Regione Provincia di di e Savignano Irpino

Impianto di produzione di energia elettrica da fonte Eolica e relative opere di connessione potenza complessiva pari a 80,60 MW Impianto Eolico “Ariano Irpino e Savignano Irpino”

Titolo:

RELAZIONE FAUNISTICA E FLORISTICA

Numero documento:

Commessa Fase Tipo doc. Prog. doc. Rev.

2 0 2 5 0 2 D R 0 1 9 3 0 0

Proponente:

WPD MEZZANA SRL Corso d’Italia, 83 DEFINITIVO PROGETTO 00198 Roma

Progettazione: Consulente agronomo: Progettista: Dott. Guerino Cefalo Ing. Massimo Lo Russo

Sul presente documento sussiste il DIRITTO di PROPRIETA’. Qualsiasi utilizzo non preventivamente autorizzato sarà perseguito ai sensi della normativa vigente N. Data Descrizione revisione Redatto Controllato Approvato

00 08.02.2021 EMISSIONE G. CEFALO A.FIORENTINO M. LO RUSSO REVISIONI RELAZIONE FAUNISTICA E FLORISTICA

Impianto Eolico “Ariano Irpino e Savignano Irpino”

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INDICE

1. SCOPO ...... 3 2. UBICAZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO ...... 3 3. RETE NATURA 2000 E AREE NATURALI PROTETTE ...... 5 3.1. AREE NATURALI NELL’AREA VASTA E NEI PRESSI DEL SITO ...... 5 3.2. ZPS IT8040022 – BOSCHI E SORGENTI DELLA BARONIA ...... 10 3.3. IBA 126 MONTI DELLA DAUNIA ...... 11 4. VEGETAZIONE...... 11 5. FAUNA ...... 15 6. POTENZIALI IMPATTI DEL PROGETTO ...... 17 6.1. Valutazione dell’impatto sull’avifauna...... 20 6.2. Valutazione dell’impatto sui chirotteri ...... 24 6.3. Analisi dell’interdistanza tra gli aerogeneratori ...... 25 7. CONCLUSIONI ...... 28

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1. SCOPO

Scopo del presente documento è la descrizione del territorio oggetto d’intervento dal punto di vista ecologico, per la realizzazione del parco eolico costituito da n° 13 aerogeneratori, per una potenza complessiva di picco di 80,6 MW, nei comuni di Ariano Irpino e Savignano Irpino (AV), collegato alla Rete Elettrica Nazionale mediante connessione con uno stallo a 150 kV in antenna su una futura Stazione Elettrica di Trasformazione (SE) della RTN 380/150 kV da inserire in entra-esce sulla linea 380 kV “Benevento 3 – Troia 380”, ubicata nel Comune di Ariano Irpino (AV), nel seguito definito il “Progetto”. Si precisa che il Progetto in esame si compone dell’Impianto Eolico, costituito da n° 13 aerogeneratori, del Cavidotto MT, della Stazione Elettrica d’Utenza, dell’Impianto d’Utenza per la Connessione (linea AT) e dell’Impianto di Rete per la connessione. Nel presente elaborato, si passerà, dapprima per l’analisi del contesto biogeografico più ampio, descrivendone i caratteri generali e poi ci si soffermerà nel dettaglio sul sito interessato, andandone così a descrivere gli aspetti vegetazionali, faunistici ed ecologici.

2. UBICAZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO

L’Impianto Eolico, costituito da n°13 aerogeneratori, ricade principalmente nel territorio del Comune di Ariano Irpino (AV) ed in minima parte in quello di Savignano Irpino (AV). Il Cavidotto MT avrà una lunghezza di circa 29 Km, mentre l’Impianto di Utenza per la connessione avrà una lunghezza di circa 2,0km. Si riporta di seguito stralcio della corografia di inquadramento:

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Figura 1 – Corografia di inquadramento

Circa l’inquadramento catastale, si evince quanto segue: L’Impianto eolico (aerogeneratori, piazzole e viabilità d’accesso), il cavidotto MT ,stazione elettrica di utenza , l’impianto di utenza per la connessione e l’impianto di rete per la connessione ricadono all’interno dei comuni di Ariano Irpino e Savignano Irpino sulle seguenti particelle catastali:

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• Comune di Ariano Irpino (AV): Foglio 53, particelle 24, 27; Foglio 52, particelle 16, 358, 308, 107, 108, 109, 32, 371, 414, 415, 59, 60, 121, 423, 28, 26, 27, 369, 370, 19, 65, 418, 314, 313, 322, 1, 38, 22, 323, 130, 303; Foglio 51, particelle 27, 51, 33, 34, 89, 30, 330, 9, 263, 262, 676, 252, 738, 245; Foglio 34, particelle 2, 77, 185, 186, 382 ; Foglio 33, particelle 482,129, 163, 164, 433, 144, 143, 103, 171, 564, 563, 173, 106, 102, 105, 37, 531; Foglio 16, particelle 141, 190, 191, 8; Foglio 32, particelle 88, 123, 114, 113, 267, 266, 46, 45, 246, 247, 249, 253, 255, 244, 310, 54, 16, 93, 101, 146, 147, 1; Foglio 14, particella 175, 613, 152, 670, 610, 611, 612, 593, 594, 596, 581, 582, 584, 842, 1, 2; Foglio 3, particella 68, 184, 48, 78, 19, 183, 66, 42, 80, 182, 176, 177, 178, 175, 174, 173, 39; Foglio 4, particelle 11, 8, 127; Foglio 15, particella 16; Foglio 50, particella 837; Foglio 02, particelle 833, 834, 53, 54, 55, 60, 26, 845, 161, 830,840, 842,844; • Savignano Irpino (AV): Foglio 26, particelle 49, 66, 67, 401; Foglio 27, particelle 53, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 96, 97, 151, 152, 197, 198, 227, 251, 252, 253, 254, 255, 256, 267, 274, 275, 276; Foglio 29, particelle 115, 116. Si riportano di seguito le coordinate in formato UTM (WGS84), con i fogli e le particelle in cui ricade la fondazione degli aerogeneratori: COORDINATE AEROGENERATORE Identificativo catastale AEROGENERATORE UTM (WGS84) - FUSO 33 Long. E [m] Lat. N [m] Comune Foglio Particella WTG01 517.741 4.554.850 Ariano Irpino 53 24 WTG02 517.454 4.555.316 Ariano Irpino 53 24 WTG03 517.309 4.555.805 Ariano Irpino 53 24 WTG04 517.224 4.556.395 Ariano Irpino 52 121 WTG05 517.505 4.557.059 Ariano Irpino 52 370 WTG06 515.237 4.556.391 Ariano Irpino 51 34 WTG07 515.662 4.558.236 Ariano Irpino 33 105 WTG08 513.629 4.559.041 Ariano Irpino 32 247 WTG09 513.179 4.559.610 Ariano Irpino 32 16 WTG10 515.622 4.560.644 Savignano Irpino 27 60-61 WTG11 513.316 4.561.684 Ariano Irpino 14 582 WTG12 510.817 4.565.914 Ariano Irpino 4 127 WTG13 510.519 4.566.579 Ariano Irpino 3 66

3. RETE NATURA 2000 E AREE NATURALI PROTETTE

3.1. AREE NATURALI NELL’AREA VASTA E NEI PRESSI DEL SITO Rete Natura 2000 La Rete Natura 2000 viene istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” per garantire la conservazione degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. Il recepimento della Direttiva in Italia è avvenuto attraverso il regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 modificato e integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003. La Rete Natura 2000 è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), successivamente indicate come Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE. Le ZPS sono siti designati a norma dalla Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” concernente alla conservazione degli uccelli selvatici, successivamente abrogata e sostituita integralmente dalla Direttiva 2009/147/CE. L’IBA (Important Bird Area), sviluppato da BirdLife International (rappresentato in Italia da LIPU), nasce come progetto volto a mirare la protezione e alla conservazione dell’avifauna. Il progetto IBA Europeo è stato concepito come metodo oggettivo e scientifico che potesse compensare alla

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Codifica Elaborato: 202502_D_R_0193 Rev. 00 mancanza di uno strumento tecnico universale per l’individuazione dei siti meritevoli di essere indicati come ZPS. I SIC e ZSC riguardano lo stesso sito, l’unica distinzione consiste nel livello di protezione. I Siti di Interesse Comunitario vengono identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva “Habitat” e successivamente designati come Zone Speciali di Conservazione. In Italia l’individuazione dei SIC è di competenza delle Regioni e delle Province Autonome che trasmettono i dati al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero dopo una verifica trasmette i dati alla Commissione. I SIC, a seguito delle definizioni e delle misure di conservazione, delle specie e degli habitat da parte delle regioni, vengono designati come ZSC con decreto ministeriale adottato d’intesa con ciascuna regione e provincia autonoma. La designazione delle ZSC garantisce l’entrata a pieno regime delle misure di conservazione e una maggiore sicurezza. Si riporta di seguito uno stralcio della cartografia disponibile sul Portale Cartografico Nazionale all’indirizzo www.pcn.minambiente.it:

Figura 2 - Stralcio Aree SIC e ZPS con ubicazione del Progetto

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Figura 3 - Stralcio Aree IBA con ubicazione del Progetto

Dal riscontro effettuato emerge che le aree individuate per la realizzazione del Progetto non ricadono all’interno di aree appartenenti alla Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) e IBA. Da un’analisi a larga scala del territorio che circonda le aree di intervento, si segnalano le seguenti Zone Speciali di Conservazione (ZSC) /Zona di Protezione Speciale (ZPS) ed IBA: - ZPS IT8040022 – Boschi e Sorgenti della Baronia, distante circa 1,8km dall’aerogeneratore più prossimo (WTG_01) ed oltre 8km dalla Stazione Elettrica d’Utenza; - ZSC IT9110032 – Valle del Cervaro, Bosco dell’Incoronata, distante circa 6,0km dall’aerogeneratore più prossimo (WTG_10) dell’Impianto Eolico ed oltre 8,0km dalla Stazione Elettrica d’Utenza; - ZSC IT9110033 – Accadia - Deliceto, distante oltre 6,0 km dall’aerogeneratore più prossimo (WTG_05) dell’Impianto Eolico ed oltre 10km dalla Stazione Elettrica d’Utenza; - ZSC IT8020004 – Bosco di Castelfranco in Miscano, distante oltre 5,5km dall’aerogeneratore più prossimo (WTG13) dell’impianto eolico ed oltre 10km dalla Stazione Elettrica d’Utenza; - IBA 126 - Monti della Daunia, distante circa 3,0 km dall’aerogeneratore più prossimo (WTG13) dell’Impianto Eolico ed oltre 4,5 km dalla Stazione Elettrica d’Utenza. Nel seguito si procederà con la descrizione della flora e fauna potenziale a livello di area vasta, considerando con quest’ultima un’estensione di 5km dal perimetro esterno dell’area d’impianto, ai sensi della D.G.R. 532 del 04/10/2016 della Regione

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Campania. Si ricorda che l’area vasta corrisponde all’estensione massima di territorio entro cui, allontanandosi gradualmente dall’opera progettata, gli effetti sull’ambiente si affievoliscono fino a diventare, via via, meno percettibili. Di conseguenza, si procederà con la descrizione degli habitat e specie elencate nei formulari standard della ZPS IT8040022 – Boschi e Sorgenti della Baronia, unico sito intersecato dall’area vasta di 5km dal perimetro esterno dell’impianto. Si considererà, inoltre, l’ IBA “Monti della Daunia” per le specie ornitiche in essa contenute.

Aree naturali protette La “Legge Quadro per le aree protette” legge n. 394/1991 ha permesso di procedere in modo organico all’istituzione delle aree protette e al loro funzionamento. La finalità della legge è l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese. Le aree protette rappresentano uno strumento indispensabile per lo sviluppo sostenibile in termini di conservazione della biodiversità e di valorizzazione del territorio. L’elenco ufficiale delle aree protette comprende: . Parchi Nazionali: sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o parzialmente alterati da interventi antropici; una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali educativi e ricreativi; . Aree Marine: sono costituite da ambienti marini che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono; . Riserve Naturali Statali: sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalistiche rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche, il cui interesse sia di rilevanza nazionale; . Parchi e Riserve Regionali: sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali. La Regione Campania ha recepito la normativa nazionale con la Legge Regionale n. 33 del 1° settembre 1993 Istituzione di parchi e riserve naturali in Campania, individuandone le aree. Allo stato attuale il sistema regionale delle Aree Protette è così costituito:

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Tabella 1 - Aree Protette Regione Campania

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Figura 4 – Stralcio dal sito www.pcn.minambiente.it – VI Elenco Ufficiale delle Aree Protette EUAP con ubicazione del Progetto

Dal riscontro effettuato emerge che le aree individuate per la realizzazione del Progetto non ricadono all’interno di Aree Naturali Protette, né in prossimità di esse.

3.2. ZPS IT8040022 – BOSCHI E SORGENTI DELLA BARONIA La Zona di Protezione Speciale in esame si estende interamente nella Regione Campania ed occupa una superficie di 3.478 ha. Il sito ricade nella regione biogeografica Mediterranea, con altitudine media di circa 718 m s.l.m. (min. 413 – max. 1023). Sotto il profilo amministrativo, il sito interessa gli ambiti territoriali dei comuni di: , , , , , , , , , , . La qualità e l'importanza del sito derivano dagli ampi tratti interessati da popolamenti costituiti da foresta a galleria di Salix alba e Populus alba, castagneti, l'interessante avifauna e gli importanti giacimenti fossiliferi. La vulnerabilità del sito è connessa ai derivanti dallo sfruttamento delle sorgenti, all'immissione di ittiofauna alloctona, e all'aumento delle coltivazioni di tipo estensivo. Il sito è inoltre caratterizzato da rilievi appenninici di origine flyschoide interessati da numerose sorgenti. Entrando più nel dettaglio nella trattazione, per l’area in oggetto le indagini condotte hanno portato alla individuazione di 2 habitat di interesse comunitario (elencati nell’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE): - 9260 - boschi di castagno

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- 92A0 – foreste a galleria di Salix alba e Populus alba Non vi sono piante elencate nell’Allegato II della Direttiva 92/43/EEC. Per quanto riguarda la fauna d’interesse comunitario, di cui all'Articolo 4 della Direttiva 79/409/CE ed elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE si ha: Mammiferi: Rhinophulus hipposideros, myotis myotis; Uccelli (non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE): Alauda arvensis, Calandrella brachydactyla, Caprimulgus europaeus, Circus aeruginosus, Circus pygargus, Columba palumbus, Coturnix coturnix, Falco naumanni, Lanius collurio, Lanius minor, Melanocorypha calandra, Milvus migrans, Milvus milvus, Pernis apivorus, Scolopax rusticola, Streptopelia turtur, Turdus iliacus, Turdus merula, Turdus philomelos, Turdus philomelos. Pesci: Alburnus albidus, Barbus tyberinus, Rutilus rubilio

3.3. IBA 126 MONTI DELLA DAUNIA Le informazioni relative alle IBA in esame e l’elenco delle specie ornitiche rilevate sono estrapolate dalla Relazione finale della LIPU – BirdLife Italia “Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete delle IBA (Ariel Brunner et al., 2002). L’IBA è caratterizzata da una vasta area montuosa pre-appenninica. L’area ricopre una superficie 75.027 ettari e comprende le vette più alte della Puglia (Monti Cornacchia e Saraceno), il medio corso del fiume Fortore ed il Lago di Occhito interessato dalla sosta di uccelli acquatici. L’area è individuata ad est da Casalnuovo Monterotaro, Coppa Rinnegata, Monte Marcentina, Piano Capraia, Il Torrente Radiosa e Fara di Volturino, Toppo della Ciammaruca, Il Coppone, Piano Marrone, Coppa Pipillo ed il Bosco dei Santi. A sud dal Monte Taverna, Colle Servigliuccio, Monte San Vito, Toppo di Cristo, Toppa Vaccara, Monte Leardo. Ad ovest da Toppo San Biagio, Fiume Fortore, Poggio del Fico, Monte Taglianaso, Toppo Cola Mauditta, Poggio Marano, Toppo dei Morti, Monterovero, Sant’Elia a Pianisi. A nord da Colletoro e da Monte Calvo. Le specie qualificanti censite per l’IBA 126 Monti della Daunia sono: Milvus milvus (nibbio reale) e Coracias garrulus (ghiandaia marina), mentre le specie non qualificanti prioritarie per la gestione sono: Milvus migrans (nibbio bruno), Circus cyaneus (albanella reale) e Falco biarmicus (lanario).

4. VEGETAZIONE

Non disponendo di una carta forestale regionale con una risoluzione tale da poter esaminare nel dettaglio l’area indagata, si sarebbero potute trarre informazioni più dettagliate facendo riferimento alla cartografia dei Piani di Gestione Forestale (PGF) elaborati dai Comuni. Consultando l’elenco regionale dei Comuni che nel tempo si sono dotati di un PGF, il Comune di Ariano Irpino, principalmente interessato dal Progetto in esame, non rientra tra questi. Pertanto si è fatto riferimento alla cartografia del Piano Territoriale Regionale ed alla classificazione “Corine Land Cover” aggiornata all’anno 2012.

• Uso agricolo dei suoli (All. 4 del PTR)

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AREA DI STUDIO

Figura 5 – Uso agricolo dei suoli – Fonte PTR

• Risorse naturalistiche e agroforestali (All. 4 del PTR)

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AREA DI STUDIO

Figura 6 – Risorse naturalistiche e agroforestali – Fonte PTR

Stando alle indicazioni della carta dell’uso agricolo dei suoli del PTR, l’area vasta oggetto di indagine rientrerebbe prevalentemente in un’area agricola seminativa. Si riconoscono poi dei lembi di boschi e di prati e pascoli. Per quanto concerne le indicazioni della carta delle risorse naturalistiche e agroforestali, l’area vasta esaminata rientrerebbe prevalentemente nell’area classificata come “B3 – Aree agricole dei rilievi collinari”. Si riconoscono poi delle aree riconducibili a “B1 – Aree forestali dei rilievi collinari”, “B2 – Praterie dei rilievi collinari” e “B4 – Mosaici agricoli ed agroforestali dei rilievi collinari ed aree agricole a più elevata complessità strutturale”.

• Corine Land Cover anno 2012

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Figura 7 – Corine Land Cover anno 2012 – Fonte Portale Cartografico Nazionale all’indirizzo www.pcn.minambiente.it

Il suolo occupato dal Progetto in esame interessa principalmente “seminativi in aree non irrigue”, che rappresenta, come già visto dall’analisi della cartografia del PTR, l’utilizzo principale anche dell’area vasta considerata, ed in minima parte “prati stabili”. Si rilevano, poi, aree prevalentemente occupate da culture agrarie, a rimarcare che l’uso principale del suolo in quest’area è legato

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Codifica Elaborato: 202502_D_R_0193 Rev. 00 all’agricoltura. Infine l’area conserva territori boscati ed ambienti seminaturali, ai margine delle aree, come detto, antropizzate dall’uomo per l’uso agricolo.

Alla luce di quanto sopra esposto è stato necessario fare un’analisi puntuale, attraverso dei rilievi in campo, degli aspetti vegetazionali presenti nelle aree di intervento dove è prevista l’installazione dell’impianto eolico. L’area direttamente interessata dagli interventi è completamente classificabile come territorio agricolo. Pertanto si presenta, dal punto di vista vegetazionale, alquanto monotona e costituita da ampie distese già trasformate rispetto alla loro configurazione botanico-vegetazionale originaria. Molto diffuse nell’ambito oggetto di indagine risultano le aree a seminativo in massima parte rappresentate da colture cerealicole. In questa tipologia rientrano anche le specie floristiche “banali” tipiche oltre che dell’incolto anche delle aree di margine dei coltivi e bordo strada. Sono specie del tutto prive di valore biogeografico e/o conservazionistico nonchè molto diffuse (famiglia botanica delle papaveraceae, crucherae, rosaceae, leguminosae, geraniaceae ecc..). Scarsamente diffuse, invece, risultano nell’ambito interessato le aree agricole con colture arboree. Sono presenti sporadici oliveti (Olea europaea sativa) e vigneti. Nel complesso i vari campi coltivati a seminativo formano un’enorme superficie priva di soluzioni di discontinuità ad eccezione delle aree a maggiore pendenza, spesso lasciate ad un residuo di ambiente naturale (pascolo, pascolo arbustati, piccoli lembi di bosco ripariale). E’ da sottolineare la quasi totale assenza di filari arboreo-arbustivi ai margini delle strade e dei campi, che invece sono molto più numerosi ad altitudini più elevate dove la topografia del territorio diventa meno permissiva al passaggio dei mezzi agricoli, e quindi facilità l’abbandono di alcune aree dove la vegetazione può intraprendere delle successioni dinamiche. Filari di vegetazione, non del tutto costante si presentano lungo le sponde dei vari corsi d’acqua, dove, in alcuni tratti aumentano la propria estensione divenendo bosco ripariale. Le aree edificate non risultano rilevanti in termini di estensione rispetto al territorio oggetto di indagine. Dette aree sono costituite dagli insediamenti antropici di tipo residenziale-produttivo, nonché da insediamenti rurali, anche di epoca recente, finalizzati alla conduzione agricola. Non risulta rilevante la presenza di insediamenti a carattere stagionale (seconde case) mentre risultano abbastanza diffusi gli insediamenti rurali ormai abbandonati.

5. FAUNA

Sulla base delle conoscenze pregresse riguardo alla biologia e l’ecologia delle specie appartenenti alle classi dei Rettili e dei Mammiferi ed alla tipologia ambientale dell’area in oggetto, nonché dei parametri microclimatici che su di essa insistono, vengono stilate le liste faunistiche considerando le specie potenzialmente presenti nell’area stessa. Inoltre, sono stati raccolti dati da fonti bibliografiche aventi come oggetto di studio la fauna vertebrata nell’area in oggetto, in aree limitrofe che presentano la stessa tipologia ambientale o in aree più vaste. In questi termini, il quadro faunistico che si evince assume più l’aspetto di “fauna potenziale” che tuttavia si avvicina molto a quella che realmente insiste sugli ambienti interessati dall’impianto eolico, vista la omogeneità ambientale che determina una fauna alquanto semplice e poco complessa.

Batracofauna ed Erpetofauna Data la carenza di ambienti acquatici la batracofauna si presenta povera e rappresentata da specie estremamente ubiquitarie e con scarso interesse conservazionistico, come la Rana verde comune (Rana kl. hispanica) ed il Rospo comune (Bufo bufo spinosus). L’ampia estensione di terreni coltivati a seminativi e orticole, interrotti solo da piccole pietraie, consente invece la presenza di alcune specie di Rettili; tra queste oltre alle più diffuse lucertole come la Lucertola campestre (Podarcis sicula campestris) e muraiola (Podarcis muralis), il Ramarro (Lacerta bilineata), ed i più diffusi Ofidi come il Biacco (Coluber viridiflavus) e

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Codifica Elaborato: 202502_D_R_0193 Rev. 00 l’Aspide (Vipera aspis) trova la Natrice dal collare (Natri natrix) che si allontana spesso dagli ambienti acquatici propri della specie, ed il Cervone (Elaphe quatuorlineata), un colubride tipico delle zone calde e cespugliose.

Mammalofauna La mammalofauna è rappresentata da entità tipiche mediterranee con elementi di notevole interesse naturalistico che tuttavia non sono strettamente legate all’area per le basse idoneità ecologiche dell’habitat. Tralasciando l’ordine dei Chirotteri, meritevoli di indagini decisamente più approfondite e mirate, le emergenze faunistiche all’interno di questa classe di vertebrati sono rappresentate da animali di modeste e piccole dimensioni mancando del tutto i grossi erbivori. Tra gli insettivori è presente il Riccio europeo (Erinaceus europaeus), mentre più consistente è la presenza della Talpa europea (Talpa europaea). Presenti sono anche i toporagni come il Toporagno comune (Sorex araneus) e il Toporagno pigmeo (Sorex minutus). Presente anche se non molto frequente è la Lepre (Lepus capensis). Fra i roditori si ricordano il Moscardino (Muscardinus avellanarius), il Topo quercino (Elyomis quercinus) ed il Ghiro (Glis glis). Altri roditori sono il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus) ed il topolino delle case (Mus musculus), il Ratto nero (Rattus rattus) e il Ratto grigio (Rattus norvegicus), tra le arvicole l'Arvicola (Arvicola terrestris musignani) e il Pitimio del savi (Pitymys savi). L'Istrice (Hystrix cristata) sembra essere presente anche se non si hanno studi circa la reale popolazione. Tra i mustelidi ci sono sicuramente la Donnola (Mustela nivalis), la Faina (Martes foina), il Tasso (Meles meles) e la Puzzola (Mustela putorius). Tra i canidi si ricorda la Volpe e il Lupo. Fra gli artiodattili l'unica specie esistente è il Cinghiale (Sus scrofa), probabilmente incrociato con altre specie utilizzate per i ripopolamenti a fini venatori.

Chirotteri Per quanto concerne le specie appartenenti all’ordine dei Chirotteri, è bene sottolineare che la redazione della lista faunistica richiede oltre che conoscenze specifiche, l’adozione di metodologie complesse e lunghi tempi di indagine. Tuttavia, visto che molti aspetti dell’ecologia e dell’etologia sono presenti, anche se con popolazioni incerte i pipistrelli fra cui il Rinolofo ferro di cavallo (Rhinolophus hipposideros), seguito dal Pipistrello orecchie di topo (Myotis myotis).

Ornitofauna Le caratteristiche ambientali dell’area, non consentono la presenza di specie ornitiche la cui nicchia di nidificazione è rappresentata da formazioni forestali più o meno ampie o da pareti rocciose ricche di cenge e cavità. Per questi motivi sono assenti tutte le specie appartenenti all’ordine dei Piciformi. Il gruppo dei rapaci è moderatamente rappresentato. Si ricorda il rarissimo Falco lanario (Falco biarmicus feldeggii), il Falco cuculo (Falco vespertinus), lo Smeriglio (Falco columbarius aesalon), il Nibbio bruno (Milvus migrans) ed il Nibbio reale (Milvus milvus), il Falco di palude (Circus aeroginosus) e il Falco pescatore (Pandion haliaetus). Tra i rapaci notturni sono da citare il Barbagianni (Tyto alba), l'Allocco (Strix aluco) e la Civetta (Carine noctua). Ancora presente sono la Quaglia (Coturnix coturnix) e il Fagiano (Phasianus colchicus) spesso reintrodotto a fini venatori. I passeriformi tipici dell’area, sono rappresentati da entità che popolano i grandi pascoli e le praterie estese come il Calandro (Anthus campestris) e l’Allodola (Alauda arvensis). La presenza di piccoli arbusti che spesso si associano in formazioni più compatte, consentono la nidificazione dell’Averla piccola (Lanius collurio), dello Zigolo giallo (Emberiza cirlus), del Merlo (Turdus merula) e di altre entità tipiche delle siepi e delle boscaglie.

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6. POTENZIALI IMPATTI DEL PROGETTO

La valutazione degli impatti potenziali sulla componente floro - faunistica dovuti alla realizzazione del Progetto, sono sintetizzati nel Quadro di riferimento ambientale, al punto “Flora, fauna ed ecosistemi” dello Studio di Impatto ambientale (cfr. 202502_D_R_0108 Studio di Impatto Ambientale) Gli impatti sono divisi per fase e per ogni impatto viene indicata la significatività e le misure di mitigazione da adottare, oltre all’indicazione dell’impatto residuo. Si riportano , in maniera sintetica i principali impatti potenziali attesi dalla realizzazione del Progetto: Costruzione Esercizio Dismissione - frammentazione dell’area - frammentazione dell’area - frammentazione dell’area - aumento del disturbo - disturbo per rumore e rischio - aumento del disturbo antropico da parte dei mezzi impatto antropico da parte dei mezzi di cantiere. - rischio di collisione di animali di cantiere. - rischi di uccisione di animali selvatici volatori da parte delle - rischi di uccisione di animali selvatici da parte dei mezzi di pale degli aerogeneratori selvatici da parte dei mezzi di cantiere; cantiere; - degrado e perdita di habitat; - degrado e perdita di habitat;

Tuttavia, per un impianto eolico, gli impatti maggiori sono quelli causati sugli uccelli e si possono classificare in due tipologie: - impatto diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’aerogeneratore; - impatto indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento degli individui, frammentazione di habitat e popolazione. Nel presente paragrafo, pertanto, si riporta un approfondimento relativo all’analisi dei suddetti impatti sull’avifauna potenziale dell’area in esame.

Aumento del disturbo antropico (fase di cantiere e d’esercizio) Un impatto indiretto sulla componente faunistica è legato all’azione di disturbo provocata dal rumore e dalle attività di cantiere in fase di costruzione, nonché dalla presenza umana (macchine e operai per la manutenzione, turisti ecc.) e dall’impianto stesso, in fase di esercizio. In particolare, la realizzazione dell’impianto eolico comporterà la perdita di aree agricole per le piazzole dei generatori (una parte delle quali potrà essere ripristinata), oltre ad altre superfici per l’allargamento delle piste esistenti e l’apertura di nuove piste. L’apertura di nuove piste e le opere di scavo e di sbancamento causano una perdita di habitat di alimentazione e di riproduzione principalmente agricolo. Questo tipo di impatto indiretto risulterà basso per specie che hanno a disposizione ampi territori distribuiti sia negli ambienti aperti o circostanti all’impianto, sia a livello regionale e nazionale; inoltre, sono dotati di ottime capacità di spostamento per cui possono sfruttare zone idonee vicine. La costruzione dell’impianto determinerà inoltre anche un aumento dell’antropizzazione dell’area di impianto, dovuta ad un aumento del livello di inquinamento acustico e della frequentazione umana, causati dal passaggio di automezzi, dall’uso di mezzi meccanici e dalla presenza di operai e tecnici. Ciò, si presume, avrà come effetto una perdita indiretta (aree intercluse) di habitat idonei utilizzabili da parte di specie di fauna sensibili al disturbo antropico, oppure l’abbandono dell’area come zona di alimentazione o come zona di sorvolo, anche ben oltre il limite fisico dell’impianto, segnato dalle piazzole e dalle piste di collegamento. In realtà, come si evince dalla lista delle specie per le quali l’area risulta in qualche misura idonea, si tratta di specie tipicamente conviventi con le attività agricole, attività che hanno selezionato popolamenti assuefatti alla presenza umana e a quella di mezzi meccanici all’opera.

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Il rumore in fase di cantiere rappresenta in generale sicuramente uno dei maggiori fattori di impatto per le specie animali, particolarmente per l’avifauna e la fauna terricola. Tuttavia, probabilmente, l’attività antropica pregressa nelle immediate vicinanze è risultata già fino ad oggi condizionante per le presenze animali anche nella zona in esame. Considerando la durata di questa fase del Progetto, l’area interessata e la tipologia delle attività previste, si ritiene che questo tipo di impatto sia di breve termine, estensione locale ed entità non riconoscibile. In fase di esercizio valgono le stesse considerazioni espresse in merito alla fase di cantiere per quanto riguarda la sottrazione di siti per l’alimentazione e di corridoi di spostamento, che diverrà permanente. Va ricordato che in fase di esercizio le aree occupate saranno ridotte di circa la metà rispetto a quelle in fase di cantiere. Verranno a decadere gli eventuali impatti dovuti al disturbo acustico ed all’inquinamento luminoso, infatti, da studi su altri impianti eolici si è notato come le specie faunistiche interessate hanno ripreso le proprie attività, nei pressi degli aerogeneratori, nell’arco di pochi mesi dalla messa in esercizio dell’impianto. Gli ambienti direttamente interessati dalle previsioni di progetto presentano una vegetazione a fisionomia prevalentemente agricola, per cui l’impatto maggiore avviene sulle specie animali legate alle aree aperte. Sul tema del disturbo, in particolare quello da rumore, uno dei pochi studi che hanno potuto verificare la situazione ante e post costruzione di un parco eolico ha evidenziato che alcune specie di rapaci, notoriamente più esigenti, si sono allontanate dall’area, probabilmente per il movimento delle pale ed il rumore che ne deriva, mentre il Gheppio mantiene all’esterno dell’impianto la normale densità, pur evitando l’area in cui insistono le pale (Janss et al. 2001). Per quanto riguarda il disturbo arrecato ai piccoli uccelli non esistono molti dati, ma nello studio di Leddy et al. (1999) viene riportato che si osservano densità minori in un’area compresa fra 0 e 40 m di distanza dagli aerogeneratori, rispetto a quella più esterna compresa fra 40 e 80 m. La densità aumenta gradualmente fino ad una distanza di 180 m, in cui non si registrano differenze con le aree campione esterne all’impianto. Quindi la densità di passeriformi sembra essere in correlazione lineare con la distanza dalle turbine fino ad una distanza di circa 200 m. Altri studi hanno verificato una riduzione della densità di alcune specie di uccelli, fino ad una distanza di 100-500 metri nell’area circostante gli aerogeneratori (Meek et al. 1993, Leddy et al. 1999, Johnson et al. 2000), anche se altri autori (Winkelman 1995) hanno rilevato effetti di disturbo fino a 800 m ed una riduzione degli uccelli presenti in migrazione o in svernamento. Relativamente all’Italia, Magrini (2003) ha riportato come nelle aree dove sono presenti impianti eolici è stata osservata una diminuzioni di uccelli fino al 95% per un’ampiezza fino a circa 500 m dalle torri. Winkelman (1990) afferma che i Passeriformi sono gli uccelli che risentono meno del disturbo arrecato dalla realizzazione dei parchi eolici. Il disturbo creato dai generatori risulta essere variabile e specie/stagione/sito specifico (Langston & Pullan 2002) ed è soggetto a possibili incrementi susseguenti alle attività umane connesse all’impianto. Con i dati in possesso, considerata la durata del progetto e l’area interessata, si ritiene che i suddetti impatti siano di lungo termine, estensione locale ed entità non riconoscibile.

Collisione degli animali con parti dell’aerogeneratore (fase d’esercizio) In fase di esercizio, gli impatti diretti sono derivanti dai possibili urti di uccelli contro le pale dei generatori. Sicuramente il gruppo tassonomico più esposto ad interazioni con gli impianti eolici è costituito dagli uccelli. C’è però da considerare che tutte le specie animali, comprese quelle considerate più sensibili, in tempi più o meno brevi, si adattano alle nuove situazioni al massimo deviando, nei loro spostamenti, quel tanto che basta per evitare l’ostacolo. Inoltre le torri e le pale di un impianto eolico, essendo costruite in materiali non trasparenti e non riflettenti, vengono perfettamente percepiti dagli animali anche in relazione al fatto che il movimento delle pale risulta lento (soprattutto negli impianti di nuova generazione) e ripetitivo, ben diverso dal passaggio improvviso di un veicolo.

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Appare evidente che strutture massicce e visibili come gli impianti eolici siano molto più evitabili di strutture non molto percepibili come i cavi elettrici o, ancora peggio, di elementi mobili non regolari come i veicoli e che tali strutture di produzione di energia non sono poste in aree preferenziali di alimentazione di fauna sensibile. Uno studio condotto da un’équipe di ricercatori del British Trust for Ornithology in collaborazione con la University of Highlands e l’Islands Environmental Research Institute ha raccolto dati che dimostrano come il 99% degli uccelli può riuscire a evitare l’impatto con le pale eoliche. Regolarmente, gli uccelli deviano dalla loro traiettoria orientativamente a circa 150 – 200 metri dalle pale in rotazione quando la traiettoria di volo segue la direzione del vento stesso (direzione verso il fronte della pala). Le direzioni di volo nel senso contrario appaiono modificate verso l’alto o verso i lati a circa 250 – 350 metri. Inoltre, la ventosità influisce sul comportamento dell’avifauna che generalmente è maggiormente attiva in giornate di calma o con ventosità bassa, mentre il funzionamento degli aerogeneratori è strettamente dipendente dalla velocità, cessando la loro attività a ventosità quasi nulla. Non sono inoltre da sottovalutare gli impatti ancor più dannosi dovuti alla combustione delle stoppie di grano, le distruzioni di nidiate in conseguenza alla mietitura, l’impatto devastante dei prodotti chimici utilizzati regolarmente in agricoltura per i quali non si attuano misure cautelative nei confronti della fauna in generale e dell’avifauna in particolare. L’impatto da analizzare riguarda quindi l’avifauna che può collidere occasionalmente con le pale ruotanti, così come con tutte le strutture alte e difficilmente percepibili quali gli elettrodotti, i tralicci e i pali durante le frequentazioni del sito a scopo alimentare, riproduttivo e di spostamento strettamente locale. La mortalità dipende dalle specie di uccelli e dalle caratteristiche dei siti. Gli studi condotti per quantificarne il reale impatto variano considerevolmente sia in funzione delle modalità di esecuzione dello studio stesso che, probabilmente, da area ad area (differenze biologiche e/o del campo eolico). Si riportano di seguito, a titolo esemplificativo, alcuni risultati effettuati su esperienza internazionali, le quali sembrano spesso contraddittori, a conferma del fatto che non è possibile generalizzare contesti e situazioni. Recenti studi negli USA hanno valutato che, in tale nazione, gli impatti imputabili alle torri eoliche dovrebbero ammontare a valori non superiori allo 0.01 – 0.02 % del totale delle collisioni stimate su base annua fra l’avifauna e i diversi elementi antropici introdotti sul territorio (1 o 2 collisioni ogni 5.000- 10.000). I moderni aerogeneratori presentano inoltre velocità del rotore molto inferiori a quelle dei modelli più vecchi, allo stesso tempo si è ridotta, in alcune marche, a parità di energia erogata, la superficie spazzata dalle pale; per questi motivi è migliorata la percezione dell’ostacolo da parte dei volatili, con conseguente riduzione della probabilità di collisione degli stessi con l’aerogeneratore. La stessa realizzazione delle torri di sostegno tramite piloni tubolari, anziché mediante traliccio, riduce le occasioni di collisione, poiché evita la realizzazione di strutture reticolari potenzialmente adatte alla nidificazione o allo stazionamento degli uccelli in prossimità degli organi in movimento. L’alta mortalità dell’avifauna nelle aree con centrali eoliche a cui fanno riferimento tutti gli esperti ornitologici e di avifauna, riguardano essenzialmente le centrali californiane degli anni 80 (Altmon Pass, Tohachapi Pass, San Gregorio Pass), tutte composte da migliaia di turbine eoliche (ben 5300 nella centrale di Altmon Pass), tutte di piccola taglia e con elevati regimi di rotazione; tali vecchi impianti, non sono assolutamente comparabili con quelli attuali per dimensioni delle turbine e pale e numero di giri al minuto, quindi per “percettibilità” delle stesse turbine. Tutti gli studi sulla mortalità riportano valori con grandi differenze: si và da 0,02 uccelli/anno/turbina a 2 o 3 uccelli/anno/turbina. In ogni caso si tratta di modeste percentuali che in un moderno impianto di media dimensione (20 turbine circa), potrebbero comportare al massimo la morte di alcune unità o al massimo alcune decine di uccelli e del tutto trascurabili rispetto alle centinaia/migliaia registrate nelle centrali californiane. Uno studio sul comportamento dei rapaci svolto in Danimarca presso Tjaereborg (Wind Energy, 1997), dove è installato un aerogeneratore di grande taglia (2 MW), avente un rotore di 60 m di diametro, ha evidenziato la capacità di questi uccelli di modificare la loro rotta di volo 100–200 m prima del generatore, passando a distanza di sicurezza dalle pale in movimento. Questo comportamento è stato osservato sia con i rapaci notturni, tali osservazioni sono state effettuate con l’ausilio di un radar, che con quelli diurni. Uno altro studio, condotto presso la centrale eolica di Tarifa, Spagna (Cererols et al., 1996) mostra che la

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Codifica Elaborato: 202502_D_R_0193 Rev. 00 realizzazione dell’impianto, costituito da numerosissime torri, sebbene costruito in un’area interessata da flussi migratori, non ha influito sulla mortalità dell’avifauna (la centrale è in esercizio dal 1993, e dopo 43 mesi di osservazioni sono state registrate soltanto 7 collisioni). Tale realizzazione non ha provocato inoltre modificazioni dei flussi migratori né disturbo alla nidificazione, tanto che alcuni nidi sono stati rinvenuti, all’interno dell’impianto, a meno di 250 m dagli aerogeneratori. Si evidenzia inoltre che gli aerogeneratori sono privi di superfici piane, ampie e riflettenti, ovvero quelle superfici che maggiormente ingannano la vista dei volatili e costituiscono una delle maggiori cause del verificarsi di collisioni. Alcuni studi recenti mostrano inoltre una capacità dei volatili ad evitare sia le strutture fisse che quelle in movimento, modificando se necessario le traiettorie di volo, purché le stesse abbiano caratteristiche adeguate di visibilità e non presentino superfici tali da provocare fenomeni di riflessione o fenomeni analoghi, in grado di alterare la corretta percezione dell’ostacolo da parte degli animali, per cui, le pale da installare rispetteranno queste prescrizioni (McIsaac, 2000). Un caso di studio interessante è quello di un sito eolico presso lo stretto di Gibilterra, costituito da 66 aerogeneratori, alti circa 40 m. distribuiti in un’unica fila e posizionata sulla cresta di una montagna orientata in direzione nord-sud. Il sito è un importante corridoio di migrazione per l’avifauna. Attraverso 2 stazioni di controllo si è studiato per 14 mesi il comportamento della fauna: in questo periodo sono morti due soli uccelli, mentre sono stati osservati nell’area sopra all’impianto circa 45.000 grifoni e 2.500 bianconi. Alla luce delle rilevazioni e degli studi effettuati, risulta che la frequenza delle collisioni degli uccelli con gli aerogeneratori è estremamente ridotta, sicuramente inferiore a quanto succede con aeromobili, cavi, ecc..

Causa di collisione N. uccelli morti (stime) Percentuali (probabili) Veicoli 60-80 milioni 15 – 30 % Palazzi e finestre 98-890 milioni 50 – 60 % Linee elettriche Decine di migliaia – 174 milioni 15 – 20 % Torri di comunicazione 4-50 milioni 2 - 5 % Impianti eolici 10.000 – 40.000 0.01 – 0.02 % Tabella 2 – Cause di collisione dell’avifauna contro strutture in elevazione – Fonte ANEV

In genere si osserva come gli impianti eolici costituiscano comunque una percentuale modesta delle mortalità di volatili.

6.1. Valutazione dell’impatto sull’avifauna

Per valutare l’eventuale interferenza negativa delle pale dei generatori quale fonte diretta di mortalità sull’avifauna durante la fase di esercizio è opportuno effettuare alcune considerazioni, oltre che sulle caratteristiche del campo eolico, sulla tipologia ambientale in cui questo è inserito, con particolare riferimento alla biologia delle specie ornitiche che frequentano l’area e sul fenomeno migratorio. Nella recente Guida dell’UE sullo sviluppo dell’energia eolica e Natura 2000 (European Commission, 2010), con particolare riferimento all’Allegato II, si trova un elenco di specie vulnerabili di seguito riportato per i rapaci che potrebbero interagire con l’impianto: Specie di uccelli particolarmente vulnerabili agli impianti eolici (da European Commission, 2010) Stato di conservazione Spostamento Incidente/collisione con Specie Effetto barriera in Europa dall’habitat un uccello Circus pygargus Sicuro X XX (Albanella minore)

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Circus Cyaneus Estinto XX X x (Albanella reale) Falco peregrinus Sicuro X X x (Falco pellegrino) Circus aeruginosus Sicuro X x x (Falco di palude) Falco subbuteo Sicuro x (lodolaio) Accipiter nisus Sicuro x x (sperviero) Milvus milvus In declino X XXX x (Nibbio reale) Milvus migrans Vulnerabile X X X (Nibbio bruno) Buteo buteo Sicuro x XX x (Poiana comune) Falco tinnunculus In declino X XX X (gheppio) Legenda: XXX = Evidenza di un significativo rischio di impatto, XX = Prova o indicazioni di rischio di impatto, X = Potenziale rischio di impatto, x = piccolo o non significativo rischio di impatto, ma ancora da considerare nella valutazione

È da ribadire che la lista delle sensibilità stilata dalla Commissione europea è basata su quanto presente in letteratura. Ora, come è noto, studi sugli effetti degli impianti eolici sull’avifauna sono attendibili se prolungati nel tempo. Se uno studio è prolungato nel tempo significa che è relativo a impianti realizzati con tecnologie ormai superate e gli effetti riscontrati non sono quindi direttamente attribuibili a impianti di nuova generazione. Dal confronto delle specie presenti contemporaneamente nelle aree naturali protetti ricadenti nell’area vasta considerata (5km), si desume che le specie più vulnerabili sono quelle relative a: Nibbio Reale (Milvus Milvus), Nibbio Bruno (Milvus Migrans), albanella minore (Cyrcus pygargus) e Falco di palude (Cyrcus aeruginosus). Per capire l’effettiva sensibilità della popolazione delle specie in esame, si fa riferimento allo status che la popolazione presenta a livello nazionale. Tale status viene descritto dalle categorie IUCN. L’applicazione dei criteri e delle categorie IUCN per la compilazione delle liste rosse, sia a livello globale che locale, risulta essere la metodologia internazionalmente accettata dalla comunità scientifica, quale sistema speditivo di indicizzazione del grado di minaccia cui sono sottoposti i taxa a rischio di estinzione.

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Figura 8 – Categorie di rischio Tra le categorie di estinzione e quella di Minor preoccupazione si trovano le categorie di minaccia, che identificano specie che corrono un crescente rischio di estinzione nel breve o medio termine: Vulnerabile (VU), In Pericolo (EN) e in Pericolo Critico (CR)

In base ai diversi stati di conservazione è facilmente attribuire il livello di fragilità delle specie più vulnerabili presenti nell’area vasta considerata, secondo la seguente scala: Stato della popolazione Specie (Fonte: lista rossa dei vertebrati Fragilità italiani) 1 Milvus migrans, LC-NT 2 Circus aeroginus, circus pygargus, VU 3 milvus milvus, EN 4 CR 5

Dunque tenendo conto di questa valutazione per la fragilità dell’avifauna, potenzialmente presente nell’area vasta (5km) e della probabilità dell’impatto in virtù delle considerazioni riportate precedentemente e desumibili dall’analisi di letteratura, è possibile costruire una matrice di calcolo del rischio, che incrocia la probabilità degli impatti con la fragilità delle specie.

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Probabilità d’impatto Altamente Praticamente Impossibile Accidentale Probabile Probabile certo 0 1 2 3 4

- 1 0 1 2 3 4

LC-NT 2 0 2 4 6 8

VU 3 0 3 6 9 12

EN 4 0 4 8 12 16

Fragilità della specie CR 5 0 5 10 15 20 Tabella 3 - Significatività degli impatti

La significatività dell’impatto può essere dunque espressa secondo la scala: Significatività dell’impatto 1-5 Bassa 6-9 Media 10-12 Alta 13-20 Critica

Pertanto, con riferimento alle specie sensibili presenti nelle aree naturali protette, individuate all’interno dell’area vasta, si riporta la significatività dell’impatto (spostamento dall’habitat, rischio di collisione ed effetto barriera) dell’impianto eolico con l’avifauna. Specie Probabilità dell’impatto Fragilità Significatività Milvus migrans 2 2 4 Circus aeroginus 2 3 6 Circus pygargus 2 3 6 Milvus milvus 2 3 6

Utilizzando una scala della significatività (bassa, media, alta e critica) è possibile concludere che l’impatto sull’avifauna risulta essere medio.

Misure di mitigazione Per quanto riguarda le possibili mitigazioni o compensazioni che possono essere adottate in caso di disturbo o minaccia alle possibili popolazioni ornitologiche che presidiano l’area di intervento, è da evidenziare come già sono state presi alcuni accorgimenti in fase progettuale, come l’utilizzo dei modelli tubolari di turbine; queste infatti non forniscono posatoi adatti alla sosta dei rapaci contribuendo alla diminuzione del rischio di collisioni. Osborn (2001) infatti, evidenzia come l’utilizzo di turbine tubolari e la presenza di posatoi naturali (alberi) riduca sensibilmente il rischio di impatto. Altre precauzioni potranno essere prese sul colore degli aerogeneratori e delle pale, infatti, Curry (1998) afferma che l’utilizzo di particolari vernici visibili nello spettro UV, campo visivo degli uccelli, nei risultati preliminari, renda più visibili le pale rotanti. Alcune ricerche si sono concentrate su quale colorazione rendesse più visibili le pale degli aereogeneratori; McIsaac (2000) ha dimostrato che bande colorate che attraversano la superficie, in senso trasversale, delle pale, vengono avvertite dai rapaci a maggior distanza. Hodos (2000) afferma che, colorando una sola delle tre pale di nero e lasciando le altre due bianche, si riduce l’effetto

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“Motion Smear” (corpi che si muovono a velocità molto alte producono immagini che rimangono impresse costantemente nella retina dando l’idea di corpi statici e fissi), e gli uccelli riescono a percepire molto meglio il rischio, riuscendo, in tempo utile, a modificare la traiettoria di volo. Le stesse Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, approvate con D.M. dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010, nell’allegato 4 “Impianti eolici: elementi per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio” prevedono come misure di mitigazione per gli impatti su “flora, fauna ed ecostistemi”: - Utilizzo di aerogeneratori con torri tubolari, con bassa velocità di rotazione delle pale e privi di tiranti; - Utilizzo di accorgimenti, nella colorazione delle pale, tali da aumentare la percezione del rischio da parte dell’avifauna. Pertanto, tali misure di mitigazione sono state tenute in conto nella fase progettuale.

6.2. Valutazione dell’impatto sui chirotteri A partire dalla fine degli anni Novanta, diversi studi europei e nordamericani sulla mortalità della fauna selvatica volatrice nei pressi degli impianti eolici hanno evidenziato una mortalità più o meno elevata di chirotteri a causa dell’impatto diretto con le pale in movimento (Rahmel et al. 1999; Bach et al. 1999; Johnson et al. 2000; Lekuona 2001; Erickson et al. 2003; Aa.Vv. 2004; Arnett 2005; Rydell et al. 2012). In alcuni casi il numero di individui coinvolti per anno ha superato quello degli Uccelli, generalmente più colpiti dei chirotteri (Stickland 2001). Le conoscenze sull’impatto degli impianti eolici sulle popolazioni di chirotteri fino al 2000 sono però molto scarse, considerando che la letteratura scientifica riportava soltanto brevi report su questa problematica, associando spesso questo tipo di minaccia per i chirotteri a quella rappresentata dagli impatti con le torri per le comunicazioni in generale (Crawford e Baker 1981; Osborn et al. 1996; Bach et al. 1999). La situazione internazionale cambia dopo il 2000, quando sia negli Stati Uniti che in Europa si assiste ad una crescita di interesse e quindi di studi scientifici sull’impatto degli impianti eolici sulle popolazioni di chirotteri. In questi studi emerge che in buona parte degli impianti eolici attivi, sottoposti a mirate ricerche, si evidenziano percentuali di mortalità più o meno elevate di pipistrelli (Erickson et al. 2003; Arnett et al. 2008; Rodrigues et al. 2008; Jones et al. 2009b; Ahlén et al. 2007, 2009; Baerwald et al. 2009; Rydell et al. 2010, 2012). Per quanto riguarda il territorio italiano, sono disponibili pochi studi sulla mortalità dei chirotteri presso gli impianti eolici. Il primo che riporta un impatto documentato risale al 2011, quando è stato segnalato il ritrovamento di 6 carcasse di pipistrello di Savi (Hypsugo savii), e una di pipistrello nano (P. pipistrellus) in provincia de L'Aquila (Ferri et al. 2011). Da recenti studi sembra che la causa principale di mortalità dei chirotteri negli impianti eolici sia la collisione diretta con le pale in movimento, che causa lesioni traumatiche letali (Rollins et al. 2012).

Dal confronto delle specie presenti contemporaneamente nelle aree naturali protetti ricadenti nell’area vasta considerata (5km), si desume che le specie più vulnerabili sono quelle relative a: Vespertilio maggiore (Myotis myotis), Ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros). Dalle Linee guida per la valutazione dell’impatto degli impianti eolici sui chirotteri (2014), è possibile desumere il grado di impatto potenziale in relazione alle informazioni contenute in letterature per ogni specie presente sul territorio italiano. In particolare, per il Myotis myotis risulta che il grado d’impatto eolico sia medio, ovvero che la specie sia moderatamente sensibile all’impatto eolico; mentre per il Rhinolophus hipposideros risulta basso, ovvero che la specie è poco sensibile all’impatto eolico. Pertanto, sulla base di queste considerazioni, è possibile fornire un valore della probabilità di impatto. Per capire l’effettiva sensibilità della popolazione delle specie in esame, come fatto per le specie avifaunistiche, si fa riferimento allo status che la popolazione presenta a livello nazionale. Tale status viene descritto dalle categorie IUCN.

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Stato della popolazione Specie (Fonte: lista rossa dei vertebrati Fragilità italiani) 1 LC-NT 2 Myotis myotis VU 3 Rhinolophus hipposideros EN 4 CR 5

Pertanto, con riferimento alle specie sensibili presenti nelle aree naturali protette, individuate all’interno dell’area vasta, si riporta la significatività dell’impatto (rischio di collisione) dell’impianto eolico con i chirotteri. Specie Probabilità dell’impatto Fragilità Significatività Myotis myotis 2 3 6 Rhinolophus hipposideros 1 4 4

Utilizzando una scala della significatività (bassa, media, alta e critica) è possibile concludere che l’impatto sui chirotteri risulti essere, in maniera cautelativa, medio. Si precisa, infine che il rischio di mortalità è dipendente dall'habitat e dalla posizione topografica dell’impianto. Gli impatti maggiori si hanno per impianti localizzati lungo le coste e sulla sommità di colline e montagne, dove siano presenti boschi, sia di conifere che di latifoglie. Al contrario, impianti situati in zone agricole o aree aperte senza vegetazione arborea (es. prati, pascoli) sono caratterizzati da una bassa mortalità. In generale, il numero di collisioni aumenta per torri posizionate a meno di 100-200 m da zone di bosco (Rodrigues et al. 2008). Nel caso in esame, l’impianto risulta ubicato in un’area agricola, adibita quasi esclusivamente a seminativo, con scarsa presenza di vegetazione arborea. Pertanto, la scelta progettuale relativa all’ubicazione sembra favorire una diminuzione del rischio di mortalità dei chirotteri.

6.3. Analisi dell’interdistanza tra gli aerogeneratori Per avere un quadro più chiaro sulle possibili interferenze che le pale eoliche possono causare all’avifauna locale si sono analizzate le distanze tra le torri. L’impianto eolico in esame è costituito da 13 aerogeneratori, posti in posizione tale da non poter costituire una barriera ecologia di elevato spessore, anche in considerazione del fatto che è disposto distante da una serie di piccole aree naturali costituite dai corsi d’acqua provvisti di vegetazione. Tuttavia, si riporta nel seguito una trattazione per capire se le distanze tra gli aerogeneratori risultino sufficienti a garantire la continuazione dell’utilizzo dl territorio da parte della fauna. La cessione di energia dal vento alla turbina implica un rallentamento del flusso d’aria, con conseguente generazione, a valle dell’aerogeneratore, di una regione di bassa velocità caratterizzata da una diffusa vorticità (zona di scia). La scia aumenta la sua dimensione e riduce la sua intensità all’aumentare della distanza dal rotore. In conseguenza di ciò, un impianto può costituire una barriera significativa per l’avifauna, soprattutto in presenza di macchine ravvicinate tra di loro. Per la stima della distanza tra gli aerogeneratori occorre tener conto che l’occupazione fisica degli aerogeneratori è sicuramente inferiore rispetto all’occupazione reale, in quanto allo spazio inagibile all’avifauna costituito dal diametro delle torri, è necessario aggiungere lo spazio in cui si registra un campo perturbato dai vortici che nascono dall’incontro del vento con le pale. In particolare, numerose osservazioni sperimentali inducono a poter affermare che il diametro DTx dell’area di turbolenza ad una distanza x dall’aerogeneratore può assumersi pari a: DTx = D + 0.07*X

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Codifica Elaborato: 202502_D_R_0193 Rev. 00 dove: D = diametro del rotore Come si è accennato, tuttavia, l’intensità della turbolenza diminuisce all’aumentare della distanza della pala e diviene pressoché trascurabile per valori di: x > 10D in corrispondenza del quale l’area interessata dalla turbolenza ha un diametro pari a: DTx = D*(1+0.7) Considerando, pertanto, due torri adiacenti poste ad una reciproca distanza DT, lo spazio libero realmente fruibile dall’avifauna (SLF) risulta pari a: SLF = DT – 2R(1+0.7) con R = raggio del rotore. Al momento, in base alle osservazioni condotte in più anni e su diverse tipologie di aerogeneratori e di impianto si ritiene ragionevole che spazi fruibili oltre i 250m fra le macchine possano essere considerati buoni. In particolare, è possibile adottare il seguente schema: Spazio libero fruibile Giudizio Significato Lo spazio può essere percorso dall’avifauna in regime di > 500m Ottimo notevole sicurezza essendo utile per l’attraversamento dell’impianto e per lo svolgimento di attività al suo interno. Lo spazio può essere percorso dall’avifauna in regime di buona sicurezza essendo utile per l’attraversamento dell’impianto e per lo svolgimento di minime attività ≤ 500 m (soprattutto trofiche) al suo interno. Il transito dell’avifauna Buono ≥ 250 m risulta agevole e con minimo rischio di collisione. Le distanze fra le torri agevolano il rientro dopo l’allontanamento in fase di cantiere e di primo esercizio. In tempi medi l’avifauna riesce anche a cacciare fra le torri. L’effetto barriera è minimo. È sufficientemente agevole l’attraversamento dell’impianto. Il rischio di collisione e l’effetto barriera sono ancora bassi. < 250 m Sufficiente L’adattamento avviene in tempi medio – lunghi si assiste ad un ≥ 150 m relativo adattamento e la piccola avifauna riesce a condurre attività di alimentazione anche fra le torri. L’attraversamento avviene con una certa difficoltà soprattutto per le specie di maggiori dimensioni che rimangono al di fuori < 150 m dell’impianto. Si verificano tempi lunghi per l’adattamento Insufficiente ≥ 100 m dell’avifauna alla presenza dell’impianto. L’effetto barriera è più consistente qualora queste interdistanze insufficienti interessino diverse torri adiacenti. Lo spazio è troppo esiguo per permettere l’attraversamento in condizioni di sicurezza e si incrementa il rischio di collisione. Qualora questo giudizio interessi più pale adiacenti si verifica un forte effetto barriera, l’attraversamento è difficoltoso per < 100 m Critico tutte le specie medio grandi o poco confidenti, la maggior parte dell’avifauna rimane al di fuori dell’impianto a distanze di rispetto osservate varianti da circa 300 metri a 150 metri per le specie più confidenti.

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Pertanto, con riferimento all’impianto eolico in esame, si avrà: WTG DT R SLF Giudizio 1-2 550 85 261 Buono 2-3 522 85 233 Sufficiente 3-4 613 85 324 Buono 4-5 710 85 421 Buono 4-6 2000 85 1711 Ottimo 6-7 1900 85 1611 Ottimo 7-8 2200 85 1911 Ottimo 8-10 2560 85 2271 Ottimo 8-9 730 85 441 Buono 9-11 2000 85 1711 Ottimo 11-12 4920 85 4631 Ottimo 12-13 727 85 438 Buono

Pertanto, gli spazi liberi fruibili dall’avifauna risultano prevalentemente ottimi e buoni ed in un solo caso sufficiente. Per la valutazione delle distanze dell’impianto eolico in esame con gli impianti già realizzati, o autorizzati o in iter di autorizzazione, si rimanda all’apposito documento: 202502_D_R_0173 Analisi percettiva dell’impianto – Impatti cumulativi

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7. CONCLUSIONI

Dalla descrizione della vegetazione e della fauna effettuata precedentemente si evince che, di fatto, nelle aree interessate dal Progetto non si rilevano aree con vegetazione di valenza ambientale e con specie faunistiche di elevato valore conservazionistico. L’area oggetto d’intervento è infatti caratterizzata da un ecosistema agricolo, comprendendo ambienti agricoli adibiti principalmente a seminativi in aree non irrigue ed in minima parte prati stabili. Il livello di naturalità di queste superfici appare modesto e non sembrano sussistere le condizioni per inquadrare tali aree nelle tipologie di vegetazione semi-naturale. La fauna presente in questi territori, che ha saputo colonizzare gli ambienti coltivati, è costituita da specie meno esigenti oppure da specie che hanno trovato, in questi ambienti artificiali, il sostituto ecologico del loro originario ambiente naturale. La monotonia ecologica che caratterizza l’ambito ristretto in cui ricade l’impianto, unitamente alla tipologia dell’habitat, è alla base della presenza di una zoocenosi con bassa ricchezza di specie. In particolare, la fauna vertebrata risente fortemente della assenza di estese formazioni forestali nell’immediato intorno e della scarsità dello strato arbustivo. Le specie presenti di invertebrati sono alla base di una rete alimentare modestamente articolata, permettendo comunque la presenza stabile di numerose specie di micro-mammiferi, rettili e uccelli comuni. La popolazione aviaria, nell’area vasta, si presenta più consistente e diversificata. Con riferimento a quest’ultima, si è presa in considerazione la potenziale interferenza dell’impianto con le specie sensibili, vista la presenza nelle aree circostanti di aree naturali protette. L’impatto con riferimento sia all’avifauna che ai chirotteri potenzialmente presenti nell’area vasta è stato classificato, in maniera cautelativa, come medio. Tuttavia una serie di scelte progettuali, quali l’utilizzo di torri tubolari, con bassa rotazione delle pale e privi di tiranti, di accorgimenti nella colorazione delle pali tali da aumentare la percezione del rischio da parte dell’avifauna e la localizzazione dell’impianto in un’area agricola con scarsa presenza di vegetazione arborea, consentono di ridurre tale impatto potenziale. Inoltre, dall’analisi delle distanze tra gli aerogeneratori, ne risulta che complessivamente lo spazio può essere percorso dall’avifauna in regime di buona sicurezza essendo utile per l’attraversamento dell’impianto e per lo svolgimento di minime attività (soprattutto trofiche) al suo interno. Il transito dell’avifauna risulta, dunque, agevole, con minimo rischio di collisione e con l’effetto barriera anch’esso minimo.

il consulente Dott. For. Guerino CEFALO

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