SEZIONE 4 – VERGA, FOTOGRAFO DELLA REALTÀ Capitolo 1 –Verga: La Vita E L'opera
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SEZIONE 4 –VERGA, FOTOGRAFO DELLA REALTÀ Capitolo 1 –Verga: la vita e l’opera Primavera ed altri racconti W2 Nedda La novella fu scritta in tre giorni, durante il Carnevale del 1874, e pubblicata su rivista nel giugno dello stesso anno. È il primo testo di Verga in cui la vicenda si svolge in un ambiente contadino e siciliano, e proprio per questo motivo assume una par - ticolare importanza nello sviluppo dell’opera futura. Da una parte le vicende narrate, che hanno come protagonisti due umili contadini vittime di un destino crudele, anticipano temi e personaggi che saranno tipici dei romanzi veristi; dall’altra il modo di raccontare e l’atteggiamento del narratore sono ancora legati a forme che precedono le scelte veriste. Il focolare domestico era sempre ai miei occhi una figura rettorica 1, buona per incorni - ciarvi gli affetti più miti e sereni, come il raggio di luna per baciare le chiome bionde; ma sorridevo allorquando sentivo dirmi che il fuoco del camino è quasi un amico. Sembra - vami 2 in verità un amico troppo necessario, a volte uggioso 3 e dispotico, che a poco a 5 poco avrebbe voluto prendervi per le mani o per i piedi, e tirarvi dentro il suo antro af - fumicato, per baciarvi alla maniera di Giuda 4. Non conoscevo il passatempo di stuzzicare la legna, né la voluttà di sentirsi inondare dal riverbero della fiamma; non comprendevo il linguaggio del cepperello 5 che scoppietta dispettoso, o brontola fiammeggiando; non avevo l’occhio assuefatto ai bizzarri disegni delle scintille correnti come lucciole sui tizzoni 10 anneriti, alle fantastiche figure che assume la legna carbonizzandosi, alle mille gradazioni di chiaroscuro della fiamma azzurra e rossa che lambisce quasi timida, accarezza grazio - samente, per divampare con sfacciata petulanza. Quando mi fui iniziato ai misteri delle molle e del soffietto 6, m’innamorai con trasporto della voluttuosa pigrizia del caminetto. Io lascio il mio corpo su quella poltroncina, accanto 15 al fuoco, come vi lascierei un abito, abbandonando alla La posizione del lettore fiamma la cura di far circolare più caldo il mio sangue Sono presentate le condizioni Ò ideali per fruire al meglio della L e di far battere più rapido il mio cuore; e incaricando B letteratura. In un contesto O le faville fuggenti, che folleggiano come farfalle inna - protetto e agiato, che contrasta 7 morate , di farmi tenere gli occhi aperti, e di far errare violentemente con gli ambienti 20 capricciosamente del pari 8 i miei pensieri. Cotesto spet - miserabili in cui si svolge la tacolo del proprio pensiero che svolazza vagabondo vicenda raccontata, il lettore può permettersi il “lusso” di intorno a voi, che vi lascia per correre lontano, e per soffermare il «pensiero gettarvi a vostra insaputa quasi dei soffi di dolce e vagabondo» su condizioni umane d’amaro in cuore, ha attrattive indefinibili. Col si - lontanissime dalla propria. 25 garo semispento, cogli occhi socchiusi, le molle fug - gendovi dalle dita allentate, vedete l’altra parte di voi andar lontano, percorrere vertiginose distanze: vi par di sentirvi passar per i nervi correnti di atmosfere sconosciute: provate, sor - 1. figura rettorica: qualsiasi costruzio - 2. Sembravami: Mi sembrava . di legno che brucia nel camino. ne che la retorica, cioè l’arte del discor - 3. uggioso: fastidioso , noioso . 6. molle … soffietto: le molle servono so, usa per rendere più efficace il di - 4. alla maniera di Giuda: come Giu - a smuovere la legna, il soffietto ad attiz - scorso stesso. Qui Verga intende dire da , cioè per tradire. Nei suoi romanzi zare il fuoco. che fino a questo momento aveva con - giovanili Verga aveva evitato di rappre - 7. faville ... innamorate: nota l’allittera - siderato gli elogi del «focolare domesti - sentare il focolare, cioè l’ambiente do - zione che riproduce il crepitio del fuoco. co» come parole vuote, artificiose, pri - mestico. 8. del pari: ugualmente , allo stesso ve di contenuto. 5. cepperello: piccolo ceppo , il pezzo modo . C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino 1 ridendo, senza muovere un dito o fare un passo, l’effetto di mille sensazioni che farebbero incanutire 9 i vostri capelli, e solcherebbero di rughe la vostra fronte. 30 E in una di coteste peregrinazioni vagabonde dello spirito, la fiamma che scoppiettava, troppo vicina forse, mi fece rivedere un’altra fiamma gigantesca che avevo visto ardere nel - l’immenso focolare della fattoria del Pino, alle falde dell’ Etna . Pioveva e il vento urlava incollerito ; le venti o trenta donne che raccoglievano le olive del podere, facevano fu - mare le loro vesti bagnate dalla pioggia dinanzi al fuoco ; le allegre, quelle che avevano 35 dei soldi in tasca, o quelle che erano innamorate, cantavano 10 ; le altre ciarlavano della raccolta delle olive, che era stata cattiva, dei matrimoni della parrocchia, o della pioggia che rubava loro il pane di bocca. La vecchia castalda 11 filava, tanto perché la lucerna appesa alla cappa del Un contrasto brutale focolare non ardesse per nulla; il grosso cane color di La fiamma del caminetto ricorda Ò altri fuochi: non solo il focolare L 40 lupo allungava il muso sulle zampe verso il fuoco , riz - B della fattoria dove ha inizio la O zando le orecchie ad ogni diverso ululato del vento . novella, ma anche, Poi, nel tempo che cuocevasi la minestra, il pecoraio implicitamente, la fiamma del si mise a suonare certa arietta montanina che pizzi - vulcano Etna. Le due descrizioni cava le gambe 12 , e le ragazze incominciarono a saltare che aprono il racconto sono condotte in modo antitetico: da 13 45 sull’ammattonato sconnesso della vasta cucina af - una parte calore, pigrizia e fumicata, mentre il cane brontolava per paura che gli piacere, dall’altra gelo, tempo pestassero la coda. I cenci 14 svolazzavano allegra - inclemente e fatica. mente, e le fave ballavano anch’esse nella pentola, borbottando in mezzo alla schiuma che faceva sbuffare la fiamma. Quando le ragazze fu - 50 rono stanche, venne la volta delle canzonette: – Nedda ! Nedda la varannisa !15 – esclama - rono parecchie. – Dove s’è cacciata la varannisa ? – Son qua – rispose una voce breve dall’angolo più buio, dove s’era accoccolata una ragazza su di un fascio di legna. – O che fai tu costà 16 ? 55 – Nulla. – Perché non hai ballato? – Perché son stanca. – Cantaci una delle tue belle canzonette. – No, non voglio cantare. 60 – Che hai? – Nulla. – Ha la mamma che sta per morire, – rispose una delle sue compagne, come se avesse detto che aveva male ai denti. La ragazza, che teneva il mento sui ginocchi, alzò su quella che aveva parlato certi oc - 65 chioni neri, scintillanti, ma asciutti, quasi impassibili, e tornò a chinarli, senza aprir bocca 17 , sui suoi piedi nudi. 9. incanutire: imbiancare . 11. castalda: la moglie del fattore (vo - breviazione di Sebastiana ( Bastianed - 10. le allegre … cantavano: Verga inse - ce dotta). da ); varannisa sta per “di Via Grande” risce un’annotazione brutalmente reali - 12 . pizzicava le gambe: faceva venire (varanni ). stica. Nella vita miserabile dei manovali voglia di agitare le gambe, di ballare . 16 . O … costà: la O iniziale, ma in ge - agricoli siciliani, il primo motivo di alle - L’espressione è letteraria. nere tutta l’espressione, è tipicamente gria è la tranquillità economica («quelle 13 . ammattonato: pavimento di mat - toscana. che avevano soldi in tasca»), e solo se - toni tipico delle case di campagna. 17 . senza aprir bocca: il silenzio di condariamente hanno spazio i sentimen - 14 . cenci: stracci . Nedda contrasta con il chiasso e il ciar - ti («quelle che erano innamorate»). 15 . Nedda la varannisa : Nedda è ab - lare delle donne. 2 C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino Allora due o tre si volsero verso di lei, mentre le altre si sbandavano ciarlando tutte in una volta come gazze che festeggiano il lauto pascolo, e le dissero: – O allora perché hai lasciato tua madre? 70 – Per trovar del lavoro. – Di dove sei? – Di Viagrande, ma sto a Ravanusa. Una delle spiritose, la figlioccia del castaldo, che doveva sposare il terzo figlio di mas - saro Jacopo a Pasqua, e aveva una bella crocetta d’oro al collo, le disse volgendole le spalle: 75 – Eh! non è lontano! la cattiva nuova dovrebbe re - cartela proprio l’uccello. Uomini e animali Nedda le lanciò dietro un’occhiata simile a quella Il termine usato per il cane Ò (accovacciato ) è vicinissimo a L che il cane accovacciato dinanzi al fuoco lanciava B quello usato per descrivere la O agli zoccoli che minacciavano la sua coda. posizione di Nedda ( accoccolata ), 18 come per sottolineare la 80 – No! lo zio Giovanni sarebbe venuto a chia - contiguità della ragazza con gli marmi! – esclamò come rispondendo a sé stessa. animali. – Chi è lo zio Giovanni? – È lo zio Giovanni di Ravanusa; lo chiamano tutti così. – Bisognava farsi imprestare qualche cosa dallo zio Giovanni, e non lasciare tua madre, 85 – disse un’altra. – Lo zio Giovanni non è ricco, e gli dobbiamo diggià dieci lire! E il medico? e le me - dicine? e il pane di ogni giorno? Ah! si fa presto a dire! – aggiunse Nedda scrollando la testa, e lasciando trapelare per la prima volta un’intonazione più dolente nella voce rude e quasi selvaggia: – ma a veder tramontare il sole dall’uscio, pensando che non c’è pane 90 nell’armadio, né olio nella lucerna, né lavoro per l’indomani, la è una cosa assai amara, quando si ha una povera vecchia inferma, là su quel lettuccio! E scuoteva sempre il capo dopo aver taciuto, senza guardar nessuno, con occhi aridi, asciutti, che tradivano tale inconscio dolore, quale gli occhi più abituati alle lagrime non saprebbero esprimere. 95 – Le vostre scodelle, ragazze! – gridò la castalda scoperchiando la pentola in aria trion - fale.