02 03 Santa Barbara

Francesco Guarino e bottega, 1640 ca Olio su tela, 62x50,5 Napoli, Convento di Santa Teresa degli Scalzi

Il dipinto, considerato una Sant’Agnese ed attribuito a Francesco Guarino nell’archivio fotografico della Soprintendenza per i B.A.S. di Napoli, raffigura in realtà Santa Barbara, come si osserva dalla torre collocata a destra sullo sfondo, ed è il pendant della Santa Apollonia, altro olio su tela dello stesso Guarino.

Si tratta di una replica di bottega della Santa Barbara.

Nella sua monografia “FRANCESCO GUARINO DA nella Pittura napoletana del Seicento (1611 - 1651)”, Riccardo Lattuada scrive:

«Sono giunto a conoscenza del dipinto nel febbraio 1999, quando era ancora attribuito ad un anonimo pittore napoletano della cerchia di . Tale attribuzione è comprensibile alla luce della stretta affinità stilistica e compositiva dell’opera con i modi della maturità di Stanzione. Nel presente dipinto si colgono infatti assonanze nella posizione del volto e della mano al petto rispetto alla Sant’Agnese di Stanzione a Barcellona, Museo d’Arte Catalunya, datata dalla critica agli inizi degli anni Quaranta. Il riferimento primario dell’opera è, in ogni caso, istituibile rispetto alla Santa Barbara nel Convento di Santa Teresa agli Studi, qui attribuito a Guarino e bottega, che forma pendant con la Santa Apollonia. Ma il quadro di Santa Teresa appare una replica prevalentemente eseguita da aiuti di Guarino, mentre il presente dipinto costituisce sicuramente l’originale della composizione. Se il gusto per le preziose stoffe seriche bianche e oro, rese con una materia spessa e per una volta intatta, avvicina il presente dipinto alle migliori espressioni dell’arte di Stanzione e di Cavallino, è poi di Guarino la capacità di sensibilizzare questa straordinaria immagine femminile mediante una ardente espressione devota, che può essere fatta risalire all’interesse dell’ambiente napoletano verso i modelli di Reni. Ma nel caso presente 04 05 i risultati sono di fatto opposti alla pacatezza emotiva del pittore bolognese: i lucidi occhi arrossati della santa, rivolti al cielo in una espressione di drammatica attesa, astraggono completamente la giovane donna dalle sofferenze patite, compendiate dal lampo e dalla torre dietro al suo capo.

Guardando ai particolari dell’opera, si osserva un sottile rapporto con dettagli compositivi impiegati da Guarino in opere coeve ed anche più tarde: la posizione della mano al petto, che entra nell’ombra nello stesso modo dell’analogo particolare della Sant’Agnese di Matera e più tardi nel San Giorgio della Collezione del Banco di Napoli; le stesure corpose e a rilievo, che rendono l’epidermide, gli abiti, la frasca di palma e il blocco di pietra sbrecciata con vigorosa verità, in termini che pongono Guarino in una posizione autonoma sia rispetto a Stanzione sia rispetto a quello che qui appare il termine di confronto più diretto: ».

Riccardo Lattuada, FRANCESCO GUARINO DA SOLOFRA nella Pittura napoletana del Seicento (1611 - 1651), Napoli, Paparo, 2013

IL FURTO E IL RECUPERO Nel 2003, durante un’esposizione temporanea (30 aprile/30 settembre) denominata “Les Mysteres de ”, i due dipinti del Guarino, Santa Barbara e Santa Apollonia, erano in mostra presso il Museo Fresh di Ajaccio (Corsica), concessi in prestito da un cittadino francese. All’esito di un accurato controllo effettuato da personale del Nucleo TPC di Napoli con l’ausilio della Banca Dati dei Beni Illecitamente sottratti, le due tele erano riconducibili a quelle asportate il 21 febbraio 2003 dalla chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, a Napoli. L’estrema somiglianza determinava un sequestro effettuato dalla Polizia locale di Ajaccio, all’esito di una collaborazione di polizia e rogatoriale con la Francia. Nonostante una specifica perizia, richiesta dalla proprietaria delle opere che sosteneva una differenza tra le tele (un fiore al posto di un dente), il 25 novembre 2005 le opere sono state rimpatriate e consegnate alla Soprintendenza ABAP di Napoli. Attualmente sono custodite da Palazzo Reale di Napoli.