In Ricordo Di Lucia Pizzo Russo
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Aesthetica Preprint In ricordo di Lucia Pizzo Russo Centro Internazionale Studi di Estetica Aesthetica Preprint© è il periodico del Centro Internazionale Studi di Estetica. Affianca la collana Aesthetica© (edita da Aesthetica Edizioni) e presenta pre-pubblicazioni, inediti in lingua italiana, saggi, e, più in generale, documenti di lavoro. Viene inviato agli studiosi im pegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori bi blio grafici, alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere. Il Centro Internazionale Studi di Estetica è un Istituto di Alta Cultura costituito nel novembre del 1980 da un gruppo di studiosi di Estetica. Con D.P.R. del 7 gennaio 1990 è stato riconosciuto Ente Morale. Attivo nei campi della ricerca scientifica e della promozione culturale, organizza regolarmente Convegni, Seminari, Giornate di Studio, Incontri, Tavole rotonde, Conferenze; cura la collana editoriale Aesthetica© e pubblica il perio- dico Aesthetica Preprint© con i suoi Supplementa. Ha sede presso l’Università degli Studi di Palermo ed è presieduto fin dalla sua fondazione da Luigi Russo. Aesthetica Preprint 100 Dicembre 2015 Centro Internazionale Studi di Estetica In ricordo di Lucia Pizzo Russo a cura di Luigi Russo Il presente volume raccoglie gli interventi presentati nell’omonima Giornata di studio promossa dal Centro Internazionale Studi di Estetica in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo e la Società Italiana d’Estetica (Palermo, 11 settembre 2015), nell’anniversario della scomparsa di Lucia Pizzo Russo (12 settembre 2014). Indice La scienza della mente attraverso le arti di Carmelo Calì 7 Lucia Pizzo Russo, Giovan Francesco Caroto e lo statuto del disegno infantile di Francesco Paolo Campione 13 La critica di Lucia Pizzo Russo alla neuroestetica di Paolo D’Angelo 21 “L’immagine dell’immagine”. Lucia Pizzo Russo: dalla Psicologia delle Arti alla riconcezione dell’Estetica di Fabrizio Desideri 33 Le riflessioni di Lucia Pizzo Russo sull’immagine e sul “vedere come” di Giuseppe Di Giacomo 41 Un pensiero sensibile. In ricordo di Lucia Pizzo Russo di Roberto Diodato 49 Lucia Pizzo Russo lettrice di Gombrich di Silvia Ferretti 59 In caro ricordo della professoressa Lucia Pizzo Russo di Carlo Maria Fossaluzza 69 Psicologia, psicologia dell’arte e fenomenologia di Elio Franzini 71 Sento quel che (non) sai. Una divagazione sull’empatia di Giovanni Lombardo 85 La percezione come atto e come pratica di Giovanni Matteucci 91 Espressività, percezione e immagine nel pensiero di Lucia Pizzo Russo di Maria Barbara Ponti 105 Lúcia e io. In ricordo di una studiosa e di un’amica di Giuseppe Pucci 121 Le regard qu’on a Une reflexion sur l’empathie photographique di Baldine Saint Girons 131 “Intelletto nelle cose dell’anima”. Note sul rapporto fra scienza, esperienza, arte nel lavoro di Lucia Pizzo Russo di Salvatore Tedesco 137 Il corpo degli indiscernibili e le dissonanze di Danto di Stefano Velotti 147 La scienza della mente attraverso le arti di Carmelo Calì La storia di un “decentramento” Con la precauzione ovvia che è impossibile e probabilmente ingiusto riassumere la varietà di una vita che è anche insegnamento per mezzo di una qualsiasi espressione, si potrebbe tuttavia sostenere che la storia personale, accademica e scientifica di Lucia Pizzo Russo sia rappresen- tabile tramite il termine “decentramento” nel senso in cui lo impiega Jean Piaget per indicare quel meccanismo cognitivo con cui si attua il passaggio dal solipsismo del bambino e dall’egocentrismo del fanciullo all’obiettività del pensiero nell’adulto. È un caso singolare che questa categoria sia stata al centro di un confronto tra la teoria di Piaget e di Vygotskij, altro psicologo che Lucia Pizzo Russo stimava per l’impor- tanza attribuita alla varietà di funzioni e abilità che emerge tramite uno sviluppo per progressiva differenziazione. Il decentramento traspare dalle scelte professionali, accademiche e scientifiche di Lucia Pizzo Russo che, seppur non amasse ricordarlo se non sollecitata, riteneva ispirate dalla necessità di essere obiettivi e rigorosi. La differenziazione si ritrova nelle sue scelte su questioni riguardanti la professione, la città di Palermo, la cornice istituzionale del suo lavoro di insegnamento e ri- cerca, orientate dalla consapevolezza che la complessità delle valutazioni ha senso solo se risponde al rispetto della “naturale” configurazione dei problemi da affrontare. Così la formazione nell’Istituto di Psicologia dell’Università di Palermo e l’interesse per l’arte, manifestato già nella tesi con Cesare Brandi; l’incontro con Piaget la cui teoria risultava estranea al clima culturale dell’Istituto diretto dal prof. Canziani e l’analisi critica dei principî del test dell’uomo; l’interesse per l’Estetica e la filosofia rite- nute necessarie per evitare teorie ad hoc e riduzionismi, rischi ravvisati in seguito nelle stesse teorie filosofiche sulla percezione, il pensiero e l’arte se non sorrette dal rigore che solo una scienza sperimentale può assicurare. Decentramento e differenziazione sembrano ben rappresentare ciò che Lucia Pizzo Russo riteneva di poter estrarre dagli psicologi che assolsero sempre una funzione di riferimento per la ricerca. Da un lato, Piaget come esempio del rigore “cartesiano” nel metodo e nella teoria sintetizzato dallo slogan «non possiamo contraddirci». Dall’al- 7 tro, Arnheim le cui analisi percettive del contenuto di pensiero di vari esempi di opere d’arte furono occasione per incontrare “l’incanto della percezione”. Erano queste le due necessarie polarità della ricerca. Come lei stessa ricordava, la comprensione di Arnheim e, di conse- guenza, della psicologia della Gestalt furono il frutto di più scoperte successive in un gioco di decentramento e differenziazione, a partire da un incontro tanto diverso con questa scuola quale poteva essere me- diato da Brandi, Canestrari e Dorfles, al fine di meglio comprendere. Il rigore assicura chi crede nella scienza per passare dal «mondo del pressappoco all’universo della precisione», che deve applicarsi tanto alla misura quanto ai principî e ai concetti. L’incanto della percezione per ricavare quegli oggetti senza i quali non è possibile fare “sensate esperienze” della mente. Questa esigenza è ben rappresentata dalla de- scrizione di una quotidiana scena visiva immaginata da Arnheim quasi a far da contrappunto alla finzione descrittiva di Cartesio: immagino di essere al tavolo da lavoro e di guardare di là dalla finestra scorgendo così delle nuvole, il cielo, parti di tavolo e della finestra, l’acqua del mare, le barche e il porto, ma anche parti del mio corpo. È sufficien- te aprire gli occhi per ritrovarsi circondati da fenomeni in modo da riconoscere il fatto fondamentale che il mio corpo e il mondo sono parti osservabili del campo visivo. È questo il senso della psicologia della Gestalt, studiata sempre di nuovo attraverso lo stesso Arnheim: una «scuola del rispetto», per usare le parole di Galli, necessaria guida all’osservazione e all’analisi sia per la psicologia sia per la filosofia, poiché l’obiettivo di qualsiasi ricerca è sempre «rendere giustizia alla situazione, […] mettere a fuoco l’oggetto in accordo con la sua natu- ra» come afferma Wertheimer. La Psicologia delle Arti: un campo aperto di ricerca Nei colloqui con studenti e colleghi così come nella Conversazione registrata per il volume di scritti raccolti in suo onore, Lucia Pizzo Russo ricordava che il passaggio accademico all’insegnamento di Psi- cologia delle Arti non fu «né voluto né cercato». Forse per questo carattere fortuito, la Psicologia delle Arti si dimostrò essere l’ambito adatto a segnare i confini di una ricerca interdisciplinare sui rapporti tra la percezione e il pensiero, l’arte e la scienza. Da un lato, Lucia Pizzo Russo si divertiva quasi a registrare “l’istante di silenzio” inge- nerato nell’uditorio dovuto al tentativo programmatico della ricerca in Psicologia della Arti di conciliare metodo scientifico e arte, per tradizione destinati a rimanere estranei a meno di non considerare il primo un punto di vista e la seconda una materia al pari di altre pos- sibili. Dall’altro, ella si augurava che la Psicologia delle Arti potesse un giorno svanire come disciplina di insegnamento e ricerca. Tali posizioni apparentemente contrastanti sono il risultato di un decentramento o di una ristrutturazione, in senso gestaltista, del campo di ricerca della 8 Psicologia delle Arti. Inizialmente Lucia Pizzo Russo attribuisce alla Psicologia delle Arti la funzione di un orizzonte di ricerca per natura interdisciplinare, al pari dell’epistemologia genetica e della ciberneti- ca, che non è definito da un oggetto di ricerca ma piuttosto delinea lo spazio in cui si applicano teorie diverse all’arte, oggetto vario e mutevole nella sua storia. Questo spazio dovrebbe essere tale da non ridurre i conflitti interpretativi o la diversità degli approcci, sfruttan- done invece la varietà per scoprire le condizioni cognitive del fare e fruire arte nella misura in cui le si può estrarre dalla pluralità delle pratiche artistiche. Ancora una volta, però, i confini di questo spazio sembrano essere delimitati da un contrasto che Lucia Pizzo Russo ri- leggeva come un conflitto interpretativo che emerge attraverso la storia della psicologia e delle teorie estetiche. Friedländer aveva affermato che se l’arte può essere oggetto di scienza, allora la scienza deve essere la psicologia. D’altro canto, se è vero che i problemi legati alla per- cezione sono stati esemplificati con (pezzi