l'Umtà^a gina 11

Storia dei mondiali dietro le quinte degli azzurri/3 Oltre le staffette, l'emozione della finalissima, £1970 le «bombe» di De Sisti," le fìnte di Potetti:.. GlglRIva e dopo Italia-Messico 4 a 1

•a Giù il sombrero. Dopo trenta­ Uno sguardo veloce alla semifi­ quattro anni di amarezze e di illu­ nale contro la Germania, vista dal sioni deluse la nazionale italiana campo, con gli occhi di Picchio De toma nell'Olimpo del pallone, e Sisti: «Devo dire la verità, quella per la prima volta dopo i successi - partita non è stata eccezionale fino del periodo fascista. Secondi solo r al 90', fino al gol di Schnellinger. al divino Pelè; e ancor prima capa­ Poi però quegli incredibili supple­ ci di giocare e di vincere la più bel- ' mentari... Quando Muller ha se­ la partita di calcio mai disputata gnato il 3-3, con Rivera che stava nella storia di questo sport, la semi- ' sulla linea di porta e che l'avrebbe finale contro la Germania, i supple- ' potuta tirar fuori quella palla, ci sia­ mentari, il gol del 4-3 di Rivera, i'ur-, mo girati tutti a guardarlo, senza di­ lo di gioia suo e di tutta l'Italia, un re una parola. E Gianni ha detto: urlo che ti si strozza in gola ancora i ; "Vabbè, allora vuol dire che devo adesso, forse per pudore, a rivede- andare a fare gol". Sembra incredi­ re quelle immagini. S'è parlato e scritto molto di quel meraviglioso < bile. Palla al centro, Boninsegna mondiale in Messico, nel 1970. E , passa a Rivera, Rivera a me, io pas­ sempre, immancabilmente, pun- . so a Facchetti, lancio per Boninse­ tuale come un gol di Gigi Riva, ci è ' gna sulla fascia, dentro per Rivera caduto addosso i! Problema con la e gol. Un minuto. E l'aveva pure p maiuscola: la micidiale staffetta <' detto! Era scritto in cielo che do- tra Mazzola e Rivera. Di questa sto- " vessimo-vincerla quella partita». ria ormai sappiamo tutto, dettagli, - ; Stadio Azteca, 21 giugno 1970, sfumature, sottintesi. Abbiamo ». finalissima Brasile-Italia. Il Brasile sentito chiedere a tutti cosa ne « dei Pelè, dei Rivelino, Jairzinho, pensavano e tutti hanno risposto, Gerson, Carlos Alberto. «La più for­ negli ultimi ventiquattro anni. Ne te squadra che abbia mai parteci­ hanno parlato Mazzola e Rivera, , pato ad un campionato del mon­ anzitutto; e poi Valcareggi, e tutti '• do» - sentenzia Gigi Riva. Ancora gli azzurri che erano 11, e i giornali­ De Sisti svela un aneddoto della vi­ sti, gli esperti, i tifosi... Ormai è di­ gilia: «Una delle cose che metteva ventata un'associazione •, d'idee, più paura a Valcareggi erano le fin­ un'equazione matematica, un'os- • te di Rivelino, ve le ncordate? Beh, sessione: Messico '70 uguale staf- * il giorno prima della finale ce l'ha fetta Mazzola-Rivera. Francamen- • fatta provare a tutti. E nessuno di te, non sapremmo cos'altro rac­ noi c'è riuscito. Non dico io, ma contarvi. In quel mondiale, invece, -• nemmeno Mazzola, Rivera, gente è successo ben altro. Di splendido, v che col pallone faceva quello che ma anche di vergognoso. Come la • voleva. Gli altri poi... Poletti casca­ furiosa e cieca contestazione riser­ va sul pallone ogni volta che ci pro­ vata alla nazionale al rientro in Ita- v vava». E le sensazioni entrando in lia, al di la della fondatezza delle critiche. Vicecampioni del mondo? campo? «Avevamo la pelle d'oca - E giù sassi contro i calciatori, ba­ ricorda Picchio -. Entrando in stonate, pomodori, insulti. Qualcu­ quello stadio mi sentivo come un no è anche finito in ospedale. Peg­ soldatino che va al fronte a difen­ gio del dopo-Corea. La colpa degli La leggenda messicana dere la patria». Boninsegna ci rimu­ azzurri? Aver illuso il popolo italia­ gina ancora su: «Ogni volta che n- no che tanto aveva bisogno di sod- ' penso a quella finale toma il ram­ disfazioni perdendo contro il Brasi­ marico per non avercela fatta, per le di Pelè. Buffoni, traditori, incom-t essere arrivati ad un passo dalla vit­ petenti, «ah se ci fosse stato Rivera -'. Vicecampioni del mondo. E i tifosi insorgono toria». Domenghini: «La partita è ri­ in campo». E la semifinale con la ' masta in bilico fino all'1-1, a mez­ Germania? Una vittoria «dovuta» ai - z'ora dalla fine. E fino ad allora il tifosi. Vincere, solo vincere. Arriva- * Brasile non aveva certo giocato re secondi, dal 1970, non basta L ri cosi in Italia?" "lo no, e tu?" Poi con più piacere di tutto il mondia­ meglio di noi». però arrivavano Riva, Domenghini, , ANDREA OAIARDONI le». Ancora Riva: «È stata una quali­ più. Forse è cominciata da 11 la de- • Del rientro in Italia degli azzurri generazione < del tifo calcistico, • Prati e tiravano contro il muro di to con Valcareggi. Una persona che Anastasi si era sentito male al­ due pareggi senza gol contro Uru­ ficazione sofferta, forse perché non una casetta bassa che stava prima abbiamo già parlato. Ma i nostri Pembrione della violenza che negli ~ umana che cercava sempre il dia­ l'ultimo momento. Ma se lo conte­ guay e Israele. Ecco Domenghini, eravamo abituati a giocare in quel­ calciatori, sono più tornati in Mes­ anni a seguire ha invaso i nostri , degli spogliatoi. Beh, sembravano logo. Ci trattava come fratelli mino­ sto come allenatore non posso che autore dell'unico e decisivo gol le condizioni. Poi col Messico sia­ cannonate». sico? no, ma vor­ stadi. Il definitivo smarrimento del ri». Giudizio solo in parte condiviso parlarne bene come uomo: Valca­ contro la Svezia: «Sono state quelle mo esplosi». C'è molto Riva in quel rebbe: «SI, mi piacerebbe, ma non senso della misura, dell'obiettività, ' Un gruppo straordinario nei ri-. 4-1 contro i padroni di casa che cordi di : «Era­ da : «Ho sem­ reggi era un fior di persona». le partite decisive, le più difficili, è mai capitata l'occasione. Rivede­ della sportività. - • • — ' • •- pre faticato ad entrare nelle sue Cominciano le gare e per l'Italia quando devi vincere a tutti i costi, . spalancarono all'Italia le porte del­ re quella Basilica bella in piazza, vamo forti come collettivo ancor la semifinale, al di là dei due gol Ma, dicevamo, di quel mondiale •>• prima che come squadra, eravamo ' grazie. A quei mondiali, tanto per non si mette granché bene: una vit- • ma sei teso e nervoso e invece devi non ricordo il nome, oppure il dime una, sono andato solo per- toria di misura contro la Svezia, poi farcela. Sono le partite che ricordo • segnati. Sentite come De Sisti parla mercatino o magari leggere il mio ci sono anche pagine splendide da uniti, compatti. No, le polemiche ' del suo compagno di nazionale: leggere. L'arrivo della comitiva az­ della staffetta non ci creavano pro­ nome sulla targa all'Azteca, in ri­ blemi. Guardate Rivera, che per «Riva era il nostro grandissimo fiore cordo di Italia-Germania». L'ultima zurra a Città del Messico ce lo rac­ all'occhiello. La stampa messica­ conta Giancarlo De Sisti, cardine • me resta il più grande giocatore di parola a Gigi Riva: «Ci sono torna­ del centrocampo di Valcareggi. tutti i tempi: ha accettato i famosi , La Coppa Rimet prende la strada di Rio de Janeiro na, ne! presentare i mondiali, dava to, si, in occasione dei mondiali «Avevamo la lingua sotto i piedi - sei minuti contro il Brasile dando pagine intere solo a due calciatori: : dell'S6. Ma è stata una delusione. una straordinaria prova di serietà, Brasile, per la terza volta Brasile. Che conquista cosi il segnare il gol del pareggio. La svolta a venticinque Pelè e Riva. E Gigi non era solo uno Avevo lasciato un paese verdissi­ racconta Picchio -, facevamo fati- - diritto di conservare la Coppa Rimet Stavolta tocca - ca a respirare 11 a duemila metri. " ai professionismo, chiamatelo co­ minuti dalla fine, con il gol di Gerson. Stavolta gli straordinario calciatore. Aveva fa­ mo, con l'aria fresca, limpida. Inve­ Però qualche vantaggio c'era. Alla me volete. Un grande esempio, per all'Italia assistere al trionfo di Sua Maestà Pelò, uno azzurri vacillano, si buttano In avanti con la forza della scino, trascinava la squadra, gli av­ ce ho trovato una città sfasciata, il fine degli allenamenti ci fermava­ tutti». E Gigi Riva: «Ma si, si stava be­ giocatore al mondo ad aver vinto nella sua carriera tre disperazione, ma cinque minuti dopo Jairzinho spezza versari lo temevano. Il prototipo cielo sempre grigio, un inquina­ titoli mondiali. All'Azteca, quel 21 giugno del 1970, mo sempre un po' a calciare in ne tra noi. Eravamo una buona l'Illusione di Riva e compagni di raggiungere di nuovo del Dio greco con le spalle quadra­ mento che ti soffoca, che ti fa veni­ squadra, eravamo campioni euro­ c'erano 105.000 spettatori. Ovviamente tutto il tifo porta, lo e Juliano non avevamo " Il pareggio: 3-1, partita Anita. L'ultimo, spettacolare te che si mette a giocare a pallone, re il mal di testa dopo mezz'ora un gran tiro, magari preciso, ma ' pei in carica. Insomma, sapevamo del messicani ò per I «fratelli» del Brasile. Passano con quella potenza che non ho che stai per strada». Ma qualcuno, ; qual era il nostro valore anche se . gol di Carlos Alberto fissa II risultato sul 4-JL Nella • non certo potente. Invece li, con ; dlclotto minuti e Pelò mette il primo sigillo alla finale. mai più trovato in altri calciatori. a Città del Messico, si ricorda anco­ l'aria rarefatta, - partivano certe t non pensavamo di arrivare cosi in L'Italia non si fa Intimidire e ricomincia a tessere la finale per II terzo e quarto posto, la Germania Ovest Era davvero un piacere giocarci as­ ra di Gigi Riva? «SI, qualche vec­ schioppettate... Totonno, ma tu ti- alto. Ed era straordinario il rappor­ sua tela, che al 37' porta Roberto Boninsegna a prevale sull'Uruguay con un gol di Overath. sieme». chietto forse...» È stato il più grande giocatore di tutti i tempi. Più di mille partite, più di mille gol •i «lire». A dargli questo sontuoso deva per Clay, era un messaggio, soprannome fu T «Equipe», il quoti­ era una bandiera. Era uno schiaffo diano sportivo di Parigi. Era il 1961, al razzismo. A pensarci bene lo Pelè aveva 21 anni ed aveva già i sport è sempre stato uno strumen­ vinto molto. Soprattutto aveva vin­ Pelè, il figliode l ciabattino che divenne re to formidabile contro l'idiozia raz­ to il mondiale, la Rimet. L'aveva zista. Negli anni trenta con Jessie vinta nel '58, segnando due volte ' Owens, nero americano, atleta rissimo del Brasile: Tres Coracoes. non sarebbe bastato Rivera a vin­ nella finale contro la grande Svezia PIERO SANSONETTI grandissimo, che andò nella Berli­ di Liedholm, La Svezia aveva se-. Suo padre faceva il ciabattino ma cere. no di Hitler e vinse quattro meda­ gnato per prima, dopo appena tre - giocava anche a pallone. Neanche correnza era forte, Eppure gli dissimi per essere il Re. Brasile vinse la sua terza finale di Naturalmente Pelè ebbe anche malissimo. Lo chiamavano Dondi- glie d'oro: cento, duecento, lungo minuti, e il gol lo aveva fatto pro­ esperti non ebbero dubbi, capiro­ Per la verità Pelè non aveva un Coppa Rimet, e l'Italia vide sfuma­ le giornate nere. Certamente neris- e staffetta. E fece morire di rabbia il prio Liedholm, Poi il Brasile aveva nho, era un attaccante, e alla fine no subito che Pelè era il numero gran fisico. È alto appena un metro re il grande sogno. Valcareggi fu ' sima fu quella del suo scontro con degli anni '40 andò a fare il cam­ Fhurer (che non volle premiarlo) rimontato, con due reti di Vavà, il uno. Aveva, ai livelli più alti, tutte e e 67. Bassino. E il suo peso forma processato e vituperato (mai ab­ Trapattoni. Eravamo alla metà de­ e i gerarchi tedeschi che avevano centravanti. Il primo tempo era fi­ pionato in una squadretta di San tre le doti che fanno un grande cal­ era di 70 chili. Però aveva una forza gli anni sessanta, e il Brasile era in Paolo. Lo pagavano tremila lire a bastanza) per non aver fatto gio­ speso una fortuna per far riuscire la nito due a uno, e la partita era an­ ciatore: la prestanza atletica, la ca­ nelle gambe assolutamente ecce­ Italia per un amichevole. Eravamo grande Olimpiade tedesca ed ana­ cora apertissima. 11 Brasile si scate­ partita. Non era poco. E infatti era pacità di trattare la palla, l'intelli­ care Rivera. La colpa di Valcareggi zionale. Che gli permetteva di cor­ fu imperdonabile, perchè Rivera tutti convinti di perdere, e invece na, e alla fine erano stati beffati da na nel secondo tempo. Al decimo ' riuscito a mandare a scuola il mag­ genza nel gioco. Aveva la forza di " rere i cento metri in 11 secondi net­ vincemmo. Vincemmo tre a zero. giore dei suoi tre figli: appunto, Pe­ Cruijff, l'abilità di Maradona, l'intel­ era - dopo Pelè - il più grande cal­ un negro. E poi di nuovo nel '68 minuto c'è un lancio lunghissimo ' ti (velocità in quegli anni straordi­ Pelè usci dal campo tra i fischi per­ con l'altro nero americano, Smith, di Nilton Santos che attraversa. lè. Ma a Pelè la scuola non piace­ ligenza di Rivera. E in più aveva ciatore in attività. E comunque cre­ chè giocò malissimo. Era marcato va. Gli piaceva solo il pallone e gli naria) , e di saltare molto alto. Se lo che salì sul palco e salutò il mondo quasi tutto il campo. Il pallone fini-. un'altra cosa ancora: il carisma. Il ricordano tutti in quel pomeriggio do che contro quel Brasile di Pelè dal numero 6 dell'Italia, che era sce dalle parti di Pelè, 18 anni, ra­ piaceva da matti. Le sue giornate le carisma di Liedholm. Per questo è col pugno chiuso e col guanto ne­ dannato del giugno "70, quando appunto Giovanni Trappattoni. Pe­ ro del Black Panther. gazzo prodigio che aveva trovato il passava a giocare con la squadret­ stato il più grande giocatore del lè passò delle brutte giornate an­ ta del quartiere. Finché un certo si­ volò trenta centimetri più su di Bur- Pelè queste battaglie non le ha , posto in prima squadra solo per- .; mondo. Il più grande di tutti i tem­ gnich, e poi si fermò in aria ad che nel '62, in Cile. Ai mondiali. Si che si era fatto male il titolare, che gnor De Britto, un ex calciatore del pi: passati, presenti e - credo - an­ mai fatte. Non so neppure come la Santos, lo vide durante una parti­ aspettare il pallone che Jairzinho fece male prima della semifinale e era José Altafini. Pelè è girato con che futuri. Òggi qualcuno dice che saltò le due gare decisive. Non c'e­ pensasse da ragazzo né come la le spalle alla porta. Uno svedese, - tella e capì che poteva scomettcre Maradona è stato più forte di lui. aveva lanciato verso di lui. Tutti pensi adesso. Alla causa di neri pe­ su di lui. Vinse la scommessa. Pelè sanno come andò a finire: l'insu­ ra alla finale con la Cecoslovac­ Bcrgamark, gli è addosso. Lo chiu­ Non è vero. Maradona ha giocato chia. , . rò anche lui, in fondo, ha regalato de. Pelè ferma la palla col petto, se . non aveva neppure 15 anni quan­ molto meno di lui e ha vinto nean­ perabile Burgnich tornò a terra, qualcosa: 1364 partite con 1281 la lascia cadere sul piede, la fa rim- • do De Britto lo propose al Santos, e che un decimo di quello che ha sconfitto; Pelè colpi la palla con la Pelè, lo sanno tutti, era nero. E gol, tre campionati del mondo, balzare due volte e poi con un pal­ il Santos lo prese. Un anno dopo vinto Pelè. È stato grandissmo Ma­ testa e la mandò dentro la porta di credo che questa fu una cosa che un'infinità di campionati nazionali lonetto all'indietro scavalca Berg- l'esordio in . due anni dopo radona, ma non basta essere gran- Albertosi. All'incrocio dei pali. Il ebbe un peso. Gli anni di Pelè, i e di coppe americne e interconti­ mark, Scatta, supera lo svedese ed in nazionale, contro l'Argentina sessanta, furono gli anni nei quali nentali di Club. L'unica cosa che io ha ancora il tempo per guardare la (un gol stupendo, dopo aver salta­ in tutto il mondo crescevano i non gli ho mai perdonato sono porta, prendere la mira, fare una to cinque avversari), tre anni dopo grandi movimenti contro il razzi­ quei due gol che fece contro il Mi- finta e poi colpire forte con la pun­ la mitica finale con la Svezia. E la Carta d'identità smo. In America, Kennedy e poi • lan nel '64: era in gioco la coppa ta del piede. E gol. La Svezia è bat- .• consacrazione intemazionale. Johnson varavano le leggi contro Pelè, vero nóme Edson Arante» do Nascimento, 6 nato a Treis Coracoes, del mondo di Club; il Milan aveva tuta. Il Brasile è campione del . Alla fine degli anni 50 non man­ la segregazione razziale, ma il Ku vinto l'andata 4 a 2 e stava vincen­ mondo per la prima volta. E inizia . nello Stato di Minas Gerais, Il 23 ottobre 1940. Figlio di un dlscerto Klux Klan era ancora forte, specie cavano i grandi giocatori, in giro giocatore (soprannominato Dondlnho), Pelò ha Iniziato a giocare nelle do il ritomo 2 a 0. Mancavano 35 la leggenda dei «carioca». Che per per il mondo. A parte gli assi brasi­ negli Stati del sud, dove comanda­ minuti alla fine della partita. Era-.' quindici anni saranno una squadra liani, cVrano gli argentini, con Si- giovanili del Bauru Atletic Club ed è approdato al Santos non ancora va, picchiava e uccideva. Pelè non fatta. E invece no: Pelè si scatenò e ., praticamente imbattibile. E con la vori in testa, gli uruguani, gli spa­ sedicenne. L'esordio nella massima serie brasiliana, con la maglia fu un militante antirazzista. Come trascinò il Santos. In mezz'ora^; leggenda dei carioca inizia la leg­ gnoli, i portoghesi di Eusebio. E poi santlsta, è datato 7 settembre 1956, In un'amichevole a Sao André contro lo fu, in quello stesso periodo, Cas- quattro gol. Si andò allo spareggio' • genda di Pelè. . ". ' c'erano ancora i grandissimi della Il Corlnthians. Poi, a meno di diciassette anni, il 7 luglio del 1957, Pelé ha sius Clay. Però in qualche modo fu e il Santos vinse uno a zero su ngo- Il suo vero nome è Edson Aran- generazione precedente, come Di giocato la sua prima partita con la maglia della Nazionale, davanti al un simbolo. Il fatto che il mondo re. Fu una delle più grandi delusio­ tes do Nascimiento. È nato il 23 ot-. Stefano, Schiaffino, Puskas, Lie­ pubblico del Mancano: Brasile-Argentina, valevole per la Coppa Roca. intero lo considerasse il più gran­ ni della mia infanzia. Ancora mi tobre del 1940 in un paesino pove- dholm, Green. Insomma, la con­ Poi la sua storia è diventata leggenda. de, cosi come nel pugilato succe- brucia.

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