09/07/2019 Pagina 3

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«Si farà ma come diciamo noi» Così i 5Stelle smontano il testo

Al tavolo Di Maio cita sua madre: io figlio di una prof, inaccettabili discriminazioni salariali Salvini: punta i piedi per ergersi a paladino del Sud, ma il Meridione lo garantisco io IL RETROSCENA ROMA Dopo un paio d' ore di braccio di ferro, davanti al premier, vicepremier, ministri e a decine di tecnici, capi di gabinetto e portaborse, ha sfoderato l' arma-mamma Paola: «Sono figlio di un' insegnante di italiano e latino e mi corre l' obbligo di dirvi che bisogna stare molto attenti. Sull' istruzione rischiamo di creare dei meccanismi che potrebbero creare delle differenze salariali tra insegnanti del Nord e del Sud. E questo non possiamo permetterlo, sarebbe inaccettabile». Raccontano che è proprio a questo punto si è alzato e ha lasciato palazzo Chigi per andare al Viminale dove aveva convocato il Comitato per l' ordine e la sicurezza. Poi, con i suoi, ha ostentato ottimismo. Il vicepremier leghista, impegnato in queste ore più nella battaglia navale contro i migranti che sul fronte dell' autonomia differenziata, ha derubricato le obiezioni del leader 5Stelle a «riflessioni in corso». E si è detto convinto che alla fine i grillini diranno di sì a tutto. «Ormai c' è un solo nodo da sciogliere: l' istruzione. E lo affronteremo giovedì. Per il resto è tutto chiuso e blindato, compresa la delicata parte economica». Spiegazione per il nuovo muro alzato da Di Maio: «Vuole ergersi per ragioni elettorali a paladino degli interessi del Sud, ma il Sud lo garantisco io. Non c' è nulla nella nostra riforma a danno del Meridione e dei meridionali». Di fronte al nuovo scontro, che dopo ben tre ore di riunione ha portato all' ennesima fumata nera e a un ulteriore rinvio ad un vertice fissato alle 8.30 di giovedì (prima del Consiglio dei ministri), ha cercato di mediare buttandola quanto più possibile sul piano tecnico: «Prima si studia il dossier, si ascoltano gli esperti cercando di sviscerare i problemi, poi

Riproduzione autorizzata Licenza Promopress ad uso esclusivo del destinatario Vietato qualsiasi altro uso trarremo le conclusioni politiche». Peccato, però, che in questa partita è difficile trovare mediazioni. «Si vince o si perde», dice una fonte grillina. E Di Maio, ora che si sta per chiudere la finestra che avrebbe permesso le elezioni in settembre, ha confidato di essere convinto che sarà lui a uscire vincitore: «Alla fine l' autonomia si farà come volevamo noi, quella che chiedevano a Salvini i governatori Fontana e Zaia se la possono dimenticare. Non riusciranno a spaccare l' Italia. In più, sarà il Parlamento a dire l' ultima parola: epilogo che loro volevano assolutamente evitare...». IL MURO DI BONISOLI E non è stato solo Di Maio. Durante la riunione il ministro ai Beni culturali, Alberto Bonisoli, ha alzato un muro a difesa delle Sovrintendenze culturali: «E' impensabile che passino alle Regioni». Lo stesso è accaduto su altri capitoli importanti. Tant' è, che alla fine fonti 5Stelle hanno fornito un lungo elenco dei capitoli ancora aperti o sui quali c' è un veto esplicito: «Siamo contro il costo medio, la valutazione ambientale strategica. E autostrade, porti e ferrovie non potranno mai passare sotto il controllo delle Regioni». Senza contare «che anche l' assunzione diretta dei docenti è incostituzionale, come dimostra una sentenza della Consulta redatta nel 2013 da Mattarella...». L' ASSENZA DI TRIA Non solo. Complice l' assenza del ministro dell' Economia , impegnato in una riunione dell' Eurogruppo, i grillini hanno riaperto anche il capitolo economico. E ora invocano, «per garantire una riforma più equilibrata, due principi cardine». Il primo è «l' individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i Lep (Livelli essenziali di prestazione): livelli di servizi che devono essere garantiti ad ogni italiano indipendentemente da dove vive». Il secondo riguarda il Fondo di Perequazione: «Una volta trasferita una quota di gettito alla Regione, se la situazione economica dello Stato dovesse cambiare è necessario che parte del maggiore gettito venga indirizzata alle altre Regioni, proprio per garantire medesimi servizi ad ogni italiano». Di fronte a questo muro, la ministra leghista agli Affari regionali, , ha tuonato: «Si va avanti a oltranza». E Salvini, stretto d' assedio dai governatori Attilio Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto), ha spiegato la frenata dei 5Stelle con il classico gioco di interdizione per provare a sedare le forti divisioni interne al Movimento. Solo giovedì si capirà chi la spunterà. Senza contare che poi la parola passerà al Parlamento che adesso, dopo aver chiesto per mesi di aggirarlo, la Stefani definisce «principe e padre della riforma». Alberto Gentili © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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