nel Museo di San Marco. Grazie all’accuratissimo lavoro della Sframeli, per ogni scatto è rintracciato il punto di presa all’interno del fitto dedalo di strade, piazzette, loggiati, di modo che li percorriamo attraverso l’occhio del fotografo ricostruendone l’itinerario, tra edifici sfollati e vuoti, fi- nestre senza infissi, muri sbocconcellati. Le fotografie nel loro silenzio impassibile ci fan- no udire lo scroscio delle macerie, e sentire in bocca e nel naso l’acre pulviscolo dei de- triti. Chissà che Giosuè Carducci, nello scrivere Il parlamento – per l’appunto – nel 1879, non trasponesse nella dimensione poetica del Medioevo comunale i suoni e le immagi- ni dei cantieri di “risanamento” operosi in tante città e in quegli anni pure attivi nel cen- tro storico fiorentino, già da tempo privo delle mura trecentesche:“…ad una ad una / crosciar vedemmo le trecento torri / de la cerchia; ed al fin per la ruina / polverosa ci ap- parvero le case / spezzate, smozzicate, sgretolate: / parean file di scheltri in cimitero”. Sono immagini a cui le guerre mondiali, specie la seconda con i bombardamenti dei centri urbani, ci avrebbero abituato fino ad anestetizzarci: è nella memoria dei Fiorentini più anziani il crollo dei ponti, di Por Santa Maria, di via Guicciardini, in quella dei più gio- vani l’immagine di qualche rudere isolato in periferia. In tempi più vicini – nel ’93 – ci sa- 5 rebbe toccato veder nuove e inattese macerie per l’attentato di via de’ Georgofili. Ma que- ste fotografie ottocentesche che riemergono da un lungo oblio (accantonate? O forse ri- mosse?) raccontano di un bombardamento senza bombe, in una guerra non dichiarata e fratricida, l’ultima forse di una serie interminabile: Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, ma- gnati e popolani, palleschi e repubblicani… e qui, demolitori contro conservatori, fauto- ri del Nuovo contro cultori del Vecchio (e dell’Antico). Persero questi ultimi, e noi con loro, ereditando dai successivi giorni della ricostruzione il cuore freddo della città. Nel consegnarci un brano ancor dolente di memoria storica, questo libro parla alle no- stre coscienze in un linguaggio controllato ma non per questo meno vibrante, con una voce pacata e civile che non possiamo non ascoltare. CRISTINA ACIDINI Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino 6 Ecco un libro che ha il taglio, anche stilistico, di un reportage giornalistico: assoluta do- minanza delle immagini, semplicità ed efficacia del commento scritto. C’è l’argomento: il centro storico di Firenze, la città di Cavalcanti e di Cimabue, di Giotto e di Dante Alighieri, implacabilmente distrutto negli anni Ottanta e Novanta del XIX secolo. Raso al suolo per ragioni di decoro urbano e di igiene sociale; la perdita in assoluto più grave subita in età moderna dal patrimonio culturale italiano. C’è lo “scoop”: un blocco di oltre trecento lastre fotografiche eseguite fra l’agosto del 1892 e il dicembre del ’94 per documentare i palazzi e le case del centro storico prima e durante le demolizioni. Lastre che si credevano perdute e sono state invece ritrovate ne- gli archivi del Gabinetto Fotografico della Soprintendenza fiorentina al Polo Museale. C’è infine l’autore, la studiosa che ha pubblicato nel 1989 il fondamentale volume sul centro storico demolito, un’opera che ha meritato nel ’90 la segnalazione al Premio San Severino di storia dell’arte. Quando un argomento è profondamente conosciuto e perfettamente dominato – co- me in questo caso lo conosce e lo domina Maria Sframeli – allora si riesce ad essere in- cisivi e persuasivi, semplici ed esaurienti allo stesso tempo. È questa la prima impressione che si prova prendendo in mano il volume edito da Mauro Pagliai della Polistampa: un li- bro che entra con esattezza chirurgica nel cuore della questione, fa capire tutto e subito e resta, perciò, indimenticabile. Ho detto del primato delle immagini. Sono loro a parlare, silenziose e impietose. Mo- strano una città totalmente priva di figure umane, deserta di vita, ferma nel tempo sospeso. “Come una Pompei del Medioevo”, come una “Sana dello Yemen” – scrive Maria Sframeli – ed è l’unico momento in cui il suo discorso asciutto, serrato, tutto cose, notizie, infor- mazioni, riferimenti bibliografici e documentari, si incrina come per un’ombra, subito rientrata, di commozione. Perché commuovono e turbano, in effetti, queste foto che restituiscono l’immagi- ne di una città gremita di storia, carica e come oppressa di memorie a tal punto insigni da apparire quasi imbarazzanti e ciò nonostante cancellata per decreto in una mancia- ta di anni. Come si potevano far sparire le piazze e le strade percorse da Brunetto Latini e da Paolo Uccello, le botteghe frequentate dal Brunelleschi, le case abitate dalle famiglie che avevano fatto grande Firenze (i Medici, gli Strozzi, i Sassetti, i Della Luna), i tabernacoli citati dal Vasari, le venerabili chiese antiche come la città romana (Santa Maria in Cam- pidoglio), le residenze delle Arti: i Medici e Speziali, gli Albergatori, i Rigattieri, gli Oliandoli e i Pizzicagnoli, i Linaioli e Sarti e in quest’ultima, ancora visibile nella foto, l’al- loggiamento che ospitava la grande pala dell’Angelico oggi nel Museo di San Marco? Co- me è potuto accadere tutto ciò in una città che era stata capitale politica della Nazione fi- no a pochi anni prima e che capitale delle arti e delle lettere voleva essere e da tutti (in- tellettuali, storici, letterati, stranieri in primis) era riconosciuta essere? Sono domande alle quali neppure la vasta letteratura raccolta negli anni (dalla mo- nografia del Carocci del 1898 al già citato volume della Sframeli) è riuscita a dare una ri- sposta fino in fondo convincente.