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Comune di Redatto da:

Il Sindaco dott.ssa Anna Paola Zaccheddu arch. Franco Galdieri

Il Responsabile del servizio tecnico ing. Massimo Dessanai Gruppo di lavoro: arch. Fausto Solla arch. Stefania Nudda arch. pianificatore jr Miriam Cambuli arch. Maria Luisa Zonca geom. Mariano Boi arch. Giovanni Galdieri geom. Antonio Curreli

A_RELAZIONE ILLUSTRATIVA

Maggio 2019 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA

COMUNE DI LACONI

PIANO PARTICOLAREGGIATO DI ATTUAZIONE DEL CENTRO STORICO in adeguamento al PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE

RELAZIONE ILLUSTRATIVA URBANISTICA E PAESAGGISTICA

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1. PREMESSA ...... 3 2. QUADRO DI RIFERIMENTO DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED URBANISTICA ....3 2.1 Il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) ...... 3 2.1.1 L‟ambito di paesaggio n. 36 REGIONE DELLE GIARE BASALTICHE ...... 4 2.1.2 Gli insediamenti storici nel PPR e la perimetrazione del centro di antica e prima formazione ...... 4 2.2 Il Piano Urbanistico Provinciale (PUP) / Piano territoriale di coordinamento della provincia di ...... 5 2.3 Il Piano Urbanistico Comunale (PUC) ...... 7 2.4 Il Piano Particolareggiato del Centro storico (PPA) ...... 9 3. L’ABITATO DI LACONI NELLE DESCRIZIONI DI ALCUNI AUTORI ...... 11 4. INDAGINE STORICO-URBANISTICA ...... 13 4.1 La presenza antropica preistorica e antica ...... 13 4.2 L‟età moderna...... 14 4.3 Il toponimo ...... 14 4.4 Documenti esistenti ...... 15 5. ANALISI DELLA TIPOLOGIA URBANA, DELLA TIPOLOGIA EDILIZIA E CARATTERI COSTRUTTIVI DEGLI EDIFICI ...... 18 5.1 La tipologia urbana ed edilizia delle aree montagnose e pastorali della Sardegna centro orientale ...... 18 5.2 L‟assetto urbano dell‟insediamento di Laconi e le forme abitative ...... 19 5.3 Analisi dell‟insediamento urbano ...... 24 5.4 Morfologia urbana e tessuto edilizio ...... 25 5.5 Fasi evolutive di crescita dell‟abitato ...... 27 5.6 La struttura urbanistica e sociale dei vicinati ...... 28 5.7 Le strutture abitative ...... 29 6. OBIETTIVI E STRATEGIE DEL PPCS ...... 36 6.1 Concetti metodologici di riferimento ...... 36 6.2 Linee guida per la tutela del paesaggio nei centri di antica e prima formazione della Sardegna 38 6.3 Salvaguardia dei valori architettonici, tipologici e dell‟iconografia e dei valori ...... 38 paesaggistici di contesto del Centro Storico di Laconi ...... 38 7. IL PROGETTO URBANISTICO ...... 40 7.1 Il metodo dell‟analisi tipologica ...... 40 7.2 Elaborati e struttura del Piano ...... 40 7.3 Analisi del patrimonio edilizio esistente ...... 43 7.3.1 Individuazione delle unità di analisi ...... 43 7.3.2 La scheda delle Unità edilizie ...... 43 7.3.3 Tabella delle Unità edilizie: Consistenza – Calcolo volumi ...... 45 7.4 Definizione degli interventi: processo di pianificazione ...... 46 7.4.1 Qualità e criticità degli edifici ...... 46 7.4.2 Tipologia edilizia e varianti tipologiche ...... 47 7.4.3 Datazione degli edifici ...... 48 7.4.4 Attribuzione del valore degli edifici ...... 48 7.4.5 Categorie d‟intervento (Azioni consentite) e Classe d‟intervento (Grado di trasformabilità) ...... 48 7.4.6 Definizione degli interventi sugli edifici ...... 49 7.4.7 Linee guida per il regreening urbano ...... 51 7.4.8 Riqualificazione energetica degli edifici storici ...... 52 7.4.9 Compensazione urbanistica ...... 53 8. LINEE GUIDA PER L’INTERVENTO NEGLI SPAZI PUBBLICI ...... 53 9. CAPACITÀ INSEDIATIVA, VERIFICA DEGLI STANDARDS E ACCESSIBILITÀ ...... 54 10. I MARGINI DELL’ABITATO ...... 54 11. INTERVENTI PRIORITARI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA ...... 55 12. COMPATIBILITÀ PAESAGGISTICA DEL PPCS ...... 56 12.1 Considerazioni di carattere generale ...... 56 12.2 Finalità paesaggistiche del PPCS ...... 56 12.3 Metodologia dell‟analisi e della progettazione paesaggistica ...... 57 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA: ...... 59

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1. PREMESSA

Il Piano Paesaggistico approvato nel 2006 è gerarchicamente lo strumento più organico di governo del territorio della Sardegna che, in applicazione del “Codice Urbani”, individua le principali risorse storiche, culturali e ambientali del paesaggio naturale ed antropico da sottoporre a conservazione e a tutela ed orienta l‟attività degli Enti locali cui è demandata la ricognizione di dettaglio e il progetto di pianificazione paesaggistica comunale.

Il PPR suggerisce e richiede all‟Ente locale di argomentare le scelte politiche d‟uso del territorio sulla base di rigorosi criteri di compatibilità, da desumere dall‟approfondimento della “conoscenza” del proprio luogo di appartenenza culturale, quale passaggio preliminare per il conseguimento degli obiettivi di conservazione e salvaguardia delle strutture materiali, espressione peculiare della cultura della società locale. Alla consueta pianificazione urbanistica è stato quindi aggiunto un ulteriore livello di analisi e di approfondimento degli aspetti che concorrono alla costruzione del “paesaggio”, ossia del territorio naturale e antropizzato che è giunto fino a noi nel lento processo di trasformazioni ed interazioni tra diversi sistemi: ambiente naturale e insediamento umano, geografia e storia, sistemi produttivi e infrastrutture.

Sistemi soggetti a continui adeguamenti, spesso con trasformazioni sostanziali ed antiche permanenze che si manifestano sia in ambito territoriale sia in quello urbano che è specificamente il campo di interesse del presente lavoro. L‟analisi sarà condotta con maggiore dettaglio sul “centro matrice di prima o antica formazione” che è il principale contenitore e custode dell‟identità del territorio, dove cioè sono state nel tempo più intense le relazioni fra l‟ambiente naturale e l‟opera dell‟uomo. L‟obiettivo finale dello studio è volto a individuare le azioni che la comunità vorrà porre in atto per conservare, tutelare e anche valorizzare la parte antica del centro abitato attraverso una preliminare analisi che, da un lato, riconosca gli elementi di rilevanza del paesaggio urbano, quelli storici e culturali, puntuali o diffusi, ma anche le criticità e le dissonanze e, dall‟altro, cerchi di ricostruire il processo di trasformazione, alla scala territoriale, urbana ed edilizia, della fisicità che rileviamo finalizzato alla definizione di strumenti e modalità di intervento sostenibili e compatibili con gli obiettivi prefissati.

In tal senso, speriamo che il progetto che andremo a definire, in coerenza con le finalità e l‟impostazione metodologica del PPR, possa essere un utile contributo per il recupero della consapevolezza del valore culturale ed economico del centro storico e per il rafforzamento della identità della comunità con il suo luogo.

2. QUADRO DI RIFERIMENTO DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED URBANISTICA

2.1 IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE (PPR)

Il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) della Sardegna, il primo ad essere entrato in vigore quale strumento operativo dei contenuti del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, è caratterizzato da un approccio alla pianificazione paesaggistica profondamente innovativo sia negli obiettivi e nei contenuti, sia nelle modalità in cui il Piano è stato costruito, ponendo, tra l‟altro, particolare attenzione alla partecipazione alla formazione del Piano stesso da parte degli enti territoriali ed in particolare dei comuni.

Il Piano si pone di fronte al paesaggio della Sardegna interpretandolo come risorsa peculiare per orientare lo sviluppo regionale: superando quindi da un lato la concezione dei “quadri paesistici” e della tutela dei singoli beni che caratterizzava l‟impianto delle due leggi del 1939 – peraltro più che avanzate rispetto all‟epoca ed al contesto politico in cui furono concepite –; dall‟altro perseguendo l‟obiettivo di trarre vantaggi pubblici da quella risorsa-

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paesaggio, soprattutto in riferimento alla aree costiere, da cui invece l‟iniziativa privata ha conseguito innegabili rendite1 a detrimento dell‟ambiente naturale e paesaggistico.

Rispetto alla identificazione della città storica, l‟aspetto più interessante ed innovativo del PPR sta nel fatto che esso individua come tale non tanto la sommatoria o concentrazione di edifici non contemporanei ma la matrice dello sviluppo storico dell‟insediamento: oggetto di tutela diventa quindi, in altre parole, la forma urbis più che il singolo edificio, ovvero l‟insieme costituito da edifici, pertinenze, spazi pubblici, così come le relazioni con la campagna e gli elementi naturalistici e geomorfologici del paesaggio extraurbano, con le reti infrastrutturali storiche, con le preesistenze archeologiche, senza per questo negare la possibilità di immaginare nuovi usi, interventi di sostituzione del patrimonio edilizio privo di valore storico – ricorrendo preferibilmente al concorso di progettazione –, e comunque l‟insediamento di funzioni o la realizzazione di interventi tali da rendere, e in molti casi far ritornare ad essere, la città storica il luogo privilegiato dell‟incontro e delle relazioni sociali. 2.1.1 L’ambito di paesaggio n. 36 REGIONE DELLE GIARE BASALTICHE 2 Il territorio di Laconi è ubicato nell‟ambito di paesaggio n. 36 della Regione delle Giare basaltiche e, in particolare, nel Macro paesaggio rurale del Sarcidano. 3 La carta a lato riporta solo l‟ambito del Macro paesaggio rurale delle Giare in quanto quello adiacente di nostro interesse non è stato ancora trattato. Per il nostro Macro-paesaggio l‟Atlante dei Paesaggi rurali riporta: Per i Paesaggi seminativi: La trama di appoderamento: è costituita da campi aperti di dimensioni e forme variabili, a tratti delimitati … da filari di specie forestali spontanee … Ordinamento colturale: Il territorio è caratterizzato dalla presenza di seminativi nella valle … Insediamento rurale e trama stradale: Non si rileva la presenza di una tipologia di casa rurale specifica legata all‟attività agricola, i fabbricati presenti in agro sono pochi e legati alla conduzione agricola dei fondi. Per i Paesaggi dei pascolativi arborei: La trama di appoderamento: è caratterizzata da campi chiusi, di forma e dimensione variabili, delimitati da muri a secco in continuità con siepi arbustive. La morfologia del terreno varia da collinare ad ondulata con presenza di roccia affiorante … Ordinamento colturale: è costituito dalla copertura vegetale erbacea e da quella costituita da cespuglieti e arbusteti dei sistemi preforestali. Oltre all‟utilizzo tipico dei sistemi boschivi, questa è impiegata per l‟allevamento zootecnico estensivo ovino e caprino. Insediamento rurale e trama stradale: La presenza di fabbricati in agro è piuttosto limitata: generalmente no risulta legata a funzioni residenziali ma, piuttosto, allo svolgimento delle attività agro pastorali che si intensifica in prossimità dei centri abitati e dei collegamenti stradali principali. … 2.1.2 Gli insediamenti storici nel PPR e la perimetrazione del centro di antica e prima formazione Le potenzialità degli insediamenti storici urbani nella riorganizzazione e nel riequilibrio funzionale del territorio riconosciute dal PPR hanno determinato, da parte del PRR medesimo, la definizione dei seguenti indirizzi da seguire nella definizione dei contenuti dei piani urbanistici: a) Conservare la stratificazione storica, da mantenere leggibile nelle sue fasi eventualmente diversificate; b) Conservare e valorizzare le tracce che testimoniano l‟origine storica dell‟insediamento; c) Riconoscere e valorizzare i margini;

1 Il PPR attribuisce ai beni paesaggistici “il valore demiurgico di fondamento della nuova idea di Sardegna… [in cui la popolazione] riconosca il valore della propria identità e il modello di sviluppo” (Regione Sardegna – Piano paesaggistico regionale Relazione tecnica generale, p. 109). 2 PPR – Schede e Atlante degli ambiti di paesaggio

3 UNISS Dipartimento di agraria – sito Dia sui Paesaggi agrari della Sardegna.

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d) Evitare saldature tra nuclei contermini, salvaguardano identità e differenze specifiche; e) Promuovere l‟intervento integrato tra pubblico e privato, con il recupero e riuso finalizzato a mantenere o consolidare la necessaria fusione ed articolazione di funzioni residenziali e produttive; f) Favorire la riqualificazione dell‟aspetto ambientale e del paesaggio urbano con l‟eliminazione delle superfetazioni ed il recupero e la riqualificazione degli spazi pubblici; g) Individuare misure per riqualificare i tessuti di antica formazione, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, per sostituire parti incongrue e incompatibili, nella ricerca del disegno e della trama originari del tessuto.

A questi indirizzi generali si affiancano politiche di qualità da definire da parte degli strumenti urbanistici e attivabili anche con il concorso finanziario della Regione, che possono interessare non soltanto l‟ambito geografico del centro storico ma anche le sue adiacenze, con queste finalità: a) Ridurre/eliminare il traffico veicolare privato, con particolare riferimento a quello dei non residenti, con la costituzione di isole pedonali; b) Eliminare gli elementi incongrui della cartellonistica e delle insegne pubblicitarie; c) Unificare e coordinare gli elementi dell‟illuminazione pubblica, le superfici pavimentate ed in generale gli elementi di arredo urbano che caratterizzano lo spazio pubblico; d) Ricorrere alla forma del concorso di idee o di progettazione per favorire l‟innalzamento qualitativo degli interventi; e) Ricorre alle più opportune forme di pubblicizzazione e di vaglio collettivo degli interventi onde favorire a più ampia partecipazione sociale dei protagonisti e degli utenti del bene culturale.

All‟interno degli insediamenti storici i piani urbanistici possono altresì prevedere operazioni di demolizione totale o parziale, con o senza ricostruzione, per gli interventi edilizi incompatibili con la conservazione e la corretta e adeguata fruizione delle preesistenze storiche, nonché per quelli che ostruiscano visuali determinanti per la stessa fruizione del bene e ne snaturino l‟identità.

Le possibilità e modalità di intervento che il PPR fornisce affinché tutela, salvaguardia, rifunzionalizzazione degli insediamenti storici possano avere luogo sono dunque notevoli e, specie in riguardo alla promozione di interventi integrati tra pubblico e privato, forniscono la possibilità di individuare non solo contenuti e strumenti per la configurazione degli interventi anche per le successive fasi gestionali, superando i limiti disciplinari della pianificazione urbanistica.

2.2 IL PIANO URBANISTICO PROVINCIALE (PUP) / PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA

PROVINCIA DI ORISTANO

La Provincia di Oristano adottò con deliberazione del Consiglio provinciale il Piano Urbanistico Provinciale in data 12 dicembre 2005. La contemporanea istituzione di nuove province regionali, la revisione dei confini della provincia di Nuoro, con conseguente variazione dei confini amministrativi della provincia di Oristano4 nonché l‟entrata in vigore del PPR (2006) e non da ultimo l‟incertezza sul ruolo dell‟ente intermedio, hanno fatto sì che il Piano urbanistico provinciale, del quale comunque nel 2012 è stata avviata la procedura di VAS, non sia entrato in vigore. Tuttavia ci sembra interessante, nel quadro della strategia generale che caratterizza la redazione del piano particolareggiato del centro storico di Laconi riportarne gli elementi salienti, desunti dal Documento di scoping per la VAS5 pubblicato sul sito internet della provincia di Oristano, dove, peraltro non è disponibile il documento di piano e quindi non è stato possibile conoscere eventuali obiettivi specifici del PUP/PTC per il territorio di Laconi.

Il sistema di obiettivi definiti dal PUP/PTC è diretto a caratterizzare il territorio provinciale come segue:

4 Segnaliamo che la recente istituzione della provincia del Sud Sardegna il 4 febbraio 2016, che incluso il comune di già in provincia di Oristano ha ulteriormente variato i confini della provincia e quindi l‟ambito territoriale del PUP/PTC. 5 Provincia di Oristano PUP/PTC Rapporto finale della fase di scoping, ottobre 2012.

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- un territorio integro – con riferimento a una delle accezioni originarie e più diffuse del concetto di sostenibilità, e cioè l‟impegno a custodire, per trasmetterlo alle generazioni future, il patrimonio ambientale e culturale – e “leggero” – che supporti e promuova un modello di sviluppo e degli stili di vita a bassa “impronta ecologica”, con riferimento soprattutto agli impatti a livello globale; - un territorio equo, nel quale le opportunità di vita e di lavoro siano equamente diffuse e i divari territoriali limitati – dove “equo” significa, dunque, soprattutto “equilibrato”;

- un territorio coeso e cosciente della propria identità, in cui le comunità locali condividano un progetto di uso e trasformazione delle risorse territoriali che superi i confini amministrativi, e riconoscano le radici della propria identità nel patrimonio ambientale e culturale e nelle specificità produttive locali, valorizzando quindi in particolare le attività agricole e zootecniche e la filiera turistica, in cui si ravvisano le due principali “vocazioni” del territorio provinciale; - un territorio efficiente – adeguatamente infrastrutturato e dove le politiche settoriali e/o locali siano opportunamente coordinate fra di loro per dar luogo a positive sinergie evitando diseconomie o percorsi conflittuali; - un territorio accessibile – dove un efficace sistema della mobilità e delle comunicazioni consenta una fruizione diffusa delle opportunità e della “qualità della vita” urbana e supporti l‟efficienza del sistema produttivo del territorio.

Tale sistema di obiettivi per il territorio provinciale viene conseguito attraverso un complesso di azioni che consistono: - nel contenimento dell‟espansione e della dispersione insediativa; - nella difesa del suolo e degli acquiferi, tutela dall‟erosione e dalla desertificazione; - nella tutela e valorizzazione delle risorse naturalistiche e della biodiversità, con particolare riferimento ai sistemi idrici e alle zone umide e lagunari e ai relativi ecosistemi (promozione della rete delle connessioni ecologiche e dei “parchi fluviali”); - nella tutela e valorizzazione delle produzioni e dei paesaggi agrari, orientamento degli usi agricoli verso pratiche sostenibili; - nel contrasto dello spopolamento, rafforzamento della base demografica e del radicamento sul territorio delle comunità in particolare nei piccoli comuni e delle aree “deboli” caratterizzate dalla maggiore crisi socio- demografica; - … - nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del tessuto insediativo storico, in quanto fattore strategico dell„identità territoriale; - tutela e valorizzazione complessiva dei paesaggi del territorio provinciale, tramite l‟articolazione a scala provinciale degli “ambiti di paesaggio” del Piano Paesaggistico e la specificazione e approfondimento dei relativi indirizzi; - nella tutela e ottimizzazione del sistema dei servizi, con particolare riferimento ai servizi alla persona nei piccoli centri delle aree interne; - nella promozione dell‟accessibilità diffusa del territorio, con particolare riferimento alle sinergie con una gestione del sistema del Trasporto Pubblico Locale efficiente e funzionale, ancora una volta, alle esigenze delle aree “a domanda debole”; - nel coordinamento delle trasformazioni del territorio di rilevanza sovracomunale, con particolare (ma non esclusivo) riferimento alla infrastrutturazione territoriale a servizio delle attività produttive e alla promozione di specifici “parchi di imprese”.

Da quanto esposto si evince come le azioni del Piano particolareggiato del centro storico di Laconi sia correlato a un insieme di obiettivi di tutela territoriale e di riequilibrio di funzioni, di riqualificazione che superano i limiti del campo di azione tipici di un Piano particolareggiato, ovvero che il Piano particolareggiato è chiamato ad essere partecipe di una più ampia strategia di tutela e di riequilibrio territoriale.

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2.3 IL PIANO URBANISTICO COMUNALE (PUC)

Il PUC nella stesura iniziale è stato approvato con delibera del Consiglio comunale n. 70 del 19.12.2000. Nel corso degli anni ha subito diverse variazioni e quello attualmente in vigore è stato approvato con delibera del Consiglio comunale n. 25 del 05.08.2011, approvata con determina D.G. n. 2031 del 21.06.2012. Relativamente al Centro storico, le Norme di attuazione dedicano il Titolo II alla Tutela dell‟ambiente e del paesaggio. Infatti, in particolare l‟art. 4 Norme e procedure per la misura della compatibilità paesistico- ambientale, riporta: La fattibilità di ogni intervento in aree ambientalmente significative e normativamente tutelate, ai sensi del vigente quadro normativo regionale, è soggetta a verifica di compatibilità paesistico-ambientale. Nell'ambito di efficacia vincolante del P.T.P., individuato nella cartografia del presente P.U.C. con apposita perimetrazione, lo studio di compatibilità paesistico ambientale costituisce, pertanto, un basilare requisito di legittimità e di conseguente fattibilità tecnica dei vari progetti, piani e programmi suscettibili di esercitare un rilevante impatto paesistico-ambientale. All'interno di tale area qualsiasi intervento sul territorio è assoggettato al regime di tutela e di autorizzazione di cui al D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio", con la sola esclusione delle zone omogenee "A", "B" e "D" nonché delle zone "C" e "G" limitrofe all'abitato, ai sensi dell'art. 2, comma 3, delle Norme di Attuazione del P.T.P. n° 12 che riconosce come congrua, ai fini della tutela dei valori paesistico-ambientali, la disciplina dettata dal presente Piano per dette zone omogenee. Lo studio di compatibilità è strumentale rispetto alla verifica tecnica e giuridica della sussistenza del fondamentale requisito di compatibilità paesistico-ambientale e rappresenta un indispensabile presupposto di apprezzamento conoscitivo per l'adozione degli atti autorizzatori, di approvazione e/o di controllo, di competenza degli Organi ed Uffici all'uopo preposti. La procedura da utilizzare per la valutazione della compatibilità paesistico-ambientale è quella delle liste di controllo, contenenti tutti indistintamente i prerequisiti richiesti dalla presente normativa del P.U.C. e da quella, sovraordinata, sia del P.T.P. n° 12 che dei disposti legislativi emanati in ambito regionale e nazionale. La verifica della compatibilità avrà esito positivo allorquando saranno rispettati e soddisfatti tutti i punti della lista di controllo di cui sopra. Ai fini della valutazione della compatibilità degli interventi, devono essere tenute nel debito conto anche tutte le analisi contenute nelle carte tematiche allegate al presente P.U.C., oltre alle particolari disposizioni impartite di seguito per ciascuna zona omogenea e tendenti ad armonizzare con l'ambiente ed il paesaggio anche gli aspetti estetici e formali degli edifici, oltre che a fornire un riferimento normativo che tenga conto degli orientamenti e degli indirizzi evidenziati dall'Ufficio Tutela del Paesaggio, al cui visto sono soggetti tutti gli interventi ricadenti nel territorio comunale. In particolare: a) Nella zona "A" le nuove costruzioni, le ricostruzioni, gli ampliamenti, le ristrutturazioni, etc., se previste in sede di Piano Particolareggiato o di Recupero, devono esteriormente intonarsi, pur con la dovuta libertà compositiva, alle costruzioni tradizionali, anche per quanto attiene ai materiali di finitura, agli infissi, alle coperture, etc.. La compatibilità può ritenersi verificata quando risultano rispettate tutte le prescrizioni e disposizioni contenute nel Piano Particolareggiato. … In tutti i casi in cui è prevista la previa verifica di compatibilità paesistico-ambientale, i proponenti soggetti pubblici e privati devono produrre ai competenti organi dell'Amministrazione Regionale - in via preventiva o a corredo dell'atto da autorizzare, approvare o assoggettare a controllo - i seguenti elaborati illustrativi e d'indagine: a) individuazione fisico-descrittiva dell'ambito dove è prevista la realizzazione della proposta di piano o edificatoria; b) descrizione analitica sia dell'ambito oggetto dell'intervento che dei luoghi di più vasta area ad esso circostanti, con evidenziazione del grado di vulnerabilità dell'ambiente per effetto dell'intervento proposto, avendo particolare riguardo ai valori naturalistici, ai beni storici e culturali, agli aspetti percettivi, alla conservazione dei suoli ed al rischio idrogeologico; c) caratteristiche progettuali dell'intervento proposto ed illustrazione delle possibili alternative di localizzazione;

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d) simulazione degli effetti dell'iniziativa sul paesaggio e sulle altre componenti ambientali, valutando anche le possibili alternative di localizzazione considerate; e) individuazione di concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi e, se ineliminabili, per minimizzarne lo sfavorevole impatto sull'ambiente. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale è obbligatorio limitatamente ai soli casi per i quali esso è espressamente previsto dalla presente normativa e da quella sovraordinata del P.T.P. Anche in tali casi, tuttavia, tale studio non è necessario, indipendentemente dall'uso e dall'interessato grado di tutela: - per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, nonché per l'esercizio dell'attività agrosilvopastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi per costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempreché si tratti di attività e opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio; - per ogni intervento anche di ristrutturazione delle strutture murarie, impianti e prospetti di preesistenti manufatti edilizi che non riguardino modifiche di destinazione d'uso né comportino maggiorazioni delle superfici utili residenziali, salvi gli aumenti superficiari e di volume necessari - nei limiti ed in conformità del presente P.U.C. - per la realizzazione di essenziali dotazioni di servizio o l'abbattimento di eventuali barriere architettoniche.

La Relazione illustrativa, al capitolo “Il progetto del Piano”, recita: Per quanto riguarda la zona omogenea "A", non sono state apportate modifiche alla sua perimetrazione rispetto a quanto già previsto dal P.U.C. attualmente vigente. Dovranno essere quanto prima predisposti adeguati piani attuativi, oltre a quello già esecutivo, per consentire gli interventi edificatori e di recupero urbanistico finalizzati al conseguimento di un miglioramento complessivo del centro storico anche in termini di arredo urbano, tanto più necessario se visto nell'ottica di uno sviluppo turistico. … e al capitolo “Il dimensionamento del Piano”: La zona "A" è costituita dal vecchio nucleo urbano. Essa ha un'estensione di circa 13,8 ha. Rispetto al precedente P.U.C. non è stata apportata alcuna modifica nella sua perimetrazione. Per sette isolati della zona “A", come già si è detto, è vigente un Piano Particolareggiato, appr6vato con delibera del Consiglio Comunale n. 64 del 9/12/1996; mentre per i restanti isolati del centro storico il relativo Piano attuativo è in fase di redazione. Per quanto riguarda i parametri urbanistici ed edilizi si rimanda alle norme, alle disposizioni e alle prescrizioni stabilite dal suddetto Piano Particolareggiato, che il presente P.U.C. riconosce integralmente come congrue e normalmente applicabili. Sono presenti diverse costruzioni che conservano intatti i caratteri tradizionali tipici della zona ed è auspicabile che si mobilitino fondi pubblici per il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente. Per quanto riguarda la disciplina delle zone omogenee, relativamente al Centro storico, le NTA del PUC recitano: - ZONE A - Centro storico-artistico e di particolare pregio ambientale. Le parti di territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico, di particolare pregio ambientale o tradizionale, o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. … ZONA A - Vecchio centro. Sono consentiti solo gli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, così come definiti dall'articolo 31 della Legge 05/08/1978, n. 457. Per gli interventi diversi da quelli sopra specificati è obbligatorio fare riferimento alle norme e disposizioni contenute nei Piani Particolareggiati all'uopo predisposti. Il presente P.U.C. riconosce come normalmente applicabili le norme e disposizioni contenute nel Piano Particolareggiato vigente, esteso a sette isolati della zona omogenea "A" ed approvato con delibera del C.C. n° 64 del 9/12/96. Per gli interventi di risanamento conservativo, la densità fondiaria e la cubatura non devono superare quelle preesistenti, computate senza tener conto delle sovrastrutture di epoca recente, prive di valore storico, artistico o ambientale, salvo disposizioni diverse del Piano Particolareggiato o, eventualmente, del Piano di Recupero. Per le nuove costruzioni, le sopraelevazioni e le ricostruzioni a seguito di demolizione, quando siano ammesse in sede di Piano Attuativo, l'indice fondiario non può superare quello medio di zona.

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Per le operazioni di risanamento non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti computate senza tener conto di soprastrutture o di sopraelevazioni aggiunte alle antiche strutture. Per eventuali trasformazioni o nuove costruzioni, quando siano ammesse in sede di Piano Attuativo, l'altezza massima di ogni edificio non può superare quella degli edifici circostanti di carattere storico, artistico o ambientale. …

L'entrata in vigore del Piano Paesaggistico Regionale, divenuto esecutivo con D.P.G.R. n. 82 del 07.09.2006, ha comportato per l'Amministrazione Comunale di Laconi la necessità di provvedere, d'intesa e con la collaborazione dell‟Ufficio del P.P.R., a riconsiderare l‟ambito di tutela paesaggistica, come individuato dal P.P.R. stesso. Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 4 del 08.02.2008, cui fece seguito la determinazione di presa d'atto n. 1187/DG del 30.05.2008 da parte della Regione Autonoma della Sardegna, fu riperimetrato il centro di antica e prima formazione originariamente previsto dal P.P.R. Successivamente, con l‟ultima variante al PUC, relativamente al Centro storico, furono incluse in tale ambito tutte le aree riperimetrate del Centro di Antica e Prima Formazione e, contestualmente, fu inoltre inserita nella zona A l‟area denominata Rione Piacenza, sorta intorno agli anni 30 per accogliere le famiglie degli operai impiegati nei cantieri dell‟impresa Piacenza, classificata precedentemente come zona B e costituita da una villa liberty e da un bell‟esempio di palazzo della prima metà del novecento, destinato all‟edilizia popolare.

Allegato alla determinazione n. 1187/D.G. del 30.05.2008

2.4 IL PIANO PARTICOLAREGGIATO DEL CENTRO STORICO (PPA)

L‟aspetto urbanistico-edilizio relativo all‟intervento privato nel Centro storico è stato quindi finora regolato, attraverso il Piano Urbanistico Comunale nel quale è individuata la zona A – Centro Storico e dal Piano

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Particolareggiato del Centro approvato con Delibera C.C. n. 17 in data 15.03.1996 nel primo stralcio e in un secondo stralcio con Delibera C.C. n. 84 in data 23.12.1999.

Nella relazione illustrativa del Piano sono definiti i seguenti obiettivi:

Il Piano Particolareggiato di cui si tratta ha funzione regolatrice dell‟attività edifìcatoria negli isolati … e costituisce lo strumento attuativo delle previsioni contenute nel vigente Piano Urbanistico Comunale. In detti isolati non sono richiesti interventi edilizi di rilievo e, quindi, risultano più immediatamente attuabili (gli interventi previsti risultano, in prevalenza, ristrutturazioni semplici). Obbiettivo del Piano è la rivitalizzazione di alcuni comparti del nucleo urbano antico mediante il recupero all‟uso abitativo delle strutture edilizie esistenti. Ciò, come è noto, consente di ottenere un miglior utilizzo della parte di territorio comunale già urbanizzata, con un notevole risparmio sul costo delle opere di urbanizzazione che sarebbe, invece, necessario realizzare per nuovi insediamenti in zona di espansione. …

Per quanto riguarda gli interventi previsti, riporta:

Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono rappresentati nelle tavole 9 e 10 (contraddistinte con diverse lettere per i vari isolati), le quali riportano, rispettivamente, le planimetrie ed i prospetti, in scala 1:200, degli isolati oggetto del presente Piano.

Detti interventi possono così riassumersi: 1) riqualificazione dell‟unità abitativa con interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (art. 31 a-b della Legge 457/78); 2) consolidamento statico con adeguamento degli standard abitativi. Sono previsti gli interventi di cui alle lettere a-b-c dell‟art.31 della L. 457/78: 3) ristrutturazione semplice o composita degli immobili, tendente ad una ridefinizione planimetrica o planivolumetrica dell‟edificio. Sono previsti gli interventi di cui alle lettere a-b-c-d della sopracitata legge. Nella formulazione di dette proposte d‟intervento si è tenuto conto, oltre che delle necessità manifestate dagli utenti degli immobili e delle esigenze espresse dall‟Amministrazione Comunale, anche dell‟obiettivo di salvaguardare tutti quegli elementi aventi una qualche valenza ambientale e, soprattutto, della necessità di ridefinizione degli alloggi, al fine di dotarli di quei requisiti statici, igienici e dimensionali oggi richiesti per le nuove costruzioni.

Nella tavola D_1 è riportata la perimetrazione del centro matrice definita in sede di copianificazione con gli uffici regionali, di quella della zona A del vigente Centro storico del PUC e di quella dell‟area oggetto della presente pianificazione, la quale rettifica le piccole imprecisioni sulle proprietà delle singole unità edilizie e si allinea all‟area di vincolo del centro matrice rettificato in sede di copianificazione con la Regione. Con gli studi e gli approfondimenti svolti nel presente piano, è stata estesa l‟area oggetto della presente pianificazione ad una ulteriore porzione di territorio urbano facente parte del Rione Piacenza, in quanto costituita anch‟essa da fabbricati storici analoghi a quelli inclusi nella zona A con l‟ultima variante al Puc.

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3. L’ABITATO DI LACONI NELLE DESCRIZIONI DI ALCUNI AUTORI

Il paese giace sotto il fianco poco meno che verticale del Sarcidano, disteso in lungo, disposto in vari gradi con poca larghezza ... e si presenta in una bella scena con i suoi principali edifizi, la chiesa, la casa baronale, alcune altre men superbe abitazioni e gli avanzi dell'antico castello feudale. La suddetta sponda con le sue rupi rossastre e foracchiate forma uno sfondo veramente romantico.

Queste semplici parole dell‟Angius, che Gino Camboni utilizza come prefazione al suo libro su Laconi, definiscono con immediatezza ed attenzione da geografo gli elementi essenziali di riconoscibilità del centro abitato e del contesto ambientale in cui si presentava a metà dell‟ottocento.

Il testo “Laconi – alle porte della Barbagia”6 sopra citato, a cura di Gino Camboni, fornisce un interessante ed esauriente quadro del territorio, dell‟abitato e della storia del luogo, tanto che viene riportato in ampi stralci alfine di descrivere i contesti su cui abbiamo svolto gli studi e gli approfondimenti necessari per la definizione del presente Piano.

La sua descrizione comincia così: Delimitato e protetto, ad oriente, dalle imponenti barriere calca ree di S' Atza 'e tziu Chiccu e S'Atza 'e Carradore, impreziosito dal verde del suo parco, dai ruderi del castello medievale, dall'eleganza neoclassica del palazzo degli Aymerich, Laconi ha sempre avuto un fascino particolare, tanto da essere definito, non senza enfasi, "la perla del Sarcidano". Aveva saputo conquistare, verso la metà del secolo scorso, anche un artista francese, il pittore di Lione Henri Petrus Blanchard, che al panorama del paese ha dedicato una delle sue migliori xilografie, l 'unica, delle tante lasciate dei luoghi da lui visitati, che ritragga la nostra Isola. L'incisione, intitolata "Laconi - lle de Sardaigne", offre il volto che l'abitato aveva nel 1853, quando non era ancora sorto l'attuale municipio e contava appena sette anni di vita la nuova casa marchionale, firmata da Gaetano Cima. Nel ritratto spiccano i ruderi del castello del parco e appare, in posizione dominante, anche la chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio, da cui si diparte, ramificandosi verso valle, il vecchio paese con i rioni, ancora privi di cemento e d'asfalto, di Canneddu, Pretzu, Romaore, Pitziedda. Per ritrarre il panorama di Laconi, Blanchard si pose, con buona certezza, sulla collina di Cuccuru 'e Monte. … Volgendo "lo sguardo un po' verso maestro", verso la parte nord- occidentale del territorio, l'Angius non poté fare a meno di rimarcare, osservando "alcune collinette irregolarmente divise per le siepi in molti predii", che "i luoghi sono amenissimi e pittoreschi e con ragione lodasi questa regione come una delle meglio scelte e delle più deliziose". Se ne ha tuttora conferma, quasi a di spetto dei forti mutamenti che, in questi ultimi decenni, la civiltà dei consumi ha imposto all'abitato e all'ambiente, raggiungendo la parte sommitale Una rara immagine del paese in una foto aerea del 1920 del rione di Pauli, dove si apre, verso occidente, all'inizio della discesa di via Sant'Antonio, la bocca di Sa Spillunca Manna. Da qui si può ammirare, in un solo quadro, uno dei paesaggi più suggestivi della Sardegna: i rioni del paese con i frammenti dell'architettura di una volta, il verde dell'oasi francescana di Cuccuru 'e Monte, la chiesetta di San Giovanni, le case e il territorio di , dove si celano le spoglie della città romana di Valentia, l'altopiano inconfondibile della Giara di Gesturi, scrigno dei cavallini dagli occhi a mandorla, il colle di Sant'Antini di Genoni, con ciò che

6 Gino Camboni (a cura di) - Laconi alle porte della Barbagia – Silvana Editoriale – Amilcare Pizzi spa Cinisello Balsamo (Mi) 1993

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resta della sua fortezza punica, il Monte Arci, con i giacimenti di ossidiana, "oro nero" della preistoria, i rilievi di Stunnu, con il fascino e i misteri delle statue-menhirs dell'età del rame. In lontananza, rese a volte più nitide dal sole del mattino, chiudono l'orizzonte le cime del Monte Linas e le creste dell'Arcuentu.

Per descrivere l‟abitato, Padre Eusebio Cirronis, nel suo libro “Laconi e il suo santo”, così si esprime: Sorge a 550 metri sul livello del mare e lo sovrasta il costone roccioso di Pauli, che, scendendo, si unisce ai degradanti colli di Genn'e Canali da una parte, di Muru e di Canali 'e Mraxàni dall'altra, e al colle di Cuccuru 'e Monte".

Relativamente alla casa natale di Sant‟Ignazio, al di là della preesistenza del piccolo nucleo abitativo di cui rimangono solo le due semplici stanze, si conoscono pochi riferimenti che testimoniano l'ambiente urbano e la vita ai tempi di Sant'Ignazio di Laconi (1701-1781), ad eccezione delle descrizioni tratte dai testi di Remo Branca e Giovanni Sechi; per quest'ultimo la Laconi del 1700 si presentava con: “… poche case e un gruppo di capanne attorno ad un Castello, ordinate (o disordinate) per vicinati, ossia strade, e la casa di un Mattia Peis, (padre del Santo n.d.r.) del rango, appunto, delle capanne e dei tuguri: due vani, bui, anziché no, e forse anche affumicati, e qualche metro di cortile”.

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4. INDAGINE STORICO-URBANISTICA

La lettura del presente capitolo è sostenuta dai documenti e dalle analisi grafiche contenute nelle tavole di cui all‟allegato A_1 INDAGINE STORICO-URBANISTICA E ANALISI DEL TIPO EDILIZIO. I contenuti di dette tavole sono specificati nel successivo capitolo 7 in cui è indicata la struttura del piano con l‟elenco degli elaborati.

4.1 LA PRESENZA ANTROPICA PREISTORICA E ANTICA Le notizie sulla storia di Laconi riportate in questo paragrafo sono tratte dal sito ufficiale della Proloco di Laconi e dall‟Enciclopedia libera Wikipedia. Le informazioni utili per l‟analisi che è stata condotta sono state riportate quasi integralmente con la sola aggiunta di alcune locuzioni per il collegamento dei testi. Per trovare le prime tracce scientificamente documentate della storia di Laconi bisogna risalire a 8000 anni fa. Si può affermare che la presenza dell'uomo a Laconi risale al Neolitico Antico (6000-4500 avanti Cristo). Piccoli nuclei di cacciatori usavano dimorare nelle numerose cavità naturali presenti nel territorio, lasciando numerosissime tracce del loro prolungato soggiorno, come attestano i numerosi reperti rinvenuti a "Sa Spilunca Manna" e nella "Grotta Leòri". Più tardi, nella fase conclusiva del Neolitico e nei primi tempi dell'età dei Metalli (3700-2400 avanti Cristo), quando l'agricoltura e l'allevamento fanno stanziale il tipo di insediamento, sorgono i primi agglomerati di capanne, veri e propri villaggi organizzati, come a Monte Feurrèddu, a Cirquìttus ed a Sarcidanu. In quest'ultimo periodo (2500-1800 avanti Cristo) incomincia lo sviluppo di un fenomeno di arte scultorea: gli affascinanti e misteriosi menhir e le statue-menhir, così ben presenti nelle campagne laconesi ed oggi esposta una selezione di essi nel Civico Museo Archeologico delle Statue-Menhir di Laconi. Ma è soprattutto nei secoli della Civiltà Nuragica, anche a Laconi ricchissima di espressioni monumentali, che il rapporto tra l'uomo e il territorio si rafforza particolarmente sottolineando la strategicità geografica e politica di queste terre. Nell'arco del III millennio avanti Cristo la società agricola e matriarcale del Neolitico cede progressivamente spazio alla nuova civiltà prevalentemente pastorale dell'età dei metalli. A testimoniare una frequentazione abbastanza intensa del territorio laconese nei secoli successivi dell'età del Bronzo sono i numerosi nuraghi, distribuiti soprattutto sui rilievi del versante settentrionale e sulle colline di quello meridionale. Nel territorio di Laconi si trovano i resti nuragici di Crastu, Mamusi, Stunnu e "Nuraxe 'e Corte", Nuraghe Orrobiu, Nuraghe Piccìu, Nuraghe Cannas, Nuraghe Verra, i nuraghi di Pardu Longu (sopra "Sa Serra 'e sa Piodadi"), e tanti altri. Speciale menzione merita il nuraghe "Genn'e Corte", di architettura notevolmente complessa, certo tra i più grandi esempi finora censiti. Parlano di preistoria in tutto il territorio le "domus de janas" di Is Mureddas, nella zona di Santa Maria, quelle di Cirquittus, verso il confine con , ad occidente di Monte Perdosu, quelle di "Pranu 'e Arranas", a sud-est di Bruncu Tzippiri e, infine, quelle di "Pranu Corongiu" a sud di "Bruncu Prune 'e Cristi". Non risulta che abbiano lasciato testimonianze significativa nel territorio laconese i dominatori cartaginesi, se non lungo la fascia di confine con Genoni e , ove, nel V secolo avanti Cristo, questi costruirono una fortificazione di cui si conservano ancora resti evidenti. Nel 238 avanti Cristo si presentarono in armi i nuovi padroni: i Romani. Dai secoli della dominazione romana in Sardegna restano nel territorio di Laconi anche altre testimonianze.

La etimologia del nome Laconi non è stata accertata con sicurezza. L'opinione degna di maggior credito sembrerebbe quella che lo fa derivare dal termine greco "lahane", diventato "lacana" in lingua locale, cioé "confine, limite" per indicare una terra di confine, un abitato posto al confine con la Barbagia, con il Mandrolisai. Lo storico E. Pais, precisa che può darsi che il nome di Laconi "si riconnetta con tempi anteriori alla civiltà romana" ed "indicava tanto il paese centrale dal quale si scorge tanta parte di isola quanto la stirpe que dette y giudicati indipendenti allo spirare della signoria bizantina". Così, Laconi sembra entrare ufficialmente nella storia intorno al secolo XI dopo Cristo, perché il suo nome si trova, per la prima volta accompagnato a nomi di origine bizantina dei secoli XI e XII. Il territorio di Laconi o "Lacon", come se conosceva allora, diventa il luogo d'origine di numerosi "giudice-re" dell'epoca. Per citarne soltanto alcuni: Orocco, Constantino e Torchiano II (ambidue re- giudici di Caglari). Nel 1147, l'arcivescovo di Oristano era di nome Comita de Martis di Lacon. In giugno 1224 appare el nombre de Lacon, come paese, in una bulla pontificia di Onorio III. In un documento dell'ottobre 1357, Laconi risulta iscritto fra y paesi soggetti di decime ecclesiastiche. Negli avvenimenti storici a carattere

13 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA politico, Laconi risulta per la prima volta in un documento del 24 gennaio 1388, perché inviò i suoi rappresentanti alla firma della pace aragoneses-arborense. Nel 1421 Laconi viene assegnato da Alfonso II d'Aragona, con Genoni e Nuragus, a Giovanni De Sena, mentre dal 1479 passa a Enrique Enriquez, con il quale sorge il primo marchesato dei Castelvì, che fino al 1668 ebbe il suo più noto rappresentante in Agostino Castelvì, assassinato nella notte fra il 20 e 21 giugno del 1668. La sua vedova, Francesca Zatrillas di Siete Fuentes, si sposò con al nobile Silvestro Aymerich e nel loro figlio Gabriele Antonio diede vita all'attuale ramo dei marchesi di Laconi. Con questo avvenimento, e fino al 1720, anno che segnò l'inizio dell'abolizione del feudalismo, la storia del paese fu dominata dal marchesato a tal punto da doversi dire che costituiva con esso una sola ed unica cosa.7

4.2 L’ETÀ MODERNA Nel 1809 la popolazione di Laconi contava 1783 anime. Nel 1840 Laconi apparteneva alla provincia di ed era capoluogo del distretto che comprendeva anche Asuni, Genoni, Nuragus, , Nureci, , Sennis e Sant'Antonio. Nel 1846 si completano i lavori del maestoso palazzo marchionale degli Aymerich che porta la firma di Gaetano Cima. Nel 1855 Laconi contava circa 2118 abitanti. Nel 1857 venne firmato il primo progetto della nuova casa municipale, che doveva servire come Casa Comunale, Giudicatura, Carceri, Caserma, Scuole maschile e femminile. Verso il 1870, Laconi faceva parte della provincia di e disponeva, finalmente, della nuova strada statale, "su stradone", a cui si riferisce una nota di Giovanni Spano: "Il villaggio di Laconi per la strada che vi passa in mezzo ha ora un aspetto bellissimo e il commercio e l'industria vi hanno presso sviluppo da poco tempo." L'abitato si era arricchito di "una locanda signorile e di un caffé", il Comune s'impegnava nel restauro della fonte denominata Di Ladus e gli Aymerich abbellivano il parco con cancelli in ferro giunti da Cagliari su un carro a buoi. Così entra Laconi nel XX secolo, che fa parte d'una storia conosciuta per tutti.8 Il 1º aprile 1889 con l'apertura all'esercizio della tratta ferroviaria a scartamento ridotto Isili - facente parte della linea Isili-Sorgono delle Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, Laconi è raggiunta dalla ferrovia, dal 2010 gestita dall'ARST e attiva, dal 1997, solo per il servizio turistico Trenino Verde. Nel 1927 Laconi passa dalla provincia di Cagliari alla neonata Provincia di Nuoro. Con delibera comunale nell'agosto del 1999, anche a seguito di un referendum popolare nel quale i sì furono il 94%, si chiese il passaggio alla provincia di Oristano. Conseguentemente, ai sensi della Legge Regionale n. 10 del 13 ottobre 2003, che ha ridefinito le circoscrizioni delle nuove province sarde, il comune è passato alla Provincia di Oristano.9

4.3 IL TOPONIMO A detta del professor Massimo Pittau,“Laconi (Láconi, pronunzia locale anche Lácuni) (borgo del Sarcidano, già della curatoria di Parte di Valenza). L‟abitante Laconesu, Lacunesu - Il toponimo corrisponde agli appellativi sardiani o protosardi lácuna, lácona «truogolo», láhana «pozza d'acqua piovana formatasi su una roccia»; láccana, láccara «fossato di confine, confine, segno di confine» ("probabilmente preromano" per il DES II 2), nonché agli altri toponimi Lacconéi (Tonara), Laconitzi (Villagrande Strisaili), Loconiái (Sarule) (suffissi e suffissoidi), che sono tutti da confrontare - non derivare - coi lat. lacus «lago», lacuna «cavità, fossa, pozza d'acqua», con gli antroponimi etruschi Lakhu, Lakhunia, coi toponimi tosc. Làcona, còrso Lácani e inoltre col greco lákkos «fossa, pozzo, cisterna, serbatoio, stagno» (indeur. GEW, DELG) [da cui è derivato il lat. laccus «fossa»; DELL] (OPSE 214). Láconi dunque è un toponimo sardiano o protosardo e insieme indeuropeo, che porta nella sua denominazione un riferimento alla «fossa» nella quale scorre il rivo che attraversa il suo famoso

7 Storia di Laconi – Sito ufficiale della Proloco Laconi 8 Storia di Laconi – Sito ufficiale della Proloco Laconi 9 Da Wikipedia, l‟enciclopedia libera.

14 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA parco, oppure - in subordine - un riferimento al «confine territoriale» tra la Barbagia e il Sarcidano (vedi).- Laconi sarà stato un centro abitato abbastanza importante già in epoca classica, se è vero che i suoi abitanti molto probabilmente sono citati da Strabone (V 2, 7) come Lakónites (OPSE 79, 250; LCS II 54). L'importanza di Laconi nel passato è dimostrata anche dal ruolo di primissimo piano che in epoca medievale ha recitato la famiglia dei Lacon. Ha scritto acutamente Ettore Pais (Rom. 236-237): «La famiglia dei principi indigeni, che in lingua e con titoli appresi da Bisanzio assumeva il governo dell'Isola, traeva il suo nome dalla regione di Làconi (...) Da queste regioni, sin dall'età punica e romana, solevano discendere gli indigeni nelle pianure sottoposte ai dominatori stranieri. Sembra lecita la domanda, se venuta meno la forza e la custodia di signorie straniere, al governo di tutta l'Isola abbian provveduto gli abitatori di quelle plaghe nelle quali durano più vive le energie (...). La Sardegna, come al tempo dei Cartaginesi, tornò forse ad essere retta dai tardi discendenti di quegli Iolei od Iliensi, che avevano già eretto le splendide moli nuragiche e che di fronte alla poderosa invasione dei Cartaginesi si erano ritirati nelle aspre montagne del Centro».- Molti documenti medievali sardi citano più volte il vocabolo Lacon, Laccon, ma non è sempre facile distinguere se ci sia un riferimento, oltre che alla citata famiglia giudicale, anche al villaggio; ad esempio le Carte Volgari campidanesi, in documenti del 1200-1212 e del 1215 (CV X 1, XIV 11), in cui figurano uno Iudigi Salusi de Lacon e un donnu Gunnari de Lacon.- Il villaggio è citato in maniera certa in un documento del 1299 del Codex Diplomaticus Sardiniae e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d' e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 474/1; 837/2 e 838/2). Risulta inoltre citato parecchie volte tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). E compare anche nella Chorographia Sardiniae (138.13; 156.35; 196.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589.10

4.4 DOCUMENTI ESISTENTI Come già detto la nascita del borgo di Laconi si è ipotizzata a partire dall‟XI secolo perché il suo nome si trova, per la prima volta accompagnato a nomi di origine bizantina dei secoli XI e XII. Il territorio di "Lacon", come veniva individuato in quel tempo, era il luogo d'origine di alcuni giudici dell'epoca e nel 1147, l'arcivescovo di Oristano si chiamava Comita de Martis di Lacon. In Sardegna non si è avuta quell‟evoluzione dell‟insediamento umano fino all‟accentramento nella villa, che ha caratterizzato, agli albori dell‟XI secolo, vaste zone dell‟Italia, della Francia e della Spagna. Si vuole dire che non pare praticabile proporre la formazione di un grosso centro rurale in territorio barbaricino in secoli precedenti l‟XI: un‟epoca in cui la popolazione è, tra l‟altro, ancora molto scarsa in tutta la Sardegna. Le prime notizie certe sul paese risalgono al XIII secolo, quando nel 1224 il nome di Lacon viene citato in una bolla pontificia di papa Onorio III. E, nel XIV secolo, quando nel 1357, Laconi risulta iscritto fra i paesi obbligati ala pagamento di decime ecclesiastiche. Negli avvenimenti storici a carattere politico, Laconi risulta per la prima volta in un documento del 24 gennaio 1388, perché inviò i suoi rappresentanti alla firma della pace fra la Corona Aragonese e il Giudicato d‟Arborea. Dalla fine del 1600 fino al 1800, Laconi presenta un irregolare movimento demografico.11 Per quanto i primi rilevamenti siano scarsamente attendibili sul piano della effettiva conoscenza demografica, poiché si trattò esclusivamente di censimenti fiscali, il villaggio di Laconi aveva le caratteristiche di un centro piuttosto grosso. Nel censimento del 1678 i fuochi (le famiglie) risultavano 367. Fino alla fine del 1700 la popolazione si è attestata sotto i 1500 abitanti. Dagli inizi del 1678 fino al 1901 abbiamo il seguente prospetto:

10 Pittau Massimo - Toponimi della Sardegna meridionale. Significato e origine. 11 I dati sono tratti da: CORRIDORE, 1902. ANGIUS, 1846, pag. 288, vol. X. A.S.C. – Censorato Generale. Censimenti della popolazione. Relazione dei vari intendenti.

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A partire dal censimento dei primi del „700 quindi, come si evince dai dati fornitici dal Corridore, la popolazione va progressivamente aumentando nel secolo successivo, fino a superare i duemila abitanti nel 1848, con un minimo decremento demografico rilevato nel censimento del 1881.

Informazioni sulla popolazione e sull‟attività dei laconesi nel 1840 ci vengono fornite dall‟Angius. «Popolazione. Nel 1830 si numerarono anime 1701, nel 1831 erano 1763, nel 1832 ascendevano a 1783, nel 1840 sommavano a 1817, delle quali 860 pel sesso maschile, 957 nel femminile, distribuite in famiglie 925. Le medie del preceduto decennio diedero nascite annuali 65, morti 40, matrimoni 12. Molti vivono ad una grande età; e generalmente vedonsi corpi robusti e di belle forme, le quali sono molto gentili nelle femmine. … Sono in Laconi famiglie possidenti 430, nullatenenti 95. Comunemente vivesi con certa agiatezza e i poveri ottengono dalla loro fatica una sufficiente sussistenza.», e per comprendere meglio la struttura sociale dell‟abitato: “Professioni. Sono applicate all‟agricoltura famiglie 325, alla pastorizia 110, ai mestieri 40, al negozio 15. Quindi sono famiglie di nobili 1, di preti 6, di avvocati 2, di notai 4, di chirurghi 2, di flebotomi 3, di farmacisti 1. Le donne si occupano in circa 380 telai, tessono tele e panni di molto pregio, e guadagnano cospicue somme dalle tele che vendono alla capitale, e da‟ panni che mandano nei paesi circonvicini.” Nel corso della prima metà del Novecento Laconi continua a crescere demograficamente, fino a raggiungere i 3.079 abitanti nel 1961. Da questo periodo la popolazione inizia a decrescere, l‟abitato perde nei successivi 50 anni circa un terzo dei suoi abitanti, contando nel censimento del 2011 2.008 unità.

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5. ANALISI DELLA TIPOLOGIA URBANA, DELLA TIPOLOGIA EDILIZIA E CARATTERI COSTRUTTIVI DEGLI EDIFICI

5.1 LA TIPOLOGIA URBANA ED EDILIZIA DELLE AREE MONTAGNOSE E PASTORALI DELLA SARDEGNA

CENTRO ORIENTALE

Dalla lettura delle mappe catastali, il tessuto urbano di Laconi appare caratterizzato dalla presenza di unità abitative nelle quali il concetto dominante è quello della corte che, in questo ambito a dominanza pastorale, nel processo di intasamento si riduce tanto da far emergere la cellula abitativa come elemento dominante.12 Più di frequente, la cellula-base dispone di un piccolo spazio-corte, retrostante o anche disposto sul fronte, che ha consentito nel tempo sia una minima disponibilità di spazi per gli attrezzi o alcune derrate, sia la possibilità di ampliamenti planimetrici. Si può anzi dire che questo costituisca il tipo di casa più diffuso nell‟area della montagna: un tipo flessibile, che consente di disporre la cellula con qualche grado di maggiore adattabilità alle casistiche ed alle esigenze locali. Ad esempio, negli isolati di maggior spessore, resi possibili da situazioni di minore pendio - come nel caso di Laconi -, si verifica l‟alternarsi dei pieni e dei vuoti delle cellule e dei ridotti spazi cortilizi.13

In alcune situazioni avviene anche, secondo comportamenti più tipici della casa alta, che i piani alti siano disimpegnati da scale esterne (tipo profferlo) interne alle corti che conducono a dei ballatoi di distribuzione e accesso agli ambienti.

Il processo di intasamento edilizio avvenuto dalla metà del novecento rende oggi poco percepibili gli assetti originari e arcaici delle case corte che si disgregano in cellule abitative. Può accadere comunque che questo patrimonio residuale sia ancora usato come parte abbandonata del fabbricato destinato a utilizzi marginali.

L‟evoluzione della casa di montagna, negli ultimi 150 anni, può essere descritta come la storia della crescita per addizione nei più diversi contesti, e con gli esiti e i significati più disparati, talvolta opposti. La cellula edilizia, è intrinsecamente legata alla famiglia nucleare, all'identità autonoma che tende a darsi, in termini produttivi, sociali, spaziali ogni coppia dopo il matrimonio. Questo meccanismo è rafforzato dal carattere dell'azienda (prevalentemente) pastorale, a conduzione fortemente individualizzata; tuttavia può accadere che, in particolari momenti storici, una fase espansiva e di accumulazione di risorse induca famiglie e/o intere comunità a costituire solidarietà più o meno forzose, capaci di contrastare la polverizzazione nucleare. In questi casi le cellule tendono a comporsi in forme più sistematiche, a formare vicoli, spazi-corte come espansione della dimensione abitativa, e vere e proprie aggregazioni nelle quali la consanguineità degli abitanti è stato il dato costitutivo originario. Sono ampiamente documentate in questo senso le "corti comuni" che caratterizzano lo spazio abitato dei centri di montagna. … Anche a Laconi … si riscontra una numerosa serie di isolati nei quali le cellule rivolgono accessi, affacci e funzioni di vita verso questo spazio comunitario, inglobando pertinenze di passaggio e sosta, pozzi e strutture comuni. Talvolta la corte comune, o il vicolo che la precede, sono segnati dalla persistenza di un portale che marcava un confine, a metà tra il privato e il collettivo.14 La casa a cellule della montagna si rende immediatamente disponibile ad essere riconvertita, dalla metà dell‟ottocento in poi, nel tipo del palazzetto civile. La borghesia rurale interpreta anche in questi contesti il suo nuovo ruolo sociale con una modernizzazione culturale e formale del tipo a cellule, che vengono allineate ordinatamente con un fronte “composto” sui percorsi principali, gerarchizzate da nuove simmetrie edilizie con al centro la scala ed uno sviluppo in linea sul fronte strada anziché in profondità. Si compone quindi un assetto del villaggio di montagna che vede sempre più spesso la cellula arcaica marginalizzata nelle parti più interne e meno

12 «Difatti, via via che si procede dai territori della cerealicoltura meridionale verso la montagna centrale, si assiste a un trapasso nelle forme con cui si realizza la combinazione tra recinto e cellula abitativa: il recinto e lo spazio vuoto tendono a contrarsi e anzi spesso praticamente a scomparire a vantaggio del “pieno” edilizio rappresentato dalla cellula. Tratto da I manuali del recupero dei centri storici della Sardegna – V.0.1 – Atlante delle culture costruttive della Sardegna. La geografia dell‟abitare, op. cit. 13 I manuali del recupero dei centri storici della Sardegna op. cit. 14 I manuali del recupero dei centri storici della Sardegna op. cit.

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accessibili del centro storico, mentre sui percorsi matrice e di ristrutturazione si disegnano nuovi allineamenti di case alte e palazzi, la cui maggiore persistenza e durevolezza culturale e architettonica segna in senso più “decoroso” e urbano il paesaggio della maggior parte dei nostri centri.15

Questo schema più riconoscibilmente urbano ingloba senza quasi scarti anche i contenuti sventramenti – forse è meglio dire ampliamenti e rettilineamenti degli originari percorsi matrice – che i percorsi di ristrutturazione ottocenteschi introducono nella maglia viaria di ridottissima sezione che caratterizza tutti i centri delle Barbagie; anzi, sulle nuove strade, più dritte ed ampie, trovano posto i nuovi affacci decorosi e urbani dei palazzi della nascente borghesia rurale.

Per la classificazione delle tipologie edilizie dell‟area culturale, si fa riferimento alle descrizioni riportate nei Manuali per il recupero dei centri storici e in particolare nell‟Atlante - Le culture abitative della Sardegna, pubblicato dalla R.A.S. Regione Autonoma della Sardegna Assessorato all‟Urbanistica e dal Dipartimento di Architettura Università di Cagliari nell‟aprile 2008, di cui si riportano alcuni stralci.

Ancor oggi, in termini di classificazione e riconoscimento complessivo possiamo solo articolare e specificare, ma non modificare sostanzialmente quelle fondamentali sistematizzazioni – del francese Maurice Le Lannou e di Osvaldo Baldacci - delle tipologie dell‟architettura popolare; semmai è nostro compito precisare ulteriormente le modalità formative e di modificazione del patrimonio edilizio storico-tradizionale, alla luce di un più completo apparato di rilievo architettonico, di più stratificate ricognizioni storiche e d‟archivio, di nuove consapevolezze sul piano storico e antropologico.

La ricognizione storico-tipologica, particolarmente importante per le conseguenze culturali e operative che induce sul tema del recupero, è stata condotta dalla individuazione di base de: a. la casa a corte degli ambiti collinari e sub montani con dominanza pastorale b. la casa "cellulare" con tendenziale sviluppo in altezza delle aree montagnose e pastorali della Sardegna centrale che cresce in altezza e in profondità.

5.2 L’ASSETTO URBANO DELL’INSEDIAMENTO DI LACONI E LE FORME ABITATIVE

Gino Camboni, nel Capitolo “L‟Abitato – I rioni, le chiese, le vecchie case”16, così racconta il luogo: Il tratto d'asfalto dove la via Maggiore s' incontra con il corso Garibaldi faceva da confine, ancora quarant'anni fa, a due parti distinte dell'abitato. Era Su Punteddu 'e Melletti, che segnava il limite territoriale tra i rioni "di sopra", quelli dei Corongiàius, di tradizione soprattutto pastorale, come Corongiu, Su Accili, Canneddu, Funtanedda, S. Antonio, Curadori, Pretzu, e i rioni "di sotto", quelli dei Serràius, cui appartenevano Pitziedda, Funtana Figus, S. Maria, S. Giovanni, Serra Ruinas, Romaore, più legati all a cultura del grano e delle aie. Questi ultimi erano soli ti pronunciare contro i primi una frase sprezzante: Candu cantanta is Corongiaius, sonanta is pittioloso! (Quando scendono quelli di Corongiu, suonano i campanacci!). La diversità era così sentita che le bande dei ragazzini dei due opposti pianeti non si risparmiavano offese, dileggi e lanci di pietre. Su stradone, la via Nazionale, ora ribattezzata Corso Garibaldi, fa sempre da spartiacque tra i vecchi rioni del centro storico, ma, dentro l'abitato, molte cose sono cambiate. Agricoltura e pastorizia non caratterizzano più i rioni "di sopra" e, "di sotto", il cemento ha preso il sopravvento sulle casette di pietra e fango, stringendo d'assedio le ville padronali, e nuovi agglomerati di case, quelle di Pauli, di Cuccuru 'e Monte, di Bingixedda, hanno allargato i confini del vecchio paese e hanno "osato", come in via Giovanni XX Ili (segno del mutare dei tempi e d'un malcelato desiderio di rivalsa), porsi a dominio del palazzo marchionale e della stessa cupola di Sant' Ambrogio. Accanto alla parrocchiale, in su bixinau 'e Gresia, nel 1855, abitava il rettore Sebastiano Musu, che in quell'anno censì, rione per rione, le "anime" dell'abitato. Erano del suo vicinato, che contava in tutto dieci famiglie, il medico

15 I manuali del recupero dei centri storici della Sardegna - op. cit. 16 Gino Camboni (a cura di) - Laconi alle porte della Barbagia – Silvana Editoriale – Amilcare Pizzi spa Cinisello Balsamo (Mi) 1993

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Stanislao Ramo, con la moglie Tomasa Scalas e quattro servi, e il "padrone" Raimondo Scalas, con la moglie Teresa Meloni e sei servi. Il vicinato (s'occrcìxu, come si diceva una volta) di Corongiu aveva 54 famiglie, quello di Curadori 24 famiglie. C'erano, poi, i rioni di Canneddu, con 39 nuclei familiari, di Su Camminu Nou, con 21, di S' Arruga Maggiori, con 57, di Muntoni Mannu, con 11, di Pitziedda, con 20, di S. Giovanni, con 20, di Serra Ruinas, con 40, di Funtana Figus, con 65, di S. Maria, con 63 (compreso il sacerdote Giuseppe Dessanai, di 74 anni, che nel 1849-50 era stato consigliere comunale), di Pretzu, con 41, di Quarteri, con 16. Fulcro dell'intero abitato era (ed è ancora) la chiesa di S. Ambrogio. Risalente al XV secolo, più volte rimaneggiata, conserva della vecchia struttura il campanile a canna quadrata. … Alle spalle dell'edificio religioso dà un certo fascino su

procciu 'e Gresia, il portico che accoglie la strada asfaltata per il rione di Su Accili e che si fregia, accanto al verde del parco e ad un artistico portale dei primi del Novecento, dello stemma dei Manca. Dentro l'abitato e nella sua periferia, Laconi contava un tempo anche sei chiese filiali: S. Antonio abate, S. Martino, S. Giovanni Battista, S. Maria, S. Sebastiano, S. Nicola. Di esse soltanto due sono ancora aperte al culto. La prima è S. Antonio abate, che si erge nella parte alta della via omonima e che, secondo la tradizione, era l'antica parrocchiale del paese. Completamente ricostruita agli inizi del XVIII secolo, la chiesetta aveva accanto un piccolo cimitero, ormai cancellato … L'altra chiesetta aperta al culto è S. Giovanni Battista, alla periferia del paese, poco distante dal nuovo camposanto. Ristrutturata anch'essa, ma di recente, conserva in parte l'aspetto medievale, con il campanile a vela a due luci, con il piccolo abside che ricorda un edificio ancora più antico, con le coppelle incavate nella pietra, con nove sculture lignee vagamente zoomorfe messe a sostegno delle travi del tetto. … Si seppelliva, una volta, anche Chiesa parrocchiale dei SS. Ambrogio e Ignazio all'interno e all'esterno della chiesa di S. Martino vescovo, che sorgeva all'ingresso meridionale dell'abitato, dove ora s'innalza, in via Don Minzoni, vicino all'accesso principale del parco, l'anonima costruzione del salone parrocchiale. A testimoniare il ritrovamento, durante i lavori per il nuovo edificio, di "tombe incassate nelle pareti sotto i ruderi della chiesa" sono in diversi … Nel tempio, già citato all'inizio del XIII secolo, aveva sede la confraternita del SS. Sacramento. S' incastona nel centro storico, dando il nome al rione e alla via di cui era espressione, pure la chiesetta di S. Maria, che già nell'Ottocento ospitava il Monte frumentario. L'edificio, ora, è di proprietà del Banco di Sardegna, che ne ha profondamente modificato una parte per renderla funzionale ai propri uffici. Il resto della vecchia struttura, con gli accessi murati, si affaccia verso occidente e mette in evidenza l'architettura semplice e dignitosa dei suoi muri di pietra, dei grandi archi, delle finestre ben squadrate, chiuse da rugginose grate di ferro. Alla periferia del paese, nella zona alta, tra Pauli e Genn'e Canali, un po' più a valle della strada ferrata, c'era un tempo anche la chiesetta di S. Sebastiano, della quale, ormai, non resta nient'altro che un vago ricordo. Non ha lasciato tracce neppure nella memoria, invece, un altro edificio sacro, quello di S. Nicola, di cui solo i documenti del XVII e XVIII secolo confermano la presenza, senza specificare, però, in quale parte dell'abitato. Vi aveva sede la Confraternita della S. Croce e c'è chi ritiene che potesse sorgere nel rione di Pitziedda. Lontana dall'abitato, ma idealmente legata ad esso, è, poi, la piccola chiesa di S. Daniele, che, chiusa al culto nel 1831 dall'arcivescovo Giovanni Maria Bua e lasciata in abbandono, è stata riedificata di recente. La ricorda l'Angius: "Nella campagna, a tre quarti dal paese, è una cappella dedicata a S. Daniele, dove si passeggia con poco concorso. E una delle molte che furono edificate a questo santo quando era più rumorosa la fama dei prodigi che si diceano operati per sua intercessione."

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Più che all'abitato, si lega alla borgata rurale che ne porta il nome, sull'altopiano del Sarcidano, la chiesetta di S. Sofia, citata dalla bolla di papa Onorio III e di probabile origine bizantina. Ridotta a pochi ruderi, attende ora di essere ricostruita e riaperta al culto grazie all'impegno di un comitato del paese. Non restano che rovine, nel versante meridionale del territorio, pure della chiesa intitolata alla Natività della Vergine, che si ergeva poco lontano dall'attuale borgata rurale di Crastu, su un colle vicino alla strada per Genoni. Chiusa al culto nel 1805, è stata definitivamente abbandonata. La stessa sorte è toccata al tempio di S. Vittoria, su una collina di Monte Santu, ad occidente di Perda Pertusa, a circa trecento metri dall'antico camminu 'e is viaggiantis. Dell'edificio restano solo le fondamenta, oltre a frammenti di embrici e rocchi di colonne in calcare. La terra ricopre da tempo anche i resti del tempio di (S. Lussorio), che era invece ben vivo nel XIII secolo. Ne mantiene il nome, vicino al confine con Nureci, presso la strada asfaltata per il bivio di Escovedu, una collina che conserva res ti di costruzioni in muratura e conci ben squadrati, inseriti in un'area di rilevante interesse archeologico, quella di Martingiana, ricca di testimonianze che vanno dalla preistoria all'età medievale. Nulla si sa, invece, di altre due chiese, contemporanee di S. Lussorio e citate anch'esse al tempo di papa Onorio III: S. Sperate e S. Spirito. Di quest'ultima si può solo dire che ne portava il nome una grotta di Pauli cancellata dall 'impianto Cartolina di Laconi dell'acquedotto. Secondo la tradizione, esisteva un edificio sacro anche a Genn'e Nuxi, sui Monti di Stunnu, a occidente del nuraghe di Genn‟e Corte: "C'è un posto che si chiama Sa Cresiedda 'e Caccara - informano gli anziani del paese -, dove si vedono resti di costruzioni, e dicono che lì ci fosse una chiesa e che vi si nasconda pure unu scusròxu, un tesoro, ma nessuno l'ha mai trovato." Importanti punti di riferimento per gli abitanti del paese erano, un tempo, anche le fontane. Alcune di esse

esistono ancora, altre invece, come le chiese, appartengono ai ricordi. "Le fonti del Laconese non sono meno di 300 - annotava l'Angius -, delle quali però più della metà mancano nei calori estivi." Ancora ben conosciuta è Funtana Meddone, nella parte alta del paese, prima della stazione ferroviari a, dove c'è il lavatoio che qualche donna continua ad utilizzare. Si andava a lava re i panni pure a Muru, all'uscita dell'abitato, verso il rione di Bingixedda. Si attingeva l'acqua, poi, a Funtanedda in via Satta, a Funtana Su Accili, a Funtana Curadori sulla via omonima, a Funtana 'e Cabones in via Don Minzoni, a Funtana Pes, a Funtana Mereu, a Funtana Figus, a Su Pibiadoriu 'e Pitziedda, che vantava una delle acque più leggere. Ci si recava, infine, a Funtana 'e Ladus, l'elegante fonte che si raggiunge percorrendo in discesa, tra muri muschiati, la stradina che costeggia l'ingresso principale del parco. Dentro l'oasi verde, negli anni andati, si utilizzava anche l'acqua del ruscello che scorre sotto il ponte di Maimone, dove si veniva a lavare i panni e anche la lana non ancora filata. Proprio il parco, con la varietà delle essenze vegetali, con gli alberi-patriarchi, i ruscelli, i laghetti, la cascata, le grotte, i ruderi del castello, rappresenta una tessera fondamentale per l'identità del paese. L'oasi degli Aymerich, … si estende lungo il versante orientale dell'abitato per oltre trenta ettari e comprende anche l'esotico giardino marchionale, … È un paradiso verde che non ha eguali in nessun altro paese dell'Isola: qui si compongono curiosità vegetali, e scorci d' interesse storico, che raccolgono assieme i ruderi della torre medievale, della sala aragonese, del porticato secentesco del vecchio castello … Ancora nei primi decenni di questo secolo, però, il fascino del parco si contrapponeva all'aspetto umile e dimesso dell'abitato, costituito in gran parte da piccole e povere casette, che acuivano il contrasto anche con l'imponenza e l'eleganza delle abitazioni padronali e patrizie. "In passato le case della gente comune venivano fatte con grande risparmio – racconta tziu Antonio Melis, maist'e muru, 92 anni -, erano basse, senza fondamenta, e spesso avevano solo una o due stanze, dove vivevano famiglie anche di sei perso ne." Per costruirle si usavano tutti i tipi di pietra, il calcare del Sarcidano, sa perda Nicola Pinna (il travertino di cui

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parlava l'Angius), la trachite, lo scisto, e si faceva ricorso a su ludu, al fango per la malta. "La calce, quando io ero piccolo, la usavano soltanto i più ricchi - sottolinea il vecchio capomastro- e avevo sette anni quando arrivarono in paese is craccinaius di Nurallao e con essi i primi forni per produrla." La costruzione avveniva normalmente scavando il terreno per circa venti centimetri lungo il perimetro della casa da edificare e usando la terra così ricavata, dopo averla grigliata, per preparare su ludu, la malta di fango. Il pietrame veni va raccolto dove capitava e i muri avevano spessori che variavano da 50 a 70 a 90 centimetri. Per le finestre e le porte si usava soprattutto il castagno di e Tonara, utilizzato, come la roverella e il ginepro, pure per il soffitto, fatto di travi, i bigas mannas e pitticcas, di travetti, is currentes, e di canne, su gannitzàu. Le canne venivano legate assieme con il giunco, su iuncu, che si coglieva d'estate nelle zone d'acqua intorno al paese. Lo coglievano anche i pastori, che lo portavano negli ovili e lo "snervavano" praticando sa molladura (detta anche sa domadura). Era buon accorgimento, quando si faceva l'incannucciato, bagnare il giunco "snervato" per renderlo più resistente e impedire così che si spezzasse. Sopra su cannitzcìu venivano poggiate is teulas a bullu, le tegole senza fango, né calce, e per farle resistere al vento si mettevano, a volte, sassi come pesi. Le tegole si acquistavano a Nurallao o a Oristano, ma poi entrò in attività un forno anche a Laconi, a Funtana Braxìna, sopra la stazione, dove c'è abbondanza di argilla. Una materia importante, quest' ultima, anche per intonacare le pareti delle stanze e per i pavimenti, dove veniva Veduta panoramica in una cartolina del ‘900 spalmata e pressata a mano dalle donne.

In queste casette si abitava come si poteva. Si dormiva, d'inverno, sopra sa stoa, vicino al focolare acceso, anche se di solito erano i figli a passarvi la notte, perché i genitori avevano il letto matrimoniale in s'apposéntu 'e grocccai. Non esisteva il bagno, allora, e ci si serviva, di notte, d'un vaso a quattro manici, che veniva svuotato al mattino nel cortile o nei campi. Alcune abitazioni avevano il forno e sotto di esso, a volte, c'era lo spazio per su proccu 'e accàppiu, il maiale da ingrasso. In alcuni casi si aggiungeva al piano terra un primo piano fatto di tavole, su staulu, che prendeva luce da una piccola finestra, incorniciata di bianco, che dava sulla strada. Più tardi arrivarono, al primo piano, anche porte-finestre con balconcini in ferro o in ghisa, ornate da fioriture di gerani. Molte di queste case, ormai, sono scomparse e hanno lasciato il posto ad abitazioni moderne. Altre sopravvivono, ma sono per lo più disabitate e in abbandono. Case umili, palazzine signorili, dimore padronali e anonime villette in cemento si ritrovano assieme, così, un po' in tutti i vecchi rioni dell'abitato e si affacciano sulle stesse strade ammantate d'asfalto. Sulla via Nazionale, diventata Corso Garibaldi, si fanno notare, giungendo da sud, la villa in stile liberty dei Piacenza, costruita intorno agli anni Venti, e le ville dei Martelli, dei Manurritta, degli Sciavicco-Aymerich. Meno elegante e più austero appare, invece, il palazzo in abbandono degli Zairo, una famiglia di commercianti cagliaritani approdati a Laconi verso la fine del secolo scorso. Era questo, infatti, il negozio di Pietro Zairo, le cui iniziali, assieme alla data 1899, appaiono scolpite sulla chiave di volta dell'ingresso. … Sempre sul corso Garibaldi, superati il municipio, la piazzetta Marconi e la villa patrizia degli Aymerich, s'incontra, all'angolo con via Roma, la palazzina dei Vacca che nel secolo scorso, prima del 1883, ospitò gli uffici comunali e le scuole elementari e che divenne poi, nel 1927, l'albergo-trattoria di Peppina Masala, madre meanese delle sorelle Fulghesu, proprietarie del ristorante "Sardegna". Poco oltre, resistono al tempo e all'abbandono, l'una a fianco all'altra, due casette in pietra e fango … Un'altra abitazione ancora più modesta e in evidente abbandono, sempre lungo l'asfalto di su stradone, è quella che porta ancora il vecchio numero civico 70, in evidenza su una targhetta bianca, … In via Roma, al numero 4, è l'abitazione di

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una famiglia di allevatori e proprietari terrieri a richiamare interesse. ... Un grande portale di legno chiude il cortile attorno a cui ruota tutta la casa. Uno degli ambienti del piano terreno è s'omu 'e Iarra (o, se si preferisce, s'omu 'e su pani), la stanza della farina e della panificazione. Una stretta scala esterna porta al ballatoio di legno del primo piano, e da qui si accede ad una camera con un vecchio letto … Di fronte alla casa di tzia Rosa, al numero 3, c'è un'altra abitazione molto simile, quella di Cicinu Fulghesu 'e is Collegheddos: anche questa è chiusa da un grande portale di legno che dà sul cortile e si articola su tre piani con ballatoi resi più eleganti da ringhiere a motivi geometrici. Appartiene a grossi proprietari terrieri, ai Cossu-Serra, anche la casa-fortezza che s'innalza sopra il portico con archi a sesto ribassato, su procciu 'e is fiudeddas , che s'incontra all'ingresso di via Curadori . "l Cossu sono originari di Orune- ricordano in paese- e il primo che venne a Laconi faceva l'esattore." Era medico, invece, e fu sindaco del paese, nel secolo scorso, Stanislao Ramo, il capostipite della famiglia cui appartiene, all'inizio di via Curadori, la bella villa indicata da una palma svettante e da un grosso esemplare di Laurus nobilis. Sempre su questa via se ne sta in un angolo, quasi dimenticata e ormai in disuso, avvolta da erbacce e ombreggiata in parte dalla chioma di un alloro, la fonte di Curadori, che sembra parlare di altri tempi con un portale scrostato e con l'inferriata satura di ruggine d'una finestra. Più in alto, al numero 5, … la vecchia casa di su contixeddu, Sebastiano Matta, allevatore. L'abitazione, che mostra l'influsso dell'architettura campidanese nel portale in legno e nella loggia (sa loxa), ripropone il gusto e i modelli del passato con la scaletta in pietra, il balconcino e il pavimento di tavole, il soffitto in travi di castagno e canne intrecciate di una camera da letto dove la porta d'ingresso si apre ancora col chiavistello a cucchiaio e la finestra si chiude con una barra rotante in legno. I vari ambienti della casa parlano poi della cottura del pane in s'om'e forru, del lavoro delle donne al telaio orizzontale, della produzione e della conservazione del vino, del calore antico di sa forredda (il focolare al centro della stanza) e di quello più recente di sa ziminera (il camino), dell'uso de is forreddos nella cucina "nuova", dove sembrano far parte dell'arredamento, appesi a s'obìlu, un grosso chiodo sporgente da una trave, un fucile da caccia ed una cartuccera. … "Su strintu - 'e is Murrettos, una stradina a scala con larghi gradoni acciottolati che scende, tra alti muri, verso il Corso Garibaldi - è uno dei rari esempi superstiti delle stradine dei vecchi rioni … Percorrendo in salita via Sartoris, si costeggia un muro di cinta … e si raggiunge l'incrocio con via Corongiu, dove fa da angolo una vecchia casa che porta incastonata, al primo piano, una elegante finestra con un piccolo davanzale e due colonnine in pietra a scanalature verticali. Appartiene al rione di Corongiu, oltre alla via omonima, anche via Sebastiano Satta, conosciuta come via Funtanedda per la presenza di una fonte che un tempo si chiamava Lacunedda. … Abita in via Satta, in un vicolo che apparteneva prima alla via S. Antonio, pure tziu Mundu, Raimondo Meloni. La sua, più che una casa, è quasi un museo, dove le forme e i materiali più genuini dell'architettura rurale si compongono con gli arredi, con gli strumenti della vita contadina, con gli oggetti d'uso quotidiano ... Molte costruzioni recenti hanno ormai mutato il volto anche del rione di Su Accili, dove sembra aver assunto il ruolo di monumento, nella via omonima, una minuta casetta in pietra e fango con una finestrella che tiene a debita di stanza ben due targhe col nome della via. La via, nell'ultimo tratto, incontra uno degli accessi del parco, chiuso da un cancello di ferro, e si conclude poco oltre, davanti ad un portale archivoltato con battagli e decorazioni liberty che si affaccia sulla strada di su procciu 'e Gresia. Superato il portico, si fa notare, proprio di fronte, una vecchia abitazione dai muri scrostati con due finestrelle, anch'esse frammenti del passato: una, al primo piano, ha l'architrave in legno e un'inferriata corrosa dalla ruggine, l'altra, al piano superiore, chiusa da uno sportello sconnesso, appare incorniciata da un minuto davanzale e da conci di pietra solcati da scanalature parallele. A sinistra si apre la discesa che conduce all'ingresso del parco e alla via Don Minzoni, la vecchia via S. Martino, che racchiude, in uno dei suoi vicoli, la vasca in disuso di Funtana 'e Interessante scorcio della Laconi del secolo scorso

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Cabones. Su questa strada si affaccia anche il grande cancello del giardino degli Aymerich, che, un tempo, era unito al palazzo marchionale da un unico e lungo viale alberato. Ancora oltre, si accede alla piazzetta 29 Agosto, dedicata agli aviatori caduti a Su Lau. Sino alla metà degli anni Settanta, qui si ergeva un vecchio, austero edificio che aveva ospitato, in altri tempi, i carabinieri a cavallo e che era ancora adibito a caserma prima del l'abbattimento. Un'altra costruzione richiama interesse poco lontano: sull'antica via Pretzu, ora via S. Ignazio, si affaccia la casetta che appartenne al santo di Laconi. … Nell'altro pianeta del paese, quello dei Serràius, conserva numerosi frammenti della vecchia Laconi la via Maggiore, che ripropone casette in pietra e fango, colonizzate a volte dall'ombelico di Venere, portali con serrature sarde, balconi in ferro o ghisa, piccole sculture messe ad ornamento delle finestre dei piani alti. Su questa via si affaccia anche la casa padronale che appartenne a Giuseppe Piso Berme, sindaco del paese a fine Ottocento, e che si presenta, immutata, così com'era un secolo fa. A proporre scorci dell'abitato di una volta, soprattutto con esempi di edilizia povera, sono anche la via Cavour, la via Funtana Figus, con le sue casette dimesse e abbandonate, tra cui spicca un edificio con balconcino e con una finestra chiusa dalla solita inferriata, il vico Funtana Mercu, che all'angolo con vico Funtana Figus conserva una piccola abitazione in pietra con l'architrave in legno della finestra e l'incannucciato del soffitto. In via S. Maria l'architettura più modesta si confronta con la dimora ben curata dei Manca di Villahermosa, chiusa da un grande portale verde, e con la sagoma scura dell'edificio che fu chiesa e monte frumentario. Altri scorci si colgono in via Leonardo da Vinci, dove l'edilizia povera appare ancora più dimessa e trascurata. Fanno parte di questo mosaico anche le tessere del rione di Pitziedda, dove una casa di nuova costruzione reca incastonata ad una finestra una pietra con un angioletto e con l'iscrizione "Anno Domini l 718", e della via San Giovanni, che nasconde, accanto ad una vecchia casa, quella di Carmine Corongiu (Cràminu 'e tzia Fannìa), il mistero di sa corona 'e Babada, un masso dagli strani poteri, cui sarebbe affidato il compito di tenere prigioniero un demone, su moro biòtti. Altri miti e altre favole portò, verso la fine degli anni Quaranta, il primo cinema del paese, quello che fu aperto nel rione Piacenza e che poi, intorno al 1963, si trasferì in via Gramsci, dove Pietro Melosu, detto Su Zoppeddu, aveva inaugurato una nuova sala, quella del "Cinema Ester".

5.3 ANALISI DELL’INSEDIAMENTO URBANO Che Laconi sia localizzato in un luogo di “confine”, è evidente negli assetti geografici e morfologici del territorio, nelle vicende che hanno caratterizzato la sua storia, in particolare nella fase medievale, ma soprattutto è terra di confine ed allo stesso tempo terra di contaminazioni sotto gli aspetti della cultura materiale, linguistica e sociale. Che il suo arcaico toponimo rimandi al concetto di confine o più semplicemente a laccu vasca o luogo ricco d‟acqua e di sorgenti, è un fatto convincente. Infatti, in entrambe le situazioni, queste peculiarità si rinvengono, con elementi non trascurabili. Soprattutto il concetto di luogo di confine si realizza con una forte caratterizzazione sotto l‟aspetto insediativo, nella formazione urbana e nei caratteri tipologici e co

struttivi delle abitazioni, in maniera anche molto complessa per la compresenza di elementi appartenenti agli ambiti culturali che in questo territorio convergono: Campidani e Marmilla, Veduta a volo d’uccello del contesto territoriale Sarcidano, Barbagia e Mandrolisai. Comprendere l‟articolazione e connettere tra loro questi elementi risulta di non facile approccio, e gli studi finora

24 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA pubblicati non hanno approfondito il tema. Gli elementi che ci consentono di provare a dare una lettura, non potendo usufruire di informazioni storiche e d‟archivio sulla forma della città e i suoi edifici, sono solo le testimonianze che ci offrono i manufatti edilizi che sono giunti fino a noi attraverso le molteplici trasformazioni subite nel tempo. La descrizione del sistema urbano ci viene fornita dai materiali cartografici di più antica datazione, che sono quelli del catasto De Candia del 1845 e della cartografia catastale particellare d‟impianto, che risale ai rilievi di fine XIX secolo, restituita graficamente ai primi del secolo scorso. La conoscenza dell‟organismo urbano prende avvio quindi dalla lettura dei documenti catastali, che restituisce un‟immagine chiara della consistenza urbana raggiunta, ed alcune preziose informazioni sulla sua articolazione. La struttura della sua formazione sembra impostata su due percorsi territoriali uno di contro crinale sintetico, proveniente dalla vallata di Nureci e Asuni che attraversa l‟abitato con la via Maggiore a la via Funtana Figus, per giungere fino alle sorgenti de Su Accili e di Funtana Ladus, l‟altro di contro crinale analitico, che lo attraversa in senso opposto, nord–sud, in direzione Isili, che costituisce l‟ossatura del vicinato di Prezzu. I due percorsi, formando una nodalità sotto il piccolo promontorio dove sorge la chiesa, si incontrano per poi inoltrarsi con la via Sant‟Antonio nell‟altopiano del Sarcidano. L‟abitato di Laconi è quindi un insediamento di mezza costa su un percorso molto importante nel contesto sardo in quanto sembra trattarsi della strada per Mediterranea che collegava Carales e Olbia. Il sito costituisce anche una nodalità territoriale in quanto è il punto di intersezione di detta strada con un altro percorso secondario che passando per Ales e l‟Alta Marmilla, conduce verso il basso oristanese. In una certa fase storica, che potrebbe collocarsi intorno al X secolo, i gruppi e le piccole comunità rurali che vivevano sparse nel territorio, forse

soprattutto per ragioni difensive, si accentrarono presso questo sito dando origine all‟abitato.

5.4 MORFOLOGIA URBANA E TESSUTO EDILIZIO

Laconi è comunque luogo di confine tra il giudicato di Arborea e quello di Cagliari, tra Sarcidano, Mandrolisai e Barbagia di Belvì, ambiti culturali e linguistici che hanno influito nei comportamenti e nella elaborazione del prodotto edilizio che riassume espressioni e influenze provenienti dai Campidani e dalle Barbagie che, sotto questo aspetto, presentano elementi di originalità e particolare interesse architettonico. Convivono infatti tipologie abitative con aggregazioni cellulari sviluppate in altezza e, ove la morfologia del sito lo consente, vere e proprie case a corte provviste del tipico portale. Differenti densità dei tessuti edilizi testimoniano, con sufficiente leggibilità, i processi di suddivisione e frantumazione proprietaria che hanno prodotto ambiti urbani differenti con connotazioni sociali distintive. È infatti abbastanza evidente come la morfologia urbana assuma fattezze differenti nelle due zone che a loro volta risultano formate da aggregazioni di minore dimensione che, ovviamente saldate tra loro, corrispondono nella memoria popolare ai nuclei di vicinato, abbastanza riconoscibili a livello di tessuto edilizio con formazioni perimetrabili e spesso delimitate dalla conformazione delle strade o da aspetti morfologici.

È l‟articolazione e la dimensione della suddivisione particellare a renderli evidenti e a mostrare alcune differenziazioni tipologiche importanti, che non corrispondono all‟elencazione in termini di vie, come nel testo del Chironis, ma possono a nostro giudizio essere più correttamente individuati in quattro aggregazioni principali le quali storicamente, contraddistinte dalla dominanza di un ceto sociale, sono individuabili in:

- vicinato de Cresia - Su Acili in cui vivevano prevalentemente oltre alla famiglia del marchese, i notabili e i grandi proprietari terrieri;

- vicinato di Corongiu - Sant’Antonio in cui risiedevano le famiglie dei pastori;

- vicinato di Pretzu in cui risiedevano prevalentemente le famiglie della piccola proprietà contadina; - vicinato di Funtana Figus, anch‟esso caratterizzato dalla presenza della piccola proprietà contadina;

- le espansioni dei vicinati di Romaore, Pitziedda e Ruinas in cui risiedevano le classi meno abbienti dei lavoratori salariati.

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Il percorso territoriale, matrice dell‟insediamento, sembra essere la vecchia strada comunale che proviene da Nurallao e prosegue in direzione nord verso Meana e Artitzo-. Su questa strada, l‟attuale via Sant‟Ignazio che prosegue poi in via Don Minzoni, segue su vico Curadori e in corrispondenza della chiesa parrocchiale, dove converge da ovest il percorso territoriale che proviene dall‟oristanese, le attuali via Maggiore e via Curadori, e che prosegue salendo di quota per salire sull‟altopiano, si sono formati, in corrispondenza delle sorgenti, forse in tempi diversi, due nuclei di abitazioni negli attuali vicinati di Prezzu e di Corongiu. In una seconda fase, su un percorso di scarto della via Maggiore, che ha preso il nome dell‟omonima fonte, si può essere formato il nucleo di Funtana Figus.

Nelle tavole allegate sono stati messi a confronto i documenti cartografici reperiti: il Catasto De Candia del 1844, il catasto dei primi del „900 e quello del 1951. Il confronto tra le diverse cartografie storiche ha permesso di evidenziare le modifiche che l‟abitato di Laconi ha subito nel tempo.

Nella carta urbana del Catasto De Candia, della metà dell‟ottocento, si individuano tre elementi distintivi che indicano negli isolati urbani, i fabbricati della Chiesa parrocchiale dei santi Ambrogio e Ignazio, il palazzo Aymerich e la chiesa di Sant‟Antonio; fuori dal nucleo abitato è indicata anche la chiesa di San Giovanni. La forma e la posizione degli isolati, seppure con diverse imprecisioni e accorpamenti di isolati, consente di individuare la distribuzione dell‟abitato rispetto ai percorsi stradali, riscontrando una buona corrispondenza. Nella parte centrale dell‟abitato non è presente la viabilità ottocentesca, il corso Garibaldi che sarà anche la strada statale 128, la quale ha sostituito i vecchi percorsi indicati che conducono a nord verso Meana e a sud verso Isili. La carta De Candia, seppure di definizione approssimativa e l‟assenza del tessuto edilizio, lascia comunque intravedere la conformazione compatta dell‟abitato che viene successivamente esplicitata all‟inizio del novecento

con la realizzazione della carta catastale di Impianto edilizio.

La carta del Catasto di Impianto evidenzia la prima modifica sostanziale del tessuto urbano: la costruzione della strada reale, la statale n.128, che nel tratto urbano di attraversamento prenderà il nome di via Nazionale, oggi corso Garibaldi. Il nuovo asse viario, ottenuto attraverso un intervento di ristrutturazione urbana che ha portato allo sventramento di tre isolati, diventa la percorrenza principale, lungo la quale si sviluppa il paese. Lungo questo asse, in quanto elemento di polarizzazione, si edifica sul fronte strada ed intervengono trasformazioni significative del tessuto edilizio con nuove costruzioni, sopraelevazioni dei fabbricati, addizioni e variazioni migliorative delle facciate, realizzazione di attività commerciali. Tale trasformazione ha determinato ovviamente una struttura urbana diversa che ha determinato l‟abbandono dell‟abitato storico e lo sviluppo verso valle dell‟abitato.

Dalla cartografia catastale, la nuova strada reale appare subito evidente, per larghezza e tipologia di tracciato e come la sua realizzazione abbia, nell‟atto di attraversare l‟abitato, inciso un segno netto nel tessuto edilizio, operando interventi di ristrutturazione urbana, con demolizioni di edifici e tagli di alcuni isolati. Interventi che certamente si sono inseriti in quella parte di tessuto meno urbanizzato e che, non essendo stati particolarmente pesanti, non hanno modificato in modo sostanziale il tessuto urbano, hanno reso possibile sistemazioni urbanistiche significative soprattutto sotto l‟aspetto scenografico anche con interventi Processione lungo la via Nazionale nel secolo scorso di sostituzione edilizia, che hanno definito l‟immagine urbana che oggi percepiamo.

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La nuova strada, sulla quale si è costituita una nuova centralità urbana, con il palazzo marchionale, il nuovo municipio e i palazzotti privati e le attività commerciali, ha contestualmente rafforzato ancor più la separazione fisica tra due parti dell‟aggregato urbano, quella a monte e quella a valle della strada che, se pur in maniera più sfumata, già esisteva.

Il confronto fra le carte del Catasto d‟Impianto e quello di Visura mostra delle variazioni urbane non particolarmente rilevanti: il centro urbano si espande sempre più creando nuovi isolati dopo il „900. Un„espansione che si riscontra nelle aree sud-ovest per tutta l‟area adiacente alla nuova strada che conduce ad Ales, l‟attuale corso Gramsci. Una menzione particolare merita l‟area denominata Rione Piacenza, sorta intorno agli anni 30 per accogliere le famiglie degli operai impiegati nei cantieri dell‟impresa Piacenza, costituita da una villa liberty e da un bell‟esempio di palazzo della prima metà del novecento, destinato all‟edilizia popolare.

Dal confronto delle cartografie possiamo quindi rilevare che il perimetro dell'area edificata nel 1844 corrisponde con buona approssimazione a quella parte dell'abitato che presenta i caratteri propri dell'architettura tradizionale, realizzata in un tempo non valutabile, probabilmente a partire dal XI secolo. Il centro urbano ha subito successivamente un‟importante espansione, dovuta alla repentina crescita demografica che portò il paese a contare nel censimento del 1971 un terzo in più degli abitanti (2927 abitanti) rispetto al censimento del 1844 (1962 abitanti).

5.5 FASI EVOLUTIVE DI CRESCITA DELL’ABITATO

A seguito dell‟analisi effettuata sui documenti cartografici più antichi di cui si è in possesso - le carte del Catasto De Candia - e, in particolare, analizzando la forma degli isolati e la gerarchia dei percorsi in base alla morfologia del territorio, si sono ipotizzate delle fasi evolutive di crescita dell‟abitato. La determinazione del tempo in cui è nato l‟abitato è estremamente complicata e al momento non si hanno elementi che possano indicarci la fase storica dell‟origine dell‟insediamento. Tuttavia l‟analisi territoriale eseguita ha consentito di effettuare, sulla base dello studio della gerarchia dei percorsi, un‟ipotesi sull‟origine dell‟antropizzazione del sito e delle successive fasi di formazione dell‟insediamento urbano. Secondo una modalità ricorrente nella formazione degli abitati, inizialmente, lungo le direttrici territoriali si diramano dei percorsi secondari lungo i quali dai gruppi familiari che si stabiliscono vengono delimitati dei macro- lotti su cui avvengono le prime forme di insediamento, con la realizzazione delle cellule abitative che a Laconi sembrano costituire delle corti che sono prevalentemente orientate nell‟arco che va da sud a sud-est. Per la loro posizione rispetto al percorso matrice, per la particolare conformazione del tessuto e l‟intensità del frazionamento particellare, i primi nuclei insediativi potrebbero essere identificati negli isolati di Corongiu lungo la via Curadori, di Prezzu lungo la via Sant‟Ignazio e, nel quartiere più a valle, di Funtana Figus, lungo l‟omonima strada, come evidenziato nella tavola 3_2a dell‟Indagine storico urbanistica.

Nella seconda fase l‟edificazione, oltre a consolidarsi lungo i due percorsi matrice, si realizza negli isolati a ridosso della chiesa parrocchiale e nei vicinati di Romaore, Piziedda e Ruinas. La modalità di formazione del tessuto urbano rimane sempre la stessa, con l‟impianto di un fabbricato su corte che col tempo, a seguito di successivi frazionamenti e successioni ereditarie, si intasa tanto da far diventare la corte uno spazio comune o un vicolo cieco di cui è incerto il possesso e talvolta è considerato come spazio pubblico. Dal punto di vista edilizio, la frammentazione della proprietà e l‟intasamento edilizio col tempo hanno modificato il tipo edilizio trasformando la tipologia a corte con il tipo edilizio a cellule tanto da rendere spesso irriconoscibile l‟originaria presenza della corte. Lo sviluppo di questo processo di trasformazione urbana ed edilizia ha subito senz‟altro l‟influenza linguistica delle vicine aree della montagna dove è prevalente la costruzione dei fabbricati su percorso con la casa elementare con affaccio su strada. Nella terza fase l‟embrionale sistema abitativo comincia a prendere forma di nucleo urbano: tramite la realizzazione di ulteriori percorsi di impianto e di collegamento, diramati dai percorsi territoriali principali e

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secondari sopra citati.

Laconi – Foto aerea del 1954 Laconi – Foto aerea del 2013 Nella quarta fase il tessuto urbano risulta definito come si presenta al catasto attuale con la successione dei percorsi e dell‟edificato. Si individua subito il percorso di ristrutturazione ottocentesca, risalente al 1860 circa. La nuova strada, più larga e adatta ai nuovi mezzi di comunicazione e trasporto, definisce una preminenza nel sistema della viabilità e diventa asse di attrazione. Si attestano difatti sulla nuova via Nazionale nuove case e palazzotti che denominiamo tessuto urbano di ristrutturazione.

5.6 LA STRUTTURA URBANISTICA E SOCIALE DEI VICINATI La forma urbana è data dalla consistenza dimensionale e dalle conseguenti modalità di aggregazione delle unità edilizie:

- il vicinato de Cresia, che risulta in posizione centrale rispetto all‟abitato ed in quota rispetto alla SS 128, presenta un assetto proprietario meno frammentato, le unità immobiliari sono di maggiori dimensioni, anche considerevoli, (ovviamente non tenendo conto dei complessi proprietari residenziali e produttivi appartenenti alle famiglie più agiate), e si presenta con isolati che solo recentemente hanno raggiunto la definizione leggibile sulla carta; infatti è presente una viabilità di nuova formazione denunciata dalla toponomastica (via Nuova, Vico Nuovo, ecc.) che prefigura un‟attività edificatoria di completamento, praticata su ampi spazi ancora liberi, certamente connessi con le proprietà dei marchesi Ajmerich; e a processi di ristrutturazione e ammodernamento della sede viaria, denunciati dalla morfologia della via Cammedda e dal tratto meridionale della via San Martino; - il vicinato di Corongiu impostato sull‟omonima via, si presenta con un‟edilizia omogenea e compatta, anch‟essa soggetta ad una frammentazione proprietaria che ha modificato gli assetti originari, ma che resta ancora leggibile nell‟impianto tipologico, con un rapporto di pieni e vuoti (fabbricati e cortili) che lasciano intravedere l‟impianto del tipo a corte; nessun condizionamento sull‟organizzazione urbana ha determinato la costruzione della Chiesa di sant‟Antonio, risalente alla fine del „700, , ovviamente molto più antica ed arcaica; - il vicinato di Pretzu, tagliato in due dalla costruzione della nuova strada statale, si presenta come un piccolo villaggio, impostato su un tracciato in uscita dall‟abitato e contenuto a nord, dalle proprietà del marchesato e da Su Passaggiu che collega il palazzo al parco; l‟impianto dei tipi edilizi a corte è ancora leggibile anche se caratterizzato da aree cortilizie molto compresse; - il vicinato di Funtana Figus è il più grande e interessante, poiché è leggibile la struttura viaria di impianto, costituita dalla forbice formata dalle vie Maggiore, ovviamente la più importante, sulla quale sono attestate alcune grandi proprietà, e dalla via Funtana Figus, toponimo ovviamente connesso alla presenza della sorgente principale che serviva questa parte del paese, sulla quale sono impostate una serie di “case a corte” i cui rapporti dimensionali rispecchiano maggiormente le caratteristiche tipiche dei tipi edilizi diffusi

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più a valle, nei territori della Marmilla, ecc. - i vicinati di Romaore, Piziedda e Ruinas, sono leggibili come espansioni urbane più recenti di Funtana Figus, caratterizzate da abitazioni praticamente monocellulari, servite da cortili distributivi comuni, concettualmente derivate da un tipo edilizio a corte, ma connesse con una condizione sociale che andrebbe approfondita, presentano caratteristiche autonome.

5.7 LE STRUTTURE ABITATIVE Per l‟analisi delle abitazioni storiche, si riportano le descrizioni svolte circa trent‟anni fa da Luciano Rossetti nel capitolo “Il centro antico: analisi di tipologie abitative” contenuto nel testo di Gino Camboni già citato nella presente relazione, in cui esamina tre tipologie abitative, così definite: un‟abitazione rurale, un‟abitazione domestica e un‟abitazione civile.17 Tipologia n. 1: abitazione rurale - Proprietà: Sig. R. Meloni, via S. Satta 28 Edificata a mezza costa con orientamento NO- SE, l'abitazione presenta l'asse longitudinale parallelo alle curve di li vello. Il lotto è impostato su più terrazzamenti degradanti verso valle: sul primo è impiantata l'abitazione; sul secondo, addossato ad essa, il rustico per l'alloggiamento del mezzo di trasporto (carro per buoi), per il ricovero e la cura degli animali da lavoro, il paglia io, la legnaia ("s'umbragu 'e sa linna") sorretta da un telaio di assi di legno ("sa biga"), poggiante su grossi sassi, su cui si stendono ad essiccare le pelli, mentre il piano canti nato, suddiviso in più ambienti, è utilizzato come deposito dei finimenti, pollaio, cantina per la preparazione del vino. Edificata nella seconda metà del '700, conserva Casa Meloni – Veduta d’insieme pressoché intatte la forma, le funzioni, la struttura e i materiali. Memoria storica di oltre 200 anni di vita laconese, è un esempio rappresentativo dell'abitare come prodotto dell'economia agro-pastorale. Cellula autonoma, efficiente e pressoché autosufficiente, l'abitazione è anche luogo di lavoro per la trasformazione, la conservazione e il deposito dei prodotti dei campi e dell'allevamento; organica alle esigenze della vita quotidiana e funzionale alle necessità primarie, segnala la scansione del lavoro nel tempo del giorno, della stagione, dell'anno. È spazio organizzato, "tagliato" a misura d'uomo nel rispetto dei ruoli presenti all'interno della famiglia, giustificato e quali ficato dalla consapevolezza di dover percorrere l'esistenza in osmosi

coi tempi della natura.

È dunque all'in terno dei ritmi della natura che viene regolata la velocità delle azioni in cui si colloca una specifica organizzazione del lavoro nella casa e nella vita sociale, programmata e piani ficata anche in funzione delle risorse energetiche disponibili (umane, animali o strumentali), dei condizionamenti dell'ambiente e dei luoghi, delle abitudini sociali, dei riti. L'abitazione presenta forme di transizione o di contatto tra le tipologie rurali dei paesi della pianura e della montagna. Realizzata all'interno del lotto su terreno a forte pendenza, ripropone lo spazio-funzione dell a corte sul Casa Meloni – Piante

17 Gino Camboni (a cura di) - Laconi alle porte della Barbagia – Silvana Editoriale – Amilcare Pizzi spa Cinisello Balsamo (Mi) 1993

29 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA terrazzamento inferiore la cui superficie piana necessaria è stata rea lizzata con la forza delle braccia e del piccone. Ad essa si accede attraverso un cortile (''sa prazza") in origine in terra battuta. Lo spazio esterno è tenuto sotto controllo attraverso aperture ("fronnesta") strategicamente disposte. La copertura è realizzata in coppi: composta da una principale a falda unica che protegge la parte principale dell'abitazione - la loggia ("loxia"), la cucina ("coxina"), la dispensa (''su magazinu") con soppalco in legno ("su staulu") - e da due secondari e a doppia falda a protezione delle altre camere. Il tipo di copertura presuppone che il clima non subisca forti escursioni termiche; tuttavia la Casa Meloni – Spaccato assonometrico modesta altezza dell'ingresso e la pendenza della copertura principale può fare ritenere che si privilegiasse la difesa dal soleggiamento nella stagione estiva, la riduzione della dispersione termica e, nel contempo, il più rapido deflusso delle precipitazioni meteoriche. L'impianto tipologico è organizzato attorno alla cucina, luogo centrale dell'abitare in cui si svolgevano i riti della vita e della morte (il defunto veniva disteso su un tavolo con i piedi ri volti verso l'uscita); luogo sacro ove il fuoco era tenuto sempre acceso all ' interno di un focolare ("sa forredda") disposto al centro del pavimento di terra battuta ("su pamentu") su cui era sospeso un graticcio di canne (''su cannizzu") utilizzato per affumicare e asciugare il formaggio e la ricotta. Assai vasta come dimensioni, non disponeva di canna fumaria; i fumi venivano smaltiti attraverso gli interstizi delle canne e delle tegole. In tempi successivi, eliminato il focolare, è stato realizzato un grande camino con cappa ("sa ziminera"), canna fumaria ("su fumaiolu") c comignolo, protetto da due tegole accostate obliquamente (''su popolino"). Per la preparazione dei cibi si utilizzava una piccola cucina a quattro fuochi alimentati a carbone, rifinita con argilla lisciata con grande cura. Priva di affacci, un'unica piccola finestra posta al di sotto della copertura illuminava l'ambiente di un fascio di luce naturale accentuando l'effetto di sacralità dell'ambiente. Tre gradini la collegano, a quota più bassa, alla loggia coperta e chiusa accessibile da un ingresso basso e stretto chiuso da un infisso in legno a doppio battente; uniche aperture tre piccole finestre con scurino ("sportellittu"). Luogo di lavoro promiscuo, assolve alle funzioni della panificazione con l'uso di un forno a palla al di sotto del quale, in un incavo frontale, trovava ricovero il maiale. Lo spazio, ordinato e funzionale al massimo grado, aveva una parte riservata all 'operazione di molitura con lo sfruttamento della forza motrice disponibile: l'asinello. C'era ancora la possibilità di utilizzare il telaio orizzontale per la produzione di tessuti, del vestiario, del corredo, degli elementi sussidiari ai finimenti degli animali e per il trasporto di derrate alimentari. Sul retro la cucina è collegata con una dispensa, stanza fresca e areata, con soffitta realizzata in assito accessi bile Casa Meloni – Annesso nella corte mediante una scala di legno. Anche questo ambiente non presenta affacci all'esterno e, come per la cucina, una piccola finestra posta sotto la copertura, tenuta aperta nelle sole ore notturne, consente una calcolata ventilazione dei due ambienti per la migliore conservazione delle derrate alimentari. Da nota re che l'accesso alla dispensa è arricchito da un interessante elemento architettonico di evidente provenienza chiesastica di tipo rinascimentale. Vi sono scolpiti lo stesso rosone delle casse nuziali di

30 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA uso locale e una testina d'angelo simile a quelle in legno presenti nelle ante della porta dell'ingresso secondario alla chiesa di S. Ambrogio. Dalla loggia si accede alla stanza da letto nuziale col pavimento in legno sotto il quale si trova la cantina. È dotata di due finestre con scurini di contenute dimensioni e spessori che prospettano sue due pareti. La copertura si presenta rifinita con una originale stuoia di canne intrecciate a riquadri (''sa lossia") di chiara origine dalla zona palustre del Campidano di Oristano, interposta tra le travi e l'incannucciato, con funzione di protezione dalla polvere della calcina ("cracina", calce spenta e sabbia), di decorazione e di coibentazione. Da questa stanza si accede direttamente ad un'altra da letto più piccola con finestrella e scurino. La copertura di questi ambienti è "a capanna", composta da un tra ve di colmo in rovere e da travi in ginepro; al di sopra è stesa la lucida stuoia a riquadri che nasconde l'incannucciato su cui, maltate con la calcina, sono sistemate le tegole a coppo. La muratura è realizzata in pietrame maltato con fango di spessore medio non inferiore ai 65 cm., intonacata con argilla mista a paglia stesa a mano imbiancata con più mani di calce. La cucina è pitturata con argilla bianca, fortemente assorbente e antimuffa, mentre le altre stanze sono intonacate a calce; lo zoccolo di tutti gli ambienti, e i punti in cui il passaggio dell'asinello e del maiale potevano sporcare il muro, sono pitturati con argilla nera ("ludu nieddu") ripristinabile con facilità perché reperibile da chiunque nei paraggi. Questa abitazione attinge al meglio i materiali costruttivi (argilla, canne) tipici della zona di pianura, cui appartiene anche l'uso di manufatti (brocche, coppi, stuoie) e di sistemi di produzione (tessitura su telaio orizzontale, molitura con l'asinello); dalle zone di montagna attinge l'uso dei materiali per arredi (cassone, letto nuziale), utensili vari lavorati in ferro e rame, l'uso del sughero (vassoi, arnie) e del corno (utensili e loro manici). Tipologia n. 2: abitazione domestica - Proprietà: Sig. Matta, via Curadori L'abitazione è inserita nella zona centrale dell'abitato, laddove la compattezza degli isolati, degli edifici e del sistema viario definisce chiaramente la morfologia dell'impianto urbano antico. Edificata sulla falda della collina in un lotto di forma regolare, si affaccia sue due strade a quote differenti; disposta con orientamento NO-SE, presenta l'asse longitudinale parallelo alle curve di livello. La pendenza del terreno viene superata realizzando spiccati a più livelli superabili con rampe a gradini. Il lotto è incluso tra abitazioni edificate ai lati destro e sinistro e presenta un accesso su ogni strada. L'accesso principale si apre a valle: chiuso da una cancellata in ferro, aveva in origine un portone in legno di rovere, a due battenti, i cui perni in ferro ruotavano in incavi di due massi squadrati ("sa ranna"); protetto da una breve copertura ("su Casa Matta - Loggiato architravato prociu"), immette nel cortile in pendenza ("sa prazza") pavimentato con sassi levigati ("s'imperdau"). Di dimensioni contenute, il cortile consente l'accesso a due piccoli rustici, separati tra loro, adibiti al ricovero per il cavallo ("s'omixedda 'e su quaddu") e al deposito per materiale vario e finimenti. Anche questa abitazione di spone di uno spazio per il verde, ricavato in un piccolo terrapieno laterale in cui vegetano una vite rampicante che ombreggia la zona dell'ingresso ("s'umbragu 'e s'agina") e un florido fico (''sa matta 'e figu") dai frutti neri della qualità "figu 'e treulas" (fichi della trebbiatura); questo spazio veniva utilizzato anche come deposito per le fascine e come stenditoio per le pelli. Dal cortile si accede ancora ad una camera indipendente con armadio a muro, provvista di fuochi per la preparazione dei cibi e di un camino con bocca e canna fumaria ricavate nella muratura. La porta di ingresso è realizzata in legno con serramento in ferro, di disegno e foggia assai diffusa ("sa cricca"). L'organismo centrale dell'abitazione presenta una forma rettangolare. Lungo il lato a valle, per tutta la lunghezza della facciata, si sviluppa la loggia accessibile da una rampa di quattro gradini; resta coperta da un tetto a una falda realizzato in travetti di ginepro, canne e tegole a coppo; sorretta da un architrave in legno di rovere incastrato nei muri laterali dell'abitazione e appoggiato su due pilastri centrali a base quadrata, presenta un alto parapetto lungo le due partizioni laterali. La partizione centrale, con funzione di accesso, era chiusa da un cancelletto in legno a due ante ad aria passante. La profondità della loggia è ampia (3 m. circa) così da essere utilizzata come spazio di lavoro e luogo di incontro familiare e sociale: vi si cardava e filava la lana; col telaio orizzontale si tessevano il corredo per la casa, gli elementi sussidiari ai finimenti dagli animali e al trasporto di derrate, mentre una fila di sedie appoggiate al muro erano pronte ad accogliere i parenti e gli amici. In origine i pilastri erano collegati tra loro da due soli archi, sicché le forme e le funzioni del loggiato, lo schema degli accessi agli altri ambienti richiamano quelli tradizionali delle case della pianura del Campidano di Oristano (Ussaramanna e ).

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Dai lati corti della lolla si accede ad ambienti strumentali: a sinistra alla cucina, ove il fuoco era tenuto sempre acceso all'interno del focolare, posto al centro del pavimento di terra battuta su cui era sospeso il graticcio di canne. In questo ambiente si trova collocato il forno a palla per la panificazione, sotto il quale trovava ricovero il maiale. Priva di affacci, comunica direttamente con la strada attraverso una porta provvista di una piccola finestra (''su sportellittu"); nel muro sono stati ricavati degli incavi suddivisi in più comparti ove deporre piccoli utensili da cucina. Dal lato opposto si accede all'ambiente destinato alla preparazione dei cibi ove si utilizzava una piccola cucina a due fuochi. Un camino riscaldava l'ambiente e integrava i fuochi della cucina; un alto armadio a muro a giorno, a più ripiani, accudiva alla custodia delle stoviglie e alla conservazione dei cibi per il consumo giornaliero. La batteria da cucina, in lucidissimo rame finemente lavorato, è tuttora appesa alla parete secondo logiche dimensionali e funzionali tali da divenire essa stessa elemento decorativo dell'ambiente; una finestra dà aria e luce e nel contempo consente il controllo dell'ingresso principale. Dal lato lungo della lolla si accede ad altri due ambienti, a quota più elevata superabile da rampe a più gradini, disposti simmetricamente e a due livelli; sono forniti entrambi di una finestra che si affaccia sulla loggia e di una piccola finestra, posta al livello superiore, con affaccio sopra la copertura della loggia. Simmetria evidente anche dal prospetto che richiama ancora le tipologie dei paesi ci tati. L'ambiente a sinistra funge da cantina, luogo di deposito, di conservazione delle derrate alimentari e di lavorazione delle carni di allevamento e selvatiche; al di sopra si trova il sottotetto realizzato in tavolato a cui si accede mediante una ripida scala in pietrame. In entrambi gli ambienti sono visibili gli incavi praticati nei muri e ripartiti a più ripiani, utilizzati per l'alloggiamento di utensili necessari alle varie lavorazioni. La copertura è Casa Matta – Veduta interna del loggiato "a capanna", sorretta da due travi di ginepro dalla naturale forma "a sella d'asino", su cui poggiano i sostegni delle travi, i travetti, l'incannucciato e le tegole a coppo maltate con la calcina. L'ambiente a destra è composto, al primo li vello, dalla camera da pranzo (''stanza 'e prandi"), al livello superiore, dalla camera da letto con pavimento in legno a cui si accede mediante una scala con corrimano ("su corridoriu"). Questa stanza di spone di una seconda finestra con affaccio alla strada. La copertura è sorretta da una capriata – composta da trave, puntoni e monaco ("su quaddu armau"). Dalla loggia, infine, si accede, tramite una scala in legno con corrimano, ad un ballatoio coperto dall'aggetto del tetto e ad una stanza da letto soprastante quella con accesso diretto dal cortile. La porta e la finestra sono realizzate in legno di castagno come il pavimento; un armadio a muro con due ante e un letto nuziale in legno, di splendida fattura, arredano l'ambiente. La copertura è "a capanna" realizzata nel modo tradizionale; anche qui è stata utilizzata la stuoia di canne intrecciate a riquadri. Questa parte dell'abitazione, che richiama la tipologia dell e abitazioni di montagna (Aritzo, Desulo) , è certamente coeva della cucina, del rustico e della piccola stalla, ora demolita, mentre si può supporre antecedente alla parte destra dell'abitazione principale. Un indizio è dato dall'inserimento della rampa di scala in legno nella loggia, laddove il parapetto in muratura è stato volutamente interrotto per consentirne l'accesso. È probabile che su questa partizione la loggia non presentasse l'arco ribassato di matrice campidanese; invece è certo che esso esistesse nelle altre partizioni, di uguale ampiezza, prima degli anni '40, periodo in cui l'abitazione principale subì dei rimaneggiamenti - copertura della loggia, copertura (rialzata di 50 cm.) e pavimento della camera da letto, pavimenti. Si può notare che la linea di gronda della copertura della loggia è interrotta ed è arretrata in corrispondenza della rampa di scale. Anche dall'esame del sistema costruttivo delle murature e delle finiture è possibile evidenziare differenze sostanziali tra le due parti dell'abitazione. Le murature della parte più antica sono realizzate in pietrame e fango, con spessore non inferiore a cm. 65, intonacate con argilla stesa a mano e imbianca te con calce.

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Questo tipo di finiture è stato utilizzato anche per le pareti della cantina e del sottotetto, la cui rampa di scale è strutturalmente identica a quella che immette nella camera da letto nuziale. E dunque ipotizzabile che anche questi due ambienti facesse ro parte dell'abitazione più antica. D' altra parte uno spettacoloso letto nuziale in legno di castagno, inciso e dipinto con essenze vegetali nei colori verde, ocra e rosso, deposi tato nel sottotetto, conferma l'esistenza di una seconda abitazione limitrofa. Certamente abitata da un ricco allevatore, ben inserito socialmente e con significativi contatti con i paesi della pianura del Campidano di Oristano, compenetra i modi di vita dell'economia pastorale in spazi per l'abitare di evidente derivazione dall'economia agricola. Casa Matta – Particolare posizione del profferlo Nessun mezzo di trasporto, nessun animale da traino o da soma, neanche l'asinello (e la mola) sono presenti in questa casa; vi è accolto solo il cavallo come mezzo di trasporto individuale per il lavoro e lo svago, per raggiungere celermente le greggi negli ovili dei salti dell'altopiano o i paesi della pianura e per controllare tutti gli angoli della proprietà ("tanca"). La celerità delle azioni è dunque funzione dello spazio e del tempo necessario a compierle, ma anche delle disponibilità economiche legate alla quantità dei possedimenti e alla manodopera. Si avverte una accelerazione del ritmo della vita fuori della casa, legato non più soltanto alla scansione dei tempi della natura ma, soprattutto, alla gestione e al controllo dei propri beni. Tipologie diverse ed integrate che presentano un indicatore comune: la loggia. Il balcone in legno protetto dall'aggetto del tetto dell'abitazione più antica è riproposto, in forma diversa e ampliata, nell'abitazione principale la cui loggia si presenta sollevata rispetto al piano del cortile. Dunque una combinazione di for me e funzioni come prodotto della fusione di modi diversi dell'abitare; fusione che assume una identità specifica nei modi e nelle forme del vivere degli abitanti delle zone di contatto. Tipologia n. 3: abitazione civile - Proprietà: "Cicinu" Fulghesu, via Roma 3 L'abitazione è situata nella zona centrale dell'abitato in prossimità della via Garibaldi, principale e unica strada di attraversamento del paese. Si sviluppa su una vasta superficie in piano su oltre i due terzi dell'isolato, nel punto nevralgico dell'impianto viario da cui è possibile raggiungere i territori posti sia a valle che a monte. Disposta con orientamento nord-sud, presenta l'asse longitudinale parallelo alle curve di livello; confinante a ovest con due edifici di antica costruzione, ad uno e a due piani, impone il suo volume a sviluppo verticale sull'intero isolato. Di forma regolare, il lotto si può considerare diviso in due parti pressoché uguali: in una insiste l'abitazione padronale a forma di U con le sue pertinenze; nell'altra lo spazio per il lavoro, il ricovero dei mezzi da trasporto, la stalla. In tempi successivi l'abitazione ha acquistato altre pertinenze limitrofe da destinare alle famiglie dei braccianti. Alcune sono costituite da abitazioni a due livelli, composte da un vano per piano, collegati da una scala in legno con ingresso e prospetto sulla vasta corte, e una costituita da un monovano ("coxina"), addossata alla parte posteriore, con accesso indipendente sul vicolo retrostante. Altre sono costituite da locali Casa Fulghesu - Ballatoio tipico della casa di montagna strumentali tra loro comunicanti e con accesso

33 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA indipendente dal vicolo retrostante. Dunque l'impianto tipologico si presenta complesso e assai articolato. All'esterno le differenti altezze delle coperture modellano il volume complessivo dell'insieme da cui svetta, imponente e regolare, quello dell'abitazione padronale. Ad essa si accede dalla strada attraverso un passo carraio con arco a tutto sesto, rifinito in conci di trachite, sulla cui chiave di volta è scolpita la data della costruzione (1912). Presentava un portico, oggi sostituito da un solaio in calcestruzzo, che aggetta sul cortile su cui si affaccia il prospetto principale con la loggia. Questa presenta due accessi chiusi da due cancelletti in legno ad aria passante e definiti da due archi a tutto sesto posti a considerevole distanza tra loro, talché resta a vi sta una vasta superficie murari a. La loggia si presenta rialzata di 50 cm. dal piano del cortile; realizzata in conci di pietra squadrata lasciati a vista sino all'altezza dei piedritti al di sopra dei quali è intonacata e tinteggiata. Su di essa si affacciano due ampie stanze, che prendono luce attraverso due porte- finestre, un piccolo ripostiglio e una camera da pranzo con caminetto. Questo spazio assume le funzioni di collegamento tra la cucina, costruita sul lato destro perpendicolarmente alla facciata principale con ingresso-uscita sul cortile, e uno spazio di lavoro, posto a quota più elevata e provvisto di caminetto, destinato alla preparazione del formaggio ma anche alla conservazione dei prosciutti. Limitrofa a questa, posta ad un li vello più elevato, si trova la dispensa. Da una estremità della loggia si accede al vano scale in muratura, sostenuto da un arco rampante, che conduce ai due piani alti con funzione di zona notte. Questi sono dotati di ballatoio e balaustra in legno con disegno di verso per ciascun livello. Il primo piano è composto da due stanze intercomunicanti, una delle quali ha accesso anche dal ballatoio. e da un ripostiglio; il secondo piano, invece, si presenta come ambiente unico e con lo stesso schema di aperture a cui si aggiunge la presenza di una finestra con affaccio sulle coperture retrostanti. Da notare che il vano scale è interrotto ad ogni pianerottolo da porte e pareti in legno con la funzione di contenere al meglio la dispersione termica. La copertura è sorretta da due capriate ed è realizzata con canne e tegole a coppo maltate con la calcina. L'altra ala dell'abitazione è pressoché perpendicolare alla facciata; presenta un solo ballatoio al primo piano e dunque la stessa altezza parziale; quella di gronda è, invece, inferiore. l ballatoi del primo livello si trovano in comunicazione tra loro sicché i vari ambienti dell'abitazione risultano facilmente accessibili sia su percorsi orizzontali che verticali. Quest'a la presenta il vano scala al suo interno, nella zona centrale, così che da ogni pianerottolo si può accedere a due stanze e da quello al ballatoio su cui si affacciano le finestre; sul lato corto presenta tre finestre, una per ciascun livello, con affacci o sulla strada. La copertura non è in aggetto ma termina sul filo del piano della facciata con una canaletta di gronda in lamiera. Al piano terra, con accesso al corti le, si presenta l'atrio di invito al vano scala e a due ambienti: il primo è adibito a cucina con caminetto, il secondo a camera da pranzo utilizzata anche come luogo per accogliere gli ospiti importanti. Appesa alle pareti della cucina spicca la ricca batteria in rame, privo di ribattute o balze, completata da una serie di formelle per la preparazione di dolci e da una sfilza di spiedi di varia lunghezza e spessore. Il complesso abitativo è stato, in buona parte, rimaneggiato e modificato con l'uso di materiali attuali che la sciano evidenti i segni della loro "durezza" - pilastri, solai, intonaco di malta di cemento, pavimenti - rispetto alla morbidezza, flessibilità se non flessuosità dei materiali originali ben superiori in quanto a resistenza, sebbene il tempo e la natura li arricchiscano di patine muschiose, di profumi, di vitalità. I pavimenti del piano terra erano rea lizzati in argilla e paglia; quelli dei piani alti in tavolato, compresi i piani di calpestio dei ballatoi sostenuti da mensole in tronchi di legno grezzo. Il ballatoio del primo piano è meno aggettante di quello superiore che viene protetto, a sua volta, dalla sporgenza del tetto. Gli sbalzi del ballatoio superiore e del tetto sono sostenuti da esili pilastri in legno. Le murature, di spessore non inferiore a cm. 65, erano intonacate con argilla e tinteggiate a più mani di calce. Gli ambienti di più antica costruzione, ma non rimaneggiati, si presentano freschi e asciutti; al contrario gli interventi successivi, eseguiti in modo improprio con materiali di produzione corrente (laterizi fo rati, malta di cemento), presentano gli inconvenienti caratteristici dei materiali non porosi e non traspiranti, che concorrono a produrre i nefasti effetti dovuti all'umidità di risalita. Casa Fulghesu - Loggiato tipico della casa corte di pianura Anche in questa tipologia sono manifeste le influenze dei caratteri costruttivi delle abitazioni della pianura e della montagna. Tuttavia, in questo caso, si può notare che i ballatoi, ampi quanto le facciate, esplicano essenzialmente la funzione di attraversamento e di

34 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA collegamento tra vari ambienti e non quella di una vera e propria loggia. In effetti la loro presenza conferisce un arricchimento formale all'intera facciata principale accentuando lo "status" sociale ed economico degli abitanti. La configurazione della loggia, luogo di lavoro per la tessitura e per il trattamento del frumento, è certamente originale. Intanto si presenta rialzata rispetto al livello del corti le, benché in piano, con ciò confermando una cultura dell'abitare di matrice montanara, mentre le due aperture concluse da archi a tutto sesto, realizzati a notevole interasse, esplicano due funzioni obbligate: quella di accesso e quella statica di sostegno della costruzione. Anche l'inusitata profondità rivela preoccupazioni più di natura strutturale che legate ad esigenze di spazio per il lavoro domestico o, tanto meno, agli aspetti climatici del luogo. Si può dunque definirla come una abitazione "”strutturale" in cui permangono caratteristiche formali e funzionali consolidate nel solco delle tipologie di contatto; un'abitazione che segna il passaggio degli spazi dell'abitare da una elaborazione a sviluppo orizzontale per corpi aggiunti ("padenti") a schema libero ad una con sviluppo verticale il cui impianto strutturale determina e limita la distribuzione degli spazi interni. Il verticalismo è colto come valore simbolico di preminenza, segno visibile di un ceto sociale benestante che ha impegnato notevoli risorse umane e finanziarie per emergere rispetto alle abitazioni del popolo minuto dei contadini e dei pastori poveri, e con ciò apparire più vicino ai palazzi dei potenti.

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6. OBIETTIVI E STRATEGIE DEL PPCS

6.1 CONCETTI METODOLOGICI DI RIFERIMENTO

Il dibattito sui centri storici dal secondo dopoguerra fino alla fine del Novecento è stato caratterizzato dalla contrapposizione di due posizioni che, estremizzando, sono schematicamente ridotte a quella dell'aggiornamento totale dei tessuti antichi, anche attraverso corpose ristrutturazioni, e quella contrapposta della conservazione ad ogni costo. Anche a causa dell‟atteggiamento storico delle istituzioni di controllo, l‟attenzione è stata concentrata prevalentemente sugli edifici emergenti e di maggiore valore storico e architettonico, sul “monumento”.

Ormai da diversi anni, con l‟affermarsi nella pianificazione del valore del contesto ambientale in senso lato, che, come noto, è stato ricompreso nel concetto di “paesaggio” con la definizione sancita nella Convenzione europea del paesaggio tenutasi a Napoli nel 2000, quando è stato affermato che “il paesaggio” è “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall‟azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, viene evidenziato come anche il valore individuale di un bene è tale solo se contestualizzato nel sistema di strette relazioni fra lo spazio e la comunità che lo vive, fra la natura e la cultura di quel luogo, dove tutto ciò che è costruito è la risultante della stratificazione dei processi di insediamento che si sono susseguiti nella storia e che sono ricompresi e riconosciuti nel concetto di identità del territorio.

Questo concetto, parlando delle parti antiche degli abitati, assume un rilievo ancora maggiore in quanto questi luoghi sono quelli dove, nel corso della storia, sono stati più intense le trasformazioni e quindi le relazioni fra la natura del luogo e l‟umanità che lo abita. L‟adeguamento dell‟ambiente ai bisogni della comunità, in ogni tempo è stata e nel futuro probabilmente continuerà ad essere, una necessità incontrovertibile dell‟uomo che vive un territorio. Questa esigenza si è attuata nel tempo con atteggiamenti condivisi dalle comunità locali e comportamenti spontanei che hanno prodotto l‟ambiente fisico che conosciamo.

La comprensione di questo “insediamento”, fenomeno tuttora in corso, che noi percepiamo come paesaggio urbano, è il presupposto fondamentale per definire gli obiettivi e le strategie della pianificazione urbanistica e paesaggistica.

In tal senso è stato composto un percorso di indagine che intende giungere alla conoscenza del paesaggio attraverso la lettura dei seguenti ambiti: - ambiente naturale, negli aspetti fisici orografici e idrografici; - storico-culturale, nel riconoscimento delle fasi di formazione e sviluppo delle strutture antropiche del territorio attribuibili anche in via ipotetica alle diverse fasi storiche; - insediativo, nelle fasi storiche e nella definizione attuale, approfondendo la lettura nelle seguenti quattro scale: territoriale, urbana e dei tessuti, della tipologica edilizia e dei caratteri costruttivi.

Nel corso degli anni, alla luce di tutta una serie di esperienze, l‟atteggiamento pianificatorio è stato ridotto essenzialmente alla schematicità di due posizioni prevalenti e contrastanti:

"...Privilegiando l'aggiornamento delle strutture alle nuove esigenze dell'abitare si riduce la Storia a contingenza...", al contrario "...privilegiando la conservazione delle testimonianze esteriori di una cultura in estinzione si riduce la Storia a documento inerte, destinato ad essere presto travolto dall'inevitabile processo di trasformazione delle strutture"18.

La mediazione tra queste due posizioni può trovarsi in una progettazione metodicamente derivata dall'analisi e dalla conoscenza dei processi di trasformazione del reale che si identifica con la "tipologia", " ...ossia le relazioni spontaneamente codificate tra ambiente ed opera del singolo col tramite della collettività ... intendendo con questo termine la porzione di umanità, che stanziata in un luogo ne ha condizionato nel tempo la strutturazione, ad assumere caratteri peculiari, individuati, codificati"19.

18 VACCARO P., Politica e metodologia del Recupero: il Piano del Centro Storico e la sua gestione, Cortona 1980. 19 CANIGGIA G.F., Strutture dello spazio antropiche, Firenze 1976.

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La realtà fisica prodotta dalla società del passato è bene culturale e come tale le va riconosciuto il valore storico documentario trasmesso da questa fisicità. La cultura è data dalle relazioni che l'uomo ha instaurato nel corso della storia con l'ambiente che ha insediato, ed il bene culturale è il tramite, il prodotto finito, l'immagine di questa relazione. Relazioni che esistono e, nonostante tutto, continuano ancora tra l'uomo e l'ambiente in un rapporto dinamico dettato dall'uso.

Se il problema oggi è quello di tramandare una cultura e nello stesso tempo permettere una qualità abitativa rispondente alle nuove esigenze della vita moderna, la risposta più consona viene da una progettazione derivata dall'analisi del processo tipologico che, peculiarmente, porta in sé tutto il bagaglio di conoscenza e di modi di vita precedenti e le esigenze di mutazione proprie dei bisogni storicamente determinati.

La ricostruzione della successione storica di formazione dell‟abitato e di sviluppo dei tipi edilizi, si pone come obiettivo prioritario nella definizione del Piano. Ciò che tuttavia interessa non è una ricostruzione storico-analitica con fatti e personaggi, ma un riconoscimento critico delle fasi fondamentali nella definizione del tessuto urbano. Conoscere le origini, il tempo e le circostanze nelle quali si è venuto a formare il centro storico è un argomento che affascina ma che non rientra negli obiettivi di questo lavoro. Si sta cercando di costruire un'ipotesi ragionata delle fasi suddette aiutandosi con le notizie storiche che si possiedono e soprattutto concentrando l'attenzione sulle testimonianze giunte sino a noi sotto forma di manufatti edilizi e di strutture urbanistico-territoriali. La conoscenza del reale, derivata da questi assunti è passata attraverso un'analisi condotta a quattro scale differenti: territorio, tessuto urbano, tipologia edilizia e caratteri costruttivi degli edifici.

Si è così tracciato un quadro tipico delle evoluzioni e delle trasformazioni delle strutture insediative fino a giungere alla determinazione delle fasi di mutazione attraverso le quali il manufatto edilizio è giunto fino a noi, passando da situazioni elementari fino ad organismi più complessi ed importanti. La parte progettuale è metodologicamente fondata sull'analisi della tipologia edilizia ed urbana attentamente studiata e recepita dal sistema degli interventi programmati.

L'indagine analitica su ogni unità abitativa, condotta con l'ausilio di schede appositamente predisposte, ha consentito di individuare sia le caratteristiche più significanti degli edifici e dell'ambiente urbano, sia le tendenze di trasformazione in atto, alle quali il Piano deve dare risposta.

La salvaguardia delle caratteristiche tipologiche, intendendo con questo termine l'intera struttura organizzata, architettonica e formale, dell'unità abitativa, accompagnata dalla regolamentazione degli interventi compatibili, è diventata l'obiettivo prioritario del Piano.

Il metodo "tipologico", cioè la rilettura critica delle leggi spontanee di trasformazione delle strutture edilizie, ha condotto verso la ricerca di soluzioni - per il recupero del Centro Storico - non ancorate a principi di conservazione assoluta e generalizzata, o al contrario a drastici interventi di ristrutturazione urbanistica, ma tali che, utilizzando il parametro tipologico, consentano interventi rivolti alla definizione delle nuove masse edilizie, alla loro giusta collocazione all‟interno del lotto e in armonia con i lotti circostanti, alla salvaguardia dei caratteri formali, edilizi e ambientali, alla tutela e conservazione degli elementi di pregio artistico, architettonico o di valore documentario.

L'attenzione del Piano è inoltre e perciò rivolta a salvaguardare gli elementi significativi dell'organizzazione urbana, i caratteri tipologici e costruttivi degli edifici che insieme costituiscono gli elementi identitari di questo luogo che definiscono il suo peculiare aspetto e i caratteri distintivi del paesaggio urbano.

Questo studio quindi porterà a definire una disciplina di intervento per il centro storico dell'abitato che mirerà alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente, dei suoi caratteri tipologici e architettonici e, parallelamente, predisposto a risolvere i problemi di adeguamento delle vecchie costruzioni ai moderni canoni dell'abitare.

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6.2 LINEE GUIDA PER LA TUTELA DEL PAESAGGIO NEI CENTRI DI ANTICA E PRIMA FORMAZIONE

DELLA SARDEGNA

I principi in premessa alle “Linee guida per la Tutela del Paesaggio nei Centri di antica e prima formazione” rafforzano l‟esigenza di inquadrare le misure del piano particolareggiato nel divenire storico dei Centri e di dare centralità, nelle strategie di tutela, agli elementi di valore. Le linee guida affermano esplicitamente “ la preminenza dei valori storici del contesto”, vera linea guida per rapportarsi “ad entrambi i momenti, quello della conservazione e quello della modificazione con la consapevolezza che essi sono inscindibilmente connessi in ogni fase del processo di recupero e riuso del costruito storico, e che solo da una consapevole sintesi di questi due momenti può derivare un insieme di interventi capace di migliorare la qualità della vita e di assicurare il mantenimento del livello dei valori architettonici, identitari e urbani nei centri storici”.

Si parte dal presupposto che l‟edilizia storica della Sardegna costituisce un patrimonio complesso, che non si presta a facili schematismi. Con riferimento alla presenza di cellule elementari e di tipologie edilizie più articolate, quali il palazzo, la sottolineatura si fa esplicita: “la storia dell‟insediamento ci ha consegnato architetture che nel tempo hanno subito processi di modificazione anche molto radicali, che hanno comportato la formazione di sistemi edilizi estremamente stratificati. Per esempio, nella maggior parte dei centri storici, ancora a metà „800 quasi due terzi delle case risultano essere, nei censimenti comunali, composte da una o due stanze. Un patrimonio di “cellule elementari” che poi nel corso dell‟800 e dei primi decenni del „900 viene sostanzialmente incrementato, ampliato, sostituito. La forma più radicale di questa sostituzione è il palazzo, che noi oggi percepiamo come punto di eccellenza del percorso storico, ma che in realtà costituiva una drastica modernizzazione, spesso con distruzioni altrettanto drastiche del preesistente tessuto”. Tale complessità è ancora amplificata dagli eventi urbani della prima metà del novecento e, in particolare, dalle grandi trasformazioni avvenute dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, con incidenti fenomeni di sostituzione edilizia dei fabbricati unifamiliari con le moderne tipologie della casa in linea plurifamiliare.

Nella constatazione di tale fenomenologia urbana, nei nostri orientamenti progettuali vengono raccolte e condivise le premesse alla normativa del PPR nei punti in cui è scritto a chiare lettere che “sta una visione non cristallizzata dell‟intero processo storico: nello stesso momento in cui si riafferma la centralità del patrimonio architettonico e urbano storico nelle scelte strategiche per il paesaggio e il nuovo modello di sviluppo della Sardegna, la Regione riafferma anche i contenuti contemporanei del recupero del costruito storico, e sottolinea la consapevolezza del carattere processuale e di perenne modificazione, anche degli stessi interventi di restauro, all‟interno dei centri storici”. Di conseguenza, un approccio critico documentato, reso solido da un‟attenta analisi tipologica e morfologica, appare in generale come la migliore strada da seguire per evitare di cadere in due errori di segno opposto: da un lato la cristallizzazione acritica di ciò che è preesistente, dall‟altro l‟apertura a modifiche incaute, che rischiano di compromettere non solo e non tanto il singolo edificio, ma il valore storico e paesaggistico in cui è riconoscibile l‟identità degli abitati della Sardegna.

6.3 SALVAGUARDIA DEI VALORI ARCHITETTONICI, TIPOLOGICI E DELL’ICONOGRAFIA E DEI VALORI

PAESAGGISTICI DI CONTESTO DEL CENTRO STORICO DI LACONI

Coerentemente con i criteri di lavoro adottati, che poggiano, in sintesi, sull‟analisi dell‟evoluzione tipologica e sulla individuazione del valore storico del contesto specifico di Laconi a seguito delle indagini effettuate sia sotto il profilo edilizio ed urbanistico, sia sotto il profilo iconografico e paesaggistico, è stato possibile mettere a fuoco gli obiettivi specifici da porre al centro della strategia del Piano Particolareggiato e del suo apparato normativo. Le strategie di tutela e reintegrazione del valore del contesto tradizionale del territorio di Laconi, convergono con le più aggiornate e interessanti indicazioni europee per la rigenerazione urbana.

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L‟iconografia storica esaminata, costituita da foto d‟epoca e cartoline dalla prima metà del „900 agli anni ‟60, restituiscono l‟immagine di un centro abitato fortemente integrato con la cultura rurale e le tradizioni agricole locali. Si tratta di un elemento caratterizzante del valore storico-paesaggistico dell‟abitato, che si fondeva armonicamente con il tessuto edilizio fatto principalmente di cellule elementari, talvolta con un solo affaccio sulla strada destinato al ricovero degli animali e al deposito dei prodotti agricoli. L‟andamento degradante del centro storico, con strade che seguono l‟andamento del versante, costituisce inoltre un fattore di ulteriore arricchimento del paesaggio urbano, offrendo scorci di visuali complesse e variegate. Questi elementi del paesaggio del centro storico di Laconi, che molti laconesi sentono come elemento di valore delle Gruppo sociale del secolo scorso davanti ad una casa con ballatoio proprie tradizioni e del proprio patrimonio culturale, sono stati nel tempo fortemente erosi dal progressivo abbandono dell‟attività agricola, dalla progressiva edificazione o occupazione delle corti e degli spazi verdi privati, dall‟utilizzo di criteri di sistemazione e di gestione dello spazio pubblico non coerenti con il contesto, spesso standardizzati e in discontinuità con le soluzioni e le pratiche tradizionali, nelle componenti di arredo, nei materiali, nella scelta delle essenze delle alberature, nelle sistemazioni a verde dello spazio pubblico.

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7. IL PROGETTO URBANISTICO

7.1 IL METODO DELL’ANALISI TIPOLOGICA

Nella considerazione che dal secondo dopoguerra in avanti si sia consumata una frattura tra le modalità insediative del passato (il pre-moderno) e quelle attuali (moderne), che hanno prodotto evidenti elementi di discontinuità che, come unanimemente riconosciuto, è necessario ricomporre, il Piano per il Centro Storico del Comune di Laconi si porrà come strumento fondamentale di ricucitura e continuità processuale con i metodi operativi spontanei e storicizzati rilevati alle diverse scale nel centro antico dell‟abitato. È stato così elaborato uno schema di processo tipologico della edilizia di base che sarà il riferimento costante per ogni singola situazione d'intervento. Una constatazione importante è che ogni organismo edilizio è in continua trasformazione e che i nuovi e più recenti adeguamenti, pur non essendo consoni al carattere delle strutture preesistenti - superfetazioni - contengono le esigenze di adeguamento spontaneo ai nuovi bisogni individuali che attengono a modelli edilizi e residenziali differenti dal tessuto urbano che gli accoglie.

L'intento è quello di ricucire la frattura di continuità del processo interrotto e portare gli organismi edilizi e l'intero tessuto urbano ad una nuova condizione di equilibrio.

Il progetto di pianificazione particolareggiata è stato impostato con la definizione di una disciplina e una normativa che passano metodologicamente attraverso lo studio dei caratteri morfologici e funzionali del tessuto urbano giunto fino alla configurazione attuale attraverso una molteplicità di adeguamenti e trasformazioni che risultano di fondamentale importanza per la comprensione dei caratteri anzidetti. I più recenti processi di ampliamento, di inserimento, intasamento e, in diversi casi, di totale sostituzione edilizia, come già detto, hanno reso complesso e articolato e spesso conflittuale il rapporto tra edifici antichi e gli inserimenti moderni, sia per le forme che per i caratteri costruttivi.

Nel processo tipologico di formazione e trasformazione del tipo edilizio, di fatto non esiste la codificazione di un limite evolutivo, poiché questo è storicamente dettato dal mutare delle esigenze abitative che negli ultimi 50 anni si sono spesso rivelate non più coerenti, in quanto si sono riferite a modelli differenti ai caratteri del tipo originario e, conseguentemente, hanno determinato una perdita di rendimento funzionale ed estetico, sia del sistema abitativo, sia del suo rapporto con il contesto. Individuare la soglia utile che consente di tutelare i valori complessivi urbanistici e paesaggistici del centro matrice è pertanto una delle priorità del piano, perseguita attraverso le indagini conoscitive svolte, che hanno consentito di individuare nelle varianti della tipologia edilizia il riferimento oggettivamente più corretto e coerente per agire in continuità culturale.

Pertanto, ai fini progettuali, per ogni unità edilizia è stata preliminarmente riconosciuto oltre l‟appartenenza al tipo edilizio, anche lo stadio della sua evoluzione all‟interno del proprio processo tipologico, in quanto detentore di differenti soluzioni edilizie che ne caratterizza in modo significativo la configurazione complessiva e la percezione esteriore. Si deve perciò prestare grande attenzione all‟interpretazione dei segni e dei significati edilizi ed architettonici, soprattutto dove si dovesse rendere necessario correggere un elemento esistente di contrasto o per l‟inserimento di nuovi elementi in modo coerente con il tipo stesso. Ciò vale in generale per tutti gli elementi costruttivi, murature, solai, coperture, aperture ed elementi di decoro che incidono sui caratteri costruttivi e in modo particolare sull‟estetica dei fronti degli edifici. Ai fini della leggibilità architettonica, i prospetti degli edifici, che costituiscono la rappresentazione esterna delle componenti strutturali e funzionali del fabbricato, non devono riportare elementi che non siano giustificati da precisi significati architettonici.

7.2 ELABORATI E STRUTTURA DEL PIANO

A_ RELAZIONE ILLUSTRATIVA A_1 INDAGINE STORICO-URBANISTICA E ANALISI DEL TIPO EDILIZIO (ALLEGATO) 1_ QUADRO GEOGRAFICO E STORICO 1_1_ Ambito storico culturale 1_2_ Morfologia e idrografia del territorio

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1_3_ Quadro geografico storico al 1844_ viabilità storica 1_4_ Tracce e testimonianze dell‟insediamento antico e medievale 1_5_ Ambito paesaggistico dell‟insediamento 2_ QUADRO STORICO DEL TERRITORIO COMUNALE 2_1_ Confronto tra il Quadro Unione della Carta catasto De Candia e la Carta catastale di Impianto 2_2_ Carta catastale d‟Impianto: assetto viario e idrografia 3_QUADRO STORICO DELL’URBANO 3_1_ Confronto carta catastale De Candia, carta catastale d‟impianto e carta catastale di visura 3_2a_ Crescita dell‟abitato: insediamento, consolidamento 3_2b_ Crescita dell‟abitato: espansione e ristrutturazione 3_3_Ambito paesaggistico dell‟insediamento storico 3_4_Ambito paesaggistico e assetto insediativo: i vicinati 4_ ANALISI DEI TIPI EDILIZI 4_1_Individuazione dei tipi edilizi di base su carta catastale di Impianto 4_2_Abaco dei tipi edilizi 4_3a_Esempi rappresentativi dei tipi edilizi individuati (Casa a corte antistante) 4_3b_Esempi rappresentativi dei tipi edilizi individuati (Casa a corte doppia e con ambitus retrostante) 4_3c_Esempi rappresentativi dei tipi edilizi individuati (Casa a corte in frammentazione plurifamiliare) 4_3d_Esempi rappresentativi dei tipi edilizi individuati 4_3e_Esempi rappresentativi dei tipi edilizi individuati 5_ INDAGINE DEL PATRIMONIO URBANO 5_1_Rapporti tra tessuto urbano e margini 5_2_Spazio pubblico: morfologia e tipo d‟uso: piazze, slarghi e vicoli 5_3_Spazio pubblico: piazze e aree verdi 5_4a_Spazio pubblico: pavimentazioni stradali 5_4b_Spazio pubblico: pavimentazioni di slarghi e piazze 5_5_Spazio pubblico: illuminazione stradale pubblica 5_6a_Spazio pubblico: arredo urbano 5_6b_Spazio pubblico: arredo urbano 5_7_Spazio pubblico: elementi di verde 6_ INDAGINE DEL PATRIMONIO EDILIZIO 6_1_Complessi e manufatti di carattere emergente 6_2a_Data o epoca di impianto_ Ambito urbano De Candia 6_2b_Data o epoca di impianto 6_3_Tipologie edilizie 6_4_Permanenza dei caratteri originari 6_5_Stato di conservazione dell‟abitato 6_6_Tipo d‟uso 6_7a_ Consistenza edilizia indice fondiario 6_7b_ Consistenza edilizia rapporto copertura 7_INDAGINE SUGLI ELEMENTI EDILIZI E ARCHITETTONICI 7_1_Murature 7_2_Portali 7_3_Cancelli 7_4_Porte 7_5_Finestre e portefinestre 7_6_Abaco delle soluzioni di gronda e di coronamento 7_7a_Ccriticità dei prospetti 7_7b_Criticità delle aperture e elementi di recinzione 7_7c_Criticità degli elementi impropri di facciata e chiusure orizzontali B_ NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE

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B_1_ ORIENTAMENTI PER LA PROGETTAZIONE: VARIANTI TIPOLOGICHE DI INTERVENTO (ALLEGATO) B_1_ Varianti tipologiche d‟intervento (VTI) B_2_ ORIENTAMENTI PER LA PROGETTAZIONE: ABACO DEI CARATTERI COSTRUTTIVI DEGLI EDIFICI E TABELLE DEL COLORE (ALLEGATO) B2_1a_ Abaco dei portali B2_1b_ Abaco dei portali: sistemi di chiusura e dettagli dei serramenti B2_2_ Abaco dei cancelli B2_3a_ Abaco delle porte: sistema statico architravato B2_3b_ Abaco delle porte: sistema statico spingente B2_4a_ Abaco delle finestre e portefinestre B2_4b_ Abaco delle finestre e portefinestre B2_4c_ Abaco delle finestre e portefinestre B2_5_ Abaco dei balconi B2_6_ Abaco dei ballatoi (su corridoriu) B2_7_ Abaco dei loggiati B2_8_ Abaco delle recinzioni B2_9_ Abaco delle soluzioni di gronda e dei coronamenti B2_10_ Abaco dei trattamenti murari B2_11a_Tabelle del colore pitture alla calce B2_11b_Tabelle del colore intonaci colorati a base di calce B2_12a_Tabelle del colore verniciature porte e portali B2_12b_Tabelle del colore verniciature finestre B2_13_ Linee guida per il regreening urbano C_ LINEE GUIDA PER L’INTERVENTO NEGLI SPAZI PUBBLICI E TIPOLOGIE DI RIFERIMENTO PER L’ARREDO URBANO C_1a_ Stato attuale delle pavimentazioni stradali C_1b_ Stato attuale delle pavimentazioni di slarghi e piazze C_2a_ Indirizzo progettuale: trattamento delle pavimentazioni stradali: Percorso di ristrutturazione ottocentesca C_2b_ Indirizzo progettuale: trattamento delle pavimentazioni stradali: percorsi con sezione stradale ampia C_2c_ Indirizzo progettuale: trattamento delle pavimentazioni stradali: percorsi con sezione stradale ridotta e vicoli C_2d_ Indirizzo progettuale: trattamento delle pavimentazioni di slarghi e piazze C_3a_ Stato attuale dell‟illuminazione stradale pubblica C_4a_ Stato attuale dell‟arredo urbano C_4b_ Stato attuale dell‟arredo urbano C_5_ Indirizzo progettuale: illuminazione pubblica e arredo urbano D_ RILIEVO DELLO STATO ATTUALE E PROGETTO D_1_ Pianificazione vigente nell‟area di Piano D_2_ Planimetria di stato attuale con individuazione dei fabbricati che conservano i caratteri originari e carta catastale di impianto con sovrapposizione dei perimetri delle u.e. e dei corpi di fabbrica attuali (scala 1:1000) _Comparti 1, 2 e 3 D_3_1_ Planivolumetrico di stato attuale (scala 1:1000) _ Comparti 1, 2 e 3 Analisi della consistenza edilizia e dati planivolumetrici D_3_2_ Planivolumetrico di progetto (scala 1:1000) _ Comparti 1, 2 e 3 Nuova configurazione planivolumetrica, trasformazioni previste, interventi urbanistici e dati planivolumetrici D_3_3_ Planivolumetrico di progetto: interventi urbanistici, decrementi e incrementi volumetrici (scala 1:1000) _ Comparti 1, 2 e 3 D_4_1_ Geometria delle coperture di stato attuale - Analisi morfologica e materica (scala 1:1000) _ Comparti 1, 2 e 3 D_4_2_ Geometria delle coperture di progetto – Interventi prioritari (scala 1:1000) _ Comparti 1, 2 e 3 D_5_1_ Comparto 1 _ vicinati di Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati A, B, e C Planivolumetrico di stato attuale (scala 1:500) _ Planivolumetrico di progetto (scala 1:500) _ Profili viari (scala 1:500) Coperture di stato attuale _ Copertura di stato attuale con indicazione degli interventi prioritari (scala 1:1000) Pictometria _ Stralcio catastale di impianto (scala 1:1000) _ Individuazione comparto nel contesto (scala 1:5000)

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D_5_2_ Comparto 1 vicinati di Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati D, E, e F D_5_3_ Comparto 1 vicinati di Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati G, H, I, L, M, N, O e P D_5_4_ Comparto 2 vicinati di Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu _ Isolati A, B, C, D, E e F D_5_5_ Comparto 2 vicinati di Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu _ Isolati G, H, I, L, M, N, O e P D_5_6_ Comparto 2 vicinati di Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu _ Isolati Q, R, S, T, U, V e Z D_5_7_ Comparto 3 vicinati di Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati A, B, C, D, E e F D_5_8_ Comparto 3 vicinati di Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati G, H, I, L, M e N D_5_9_ Comparto 3 vicinati di Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati O, P, Q, R e S E_ SCHEDE DELLE UNITÀ EDILIZIE E_1_ Schede U.E. Comparto 1 vicinati Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati A, B, C E_2_ Schede U.E. Comparto 1 vicinati Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati D, E, F E_3_ Schede U.E. Comparto 1 vicinati Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas _ Isolati G, H, I, L, M, N, O, P E_4_ Schede U.E. Comparto 2 vicinati Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu _ Isolati A, B, C, D, E, F E_5_ Schede U.E. Comparto 2 vicinati Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, S. Martinu _ Isolati G, H, I, L, M, N, O P E_6_ Schede U.E. Comparto 2 vicinati Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu _ Isolati Q, R, S, T, U, V, Z E_7_ Schede U.E. Comparto 3 vicinati Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati A, B, C, D, E, F E_8_ Schede U.E. Comparto 3 vicinati Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati G, H, I, L, M, N E_9_ Schede U.E. Comparto 3 vicinati Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza _ Isolati O, P, Q, R, S F_ ELENCO DELLE UNITÀ EDILIZIE: CONSISTENZA – CALCOLO DEI VOLUMI F_1_Elenco delle unità edilizie: Consistenza stato attuale _ Calcolo volumi esistenti _ Calcolo dell‟indice medio di zona F_2_Elenco delle unità edilizie: Consistenza di progetto - Calcolo dei volumi massimi presunti di progetto G _ DOCUMENTO DI SINTESI E PROGRAMMA DEGLI INTERVENTI PRIORITARI DI RIQUALIFICAZIONE

7.3 ANALISI DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE 7.3.1 Individuazione delle unità di analisi L'elemento di principale riferimento operativo è costituito dall'unità edilizia: si intende con questo termine l'unità di utilizzo specialistico o residenziale del suolo con il costruito che vi insiste costituito da uno o più volumi elementari o edifici. L‟unità edilizia è l'insieme funzionalmente organico del fabbricato o dell‟insieme di fabbricati e della eventuale corte ed ha per carattere imprescindibile l'utilizzo monofamiliare. Le Unità Edilizie anche dette Unità Minime di Intervento, sono state individuate tenendo conto delle esigenze di unitarietà nella progettazione e nella realizzazione dell'intervento sotto il profilo strutturale, tecnico - economico, architettonico e urbanistico. Si tiene conto, inoltre, della tipologia strutturale degli edifici che le compongono separando le diverse proprietà pubbliche, da quelle private.

7.3.2 La scheda delle Unità edilizie L'indagine su ogni unità edilizia è servita alla compilazione della scheda edificio del Piano Particolareggiato del Centro Storico. L‟Unità edilizia è individuata univocamente con riferimento al numero attribuitole, nonché al numero dell‟isolato di cui fa parte e ai numeri dei corpi di fabbrica che la compongono. Per l‟individuazione di ogni Unità edilizia si può far riferimento sia alle tavole D_2 relative all‟intera area pianificata, e D_4 dei singoli comparti, sia allo stralcio delle stesse tavole riportate nelle schede delle unità edilizie. In essa sono contenute informazioni utili per la progettazione e per la gestione del Piano da parte dell'Ufficio Tecnico e della Commissione Edilizia Comunale. La scheda è composta da tre parti:

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- la prima riguarda la parte conoscitiva dell’unità edilizia, comprensiva del fabbricato e della sua area di pertinenza in cui sono riportati: - i dati della proprietà, l‟indirizzo e, se esiste, la denominazione del vicinato - gli stralci della planimetria catastale e della planimetria delle coperture - le informazioni sull‟intera unità edilizia che comprendono la data o l‟epoca di impianto, il tipo di proprietà, la destinazione d‟uso dei fabbricati, la tipologia edilizia, la destinazione dell‟area scoperta, le eventuali rilevanze paesaggistiche e architettoniche e le eventuali criticità, la consistenza edilizia, i parametri urbanistici, la veduta aerea dell‟area con foto inclinata di 45° (pictometria) e una foto significativa del complesso.

- la seconda riguarda la parte progettuale dell’unità edilizia, in cui sono riportati: - gli stralci del planovolumetrico di rilievo e di quello di progetto - il profilo viario dello stato attuale e quello di progetto, se esistenti - i dati di progetto che comprendono la VTI (individuazione della tipologia edilizia e attribuzione all‟unità edilizia della Variante Tipologica d‟Intervento), la CIMA (la Classe d‟Intervento Massima Ammessa) in cui sono riportati l‟indirizzo progettuale e gli interventi edilizi ammessi, la segnalazione di corpi di fabbrica o elementi architettonici sottoposti a Tutela specifica, le eventuali Prescrizioni, le eventuali Indicazioni, di cui si tratterà di seguito in paragrafi specifici - un campo Note - un campo di monitoraggio e gestione destinato alla segnalazione di precedenti interventi edilizi subiti dall‟unità edilizia con l‟indicazione della attribuzione di eventuali finanziamenti pubblici che, qualora la scheda venisse gestita come database, potrebbero essere estratti con modalità informatiche.

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- la terza, destinata ad accogliere la documentazione fotografica aggiuntiva.

-

Tutte le informazioni raccolte, siano esse numeriche o culturali, sono rivolte alla massima comprensione delle strutture esistenti e delle realtà sociali che le hanno prodotte e che oggi le utilizzano, nell'obiettivo di individuare soluzioni adeguate alle effettive esigenze emerse, in coerenza con le preesistenze.

L‟esame di tali situazioni e il confronto con l‟ufficio tecnico, soprattutto nella segnalazione dei bisogni insoddisfatti manifestati dagli abitanti del centro storico, consente di tracciare un bilancio della gestione del vecchio piano e di fare un esame critico sull‟attività edilizia che ha determinato, in modo da poter, più correttamente, apportare nella nuova pianificazione le modificazioni più convenienti per soddisfare da una parte la tutela del patrimonio storico e dall‟altra i bisogni della popolazione. L'intero programma, di analisi e di progetto, si prefigge in particolare, la messa a punto di una normativa capace di mediare le esigenze dell'utenza con la volontà di salvaguardare il patrimonio edilizio e culturale esistente nel Centro

Storico.

7.3.3 Tabella delle Unità edilizie: Consistenza – Calcolo volumi L'analisi dello stato di fatto è stata svolta anche nella valutazione della consistenza edilizia con il calcolo delle superfici e dei volumi esistenti al fine di individuare l‟indice fondiario medio di zona previsto dal Decreto Floris (Decreto assessoriale 20 dicembre 1983 n. 2266/U). I comparti individuati nel piano non sono stati divisi, ai fini della determinazione di tale indice, in aree differenziate, in quanto nel tessuto urbano non sono state individuate parti caratterizzate da una tipologia prevalente su un‟altra tale da esprimere, per la diversa consistenza di occupazione del lotto, una differente densità edilizia. La valutazione della consistenza è stata eseguita con la compilazione di una tabella (elaborato F) nella quale sono stati calcolati i volumi esistenti, in metri cubi, delle singole unità abitative, scomposti per corpi elementari. Il calcolo della consistenza edilizia è stato condotto attraverso la verifica della cartografia più aggiornata esistente, che è stata rivista, integrata e aggiornata a seguito di sopralluoghi specifici nell‟abitato, nella quale sono stati riportati il numero dei livelli di piano esistenti nei singoli corpi di fabbrica.

Per il calcolo dei volumi sono stati assunti, riguardo all‟altezza dei singoli corpi di fabbrica, parametri omogenei medi di rifermento, assumendo l‟altezza di mt. 3,50 per i piani terra, di mt. 4,50 per un livello e mezzo (presenza di sottotetti), di mt. 6,50 per due livelli, di mt. 8,50 per due livelli e mezzo, di mt. 9,20 per tre livelli, di mt. 11,00 per tre livelli e mezzo, di mt. 12,20 per quattro livelli e di mt. 14,00 per quattro livelli e mezzo. Dal calcolo sono stati esclusi i lotti liberi e l‟edilizia specialistica destinata ai servizi pubblici e privati.

Il valore dell‟indice fondiario medio, omogeneo in tutto l‟ambito pianificato, che è stato assunto in sede progettuale per il presente Piano Particolareggiato, è di 3,86 mc./mq.

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7.4 DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI: PROCESSO DI PIANIFICAZIONE

Le prime considerazioni sulle rilevazioni effettuate, ci mostrano un quadro del centro storico di Laconi caratterizzato, come molti altri centri della Sardegna, da una edilizia storica che si presenta nei diversi stadi di evoluzione del suo processo tipologico, che risulta in gran parte completato, con diversi episodi di superfetazione edilizia. Sono inoltre presenti, ed è l‟aspetto che preoccupa maggiormente dal punto di vista paesistico e ambientale, interventi di sostituzione edilizia e di nuova edificazione non coerenti con la tipologia edilizia ricorrente realizzati prevalentemente a partire dalla metà del novecento. Questa situazione consiglia la predisposizione di una pianificazione non semplicemente definita da una normativa vincolistica, ma che sia, insieme, molto precisa nella gestione e nella definizione delle nuove volumetrie in coerenza con l‟edilizia storica e nel dettare le regole per riparare, dove possibile, le situazioni compromesse realizzate negli ultimi decenni. Gli interventi di progetto sono specificati nelle schede analitico-progettuali, relative ad ogni unità edilizia, nelle quali vengono assunti gli elementi dell'analisi compiuta e vengono indicati dettagliatamente gli interventi consentiti. L'elemento di principale riferimento operativo è costituito dall'unità edilizia: si intende con questo termine l'unità di utilizzo specialistico o residenziale del suolo con il costrutto che vi insiste.

Le unità edilizie sono riunite in 3 comparti, ovvero in aggregazioni di unità edilizie che fanno riferimento ai vicinati storici: - Comparto 1: con vicinati di Pitziedda, Funtana Figus, Santu Juanni, Ruinas - Comparto 2: con vicinati di Corongiu, Bixinau de Cresia, Curadori, Santu Martinu - Comparto 3: con vicinati di Santa Maria, Romaore, Prezzu, Quartieri e Piacenza

I tre Comparti sono ulteriormente suddivisi in 52 isolati urbani, individuati con le lettere maiuscole dell‟alfabeto, di cui 14 facenti parte del Comparto 1, 21 del Comparto 2 e 17 del Comparto 3. La loro delimitazione è riportata in apposite planimetrie in scala 1:1000 e 1:500 che riproducono la situazione planovolumetrica dello stato attuale, della previsione di progetto, la geometria delle coperture esistente con la loro caratterizzazione materica, le soluzioni progettuali delle coperture per le situazioni più critiche o complesse, la situazione dei profili stradali dello stato attuale e di progetto. Sono inoltre riportati per gli isolati interessati gli stralci delle planimetrie catastali di impianto e le rilevazioni fotografiche inclinate a 45° (pictometrie). Tale documentazione è riportata negli allegati da D_5_1 a D_5_9. La tavola D_2, sulla base della graficizzazione delle tipologie di qualità e criticità edilizie rilevate, rappresenta gli ambiti di maggiore conservazione caratterizzati dalla permanenza dei caratteri storici e tipologici originari. L‟individuazione delle qualità e delle criticità degli edifici, l‟attribuzione della tipologia edilizia e della variante di appartenenza e la datazione sono propedeutiche all‟attribuzione del valore degli stessi (edifici di valore storico, edifici modificati, alterati, recenti) e, conseguentemente, all‟assunzione dell‟indirizzo progettuale con la definizione dell‟azione consentita (conservazione, riqualificazione, recupero, mitigazione/sostituzione).

7.4.1 Qualità e criticità degli edifici La qualità o rilevanza riguarda le caratteristiche emergenti delle unità edilizie e delle relative aree di pertinenza e viene attribuita in base ai seguenti criteri: la rilevanza paesaggistica viene attribuita a quegli organismi edilizi che occupano una posizione emergente, orografica e/o morfologica, rispetto all‟intorno che ne consente la percezione da punti panoramici; la rilevanza urbana viene attribuita a quegli organismi edilizi che occupano una posizione di rilievo all‟interno del contesto urbano in quanto prospicienti ad una piazza, ad una strada importante o significativa nell‟ambito urbano o in quanto luogo riconosciuto dalla cultura locale come identitario (per una vicenda storica, percorso religioso, etc.); la rilevanza architettonica viene attribuita a quegli organismi edilizi che presentano caratteristiche tali da emergere rispetto agli altri edifici per tipologia edilizia, caratteri costruttivi, elementi decorativi, per la destinazione l‟uso specialistico pubblico o privato (palazzo, scuola, municipio, montegranatico, opificio, etc.). La criticità viene rilevata quando nell‟analisi visiva si riscontrano le condizioni di seguito specificate:

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la criticità tipologica si attribuisce a quelle unità edilizie con disposizione planivolumetrica non corretta e tipologia incoerente con i tipi edilizi storici tradizionali; costituisce criticità tipologica anche la mancanza di parte dell‟unità edilizia dovuta a crolli/demolizioni che alterino le caratteristiche originarie della tipologia tradizionale; la criticità volumetrica/morfologica si attribuisce a quelle unità edilizie che presentano consistenza volumetrica e morfologica inadeguata ed esuberante rispetto al contesto, costituisce criticità morfologica anche il salto di quota in prospetto di 2 o più piani, fatto salvo il caso di edifici sviluppati in altezza con rilevanza paesaggistico-urbano-architettonica che conservano i caratteri storici tradizionali; la criticità architettonica si attribuisce a quelle unità edilizie che espongono o possiedono elementi architettonici non coerenti con le tipologie storico-tradizionali.

7.4.2 Tipologia edilizia e varianti tipologiche I rilievi e le analisi condotte nel tessuto urbano storico, riportate nell‟allegato A_1 al punto 4_Analisi del tipo edilizio, ci hanno consentito di definire una classificazione dei tipi edilizi esistenti che rappresentano dei modelli comportamentali di riferimento per la progettazione, che sono stati rappresentati in un abaco allegato alle Norme tecniche di attuazione: allegato B_1_Varianti tipologiche d‟intervento.

In sintesi i tipi edilizi classificati sono: Tipo A: Casa a corte A1. Casa a doppia corte A2. Casa a corte antistante A3. Casa a corte antistante con accesso retrostante A4. Casa a corte con ambitus retrostante (scala „e carru) A5. Casa a corte in frammentazione plurifamiliare Tipo B: Palazzo e casa a cellula B1. Palazzo / Palazzotto

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B2. Villa storica Tipo C: Edificio su percorso C1. Edificio in linea C2. Edificio in linea arretrato dal percorso Tipo D: Edificio isolato nel lotto

7.4.3 Datazione degli edifici Ad ogni unità edilizia è stata attribuita una datazione, nei casi di comprovata data di costruzione (es. alcuni edifici specialistici), è stata inserita la data certa; negli altri casi è stata attribuita la datazione attraverso la verifica della presenza dell‟edificio nelle carte catastali, a partire da quella del De Candia (1843/1844) e, a seguire con il Catasto di Impianto (primi anni del 1900) e il Catasto di Visura (Prima metà del 1900). In tutti gli altri casi è stata attribuita la datazione successiva al 1950.

7.4.4 Attribuzione del valore degli edifici Il valore storico - architettonico è determinato sulla base degli elementi rilevati con l‟analisi con particolare riguardo all‟epoca di impianto e costruzione e alla permanenza dei caratteri tipologici e costruttivi originari. L‟assegnazione del valore tiene conto e rimanda metodologicamente al Protocollo d‟Intesa sottoscritto dalla Direzione Regionale per la Sardegna del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Direzione Generale della Pianificazione Urbanistica dell‟Assessorato degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica della Regione Sardegna, in data 12 novembre 2007, che riassume in quattro categorie gli edifici esistenti a cui devono corrispondere le azioni consentite connesse con le categorie d‟intervento: 1. Edifici di valore storico (conservati): si tratta di edifici il cui corpo di fabbrica ha conservato integralmente i caratteri tipologici, la consistenza materica e formale dell‟architettura storico-tradizionale. 2. Edifici da riqualificare (modificati compatibili): si tratta di edifici il cui corpo di fabbrica ha conservato la consistenza e i caratteri tipologici storico-tradizionali, ma presentano adeguamenti non sostanziali ed integrazioni recenti che non hanno alterato irrimediabilmente gli aspetti architettonici originali. 3. Edifici Alterati o di recente/nuova edificazione (modificati incompatibili, nuovi compatibili, nuovi incompatibili): si tratta di edifici il cui corpo di fabbrica ha subito sostanziali modifiche che hanno alterato il preesistente manufatto e generato contrasto tipologico e paesaggistico con il contesto; si tratta inoltre di edifici e corpi di fabbrica di recente edificazione realizzati con tipologie edilizie coerenti e tecnologie costruttive attuali che si integrano in modo compatibile con il contesto o ancora di edifici il cui corpo di fabbrica di recente edificazione presenta tipologia edilizia estranea alla tradizione che non si integra con il contesto ma anzi costituisce degrado dei tessuti storici, con posizione nel lotto, dimensioni planimetriche, numero di piani e altezza che determinano ombre portate e introspezione visiva nei lotti adiacenti ed hanno utilizzato tecnologie costruttive e assunto connotati architettonici in contrasto con il contesto. 4. Ruderi: edifici il cui corpo di fabbrica è strutturalmente degradato in modo irreversibile sui quali non è più possibile il recupero dell‟organismo edilizio originario ma che presentano elementi di interesse identitario o documentale degni di tutela.

7.4.5 Categorie d’intervento (Azioni consentite) e Classe d’intervento (Grado di trasformabilità) Le azioni consentite sugli edifici e sui singoli corpi di fabbrica sono definite all‟art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione e rappresentano le categorie d‟intervento ammesso che esprimono l‟indirizzo progettuale dell‟intervento. Si suddividono in: - conservazione quelle rivolte alla salvaguardia strutturale, distributiva e formale dei manufatti edilizi; - riqualificazione quelle rivolte a restituire qualità architettonica ai manufatti salvaguardando le parti originarie e provvedendo alla eliminazione degli elementi incongrui; - recupero quelle rivolte a ricondurre gli edifici tradizionali fortemente trasformati entro gli equilibri volumetrici e parametri estetico-formali dell‟edilizia tradizionale;

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- mitigazione quelle rivolte all‟eliminazione / correzione degli elementi edilizi in forte contrasto con il contesto e il linguaggio architettonico storicizzato quale alternativa alla sostituzione edilizia quando si è in presenza di organismi tipologicamente incongrui.

La Classe di Intervento Massima Ammessa (C.I.M.A), definita all‟art. 9.3 delle Norme Tecniche di Attuazione, rappresenta il massimo grado di trasformabilità consentito secondo la classificazione degli interventi edilizi (D.P.R. n. 380/01).

Le classi di intervento sono ordinate con numeri in modo crescente per consistenza dell‟intervento e si intende che ogni classe ammette gli interventi in essa prescritti e tutti quelli contenuti nelle classi che la precedono. Ogni scheda delle Unità edilizie contiene, nella Indicazione di Piano, la Classe d'Intervento Massima Ammessa (C.I.M.A.) per quella unità edilizia e se necessario per singolo corpo di fabbrica (volume elementare). Le C.I.M.A. sono così suddivise:

CLASSE "1" - MANUTENZIONE ORDINARIA

CLASSE "2" - MANUTENZIONE STRAORDINARIA

CLASSE "3" - RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO

CLASSE "4" - RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA: R1 - INTERNA _ R2 - CONSERVATIVA/FUNZIONALE _ R3 - INTEGRALE

CLASSE "5" - INCREMENTO TIPOLOGICO (AMPLIAMENTO)

CLASSE "6" - DEMOLIZIONE

CLASSE "7" - DEMOLIZIONE PER RICOSTRUZIONE TIPOLOGICA (RICONVERSIONE TIPOLOGICA)

CLASSE "8" - NUOVA COSTRUZIONE TIPOLOGICA

CLASSE "9" - RISTRUTTURAZIONE URBANISTICA

7.4.6 Definizione degli interventi sugli edifici Qualunque intervento sui suoli e sugli edifici o loro parti, compresi nelle aree soggette al Piano Particolareggiato è regolato dalla consultazione congiunta degli elaborati grafici, delle schede delle unità edilizie e delle norme di attuazione.

L'individuazione del comparto e dell‟isolato nei quali è situata la singola U.E. è indispensabile per il reperimento della scheda analitico-progettuale. Gli Elaborati grafici definiscono, con un sistema di consultazione incrociata i cui elementi devono essere congiuntamente verificati, l‟ingombro planovolumetrico della situazione attuale e il massimo ingombro planovolumetrico (la sagoma) della situazione di progetto (Elaborati D_5_1 / D_5_9). Il valore grafico dell'elaborato è quello tipico della pianificazione urbanistica particolareggiata della scala 1:500, intendendo con questo il valore fondamentalmente concettuale del rilievo e della progettazione e solamente quello indicativo della rappresentazione grafica metrica. Ne consegue quindi che le linee di demarcazione dei fabbricati e delle aree, in particolare di quelle relative alla parte progettuale, hanno significato in termini urbanistici e di tipologia edilizia e non quello della definizione metrica e della proprietà.

La definizione dei livelli di piano per ogni volume elementare, anche se non corrispondente al contesto esistente in quanto le situazioni rilevate potrebbero essere interpretate in modo diverso, mentre ha solo valore indicativo nella lettura separata dei planovolumetrici dello stato attuale e di progetto, assume valore prescrittivo quando viene valutata la differenza dei livelli fra i due elaborati. È possibile, secondo quanto descritto nei casi agli artt. 8 e 10 delle NTA prevedere un incremento volumetrico nel rispetto delle prescrizioni. Gli incrementi previsti dal piano sono leggibili attraverso il confronto tra il planovolumetrico dello stato attuale e quello di progetto e quando espressamente previsto nelle Indicazioni di Piano contenute nella scheda. Gli incrementi hanno per scopo, nell‟ambito della riqualificazione funzionale ed

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architettonica complessiva dei fabbricati e/o delle unità edilizie, l'aumento della superficie utile e/o della volumetria, con conseguente adeguamento distributivo e formale, in coerenza con lo sviluppo del tipo edilizio. Gli incrementi volumetrici, ai sensi dell‟art.4 del D.A. 20.12.1983 n.2266/U, non possono superare l‟indice fondiario medio definito nelle norme. Nei casi di interventi edilizi di incremento volumetrico finalizzati al miglioramento del valore paesaggistico dell‟isolato e dell‟immagine urbana percepita dallo spazio pubblico, sono ammesse deroghe al tetto di indice fondiario di cui sopra, esclusivamente per i volumi specificamente individuati nelle relative Schede e alle condizioni prescritte dalle Schede (utilizzo del credito volumetrico, incremento volumetrico con regreening, adeguamento formale delle coperture, adeguamento dimensionale o formale delle facciate, etc) e dagli altri elaborati del Piano (Linee Guida, NTA, etc). Gli elaborati F_ “Elenco delle unità edilizie - consistenza di stato attuale - Calcolo dei volumi esistenti” e “Elenco delle unità edilizie - consistenza di progetto - Calcolo dei volumi massimi presunti di progetto” raccolgono i dati di superficie delle unità edilizie e della loro consistenza volumetrica. Il loro valore è solo statistico, gli effettivi dati di superficie e di volume dovranno essere calcolati nella esecuzione dei progetti a seguito dei rilievi delle aree e dei fabbricati.

Negli elaborati grafici sono inoltre riportati i profili viari delle principali vie e piazze della situazione esistente. È anche ipotizzata, con un valore prevalentemente indicativo, la situazione di progetto che evidenzia nel prospetto stradale, il massimo sviluppo previsto rispetto alla situazione esistente.

In alcune situazioni, nelle quali sono previste opere di ristrutturazione urbana e di nuova urbanizzazione primaria, gli interventi edilizi, con esclusione delle semplici manutenzioni, sono subordinati dalla preventiva esecuzione delle opere dette. Tale esecuzione potrà essere effettuata sia dalla pubblica amministrazione, sia dai privati, secondo la legislazione vigente e le norme specifiche del presente piano. In alcuni casi, quelli definiti “Aree per servizi vincolati dal PPA con intervento pubblico/privato” l‟intervento urbano prima dell‟esecuzione dovrà essere accettato congiuntamente dal pubblico e dal privato.

Le Schede delle unità edilizie riportano nella casella Indicazioni di Piano gli interventi ammessi attraverso la individuazione di un sistema incrociato di indicazioni che classificano gli interventi sugli edifici entro indirizzi progettuali, ne specificano la classe d'intervento massima ammessa (C.I.M.A.) secondo quanto riportato nel paragrafo 7.4.5, impongono vincoli, danno indicazioni e prescrizioni particolari. Con l'indicazione dell‟indirizzo progettuale e con la classe d'intervento massima ammessa (C.I.M.A.) si individuano rapidamente le diverse possibilità operative consentite per ogni unità edilizia. Le operazioni d'intervento sono specificate e regolate dall'art. 11 delle Norme Tecniche d'Attuazione (N.T.A.). Ad integrazione delle C.I.M.A. sono contenute nelle schede analitico-progettuali eventuali prescrizioni particolari, con carattere vincolistico Prescrizioni (P) o indicativo Indicazioni (I), relative ad interventi ed operazioni prioritarie da eseguirsi nei fabbricati e nelle pertinenze delle singole unità edilizie. Con le prescrizioni vengono descritti quegli interventi specifici relativi ad elementi o strutture da sostituire, modificare o integrare, esistenti nelle unità edilizie; tali interventi debbono considerarsi prioritari per il raggiungimento degli obiettivi del Piano. Essi rivestono, in una prima fase, carattere indicativo ma assumono carattere vincolistico (in quanto costituiscono condizione indispensabile) al momento del rilascio del permesso a costruire per gli interventi definiti dalla classe della ristrutturazione edilizia R.3 e successivi e per le porzioni di edifici o interi edifici o volumi elementari interessati dall'intervento edilizio. Gli edifici che rivestono particolare interesse storico-artistico, documentario o ambientale, i portali o i portoni archivoltati di accesso meglio conservati, gli elementi decorativi e di arredo urbano, sono stati individuati e segnalati nella scheda; essi sono sottoposti a Tutela specifica con un vincolo di rispetto e conservazione che prevede l'esclusivo intervento con opere di restauro scientifico e di risanamento conservativo.

Il documento Orientamenti per la progettazione: Abaco dei caratteri costruttivi degli edifici e tabelle del colore (Allegato B_2 alle Norme di attuazione) raccoglie i caratteri e le modalità esecutive degli

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elementi edilizi e architettonici maggiormente ricorrenti che sono stati riscontrati durante i rilievi effettuati. Tali schede potranno essere utili nella progettazione e nella realizzazione dei lavori di recupero per riproporre i caratteri stilistici e dimensionali di alcuni elementi tipici dell‟edilizia e dell‟architettura locale. Tali caratteri sono distinti per l‟appartenenza alle tipologie storiche presenti, la casa cellulare - pseudo schiera e il palazzo - palazzotto; gli orientamenti progettuali riportati si uniformano a questa categorizzazione. Talvolta le tipologie storiche possono aver perso i caratteri storici originari, ma comunque gli edifici si presentano architettonicamente compiuti e caratterizzati dagli stilemi della loro epoca di costruzione, come ad esempio quelli sotto riportati. In questi casi l‟indirizzo progettuale è quello della conservazione dei caratteri architettonici esistenti dei quali non si descrive un abaco per la varietà e la non ricorrenza delle situazioni.

Per quanto riguarda le tipologie C e D che comprendono l‟edilizia recente o di sostituzione, con edifici o completamenti di edifici che, non avendo una precisa connotazione, rimangono anonimi per la presenza di elementi architettonici variegati e impropri, l‟orientamento progettuale è oltre quello di realizzare le opere di mitigazione sulle criticità riportate nelle schede delle singole unità edilizie, quello di eseguire un intervento di recupero, attraverso l‟utilizzo dei modelli riportati negli abachi, ma improntando la loro definizione alla massima sobrietà e semplicità, al fine di evitare la riproduzione del falso storico.

Al paragrafo 7.2 Elaborati e struttura del piano è riportato l‟elenco delle tavole descrittive e grafiche.

7.4.7 Linee guida per il regreening urbano Il rafforzamento della presenza del verde rappresenta uno dei criteri guida essenziali per conservare o ripristinare il valore storico e paesaggistico del tessuto urbano. Nella sua evoluzione storica, infatti sono andati nel tempo saturandosi molti spazi verdi presenti tradizionalmente nell‟abitato, spazi che, almeno fino alla metà del „900, caratterizzavano il centro storico.

La strategia di rinverdimento (regreening) si caratterizza a Laconi non solo in relazione all‟esigenza di ripristinare una maggiore integrazione città – campagna alla scala edilizia, promuovendo l‟integrazione verde- edificio, ma si lega anche con la stessa conformazione paesaggistica del centro urbano.

L‟intervento di regreening è oggetto di specifiche Linee Guida del Piano (allegato B2_13) e contiene anche le indicazioni per intervenire con azioni di miglioramento del paesaggio urbano, laddove si riscontrano criticità tipo-morfologiche come l‟accostamento fra cellule elementari e annessi con un solo piano e palazzi. In questi casi il regreening verticale consente di migliorare l‟inserimento nel paesaggio urbano delle facciate laterali dei palazzi o dei fabbricati caratterizzati da una scarsa qualità estetica come nel caso di edifici di sostituzione edilizia: è il caso, ad esempio, della presenza delle balconate comparse negli ultimi 50 anni sulle facciate di molte case, o di facciate oggetto di interventi di rimodernamento che hanno introdotto elementi dissonanti nel contesto del paesaggio urbano. La strategia di regreening entra in gioco anche con riferimento all‟opportunità di migliorare le prestazioni energetico-ambientali dei singoli edifici o degli spazi aperti mediante l‟utilizzo del verde per schermature, ombreggiature, fattori di miglioramento del microclima.

Specifiche indicazioni sono inoltre fornite per il regreening dello Verde sulle facciate degli edifici spazio pubblico.

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7.4.8 Riqualificazione energetica degli edifici storici Il tema della riqualificazione energetica di edifici storici rappresenta un aspetto complesso delle gestione del Centro Storico, in quanto sono compresenti due finalità di interesse pubblico: quella della tutela dei beni architettonici e paesaggistici e quella dell‟efficienza energetica e della riduzione dell‟immissione di gas inquinanti e climalteranti in atmosfera, come parte essenziale degli impegni internazionali per la lotta ai cambiamenti climatici e per la realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile.

Il tema richiama il rapporto che si deve instaurare tra la tradizione, il patrimonio culturale di cui si deve conservare e tramandare la memoria, e modernità, la continua evoluzione delle tecniche e delle nuove esigenze espressione dei mutamenti della società e dell‟economia.

Si tratta di un tema che è da molti anni al centro delle riflessioni sul restauro e della tutela del patrimonio storico che ha come punto di riferimento tecnico e culturale le “Linee guida per l‟uso efficiente dell‟energia nel patrimonio culturale”, emanate dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2011.

Le linee guida del Ministero, nell‟applicazione delle regole di intervento postulate dalle Norme Tecniche del Piano Particolareggiato costituiscono un riferimento valido anche per gli interventi nel tessuto storico di Laconi. Di particolare utilità sono le indicazioni riguardanti l‟involucro dell‟edificio e le possibili integrazioni tra impianti per il risparmio energetico e tutela della qualità architettonica e paesaggistica degli edifici. Tra queste è da segnalare, al fine di favorire la ventilazione naturale, la realizzazione di lucernari e camini di ventilazione in copertura.

Interessante, in chiave di integrazione con le strategie del regreening anche la scheda tecnica relativa alla introduzione di sistemi di ombreggiatura naturale come strategia di controllo microclimatico dell‟edificio Un tema molto rilevante è anche la questione degli impianti per le energie rinnovabili, tema ampiamente trattato nelle Linee Guida “Nei centri storici” – si argomenta nelle Linee Guida – “la casistica al momento più diffusa in Italia di applicazione del fotovoltaico è quella dell‟inserimento di pannelli contigui sulle falde di copertura e il requisito minimo di compatibilità di tale inserimento viene in genere individuato nel fatto che i pannelli siano in queste integrati – vengano collocati cioè in modo da sostituire porzioni più o meno estese del manto di copertura senza essere ad esso meramente sovrapposti – e ne seguano inclinazione e orientamento, e si attengano inoltre a geometrie il più possibili regolari e coerenti con la configurazione della falde medesime”.

Le direttive per i pannelli fotovoltaici proposte dalle Linee Guida, cui le NTA del Piano Particolareggiato fanno riferimento, prevedono le seguenti disposizioni: - laddove possibile, inserire i pannelli sulle coperture degli edifici annessi (pergole sul parcheggio ecc.) invece che sulla copertura dell‟edificio storico; - utilizzare le soluzioni integrate – a sostituzione della copertura; - studiare la disposizione dei pannelli in una striscia continua, al di sopra della linea di gronda, su tutta la lunghezza del tetto, o eventualmente a copertura dell‟intera falda che presenta la migliore esposizione: la superficie di pannelli risulta in questo modo meno invasiva rispetto alla frammentazione visiva della falda; - scegliere soluzioni cromatiche compatibili per la superficie dei pannelli, nel caso di inserimenti sulle coperture (grigio dell‟ardesia, rosso mattone dei coppi ecc.), sui muretti dei terrapieni, sulle recinzioni. Una prospettiva sicuramente interessante, segnalata nelle Linee Guida è offerta dai coppi in cui le celle di silicio sono completamente inglobate nel corpo degli stessi, essendo questi realizzati in composto polimerico caricato con polveri naturali, tale da risultare alla vista del tutto analogo al materiale tradizionale e di consentire al contempo ai raggi solari di filtrare attraverso la superficie esterna (come fosse trasparente) e raggiungere le celle fotovoltaiche.

Si tratta del cosiddetto “fotovoltaico invisibile”, applicabile anche ad altri elementi di finitura, che si è andata sviluppando negli ultimi anni e successivamente oggetto di approfondimenti e verifiche da parte dell‟ENEA.

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Il caricamento con polveri naturali consente di ottenere i diversi caratteri cromatici tipici delle tradizioni costruttive locali in relazione alle argille disponibili nei vari ambiti territoriali regionali e sub-regionali, oltre che caratteristiche materiche analoghe a quelle dei normali elementi laterizi.

Per quanto riguarda i pannelli per la produzione di acqua calda o “collettori solari” vanno considerati quali aspetti potenzialmente critici: - la presenza del serbatoio esterno a vista, vicino al pannello; - l‟alterazione della cromatica tradizionale e della percezione generale delle superfici architettoniche. Ove possibile, andrà quindi privilegiato l‟uso di pannelli con serbatoio interno, salvo che l‟articolazione delle coperture ne consenta un inserimento non invasivo sotto il profilo estetico-percettivo.

7.4.9 Compensazione urbanistica Al fine di favorire la riqualificazione ambientale e paesaggistica dei contesti urbani degradati del centro storico, di migliorare la qualità estetica degli edifici segnalati dal presente Piano per criticità tipologiche e volumetriche o superfetazioni edilizie, per i quali le Indicazioni di piano prescrivono il decremento volumetrico e per consentire la messa in sicurezza del territorio e dell‟edificato urbano, il Piano prevede, attraverso lo strumento della compensazione urbanistica, di attribuire al proprietario dell‟immobile gravato dal vincolo di demolizione, crediti compensativi in diritti edificatori.

Tale diritto edificatorio espresso in volumetria costruibile e valutato in metri cubi, corrisponde quantitativamente alle volumetrie demolite di fabbricati o porzioni di fabbricati regolarmente assentiti per i quali nel piano è apposto la prescrizione o l‟indicazione della demolizione.

Tale credito volumetrico è annotato in un apposito registro comunale dei diritti edificatori in cui è indicato, per la proprietà catastalmente individuata, la quantità volumetrica del diritto edificatorio.

Il credito volumetrico che può essere totalmente o in parte trasferito ad altro proprietario, può essere riutilizzato all‟interno dell‟area di piano negli immobili in cui la sagoma planovolumetrica di cui al precedente punto 7.4.6 definita negli elaborati grafici, che rappresenta il massimo sviluppo tipologico dell‟edificio, è in esubero rispetto al valore dell‟indice medio di zona attribuito a quell‟immobile.

Qualora il Comune dovesse attivare la procedura della Compensazione urbanistica su ulteriori ambiti del Piano urbanistico comunale, il credito volumetrico generato dal presente Piano particolareggiato potrà essere usato in tali zone.

8. LINEE GUIDA PER L’INTERVENTO NEGLI SPAZI PUBBLICI

Il sistema dei percorsi connettivi e delle aree esterne pubbliche concorre a costruire, assieme alle quinte edilizie, l‟immagine percepita dell‟insediamento storico. I caratteri e la qualità di questi elementi sono determinanti per definire la scena urbana e incidere sulla loro fruizione. Nell‟apposito elaborato C sono stati trattai i seguenti argomenti: - le pavimentazioni di strade piazze - l‟arredo urbano - l‟illuminazione pubblica

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9. CAPACITÀ INSEDIATIVA, VERIFICA DEGLI STANDARDS E ACCESSIBILITÀ

Il bilancio degli standard urbanistici nel centro storico di Laconi ha evidenziato una condizione in genere ricorrente nelle parti antiche degli abitati: le dotazioni di servizi direzionali, amministrativi, di servizi per la cultura e di luoghi di culto sono sovrabbondanti, mentre sono carenti sia il verde attrezzato, sia i parcheggi pubblici.

Per quanto riguarda lo spazio pubblico, oltre all‟asse stradale di corso Garibaldi, percorso di ristrutturazione urbana che attraversa nella parte mediana il centro storico, gli unici ambiti degni di rilievo per la consistente dimensione, sono:

- il complesso della chiesa parrocchiale dei santi Ambrogio e Ignazio, costituito dal fabbricato chiesastico, dalla casa parrocchiale, dal museo di Sant‟Ignazio, dalla struttura a servizio dei pellegrini e da un‟area destinata a campetto da gioco su cui in origine vi era un fabbricato; - il complesso del palazzo marchionale degli Aymerich con “Su Passaggiu”, il vialone di collegamento del palazzo al parco.

Ai margini del centro storico, lungo il corso Garibaldi è presente una vasta area che degrada verso nord-est, dove esiste un teatro all‟aperto per la realizzazione di spettacoli. In prossimità di tale area è stata recentemente realizzata un‟area per la soste attrezzata dei camper. Tutto l‟ambito urbano storico è caratterizzato da strette strade che talvolta si inoltrano in ancora più stretti vicoli ciechi, con rara presenza di slarghi. Questa caratteristica determina una significativa carenza di spazi pubblici e, in particolare di area destinate alla sosta delle vetture che determina notevoli problemi di mobilità. A tale scopo il piano prevede, tra le azioni prioritarie di riqualificazione, interventi che promuovono la mobilità e l‟accessibilità del centro antico. Gli Obiettivi di tali azioni sono: a) favorire l‟inclusione e la partecipazione alla vita sociale e culturale delle persone con ridotte capacità motorie che risiedono o vogliono visitare il centro antico di Laconi; b) favorire l‟inserimento di nuovi abitanti di tutte le fasce di età, dalle famiglie con bambini alle persone anziane o, in genere con difficoltà motorie; c) favorire la presenza di attività garantendo vie accessibili per la clientela, per gli utenti e per la logistica necessaria allo svolgimento delle attività consentite.

L‟individuazione di percorsi accessibili e delle opere necessarie a garantire la rimozione o aggiramento delle barriere architettoniche dovrà essere definita in forma partecipata, attraverso la somministrazione di questionari e l‟organizzazione di incontri di co-progettazione con la popolazione, le imprese, le categorie professionali e con gli stakeholder pubblici e privati. Il miglioramento dell‟accessibilità pedonale al centro storico va anche considerata come un‟azione di compensazione e mitigazione dell‟effetto della mancanza di parcheggi e aree di sosta.

Per quanto riguarda la carenza di parcheggi, risulta ovviamente difficile il reperimento di nuove superfici per la sosta nel denso tessuto storico consolidato. La carenza potrà essere parzialmente colmata attraverso la realizzazione di parcheggi pubblici perimetrali nelle aree di margine individuate, con il vantaggio di liberare gli stretti vicoli dalle vetture a favore della qualità della percezione ambientale.

10. I MARGINI DELL’ABITATO

La trattazione dei margini dell‟abitato e l‟analisi storica condotta hanno evidenziato una prevalente relazione di grande importanza dell‟abitato con l‟immediato contesto territoriale: è quella avvenuta nella storia della popolazione con il parco e il castello degli Aymerich, ora di proprietà regionale, di grande significato storico, per le importanti relazioni della popolazione con la nobile famiglia e paesaggistico per il grande valore, anche questa volta storico, ma insieme architettonico e ambientale del contesto.

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Questi valori che si sono realizzati nel tempo devono essere accuratamente salvaguardati perché sono, insieme alla varietà dei vicinati e delle fonti che li individuano e caratterizzano, l‟identità dell‟abitato.

I percorsi storici e gli ambiti delle fonti storiche esterne al centro matrice, sono parimenti un margine di elevato valore storico ambientale e paesaggistico per il rapporto costante che hanno avuto con l‟abitato e la popolazione. Si consiglia il rafforzamento della connessione fra queste entità per tenere solida la memoria di questi luoghi simbolici della storia dell‟abitato.

11. INTERVENTI PRIORITARI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA

L‟analisi eseguita nell‟ambito urbano storico ha evidenziato diversi elementi di criticità che sono attribuibili prevalentemente ad alcuni interventi edilizi effettuati nella seconda metà del novecento che, secondo una pratica diffusa in Sardegna e nella penisola, ha portato spesso alla sostituzione edilizia con interventi radicali di demolizione e ricostruzione o di ampliamento secondo modelli diversi da quelli della tipologia tradizionale sia per gli aspetti formali che per i caratteri materici.

Le criticità più frequentemente rilevate e di maggiore impatto paesaggistico, come evidenziato nelle tavole grafiche, sono riferite agli intasamenti in termini volumetrici delle unità edilizie, eccessivamente sopraelevate senza mantenere i caratteri storici dell‟edificato, oltre che alle coperture degli edifici per le quali sono previste nel progetto delle specifiche “prescrizioni” che impongono il loro l‟adeguamento formale quando la geometria non è coerente con i tipi tradizionali ricorrenti e la sostituzione del manto quando questo, in particolare, è in lastre di fibrocemento (eternit).

Al fine di minimizzare l‟impatto di questi interventi e riqualificare la scena urbana, si suggerisce di sostenere economicamente gli interventi dei proprietari privati volti all‟adeguamento delle volumetrie e delle coperture dei fabbricati e alla sostituzione dei manti con materiali coerenti con le tipologie tradizionali. Tali interventi, ad esempio, potrebbero risultare prioritari nelle graduatorie dei bandi regionali di sostegno della riqualificazione urbana o potrebbero essere oggetto del sostegno economico aggiuntivo da parte del Comune alle leggi in vigore che già finanziano tali opere come quelle rivolte alla sostituzione delle coperture in fibrocemento.

Ai fini della riqualificazione e valorizzazione dell‟ambito storico e per la salvaguardia dei caratteri identitari del luogo, si segnalano i seguenti interventi prioritari: - Intervento urbanistico di ristrutturazione e riqualificazione dell’ambito urbano Piazza 29 agosto 1985, che è teso all‟ampliamento dell‟ambito pubblico per permettere la riqualificazione della Piazza 29 Agosto 1985 tramite l‟acquisizione del rudere adiacente e della sua area di pertinenza. È prevista quindi l‟acquisizione da parte dell‟Amministrazione comunale dell‟area identificata come Unità edilizia 12b, all‟interno del Comparto 3, Isolato O. - Intervento urbanistico pubblico di riqualificazione del Corso Garibaldi e dell’ambito del Rione Piacenza, che è teso ad un migliore assetto della viabilità attraverso il rifacimento della pavimentazione della carreggiata stradale, attualmente in conglomerato bituminoso, da realizzare secondo le soluzione indicate nelle Linee guida. - Intervento urbanistico pubblico di riqualificazione delle diverse vie del centro matrice che è teso ad un migliore assetto della viabilità mediante la realizzazione delle pavimentazioni stradali, attualmente in calcestruzzo o in conglomerato bituminoso, per le quali si prevede il completamento secondo la soluzione già adottata nei restanti tratti urbani, valutando la tipologia in fase progettuale a seconda dell‟ampiezza della sezione stradale e della pendenza, fattore determinante all‟interno dell‟abitato di Laconi..

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12. COMPATIBILITÀ PAESAGGISTICA DEL PPCS

La presente relazione costituisce anche la RELAZIONE PAESAGGISTICA che è l‟elaborato richiesto ai sensi dell‟art. 146 comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, denominato Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, in quanto contiene gli elementi necessari alla verifica della compatibilità paesaggistica delle trasformazioni urbane previste nel Piano Particolareggiato del Centro Matrice di Prima e Antica Formazione in adeguamento al Piano Paesaggistico Regionale. Con adeguata documentazione fotografica, analitica e di ricerca, lo studio condotto rende conto dello stato attuale dei luoghi soggetti al vincolo paesaggistico trattando: - del bene paesaggistico e degli elementi di valore presenti; - dei beni culturali tutelati dalla parte II del Codice; - dei caratteri ambientali, storici e culturali; - delle previsioni progettuali contenute nel Piano; - della compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo; - degli impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte; - degli elementi di mitigazione e compensazione; - del risultato finale e della coerenza con gli obiettivi di qualità paesaggistica.

12.1 CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE In applicazione del “Codice”, il Piano Paesaggistico regionale approvato nel 2006 è gerarchicamente lo strumento più organico di governo del territorio della Sardegna ed individua le risorse storiche, culturali ed ambientali del paesaggio naturale ed antropico da sottoporre a conservazione e a tutela, ed orienta l‟attività degli Enti locali cui è demandata la ricognizione di dettaglio e il progetto di pianificazione paesaggistica comunale. Il PPR suggerisce e richiede all‟Ente locale di argomentare le scelte politiche d‟uso del territorio sulla base di rigorosi criteri di compatibilità, da desumere dall‟approfondimento della conoscenza del proprio luogo di appartenenza culturale, quale passaggio preliminare per il conseguimento degli obiettivi di conservazione e salvaguardia delle strutture materiali, espressione peculiare della cultura della società locale. Alla consueta pianificazione urbanistica è stato quindi aggiunto un ulteriore livello di analisi e di approfondimento degli aspetti che concorrono alla costruzione del “paesaggio”, ovvero l‟attuale assetto del territorio naturale e antropizzato che è giunto fino a noi nel lento processo di trasformazioni ed interazioni tra diversi sistemi: ambiente naturale e insediamento umano, geografia e storia, sistemi produttivi e infrastrutture. Sistemi soggetti a continui adeguamenti, spesso a trasformazioni sostanziali e al perdurare di antiche permanenze che si manifestano sia in ambito territoriale sia in ambito urbano, ed in particolare nel “centro matrice di prima o antica formazione”, principale contenitore e custode dell‟identità dell‟ambito urbano e della comunità, dove nel tempo sono state più intense le relazioni fra l‟ambiente naturale e l‟opera dell‟uomo. L‟obiettivo dello studio è volto a individuare le componenti del paesaggio urbano, storiche e culturali, puntuali o diffuse, ma anche a rilevare le criticità e le dissonanze da porre all‟attenzione della comunità e, con questa, condividere gli strumenti e le modalità di intervento sostenibili e compatibili con gli obiettivi di conservazione, di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale ed edilizio della parte antica del centro abitato.

12.2 FINALITÀ PAESAGGISTICHE DEL PPCS Il presente lavoro si pone l‟obiettivo di adeguare la pianificazione particolareggiata di attuazione agli indirizzi ed ai contenuti del Piano Paesaggistico Regionale, all‟interno delle aree perimetrate quale “centro matrice di antica o prima formazione” e di definire le modalità e gli strumenti per la regolamentazione degli

56 / 59 LACONI - PPCS - RELAZIONE ILLUSTRATIVA interventi sugli edifici privati e sugli spazi pubblici circoscritti dal vincolo paesaggistico con la finalità principale di “recuperare l‟identità storico-culturale del centro antico facendo emergere la specificità del luogo e della cultura insediativa”; Le principali finalità che lo strumento è chiamato a perseguire sono di ordine paesaggistico: - approfondire le conoscenze tecniche dell‟architettura storica ed incentivarne la riappropriazione da parte delle maestranze edilizie e dell‟artigianato ad incremento delle economie locali; - tutelare e riqualificare il patrimonio edilizio individuando gli interventi compatibili ed adeguati ai caratteri storico-tradizionali; - individuare modalità di intervento adeguate alle peculiarità paesaggistiche ed ambientali e ai caratteri architettonici dell‟insediamento storico; - limitare all‟indispensabile le modificazioni volumetriche ed architettoniche; - contenere gli interventi di arricchimento decorativo, valorizzando l‟essenziale sobrietà dell‟ambiente costruito; - conservare l‟arcaicità delle soluzioni costruttive; e parallelamente di ordine urbanistico: - integrare il centro matrice dei servizi indispensabili per innalzare la qualità della vita; - rispondere ai problemi della circolazione e della sosta veicolare con soluzioni a basso impatto; ed infine, ma non secondario, di ordine strategico: - stimolare il rientro della popolazione residente all‟interno del centro matrice; - promuovere all‟interno dell‟abitato storico l‟avvio di nuove attività economiche con iniziative che valorizzino le risorse locali e l‟identità culturale; - coinvolgere la cittadinanza in un processo di partecipazione in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini.

12.3 METODOLOGIA DELL’ANALISI E DELLA PROGETTAZIONE PAESAGGISTICA L‟adeguamento dell‟ambiente ai bisogni della comunità è stato in ogni tempo e sarà per il futuro una condizione necessaria e incontrovertibile dell‟uomo che vive un territorio. Questo rapporto è stato nel corso del tempo attuato dalle popolazioni, dalle comunità, con modalità caratteristiche che definiscono la diversità dei linguaggi che risultano elementi di riconoscibilità e identificazione dei luoghi. Dalla relazione generale al PPR estrapoliamo una considerazione che condividiamo: “Risulta evidente che dal secondo dopoguerra in avanti si sia consumata una frattura tra il modo di agire del passato (pre- moderno) e il nostro presente, che ha prodotto fenomeni di discontinuità che, come unanimemente riconosciuto, è necessario ricucire. Agire nel rispetto delle proprie radici e, possibilmente in continuità culturale è, sia doveroso che metodologicamente corretto, per quelle discipline dell‟urbanistica e dell‟architettura che ritengono inderogabile fondare l‟agire progettuale sulla conoscenza delle risorse, delle qualità e dei valori propri del luogo, individuando e recuperando quelle regole che hanno guidato l‟azione dell‟uomo sul territorio fino alla crisi degli ultimi decenni.” Appare ovvio e conseguente che senza la conoscenza di tali regole non possa esistere un progetto aderente al luogo ed alla comunità che lo vive. Il progetto di conoscenza, nel nostro caso, è sostenuto, per formazione didattica, dall‟applicazione del metodo della lettura tipologica, ovvero, dall‟analisi critica delle leggi di formazione e trasformazione delle strutture territoriali ed edilizie, spontanee o progettate, convinti che sia il metodo più adeguato per reinserirsi nella continuità del linguaggio architettonico e culturale in parte dimenticato, ma nella sostanza detentore dei valori identitari della comunità. Altresì convinti che operare in continuità con i caratteri tipologici che riassumono l'intera struttura architettonica, funzionale e formale dell'unità abitativa, il suo rapporto con il contesto e lo spazio pubblico, consenta di salvaguardare gli elementi più significativi dell'organizzazione urbana e l'immagine paesaggistica del tessuto edilizio antico.

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Su questi presupposti e sulle ricerche condotte è stato costruito il progetto che intende giungere alla conoscenza del paesaggio attraverso la lettura dei sistemi che lo compongono: - l’ambiente naturale: negli aspetti fisici, orografici, idrografici, produttivi; - il sistema storico-culturale: nelle vicende storiche e nelle loro ripercussioni sul territorio; - il sistema insediativo: storico e attuale, con il riconoscimento delle strutture antropiche, delle fasi di formazione e di sviluppo, approfondendo in modo particolare l‟analisi sulle quattro scale: - territoriale: quadro geografico naturale, orografia e idrografia; - urbana: insediamento, aree produttive, funzioni e ruoli, assi e polarità; - tessuti e tipologie edilizie: caratteri tipologici e linguaggio architettonico; - caratteri costruttivi: modalità costruttive di dettaglio.

In modo particolare, il tessuto e il tipo edilizio, attentamente studiati nelle varianti sincroniche e diacroniche, catalogate in appositi abachi, sono stati recepiti nel sistema della strumentazione normativa affinché da essi possano essere tratte le soluzioni progettuali più convenienti e di maggiore rendimento, che risultino corrette sia negli interventi minimi di adeguamento, sia nella collocazione delle nuove masse edilizie, in armonia con le unità circostanti e senza alterare gli equilibri esistenti. Pertanto, con l‟individuazione degli elementi tipologici e costruttivi sono stati descritti nel dettaglio gli aspetti costitutivi dei singoli elementi architettonici, restituendo il loro corretto significato nel linguaggio architettonico. Il documento cosi redatto ha l‟intento di guidare il progettista e l‟utenza alla corretta applicazione degli elementi stessi dell‟abaco alle singole e svariate condizioni che si presentano nell‟attività progettuale, limitando soggettive interpretazioni.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:

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