BARBARO A MASER

“La sottoposta fabbrica è a Masera Villa vicino ad Asolo Castello del Trevigiano, di Monsignor Reverendissimo Eletto di Aquileia, e del Magnifico Marcantonio fratelli de' Barbari…” , I quattro libri dell’architettura, l. II, c. XIV.

Immagine della Villa dalla Fontana del Nettuno

1. La villa e le sue funzioni al tempo della Repubblica di Venezia

Villa Barbaro, pianta

Villa Barbaro si staglia luminosa sullo sfondo dei colli di Asolo, non lontano dalla riva destra del Piave, e domina a sud una vasta pianura a pochi passi dal borgo di Maser. La facciata del corpo centrale evoca le forme solenni di un tempio classico e campeggia in primo piano rispetto alle due lunghe barchesse porticate, destinate a uso agricolo, che le fanno ala come umili servitori. Le chiudono ai due lati le torri colombaie dai frontoni dotati di meridiane le cui ombre – per segnare a ovest ore e stagioni, a est l’ingresso del Sole nei vari segni dello Zodiaco - hanno a lungo segnato i tempi del lavoro e dello svago. Ore, giorni, mesi, anni. Ne sono passati più di quattrocento da quando i fratelli Daniele1 e Marcantonio Barbaro2, di famiglia di origini triestine con interessi in Friuli, commissionarono il rifacimento della loro casa di campagna all’architetto padovano Andrea Palladio. Non erano ricchi committenti qualsiasi, né solo perché appartenevano a una delle più potenti famiglie nella Venezia del tempo: Marcantonio era un ambasciatore della Repubblica appassionato di scultura e di arte; Daniele, patriarca e inviato al Concilio di Trento, aveva tradotto col Palladio il trattato latino De Architectura di Vitruvio ed era studioso dagli interessi molteplici, che si spingevano sino all’ottica e alla prospettiva3. Uomini dai vasti orizzonti culturali e amanti delle arti figurative, non esitarono a intervenire a più riprese sul progetto del fabbricato, talvolta in contrasto con il loro stesso architetto ed amico, volendo una dimora che già al primo sguardo mostrasse la sua duplice vocazione di operosità e di bellezza. Idee guida alla base di tutto il periodo che dal Quattrocento alla fine della Repubblica vide il lento ripiegarsi di Venezia sulla terraferma, via via che perdeva il suo dominio sul mare. Fu allora che ricchi committenti affidarono progetti grandiosi sia a Palladio - il più celebrato di quel periodo – sia ad altri progettisti e artisti: decisi a investire nella terra quei denari guadagnati nelle scorribande sul mare dai loro avi, e al tempo stesso di creare in quei luoghi oasi di armonia e di bellezza. Quelle idee sbocciarono allora in linee, superfici, volumi, interni ed esterni variamente ornati e affrescati: insomma, nel variegato patrimonio delle oltre quattromila ville disseminate in quel che ancora rimane delle campagne di e Friuli4.

2. Templi, giardini e acque

Il Ninfeo della villa - foto di Giampietro Meneghelli, 1 agosto 2014

1 http://www.treccani.it/enciclopedia/daniele-barbaro/ in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011. URL visitata il 20 gennaio 2019. 2 "Barbaro Marcantonio", Dizionario Biografico degli Italiani, vol.6, Franco Gaeta, Roma 1964, 110-112. 3 http://mediateca.palladiomuseum.org/palladio/opera.php?id=45 in Mediateca, https://www.palladiomuseum.org/mediateca URL visitata il 14 gennaio 2019. 4 Dal 1979 l’Istituto Regionale Ville Venete (IRVV) si è impegnato nella catalogazione, restauro e valorizzazione delle ville venete e friulane: 4.238, di cui 3.803 in Veneto e 435 in Friuli Venezia Giulia, il 14% di proprietà pubblica o di enti ecclesiastici, l’86% di proprietà privata. 1476 sono soggette a vincolo della Soprintendenza. Cfr. La catalogazione delle Ville Venete: Antologia, a c. di C. Canato e M. Brancaleoni, Venezia 2010. Alle forme eleganti che oggi ammiriamo – quando non le vediamo abbandonate all’incuria – si affiancava spesso un fervore di opere ingegneristiche avviate dalla Repubblica, che deviarono corsi d’acqua impetuosi e ribelli per irrigare i raccolti, bonificando e rendendo fertili terre un tempo invase dalle paludi5. Alle origini dell’insediamento stesso della villa e alla base del suo ruolo nello sviluppo del territorio c’è l’acqua. A sud della catena alpina, nel punto di incontro tra alta e bassa pianura, cioè tra terreno permeabile e impermeabile, le acque accumulate nelle falde acquifere sotterranee riaffiorano in una fascia di terra di ampiezza variabile tra i 2 e i 30 chilometri detta “linea delle risorgive” lungo la quale in più punti l'acqua compressa in profondità tra pareti impermeabili zampilla e riaffiora in superficie. Di qui anche la ricchezza di rogge - canali artificiali provenienti da un corso d'acqua più ampio - usate per irrigare orti, frutteti, prati e giardini. “Se si potrà fabricare sopra il fiume sarà cosa molto commoda e bella e con grandissima utilità e ornamento si potranno adacquare le possessioni, i giardini e i bruoli – scrive Palladio - ma non si potendo aver fiumi navigabili, si cercherà di fabricare appresso altre acque correnti (...) e si userà grandissima diligenza che vicino a quelle si fabrichi, le quali non abbiano alcuno strano sapore e di niun colore partecipino: ma siano limpide, chiare e sottili”6. Accade dunque che tra Quattro e Cinquecento si moltiplichino le ville lungo i corsi fluviali appena regolati o i canali scavati di recente7. È il caso dell'alta pianura tra il Brenta e il Piave, dove tra Tre e Quattrocento si erano scavati i canali artificiali irrigui della Rosà e della Brentella. Quest’ultimo, derivato dal Piave in località Pederobba, proposto dal Consiglio di Treviso e approvato dal Senato veneto nel 1436, era destinato a soddisfare i bisogni di un’area dell'alta pianura che fino ad allora aveva a disposizione quasi soltanto l'acqua piovana8. Dal 1485, sul ramo principale del canale, i Barbaro avevano ottenuto in concessione un mulino. Ma è possibile che, edificata la villa, si servissero di quell’acqua per gli usi legati alle attività agricole, mentre per quelli domestici attingessero alla fonte di Maser che sgorgava dal colle sul retro dell’edificio laddove si credeva che in epoca romana sorgesse un tempio. Ed è qui che di nuovo funzionalità e bellezza si fondono: grazie a un sofisticato sistema idraulico, l’acqua alimentava il ninfeo per essere poi incanalata verso le cucine e passare di qui nelle fontane di fronte ai porticati delle barchesse, fino a raggiungere la fontana del Nettuno a sud e le peschiere con abbeveratoi ad essa vicine9. Nella villa veneta l’uso dell’acqua rifugge la spettacolarità di giochi, polle e zampilli tipici delle ville fiorentine o romane del Rinascimento, evidenziando uno stretto legame tra fine ornamentale e produttivo. Così nelle peschiere: laghetti ameni che impreziosiscono i giardini, ma che anche accolgono vivai di pesci e crostacei destinati a imbandire le mense dei proprietari10. Ne è un esempio lo scenografico ninfeo semicircolare con peschiera tra il colle e la villa Barbaro, scolpito di festoni, putti, trofei e nicchie con divinità. Si accompagna alle fontane peschiere minori di fronte ai porticati delle barchesse, alla fontana del Nettuno che dal lato sud della strada

5 I. Cacciavillani, Acqua veneta, Corbo e Fiore Editori, Venezia 2015, pp. 23 – 36. 6 A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, Dominico de' Franceschi, Venetia 1570, libro II, p. 45. 7 R. Bentmann, M. Müller, Un proprio paradiso. La villa: architettura del dominio, Edizioni Lavoro, Roma 1986, pp. 26-27. 8 R. Vergani, Villa e acqua (1400-1600). Il caso della Brentella trevigiana, in Villa veneta. Siti e contesti (1400-1600), Atti del Seminario internazionale (-Treviso, 29 maggio-2 giugno 1995), a cura di R. Derosas, Treviso, Fondazione Benetton Studi Ricerche. 9 Uri: https://amslaurea.unibo.it/13235/ A. Bonora, La conservazione del patrimonio storico immateriale: Il microclima di Villa Barbaro a Maser. Laurea magistrale, Università di Bologna, Corso di Studio in Ingegneria dei processi e dei sistemi edilizi, 2017, p. 49. 10 R. Vergani, Villa e acqua …, cit. comunale guarda la villa, alle vicine peschiere con abbeveratoi. Tutte opere dello scultore Alessandro Vittoria, originario di Trento, allievo di Jacopo Sansovino con cui collaborò a decorare la Biblioteca Marciana e Palazzo Ducale per poi passare a Maser11, accanto a Palladio e a che decorò gli interni del corpo centrale. Infine il tempietto sul lato sud della strada, la cui pianta unisce in modo originale un cilindro e una croce greca: ha quattro pilastri che sostengono la cupola, ispirata a quella del Pantheon. È orientato ad est come le chiese più antiche, ornato di statue di Orazio Marinali e di stucchi del Vittoria. Fu progettato da Palladio qualche decennio dopo la villa, con funzioni di cappella gentilizia e chiesa parrocchiale per la comunità di Maser12.

3. Una villa azienda

Villa Barbaro, la meridiana della barchessa a est

Allo stato attuale, più di un centinaio di ville hanno mantenuto nel tempo i ruoli originari di azienda vinicola o agricola, riproponendo prodotti tradizionali locali13 grazie anche a quella cura quasi religiosa delle acque che, come si è visto, caratterizzò per secoli leggi e azioni della Repubblica. Occorre dunque tornare al quattrocentesco canale Brentella per comprendere l’impulso che venne dato alla produzione agricola su una vasta area che va dal basso Asolano fino a alla città di Treviso, e anche come Villa Barbaro divenne uno dei centri propulsori di un’economia fondata sull’acqua e sulla terra14: beni preziosi oggi sempre più indifesi e più fragili, come vedremo più avanti. Inserita in una grande proprietà terriera come molte altre sue simili venete e friulane, Villa Barbaro si differenzia da altre tipologie regionali del suo tempo come quelle toscane – perlopiù destinate a luogo di villeggiatura e rappresentanza –per il suo valore aggiunto di luogo di lavoro. Il corpo centrale, o casa dominicale, era la residenza dei proprietari ed è tutt’uno con le due barchesse laterali: un particolare dal valore non solo funzionale ma anche simbolico. Prima del

11 L. Finocchi Ghersi, Alessandro Vittoria. Architettura, scultura e decorazione nella Venezia del tardo Rinascimento, Udine 1997, passim. 12 https://www.palladiomuseum.org/veneto/opera/40 URL visitata 18 gennaio 2019. 13 121 sono le ville venete censite come aziende vinicole, in http://www.consorziovillevenete.it/enologia/ URL visitata 8 gennaio 2019. 14 G.D.A.A.M., Le ville della Marca in Treviso guida ritratto di una provincia, Editoriale Programma, Treviso 1986, p. 53. Palladio, architetti di fama come Sansovino e Sanmicheli tentarono di interpretare le nuove esigenze di funzionalità e di estetica della villa di campagna, mantenendo però separato il corpo padronale dai complessi adibiti al lavoro della terra. Una delle novità del Palladio consiste invece nell’aver armonizzato due funzioni così diverse e apparentemente distanti – il tempo del contadino e il tempo dell’agiato proprietario – in una struttura unitaria in cui con regali dimore convivessero barchesse, cucine, case di agricoltori, stalle e rustici. A Palladio non sfuggiva alcun particolare utile a rendere funzionali gli edifici che progettava: nel secondo dei suoi Quattro libri dell’Architettura sottolineava che le cantine “debbano ricevere luce da settentrione, altrimenti i vini si scalderanno e si guasteranno” mentre i granai, perché non si scaldino troppo col calore del sole, ma si conservino più a lungo grazie all’effetto mitigatore del vento, “deono avere il lume verso Tramontana”15. Fin da allora il vino rivestiva un ruolo notevole nella vita e nell'economia della villa, tanto è vero che nell’organizzare gli spazi egli aveva previsto "i luoghi per fare i vini" sotto le logge delle barchesse, e là erano rimasti per tre secoli fino a quando, a metà Ottocento, i proprietari di allora per ampliare la produzione costruirono una nuova cantina adiacente l’edificio centrale16. La costruzione segnò la ripresa della vocazione vitivinicola della villa, ancor oggi abitata da proprietari che se ne prendono cura e prima villa veneta quasi interamente visitabile fin dagli anni Trenta del secolo scorso. Ma non è semplicemente un museo, né solo una delle 24 dimore progettate dal Palladio e nel 1996 dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco: poiché tuttora rappresenta un modello delle oltre cento ville-aziende esistenti, e una risorsa non solo turistica ma anche economica con i suoi 30 ettari di vigneto che producono vini di pregio nell’area del Montello e dei Colli Asolani a denominazione di origine controllata17, in un contesto economico favorevole che vede la regione Veneto ai primi posti al mondo nell’esportazione di vini di qualità superiore18.

4. Gli interni della villa

Dettaglio dall’affresco di Paolo Veronese nella Sala dell’Olimpo

15 Uri: https://amslaurea.unibo.it/13235/ A. Bonora Anna, La conservazione del patrimonio… cit., pp. 33-41. 16 https://www.villadimaser.it/it/cantina in https://www.villadimaser.it/ URL visitata il 17 gennaio 2019. 17 https://www.villadimaser.it/it/vini in https://www.villadimaser.it/ URL visitata il 17 gennaio 2019. 18 Veneto Agricoltura, L’export di vino veneto nel mondo, dati 2017, http://www.venetoagricoltura.org/wp- content/uploads/2018/08/export-vino-2017.pdf, URL visitata il 20 gennaio 2019. Il fenomeno della “civiltà di villa” diede origine a una straordinaria fioritura di opere d’arte negli edifici sorti nel veneziano “Stato da terra”. Tra queste, gli affreschi di Paolo Veronese che rivestono le pareti interne della villa e si collocano tra i massimi capolavori della pittura veneta del Cinquecento, con le loro trame fitte di miti, divinità e allegorie, concepite dai due colti Barbaro insieme all’artista. In tutto sei sale visitabili, decorate con gli stucchi del Vittoria, lo stesso artista che aveva scolpito i rilievi e le statue nei giardini. Dipinti e forme palladiane si fondono in elementi architettonici resi a trompe l'oeil come nella Sala a crociera, vestibolo della villa, dal finto loggiato che si sporge su un paesaggio disseminato di rovine antiche e figure allegoriche. Altro motivo frequente, le finte porte create per ampliare lo spazio reale, dalle quali si affacciano soggetti diversi, tra i quali la moglie di e lo stesso artista autoritratto nell’ultima sala, o le armi ad asta appoggiate alle pareti che amplificano l'illusione di uno spazio abitato. Al centro della volta della Stanza di Bacco campeggia la scena con il dio che svela agli uomini il mistero del vino, mentre lungo le pareti sfila una schiera di divinità. Sulla parete a nord, uno dei soggetti più noti: un viale alberato percorso da dame in carrozza. Nella Stanza dell'Amore coniugale il soffitto è gremito di figure maschili e femminili. Sopra la porta, le personificazioni dell'Abbondanza e dell'Amore materno; sopra il camino l'Armonia, con tre suonatrici. Anche la Sala dell'Olimpo presenta, nella volta del soffitto, figure mitiche e allegoriche – alcune identificate con membri della famiglia Barbaro - e finte balaustre che ampliano illusionisticamente lo spazio al di sopra delle pareti. Attigua alla sala dell'Olimpo è la Stanza del cane, con volta a botte dipinta con soggetti allegorici e figure di santi e un cucciolo dipinto su una delle pareti. Infine la Stanza della lucerna, affollata di figure allegoriche di soggetto religioso come la Fede, la Carità, la Prudenza, la Virtù che frena la Passione. Completano la decorazione soggetti religiosi sul tema della Sacra Famiglia. Centrale ovunque l'esaltazione umanistica dell'armonia universale del cosmo, specie sul soffitto della grande sala centrale dove campeggiano divinità olimpiche, mentre nelle altre prevalgono temi di vita quotidiana, descrizioni di un mondo arcaico e idilliaco, illusioni prospettiche con nicchie e balaustre dipinte che portano chi guarda a domandarsi cosa sia realtà e cosa illusione19.

5. La proprietà della villa

Il 23 aprile 2018 si è spenta a 71 anni la contessa Diamante Luling Buschetti, proprietaria della villa. L’aveva ereditata da sua madre Marina Volpi (1908-1977) che nel 1945 aveva sposato in seconde nozze a Maser Enrico Luling Buschetti. Marina era figlia del conte Giuseppe Volpi di Misurata, un protagonista della politica e dell’economia italiana e veneta tra le due guerre, e della nobildonna fiorentina Albina Annunziata Palmira detta Nerina Pisani. Tra l’altro è stata la prima proprietaria ad aprire al pubblico una villa veneta. Con non pochi sacrifici la figlia Diamante aveva protetto il luogo dagli assalti degli speculatori, rilanciato la sua vocazione agricola, investito nel marchio vinicolo Villa di Maser, nonché contribuito a rifondare e a far conoscere il Consorzio vini di Asolo e del Montello20. Scomparsa Diamante, la villa è oggi abitata dal vedovo Vittorio Dalle Ore, veronese, che dopo gli studi in America è stato tra l’altro aiuto regista di Akira Kurosawa negli ultimi film della carriera.

19 R. Pallucchini, Gli affreschi di Paolo Veronese a Maser. Cinquantotto tavole fuori testo e una bicromia, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo 1939; T. Pignatti, Veronese. La Villa di Maser, Fratelli Fabbri, Milano 1968. 20 Addio a Diamante, l’ultima contessa di villa di Maser, “La Tribuna di Treviso”, 24 aprile 2018. 6. Problemi aperti

Veduta aerea della Villa dov’è visibile il borgo di Maser a ridosso del tempietto palladiano Foto di Sebastiano Minniti

L’ormai nota cultura delle ville venete rappresenta un patrimonio degno di essere valorizzato più di quanto oggi avvenga, anche per promuovere, come si è visto, indotti rilevanti come quello del turismo culturale. Fino all’Ottocento la campagna prossima a Villa Barbaro si presentava intensamente coltivata e intessuta di filari di viti affiancati a gelsi: nei pressi esisteva solo l’allora piccolo borgo di Maser e qualche dimora isolata lungo la strada. Il paesaggio subì le più pesanti modifiche prima degli anni Settanta, periodo cui risale all’incirca il 56% dei fabbricati attuali: tra questi, un nuovo borgo sul retro del tempietto palladiano, mentre il paesaggio a nord e a sud è rimasto finora quasi inalterato e permane l’ampia veduta che caratterizzava la villa a inizio Ottocento. Se si pensa che nel raggio di 500 metri la superficie edificata corrisponde al 22,1% dell’insieme, si può dire che è una delle poche in cui il paesaggio originario risulta più preservato21. Con i suoi 230 intatti ettari di verde intorno, essa rappresenta un modello anche in questo, ma non per caso. Nel 2002 si cercò di far approvare una variante al Piano regolatore generale di Maser che prevedeva la drastica riduzione dei vincoli paesaggistici e archeologici e l’innalzamento di tre edifici residenziali e commerciali dalle grandi cubature e a breve distanza dalla dimora. La risposta fu una mobilitazione generale: a fianco dei proprietari scesero in campo il WWF, Italia Nostra, Vittorio Sgarbi, il poeta Andrea Zanzotto, e tra i veneti il senatore Gian Pietro Favaro con un’interrogazione all’allora ministro dei Beni culturali22. Dieci anni dopo, nel 2017, nuovi pericoli per l’integrità paesaggistica del complesso si sono presentati in forma di piano privato di recupero nel centro di Maser. Prevedeva una lottizzazione di 20 mila metri cubi all’interno del parco di Villa Calvi, proprietà non vincolata di una immobiliare, che avrebbe comportato un notevole impatto visivo anche presso la non lontana villa Barbaro.

21 T. Tempesta, Alla ricerca del paesaggio palladiano. Un’indagine sul paesaggio delle ville venete in età contemporanea, Legnaro (PD) 2015, p.199. 22 http://ingridfeltrin.altervista.org/blog/la-palladiana-villa-barbaro-minacciata-dal-cemento/ , blog di Blog di Ingrid Feltrin Jefwa, URL visitata il 20 gennaio 2019. Sul nuovo piano ci furono un’interrogazione del consigliere regionale Andrea Zanoni e un esposto dell’associazione Italia Nostra di Asolo alla Procura della Repubblica di Treviso23 che a fine 2018 portarono il comune a revocare la delibera con cui aveva adottato il piano24. Il punto è che l’interpellanza e l’esposto hanno ottenuto esito positivo solo perché si sono appellati a un vincolo che impedisce qualsiasi edificazione non di interesse pubblico entro 200 metri di distanza dai cimiteri, e quello di Maser ricadeva in tale fascia di rispetto. Il che fa emergere ancora una volta la carenza, a tutt’oggi, di una legislazione adeguata di salvaguardia del patrimonio storico artistico e culturale italiano che impedisca hic et nunc, in ogni punto del territorio, qualsiasi sfregio edilizio e urbanistico a pochi passi da una villa veneta.

23 Consiglio regionale del Veneto, X legislatura, interrogazione n. 488 del consigliere Andrea Zanoni sul piano di recupero area parco di villa Calvi a Maser (TV): l’operazione rispetta le leggi vigenti in materia urbanistica e di consumo del suolo? 13 dicembre 2017. 24 E. Favero, Salta il recupero di Villa Calvi «Il cimitero è troppo vicino», “La Tribuna di Treviso”, 23 novembre 2018.