Armando Morbiato L’Incanto Del Viaggiatore Diari (1957-1967) E Ricordi Di Un Emigrante
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Armando Morbiato L’incanto deL viaggiatore diari (1957-1967) e ricordi di un emigrante a cura di Luciano Morbiato prefazione di Francesco Vallerani ILPOLIGRAFO 7 «Il mondo là fuori mi sta aspettando». Dall’altrove sognato alle geografie della memoria Francesco Vallerani 25 Premessa Luciano Morbiato L’incanto deL viaggiatore origini dell’irrequietezza 33 L’invito al viaggio una visione del mondo 55 In Australia (1957-1961) 73 Un lungo viaggio di ritorno (giugno-ottobre 1961) 103 Germania e Svizzera (1962-1964) progetto grafico e redazione 113 Da Padova a Capetown (1964-1965) Il Poligrafo casa editrice 179 Lavorare in Sudafrica (1965-1966) redazione Alessandro Lise 187 L’America (1966-1967) Copyright © giugno 2020 Il Poligrafo casa editrice srl intermezzo 35121 Padova 199 Vita con Emerenziana (1968-1982) piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail [email protected] ripeness is all ISBN 978-88-9387-123-5 205 La fine dei viaggi INDICE 7 «Il mondo là fuori mi sta aspettando». Dall’altrove sognato alle geografie della memoria Francesco Vallerani 25 Premessa Luciano Morbiato L’incanto deL viaggiatore origini dell’irrequietezza 33 L’invito al viaggio una visione del mondo 55 In Australia (1957-1961) 73 Un lungo viaggio di ritorno (giugno-ottobre 1961) 103 Germania e Svizzera (1962-1964) 113 Da Padova a Capetown (1964-1965) 179 Lavorare in Sudafrica (1965-1966) 187 L’America (1966-1967) intermezzo 199 Vita con Emerenziana (1968-1982) ripeness is all 205 La fine dei viaggi appendice lettere familiari 229 Gennaio 1955 - settembre 1956 232 Ottobre 1957 - giugno 1961 229 Luglio-novembre 1961 262 Giugno 1962 - settembre 1964 275 Dicembre 1964 - marzo 1965 284 Aprile 1965 - aprile 1966 298 Agosto 1966 - giugno 1967 319 Novembre 1976 «IL MONDO Là fUOrI MI StA ASPEttANDO». DALL’ALtrOVE SOGNAtO ALLE GEOGrAfIE DELLA MEMOrIA francesco Vallerani A un certo momento della vita l’orizzonte quotidiano può non bastare. Non esiste una regola certa per definire l’irrequieta forza creatrice che spinge a desiderare l’altrove. La consuetudine con i luo- ghi delle proprie radici è un vincolo dinamico, che evolve, si trasfor- ma. Può indebolirsi in base a vicende soggettive o per eventi esterni rispetto al divenire delle singole esistenze. Il muoversi da un luogo all’altro è l’essenza ancestrale degli esseri viventi dislocati nelle mol- teplici tipologie di biosfera e litosfera. Il senso più profondo della mobilità è un tutt’uno con le procedure della conoscenza, dell’accu- mulo di esperienze necessarie non solo alla semplice sopravvivenza, ma anche alle componenti più complesse della soggettività in rap- porto alle strutture sociali. Mobilità, orizzonti e luoghi sono l’abecedario per definire una cartografia di base, la prima pagina di quell’atlante esistenziale che ogni individuo inizia fin dalla più tenera età a costruire per cogliere la sua posizione nel mondo. Si tratta di fogli tematici, ben definiti e catalogabili, che compongono quel patrimonio di mappe mentali necessario per orientarci durante il viaggio della vita e che non sem- pre utilizziamo al meglio. Ogni breve spostamento dalla residenza abituale che non sia legato ai modi e ai tempi della consuetudine quotidiana, presenta già il nucleo fondativo dell’erranza, dello spo- starsi per curiosità, della coscienza del muoversi che allontana dagli scenari abituali. Oggi più che mai appare evidente lo stretto legame tra le va- rie tipologie di mobilità vicinali e le più memorabili esperienze che trasgrediscono (in senso letterale) i confini della territorialità dome- 7 francesco vallerani stica. Basti considerare il camminare e la pratica della passeggiata, specie quando inizia dopo aver chiuso dietro di sé la porta di casa. Una ormai secolare tradizione letteraria, e soprattutto una più recen- te trattazione saggistica, elogia e approfondisce i significati dell’an- dare a piedi, come ancestrale modalità di viaggio. fin dai ricordi del consueto incipit delle fiabe dell’infanzia, in cui la dinamica narra- tiva si appoggiava al ripetitivo “…e cammina cammina”, appariva evidente che lo sviluppo dei fatti necessita di mobilità, di repentini mutamenti di scenari, del meraviglioso e dell’imprevisto. Al di là del valore condiviso del camminare, certamente accentuato dal suo indi- scusso carattere di eticità in un mondo dove qualunque atto umano produce impatti disdicevoli e dannosi, tale pratica itinerante va vista come il più semplice e immediato esercizio per sviluppare l’innata attitudine a capire e misurare lo spazio vissuto. È l’andare a piedi che consente il definirsi della mente del viaggiatore. Ma serve anche a codificare le geografie ufficiali, espressione di un ordine sociale, con le successive evoluzioni tecniche e le sempre più raffinate re- stituzioni grafiche. Non a caso le antiche misurazioni delle distanze si calcolavano in piedi, passi e pertiche; con quest’ultimo termine si intendeva lo strumento usato dagli agrimensori, personaggi itine- ranti che percorrevano a piedi i territori e i paesaggi di regni, ducati e contee fin dall’inizio dell’età moderna. La mente del viaggiatore si forma passando dalla propria casa alla borgata e poi con i successivi ampliamenti della conoscenza di altri luoghi, con altri nomi, altri campanili e con la consapevolezza di essere andati ancora più lontano quando cambiano i dialetti, i nomi degli oggetti, i cibi. Ecco che si capisce il ruolo di demarcazione di un fiume, specie se con alveo largo e quindi scarso di ponti, o di una vallata rispetto alla presenza di un valico poco agevole. Ma spostarsi prevede anche una rigorosa sequenza esistenziale, riconducibile al susseguirsi dei riti di passaggio. È ovvio che ci si sta riferendo a si- tuazioni geoculturali già ampiamente mutate a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso. Ho deciso di soffermarmi su queste prime osservazioni con l’obiettivo formale di introdurre il lettore al resoconto della lunga 8 «il mondo là fuori mi sta aspettando» stagione di viaggi e di esperienze vissute da Albino (Armando) Mor- biato, preziosa documentazione stilata con buona regolarità nel de- cennio che va dal 1957 al 1967. Si tratta di un caso emblematico di ciò che Pierre Michon ha definito “vite minuscole”, termine che non implica alcuna valutazione spregiativa, ma che, al contrario, cerca di evidenziare l’accezione di patrimonio esistenziale circoscritto all’u- nicità delle relazioni familiari, sociali e territoriali di ogni individuo. Sovviene anche l’affascinante concetto di “microcosmo”, così bril- lantemente trattato da Claudio Magris in un suo testo di qualche anno fa. In realtà è l’eterno e infinito filone delle scritture memoria- li, in questo caso declinato sul tema altrettanto diffuso e attraente dei racconti di viaggio. A volte emerge in ognuno di noi quello stimolo a salvare dall’o- blio non solo le proprie vicende passate, ma anche quelle dei familia- ri e parenti più cari, e in particolare a seguito del loro decesso, spesso definito con triste eleganza “l’ultimo viaggio”. La differenza tra le biografie di personaggi famosi e la pratica dell’autobiografia come omaggio alla smisurata abbondanza dei micromondi individuali non è solo una questione di scala, di proporzioni. Il ritrovamento di vecchie fotografie, le lettere ingiallite ricevute durante il servizio militare, i ricettari di cucina con l’obsoleta calligrafia della nonna, le svariate tipologie di documenti relativi alle ordinarie vicende di ogni giorno, l’atto di compravendita della casa, i disegni e i quaderni delle scuole elementari, tutto ciò costituisce il materiale più comune che ci lega al passato, che ravviva memorie e tenerezze di un mondo ristretto. tale specificità si snoda, però, attraverso percorsi esisten- ziali replicabili, collocati all’interno di un comune contesto storico, economico e culturale riconducibile al dibattersi quotidiano della società contemporanea. I testi di Albino Morbiato emergono dal limbo della creatività individuale grazie all’interessamento del fratello Luciano, da sem- pre attento esploratore di storie popolari e di narrazioni letterarie. La mia posizione di geografo accademico si sovrappone al profon- do sentimento di amicizia che mi lega ai due fratelli, ma anche di condivisione di interessi e in buona parte di una simpatetica visione della vita. Da qualche anno si parlava sempre più spesso di 9 francesco vallerani questo materiale manoscritto, conservato con cura da Albino, come di una opportunità inespressa per riportare alla luce un frammento di vita vissuta. Nulla di nuovo, ovviamente, rispetto a quanto già si pratica a partire dal 1984 presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve San- to Stefano, sull’Appennino tosco-emiliano, dove sono raccolti scritti di gente comune in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e, per certi aspetti, lo sfondo più autentico su cui si proietta la storia d’Italia. A tutt’oggi si tratta di un patrimonio di oltre ottomila tra diari, epistolari, memorie autobiografiche, che sono stati versati sia dagli stessi autori che dagli eredi di chi, deceduto, probabilmente non avrebbe mai pensato di affidare alla perennità di una istituzio- ne archivistica i fogli, le lettere o i taccuini su cui sono stati fissati momenti di vita e memorie di eventi. L’Archivio Diaristico può ri- tenersi senza dubbio il corrispettivo popolare e naif del più aulico corpus degli autografi di scrittori e poeti conservati presso il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia, dedicato ai protagonisti della letteratura italiana moderna e contemporanea. Al di là di queste annotazioni di margine, non ho avuto il pia- cere di accedere ai documenti originali, toccare con mano la mate- rialità della carta, modesto supporto che ha accolto la grafia di chi vi ha scritto in contesti e situazioni rievocabili solo con il fervore di una vivida e empatica immaginazione. Al solo pensiero che si tratti di fogli e pagine che hanno viaggiato per migliaia di chilometri, ac- compagnando l’autore da un emisfero all’altro, prezioso supporto cartaceo a cui affidare confidenze e dettagli da ricordare, emozioni e sensazioni, mi lascio andare al fascino degli oggetti che accompa- gnano le nostre esistenze.