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Rivista fondata da Luciano Pasquali Anno XXIII•n.1•Gennaio 2018 Mensile Tecnico Scientifico € 4,50 E.S.S. Editorial Service System In edicola 25 gennaio 2018 Sped. Abb. Post - D.L. 353/2003 Fondazione Dià Cultura (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art.1 comma 1, Aut. N.C/RM/036/2010

IL VIAGGIO DI ENEA MITO, STORIA, ARTE E ARCHEOLOGIA

la navigazione avventurosa dei primi coloni greci e si 1 configura come un racconto poetico delle migrazioni: migrazioni a causa delle guerre, per la fame, per la ricerca di nuove terre più feconde da abitare, con tutto il bagaglio di vicissitudini, eventi sovrannaturali, imprevisti, vicende amorose, battaglie che caratterizzano le grandi epopee. Nelle pagine che seguono il mito del viaggio di Enea viene affrontato in una messe di articoli – raccolti e curati da Ettore Janulardo – che ne mette in luce le complesse implicazioni storiche, archeologiche, topografiche, artistiche, immaginifiche. Ma è soprattutto la componente “umana” a colpire nell’Eneide e il più tragico conflitto “umano” per eccellenza è proprio quello fra destino e passione, scontro L’incontro di e Enea, di Sir Nathaniel Dance-Holland che si esplica in tutta la sua forza nel IV libro dell’ e (1735-1811), figlio di George Dance il Vecchio va a formare l’argomento della “Didone abbandonata”, il melodramma di Pietro Trapassi, detto Metastasio, che ha come protagonista l’infelice amore della regina di Editoriale: il viaggio di Enea e la Cartagine per l’eroe capostipite della Gens Iulia (secondo Didone abbandonata. Il dramma di un l’asse Venere – Enea – Ascanio/Iulo). amore negato dal fato Didone: m’abbandoni! Perché? «Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris Enea: Di Giove il cenno, Italiam, fato profugus, Laviniaque venit l’ombra del genitor, la patria, il cielo, litora, multum ille et terris iactatus et alto la promessa, il dover, l’onor, la fama vi superum saevae memorem Iunonis ob iram; alle sponde d’Italia oggi mi chiama. multa quoque et bello passus, dum conderet urbem, La mia lunga dimora inferretque deos Latio, genus unde Latinum, pur troppo degli dei mosse lo sdegno. Albanique patres, atque altae moenia Romae». (Metastasio, “Didone abbandonata”, scena XVII, atto «L’armi canto e il valor del grand’eroe primo, vv. 464-470) che pria da Troia, per destino, a i liti d’Italia e di Lavinio errando venne; L’opera, rappresentata per la prima volta a Napoli nel e quanto errò, quanto sofferse, in quanti Carnevale del 1724 e interpretata dalla famosa cantante e di terra e di mar perigli incorse, Marianna Benti Bulgarelli, soprannominata La Romanina come il traea l’insuperabil forza (1684-1734) per via del suo luogo di nascita, procurò del cielo, e di Giunon l’ira tenace; subito successo al suo giovane autore che visse a Roma, e con che dura e sanguinosa guerra Napoli e Vienna dal 1698 al 1782. Musicato durante il fondò la sua cittade, e gli suoi dèi secolo da più di 50 compositori, questo melodramma ripose in Lazio: onde cotanto crebbe rappresenta una versione della vicenda di Enea interpretata il nome de’ Latini, il regno d’Alba, come un episodio di storia amorosa e sviluppata secondo e le mura e l’imperio alto di Roma». il gusto del teatro dell’opera: sul palcoscenico la solennità dei versi virgiliani si trasforma in brevi battute di dialogo, (Verg., Aen., I, 1-7; trad. it. di Annibal Caro) il drammatico monologo di Didone diventa un’arietta cantabile alla fine della scena. Eppure nel Settecento Negli intensi versi del proemio dell’Eneide – ispirato a quelli l’opera di Metastasio contribuì non poco a rendere dell’Iliade e dell’Odissea e modello dei poemi successivi e, popolari in tutta Europa i personaggi del poema latino: in particolar modo, di quelli cavallereschi come l’Orlando basti pensare che le ariette di Didone e di Enea ebbero Furioso – è condensata la trama di tutta l’opera virgiliana una diffusione paragonabile a quelle di alcune “canzoni il cui filo rosso è costituito da un’esaltazione delle origini pop” moderne. di Roma in chiave filoaugustea, unita alle sofferenze patite dal pius Enea a causa dell’ira di Giunone. Guidato dal Simona Sanchirico, Direttore editoriale di Forma Urbis fato l’eroe, alla fine del suo faticoso peregrinare, giunge Fondazione Dià Cultura nel Lazio e qui fonda una città per dare una nuova patria agli dei Penati condotti con sé da Troia in fiamme, al termine della terribile guerra. Per suo tramite la nuova stirpe latina è destinata a un grandioso avvenire, dando Bibliografia essenziale inizio alla storia di Roma, la città eterna. Il viaggio da E. M. MoorMan, W. Uitterhoeve, Miti e personaggi del mondo classico, s.v. Enea, Oriente a Occidente, dalle coste dell’Asia Minore alla foce trad.it. a cura di e. talaMo, Milano 1997 del Tevere – che vede Enea e i suoi compagni impegnati F. vazzoler, “Didone e l’impresario”, in E. Sala di Felice e R. caira lUMetti (a cura in tappe per terra, per mare e persino negli Inferi – ricorda di), Il melodramma di , Roma 2001, pp. 305 e ss. 2 Insieme per l’Archeologia

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www.sysgraph.com [email protected] Sommario 3

1 Editoriale: il viaggio di Enea e la Didone abbandonata. Il dramma di un amore negato dal fato di Simona Sanchirico

5 Hierapolis di Frigia tra Anatolia e Roma di Tommaso Ismaelli

14 Enea a Creta. Un’isola nella letteratura e nella storia attraverso le ricerche dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ a Gortina di Enzo Lippolis

20 Butrinto: il mito di Enea e l’archeologia italiana di Enrico Giorgi, Belisa Muka, Michele Silani

28 Il viaggio di Enea fino a Cartagine. La ricerca archeologica nel Mediterraneo di Attilio Mastino

40 Enea e la topografia troiana di Lavinium di Alessandro M. Jaia

46 Enea: viaggi pittorici tra mito e ideale di Ettore Janulardo 4 In copertina: Claude Gellée (Le Lorrain), Marine avec Enée à Délos, 1672. Olio su tela, 100 x 134 cm. Londra, National Gallery (da commons.wikimedia.org) FORMA VRBIS. Itinerari nascosti di Roma antica Mensile Tecnico-Scientifico fondato da Luciano Pasquali Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma n°548/95 del 13/11/95 Direttore responsabile Silvia Pasquali Direttore scientifco Claudio Mocchegiani Carpano Direttore editoriale e curatore scientifco Simona Sanchirico Consulente editoriale Chiara Leporati Redattori Chiara Leporati (coordinamento redazione), Laura Pasquali, Francesco Pignataro, Simona Sanchirico Impaginazione e grafca Giancarlo Giovine per la Fondazione Dià Cultura Traduzione e servizi editoriali per l’edizione in lingua inglese Jennifer A. Delare ([email protected]) – Delare Language Solutions Comitato scientifco d’onore Silvia Aglietti DAI - Istituto Archeologico Germanico di Roma, Fondazione Dià Cultura; Giovanna Alvino Museo Archeologico Cicolano; Luca Attenni Museo Civico Lanuvino, Museo Civico di Alatri; Giovanni Attili “Sapienza” - Università di Roma, Fondazione Dià Cultura; Angelo Bottini già Dirigente del Ministero dei Beni e della Attività Culturali e del Turismo; Wouter Bracke Academia Belgica; Elena Calandra Istituto Centrale per l'Archeologia; Gianfranco De Rossi Espera Srl; Paola Di Manzano Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il MNR e l’Area Archeologica di Roma; Giuseppina Ghini SABAP per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale; Dario Giorgetti Università degli Studi di Bologna; Michel Gras Accademia dei Lincei; Emanuele Greco Fondazione Paestum; Leonardo Guarnieri CoopCulture; Pier Giovanni Guzzo Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte; Ettore Janulardo Università degli Studi di Bologna; Eugenio La Rocca “Sapienza” - Università di Roma; Enzo Lippolis “Sapienza” - Università di Roma; Daniele Manacorda Università degli Studi di Roma Tre; Federico Marazzi Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, Napoli; Paolo Moreno Università degli Studi di Roma Tre; Davide Nadali “Sapienza” - Università di Roma; Valentino Nizzo Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Fondazione Dià Cultura; Carlo Pavia già Direttore di Forma Urbis; Francesco Pignataro Fondazione Dià Cultura; Massimiliano Quagliarella già Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; Silvana Rizzo Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo; Massimo Rossi già Comandante II Sezione del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico del Nucleo Polizia Tributaria di Roma della Guardia di Finanza; Marco Santucci Università degli Studi di Urbino; Vincenzo Scarano Ussani Università degli Studi di Ferrara; Giovanni Scichilone Loyola University of Chicago; Patrizia Serafin Petrillo II Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Elizabeth J. 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Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Hierapolis di Frigia tra Anatolia e Roma Le attività della Missione Archeologica Italiana a 5 di Tommaso Ismaelli* Hierapolis

In Frigia, terra di origine di Enea e degli eroi della saga troiana, La figura di Enea come chiave di lettura delle opera ininterrottamente da 60 anni la più antica Missione recenti scoperte Archeologica Italiana in Turchia, fondata nel 1957 da Paolo Verzone (Politecnico di Torino), per la ricerca a Hierapolis (fig. 1). Avviata con un preponderante interesse verso l’analisi e il Il racconto immaginifico del viaggio di Enea, destinato a restauro delle imponenti rovine bizantine, fra cui spiccava il infiniti incontri e scontri sulle coste di un Mar Mediterraneo complesso straordinario del Martyrion di San Filippo, l’attività già fortemente interconnesso, prende avvio con della Missione si confrontò anche, fin dai primi anni, con lo l’abbandono doloroso di Ilio e l’imbarco sulle navi di scavo degli importanti complessi monumentali risalenti all’età familiari, compagni e Penati nella località di Antandros, imperiale, come il teatro e il santuario di Apollo, nonché sulla costa meridionale della Troade. L’eroe non è dunque dell’estesa e imponente necropoli, la cui ricca documentazione direttamente connesso, nel racconto virgiliano, alle storie epigrafica era già parzialmente nota agli studiosi grazie alla pubblicazione nel 1898 degli Altertümer von Hierapolis a cura del passato mitico della città di Hierapolis di Frigia, oggi di Carl Humann, Conrad Cichorius, Walther Judeich e Franz Pamukkale, che si trova più a sud-est, lungo il corso Winter. Grazie al carattere sistematico e continuo della ricerca del fiume Lykos. Ciò nonostante, questo importante archeologica, Hierapolis è oggi uno dei casi di studio più centro ellenistico-romano della Turchia interna si presta importanti per comprendere l’articolazione dei paesaggi urbani perfettamente a una lettura storico-archeologica che e lo sviluppo delle dinamiche insediative nell’Asia Minore fra richiami i grandi temi collegati alla figura di Enea e al suo tardo ellenismo e fasi bizantine, all’interno del complesso viaggio dall’Anatolia fino al Lazio. insieme di relazioni con il sistema politico ed economico Come è noto, Enea costituisce un simbolo straordinariamente attivato da Roma e dal suo impero. Negli ultimi anni, sotto la direzione di Francesco D’Andria, versatile, grazie a una biografia mitica ricca di suggestioni. si sono sviluppate varie linee di ricerca caratterizzate da un In effetti, l’eroe troiano sintetizza perfettamente il tema approccio multidisciplinare e dal taglio innovativo sotto il profilo dell’incontro tra mondi differenti, a partire dalla nascita metodologico che hanno permesso, in particolare, di valorizzare che lo pone a metà strada tra divino e umano. A sua volta, il peculiare rapporto con le caratteristiche ambientali del sito. La la discesa negli Inferi immaginata da Virgilio descrive una colonia fondata in età ellenistica, probabilmente dai Seleucidi, figura capace di collegare attivamente non solo il mondo si insedia in un contesto geologico particolare, caratterizzato da dei vivi e dei morti ma anche il presente del mito con il una intensa attività sismica e fortemente segnato da fenomeni futuro della storia, rappresentata dai viri illustres di Roma geotermali, già noti nell’antichità e descritti nelle fonti letterarie. Le acque, che sgorgano calde dal terreno e scorrono lasciando sino ad Augusto. Allo stesso tempo, attraverso il viaggio dietro di sé le bianche distese di calcare che caratterizzano periglioso, Enea diviene paradigma di un Mediterraneo ancora oggi lo straordinario paesaggio della città, sono legate unificato dalle coste dell’Asia Minore a quelle africane nelle descrizioni tramandate da Strabone, Vitruvio e numerosi sino ai lidi dell’Italia, a dimostrazione che i fili dei destini altri autori alle più diverse manifestazioni della vita di Hierapolis, individuali e le sorti dei popoli di queste terre risultano da quelle economiche (l’agricoltura, la tessitura) a quelle inscindibilmente legati. cultuali. In connessione con la faglia e con le sorgenti sorgono, Tutte queste suggestioni tematiche costituiscono le premesse infatti, i santuari della città, a partire dal famoso Ploutonion con cui rileggere alcuni aspetti della città antica di Hierapolis, che solo recentemente è stato portato alla luce, svelando la complessa e peculiare vicenda di frequentazione risalente fin soprattutto alla luce delle più recenti scoperte e ricerche alle fasi arcaiche, mai prima documentate nel sito. condotte dalla MAIER - Missione Archeologica Italiana Hierapolis, la ‘città sacra’, è ora meglio nota nella sua dimensione (fig. 1). Sotto la direzione di Francesco D’Andria, in effetti, cultuale grazie all’indagine stratigrafica dell’importante santuario l’ultimo decennio ha visto una significativa intensificazione dedicato ad Apollo, ripresa nel 2001, nel quale è possibile studiare delle indagini, anche in termini di risorse materiali e umane il complesso intreccio di relazioni fra le tradizioni religiose locali e dispiegate grazie a una rete sempre più internazionale di quelle ascrivibili all’apporto greco dei nuovi fondatori macedoni. collaborazioni: alle importanti scoperte del Ploutonion e A queste nuove ricerche si devono una serie di scoperte, della tomba di San Filippo si sono affiancati i risultati di fra le quali è opportuno segnalare l’insieme di dati che sottolineano la rilevanza della fase augustea e giulio-claudia nuove linee di ricerca, da quelle sul popolamento antico nella monumentalizzazione della città. Il tema riveste, come agli studi sullo sfruttamento delle risorse territoriali della città. si dirà più avanti (cfr. infra Ismaelli) una notevole importanza nell’ambito della riflessione sul ruolo dei rapporti con Roma e con il potere imperiale, nel corso della lunga vita delle città. Il tema delle origini frigie di Hierapolis La ricchezza di documenti epigrafici, ampiamente incrementata dalle nuove scoperte, contribuisce in modo rilevante a tale riflessione. La figura di Enea rappresenta un’efficace metafora delle Essa costituisce uno dei fili conduttori del recente contributo antiche culture anelleniche dell’Anatolia. In questa sua che Tullia Ritti ha dedicato alla Storia e Istituzioni di Hierapolis, raccogliendo in una imponente e preziosissima opera monografica dimensione “frigia”, secondo la terminologia virgiliana, l’eroe una messe impressionante di dati che ci restituiscono l’immagine ci introduce a una delle più proficue tematiche affrontate nelle viva, complessa e multiforme della comunità ierapolitana. recenti ricerche della Missione Archeologica Italiana, ovvero quella delle origini del popolamento dell’area di Hierapolis. *Grazia Semeraro Nella seconda metà del III sec. a.C., quando la città di Direttore della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia, Hierapolis venne fondata dai re Seleucidi, l’ampio pianoro Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento - Lecce roccioso affacciato sulla valle del fiume Lykos, solcato [email protected] 6

1. Hierapolis, planimetria della città (elab. da Scardozzi 2015)

dalle calde acque delle famose sorgenti termali, non era assolutamente non greci (come Kokos, Abas, Matos…), deserto, ma risultava già popolato da genti di cultura frigia tramandati ai discendenti di età ellenistica e imperiale, (fig. 2). Fino ad anni recenti, l’identità di questo primo e dagli indizi di una particolare venerazione per divinità nucleo di abitanti poteva essere ricostruita solo dai nomi, frigie come Men e la Grande Madre Cibele, il cui culto 7

2. Hierapolis, veduta del plateau su cui sorge l’abitato, affacciato sulla valle del Lykos (foto G. Scardozzi) era localizzato dagli autori antichi presso la grotta del miracolosi di queste forze sotterranee – ci dice Strabone – i Ploutonion (fig. 3). sacerdoti della frigia Cibele qui conducevano una serie di Il Ploutonion, o santuario di Hades-Plutone, risulta costruito performances rituali di grande suggestione: essi penetravano nel punto di incontro tra due faglie sismiche ancora oggi nella spaccatura della faglia, colma di gas venefici, e ne attive e responsabili di eccezionali fenomeni geotermali, uscivano miracolosamente illesi, mentre i tori che erano fatti come la fuoriuscita delle acque sorgive e, soprattutto, di avvicinare all’apertura nella roccia stramazzavano a terra gas letali, saturi di anidride carbonica. Sfruttando i poteri uccisi dalla mano invisibile della divinità.

3. Hierapolis, veduta del Ploutonion con indicazione dell’area con altari frigi (foto G. Scardozzi) 8 Il racconto delle fonti lasciava tuttavia aperto il sostanziale frammento di un grande contenitore in impasto rosso, interrogativo sulle ragioni della presenza del culto di Cibele decorato da figure a rilievo, di un tipo che richiama la nel santuario di Hades e sulle radici storiche di questa tradizione dei vasi cerimoniali neo-hittiti con scene di associazione. Le estensive indagini condotte da Francesco processioni e sacrifici. Il frammento dal Ploutonion mostra D’Andria durante l’ultimo quinquennio hanno permesso di una figura seduta, con una sorta di berretto frigio, mentre rispondere a queste questioni e di acquisire contestualmente suona il tipico flauto frigio, o elymos, dotato di due canne di i primi importanti dati archeologici sulle fasi del sito foggia diversa, l’una dritta e l’altra ricurva alla terminazione precedenti alla fondazione della colonia seleucide. (fig. 5). Grazie alle più tarde fonti letterarie e iconografiche, Le ricerche al di sotto delle strutture pertinenti alla che collegano l’elymos ai riti per Cibele, possiamo monumentalizzazione augustea e giulio-claudia del riconoscere nel frammento dal Ploutonion l’importante Ploutonion hanno messo in evidenza, infatti, le tracce conferma della presenza di un culto della Grande Madre della frequentazione frigia di età pre-ellenistica. Sono stati proprio nell’area segnata dalle manifestazioni geotermali: riconosciuti vari tagli nel banco di roccia che definiscono la fondazione della colonia seleucide avrebbe trasformato altari a gradoni, tipici del culto di Cibele, i quali si questo santuario rupestre di Cibele nello hieron di Hades posizionano significativamente al di sopra dell’ingresso e Persefone, integrando sapientemente i riti più antichi alla grotta sacra. Accanto a questi altari sono scavate connessi alla divinità dell’abitato frigio. coppelle, destinate a ricevere offerte liquide nel corso di Di questo assetto del santuario indigeno la sistemazione libagioni, mentre estese tracce di bruciato testimoniano ellenistica e, soprattutto, quella augustea e giulio- una ripetuta attività di combustione delle offerte (fig. 4). claudia obliterarono tutte le evidenze: una facciata con Eccezionale, in particolare, è risultata la scoperta del semicolonne ioniche venne anteposta alla parete di roccia,

4. Hierapolis, dettaglio dell’area con altari frigi (foto P. Panarelli) 9

6. Hierapolis, ricostruzione virtuale della fase imperiale del Ploutonion (elab. M. Limoncelli)

5. Hierapolis, frammento di vaso frigio a rilievo con suonatore 7. Hierapolis, veduta del teatro rituale e della grotta dopo il di elymos (foto Autore) restauro (foto Autore) poi integrata in un vasto teatro con gradinate in travertino Zeusi, un cittadino di Hierapolis, vissuto tra la seconda per assistere ai rituali già decritti, mentre sotto Nerone metà del I e l’iniziale II secolo d.C. (fig. 8). Come un Enea un portico in marmo con sacello centrale per la statua minore, Zeusi aveva viaggiato tra le coste dell’Asia Minore colossale di Hades si sovrappose agli altari a gradoni e l’Italia «eis Italian», doppiando il temibile capo Malea, (fig. 6). Negli ultimi tre anni, dopo il paziente lavoro di la punta più orientale e pericolosa del Peloponneso, per scavo, grazie a un importante finanziamento della Fiat – ben settantadue volte, verosimilmente due volte all’anno. Tofaş, la Missione Italiana ha condotto lavori di restauro Zeusi, che si definisce come «ergastes», imprenditore, e valorizzazione, che hanno permesso di ripristinare deve essere stato stabilmente impiegato nel trasporto l’ingresso alla grotta, di reintragrare e mettere in sicurezza di merci prodotte a Hierapolis e nella valle del Lykos il teatro rituale (fig. 7) e di rialzare alcune delle colonne verso i principali mercati della Penisola. Qui Zeusi vide del portico ionico, rendendo il Ploutonion uno degli snodi quelle tombe a dado con fregio dorico, tipiche delle città più importanti del percorso di visita di Hierapolis. dell’Italia tardo-repubblicana e augustea, che volle far imitare nel suo monumento funerario. Sull’identità delle merci trasportate da Zeusi non abbiamo Il tema del viaggio tra Anatolia e Italia alcuna esatta informazione: si è generalmente pensato alle stoffe di lana, tinte in rosso con l’impiego della radice Salpato dalla Troade, Enea si imbarca alla volta di quel lungo della robbia, che rendeva questi tipici prodotti dell’attività viaggio che lo condurrà da Creta, passando a sud delle coste manifatturiera locale più economici e competitivi dei tessuti del Peloponneso, in successive tappe fino in Epiro e sulle colorati di porpora. Tuttavia, non si possono escludere coste salentine dell’Italia. Questo viaggio mitico introduce anche altri materiali come l’alabastro fiorito e listato, efficacemente il tema dei collegamenti tra Anatolia e Italia. estratto a pochi chilometri dall’abitato di Hierapolis, che già Proprio Hierapolis conserva una delle testimonianze più dall’età di Augusto iniziò ad essere esportato verso l’Italia importanti di quella rete di contatti che in età storica per la costruzione di una nuova Roma in marmi colorati. univano le città dell’Asia Minore a Roma. Si tratta È importante sottolineare che Flavio Zeusi scelse per dell’iscrizione incisa sul monumento funerario di Flavio la sua tomba una posizione di grande visibilità, in uno 10

8. Hierapolis, l’iscrizione di Flavio Zeusi inserita nella facciata 9. Hierapolis, veduta aerea della porta di Frontino e della della sua tomba (foto Autore) tomba di Flavio Zeusi (foto G. Scardozzi)

snodo topografico importante, proprio in corrispondenza dell’uscita dalla città della strada diretta verso Tripolis e il Meandro, ovvero la grande arteria fluviale di comunicazione tra l’Anatolia interna e la costa egea. La tomba si affiancava inoltre alla porta urbica fatta edificare, a spese del governo provinciale, dal proconsole d’Asia Sesto Giulio Frontino, il famoso autore del trattato De aquaeductu urbis Romae (fig. 9). La porta, dedicata a Domiziano negli anni 85/86 d.C., presenta tre fornici affiancati da torri cilindriche ed è sormontata dalla dedica iscritta in greco e, a caratteri più grandi, in latino. Negli ultimi anni, la Missione Archeologia Italiana ha provveduto a completare lo scavo di quest’ampia area compresa tra la porta monumentale e la tomba di Flavio Zeusi. Un impegnativo progetto di valorizzazione, curato dagli architetti del Politecnico di Torino, è stato preceduto dal paziente lavoro di studio e rilievo dei blocchi della porta: si sono quindi rimontate le parti superiori delle torri e si è ricollocato sopra i fornici l’attico in marmo, costituito da edicole che si aprono alternatamente verso la campagna e la città a ospitare statue (fig. 10). Il lavoro ha cambiato la percezione complessiva del monumento e la sua immagine attuale, vicina a quella prevista dal progetto originario, mostra che la porta era significativamente 10. Hierapolis, la porta di Frontino prima e dopo i lavori di ispirata alle architetture degli archi trionfali. restauro (foto Autore) 11

Il ritorno di Enea in Asia: riflessi della Roma augustea in Anatolia

La costituzione del principato augusteo rappresentò l’evento che trasformò definitivamente Enea in una delle figure paradigmatiche più importanti per il mondo romano, non solo in quanto discendente di Venere e fondatore di Lavinio, ma anche come modello ideale di pater familias, condottiero e uomo politico, capace di incarnare l’ideologia paternalistica e moralizzatrice di Augusto. Lo schema iconografico che raffigura l’eroe in abiti militari, che trasporta sulle spalle il vecchio padre, in toga da civis romanus, e tiene per mano il figlio, vestito come un giovane frigio, condensa perfettamente questa elaborazione augustea. Essa sintetizza, infatti, i temi principali già citati, in primis la partenza e il viaggio, ma anche la pietas filiale e soprattutto il collegamento attraverso le generazioni tra passato e futuro, così come tra identità romana e troiana. Come è noto, è significativo che questo gruppo di Enea, Anchise e Ascanio, posto in una dell’esedre del Foro di Augusto, avesse avuto una pronta ricezione nelle città provinciali, come a Merida, Cartagine, Colonia, 11. Aphrodisias, rilievo dal Sebasteion con la fuga di Enea e in Asia Minore, a Ilio stessa e ad Aphrodisias, non (foto Autore) lontano da Hierapolis (fig. 11). 12

12. Hierapolis, veduta aerea del tempio A nel santuario di Apollo, con il pavimento ellenistico in rosso e il bothros indicato dalla freccia (foto G. Scardozzi)

Questa potente immagine, che da Roma fece ritorno nella che chiamiamo tempio A, costruito sulla faglia sismica terra nativa di Enea, visualizza efficacemente la fortissima e realizzato in travertino (fig. 12). Al centro della cella, influenza che ha avuto sulle città dell’impero il programma nel pavimento di fronte all’ingresso, è ricavata una cavità di ricostruzione, sia ideologica che materiale, cui Roma circolare, interpretabile come un altare per le libagioni fu sottoposta durante il principato augusteo. Insieme (bothros), destinato a mettere in collegamento il mondo a Enea, altre componenti della complessa scenografia dei fedeli con le potenze divine sotterranee, che facevano elaborata per la Roma del princeps vennero esportate parte del bagaglio religioso della comunità indigena di nelle città dell’Impero, come le cariatidi e i clipei con Hierapolis, come l’Apollo oracolare noto come Kareios. Giove Ammone del Forum Augusti, che ebbero una vasta Nel corso dell’età augustea si avviò un ambizioso progetto eco nelle province occidentali. di ricostruzione dell’intero santuario di Apollo, che venne Nelle province orientali non si registrano casi così eclatanti trasformato in una vasta corte a peristilio, delimitata da ma fenomeni altrettanto significativi di ricezione delle portici e articolata scenograficamente su terrazzi. Sul terrazzo innovazioni architettoniche e iconografiche della Roma mediano vennero eretti tre edifici templari, allineati tra loro augustea non mancarono. Proprio Hierapolis ci offre e affacciati verso l’agorà: al centro un grande periptero alcune di queste testimonianze, nel grande spazio sacro di ionico (tempio B), di 6 x 11 colonne, rappresentava la Apollo, il santuario della divinità poliadica oggetto delle nuova casa dell’Apollo Archegetes. La scelta dell’ordine recenti indagini archeologiche dirette da Grazia Semeraro. ionico e della peristasi intendeva presentare il dio fondatore In età ellenistica, tra III e II sec. a.C., lo spazio sacro ad della città alla stregua delle altre grandi divinità dell’Asia, Apollo ricevette i primi apprestamenti, tra cui un edificio, come l’Afrodite di Aphrodisias e l’Artemide di Efeso. discosta dalla tradizione architettonica microasiatica, 13 per assumere una veste tutta occidentale, come mostra efficacemente il confronto tra la sua ricostruzione virtuale e la cd. Maison Carrée di Nîmes (fig. 13). L’architetto del tempio ierapolitano si ispirò infatti al cosiddetto tipo pseudoperiptero, una creazione elaborata in Italia alla fine del II sec. a.C. che unisce fisicamente peristasi e cella, combinando un ampio spazio interno e un esterno magniloquente con semicolonne. È fondamentale sottolineare che questo tipo edilizio tardo-repubblicano era stato individuato dagli architetti di Augusto come modello per la nuova architettura religiosa della capitale, come mostrano tra gli altri i templi di Saturno, Apollo in Circo e, soprattutto, di Apollo Palatinus, che sono tutti riconoscibili come pseudoperipteri. Questa particolare scelta architettonica si rifletté eccezionalmente nelle province orientali, dove templi pseudoperipteri sono noti, per questa fase primo-imperiale, solo a Limyra, Side, Corinto, Baalbek e, appunto, Hierapolis. Nel nostro caso, in particolare, gli stessi schemi formali di capitelli, fregi e cornici rivelano la ripresa e la combinazione di soluzioni decorative tipiche delle architetture della Roma augustea. Come il gruppo statuario di Enea nel Sebasteion di Aphrodisias, anche il tempio di Hierapolis mostra il ruolo centrale dei modelli dell’Urbs e la presenza di importantissimi fenomeni di transfer culturale; il ritrovamento, nello stesso santuario di Apollo, di un rilievo con una triade apollinea che riecheggia volutamente 13. Confronto tra la ricostruzione digitale del tempio A di Hierapolis quella posta da Augusto nella cella del tempio di Apollo (elab. M. Limoncelli) e la Maison Carrée di Nîmes (foto Autore) sul Palatino, nota dalla famosa base di Sorrento (fig. 14), conferma la coerenza di questo progetto promosso dalle élites di Hierapolis: esse miravano a celebrare le proprie Molto diversi apparivano i due edifici laterali, di cui il relazioni personali con il centro del potere, a richiamare settentrionale (C), quasi del tutto distrutto, era certamente il paesaggio sacro di Roma e a presentare l’Apollo di dotato di una singolare camera ipogeica. Più chiara appare Hierapolis come il dio protettore dello stesso princeps. la ricostruzione del tempio meridionale (A). Il tempio A ricevette una nuova cella, interamente *Tommaso Ismaelli marmorea, destinata a costituire lo scrigno prezioso CNR-IBAM Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per i del pavimento ellenistico con il bothros, che continuò a Beni Archeologici e Monumentali dominare lo spazio interno quale segno tangibile della [email protected] viva forza dei riti tradizionali. Con la sua struttura prostila tetrastila e gli intercolunni chiusi da lastre marmoree Bibliografia essenziale fino all’altezza dei capitelli, il tempio A può essere definito come pseudomonoptero. Visivamente esso si Per le ultime ricerche archeologiche a Hierapolis: F. d’andria, M.P. caggia, t. iSMaelli (a cura di), Hierapolis di Frigia V. Le attività delle campagne di scavo e restauro 2004-2006, Istanbul 2012 F. d’andria, M.P. caggia, t. iSMaelli (a cura di), Hierapolis di Frigia V. Le attività delle campagne di scavo e restauro 2007-2011, Istanbul 2016

Per una sintesi sullo sviluppo urbano e i principali monumenti di Hierapolis: g. Scardozzi (ed.), Nuovo Atlante di Hierapolis di Frigia, Cartografia archeologica della città e delle necropoli, Hierapolis di Frigia VII, Istanbul 2015

Per il Ploutonion: F. d’andria, “Il Ploutonion a Hierapolis di Frigia”, in IstMitt 63, 2013, pp. 157-217

Per le origini, le attività commerciali di Hierapolis e le sue relazioni con Roma: T. ritti, Storia e istituzioni a Hierapolis, Hierapolis di Frigia IX, Istanbul 2017

Per il santuario di Apollo: G. SeMeraro, “Archaeology of the cult in the sanctuary of Apollo in Hierapolis”, in ScAnt 20, 2, 2014, pp. 11-29 T. iSMaelli, Il Tempio A nel Santuario di Apollo. Architettura, decorazione e contesto, Hierapolis di Frigia X, Istanbul 2017

Per i rilievi del Sebasteion di Aphrodisias: 14. Hierapolis, ricostruzione del rilievo con la triade apollinea R.R.R. SMith, The Marble Reliefs from the Julio-Claudian Sebasteion, Aphrodisias dal santuario di Apollo (da iSMaelli 2017) VI, Darmstadt - Mainz am Rhein 2013 14 Enea a Creta. Un’isola nella letteratura e nella storia attraverso le ricerche dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ a Gortina di Enzo Lippolis*

Pur essendo una fuga da Troia in fiamme, Enea scopre che in realtà il suo è un viaggio di ritorno, un viaggio alla ricerca delle origini. Il percorso che compie è anche la rivelazione progressiva della genesi più antica del suo popolo, vissuta allo stesso tempo come la graduale comprensione di un futuro possibile. Nell’età augustea in cui scrive Virgilio si manifesta, così, la percezione di un arcaismo presentato nella dimensione del mito e segnato soprattutto dalle forme della migrazione e del nomadismo, che restituisce l’immagine di un Mediterraneo lontano dalla stabilità insediativa dell’impero. Nel passato descritto dal poeta, la mobilità è una condizione diffusa, come il cambiamento dei sistemi sociali e insediativi, che mette in contatto culture e identità diverse, spesso anche in maniera violenta. Questa condizione non viene messa in scena solo per rappresentare i Troiani costretti a rinunciare alla propria autonomia, piegati alla schiavitù e alla migrazione (come nel caso di Enea o di Eleno, ma anche delle numerose eroine quali Andromaca o ), ma anche gli stessi vincitori, gli eroi greci che avevano deciso di assediare Troia: per decenni, infatti, diventano nomadi anch’essi, attraverso un Mare Egeo che li separa dalle loro diverse patrie, aggiungendo alla durata del lungo conflitto il tempo senza termine di viaggi di ritorno spesso incompiuti, che li porteranno in luoghi sconosciuti e presso culture differenti. Epeo, Diomede, Ulisse, Menelao fanno parte di un lungo elenco di uomini in marcia involontaria verso mete da scoprire, che toccano terre note come Creta o luoghi lontani e ignoti, venendo rappresentati e ricordati come fondatori di nuove città, di nuovi popoli e di nuove storie. Questa vasta diaspora protostorica narrata dai poemi omerici e dalla letteratura che da essa dipende, quest’ultima in gran parte scomparsa, in pratica viene descritta secondo uno schema di base semplice e condiviso: l’interruzione di un ordine precedente (attraverso la guerra, il viaggio, la partenza, il ritorno) segna l’inizio di una fase di mobilità che si protrae in maniera anche involontaria e costringe gruppi e singoli a trovare un nuovo ordine, determinando convivenze, subalternità e dispersioni di intere comunità. In maniera indipendente dalla possibile rispondenza di questa rappresentazione mitistorica a una realtà concreta, tema a lungo discusso e tuttora aperto, i Greci dell’età geometrica, l’epoca in cui si fissano i testi della tradizione omerica, mostrano di conservare e di rielaborare la memoria di un passato ricostruito su una serie di movimenti migratori, secondo un modello che ritorna in altre tradizioni culturali (come, per esempio, quella biblica sul nomadismo degli Ebrei) e che, a volte, diventa l’origine di un’identità del presente. È il caso dei Romani, appunto, che definiscono la percezione del proprio passato utilizzando un mito greco, come quello della diaspora dei Troiani, riconoscendosi in questi ultimi e ricostruendone l’arrivo nel Lazio, secondo una tradizione che sembra 15

1. Gortina, planimetria complessiva della città antica: I. quartiere dell’acropoli; II. quartiere dell’agorà; III. quartiere delle pendici collinari; IV. quartiere del Pretorio; V. ampliamento insediativo di età imperiale; V. ampliamento insediativo nell’area di Mitropolis (elaborazione Autore) 16 di Enea e la sua incompiuta fondazione di una città sembrano corrispondere bene a questa situazione storica, instabile e in profonda trasformazione, raccontando, però, la storia di un insuccesso, in questo caso determinato dalla pulsione di un destino teleologico, che obbliga i Troiani in fuga a trasformarsi nell’origine di una comunità destinata a una rivincita assoluta, attraverso la fondazione di Roma e lo sviluppo del suo impero ecumenico. La fine di Troia diventa in questo modo una catarsi necessaria e una nuova occasione per rifondare il patto con gli dei che la proteggono, un vincolo che non può permettere facili soluzioni e trasforma la peregrinazione in una vera e propria missione. Gortina, invece, rappresenta la situazione opposta, quella di un abitato che si forma e si impone nel contesto insediativo di Creta proprio nella turbolenta epoca in cui vengono collocate le peregrinazioni di Enea. A conclusione di una crescita progressiva, è solo con Augusto che la città ottiene il riconoscimento di capitale dell’isola, divenendo immagine di una fondazione riuscita, in una dimensione diversa da quella di Roma. È la ricerca condotta dagli Italiani nella polis cretese ad averne mostrato l’antichità e l’importanza, anche attraverso monumenti eccezionali, 2. Gortina, stipe votiva dell’acropoli, placca con raffigurazione come la cd. Grande Iscrizione, il codice più antico, lungo di tre divinità; VII sec. a.C., Iraklion, Museo Archeologico e coerente che sia stato conservato dall’antichità, di un Nazionale (foto Autore) sistema legislativo sociale complesso, inciso sulla parete di un edificio politico parzialmente conservato. Dall’epoca delle prime esplorazioni compiute da F. Halbherr sino ad essere stata attiva almeno dal IV secolo a.C. La possibilità oggi, la continuità e l’impegno delle missioni di ricerca che potesse essere l’esito di un’elaborazione più antica e italiane hanno permesso di riscoprire l’importanza storica solo generalmente legata a un trasferimento in Occidente e culturale dell’insediamento, che si costituisce ben presto deve essere presa in considerazione attentamente, dal nella specifica forma politica della polis greca. momento che già una metopa del Partenone rappresenta Gli scavi condotti dalla missione dell’Università di Roma ‘La l’eroe fuggitivo da Troia nello schema che lo vede Sapienza’, all’interno di un impegno diretto dalla Scuola accompagnato dai suoi cari all’inizio del viaggio. Archeologica Italiana di Atene che vede la partecipazione Nel percorso compiuto da Enea, che, quindi, è insieme di un gruppo di Atenei del nostro Paese, si concentrano, in conoscitivo e itinerario, la tappa di Creta rappresenta particolare, sul quartiere del Pythion, intorno a un grande una speranza di stabilità ben presto destinata a rivelarsi santuario arcaico di Apollo. Quest’area si sviluppa con un errata. Il suo arrivo e la fondazione di una città non sono rilevante impegno monumentale, soprattutto tra il tardo destinati ad avere successo: le difficoltà di sopravvivenza ellenismo e i primi due secoli dell’impero, e costituisce uno e una specie di rifiuto, manifestato dalla stessa terra, dei poli pubblici della città, divenendone gradualmente ad accogliere i nuovi venuti ne segnano l’insuccesso e anche l’epicentro. In questo settore urbano, come in costringono a dirigersi altrove, aprendo la prospettiva altri, è la fase augustea, però, a mostrare la crescita più di una nuova ricerca, indirizzata a scoprire un’origine sistematica e a testimoniare in maniera evidente la vitalità più antica e più lontana. Eppure l’isola, già nei poemi e la complessità culturale della comunità nell’epoca in cui omerici, è presentata come una terra di accoglienza scriveva Virgilio. Dalle infrastrutture, come l’acquedotto e di convivenza: la compresenza di lingue, culture e costruito dal notabile locale Sòarchos, al rifacimento del popoli differenti narrata dall’epica, infatti, sembra reale Tempio del Ninfeo, alla costruzione del grande complesso e duratura; l’archeologia contribuisce a testimoniarne pubblico del cd. Pretorio (un grande ginnasio), il chiaramente tutta la complessità, esito di un lungo rapporto politico favorevole e il riconoscimento concesso processo di formazione che porta a definirne nel tempo una da Augusto per la fedeltà di Gortina sono il motore di peculiare struttura insediativa. La città di Gortina, una delle uno sviluppo economico e demografico, urbanistico e due principali di Creta, ricorda nel nome la meta ignorata monumentale. Questa fase si pone in diretta continuità da Enea, Corythos/Corynthos, che scoprirà essere il vero con una dinamica di crescita che inizia proprio con i primi luogo di origine dei suoi antenati (identificata in Cortona o contatti con Roma e prosegue in maniera incessante sino Tarquinia, in Italia). L’abitato acquista una sua dimensione all’impero dei Severi. Gli scavi hanno mostrato, attraverso politica e strutturale proprio nella difficile fase di passaggio strutture e stratigrafie, non solo la disponibilità di risorse e tra il crollo del mondo miceneo e l’età protogeometrica, la continua rimodellazione dell’aspetto urbano ma anche un periodo in cui l’isola mostra un forte cambiamento, la la progressiva costruzione di un modello organizzativo nascita di nuovi centri, l’abbandono o la contrazione di integrato, che non rinuncia all’identità locale, altri e una generale ridefinizione territoriale. Il passaggio aggiornandola in maniera da poter essere compatibile 17

3. Gortina, ricostruzione grafica della parete con la Grande Iscrizione (elaborazione Autore) con il sistema di potere romano. Si tratta, ancora una attraverso una archaiologia locale che musealizza le tracce volta, dell’esigenza di adeguarsi alle occorrenze storiche, dell’antico e ne fa testimonianza di una cultura insediativa all’arrivo di una popolazione esterna (i Romani, appunto), e sociale condivisa. che costringe a un ruolo di subalternità politica e che Un esempio significativo di questo processo culturale, limita l’autonomia; una situazione di difficoltà che, però, che appare strumentale a valorizzare la funzione storica nel caso di Gortina diventa occasione di un’affermazione della città, è proprio la Grande Iscrizione. Questa è un regionale solida e duratura, esito di una strategia politica lungo testo inciso su pietra e suddiviso in colonne, come consapevole. La polis, quindi, riesce ad affidare la sua se fossero le pagine di un libro, oggi conservato solo in crescita al favore politico dell’impero e in questa direzione parte. Era stato trascritto sulle pareti interne di un edificio finalizza anche il recupero della sua dimensione storica, circolare, a mezza altezza, ed era leggibile a partire da una

4. Gortina, particolare della Grande Iscrizione (foto Autore) 18 porta di accesso, da destra verso sinistra. La sua stesura risale al terzo venticinquennio del V sec. a.C. ma si dispone su un edificio di poco più antico, forse tardo-arcaico, che trova confronti tipologici a Sparta e ad Atene e che aveva funzioni assembleari per un corpo politico rappresentativo della comunità. Dopo la perdita di funzione dell’edificio che la conteneva, a causa dei mutamenti istituzionali del centro, esso sembra essere stato conservato proprio per la presenza del documento iscritto, al quale, evidentemente, si è attribuito un significato e un’importanza legate alla stessa identità collettiva, come se si trattasse di un cimelio storico del contributo che Gortina aveva dato alla cultura greco-romana. L’aggiunta di una serie di indicazioni che dividono e distinguono il lungo testo, avvenuta forse 5. Gortina, isolati del Pretorio (in alto) e del Ninfeo (in basso): nel I sec. a.C. o proprio nell’età augustea, esprime un aree di scavo nella veduta da drone (rilevamento A. Jaia) interesse e un’attenzione filologica che rivelano una volontà di recupero consapevole della testimonianza, certamente considerata prodromo e motivazione culturale Tirreni, tra gli altri, sono una serie di etnonimi restituiti del ruolo acquisito dalla città nel sistema organizzativo dalle fonti che attestano compresenze di popolazioni miste del Mediterraneo romano. Da queste condizioni dipende e differenti, solo in parte riconoscibili archeologicamente, il fatto che testo e monumento, almeno per una sezione, marginalizzate, allontanate o assimilate dal processo di continueranno ad essere accuratamente conservati sino formazione della Grecità, ma ancora attive in molti casi all’età severiana, anche se con il tempo ne rimarrà solo sino all’età arcaica o al classicismo e poi progressivamente la prima decina di colonne, quelle tuttora visibili a seguito omologate dalla cultura dominante. dello scavo condotto da F. Halbherr e da L. Pernier. Ma anche il viaggio di Enea è destinato a costruire incontri Gortina, quindi, costruisce la propria affermazione tra i e mescolanze; il suo arrivo in Italia dovrà prospettare una due poli del passato e del presente, con un’operazione capacità di convivenza e di assimilazione in un ambiente retrospettiva parallela alla proposta ideologica augustea, estraneo e ostile, in sostanza dovrà costruire una nuova che trova nell’Eneide la sua espressione più compiuta. La cultura, integrata. È difficile comprendere con quale Grande Iscrizione e l’attenzione antiquaria che sollecita prospettiva reale Virgilio interpretasse l’esperienza del offrono una testimonianza concreta del medesimo suo Enea e il ruolo di fondatore che viene chiamato processo di recupero e di valorizzazione della tradizione ad assumere. In ogni caso, nel suo poema emerge in di cui è contemporaneo testimone Virgilio, in maniera maniera chiara la percezione culturale del suo presente e perfettamente omogenea allo spirito politico e socio- la stessa dimensione di uno spazio, quello Mediterraneo, culturale della politica di Augusto. in cui la pacificazione di Roma e la sua versione augustea Nella Creta dalle cento città, peraltro, anche i Gortini costituiscono l’esito di un percorso lungo e difficile. Il si considerano l’esito di una migrazione, dalla laconica viaggio di Enea, infatti, tra popolazioni e comunità lontane Amyklai e dalle pianure vallive di Sparta, infatti, sarebbe e diverse, nel presente del poeta è un viaggio tra le varie giunta la colonia all’origine dell’abitato, che si propone specificità mitistoriche di un unico organismo statale, come riflesso concreto delle tradizioni lacedemoni, quello dell’Impero e delle sue provincie, la Tracia, Creta, nella forma sociale e nella pratica del rito. Questa l’Africa, la Sicilia. In questo nuovo mondo pacificato nuova comunità aggressiva e militarizzata, in maniera da Augusto un processo ulteriore di omologazione indipendente dalla verità della tradizione sulla sua dei comportamenti e della cultura materiale è in atto, origine coloniale, in età storica emerge come una società agevolato da un’istituzione politica che unifica e gestisce, dominante a livello territoriale, che tende a relegare in in cui il latino si afferma come lingua della legge e dello un rapporto di subalternità le popolazioni contermini e stato, affiancandosi al greco e agli altri idiomi e creando forse preesistenti, applicando un sistema che sembra affine a quello della periecia spartana. Che a Creta persistessero fino a tardi comunità con tradizioni e forme culturali diverse è, comunque, ben attestato dalle fonti e dall’archeologia. Non si tratta solo di gruppi di Greci appartenenti a tradizioni linguistiche varie ma anche di non Greci, come gli Eteocretesi attestati sino all’età ellenistica, provvisti addirittura di un proprio alfabeto, legati al culto di Zeus Ditteo e infine confinati come gruppo autonomo alla sola comunità di Praisos. Non si tratta, peraltro, di una specificità di Creta, ma di una situazione diffusa nel bacino del Mediterraneo orientale e nella stessa Grecia continentale, dove la costruzione di un’identità comune e in qualche modo ‘nazionale’ non emerge prima del IV 6. Gortina, ricostruzione del prospetto dell’isolato del Ninfeo sec. a.C.: Perrebi, Dolopi, Sinti, Pelasgi, Traci, Magneti, nella sua parte occidentale (elaborazione C. Lamanna) un sistema concorde. In questo mondo, la dimensione logiche dettate soprattutto da motivazioni di potere. Quello 19 culturale costruita e sedimentata in un lungo arco di tempo che la nostra missione di ricerca indaga è un processo di rappresenta un cemento che può fornire, più delle armi, trasformazione continuo, quello sociale, e al contempo i una reale ragione di convivenza. I miti sono narrazioni ma fenomeni di adattamento e di resistenza, soprattutto rispetto sono anche modi di rappresentare la realtà. Enea esprime all’arrivo di gruppi esterni e al contatto. Quella del contatto un percorso e una concezione culturale, rappresenta un tra comunità umane resta un aspetto centrale, che viene archetipo e un fondatore. La sua peregrinazione descrive risolto in maniera diversa a seconda delle capacità culturali un mondo diviso e i primordi di un popolo destinato a e delle esigenze storiche. A Gortina lo sviluppo della città unificarlo, in una prospettiva teleologica e quasi fideistica, avviene nel momento in cui il ceto dominante riesce ad aprirsi e ad essere inclusivo, trasformando l’insediamento di tradizione arcaica in una nuova comunità, con un processo di conurbazione in crescita. La dimensione di oltre 400 ettari raggiunta nel II sec. d.C. ne fa una delle poleis più grandi del Mediterraneo e una delle capitali dell’impero, ma manifesta soprattutto ruolo e volontà di affermazione, scelte politiche e culturali, costruzione e modifica della percezione identitaria locale. In pratica è possibile tracciare una storia che inizia in un mondo instabile per violenza e aggressività e che acquista la mobilità pacificata della convivenza ottenuta attraverso la codifica delle istituzioni, attraverso quel processo di codifica di cui la Grande Iscrizione restituiva una testimonianza iniziale, anche in questo caso proposta come l’origine di un percorso, quello della cultura condivisa.

*Enzo Lippolis, “Sapienza” – Università di Roma

7. Gortina, Isolato del Ninfeo, rinvenimento di peplophoros (foto Autore)

Bibliografia essenziale

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1. Vista generale del Lago di Vivari e della penisola di Butrinto (foto P. Giorgi)

Butrinto: il mito di Enea e l’archeologia Da città epirota a colonia augustea italiana di Enrico Giorgi*, Belisa Muka*, Michele Silani* La tradizione letteraria, dunque, collega strettamente Butrinto al ciclo troiano sulla genesi di Roma e tale legame sarà gravido di conseguenze anche per la storia Butrinto e il mito di Enea e l’archeologia di questo centro dell’Epiro albanese. Il racconto mitico della genesi non fu strumentale solo Nel terzo libro dell’Eneide Virgilio racconta che Enea, in all’ideologia della Colonia Augustea, ma anche alla fuga da Troia e destinato ad approdare nel Lazio, sbarcò a riscoperta di questo luogo da parte degli archeologi Butrinto dove incontrò Eleno, anch’egli figlio di Priamo, e nostrani nel periodo in cui maturava un’altra ideologia Andromaca, vedova di Ettore. Esuli da Troia, erano giunti in imperante, quella dell’Italia fascista. Epiro al seguito di Neottolemo, figlio di Achille. Finalmente I resti della città antica, in gran parte riportati in luce liberi, avevano fondato una città, appunto Butrinto, quasi proprio dalla Missione Italiana nella prima metà del una nuova Ilio sulle rive del lago omonimo, anticipando in secolo scorso, hanno ancora un grande fascino, tanto da questo il destino di Roma. La narrazione virgiliana rielabora rientrare nel novero dei monumenti considerati Patrimonio una tradizione più complessa e rientra perfettamente nella dell’Umanità dall’UNESCO. Sono custoditi nel principale temperie culturale del principato augusteo. Infatti questo Parco Archeologico Nazionale Albanese, sorto nel cuore di episodio servirà a motivare − attraverso la metamorfosi un più ampio parco naturalistico. Butrinto, un tempo città letteraria che accomuna i rispettivi miti di fondazione − il della Caonia, la regione più settentrionale dell’Epiro, si legame tra Roma e Butrinto, frutto anche di precisi interessi trova oggi nel distretto di Saranda, in Albania meridionale, politici, economici e sociali. Il nome di questa nuova Troia proprio davanti all’isola di Corfù. La città antica occupava (Bouthrotum) sarebbe conseguenza del sacrificio augurale una ristretta penisola, con un promontorio che fungeva di un bue, che qui aveva vanamente cercato di scampare da Acropoli, in mezzo a una laguna salmastra un tempo la sorte al momento della fondazione (fig. 1). alimentata da alcuni fiumi e ancora oggi da uno stretto canale proveniente dal mare Ionio, il Canale di Vivari. Si ritiene che sull’Acropoli sorgesse un tempio, forse dedicato ad Athena, mentre ai suoi piedi si trovava un santuario salutare dedicato ad Asclepio. Davanti all’Acropoli, sull’altro lato del canale di Vivari, si apre un’ampia e bassa pianura alluvionale, la piana di Vrina, dove si svilupperà la città romana e dove passava la via che collegava Butrinto con Nicopoli, oggi nell’Epiro greco. Sull’altro lato, a monte dell’Acropoli, si dispiega la penisola di Ksamilli, una stretta dorsale lunga sei miglia (examilia in veneziano) che separa il lago dal mare e che collegava Butrinto con 2. Ricostruzione della città ellenistico-romana di Butrinto (da il porto di Onchesmos (Saranda) e con Phoinike (Finiqi) hodgeS 2006) nell’entroterra. L’abitato antico si sviluppò sin dall’età arcaica (VI sec. a.C.) attorno al Santuario di Asclepio e a 21 un emporio commerciale legato a Corfù. A parte alcuni tratti delle mura in opera poligonale, che cingono la parte alta orientale dell’Acropoli, l’archeologia è in grado di riconoscere pochi contesti riferibili a questo primo periodo. Nel corso dei secoli successivi il centro prosperò con un notevole sviluppo monumentale nel corso dell’età ellenistica, quando Butrinto era, con Phoinike e Antigonea, uno dei centri principali della Caonia all’interno dello Stato federale epirota (III-II sec. a.C.). Allora furono costruite le mura in opera isodoma che corrono ai piedi dell’Acropoli, con le Porte Scea (o del Lago), del Leone, Nord e Ovest. Il Santuario federale di Asclepio si sviluppava ai piedi del Tempio e attorno al Sacello e al Teatro. Dopo la sconfitta dei Macedoni da parte di Lucio Emilio Paolo a Pidna (168 a.C.), l’Epiro entrò nell’orbita romana sino 3. I componenti della Missione Archeologica Italiana a Butrinto a divenire una Provincia dell’Impero (146 a.C.). Mentre diretta da Luigi Maria Ugolini durante lo scavo del teatro nel altre regioni epirote, come Molossia e in parte Tesprozia, 1932 (Archivio Missione Archeologica Italiana in Albania) subirono distruzioni e deportazioni, gran parte della Caonia continuò a prosperare anche sotto il dominio romano. Proprio nel territorio di Butrinto, stabilirono le nel punto in cui faceva ingresso in città la principale via loro residenze alcuni ricchi possidenti romani con i loro urbana. L’abitato crebbe secondo i criteri dell’urbanistica familiari. Si tratta di ricchi imprenditori e di personaggi razionale romana e in età Flavia si espanse anche oltre il influenti (Epirotici homines) ai quali viene dedicato da canale nella piana di Vrina (fig. 2). Varrone un trattato sulla buona gestione terriera. In questo contesto si colloca anche lo sviluppo di quella tradizione letteraria che abbiamo visto confluire nell’opera virgiliana. La Missione Italiana diretta da Luigi Maria Dopo le Guerre Civili Romane, che coinvolsero anche Ugolini l’Epiro, Cesare tentò di dedurre una Colonia Romana a Butrinto. Tuttavia la decisione provocò la reazione di quei Neppure gli Italiani che riscoprirono Butrinto nel secolo ricchi proprietari terrieri romani che vedevano minacciati scorso si sottrassero al fascino del racconto virgiliano. A i propri interessi. Tra questi si ricorda Pomponio Attico, quel tempo l’Albania era divenuta prima un protettorato Patrono della città, che riuscì a influenzare il Senato e poi parte del Regno d’Italia. La comune origine troiana, Romano con l’aiuto del suo amico Cicerone. Conosciamo che collegava questi luoghi a Roma, risultava strumentale bene queste vicende grazie al carteggio che intercorse tra all’ideologia del tempo e si presentava come un modo i due riportato nelle note lettere di Cicerone ad Attico. per motivare culturalmente gli interessi coloniali italiani Nonostante questo, dopo la morte di Cesare, si giunse sul Paese delle Aquile. In questo contesto l’archeologo comunque alla deduzione della prima Colonia Julia (44 romagnolo Luigi Maria Ugolini condusse un’accurata a.C.) seguita, dopo la vittoria di Azio (31 a.C.), dalla ricognizione dell’Albania meridionale che lo portò a Colonia Augusta Bouthrotum. Stando all’epigrafia, in scavare prima a Phoinike e poi a Butrinto, dove la Missione questo periodo la città fu ripopolata e governata, non Archeologica Italiana operò sino alla Seconda Guerra tanto dai Veterani, quanto piuttosto dai familiari e dai Mondiale (fig. 3). I resoconti inviati al Ministero Italiano e clienti di quei personaggi che l’avevano in parte osteggiata e da altri personaggi vicini ad Augusto. Lo stesso Agrippa, l’ammiraglio artefice della vittoria di Azio, sposò la figlia di Attico e assunse di persona il patronato della Colonia. Esisteva dunque un solido legame, rinsaldato dai vincoli familiari anche nelle generazioni successive, che collegava Butrinto alla famiglia imperiale e ai Giulii in particolare. Parallelamente l’ideologia celebrata dal mito virgiliano avvicinava direttamente Augusto, nuovo fondatore della Colonia, al troiano Eleno e indirettamente anche a Enea. In questo modo Butrinto diventava non solo erede di Troia ma prefigurava anche il destino di Roma. Anche nel suo aspetto architettonico l’antica città epirota si trasformò sempre più in una piccola Roma. La scena del Teatro fu abbellita con un ciclo statuario che probabilmente celebrava il Principe e i suoi familiari (Augusto, Livia, Agrippa). L’Agora fu trasformata nel Foro della Colonia 4. L’accampamento di Luigi Maria Ugolini e Dario Roversi con edifici dedicati al culto di Augusto. Fu costruito Monaco a Phoinike nel 1927 (Archivio Missione Archeologica anche un acquedotto che attraversava il Canale di Vivari Italiana in Albania) 22 i carteggi privati ci permettono di ricostruire i contorni di una vera e propria avventura. Nello stesso periodo anche i Francesi guidati da Léon Rey erano interessati al territorio albanese e avevano già focalizzato le loro ricerche più a nord, con gli scavi di Apollonia. A quel tempo dovette esserci una vera competizione tra i due archeologi e Ugolini decise di spingersi più a sud, abbandonando l’Illiria per l’Epiro, anche per trovare nuovi terreni vergini per l’archeologia italiana. Attraversò regioni impervie e montuose, scarsamente popolate da minoranze dedite ad attività tradizionali, come i pastori valacchi che compaiono nelle sue fotografie. Ugolini era cresciuto sull’Appennino attorno a Bertinoro e aveva militato nel corpo degli Alpini. Ciononostante il suo spirito d’avventura dovette essere messo a dura prova. Egli era animato, oltre che dalla passione per l’archeologia, anche da un interesse sincero per le persone e i luoghi, lontano dal colonialismo. Quando iniziò gli scavi sulla collina di Phoinike tra il 1926 e il 1927, si trovò dapprima da solo e poi fu affiancato da Dario Roversi Monaco, che lo accompagnerà come topografo della Missione fino a Butrinto. Le immagini che ritraggono le due piccole tende canadesi bianche e solitarie sotto il Grande Bastione di Phoinike, davanti all’impressionante scenario delle ultime propaggini dei Monti Acrocerauni, rendono idea dell’avventura di pochi uomini molto motivati (fig. 4). Nel 1928 Ugolini approdò a Butrinto e il viaggio non dovette essere semplice. Piuttosto che muoversi attraverso le pianure paludose e infestate dalla malaria o lungo dorsali montuose a dorso di mulo, sappiamo che Ugolini preferiva raggiungere Butrinto via mare. Il diario che registra i primi giorni di ricerche, con le lettere di Ugolini dall’Acropoli di Butrinto, non è privo di fascino. Egli stesso non nascose l’emozione quando prese 5. Il Tempio di Asclepio e l’area del Teatro, vista generale e a leggere Virgilio davanti ai resti della città di Eleno. A rilievo laser scanner (foto ed elaborazione Autore) quei tempi il suo principale rivale a Butrinto doveva essere l’insigne archeologo albanese Hasan Ceka, che invano tentò di insidiarlo. Gli scavi furono diretti da lui dal 1928 Il nuovo Progetto Italo-Albanese dell’Università al 1936 e poi da Pirro Marconi e Domenico Mustilli fino al di Bologna e dell’Istituto di Archeologia di Tirana 1940. Ugolini tuttavia seppe ampliare il gruppo di lavoro accogliendo, oltre a Roversi, anche altri specialisti, come Dopo la conclusione dei precedenti progetti, la ripresa Carlo Ceschi e Igino Epicoco. Nonostante gli evidenti delle ricerche nel 2015 si deve alla Missione Archeologica interessi del Regime Fascista per l’epoca imperiale romana, Italiana dell’Università di Bologna, diretta da chi scrive egli non operò in maniera selettiva e non trascurò le altre e da Belisa Muka per l’Istituto di Archeologia di Tirana, fasi storiche. Considerate le circostanze e le innegabili e sostenuta dal Ministero Affari Esteri della Repubblica compromissioni politiche, solo in parte giustificabili con il Italiana, nell’ambito del più ampio progetto Italo-Albanese necessario sostegno finanziario, occorre riconoscere che diretto da Sandro De Maria e Shpresa Gjongecaj. il lavoro svolto dagli archeologi italiani fu di eccezionale All’interno di questo progetto più grande rientra anche valore. Dopo l’interruzione dovuta alla Guerra, gli scavi la Missione Archeologica della medesima Università di ripresero ad opera dell’archeologo albanese Dhimosten Bologna a Phoinike oggi diretta da Giuseppe Lepore. Budina nel 1959, di Neritan Ceka più recentemente, e I resti della città di Butrinto, Patrimonio dell’Umanità proseguirono con discontinuità sino a quando, tra il 1993 UNESCO, hanno il fascino di rovine ottocentesche, e il 2012, si ebbero le ricerche della Missione Archeologica circondate da una foresta cresciuta ai margini di una Inglese, diretta da Richard Hodges e promossa dalla laguna. Devono fare i conti con la vegetazione spontanea Butrint Foundation. Gli archeologi inglesi hanno lavorato e con il continuo affiorare dell’acqua salmastra. Per a lungo nell’area del Palazzo Triconco, sviluppato sulle queste ragioni è parso doveroso riprendere le ricerche rive del lago in età tarda, hanno studiato a fondo le fasi con una prima fase di documentazione dello stato in cui medievali con le Basiliche e il Battistero e hanno scoperto il versano le strutture antiche, utilizzando metodologie e quartiere romano nella pianura di Vrina. Successivamente strumentazioni innovative. si collocano gli scavi nell’area del Foro della Missione L’esperienza condotta dallo stesso gruppo di lavoro Statunitense diretta da David Hernandez, in collaborazione dell’Università di Bologna nel Piano della Conoscenza con Dhimitre Çondi dell’Istituto di Archeologia di Tirana. nell’ambito del Grande Progetto Pompei nel 2015, sotto la direzione di Massimo Osanna e Giovanni Nistri, individuate, secondo differenti gradi di urgenza. L’intento è 23 ha permesso di delineare un protocollo di intervento di condividere prassi operative e informazioni raccolte con per il rilievo e la mappatura del degrado dei complessi gli uffici del Ministero della Cultura albanese, oltre che archeologici, ispirandosi alle linee guida definite in con i colleghi dell’Istituto di Archeologia, dei Monumenti e quell’occasione dal Ministero per i Beni e le Attività del Parco di Butrinto. Culturali. Si è dunque deciso di applicare la medesima Dopo una prima missione archeologica condotta nel prassi operativa anche a Butrinto, che per monumentalità settembre 2015 attorno al Tempio di Asclepio che domina e problematiche di conservazione non ha nulla da invidiare l’area del Teatro (fig. 5), il lavoro si è concentrato sul

6. Dettaglio della nuvola punti del rilievo laser scanner (elaborazione Autore)

7. Immagine sferica in HDR, acquisita mediante la camera sferica NcTech ISTAR (elaborazione Autore) al più famoso contesto pompeiano. Il progetto si basa circuito murario e in particolare sulle porte di accesso alla dunque sull’integrazione di differenti competenze, dalla città. Si tratta di un sistema difensivo monumentale, con diagnostica per il restauro all’analisi strutturale, sostenute edifici notevoli come le cosiddette Porta del Lago o Scea da un’attenta lettura archeologica delle tecniche edilizie e Porta del Leone, che si sviluppa in momenti differenti antiche. Le informazioni raccolte vengono organizzate e accompagna la parabola storica della città, dall’età all’interno di una banca dati e sono supportate da rigorosi arcaica sino a quella medievale. rilievi topografici, plano-altrimetrici e fotogrammetrici. Le ricerche, condotte nei mesi di settembre 2016 e 2017, Questo permetterà di quantificare e qualificare le criticità si sono quindi sviluppate seguendo due principali linee 24 di intervento strettamente connesse: rilievo topografico e La nuvola complessiva ottenuta è stata poi decimata di ½, mappatura del degrado. esportata per il disegno planimetrico e per la successiva Per il rilievo tridimensionale è stato utilizzato un laser modellazione. Allo stato attuale è stata realizzata una scanner ambientale a tempo di volo (TOF, time of flight) nuova planimetria in scala 1:50 del tratto oggetto di Leica P30, che ha permesso di mantenere una pulizia studio (fig. 8) e sono in corso le elaborazioni di prospetti, e precisione del dato nell’intero range di acquisizione assonometrie e ortofoto, fondamentali supporti per (0.3 m-120 m), grazie alla tecnologia “ibrida” definita l’analisi delle tecniche edilizie e la mappatura del degrado Waveform Digitizing (WFD). Questo è un primo vantaggio (fig. 9). Si è dunque proceduto alla pulizia della nuvola ed da non sottovalutare, dal momento che abbassa i tempi è in corso la creazione di un modello 3D (DSM - Digital di acquisizione, velocizzando i tempi di elaborazione con Surface Model – software utilizzato 3D Reshaper) (fig. 10). dati più “puliti” e migliora i risultati finali (fig. 6). In particolare durante questa fase della ricerca l’attenzione Durante la fase di acquisizione del rilievo laser scanner si sta concentrando sul contesto monumentale della sono stati realizzati 130 punti di stazionamento. Le cosiddetta Porta del Leone, dove l’indagine storico- scansioni acquisite con una densità media di 6 mm archeologica verrà supportata da nuove analisi proprio a 10 m sono state elaborate durante la fase di pre- a partire dal rilievo architettonico e dal potenziale delle allineamento mediante il riconoscimento dei target o ricostruzioni in ambiente virtuale (fig. 11). punti omologhi, mentre successivamente si è proceduto Come anticipato, parallelamente al rilievo topografico è alla registrazione delle nuvole attraverso un algoritmo di stata intrapresa una campagna preliminare di ricognizione riconoscimento Cloud-to-Cloud (software utilizzato è Leica lungo tutto il perimetro della cinta difensiva, volta a impostare Cyclone 9.1.6). La texturizzazione dei punti è avvenuta un progetto analitico di mappatura del degrado superficiale mediante la camera interna del laser scanner (Leica P30) e dei rischi statici capaci di compromettere la conservazione o in associazione alla camera sferica NcTech ISTAR, che delle strutture e alla revisione dell’interpretazione stessa delle utilizza una tecnologia di acquisizione HDR (High Dynamic varie fasi edilizie. Punto di partenza per questo tipo di lavoro è Range) che permette di bilanciare le condizioni di luce stata, ovviamente, la rilettura dei fondamentali studi pregressi acquisendo 9 differenti step di esposizione dello stesso sulle mura di Butrinto. Per quando riguarda i problemi scatto e fondendoli insieme per ottenere un risultato più conservativi è stato utile il confronto con gli archeologi del bilanciato (fig. 7). Parco che avevano già effettuato una prima ricognizione

8. Nuova planimetria in scala 1:50 del tratto del circuito murario compreso tra la Porta del Lago o Scea e la Porta del Leone (elaborazione Autore) 25

9. Prospetto murario presso la Porta del Lago o Scea, scala 1:50. Indicazione dei principali fenomeni di degrado (elaborazione Autore) segnalando le emergenze più significative. In questo senso fase di lavoro si è posta l’individuazione delle principali occorre ricordare che l’attenzione ai problemi conservativi problematiche secondo una precisa scala di priorità, di Butrinto non è mai stata trascurata dai colleghi albanesi. senza trascurare aspetti apparentemente meno urgenti ma Alcune problematiche sono già state opportunamente che meritano di essere monitorati costantemente. Gravi e segnalate anche in passato e più recentemente sono stati urgenti problemi conservativi sono stati individuati sull’intero realizzati interventi di consolidamento proprio di alcuni tratti circuito murario, a partire da situazioni di crollo delle mura del circuito murario. in opera poligonale d’età arcaica sull’Acropoli Orientale Per quanto riguarda la considerazione preliminare dei prontamente consolidate proprio nel corso del 2017. problemi conservativi, legati soprattutto al degrado delle Lesioni e fessurazioni sono presenti nell’area della Porta superfici litiche e ai rischi statici derivanti da fessurazioni Ovest, dove il tratto di muro ellenistico in opera pseudo causate dalla spinta dell’interro retrostante, questi isodoma, ammorsato allo stipite della porta, mostra sono stati affrontati soprattutto nell’ottica di raccogliere segni evidenti di distacco dei conci della cortina esterna, documentazione utile per una considerazione più specialmente nelle assise inferiori (fig. 12). La stessa Porta del approfondita da sviluppare nell’ambito multidisciplinare Leone, uno dei principali punti nel percorso turistico di visita del progetto. Tra gli aspetti più importanti di questa prima del sito, seppur non sembri presentare problemi urgenti di

10. Modello tridimensionale (DSM - Digital Surface Model) del tratto di mura nei pressi della Porta del Lago detta Scea (elaborazione Autore) 26

11. Porta del Leone: ricostruzione tridimensionale (elaborazione Autore)

stati individuati diversi settori dove si prevede di riprendere l’indagine stratigrafica, sia per chiarire i problemi conservativi, sia per comprendere meglio le dinamiche che portarono alla genesi e allo sviluppo di questo luogo eccezionale dell’archeologia Italo-Albanese. Infine, grazie a un’iniziativa promossa dall’Ambasciata d’Italia a Tirana, è in corso anche un progetto volto a comunicare meglio la storia delle ricerche italiane e a riattivare alcuni percorsi di

12. Lesioni strutturali e fessurazioni presso la Porta Ovest (foto Autore)

conservazione, è caratterizzata da una lesione che percorre dalla cresta del muro sino al terreno tutta la struttura a destra della porta medievale (fig. 13). Inoltre lo stesso fregio con il noto bassorilievo del leone che divora il toro presenta infiorescenze superficiali, percolature di umidità e alcune crepe superficiali che potrebbero anche appartenere alla roccia naturale, ma che occorrerebbe comunque valutare ai fini dei rischi per la conservazione del prezioso architrave (fig. 14). Senza dettagliare ulteriormente ogni singolo tratto del circuito murario è evidente come siano necessari futuri interventi di consolidamento e restauro. In conclusione, grazie alla consolidata collaborazione con l’Istituto di Archeologia di Tirana e con il Parco di Butrinto, nel corso dell’ultima campagna nel settembre 2017 sono 13. Lesioni strutturali presso la Porta del Leone (foto Autore) 27

14. Stato di conservazione attuale dell’architrave della Porta del Leone (2017, in basso) e confronto con immagini d’archivio (1928 e 1959, a sinistra e a destra in alto) (foto Autore, immagini da hernandez 2017)

visita del sito ormai caduti in disuso. Quest’ultimo intervento Bibliografia essenziale rientra in un programma più ampio di valorizzazione S. de Maria (a cura di), Le ricerche delle Missioni Archeologiche in Albania nella delle ricerche italiane in Albania che coinvolge, oltre ricorrenza dei dieci anni di scavi dell’Università di Bologna a Phoinike (2000- alla Missione bolognese a Phoinike, anche le Missioni 2010), Bologna 2012 Archeologiche delle Università di Macerata a Adrianopoli, i.l. hanSen, Hellenistic and Roman Butrint, London 2009 i.l. hanSen, r. hodgeS, S. lePPard (edd.), Butrint 4. The Archaeology and Histories di Chieti a Durazzo e del Politecnico di Bari a Byllis, tutte of an Ionian Town, Oxford 2013 condotte in collaborazione con l’Istituto di Archeologia di g. KaraiSKaJ, The Fortifications of Butrint, Oxford 2009 Tirana diretto da Luan Përzhita. r. hodgeS, Eternal Butrint. A UNESCO World Heritage Site in Albania. London 2006 d. r. hernandez, “Buthrotum’s sacred topography and the imperial cult, I: the west courtyard and pavement inscription”, in Journal of Roman Archaeology, 30, *Enrico Giorgi, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università 2017, pp. 99-126 di Bologna, [email protected] e. giorgi, J. Bogdani, Il territorio di Phoinike in Caonia. Archeologia del paesaggio in Albania meridionale, Studi e Scavi Nuova Serie 35, Bologna 2012, pp. 261-267 *Belisa Muka, Dipartimento di Antichità, Istituto di Archeologia di e. giorgi, B. MUKa, “Le nuove ricerche della Missione Italo Albanese a Butrinto Tirana, [email protected] (2015-2016)”, in Iliria 2018 (in press.) g. SaSSatelli, e. giorgi (a cura di), Pompei Intra-Extra. Archeologi dell’Università di Bologna a Pompei. Archeologist from the University of Bologna at Pompeii, *Michele Silani, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università Bologna 2017 di Bologna, [email protected] l. M. Ugolini, Butrinto. Il mito di Enea. Gli scavi, Roma 1937 28 Il viaggio di Enea fino a Cartagine. di sabbia, rendendo impossibile la navigazione; è appunto La ricerca archeologica nel Mediterraneo a Euro che è attribuita da Enea la responsabilità maggiore di Attilio Mastino* della presunta perdita di 13 delle 20 navi (1, 383). Una settima nave, quella dei Licii guidata da Oronte, viene investita di poppa da un’ondata e affonda in un vortice Introduzione dopo aver ruotato per tre volte su se stessa (1, 113-9); alla fine risulterà essere l’unica nave andata a fondo. Anche le Virgilio riassume il tema delle relazioni mediterranee nel navi di Ilioneo, di Acate, di Abante e di Alete si trovano in mondo antico nell’episodio della tempesta raccontato nel difficoltà, perché le ondate provocano ampi squarci lungo I libro dell’Eneide: le navi di Enea, partite da Drepanum le fiancate, aprendo pericolose falle (1, 120-3); alcune in Sicilia, dove è stato sepolto Anchise, arrivate all’altezza sono gettate dagli Austri in vada caeca ..../.... perque delle isole Eolie, vengono disperse dai venti scatenati da invia saxa (1, 536-7), anche se poi gli Eneadi riescono a Eolo, istigato da Giunone (la Tanit-Caelestis dei Punici). toccare terra.

1. Percorsi del viaggio di Enea

La tramontana (Aquilo) investe la vela della nave di Enea Si discute sulla localizzazione della flotta di Enea nel corso e solleva le onde fino al cielo; si spezzano i remi e la della tempesta e sulla durata della navigazione inizialmente nave, offrendo i fianchi ai marosi, è ormai incapace di in direzione dell’Ausonia, il Lazio abitato dai Silvii e poi dai governare; le onde frante in cresta minacciano la stabilità Latini, in realtà dirottata dai venti verso Cartagine dalle Arae di alcune triremi, mentre le altre sono spinte verso le Philenorum al fondo della Grande Sirte: oggi si preferisce secche, dove si formano mulinelli di sabbia (1, 102-7). però seguire Servio e identificare di conseguenza le Arae Notus, il vento da Sud corrispondente all’Austro, getta del v. 109 con le Arae Neptuniae o Propitiae, scogli tra tre navi sugli scogli, su quei saxa latentia chiamati Arae Africa, Sicilia, Sardegna e Italia (citati anche in Plin., NH [Neptuniae o Propitiae] dagli Itali, che si innalzano sul 5, 7, 42); su tali scogli (residuo di una più vasta isola mare di Libia con un dorso smisurato (1, 108-110). Euro sommersa), scelti a indicare il confine tra l’impero romano poi, vento di Sud-Est (dunque lo Scirocco), spinge altre tre e l’area sottoposta al controllo cartaginese, sarebbe stato navi (si noti la ripetuta triplicazione rituale), le incaglia sui stipulato uno dei trattati tra Roma e Cartagine, forse fondali e le circonda a poppa e sui fianchi con un argine quello del 234 a.C.: ibi Afri et Romani foedus inierunt et fines imperii sui illic esse voluerunt (Serv., ad Aen. 1, 108). e Catone) hanno effettivamente partecipato in Sardegna 29 Tali Arae Neptuniae sono generalmente identificate con lo alla guerra annibalica e combattuto contro i Sardi Pelliti scoglio Keith nella grande secca di Skerki, poco a Sud-Est in una terra fertile e marchiata dai nuraghi, le arcaiche di Cagliari, ove i fondali sabbiosi raggiungono 4-5 metri costruzioni preistoriche che il mito greco voleva edificate di profondità e dove è certo difficile navigare col mare in su un progetto dell’eroe Dedalo giunto da Creta e poi burrasca, anche per le imbarcazioni di modesto pescaggio da Camico in Sicilia (dalla corte del re Kokalos), prima quali dovevano essere le triremi immaginate da Virgilio, a di ritirasi a Cuma: l’interesse per i mirabilia sardi è tipico causa della forte corrente e in qualche caso dei frangenti. della storiografia siceliota, come testimonia proprio la Alla luce degli ultimi studi mentre Enea spinto da Aquilone vitalità del mito di Dedalo. avrebbe navigato verso Sud fino alla Grade Sirte secondo la rotta già attribuita agli Argonauti (Arae Philenorum), raggiungendo Cartagine in costruzione (dove avrebbe La fondazione di Cartagine tra Didone e Augusto conosciuto la regina fenicia Didone), i suoi compagni (gli Iliensi) con le tre navi spinte da Noto sarebbero sbarcati Dieci anni fa a Olbia per il XVIII convegno de L’Africa in Sardegna, originando un popolo della Barbaria al Romana avevamo richiamato lo sbarco di Enea a confine con il fiume Tirso: per Diodoro Siculo i Sardi Iolei- Cartagine, raccontato nell’Eneide: con gli occhi dell’eroe Iliensi discendenti dei Greci e dei Troiani ancora all’età ci rimane l’immagine dei costruttori di Cartagine, sul colle di Cesare erano liberi, non soggetti alla dominazione di della Byrsa concesso dai Numidi ingannati dalla regina altri popoli, indipendenti e sovrani (V, 15). A giudizio che astutamente aveva tracciato il perimetro della città degli studiosi sarebbero stati i fondatori della letteratura con la pelle di toro tagliata a strisce. latina Ennio (con gli Annales) e Catone (con le Origines) Enea dalle colline vicine osserva con l’amico Acate la città, a creare una sorta di “parentela etnica” tra Romani, il traffico, le vie; ammira i palazzi (un tempo capanne), le Siculi e Sardi, tutti discendenti dai profughi che avevano porte, il lastricato delle vie (miratur molem , magalia abbandonato Ilio in fiamme: entrambi gli autori (Ennio quondam, / miratur portas strepitumque et strata viarum).

2. Da sinistra in alto, Cartagine: il foro sulla Byrsa (cittadella); foto della Byrsa in età augustea; in basso: Cartagine punica; panoramica dei porti di Cartagine nel II secolo d.C. 30

3. Cartagine: i frammenti della targa delle terme (Antonino Pio) 4. Cartagine. Terme a mare (Marco Aurelio e Lucio Vero)

Scrive Francesco Della Corte ne La mappa dell’Eneide: la fenicia. Nel fervore degli structores Tyrii della Carthago di città è tutta un cantiere attivo di lavori: i porti scavati per Didone, Enea profugo da Troia ma anche ospite accolto formare un bacino, con i teatri, i tribunali, i templi. con rispetto dalla Regina, vede, con gli occhi di Virgilio, il Sono gli architetti della regina Didone che Virgilio solco dell’aratro che segna il limite sacro di una colonia, rappresenta p i e n i d ’ a r d o r e , affaccendati e impegnati rinnovando il dolore e la speranza che anima coloro i quali nella costruzione della colonia fenicia, con le sue mura − costruiscono una nuova città, in contrasto con la visione gli ingenta moenia − con le sue torri, con i suoi templi, la della sua originaria patria – Ilio − distrutta dalle fiamme. basilica per l’amministrazione della giustizia, la curia per Non c’è dubbio che Virgilio rifletta nel racconto della ospitare il senato: come si vede Virgilio, pian piano, dalla Cartagine nascente l’esperienza urbanologica di età città di Didone arriva alla colonia romana Iulia Augusta. augustea in Africa, con il theatrum dalle immanes columnae della frons scaenae tratte dalle cave in cui I Tiri pieni d’ardore lavorano con gran chiasso: maestranze addestrate lavorano indefessamente a trarre alcuni elevano mura, costruiscono la rocca il materiale lapideo della nuova città. O ancora con le e rotolano macigni con le mani, altri scelgono portae delle mura e gli strata viarum, le viae urbane silice il luogo dove alzare la propria casa e intorno stratae. I versi virgiliani esaltano l’attività degli uomini di vi disegnano un solco, altri eleggono i giudici, buona volontà, anche se pure gli dei e le dee sono le cariche pubbliche e il sacro senato; considerati a tutti gli effetti coinvolti in uno studium e in alcuni scavano i porti, altri in profondità un’ars che nobilita chi la pratica. Più in generale, Virgilio gettano le fondamenta d’un teatro o ricavano trova le parole per rappresentare il paesaggio trasformato da blocchi di pietra colonne smisurate, dall’uomo ai margini del lago di Tunisi, presso il tempio altissimi ornamenti della futura scena. di Giunone eretto dalla regina, là dove si era compiuto il ritrovamento del teschio di un cavallo annunciato Nel rappresentare i costruttori di Cartagine che si dall’oracolo: affaccendano come migliaia di api in un alveare al principio dell’estate per produrre il miele che profuma di “O fortunati coloro le cui mura già sorgono!” timo, è evidente che Virgilio pensa alla colonia augustea esclama Enea, guardando i tetti della città. che negli anni in cui scrive sorge come una grande capitale mediterranea, dove il Proconsole d’Africa si trasferisce Il dolore di Enea si moltiplica quando proprio nel tempio da Utica, con la nuova basilica giudiziaria tipicamente di Giunone osserva gli affreschi che rappresentano la romana, che sarebbe del tutto anacronistica in età scena di Achille che trascina il cadavere di Ettore e lo

5. Museo del Bardo: Altare dedicato alla Gens Augusta. Le decorazioni seguono i canoni ufficiali della propaganda augustea. Sulle quattro facce sono raffigurati: Augusto che, in veste di pontefice, sacrifica un toro; Apollo, protettore di Augusto; Enea, considerato capostipite della Gens Iulia, che lascia Troia con Ascanio e Anchise; la gloria di Roma vende a peso d’oro a Priamo; la distruzione di Troia, la giorni, se Enea progettava veramente la formazione di 31 città orientale dalla quale proviene: una nuova città, di una nuova discendenza, di una nuova lingua, in una parola di una nuova cultura di pace in un Sunt et mentem mortalia tangunt, Mediterraneo devastato dalla guerra. la storia è lacrime, e l’umano soffrire commuove la mente.

Non possiamo andare oltre e mi limiterei a richiamare i L’Africa in età romana numerosi autori che si sono occupati della permanenza di Enea a Cartagine e del rapporto con la regina. Questa riflessione è iniziata fin dal 1982 con la storia Da ultimo Francesca Rigotti ha attualizzato il tema di trentennale dei nostri incontri intitolati “L’Africa Romana”, Didone-Elissa fondatrice di Cartagine, che nel suicidio che hanno segnato una prospettiva di ricerca nuova, col ferro e col fuoco vede «un motivo in più per sottrarla interattiva, con la presenza di centinaia di archeologi alla dimensione femminea del primato del cuore e storici, epigrafisti, studenti, con l’ampia collaborazione riassegnarla al primato della politica nella sua qualità con i diversi Istituti di ricerca, con molte Università, con di eroina fondatrice e guida della sua gente, di regina numerose Società Scientifiche internazionali, infine con i capace di affrontare dure prove», una donna divina, un giovani dell’Associazione Nazionale Archeologi. capo guerriero certamente a suo agio nel mondo degli In questa impresa, abbiamo sempre voluto distinguere eroi fondatori, inesorabilmente maschi. la componente “africana” e “mediterranea” durante Più di recente Virgilia Lima sui “Dialoghi Mediterranei” il periodo romano al di là della definizione di sintesi ha riflettuto sui profughi di ieri e di oggi, tra diffidenza, “L’Africa Romana”. I nostri Convegni hanno avuto da sempre e continueranno ad avere l’obiettivo di studiare non la romanizzazione del Mediterraneo, ma alla rovescia il contributo che il Nord Africa ha dato alla romanità. In questa direzione è andato il progetto che oltre vent’anni fa ha portato alla costituzione del Centro di studi interdisciplinari sulle province romane dell’Università di Sassari, che concentra la sua attenzione su tematiche provinciali prevalentemente africane: rispetto alla Storia di Roma, che privilegia una concezione unitaria, abbiamo voluto evidenziare il processo delle annessioni dei territori mediterranei da parte di Roma e in particolare le specificità regionali, le persistenze indigene, gli apporti originali che le differenti realtà nazionali e locali hanno espresso all’interno dell’impero romano. In questo senso lo studio della storia di una provincia o di un insieme di province può giustamente considerarsi come il complemento se non addirittura l’antitesi della Storia 6. P. Narcisse Guérin, Enea racconta a Didone le disgrazie di Romana tradizionale vista esclusivamente sotto il profilo Troia, 1815, Musée du Louvre, da commons.wikimedia.org istituzionale e organizzativo e intesa come ricostruzione di quella corrente che provocò un processo di livellamento che introdusse anche sul piano culturale e sociale unitari accoglienza e integrazione: sulle orme di Enea, da hostis elementi romani. a fondatore di Roma, nemico per i del Lazio, Questo tipo di analisi, che nel rapporto tra centro e ma hospes per la prima Didone e per i Fenici. Il gioco periferia valorizza gli apporti specifici delle diverse province virgiliano tra le parole hostis e hospes è attualissimo: come e supera il tema dell’egemonia e dell’imperialismo, ha lo non avvicinare Enea fuggiasco che abbandona la città in scopo di evidenziare la complessità del fenomeno della fiamme agli immigrati di oggi provenienti da Palmira o da romanizzazione e insieme di indicare, sul piano culturale, Rakka o da Idblil presso Ebla, accolti con emozione ma artistico, religioso, linguistico, le diverse soluzioni anche con sospetto in un’Europa scintillante e desiderata, istituzionali di volta in volta adottate, le articolazioni locali incapace di accogliere e integrare i profughi di guerra? e il contributo delle singole aree: assistiamo spesso a Sull’ara provinciale dedicata a Cartagine da P. Perellius una vera e propria maturazione del sistema istituzionale Edulus nell’età di Augusto è rappresentato Enea rivestito romano, con evidenti innovazioni costituzionali; e della corazza che su impulso degli dei trasporta il padre insieme sembra andarsi modificando in continuazione Anchise (che indossa una toga romana) e il figlioletto l’equilibrio tra colonizzatori romani e popolazioni locali, Ascanio in abito frigio, con un’inversione che indica con l’allargamento a nuovi gruppi etnici e a nuovi territori. il desiderio di Roma di tornare alle origini troiane, un In molti casi i Romani poterono acquisire l’amicizia di progetto che solo Costantino realizzerà con la nascita popoli federati, legati con un foedus o addirittura tramite della seconda Roma, a Costantinopoli: l’immagine, che parentele etniche più o meno mitiche. L’occupazione vediamo in tante altre località mediterranee toccate nel dei territori extra-italici fu sostenuta soprattutto grazie mitico viaggio dell’eroe che salva i suoi Penati, sintetizza al favore dei popoli alleati, alla deduzione di colonie, la storia di generazioni diverse che arrivano fino ai nostri all’insediamento di veterani, all’attività di gruppi di 32

7. Il percorso di Scipione e quello di Annibale prima della battaglia di Zama (202 a.C.)

8. “Africa romana”: il frontespizio degli atti, la locandina della XX edizione del convegno e un'immagine dell’evento di presentazione a Roma

mercanti italici, a una vivace politica di municipalizzazione di collaborazione o di conflitto con l’autorità romana. La che finì per coinvolgere quasi tutte le città provinciali, persistenza di istituzioni, abitudini, usi e costumi arcaici alcune delle quali espressero anche imperatori, come all’interno dell’impero romano è una delle ragioni Leptis Magna per i Severi. della convivenza tra diritto romano classico e diritti L’utilizzazione delle fonti può consentire una valutazione locali, anche se spesso improvvise innovazioni sono globale del mondo antico e tardo antico: dalle indagini entrate in contrasto con antiche consuetudini. Solo così storiche e archeologiche più recenti, dalla cooperazione si spiega come, accanto all’affermarsi di nuove forme italo-tunisina, dalle ultime pubblicazioni scientifiche, di produzione, di organizzazione sociale, di scambio, emergono le nuove linee del processo di organizzazione in alcune aree siano sopravvissute le istituzioni locali, il municipale romana, nelle sue stratificazioni storiche nomadismo, la transumanza, l’organizzazione gentilizia, e nei suoi condizionamenti determinati da precedenti mentre la vita religiosa e l’onomastica testimoniano realtà regionali; è così possibile un approfondimento spesso la persistenza di una cultura tradizionale e di del tema delle civitates indigene, tribù e popolazioni una lingua indigena. Altre problematiche di estremo non urbanizzate, nomadi, seminomadi e sedentarie, interesse riguardano il paesaggio agrario, le dimensioni raccolte intorno a re e principi indigeni, in un rapporto della proprietà, la pastorizia nomade, le produzioni, i commerci di minerali e di marmi come a Chemtou- profondamente alla realtà geografica, al paesaggio, 33 Simittus, i dazi, i mercati, l’attività dei negotiatores italici all’ambiente, ma anche ai popoli e agli uomini: esplorare o africani come a Sullectum, la dinamica di classe, il confine tra romanizzazione e continuità culturale, tra l’evergetismo, la condizione dei lavoratori salariati, degli change e continuity, è compito che deve essere ancora schiavi e dei liberti: temi che ora possono essere affrontati affrontato, al di là della facile tentazione di impossibili con metodi e strumenti rinnovati, grazie anche alle nuove soluzioni unitarie, fondate su modelli ideologici tecniche di indagine, come l’archeologia sottomarina, precostituiti. Rimaniamo convinti che dovremmo sempre da noi praticata a Nabeul; gli scavi stratigrafici come a diffidare di alcune categorie astratte oggi molto di moda Zama, alla ricerca del campo della battaglia tra Annibale (“politicamente corrette” per adottare l’espressione e Scipione; le indagini territoriali come a Numuli, ad di G.A. Cecconi) e che sarebbe necessario usare la

9. Équipe dell’Università di Sassari e dell’INP di Tunisi a Zama

Agbia, a Thignica, a Uthina, dove opera un’équipe massima prudenza nell’interpretare il mondo antico: dell’Università di Cagliari, le prospezioni territoriali anche appare evidente la necessità di evitare semplificazioni satellitari, l’ampio utilizzo dei droni, le catalogazioni dei che non tengano conto della complessità delle situazioni materiali e dei dati su base stratigrafica, le più sofisticate nel tempo e nello spazio. Dobbiamo avere più rispetto applicazioni informatiche, i modelli virtuali in 3D come a per la complessità della storia senza rinunciare a Cartagine e nel Museo del Bardo. stabilire connessioni, a mettere ordine, a proporre linee I nuovi studi sulle province romane, intese come ambiti di riorganizzazione del passato, per comprendere e territoriali di incontro tra culture e civiltà, tendono a spiegare: del resto chi conosce le nostre pubblicazioni, sa definire i contorni di quella cultura unitaria mediterranea, bene come l’approccio di fondo portato avanti dai nostri che non appiattì le specificità locali ma che si ancorò ricercatori associati sia decisamente anticolonialista. 34 strumentalizzazione del mondo classico al servizio della prospettiva coloniale francese in Algeria e Tunisia, ma anche italiana in Libia e spagnola in Marocco. Nel momento in cui i paesi del Maghreb ritrovavano, dopo la seconda guerra mondiale, una loro sovranità nazionale, la conseguenza inevitabile fu una reazione contraria, una sostanziale sottovalutazione delle radici classiche e una enfatizzazione, in realtà purtroppo spesso solo teorica, delle fasi islamiche della storia del Nord Africa. Teorica perché se è vero che sullo sfondo c’è il convinto apprezzamento per la grande cultura araba arrivata anche a influenzare l’Europa cristiana, di fatto però le fasi medievali del primo insediamento arabo in Ifriqya non sono mai state studiate davvero scientificamente e la cultura materiale islamica delle origini non ha fin qui 10. La primavera araba avuto una presentazione adeguata. Nel quadro della progressiva indifferenza per il patrimonio pre-islamico, indubbiamente la Tunisia a partire dal 1956 con Bourghiba Colonizzazione, nazionalismo, panarabismo ha rappresentato un’eccezione nel panorama dei paesi del Maghreb, grazie all’impegno dell’Institut National Nella visione coloniale europea dell’Ottocento e dei primi d’Archéologie et d’art, da vent’anni anni trasformato decenni del Novecento la civiltà classica in Nord Africa in Institut National du Patrimoine al quale si affianca non morì di morte naturale, ma fu assassinata: l’assedio l’azione dell’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et di Ippona da parte dei Vandali nel 430, pochi mesi dopo de Promotion Culturelle della Tunisia che ha la specifica la morte di Agostino, rende solo in parte l’idea di una missione di gestire monumenti e musei archeologici. Enti cittadella della cultura travolta dalla montante marea che hanno sostenuto molte grandi imprese internazionali barbarica, mentre i superstiti cercavano rifugio nelle terre in particolare europee, che spesso però furono costrette a transmarine. Più ancora, nel 698 la conquista ummayyade cambiare decisamente i loro obiettivi. di Cartagine bizantina da parte degli Arabi di Damasco Con la “primavera araba”, con la fuga di Ben Ali il 14 insediati a Kairouan è stata considerata simbolicamente gennaio 2011, si era evitato che i lunghi e brillanti periodi la data finale della cultura classica, per quanto noi preislamici del Maghreb potessero rappresentare una possediamo iscrizioni latine con l’era della provincia minaccia per il progetto di panarabismo dominante. Dopo che si estendono in Marocco ancora per alcuni secoli e la crisi del 2012-13, oggi si rende sempre più necessario per quanto siano sopravvissuti a lungo nel Nord Africa riprendere un cammino che sarà possibile solo partendo islamico dei principati berberi cristiani. Il trasferimento dalla consapevolezza che il patrimonio rappresenta delle reliquie di Agostino da Hippo Regius a Karales e poi una ricchezza anche per l’identità della Tunisia di oggi, nel 721 d.C. a Pavia effettuato a quanto pare di fronte superando nel rispetto dovuto la strumentalizzazione del all’avanzata araba è stato interpretato simbolicamente passato per scopi politici o religiosi. come il punto conclusivo del momento più maturo della Nel mondo di oggi, in un Mediterraneo che rischia di classicità e insieme come l’annunzio di tempi nuovi, con disgregarsi, dovremmo tutti contribuire a superare il l’apertura (fûtuhât) del Nord Africa all’Islam, quando si concetto di “culture egemoniche” e “culture subalterne” manifesta l’aspirazione verso un nuovo universalismo. per costruire una strada da percorrere insieme, per capire Nel contrasto tra mondi tanto diversi, la cultura araba i valori positivi della globalizzazione, per alimentare un fortemente motivata sul piano religioso finì per diventare dialogo tra culture diverse che non rinuncino ad essere egemone ed espansiva, a danno di quella romana e di se stesse. Il ruolo delle Università, delle istituzioni, dei quella giudaico-cristiana, che pure hanno lasciato tracce Comuni, delle Regioni può essere davvero importante. evidenti anche nel Maghreb di oggi. La riscoperta delle rovine archeologiche, delle iscrizioni, dei monumenti è avvenuta innanzi tutto in Algeria nell’Ottocento al La nostra esperienza seguito dell’esercito coloniale francese, con l’obiettivo romantico di ripercorrere le strade di una civiltà perduta, Anche nelle condizioni difficili e terribili di questi anni, di ritrovare le radici dell’anima europea del Nord Africa in particolare tra l’abbattimento delle torri gemelle l’11 travolto dagli Arabi: paradossalmente i Berberi dell’antica settembre 2001 e il fallimento delle primavere arabe, non Numidia avrebbero mantenuto con le loro croci tatuate è cessato l’impegno di costruire ponti tra le due rive del come a Haidra una sbiadita memoria del cristianesimo Mediterraneo, con il senso di un’attenzione e di un rispetto originario. Cinquanta anni più tardi anche in Tunisia le che vogliamo affermare, di un incontro e di una speranza. scoperte archeologiche furono effettuate inizialmente A Roma (il 12 maggio 2016) Isabel Rodà, Sergio Ribichini dagli ufficiali dell’esercito di occupazione francese. e Mario Mazza hanno presentato all’Istituto Nazionale di Con la colonizzazione si affermava una nuova cultura Studi Romani il XX volume de “L’Africa Romana”, dedicato egemone e restò ormai fissata nell’immaginario collettivo alla memoria delle vittime innocenti del tragico attentato dei popoli del Maghreb l’idea di una forzatura, di una al Musée National du Bardo con la solidarietà di tutti 35

11. Tunisi: 18 aprile 2015. Immagini dell'attentato al Museo del Bardo 36 Khanoussi, Lamia Abid, Hamden Ben Romdhane, Ali Cherif. Per l’iconografia delle stele di Saturno: Lamia Abid, Arij Limam, Bruno D’Andrea. Da ultimo a Cartagine nelle terme di Antonino e al Museo del Bardo a Tunisi con Samir Aounallah. A Uthina con Giovanna Sotgiu, Antonio M. Corda, Habib Ben Hassen. Sono proprio i colleghi italiani, penso a Marco Milanese, che hanno allargato le loro ricerche sul piano della cultura materiale islamica e tentato per la prima volta una seriazione delle produzioni. I nostri scavi sono stati portati avanti insieme dai nostri studenti italiani, circa 500, e dai loro colleghi magrebini, in particolare gli allievi dell’Institut supérieur des metiers du patrimoine dell’Università di Tunisi. Siamo davvero convinti che dobbiamo contribuire ad avviare una nuova stagione della conoscenza scientifica e pluriculturale della storia e dell’archeologia del Mediterraneo fondata sul contributo congiunto e dialogante di tutte le sponde del Mare comune. Del resto non mancano notizie straordinarie come il premio Nobel assegnato per la pace al “quartetto” tunisino, espressione dell’Unione Generale Tunisina del Lavoro (in francese “Union Générale Tunisienne du Travail”, UGTT); dalla Confederazione Tunisina dell’Industria (in francese “Union Tunisienne de l’Industrie, du Commerce et de l’Artisanat”, UTICA), della Lega Tunisina per la Difesa dei Diritti dell’Uomo (in francese “Ligue Tunisienne pour la Défense des Droits de l’Homme”, LTDH), dell’Ordine Nazionale degli Avvocati di Tunisia (in francese “Ordre National des Avocats de Tunisie”, ONAT).

Il progetto della Fondazione di Sardegna

Il 25 giugno 2014 si è svolto a Cagliari l’incontro Unimed “Sardegna terra di Mezzo” promosso dalla Fondazione di Sardegna. Nel frattempo le primavere arabe si sono 12. In alto 19 marzo 2017, la escursione della Scuola rivelate “inverni” terrificanti, l’insicurezza ha travolto alcuni archeologica italiana a Dougga; in basso studiosi della SAIC paesi, il 18 marzo 2015 l’attentato al Museo Nazionale a Tunisi. I professori Piero Bartoloni, Anna Depalmas, Alberto del Bardo è stato un colpo terribile inferto all’economia Moravetti, Betta Garau, Maria Grazia Cuccureddu del paese, ai beni culturali, al patrimonio, soprattutto alle relazioni tra studiosi. Il 26 marzo, pochi giorni dopo l’attentato, abbiamo organizzato a Sassari il convegno “Il gli studiosi al popolo della Tunisia libera e democratica. Abbiamo in programma il XXI congresso internazionale de L’Africa Romana in Tunisia o in Algeria nel dicembre 2018, sul tema delle nuove scoperte epigrafiche. L’Università di Sassari ha costantemente continuato a lavorare in Tunisia senza interruzione, con i finanziamenti ottenuti dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. A Uchi Maius un pagus romano nel territorio di Cartagine, con Mustapha Khanoussi, Cinzia Vismara, Marco Milanese, Paola Ruggeri, Antonio Ibba, Giampiero Pianu, Alessandro Teatini. A Zama con Piero Bartoloni, Michele Guirguis, Ahmed Ferjaoui. A Neapolis, oggi Nabeul, negli scavi di archeologia subacquea della Scuola di Specializzazione di Oristano diretta da Raimondo Zucca, con Piergiorgio Spanu e Mounir Fantar. Ora anche a Thignica, nel territorio della colonia augustea di Cartagine, con un’équipe composta da chi scrive, 13. Cagliari, i Rettori delle Università di Cartagine, Tunisi, Antonio Corda, Antonio Ibba, Paola Ruggeri, Raimondo Cagliari, Sassari, col Presidente Antonello Cabras e gli studenti Zucca, Salvatore Ganga, Samir Aounallah, Mustapha del Maghreb nell’ambito del progetto ForMed canto del Bardo. Il Museo mediterraneo di Tunisi tra ricordi 37 e speranze” voluto da Paola Ruggeri. Il 9 aprile successivo si è svolto il convegno sulla preistoria nei musei del Bardo di Tunisi e Algeri (Henri Lhote e l’arte africana prima dei mosaici) voluto da Anna Depalmas. Trovo però straordinario il risultato conseguito dal progetto ForMed della Fondazione di Sardegna e di Unimed che ha consentito la permanenza biennale a partire dal 1 ottobre 2015 di 100 studenti magrebini che studiano presso le due Università. Altri studenti partecipano ai dottorati e agli scavi archeologici, così come in passato. Io stesso con Paola Ruggeri ho seguito le prime tre laureate magistrali in archeologia che hanno concluso a luglio 2017. Abbiamo pubblicato il libro “Je suis Bardo” e presentato a Tunisi per iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e dell’Ambasciata d’Italia il 18 marzo 2016 il XX volume degli Atti de L’Africa Romana e gli scavi archelogici tuniso-italiani.

La Scuola archeologica italiana di Cartagine

A Sassari il 22 febbraio 2016 è stata costituita la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine, oggi arrivata a 160 associati, interessata a operare in campo internazionale. Dal 10 maggio 2016 la SAIC è iscritta al n° 31 nel “Registro delle Persone Giuridiche” presso la Prefettura di Sassari. Il lungo percorso che ha portato alla nascita della Scuola è stato recentemente ricostruito da Sergio Ribichini che ha ricordato il programma, lo stato dell’arte, la specificità della futura Scuola, il suo partenariato, la sua struttura, i suoi obiettivi, le tappe, le risorse finanziarie. Questo documento di base è stato oggetto dell’ «Atelier de recherche» che si svolse a Roma il 18 dicembre 2014 presso il CNR e che ha visto la partecipazione di numerose autorità, di parecchi responsabili di missioni finanziate dal MAECI e dei membri delle équipe italiane che lavoravano ad Althiburos e a Uchi Maius. L’iniziativa ha visto convergere soggetti diversi in una lunga fase di preparazione, specialmente Università italiane (con i due Dipartimenti di Storia scienze dell’uomo e della formazione dell’Università di Sassari e di Storia, Beni culturali e territorio dell’Università di Cagliari in prima fila), altre Università straniere, Istituzioni, in particolare l’Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con l’Agence National de Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle di Tunisi, l’Institut National du Patrimoine di Tunisi, la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese, Settore «Archeologia», del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Istituto italiano di cultura di Tunisi, l’Istituto di studi e programmi per il Mediterraneo. Il Consiglio del Dipartimento dell’Università di Sassari l’8 luglio 2015 aveva deliberato di ospitare a Sassari a Palazzo Segni in Viale Umberto 52 la SAIC, che ha siglato un accordo di collaborazione col Rettore dell’Università di Sassari nel luglio 2016. In base a tale accordo, il dottorato di ricerca “Archeologia, storia scienze dell’uomo” dell’Università di Sassari ha bandito una borsa di dottorato riservata a studenti magrebini (XXXII ciclo). Nel corso dell’assemblea 14. Immagini della SAIC - Scuola archeologica italiana di Cartagine 12 maggio 2016 a Roma presso l’Istituto Nazionale di e della Biblioteca dedicata a Sabatino Moscati, 6 ottobre 2017 38

15. Il sito archeologico numida e poi romano di Uchi Maius. La base dell’imperatore africano Settimio Severo 17. La porta d’ingresso alla città bizantina

Studi Romani, grazie alla cortesia di Paolo Sommella, è Sono stati aperti il sito web http://www.scuolacartagine.it/ stato presentato il XX volume per il trentennale de L’Africa ([email protected]) e la pagina Facebook: https:// Romana; nell’occasione è stata firmata la convenzione www.facebook.com/SAIC-Scuola-Archeologica-Italiana- della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine con di-Cartagine-268443213487415/, che viaggia attorno l’Agence Nationale de Mise en Valeur et d’Exploitation du ai mille like e ai 4000 contatti settimanali. Patrimoine Culturel della Tunisia, rappresentata da Samir È nata una rivista elettronica (“Caster”) diretta da Antonio Aounallah. La convenzione prevede l’assenso del prof. Corda e una collana di Monografie diretta da Paola Ridha Kaabia direttore dell’Agence per l’assegnazione Ruggeri. La Scuola è presente su altri principali Social, in comodato d’uso di aule e locali di segreteria per la anche allo scopo di coordinare le attività archeologiche SAIC, con attività comuni, in particolare la pubblicazione italiane in Tunisia. di una Guida di Cartagine plurilingue. La SAIC si propone Presso l’Istituto Italiano di Cultura abbiamo svolto il 18 di favorire con le sue attività forme di coordinamento tra marzo 2016 e il 17 marzo 2017 due incontri dedicati al iniziative che caratterizzino la cooperazione italiana in tema “Archeologia e tutela del patrimonio di Cartagine: lo Tunisia (e più in generale nei Paesi del Maghreb) in ambito stato dell’arte e le prospettive della collaborazione tuniso- scientifico-culturale. Si propone altresì di configurare un italiana”; gli atti sono stati pubblicati nella Monografia n. intervento organico, collegiale e articolato, capace di 1 e nel secondo numero della rivista “Caster”. favorire opportunità di ricerca, formazione e diffusione Sono Soci Ordinari della SAIC coloro che hanno la delle conoscenze sul patrimonio relativo alle civiltà titolarità di progetti di cooperazione con la Tunisia. preistoriche e protostoriche, preclassiche, classiche, tardo- Taluni di tali progetti, più precisamente, usufruiscono antiche, islamiche, moderne e contribuire attivamente al di un cofinanziamento della Direzione Generale per dialogo interculturale e alle politiche di sviluppo della la Promozione del Sistema Paese del MAECI (Settore Tunisia (e più in generale dei Paesi del Maghreb). In questi Archeologia), impegnata in favore delle Missioni mesi siamo riusciti a creare una biblioteca specializzata in archeologiche, antropologiche ed etnologiche italiane Archeologia, Scienze dell’Antichità e Tecnologie applicate all’estero e all’attribuzione di borse di studio a ricercatori ai Beni Culturali, Storia dell’Arte intitolata a un grande di paesi stranieri. Maestro, Sabatino Moscati, presso la Scuola nei locali La Sede legale in Italia è presso il Palazzo Segni, Università dell’Agence di fronte all’Istituto Italiano di cultura. degli Studi di Sassari, Dipartimento di Storia, scienze

16. Le terme di Uchi Maius (IV secolo d.C.) 18. Foro di Uchi Maius. Scavi degli ultimi anni Erano presenti tra gli altri l’ambasciatore d’Italia 39 Raimondo De Cardona, la Direttrice dell’IICTunisi Maria Vittoria Longhi, per il MAECI Manuela Ruosi ed Ettore Janulardo, il direttore generale dell’INP Fathi Bahri, il responsabile delll’Agence Nationale de Mise en Valeur du patrimoine et de promotion culturelle Show Dauda per il Directeur Général Ridha Kacem, il Vice Direttore dell’Isprom Giovanni Lobrano, la Vice Presidente della Fondazione di Sardegna Angela Mameli, la Presidente del Consiglio Comunale di Sassari Esmeralda Ughi. Nel pomeriggio la SAIC era rappresentata alla cerimonia per ricordare i caduti al Museo del Bardo (erano presenti il Rettore dell’Università di Sassari Massimo Carpinelli e il Presidente della Regione Sarda Francesco Pigliaru). È stato presentato il volume di grande formato curato da Samir Aounallah Je suis Bardo. A Roma il 6 ottobre 2016 presso l’Istituto Nazionale di Studi Romani sono stati presentati da chi scrive e da Giorgio Rocco i due volumi di Studi Africani di Antonino Di Vita, curati da Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginette Di Vita Evrard. Il 17 marzo 2017, per iniziativa della Scuola archeologica italiana di Cartagine, d’intesa con l’Istituto Italiano di Cultura, la Fondazione di Sardegna, l’Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo, l’Institut National du Patrimoine e l’Agence National de Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle di Tunis si è svolta la seconda edizione degli incontri bilaterali sul tema “Archeologia e tutela del patrimonio di Cartagine: lo stato dell’arte e le prospettive della collaborazione tuniso- italiana”, con un programma quanto mai significativo sul piano scientifico, aperto dall’Ambasciatore Raimondo De Cardona. L’iniziativa è stata promossa con la partecipazione dei nostri studenti della Scuola di dell’uomo e della formazione, Viale Umberto, 52 – 07100 specializzazione di archeologia di Oristano: Annalucia Sassari. La Sede operativa a Tunisi è presso l’Istituto Italiano Corona, Ernesto Insinna, Davide Fiori, Donatella Bilardi, di Cultura – Ambasciata d’Italia, Avenue Mohamed V, 80. Alessandro Madau. Il 12 maggio 2016 è stato siglato l’accordo di Il 6 ottobre 2017, dopo l’Assemblea della Saic presso collaborazione tra SAIC e l’Agence de Mise en Valeur du l’Istituto Italiano di Cultura, è stata inaugurata la Biblioteca Patrimoine et de Promotion Culturelle, che ha messo a Sabatino Moscati alla presenza di Paola e Laura Moscati e disposizione della SAIC i locali di Tunisi Belvedere per la di un vasto pubblico italiano e tunisino. Biblioteca Sabatino Moscati e per gli uffici della Scuola. È in corso la stipula dell’accordo con l’Institut Supérieur des *Attilio Mastino, Università degli Studi di Sassari Sciences Humaines de Tunis / Université de Tunis El Manar ISSHT (26, Avenue Darghouth Pacha – Tunis) diretto dal Bibliografia essenziale prof. Taoufik Aloui. Il 17 marzo 2017 abbiamo inaugurato la nuova sede a Tunisi presso l’Agence de Mise en Valeur F. caSSola, “Cartagine”, in Enciclopedia Virgiliana, pp. 680 ss. du Patrimoine et de Promotion Culturelle a Tunisi-Belvedere F. della corte, La mappa dell’Eneide, Firenze 1985 a. iBBa, La Cooperazione degli atenei sardi con i paesi del Maghreb: motivazioni, (Rue 8000 Angle Ibn Nadime -Montplaisir, Tunis 1002), risultati, prospettive negli studi classici, Sassari 2007 con la Biblioteca Sabatino Moscati offerta dalla famiglia v. liMa, I profughi ieri e oggi: sulle orme di Enea, da hostis a fondatore di Roma, alla SAIC che è stata aperta al pubblico il 6 ottobre 2017. Quaderni Mediterranei, XV, settembre 2015 a. MaStino, “Le Sirti negli scrittori di età augustea”, in L’Afrique dans l’Occident Il 31 dicembre 2016 è stato pubblicato il primo numero romain (Ier siècle av.J.-C.-IVe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque organisé par della Rivista Cartagine. Studi e Ricerche (abbreviazione l’École Française de Rome sous le patronage de l’Institut National d’Archéologie CaSTeR) con sottotitolo Rivista della Società scientifica et d’Art de Tunis (Rome, 3-5 décembre 1987), Roma 1990, pp. 15-48 a. MaStino, “Cornus e il Bellum Sardum di Hampsicora e Hostus, storia o mito? “Scuola Archeologica Italiana di Cartagine” diretta da Processo a Tito Livio”, in Il processo di romanizzazione della provincia Sardinia et Antonio Corda (http://ojs.unica.it/index.php/caster/issue/ Corsica, Atti del convegno internazionale di studi (Cuglieri, 26-28 marzo 2015, a cura view/72/showToc). di S. De Vincenzo, Ch. Blasetti Fantauzzi; Analysis Archaeologica. An international Journal of western mediterranean Archaeoogy, Monograph Series n. 1), pp. 15-67 Abbiamo presentato il primo volume della serie delle a. MaStino, “L’attività della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC) nel monografie, con gli atti dell’incontro di Tunisi del 18 2016”, in Archeologia e tutela del patrimonio di Cartagine: lo stato dell’arte e le marzo 2016, svoltosi in occasione del primo anniversario prospettive della collaborazione tuniso-italiana, Atti del seminario di studi raccolti da P. rUggeri (Le Monografie della SAIC, 1), 2017, pp. 9-19 dell’attentato al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi P. rUggeri (cUr.), L’Africa Romana XX, Momenti di continuità e rottura: bilancio di presso l’Istituto Italiano di Cultura. trent’anni di convegni L’Africa Romana, I, II, III, Sassari 2015 40 il tempio di Vesta e dei Penati, direttamente connesso con i Penati di Roma; il fiume Numicus, luogo presso il quale è ambientato l’episodio della sparizione di Enea, nel corso della battaglia con Mezenzio; l’Heroon di Enea, tomba - simulacro del fondatore. Ad esclusione del tempio di Vesta e dei Penati, mai rintracciato, tutti gli altri luoghi sono stati identificati e, in parte, indagati.

Il santuario di Sol Indiges

Come è noto, il mito vuole che Enea e i suoi compagni, sfiniti dalla fame e dalla sete, approdassero sulle coste del Lazio. Qui, consumate addirittura le mense di pane su cui 1. Santuario di Sol Indiges. Planimetria del santuario con era disposto il cibo, poterono dissetarsi grazie a un evento ricostruzione paleoambientale (in grigio le zone palustri e il miracoloso che fece scaturire dal terreno una sorgente corso del Numicus) 1. Tempio 2. Porta pedonale 3. Sorgente 4. Porta carrabile. Elaborazione Autore su restituzione fotogrammetrica finalizzata di F. Piccarreta

Enea e la topografia troiana di Lavinium di Alessandro M. Jaia*

L’epopea virgiliana dello sbarco di Enea nel Lazio è solo l’ultima e la più celebrata elaborazione di una serie di filoni della tradizione storico-mitologica relativa alle origini di Roma. Tra l’età arcaica e l’età medio-repubblicana, queste diverse tradizioni videro il coinvolgimento di più compagini urbane del Lazio costiero, con apporti etruschi, in particolare veienti. La storiografia moderna ha molto dibattuto tra visione “romanocentrica” della costruzione del mito delle origini troiane di Lavinium e creazione “aborigena”, indipendente, sviluppata localmente. Al riguardo, è indubbio che, al di là delle molteplici letture delle fonti relative ai periodi più antichi, il momento della definitiva cristallizzazione del mito di Enea come fondatore di Lavinium è permeato di interessi romani. Questo momento, cruciale per la storia religiosa romana e per il Lazio antico, vede probabilmente come attori di primo piano gli storici greci e, in particolare, Timeo di Tauromenio, attivo intorno al 300 a.C. La narrazione delle vicende che seguono lo sbarco di Enea è incardinata in una sorta di geografia troiana di Lavinium, che si è andata definendo sempre più precisamente da un punto di vista archeologico grazie a sessant’anni di ricerche e scavi dell’Università di Roma “Sapienza” a Pratica di Mare. Questa impresa, ovviamente, non ha solo contribuito a individuare e approfondire le tematiche archeologiche connesse agli aspetti del mito troiano, ma ha restituito soprattutto la complessa immagine di una comunità latina, dalle origini alla romanizzazione, fino alle profonde trasformazioni di età imperiale. La topografia troiana di Lavinium è così cronologicamente articolata: il santuario di Sol Indiges, il luogo dello sbarco di Enea; la città di Lavinium, fondazione troiana; 2. Santuario di Sol Indiges. Frammento di gamba di statua il santuario di Minerva, connesso al simulacro del Palladio; acroteriale con ricostruzione della policromia (elaborazione Autore) di culto nel suo rifacimento di età medio-repubblicana. Si 41 tratta di un tempio probabilmente del tipo periptero sine postico, cinto da colonnati ad esclusione del lato posteriore. La variante individuata è unica nel suo genere, perché nel muro di fondo dovevano aprirsi due porte in corrispondenza dei porticati laterali, come è dimostrato dalla presenza di due strette scale addossate alla parte posteriore del podio. Fasi edilizie più antiche del tempio, databili tra l’ultimo venticinquennio del VI e la prima metà del V sec. a.C., sono attestate da una serie di frammenti relativi alla decorazione in terracotta. Tra questi, molti frammenti di statue acroteriali che conservano una ricca policromia. Contemporaneamente al rifacimento del tempio, datato al secondo venticinquennio del III sec. a.C., il santuario fu circondato da un circuito murario difensivo che racchiudeva un’area quadrangolare. Questa sistemazione trasformò il vetusto luogo di culto posto sul mitico luogo dello sbarco di Enea in una fortezza destinata a proteggere lo scalo portuale della città da temuti attacchi via mare. Non si tratta di un’azione isolata, ma di un intervento coordinato nel più ampio progetto di costruire un sistema difensivo che bloccasse tutti gli accessi agli scali portuali del Lazio e della Campania. In questo sistema rientrano le fondazioni delle prime colonie di diritto romano, le coloniae maritimae: Ostia, Anzio (338 a.C.), Terracina (329 a.C.), Minturnae e Sinuessa (296 a.C.). A queste si affiancano Formia e Fondi (civitas sine suffragio nel 334 a.C.) e Circeii, prisca colonia latina. Laddove l’entità urbana 3. Santuario di Sol Indiges. Veduta del portico antistante il corrispondente non è situata sul mare ma nell’immediato tempio, III sec. a.C. (foto Autore) entroterra, non si ricorre a una nuova fondazione ma alla ricchissima di acqua. Nel racconto mitico, segue quindi il famoso episodio del tentativo di Enea di sacrificare in segno di ringraziamento una scrofa, che l’eroe troiano inseguirà fino a una altura dove finalmente riuscirà nel suo intento. Qui fonderà Lavinium. Sul luogo dello sbarco saranno dedicati due altari. Nel 1965, in base alla descrizione dei luoghi desumibili dalle fonti, in particolare Dionigi di Alicarnasso e Strabone, e a seguito di una breve campagna di scavo condotta tra le dune costiere di Torvaianica sulla scorta di un appunto di Th. Ashby, F. Castagnoli identificò il Locus Solis Indigetis, il santuario presso il porto storico di Lavinium indicato dalle fonti come il luogo del mitico sbarco di Enea nel Lazio. Lo scavo è poi ripreso sistematicamente in anni recenti (2005-2012). Il santuario è posto lungo le rive di una vasta laguna, oggi bonificata, nel punto in cui le acque trovavano la strada verso il mare. In generale, la descrizione del luogo di culto tratteggiata da Dionigi di Alicarnasso rispecchia un assetto comune a diversi luoghi di culto connessi agli scali portuali del Lazio e dell’Etruria (ad esempio Castrum Inui, porto di Ardea, Pyrgi e, in parte, Gravisca). Si tratta di luoghi di scambio, con possibilità di approvvigionamento di acqua, 4. Lavinium, principali scavi nell’area della città e del suburbio. aperti verso gli stranieri, ai quali viene garantito il diritto di 1. Acropoli e Piccola Acropoli; 2. Settore orientale dell’abitato; ospitalità. L’accesso a queste aree sarà sin dall’età arcaica 3. Area forense; 4. Porta per Ardea; 5. Terme pubbliche; 6. regolato da trattati, come è ben chiarito nel primo trattato Collegio dei Dendrofori; 7. Settore occidentale dell’abitato; 8. romano-cartaginese. Nel particolare, la descrizione di Terme costantiniane; 9 Scarico votivo del santuario di Minerva; Dionigi è senza dubbio relativa al santuario di Sol Indiges. 10. Tomba a camera; 11. Santuario delle Tredici Are; 12. Heroon Gli scavi recenti hanno permesso di individuare l’edificio di Enea (restituzione fotogrammetrica finalizzata di F. Piccarreta) 42 fortificazione del santuario posto presso il porto (Lavinium, Ardea, probabilmente Astura). Nel caso del Santuario di Sol Indiges, si pose il problema di coniugare gli aspetti difensivi con la prassi dei rituali legati al primitivo luogo di culto, identificabile in un’ampia depressione rettangolare posta di fronte al tempio, che dovrebbe corrispondere alla sorgente miracolosamente apparsa ai Troiani assetati, il “luogo cavo” sacro al Sole, descritta da Dionigi di Alicarnasso. Questa depressione è posta immediatamente a ovest della linea delle mura e rimane separata dal resto del luogo di culto. La soluzione adottata fu quella di aprire una porta pedonale monumentale, in asse con la mediana del tempio, e di realizzare, nell’area antistante l’edificio di culto, una piccola piazza porticata. In questa maniera si manteneva il contatto tra primitivo luogo di culto e santuario, pur in una ristrettezza di spazi 5. Lavinium. Area centrale: tomba a pozzetto del Bronzo Finale che costrinse ad aprire le porte sul muro di fondo dei portici 2-3 (foto Autore) laterali del tempio per permettere il deflusso dei fedeli.

Lavinium e il fiume Numicus

L’identificazione di Lavinium con l’odierno borgo di Pratica di Mare (Pomezia) si deve a Pirro Ligorio, nella seconda metà del Cinquecento, ma solo un secolo dopo il centro compare precisamente localizzato nella Carta del Lazio di I. Mattei (1666). In seguito, l’area fu oggetto di perlustrazioni da parte dei più importanti studiosi di topografia di Roma e del Lazio: A. Nibby, R. Lanciani, G. Tomassetti, Th. Ashby. Le prime esplorazioni nell’area della tenuta Borghese di Pratica di Mare furono condotte nel maggio del 1955 da F. Castagnoli e L. Cozza. Nel 1957 iniziarono gli scavi che misero in luce il Santuario extraurbano delle Tredici Are e prese avvio la missione archeologica dell’Istituto di 6. Lavinium. Settore orientale dell’abitato: fondazione di Topografia Antica della “Sapienza”. capanne, IX-VII sec. a.C. (Archivio Missione Lavinium) Le ricadute sul piano scientifico delle esplorazioni condotte nell’area della città sono state di ampia rilevanza scientifica e possono solo parzialmente essere sintetizzate attraverso il profilo storico-topografico che ne scaturisce. L’insediamento più antico è stato localizzato nell’area della propaggine settentrionale dell’altura del Borgo di Pratica di Mare, la cosiddetta Piccola Acropoli, ed è databile a partire da una fase avanzata dell’età Bronzo Medio, con attestazioni per il Bronzo Recente e più diffuse presenze del Bronzo Finale. A questo primo insediamento sono probabilmente da riferire tredici sepolture individuate al di sotto dei livelli dell’area forense. Si tratta di tombe a incinerazione datate tra un momento mediano (fase 2-3) e il termine più basso del Bronzo Finale (fase 3). La contemporaneità tra la tomba più recente del foro e quella più antica della necropoli extraurbana meridionale, la famosa Tomba 21 con urna a capanna e panoplia delle armi miniaturizzata, ha fatto ipotizzare che sia questo il momento in cui si definisce una realtà “protourbana”, similmente a quanto sembra accadere nel caso delle grandi comunità dell’Etruria meridionale. La comunità lavinate si sviluppa nel corso dell’età del Ferro in maniera simile a quella delle altre comunità del Lazio arcaico. Tale sviluppo è testimoniato da presenze produttive nell’area centrale (fornaci di VIII sec. a.C.), da un settore 7. Lavinium. Necropoli Orientale: anfora nicostenica in dell’abitato formato da numerose capanne di diversa bucchero, VI sec. a.C. (Archivio Missione Lavinium) tipologia (IX-VII sec. a.C.) e dalle prime fortificazioni (fine 43 VIII-VII sec. a.C.). La necropoli orientale è caratterizzata da ricche sepolture dell’Orientalizzante recente (VII-inizi VI sec. a.C.). Compaiono le prime testimonianze dei luoghi di culto, materializzati nei tipici vasetti votivi miniaturistici lavorati a mano. L’età arcaica, e in particolare la seconda metà del VI secolo, sembra segnare l’apice dello sviluppo urbano della città come realtà indipendente. Sulla piazza del foro, ormai definita come area pubblica centrale, vengono costruiti due articolati complessi forse non solo residenziali; nel settore orientale dell’abitato, invece, un edificio con copertura in tegole sostituisce le capanne. Quest’area sarà poco dopo trasformata in bastione difensivo con una nuova cinta muraria in blocchi di tufo. Nei santuari, spicca la presenza di abbondante ceramica importata dalla Grecia. Nella necropoli orientale, subito fuori la porta per Ardea, viene costruita una tomba a camera con tumulo che avrà una continuità di uso fino al IV secolo a.C. Sul registro di una 8. Lavinium. Area forense: lastra tipo Campana con Ercole e il grande anfora di forma nicostenica in bucchero, rinvenuta leone nemeo (Archivio Missione Lavinium) in connessione con la sepoltura più antica della tomba, è incisa un’iscrizione in etrusco: mini m[ulu]vanice mamar. ce : a.puniie (mi ha donato Mamarce Apunie). Lo stesso personaggio è noto da un’altra iscrizione, identica, incisa sull’ansa di un vaso in bucchero, rinvenuta nel santuario di Apollo di Portonaccio a Veio. Si tratta di una rara testimonianza del complesso intreccio di relazioni di tipo gentilizio tra Lavinium, le altre comunità laziali e l’Etruria nell’età dei Tarquini. Dopo questo periodo florido, la città non sembra reggere il confronto, soprattutto economico, con le vicine realtà, più dinamiche, soprattutto tra la seconda metà del V e il IV secolo a.C. Dunque la compagine statale lavinate, sotto un certo aspetto, presenta già alcuni elementi di debolezza nel momento in cui si sviluppa lo scontro tra Roma e le comunità latine, che soccombono nel 338 a.C. L’ingresso nell’orbita romana comporta, in un primo momento, una rinascita della città, anche se probabilmente questo avviene al prezzo della sostituzione delle élite urbane. La città diventa municipio precocemente. Le mura vengono in parte ricostruite e in parte completate nei tratti in cui le difese erano precedentemente naturali. Per quanto riguarda la viabilità interna all’area urbana, ci sono segnali di rettifica dei percorsi, fatto che lascia intuire ampi lavori di ristrutturazione che comportano anche l’assetto definitivo dell’area forense. Lo spostamento a Lavinium e nel suo territorio di una corposa compagine di coloni o di cittadini provenienti dall’area romana è testimoniata, nei santuari e nelle necropoli, dalla grande quantità di materiali ceramici a vernice nera di produzione o ispirazione romana, anche 9. Lavinium. Area forense: testa ritratto di Augusto (Archivio suddipinta. La tipologia dei votivi è quella tipica di età Missione Lavinium) medio repubblicana. Il santuario di Sol Indiges, come si è visto, diventa una fortezza e la tomba a tumulo identificata con l’Heroon di Enea viene monumentalizzata. Questo periodo propulsivo termina intorno al secondo venticinquennio del II secolo quando, ormai, l’orizzonte espansionistico di Roma si è spostato dall’Italia al Mediterraneo. Le testimonianze archeologiche per il II e I sec. a.C. sono scarse, in particolare quelle relative alla 10. Lavinium. Santuario delle Tredici Are: dedica a Castore e cultura materiale. Gli antichi santuari della città sono Polluce (Archivio Missione Lavinium) abbandonati. L’unico intervento urbano di rilievo è la 44 ricostruzione, in opera incerta, del grande tempio che Il santuario di Minerva occupa il lato corto settentrionale del foro. La storia urbana di Lavinium in età imperiale è ancora Uno degli aspetti più rilevanti dell’esplorazione di Lavinium da scrivere o, per meglio dire, qualcosa sfugge nella è quello relativo ai luoghi di culto. Tra questi, rivestono definizione del reale assetto della città. Lavinium resta un posto di primo piano nella storia dell’archeologia municipio; l’area forense è certamente oggetto di interventi del sacro il santuario extraurbano delle Tredici Are e lo e rifacimenti. In età augustea, è sostituita la decorazione scarico di materiale votivo riferibile a un luogo di culto, in terracotta del tempio del foro con l’inserimento di lastre non localizzato, relativo a Minerva. del ciclo delle fatiche di Ercole. Lastre realizzate con la Il santuario delle Tredici Are è posto lungo la strada che dalla stessa matrice costituiranno parte della nuova decorazione città conduceva verso la laguna costiera. La sua fisionomia del tempio del santuario costiero di Sol Indiges. è unica nel panorama dei luoghi di culto centro italici. Una I porticati che delineavano i lati della piazza forense sono serie di altari posti su un unico allineamento il cui numero di età tardo-flavia. Negli ambienti del lato occidentale del venne ampliandosi fino a un totale di dodici funzionanti foro, trovano posto un sacello dedicato probabilmente a contemporaneamente. Il basamento, forse relativo a un Iside e la sede del culto imperiale, il Cesareo, con ritratti quattordicesimo altare, è stato rinvenuto recentemente, ma di Augusto, Tiberio e Claudio. A nord-ovest del foro sono in una posizione non connessa alla serie principale. posizionate le terme pubbliche di età severiana. A nord-est Molto discussa è l’identificazione della divinità titolare del dell’area forense è posto l’edificio rettangolare con corte santuario: l’Aphrodisium, santuario comune dei latini noto porticata interna, identificato, grazie al rilevante corpus di dalle fonti (Castagnoli, Torelli), o il santuario di Indiges, iscrizioni rinvenute, con la sede del Collegio dei dendrofori. divinità primordiale locale, in connessione con le vicine Tuttavia, l’impressione è che, a parte l’area centrale, il aree di necropoli e con l’Heroon di Enea (Zevi). resto della città non veda una continuità di occupazione Nel 1977, un periodico controllo svolto in un’area in cui coerente con l’organizzazione urbana precedente, ma che nel 1960 era stato condotto un breve saggio di scavo gli spazi siano occupati da articolate residenze private più in corrispondenza di un edificio con materiali attribuibili simili alle tante ville che caratterizzano il paesaggio del a un’area di culto portò al ritrovamento, in un settore Lazio costiero in questo periodo. extraurbano, dello scarico votivo del santuario di Minerva. Il legame di civitas religiosa con Roma rimane tuttavia La presenza di un culto di Minerva a Lavinium materializza forte: i consoli continueranno a sacrificare con l’acqua del la tradizione del Palladio messo in salvo da Enea insieme ai Numicus, identificato da F. Castagnoli con l’attuale Fosso Penati troiani. Tuttavia, da un punto di vista archeologico, di Pratica. l’elemento straordinario del complesso è rappresentato dal

11. Lavinium. Santuario di Minerva: statua di Minerva (Archivio 12. Lavinium. Santuario di Minerva: statua femminile, ultimo Missione Lavinium) ventennio del V sec. a.C. (Archivio Missione Lavinium) 45

13. Lavinium. Heroon di Enea: ricostruzione del tumulo nella 14. Lavinium. Veduta generale da ovest delle terme pubbliche, fase medio repubblicana (da giUliani 1981) età severiana (Archivio Missione Lavinium) nucleo principale dello scarico votivo, costituito da più di Per una parte degli studiosi, questo processo è motivabile cento statue in terracotta, in gran parte offerenti, databili tra solo se si presuppone la rimozione collettiva dell’identità V e III secolo a.C. Tra queste, alcune rappresentano Minerva. del personaggio realmente sepolto nella tomba, dapprima La grande statua della Minerva Ilias, attualmente esposta con in funzione dell’identificazione con Enea, che doveva gli altri materiali nel Museo Civico Archeologico Lavinium di aver mantenuto, almeno in parte, caratteri umani, e una Pomezia, costituisce probabilmente la statua di culto. successiva assimilazione del defunto con il progenitore Si tratta del più grande complesso di statue in terracotta Indiges. D’altra parte, la seriazione cronologica degli rinvenuto in Italia. Lo studio e la ricostruzione di tale eventi (riapertura e successiva monumentalizzazione) complesso è ancora in corso ma gli spunti per la ricerca sembrano fissare proprio le tappe di un processo inedito sono un’infinità: la tecnica della manifattura, la seriazione presso il mondo latino: in una prima fase (VI secolo), dopo cronologico-stilistica, le correlazioni tra le diverse botteghe, un esame diremmo autoptico della sepoltura (Torelli), la tipologia dei gioielli, le acconciature, le calzature. un’eminente personalità cittadina, “un fondatore”, da intendersi in senso generale come un artefice dell’unità urbana (si può pensare, ad esempio, al costruttore delle L’Heroon di Enea prime mura), viene identificato, circa un secolo dopo la morte, con l’entità soprannaturale più importante dei Nel 1967-1968 fu messa in luce la tomba a tumulo, lavinati, il Pater Indiges, il Padre progenitore (Carandini). non distante dagli altari, identificata da P. Sommella con In una seconda fase, probabilmente subito dopo la l’Heroon di Enea, cenotafio dell’eroe fondatore. Si tratta di conquista romana, il riconoscimento da parte di Roma, un ritrovamento unico nel suo genere per la particolarità attraverso la mediazione in particolare degli storici greci, delle fasi individuate. La sepoltura vera e propria è formata del fondatore di Lavinium nella figura di Enea, permette da una grande fossa quadrata con, al centro, una cassa di attribuire all’eroe troiano la venerata sepoltura del composta da lastre di tufo friabile. La tomba, databile intorno fondatore – Indiges. alla metà del VII sec. a.C., è coperta da un tumulo. Nella prima metà del VI sec. a.C., la sepoltura venne riaperta *Alessandro M. Jaia, “Sapienza” - Università di Roma, e furono deposti al suo interno alcuni vasi in bucchero. Dipartimento di Scienze dell’Antichità Alla fine del IV - inizi III sec. a.C., quando Lavinium era già entrata nell’orbita romana, il tumulo fu monumentalizzato con l’inserimento di una porta in tufo, preceduta da un piano battuto di ingresso delimitato da blocchi di tufo. Bibliografia essenziale Dionigi di Alicarnasso riferisce di aver visto a Lavinium un AA.VV., Lavinium II. Le Tredici Are, Roma 1975 tumulo, coronato da alberi, su cui era un’iscrizione dedicata F. caStagnoli, Lavinium I. Topografia generale, fonti e storia delle ricerche, al Pater Indiges, che veniva ritenuta la tomba di Enea. Roma 1972 L’identificazione del tumulo con la tomba che veniva Enea nel Lazio. Archeologia e Mito, Catalogo della Mostra (Roma 1981), Roma 1981 indicata da Dionigi di Alicarnasso come quella di M. Fenelli, “Lavinio”, in g. nenci, g. vallet (a cura di), Bibliografia Topografica Enea è discussa; tuttavia, chi ha respinto questa della Colonizzazione greca in Italia 7, 1990, pp. 461-518 interpretazione non ha fornito, finora, una lettura critica M. Fenelli, “Lavinium: scavi nell’area centrale”, in Archeologia Laziale 12.2 (QuadAEI 24), Roma 1995, pp. 537-549 convincente delle inusuali fasi di riapertura e in seguito di C.F. giUliani, P. SoMMella, “Lavinium, compendio delle ricerche archeologiche”, in monumentalizzazione della deposizione. Lazio arcaico e mondo greco, ParPass 32, 1977, pp. 368-370 Tra coloro che riconoscono la sepoltura come l’Heroon di M. gUaitoli, “Lavinium: nuovi dati dalle necropoli”, in Archeologia Laziale 12.2 (QuadAEI 24), Roma 1995, pp. 551-562 Enea, è tuttavia molto discussa la dinamica mediante la A.M. Jaia (a cura di), Prima di Lavinium. La necropoli del Bronzo Finale dell’area quale si arrivò all’identificazione del personaggio sepolto centrale, Catalogo della mostra (Pratica di Mare 2010), Roma 2010 nel corso dell’età Orientalizzante (un umano) con Enea A.M. Jaia, “Il santuario di Sol Indiges”, in e. Marroni (a cura di), Sacra Nominis Latini, I santuari del Lazio arcaico e repubblicano, Atti del Convegno Internazionale (un semi-umano divinizzato) e con il Pater Indiges (una (Roma 2009), Napoli 2012, pp. 599-615 divinità), perché tale operazione appare incoerente con la P. SoMMella, “Heroon di Enea a Lavinium. Recenti scavi a Pratica di Mare”, in tradizione religiosa latina tra VI e IV secolo a.C. RendPontAcc 44, 1971-1972, pp. 47-74 46

1. Raffaello Sanzio e aiuti, Incendio di Borgo, 1514. Affresco, 500 x 670 cm. Città del Vaticano, Stanze Vaticane (da commons. wikimedia.org)

Enea: viaggi pittorici tra mito e ideale di una articolata costruzione architettonico-spaziale di Ettore Janulardo* che si confronta con la contemporaneità e con il mito dell’antico. Alla drammaticità della scena evidenziata da una premanieristica composizione asimmetrica, in spazi “Io solea maravigliarmi insieme e dolermi che tante ottime discontinui, e corpi in tensione dal tratto michelangiolesco, e divine arti e scienze, quali per loro opere e per le istorie fa da controcanto il gruppo sulla sinistra della scena: i veggiamo copiose erano in que’ vertuosissimi passati antiqui, tre personaggi maschili riproducono l’iconografia della ora così siano mancate e quasi in tutto perdute: pittori, fuga da Troia in fiamme di Enea, con il padre Anchise scultori, architetti, musici, ieometri, retorici, auguri e simili sulle spalle, e Ascanio; mentre la donna all’estremità della nobilissimi e maravigliosi intelletti oggi si truovano rarissimi e scena è identificabile con la nutrice Caieta (fig. 1). poco da lodarli. Onde stimai fusse, quanto da molti questo Lungo la linea della trattatistica albertiana, l’arte così essere udiva, che già la natura, maestra delle cose, fatta umanistico-rinascimentale italiana fa della narrazione antica e stracca, più non producea come né giuganti così né storica – e della sua ambientazione in luoghi e spazi ingegni, quali in que’ suoi quasi giovinili e più gloriosi tempi a misura d’uomo – un genere alto, comparabile solo produsse, amplissimi e maravigliosi”. alla pittura a soggetto sacro. Il mito e i racconti della classicità possono così essere inseriti, come nell’affresco Se la considerazione iniziale dell’albertiano prologo al De vaticano, in una logica architettonica che si fa teatro Pictura individua d’emblée i termini e i tempi delle trascorse dello spazio urbano: dal quale è espunta la natura virtù della creazione artistica – in feconda compenetrazione come acque, rocce, vegetazione. Cristallizzati nella tra ingegno e natura – l’architetto ripercorre la tradizione loro presenza di fondali, luminosi come nella tradizione che fa del dato naturale il paradigma di una lettura umbro-peruginesca o vaporosi nella visione veneta, i umanistica della storia. Patrimonio dei numi e della brani di paesaggio restano una forma di pausa rispetto cristiana divinità, la vicenda storica si affida al volto e all’articolarsi, drammatico o fideistico, della vicenda al alle proporzioni dell’uomo – che il trattatista considera centro dell’interesse pittorico; e anche dove la natura con attenzione – per rendersi raccontabile nelle pagine appare protagonista – vegetazione, cielo solcato da degli scrittori e visibile nelle raffigurazioni artistiche. Nella bagliori nella Tempesta di Giorgione – l’inquadratura Vaticana Stanza dell’Incendio di Borgo, alla quale si della scena definisce una lettura della proporzione tra dedicano Raffaello e aiuti tra il 1514 e il 1517, l’episodio personaggi e contesto naturale/costruito in ottica di del fuoco divampato nei pressi della basilica di S. Pietro, equilibrio, senza cedere a suggestioni anti-umanistiche nell’847 secondo il Liber Pontificalis, diviene il motivo di ambiti artistici extra-italiani. Circa un secolo più tardi, con le cosiddette “Lunette panoramica mitopoietica. A Roma dall’età di quattordici 47 Aldobrandini” di Annibale Carracci e aiuti – Francesco anni, privo di forti riferimenti culturali, domestico presso Albani, Giovanni Lanfranco, Sisto Badalocchio – la Agostino Tassi e curioso di viaggiare e scoprire, è nello visione paesaggistica assume rilevanza tale da costituire studio del quadraturista che appare essersi iniziato alla definizione della scena: il Paesaggio con la fuga in pittura. Dopo un soggiorno a Napoli visita la Francia Egitto, il Paesaggio con la sepoltura di Cristo e le restanti e la Svizzera prima di stabilirsi definitivamente a Roma: quattro tele, degli aiuti, ristrutturano nell’arte italiana la ammesso all’Accademia di San Luca nel 1633, si dedica a percezione del rapporto tra personaggi e ambiente. La un immaginifico campionario di scene ove l’accurata resa ridefinizione carraccesca del paesaggio non si realizza per di edifici e paesaggi naturali si coniuga con una felicità disputa teorica rispetto alla concezione albertiano-italiana inventiva resa particolarmente evidente dagli schizzi e della priorità assegnata alla pittura di storia, ma fa sì che dai disegni riuniti nel suo Liber Veritatis, sorta di catalogo i protagonisti della vicenda sacra trovino risonanza nelle di circa duecento opere con titolo, data e committente. ampie sinuosità – naturali e costruite – di un paesaggio Emblema nel Liber di una lettura sintetico-ricostruttiva segnato da diagonali articolanti la messa in scena del dello spazio umano e naturale – ove il soggetto è pretesto divino nell’umano, dell’ideale nel reale tipizzato. Le lunette per la creazione di effetti luminosi tra il bucolico e il del Carracci, e in particolare il Paesaggio con la fuga in pittoresco – è la Vue d’un port avec le Capitole, disegno a Egitto, divengono l’archetipo di una visione seicentesca penna e inchiostro su carta azzurra relativo all’omonimo capace di contemperare umano e natura, transustanziando dipinto del 1636 conservato al Musée du Louvre: ove le gli apporti dell’arte oltremontana in definizione idealizzata figure sulla riva e gli edifici capitolini tra i velieri delineano di una nuova classicità, bucolico modello di tessitura un’inventiva scenografica visione (fig. 3). scenica per la pittura italiana ed europea (fig. 2). A Roma, il paesaggio diviene per Lorrain chiave di lettura La concomitanza a Roma, dal tardo ’500, di fattori diversi del reale. Se le sue opere intorno agli anni ’30 raffigurano – trasformazioni urbanistiche, presenza di artisti stranieri di scene bucoliche con greggi e contadini al lavoro o in differente estrazione che tendono a specializzarsi in generi riposo, l’interesse dell’artista non è rivolto al soggetto ma trascurati dagli italiani, attenzione per il disegno dal vivo agli effetti di luce: e l’inquadramento della visione mediante poi rielaborato nell’opera dipinta, diffusione di immagini alberi raffigurati lateralmente consente la costruzione di un a stampa – fa sì che l’interesse per la rappresentazione paesaggio sereno-ideale i cui piani slittano l’uno sull’altro dello spazio diventi nei successivi decenni, attraverso la attraverso un sistema di diagonali, riprendendo gli esempi fondamentale messa a punto idealizzante carraccesca, di Paul Bril e del Tassi. Accanto alla percezione luministica consapevole composizione di paesaggi che si confrontano dello spazio naturale, di ascendenza settentrionale, il con la memoria della classicità e con il racconto dell’antico. Lorrain degli influssi romani non può non risentire del Tra gli artisti stranieri attivi nel XVII secolo a Roma, tanto da fascino del racconto dell’antico: le Metamorfosi di Ovidio passarvi gran parte dell’esistenza e da morirvi nel 1682, e successivamente il Virgilio dell’Eneide divengono la fonte Claude Gellée “Le Lorrain” rielabora l’ideale paesaggio di una vicenda che si fa mito anche attraverso la definizione sacro-umano di Annibale Carracci trasmutandolo in visione della scena pittorica, in grado di conservarne la vitalità.

2. Annibale Carracci, Paesaggio con la fuga in Egitto, 1603-1604. Olio su tela, 122 x 230 cm. Roma, Galleria Doria Pamphilij (da commons.wikimedia.org) 48 costitutivo dello spazio del dipinto. Accanto alla tematica mitologica di origine ovidiana emerge la raffigurazione della vicenda religiosa. Attraverso la storia sacra, la tematica paesaggistica si presta a ospitare anche episodi della cristianità. Riconsiderando l’esempio della pittura di matrice emiliana, e in particolare di Annibale Carracci e del Domenichino, già a partire dagli anni Quaranta Claude Gellée si consacra alla realizzazione di scene a soggetto biblico, oltre che mitologico, dalle più grandi dimensioni e dalla minore esasperazione di effetti luminosi ma con la costante predilezione per vedute ampie, capaci di far muovere lo sguardo dell’osservatore nelle aree luminose e in quelle ombrose del dipinto. E tale spazialità è ricordata da Céline nel Voyage au bout de la nuit quando scrive: “Il faut croire Claude Lorrain, les premiers plans d’un 3. Claude Gellée (Le Lorrain), Vue d’un port avec le Capitole, tableau sont toujours répugnants et l’art exige qu’on situe 1636. Olio su tela, 56 x 72 cm. Parigi, Musée du Louvre (da l’intérêt de l’oeuvre dans les lointains, dans l’insaisissable, commons.wikimedia.org) là où se réfugie le mensonge, ce rêve pris sur le fait, et seul amour des hommes”. In una fase ormai fortemente impregnata di classicità, circa Ricchi di personaggi i dipinti di questo periodo: riuniti in sessant’anni dopo il momento fondativo del carraccesco gruppi punteggiano un’opera particolarmente significativa Paesaggio con la fuga in Egitto ove la centralità della Sacra come il Paysage avec l’enlèvement d’Europe, del 1634, che famiglia era il perno compositivo della lunetta, Lorrain ne costruisce la vicenda ovidiana all’insegna di una luminosità declina nella piena maturità una versione all’insegna del dinamicamente trascolorante, dalla densa penombra a viaggio come immagine dell’anima umana nell’esistenza sinistra in primo piano all’aprirsi del paesaggio verso il terrena. Il Paysage avec le repos pendant la fuite en Égypte mare e l’atmosfera dorata del cielo, mentre il colonnato di del 1661 – al quale il Liber Veritatis abbina un altro un tempio circolare “retrodata” la scena (fig. 4). Ma Lorrain, esemplare – consente all’artista di riarticolare e ristrutturare a differenza di Nicolas Poussin, non appare interessato con alcune varianti un lessico figurativo ormai consolidato: a riesumare una antichità eroica bensì propenso ad gli alberi ai lati per inquadrare la scena, quasi a costituirne ambientarvi studi di luce confacenti a una lirica sensibilità, un’arcata d’ingresso; il colonnato (ora a sinistra rispetto a nella quale l’orizzonte della visione oltrepassa i personaggi quanto visto nel Paysage avec l’enlèvement d’Europe) dalla in primo piano per inoltrarsi in distanza. trabeazione e dai capitelli suggestivamente resi come rovina È nel corso degli anni ’50 che Lorrain privilegia una maniera architettonica; la definizione di piani diagonali delimitati stilistica che lo allontana dalla tipologia pittorica fondata ed evidenziati dai ponti su un corso d’acqua immobile sui contrasti accesi in favore di una luminosità diffusa, come la vegetazione; la forte penombra in primo piano con opere influenzate anche dalla modalità italiana di bilanciata da una pacata luminosità sullo sfondo. In un definizione “teatrale” della scena, ove le architetture non dipinto segnato dalla parsimonia di figure e dal venir meno siano soltanto richiamo al passato ma anche elemento di elementi potenzialmente distraenti, la Sacra famiglia sulla destra, con l’angelo apparso in sogno a Giuseppe, si illumina di luce endogena in prossimità del boschetto e, di dimensioni fuori scala rispetto agli esseri animati, enuclea in sé il portato religioso della raffigurazione. Ma le scene proposte da Lorrain si situano tra il viaggio e la rappresentazione del tempo che scorre – vedute sono proposte dall’artista in differenti versioni per evidenziarne diversa luminosità – in una forma di religiosità tendenzialmente panica, adatta a rappresentare con analogo candore il toro del rapimento d’Europa come l’angelo nel Paysage avec le repos pendant la fuite en Égypte, in sostanziale disinteresse per l’esibizione del soprannaturale: imbevuto di profondo rispetto per la luminosa vitalità del paesaggio, Lorrain tende a privilegiare una scena in cui è già avvenuta, o ancora deve compiersi, l’epifania dell’oltre-umano e dalla quale sono assenti episodi drammatici o di violenza, anche solo atmosferico-meteorologica. Lontano dalla tempestosità del coevo Salvator Rosa, Lorrain si dedica a un personale immaginario di marine e porti inseriti nello spazio urbano, 4. Claude Gellée (Le Lorrain), Paysage avec l’enlèvement costruzioni tra le altre ma dalla asimmetrica facoltà di aprire d’Europe, 1634. Olio su tela, 170 x 199 cm. Fort Worth, la scena verso un ailleurs fatto di riflessi luminosi nell’acqua Kimbell Art Museum (da commons.wikimedia.org) e di viaggi sotto il segno della solarità. Dopo aver già dipinto scene tratte dall’Eneide, come Les 49 femmes troyennes mettent le feu à leur flotte del 1643 (fig. 5), negli ultimi dieci anni di vita Lorrain compone una serie di opere ispirate al poema di Virgilio coniugando senso del paesaggio, ambientazione classicheggiante e malinconica percezione del fluire del tempo. Nella Marine avec Enée à Délos, del 1672, viene raffigurato Enea nell’isola sacra ad Apollo: nel gruppo alla destra del dipinto l’eroe troiano, abbigliato in rosso, è accompagnato dal padre e dal figlio Ascanio al loro incontro con il re Anio, figlio e sacerdote del dio. L’espediente consueto per Lorrain di creare un inquadramento della scena mediante degli alberi diviene qui funzionale a una sottolineatura interna alla vicenda: Anio indica l’ulivo e la palma tra i quali, secondo 5. Claude Gellée (Le Lorrain), Les femmes troyennes mettent le le Metamorfosi ovidiane, nascono i gemelli Apollo e Diana. feu à leur flotte, 1643. Olio su tela, 105 x 152 cm. New York, Oltre le linee diagonali del dipinto, costruite con un ponte The Metropolitan Museum of Art (da commons.wikimedia.org) sulla sinistra, l’ampia veduta del mare si apre sulle navi nel porto, riferimento al viaggio di Enea e traslazione della mitica natura mobile dell’isola, sorta di zattera alla deriva prima che “Quei sudano al remeggio e notte e giorno / e seguono le Latona partorisse i gemelli; mentre, introdotto visivamente da lunghe curve; sotto / agli alberi scompaiono, solcando / per un colonnato in primo piano, il tempio del dio che domina il placido pian le verdi selve. / Salito in mezzo al cielo il sole parte del dipinto è modellato sul Pantheon di Roma (fig. 6). ardea, / quando i muri e la rocca di lontano / vedono e rare “Stanchi gli Eneadi il più vicino lido / si sforzano raggiungere de le case i tetti […]” (Virgilio, Eneide, VIII, vv. 94 sgg.): nel e son volti / a le spiagge di Libia. Ivi s’addentra / profondo Paysage avec l’arrivée d’Énée devant Pallantée (fig. 9), del un grembo: un’isola fa porto / co’ fianchi, a cui rompe da 1675, la scena si addensa nella metà sinistra, segnata da l’alto ogni onda / e in lontananti cerchi si divide. / Vaste una forte penombra in primo piano e dall’abitato in altura rupi minacciano e due scogli / d’ambo le parti il ciel; sotto sullo sfondo, mentre l’arrivo di Enea appare contrassegnato il lor ciglio / addormentato si dilata il mare: / ma sopra dal cielo luminoso al di sopra delle imbarcazioni – al è scena di vibranti selve e cupo rezzo di boscaglia bruna termine del viaggio – e da un addensarsi di nubi sulla costa; […]” (Virgilio, Eneide, I, vv. 157 sgg.; citazioni tratte dalla un analogo disegno dello stesso anno è nel Liber Veritatis. versione di giUSePPe alBini, Bologna 1963): ancora del “Bellissimo era e di gran corna un cervo / […] / Quello, 1672 è il Paysage avec Enée chassant sur la côte de la dolce a la mano e de’ padroni uso a la mensa, errava per Libye (fig. 7), che inscena elementi consueti – alberi ai lati, le selve, / poi da sé stesso a la sua nota casa, / quantunque squarcio visivo sul mare, arcata, folta penombra in primo a tarda notte, ritornava” (Virgilio, Eneide, VII, vv. 483 sgg.). piano – dando vita a un contesto bucolico che, prima di far Al termine della sua vita, nel 1682, Lorrain conclude un pensare a fantasie paesaggistiche da XVIII secolo inoltrato, Paysage avec Ascagne transperçant le cerf de Silvia che non appare immemore di richiami all’universo figurativo scarnifica la scena – la furia Aletto è suggerita dall’addensarsi del tardo-gotico; come sovente per Lorrain, il dipinto è delle nuvole, in quell’attimo sospeso tra pace e guerra accompagnato da disegni presenti nel Liber Veritatis. prima dello scoccare della freccia – preservandone il dato “Vi fu un’antica città, Cartagine, la occuparono coloni / naturale ed evidenziando l’episodio mitico-letterario come Tirii, lontano contro l’Italia e le bocche Tiberine, / ricca di percezione di morte, misurata classicità intrisa di senso beni e fortissima per le passioni di guerra, / che Giunone, panico di un’esistenza trascolorante (fig. 10). si dice, abbia amato più di tutte le terre […]” (Virgilio, Eneide, I, vv. 12 sgg.): la Vue de Carthage avec Enée et (fig. 8), del 1676, è emblematica della capacità di Lorrain di rimodellare scene precedenti nell’ambito di un nuovo episodio pittorico. Ricorrendo per la metà destra del dipinto a un impianto compositivo estremamente simile a quello della Marine avec Enée à Délos – anche nel rosso che identifica Enea e nella gestualità di Didone, impostata come quella di Anio – l’artista conserva il precedente lessico figurativo del mare al centro della scena e della flotta troiana pronta a salpare; mentre i gradini digradanti dal colonnato ricordano la scalinata e la loggia – in posizione invertita – in una delle “Lunette Aldobrandini”, il Paesaggio con la Visitazione dell’Albani e del Badalocchio. Ma la struttura architettonica modellata sul Pantheon, verso la quale si tende il braccio della regina fenicia dipinta da Lorrain, appare qui prefigurazione dello 6. Claude Gellée (Le Lorrain), Marine avec Enée à Délos, scontro bellico tra le sponde del Mediterraneo, sotto un 1672. Olio su tela, 100 x 134 cm. Londra, National Gallery cielo meno luminoso e sereno rispetto ad altri dipinti. (da commons.wikimedia.org) 50

7. Claude Gellée (Le Lorrain), Paysage avec Enée chassant sur la côte de la Libye, 1672. Olio su tela, 112 x 157,5 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts (da commons.wikimedia.org)

Sotto il segno di una articolata combinazione tra schizzi – ove di cui lo gratifica William Turner, a sua volta autore di dipinti la dialettica è tra il chiarore del foglio e il segno scuro – e ispirati al racconto virgiliano. E inoltre, sorta di intellettual- luminosità convenzionale nell’atelier, l’universo immaginario sentimentale forma di land art, giardini all’inglese dal XVIII di Lorrain si stratifica attraverso effetti di luce e di rifrazione, secolo in poi materializzano il processo di idealizzazione della autentici protagonisti dei dipinti rispetto ai piccoli personaggi natura proposta come composizione artistica in sé, quasi che vi sono rappresentati. Su questa scia di partecipe visione un’opera di Lorrain in dimensioni di paesaggio reale: la tenuta della natura l’artista diviene già nella prima metà del XVII di Stourhead nel Wiltshire, con villa neopalladiana nonché secolo un riferimento per la pittura europea: senza avere giardini e boschi modellati secondo un gusto pittorico memore allievi diretti, Claude – come viene chiamato nel mondo del cromatismo dell’artista francese, diviene allora l’ulteriore anglosassone – è il protagonista di una lettura del paesaggio tappa di un itinerario tra parola e mito, tra immagine e natura. all’insegna di un pittoresco che mantiene vitalità anche nel ’700 e nella temperie romantica: basti citare l’ammirazione *Ettore Janulardo, Università di Bologna 51

8. Claude Gellée (Le Lorrain), Vue de Carthage avec Enée et Didon, 1675-1676. Olio su tela, 120 x 149,2 cm. Amburgo, Hamburger Kunsthalle (da commons.wikimedia.org)

9. Claude Gellée (Le Lorrain), Paysage avec l’arrivée d’Énée devant Pallantée, 1675. Olio su tela, 175 x 224 cm. Cambridge, Anglesey Abbey (da commons.wikimedia.org)

Bibliografia essenziale g.c. argan, Storia dell’arte italiana. Dal manierismo al neoclassicismo, 1968, ed. it. Firenze 2008 S. cotte, L’Univers de Claude Lorrain, 1970 a. haUSer, Storia sociale dell’arte II – Rinascimento Manierismo Barocco, 1951, ed. it. Torino 2001 M. KitSon, I. Warrell, Turner et le Lorrain, Paris 2010 a. Merot, Du paysage en peinture dans l’Occident moderne, Paris 2009 M. rothliSBerger, Tout l’œuvre peint de Claude Lorrain, Paris 1977 d. rUSSel, Claude Gellée dit le Lorrain (1600-1682), Paris 1983 M. SonnaBend, Claude Lorrain: The Enchanted Landscape, Oxford 2011 10. Claude Gellée (Le Lorrain), Paysage avec Ascagne transperçant c. van tUyll van SerooSKerKen, M. PloMP, Claude Gellée dit le Lorrain. Le dessinateur face à la nature, Paris 2011 le cerf de Silvia, 1681-1682. Olio su tela, 120 x 150 cm. Oxford, r. WittKoWer, Arte e architettura in Italia 1600-1750, 1958, ed. it. Torino 2005 Ashmolean Museum of Art (da commons.wikimedia.org) 52