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GIUSEPPE APPELLA

ANTONIETTA RAPHAE¨L Catalogo generale della scultura

con la collaborazione di BRUNA FONTANA

Umberto Allemandi Ringraziamenti In particolare ASAC, Archivio Storico Arti Contemporanee della Biennale Miriam (in memoriam), Simona e Giulia Mafai di Venezia Archivio Storico Capitolino, Roma Alessandra Appella, Roma Biblioteca e Archivio della Fondazione La Quadriennale, Roma Paolo e Alessandra Barillari, Roma Biblioteca Nazionale Centrale, Roma Giuseppe Bertolami, Roma Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, C. e G. Bixio, Roma Roma Carlotta Cardon, Roma Biblioteca Alessandrina, Roma Claudio e Elena Cerasi, Roma Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, Roma Arialdo Ceribelli, Bergamo Biblioteca e Archivio Storico della Galleria Nazionale d’Arte Enzo Cinicola, Roma Moderna e Contemporanea, Roma Gaetano Cipolla, Palermo Biblioteca dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Roma Annarita Cosso, Spoleto (Pg) Biblioteca Statale Antonio Baldini, Roma Serena De Dominicis, Roma Biblioteca dell’Università Statale, Archivio Scheiwiller, Milano Stefano De Luca, Roma Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna Sabina De Pasquale, Palermo Carla Cesarini, Biblioteca Comunale Giosuè Carducci, Rachele Ferrario, Firenze Spoleto (Pg) Giuseppe Ferri, Roma Maria Bruna Cifarelli, Archivio della , Villa Onofrio Nuzzolese, Roma Torlonia, Roma Saverio Nuzzolese, Matera Collezione d’Arte Banca d’Italia, Roma Giancarlo Pezzano, Roma Fonderia Artistica Battaglia, Milano Marzio e Paola Pinottini, Torino Luigi Fortunati, Galleria Civica d’Arte Moderna, Spoleto (Pg) Nino Ricci, Macerata Galleria d’Arte Moderna, Genova-Nervi M. Laura Ferrero Riccio, Torino Elena Lucchesi Ragni, Musei Civici, Brescia Luciano Scalia, Roma Stefano Marson, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Sara Scalia, Roma Contemporanea, Roma Alina Kalczynska Scheiwiller, Milano Maurizio Mondini, Musei Civici, Brescia Silvia Teodosi, Bologna Anna Maria Montaldo, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Paolo Trevisani, Roma Cagliari Giuseppina Moriconi, Biblioteca Comunale Giosuè Carducci, Spoleto (Pg) Referenze fotografiche Museo del Novecento, Raccolta d’Arte Contemporanea Alberto Archivio Fotografico Civici Musei d’Arte e Storia Della Ragione, Firenze di Brescia - Fotostudio Rapuzzi, Brescia Pino Pagano, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Villa Elio Aricò, Roma Cattolica, Bagheria (Pa) Giorgio Benni, Roma Riccardo Passoni, Galleria Civica d’Arte Moderna e Bosio Pressphoto, Roma Contemporanea, Fondazione Guido ed Ettore de Fornaris, Torino Alfio Di Bella, Roma Federica Pirani, Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, Daniele Di Mita, Matera Roma Paolo Di Paolo, Roma Maria Italia Zacheo, Archivio della Scuola Romana, Villa Foto Agenzia Leoni, Genova Torlonia, Roma Foto Giandean, Roma Emma Zanella, Galleria d’Arte Moderna, Gallarate (Va) Fototeca Istituto di Storia dell’Arte, Università degli Studi, Pisa Ivo Meldolesi, Roma Massimo Napoli, Roma Giuseppe Pirozzi, Roma Oscar Savio, Roma

Avvertenze

Il Catalogo Generale raccoglie le sculture di Antonietta Raphaël messe di cataloghi e di documenti conservati negli Archivi realizzate tra il 1933 e il 1971. di Miriam, Simona e Giulia Mafai. A questo primo nucleo, L’insieme delle sculture è stato ricostruito partendo da un’ampia ha fatto seguito la costruzione dettagliata di un lungo capitolo raccolta di fotografie e diapositive, quasi sempre con schede dedicato a Vita, opere e fortuna critica che ha consentito, attraverso un incomplete o con titoli, anni, misure arbitrari, e da una assortita certosino lavoro di scavo nelle biblioteche italiane e straniere, e di ricognizione nelle gallerie divenute negli anni punto di riferimento confronto incrociato con le altre schede e la documentazione presente dell’artista e dei suoi eredi, nei musei, nelle più diverse istituzioni, in in Archivio - viene trascritta tra parentesi quadra; per le doppie archivi privati, presso i collezionisti, le fonderie e le case d’asta, di datazioni, riferite a opere che l’artista ha completato o modificato rintracciare opere disperse o dimenticate ma, in svariate circostanze, nel corso degli anni, vengono riportati l’anno della prima esecuzione non i loro attuali proprietari, di completare o parzialmente elencare e quello della versione definitiva; per le sculture mutilate o divise le opere presenti nelle mostre, di stabilire, per molteplici occasioni, i in più parti che, in un modo o nell’altro, sono diventate opere a sé passaggi di collezione. Non sono mancati, tuttavia, i casi di gallerie stanti, nelle Note un «cfr.» rimanda a tutte le schede che permettano di riferimento e di collezionisti che hanno fornito notizie incomplete, la ricostruzione della scultura originaria; per le misure, espresse in discordanti, o si sono rifiutati di fornirne, di far fotografare le opere centimetri, le indicazioni sono altezza per base per profondità. Nei di loro proprietà o hanno rimandato sine die l’appuntamento con il casi di documentazione assente o incompleta, i dati su tecniche, fotografo, o hanno spedito immagini a bassa definizione, disinteressati supporti e misure sono stati omessi, mentre per le collezioni è stata alla pubblicazione e insensibili a ogni richiamo dell’amicizia con utilizzata la formula «collocazione attuale sconosciuta». l’artista e alla necessità di avere nel Catalogo Generale la tiratura effettiva dei bronzi fusi dopo la scomparsa dell’artista, in massima Nel capitolo dedicato a Vita, opere e fortuna critica vengono ricostruite parte ricostruita attraverso fatture e annotazioni delle fonderie. Altri le vicende relative all’artista, dalla nascita alla morte e, subito dopo collezionisti, invece, e numerose gallerie d’arte, hanno ampiamente gli asterischi, dalla morte a tutto il 2014. collaborato nel recupero di informazioni essenziali riportate sulla Ogni singola mostra viene ordinata cronologicamente con città base delle sculture o di notizie utili per ricostruirne la storia. (eventualmente con relativo apice che permetta di identificare Le Schede delle opere, corredate dalle relative immagini, sono quanto viene organizzato nello stesso posto), data di apertura e di ordinate cronologicamente e danno conto del titolo, dell’anno di chiusura, luogo e titolo dell’esposizione, elenco delle opere esposte esecuzione, della tecnica, delle misure, delle firme, delle date, delle con accanto l’indicazione «ill.» per segnalarne la riproduzione in dediche, delle indicazioni, delle sigle contenute anche sui cartellini catalogo, nome del curatore o dei curatori della mostra, stralcio applicati alle basi, trascritte specificandone la posizione. In molti dei testi critici compresi nel catalogo, eventuali trasferimenti della casi, la data apposta sulla cera pronta per la fusione corrisponde mostra in altre sedi. a questo momento e non all’anno in cui l’opera in gesso è stata Nel capitolo dedicato alla Bibliografia, all’interno di ogni singolo realmente fatta. Aiutati dal Diario (la trascrizione dei passi rispetta anno, vengono ordinati cronologicamente la stampa quotidiana, il linguaggio dell’artista), dalle fotografie d’epoca annotate da periodica e i cataloghi delle mostre, alfabeticamente le pubblicazioni Raphaël, dal regesto biografico (mostre, possibilità economiche per in genere. Un numero in apice segnala, nello stesso anno, la presenza acquisizioni di dipinti e disegni ecc.), è stata ristabilita la data esatta. di più voci, con nome o titolo simili. Nel corso dei decenni, tanto Le Note accolgono queste e altre notizie destinate ad ampliare lo quanto dura l’attività dell’artista, il riutilizzo di uno stesso testo spettro di conoscenza dell’opera e a completare la scheda; le Collezioni pubblicato, per esempio, nel catalogo di una mostra personale, ha danno conto dei vari passaggi di proprietà fino al mese di dicembre creato più voci bibliografiche. La sistemazione del testo nell’anno 2014, a partire dalla prima cessione da parte dell’artista, e la dicitura della prima apparizione e la specificazione, tra parentesi, con un stabilita dal proprietario, pubblico o privato che sia; sono presenti «rip.», del successivo impiego, ha posto rimedio a una vasta serie le Esposizioni, con il richiamo, tra parentesi, a evidenti differenze di di errori. titoli, misure, tecniche e l’informazione delle pubblicazioni in cui Ogni voce della biografia rimanda alla relativa voce bibliografica, compare l’immagine dell’opera (indicata con «ill.»); e la Bibliografia, l’una e l’altra trovano il loro corrispettivo nella scheda dell’opera con l’informazione delle pubblicazioni in cui compare l’immagine (Esposizioni, Bibliografia) dove è possibile identificare il luogo e l’anno dell’opera e, tra parentesi, come per le esposizioni, le differenze di dell’esposizione o della pubblicazione corredati dai dati attinenti titoli, anno, misure e tecniche. la scultura presente nell’eventuale catalogo: numero di pagina, La sequenza, all’interno dei singoli anni, sia per il titolo che per numero di catalogo, riproduzione dell’opera (indicata con «ill.»). la data, la tecnica, le misure, l’ubicazione, oltre che tener conto Tra parentesi sono stati sempre segnalati tutti i dati anagrafici che delle iscrizioni autografe dell’artista sulle fotografie d’archivio compaiono nel catalogo o nella pubblicazione e che differiscono (verificate direttamente), sulle autentiche, nel Diario, nei taccuini o dalla scheda qui pubblicata. In diversi casi, pur essendo l’esposizione in elenchi stesi in occasioni espositive, in diversi casi ha considerato priva di catalogo, la presenza dell’opera in mostra viene registrata determinanti le prime apparizioni dell’opera in mostre personali attraverso le etichette sulla base, le fotografie degli allestimenti, i allestite dall’artista (utili per certificare quanto, a volte, erroneamente documentari, le riprese televisive, le recensioni dell’epoca. riportato sulle autentiche autografe, in questo caso segnalate nelle La riproduzione fotografica che accompagna la scheda dell’opera Note), le etichette delle gallerie storiche e temi o soggetti analoghi è stata selezionata tra le immagini disponibili in Archivio, quelle ripresi nel corso di più lustri. L’assenza di titolazione, autografa o spedite dai collezionisti e quelle riprese dai cataloghi o dalla stampa documentata, e l’impossibilità di attribuire un titolo solo sulla scorta quotidiana e periodica dell’epoca. La segnalazione dell’opera di un soggetto, viene segnalata con la locuzione «Senza titolo»; nel Catalogo Generale è stata preferita nonostante la mediocre quando, nello stesso anno, più opere prive di titolo rimandano allo qualità dell’immagine, in qualche caso ridotta alla misura di un stesso tema, tra parentesi quadra è stato ripetuto il titolo di riferimento; francobollo. Sotto ogni immagine è riportato il numero della scheda per la datazione priva degli stessi requisiti, la data - desunta da un corrispondente e, se richiesto, il credito fotografico. a realizzazione di questo Catalogo generale della scultura di Antonietta Raphaël giunge finalmente a Lcompimento dopo lunghi anni di meticoloso e approfondito lavoro scientifico. Musei, studiosi e collezionisti hanno ora a disposizione uno strumento che dà certezza al corpus delle sculture di una tra le più grandi artiste del Novecento. A partire dal 2012, con la costituzione del Centro Studi Mafai Raphaël, fortemente voluto soprattutto da Miriam, figlia maggiore di Antonietta Raphaël e , l’impegno in favore della memoria e dell’arte di questi due grandi artisti ha trovato una casa, seppure virtuale, nel sito loro dedicato (www.raphaelmafai.org) e continua a svilupparsi con la promozione di mostre, approfondimenti critici e verifiche continue sull’autenticità delle opere. Per la pubblicazione di questo Catalogo il nostro ringraziamento va in primo luogo a Giuseppe Appella e alla sua assistente Bruna Fontana, i quali con dedizione hanno lavorato per oltre quattro anni alla ricostruzione delle vicende della vita, alla bibliografia e alle schede delle opere, che restituiscono alla storia il meraviglioso processo creativo della Raphaël. Desideriamo poi ringraziare Umberto Allemandi, che ci ha incoraggiato con la sua partecipazione, il suo indomito entusiasmo e l’ammirazione per l’opera artistica della Raphaël. Per l’immagine di copertina abbiamo scelto La Genesi, 1946. L’opera rappresenta una donna gravida senza testa e sintetizza in modo esemplare l’idea che l’artista aveva della scultura. Per Raphaël, infatti, come ha scritto Emily Braun nel catalogo della mostra tenutasi nel 1995 presso la Paolo Baldacci Gallery a New York, il linguaggio della scultura si è espresso attraverso la forma del femminile, con i volumi gonfi e rotondi della maternità, vissuta sì come esperienza diretta - lei tre volte madre - ma soprattutto come esplicita metafora del suo sofferto e potente lavoro creativo.

Raffaella De Pasquale Centro Studi Mafai Raphaël Sommario

9 Antonietta Raphaël: quando la famiglia si fa storia Giuseppe Appella

17 Tavole

49 Schede

97 Vita, opere e fortuna critica

201 Bibliografia 8 Antonietta Raphaël: quando la famiglia si fa storia Giuseppe Appella

È un veliero la mia vita dall’infanzia segnato sulla mano e l’ancora sta dentro la terra. Libero De Libero, 1932

l libro di Giulia Mafai (La ragazza con il violino, Milano 2012) si apre con una dedica (A mia sorella Miriam, ri- Icordando la lunga faticosa strada che abbiamo percorso insieme...) e, come il libro di Miriam (Una vita, quasi due, Milano 2012), uscito contemporaneamente e per diverse pagine rivolto agli anni dell’infanzia e della prima giovinezza (Roma, Parigi, Genova) o il libro di Simona (Un lungo incantesimo, Palermo 1999), riassume ogni singola esistenza in un esergo, di Eugenio Montale, Iosif Aleksandrovicˇ Brodskij e il primo, di Edgar Lee Masters il secondo, di Luisa Passerini il terzo. Un modo per indicare subito quanto le vite personali siano state un percorso difficile eppure entusiasmante, incastrato con i fatti della storia di una buona metà del secolo appena trascorso: guerre, fascismo, persecuzioni razziali, occupazione nazista, Resistenza, vicende dell’arte e della lettera- tura, i tempi della paura e della fame in cui si formano ed emergono tre individualità: la giornalista, la costumista, l’attivista politica e militante femminista che attestano con il loro lavoro la fortuna di essere nate da due genitori come Antonietta Raphaël e Mario Mafai.

È appunto su Antonietta Raphaël che si concentrano, nonostante i rimandi a esperienze e vicende di una privata crescita, i diciannove capitoli del libro di Giulia, la Premessa e i primi quattro capitoli del libro di Miriam, la lunga intervista di Simona, tra l’alba lituana «di un piccolo paese, quasi un villaggio, dello shtetl ebraico dell’Europa dell’est: Ekaterinoslav» e il tramonto sul lago di Vico dove finalmente sembra trovare pace la vita di una don- na-artista «misteriosa e affascinante, dura e inflessibile, affettuosa e al tempo stesso lontana e distante. Invincibile». Settantacinque anni di viaggi, di spostamenti, di incontri, di precarietà, di bombardamenti, di clandestinità, di persistenti ricerche sulle necessità creative, di competizioni, foriere di grandi gioie e di profondi dolori oggi riassunti in una serie di testimonianze privilegiate che vanno a occupare un posto di rilievo nella diaristica utile per tracciare un ritratto veritiero dell’arte a Roma tra le due guerre e delle sue molteplici tangenze con alcune capitali europee e diverse città italiane.

Era nata, Antonietta, ultima di dodici fratelli, il 29 luglio 1895, dal rabbino Simon di Kaunas, «uomo dal carattere dolcissimo, profondamente religioso, uno studioso, un vero mistico, un sognatore chassidico», e da Kaja Horowitz, proveniente da una famiglia aristocratica della tradizione culturale rabbinica sefardita (li vediamo in due ritratti realizzati da Raphaël nel 1932), in un quartiere-ghetto «dove vivevano solo i poveri, miserabili ebrei ortodossi, tutti scuri, ingobbiti, con i lunghi consunti caftani neri, le lunghe barbe incolte». Nicomola, tale era il vezzeggiativo con il quale veniva chiamata Antonietta, che in yiddish vuol dire «gioia», «aveva una gran massa di capelli ricci, biondi ramati, e gli occhi dal taglio leggermente a mandorla, di un colore cangiante fra il grigio e l’azzurro, a seconda dell’umore e della luce», così come appare nell’Autoritratto con violino del 1928. Seguiva, fin da piccola, la madre Kaja, donna di discreta cultura e di sottile intelligenza e sensibilità, al bagno ritua- le del venerdì dove si davano convegno le donne del quartiere ebraico, per averla poi sempre al fianco, fino al 1922, anno della sua morte, nella scelta degli studi musicali, nell’apprendimento delle lingue, nel trasferimento a Londra dopo la scomparsa di nonno Simon (1905), nelle ambizioni e nei sogni sviluppatisi intorno a Sidney Street, nella frequentazione della Royal Academy of Music, mentre ricamano a cottimo disegni ispirati alla vecchia tradizione russa, durante le lezioni private di solfeggio, piano e violino. Senza escludere neppure le visite al British Museum e

Antonietta Raphaël nello studio, Roma 1966.

9 gli incontri e gli spettacoli teatrali con lo scultore di origine polacca , negli anni a venire punto di riferi- mento per la sua crescita artistica, e con il poeta simbolista Isaac Rosenberg, le cui allucinanti visioni compariranno nei dipinti degli anni venti (cfr. Donna allo specchio e Natura morta con chitarra, 1928), trasmesse all’occhio prensile di , e degli anni sessanta (cfr. Giuditta, 1960-1961, Er e Tamar, 1967). Ho sempre pensato che il ritratto di Mafai che disegna, del 1928, fosse anche quello di Rosenberg, così come Giuditta e lo specchio, dello stesso anno, fosse il ritratto della madre che si riflette nell’immagine della figlia. Giulia non intraprende la stessa operazione nel suo libro, quasi dovesse restituire alla «Regina delle Streghe» emozioni e stupori di cui, insieme alle sorelle, si era nutrita per anni, oltre la presenza vitale, esuberante, ricca di entusiasmi e di visioni tipici della cultura chassidica formatasi in secoli di storia e allignata nelle popolazioni ebraiche dell’Europa orientale? E Miriam che ci avverte, con un pen- siero di Franco Cassano del 1998 che «Ci sono uomini-ovest, uomini che sono solo partenze. Essi sono lo strappo che libera, gli uomini-oltre, quelli che fuggono dai loro Egitti, che sfondano l’orizzonte, che hanno preso casa in Altrove, quelli per cui una porta è sempre un’uscita e mai un’entrata»? E Simona che deduce come l’«Io sono comunista» della madre, esprima un’aspirazione generica all’uguaglianza sociale e un vago amore per i poveri? È noto come una costante dell’ebraismo sia l’importanza data da secoli all’educazione-istruzione, considerata il valore supremo della vita, la miglior merce. Nelle comunità chassidiche l’educazione era strettamente religiosa. Là dove c’era una sinagoga si formava una biblioteca e ogni comunità costituiva un centro di cultura, proprio quan- do la popolazione non ebrea era analfabeta nella sua quasi totalità. A tutto ciò dava il suo contributo il forzato multilinguismo. Lo stesso yiddish, lingua di gente errante, è una multilingua. Chaïm Soutine, , Abraham Mintchine, Emmanuel Mané-Katz sono alcuni degli artisti, in anticipo su Antonietta Raphaël, che diffusero questa cultura in Occidente, prima dell’avvento del nazismo, fissandone gli stretti rapporti con la magia, l’esoterismo, la kabbalah e precisandone i caratteri, tra tradizione e proiezione in avanti, evocazioni nostalgiche e tensione all’inquietudine, all’analisi, allo sdoppiamento, all’ottimismo, alla gioia di vivere, all’umorismo surreale, all’ironia, all’uso della memoria, all’utopia, alle osservazioni «quasi completamente trascurabili ad un occhio qua- lunque». Senza mortificare i sensi. Una scintilla divina è presente anche nelle tentazioni. Né bisogna dimenticare l’educazione di Antonietta, in un ambiente familiare il cui livello culturale era molto alto: il nonno era studioso del Talmud, il padre rabbino, la madre esperta di teologia. Gli elementi di questa cultura eccentrica e anarcoide, an- tiaccademica, eccitata e fantastica, colma di energia e di movimento, di ignote emozioni, di passione naïve, con un pittoresco bagaglio di interessi musicali, di cascami slavo-orientali (piume, spille, scialli, merletti, candelabri, in sostanza gli oggetti umili e sacri della realtà quotidiana), l’incoraggiamento alla meditazione, ai valori del sentimento, segnano l’infanzia di Raphaël e, poi, con il suo contributo di immagini della terra natale, di temi iconografici, la sua attività artistica, inseguendola per tutta la vita, in tutte le stazioni dove si ferma, arricchendola in ogni incontro, giusto come il concetto di maternità. Il tema della maternità, ovvero della genesi, della madre con il bambino, così frequente nella scultura di Antonietta come in quella di Jacob Epstein (fin dal 1905-1906, quindi dal periodo londinese che lo vede tenacemente lonta- no dalla tradizionale scultura inglese) e di Ossip Zadkine (fin dal 1909-1910, quando da Londra passa a Parigi e cerca di adeguare il ritmo plastico alle emozioni), nasce da questo sentimento coltivato nel corso degli anni e conservato, nei continui trasferimenti, da una casa a una pensione, in studi spesso improvvisati: come i bronzi e le terrecotte, tra canovacci di lino, pezze sgargianti di velluto e tele girate verso il muro, o come le fotografie dell’in- fanzia e i ritratti dei genitori in un baule da emigrante, insieme alla pelle di leopardo, che comparirà nel 1929 nel Risveglio della bionda sirena di Scipione, il candelabro-stemma di famiglia, gli spartiti, il tappeto rosso, il mantello di lana ricamato dalla madre e che Giulia ricorda sul suo letto di bambina. Mafai scrive nel diario: «La maternità in lei ha una forza tutta istintiva, quasi animale...». Raphaël risponde: «Come maternità intendo l’inizio del mondo, l’inizio delle cose, di tutte le cose». Per una donna emancipata e certamente carica di fascino, poliglotta, artista, femminista convinta delle possibilità e delle qualità che aveva già apprezzato in mamma Kaja, capace di fondere esperienze divergenti, bisognava preserva- re se non nascondere le memorie, portarsele dietro, in via Capo le Case, dove approda subito dopo essere arrivata a Roma, nella città che le appare più bella di tutte le descrizioni lette, in Accademia, dove incontra Scipione e Mafai che subito la ritrae a «piedi nudi nei sandali anche in pieno inverno, il volto luminoso e sorridente, la testa arruffata in una aureola di riccioli fulvi e selvaggi, senza un filo di trucco, senza alcuna apparente vanità femminile, avvolta in uno dei suoi incredibili e teatrali mantelli orientali». Mafai annusa le essenze rare, le suggestioni esotiche di una cultura carica di sortilegi. Scrive: «Era piena di vita, esuberante, un po’ fuori dalla realtà, fiduciosa nell’avvenire e di ottimismo piuttosto ingenuo. A me piacque questa sua salute, a lei un mio fondo strano e romantico». E poi, nel corso degli anni, a Firenze dove il 2 febbraio 1926 nasce Miriam, di nuovo a Roma nella casa in fondo a via Cavour, dove prende corpo quella koinè artistica romana, quel particolare clima alimentato da Melli, Mazzacurati,

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