LA TRADIZIONE DSLLA MALATTIA D'AMORE DAL

MONDO CLASSICO ALLO SCRIPTUM SUPER CANTILENA

GUIDONIS DE CAVALCANTLBUS DI DINO DEL GARBO

by

Massimo Ciavolella

B.A., University of British Columbia, 1966

A THESIS SUBMITTED IN PARTIAL FULFILMENT OF THE

REQUIREMENTS FOR THE DEGREE OF

DOCTOR OF PHILOSOPHY

in the Department of Classics and the Department of Hispanic and Italian Studies

We accept this thesis as conforming to the

required standard

THE UNIVERSITY OF BRITISH COLUMBIA

March, 1973 In presenting this thesis in partial fulfilment of the requirements for an advanced degree at the University of British Columbia, I agree that the Library shall make it freely available for reference and study.

I further agree that permission for extensive copying of this thesis for scholarly purposes may be granted by the Head of my Department or by his representatives. It is understood that copying or publication of this thesis for financial gain shall not be allowed without my written permission.

Depa rtment

The University of British Columbia Vancouver 8, Canada ABSTRACT

This study traces the evolution of the medical concept of aegritudo amoris from the Greeks to the end of the Middle Ages, paying attention to the correlation between medical doctrines and literary conventions. In Chapter One it is argued that the concept of love-sickness has its roots in the doctrine of melancholy and of folly developed by the Hippocratic writers. The evolution of the concept is not, however, restricted within the narrow limits of the medical tradition, but it is characterized by a gradual penetration of elements taken from Greek philosophy, represented by Plato and Aristotle, and from the literary tradition, especially Euripides. The influence of this concept is traced through the Roman world (the story of Antiochus and Stratonices, Lucretius, Ovid) and through the writings of the early Fathers of the Church.

Chapter Two follows the development of the medical concept of love- sickness from the Byzantine physicians Oribasius and Paulus Aegineta to those medical writers, and Latin, who dedicated sections of their works to the study of love. The second part of the Chapter provides a transcription of these medical treatments of love. The final Chapter assesses the contribution of this tradition to the literature of the late Middle Ages, through an examination of three prose- treatises on love, the first Arabic: The Dove's Meek Ring by Ibn Hazm, the second French: the De Amore by Andreas Capellanus, the third Italian: the Scriptum super cantilena Guidonis de Cavalcantibus by Dino del Garbo. Finally, the canzone "Donna me prega" by Cavalcanti is examined both from a thematic point of view and in relation to the conception of love developed by Cavalcanti*s "primo amico", Dante -.Alighieri. - i -

INDICE

Pagina I TAVOLA DELLE ABBREVIATURE

III TERMIIOLOGIA MEDICA ARABA

1 INTRODUZIONE

5 CAPITOLO PRIMO Origine e primi sviluppi del concetto di malattia d'amore.

5U CAPITOLO SECONDO

Parte 1: La malattia d'amore e i medici medievali.

96 Parte 2: Testi medici medievali.

206 CAPITOLO TERZO

Tra medicina e letteratura: La malattia d'amore nei trattati di IBN HAZM e ANDREA CAPPELLANO e nello Scriptum Super Cantilena Guidonis de Cavalcantibus di DINO DEL GARBO.

29h BIBLIOGRAFIA TAVOLA DELLE ABBREVIATURE

Abbagnano Dizionarlo di Filosofia (Torino, 1969). Adorno Storia della Filosofia, voll. 1,2: La Filosofia Antica (Milano, 1965). Aristotele, Cat. Categoriae (tutte le opere di A. sono state consultate nella ed. di I. Bekker edita dalla Accademia delle Scienze di Berlino, in 5 voll., 1831-36). De an. De anima. De gen, an. De generatione animalium. De not, an. De motu animalium. De part, an. De partibus animalium. De som. De somniis. Eth. nic. Ethica nicomachea. Met. Metaphysica. Phys. Physica. Pol. Politica. Reth. Rethorica.

Bird "The Canzone d'Amore of Cavalcanti According to the Commentary of Dino del Garbo", Mediaeval Studies, 2(1940), pgg. 150-203; 1(1941), pgg. 117-145. Browne Arabian Medicine (Cambridge, 1921). Campbell Arabian Medicine and its Influence on the Middle Ages (London, 1926). 2 Castiglioni A History of Medicine (New York, 1958 ). Contini Poeti del Daecento (Milano-Napoli, I960), tomo II. Dronke Medieval Latin and the Rise of European Love-Lyric, vol. 1 (Oxford, 1965). ~ Enc. Fil. Enciclopedia Filosofica, 6 voll. (Firenze, 1967)- Enc. It. Enciclopedia Italiana, 36 voll. (Roma, 1949-52). "La Canzone d'Amore del Cavalcanti", Letterature Favati, "la Canzone d'Amore" Moderne, III (1952), pgg. 428-55. "La glossa latina di Dino del Garbo a 'Donna me Id. "La Glossa Latina". prega' del Cavalcanti", Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 21 (1952), pgg. Gardiner Feeling and Emotion. A History of Theories (New York, 1937). : - 'iii -

KLibansky Saturn and Melancholy (London, 1964). Kuhn Galena Opera. In Medicorum Graecorum quae Extant (Leipzig,1821-33). Leclerc Histoire de la Medicine Arabe, 2 voll. (Paris, 1876). Lowes "The Lovere.s-., Malady of Hereos", Modern Philology, II (1913-14), pgg. 491-546. Migne, P.G. Patrologiae Cursus Completus - Series Graeca. Id. P.G. Patrologiae Cursus Completus - Series Latina. Nardi, Dante Dante e la Cultura Medievale (Bari, 1949). "L'Amore" "L'amore e i medici medievali", Studi in Onore di Angelo Monteverdi (Modern, 1959). ristampato in Saggi e Note di Critica Dantesca (Milano-Jlapoli, 1966). Neuburger History of Medicine (Oxford, 1925). O'Leary How Greek Science Passed to the (London, 1951). San Tommaso, De an. De anlma (le opere di S.T. sono state consultate nella ed. S. Thome, Opera Omnia, a cura di-S.E. Frette e P. Mare, Paris, 1871-80) In de an. In de anima. In Ethic. nic, In Ethica nicomachea. S. c. G. Summa contra Gentiles. Sum. Theol. Summa Theologlca.

Shaw G. Cavalcanti's Theory of Love, the Canzone d'Amore and other Related Problems (Toronto, 1949). - IV -

TERMINOLOGIA MEDICA ARABA

Elenco qui solo quegli stati patologici che nelle traduzioni latine mantengono il none arabo, e che sono pertanto di difficile comprensione.

Birsem Equivale all'arabo birsam, malattia chiamata anche iriumu. La parola, di origine persiana, significa morte nel petto, cioe pleurite, ed e di uso comune nel linguaggio amoroso. II termine indica anche una specie di varicella accompagnata da vesciche su tutto il corpo o una forte febbre.

Cuturub Cioe 1'arabo qutrub, parola di molti significati. In primo luogo indica un uomo irrequieto che vaga di giorno senza meta e che di notte diventa simile ad un cadavere. Indica anche il folle che si vanta della propria follia, o una persona che scuote continuamente il capo. Altri significati sono: cane giovane, lupo senza peli, codardo, malinconico. Nel linguaggio medico significa licantropia, una forma estrema di malinconla che rende l'uomo che ne e colpito simile ad un lupo.

Gabod L' arabo *adub: debilitazione fisica e mentale che causa difficolta nel parlare, stanchezza, mancanza di fame e di sete.

Alhasch Isq: la parola significa sia amore che malattia d'amore.

Usues Traduce 1'arabo wiswas: persona che parla da sola in modo confuso o incoerente. - V -

AMOIAJLEDGEMENTS

A study of this kind could have not been undertaken without the help of all my supervisors from the Department of

Classics and the Department of Hispanic and Italian Studies of

the University of British Columbia, the constant stimulus of

friends and colleagues, and without free access to many libraries, both and Canada and in Europe. To all these goes my most

sincere gratitude. - 1 -

INTRODUZIONE

Questo studio, nella sua parte centrale e fondamentale, si propone di tracciare lo sviluppo della concezione medica della malattia d'amore dal mondo classico a quello medievale, e di definire i principi basilari della dottrina quale essa appare nel suo momento d'apogeo, tra il 1307 (morte di ) ed il 1311 (morte di Arnaldo da Villanova). Lo studio inoltre cerchera di mettere in luce, collateralmente, le possibili relazioni tra questa concezione medica e la concezione dello amore proposta dai teorici medieval!, sia prosatori che poeti.

L'intento del primo capitolo sara quello di diiiiostrare che la concezione della malattia d'amore ha le sue radici nella dottrina degli umori e della malinconia, quindi della follia, sviluppata dai nBdici della scuola d'Ippocrate e ripresa poi dagli scrittori tragici e dai filosofi greci. Si cerchera di arguire che spetta ad Aristotele il merito di aver unito in sistema la concezione delle passioni e pertanto — anche se in maniera indiretta — quella dell'amore. II filosofo ateniese infatti si rese conto che tutte le passioni si realizzano a due livelli distinti, quello psicologico e quello fisiologico, e che quindi uno studio congruente deve prendere in esame sia il coefficente psichico, cioe l'apprensione di cio che causa la passione, sia il coefficente fisico, cioe il movimento del soggetto are — come nel caso dell'odio — oppure ad rem— come nel caso dell'amore. Nel seguire l'evoluzione della dottrina faremo notare che essa si arricchisce a mano a mand di elementi - 2 -

che derivano dalla tradizione letteraria che fa capo a Euripide e che• continua e viene rlelaborata nella storia di Antioco e Stratonice, at- tribuita ad Erasistrato e tramandata da Valerio Massimo e Plutarco, tradizione che consolida quella medica perche composta di elementi riferentisi principalmente alia sintomatologia della malattia d'amore.

Si cerchera infine di puntualizzare 1'influenza che questa dottrina scientifico-letteraria esercito sul pensiero cristiano dei primi secoli.

Per i Padri della Chiesa infatti l'amore, proprio a causa del coefficente fisico e quindi delle alterazioni somatiche che esso produce, e un accidente negativo che distoglie 1'uomo dalla via della ragione.

Nel secondo. capitolo si seguira. Io sviluppo della dottrina da Galeno — il quale diede una base scientifica, direttamente ed indiret- tamente, alia sintomatologia della passione — a tutti quei medici me• dieval! , greci arabi e latini, che dedicarono sezioni delle loro opere alio studio della malattia d'amore. Vedremo che i primi, se pur brevi, capitoli sulla malattia indipendenti dalle sezione dedicate alia malinconia ed alia pazzia ci vengono offerti dai bizantini Oribasio e Paolo d'Egina, e che questi influirono sui medici siri e arabi i quali a loro volta influenzarono i medici delle scuole di Salerno Bologna e Montpellier. Lo studio dei trattati piu sistenatici sull'amore, cioe quelli di Avicenna e di Arnaldo da Villanova, dimostrera infine che le innovazioni apportate alia dottrina lungo 1'arco di tutto il Medio Evo si riferiscono principal• mente alia patologLa, alia sintomatologia ed alia diagnostica della malattia, mentre il processo psico-fisiologico che e all'origine dell'amore - 3 -

rinane fondamentalmente quello gla fissato da Aristotele. Nella seconda parte del capitolo si offrira. una trascrlzlone di questi testi medici relativi all'amore.

La parte finale di questo studio si propone di suggerire quale sia il contributo della concezione medica della malattia d'amore alia letteratura del tardo Medio Evo analizzando tre trattati in prosa sull'amore, il primo arabo: Il_ Co Hare della Colomba di Ibn Hazm, il secondo francese: il De Amore di. Andrea Cappellano, il terzo italiano:

10 Scriptum super cantilena Guidon!s de Cavalcantibus di Dino del Garbo; di conseguenza verra trattata anche le canzone "Donna me prega"di Guido

Cavalcanti.

Prima di passare all'esame della dottrina della malattia d'amore sono d'uopo alcune premesse di carattere metedologico. II primo problema che si e dovuto affrontare e stato quello della collazione dei documenti medici. Dato che la editio princeps di gran parte di queste opere risale al Rlnascimento, si e deciso di riprodurre fedelmente

11 testo dei capitoli sull'amore dando per esteso i termini abbreviati ed emendando soltanto la punteggiatura. Nei pochi casi in cui ci si e trovati di fronte a parole o a frasi di difficile comprensione ci si e serviti dell'apporto di altre edizioni, usando un metodo gia utilizzato da J. L. Lowes e da Bruno Nardi. II modo in cui le dottrine sono state tramandate ha suscitato problemi di difficile soluzione; le notizie che noi abbiamo sugli autori studiati sono infatti di solito molto scarse, spesso basate su congetture, e gran parte delle loro opere non sono giunte - h -

fino a noi. Si e cercato, per quanto possibile, di determinare possibili addentellati tra le varie opere, senza pero studiare 11 problema in profondita: lo scopo principale di questo studio infatti non e solo quello di seguire lo sviluppo di queste idee su un piano storico, ma soprattutto di dimostrare in maniera inequivocabile la esistenza di questo dottrinario medico sull'amore, e di definirne i principi fonda- mentali. Per questa ragione si e inoltre preferito raccogliere i docu• ment! medici nel capitolo centrale invece che relegarli in una appendice finale.

L'altro problema basilare che si e dovuto risolvere concerne la parte dedicata ai punti di contatto tra le dottrine mediche sullo amore e la dottrina piu propriamente letteraria. Poiche quasi tutte le opere letterarie prodotte dopo il I°secolo a.C., ed aventi come terra l'amore, contengono accenni alia malattia d'amore, uno studio esauriente della tradizione coinvolgerebbe un esame dettagliato delle singole opere e dei legami che intercorrono tra di esse. Date le difficolta di tale assunto nel contesto del nostro studio si e preferito scegliere solo quelle opere che, pur avendo carattere precipuamente letterario, cercano di indagare le cause, lo sviluppo e gli effetti dell'amore attenendosi alia tesi medica. Cio potra giustificare la nostra scelta di testi, ed il relegamento in note di altri testi che pur sono stati di fonda- mentale importanza nello sviluppo della concezione d'amore del Medio Evo. - 5 -

CAPITOLO I

1. ORIGINE E PRIMI SVILUPPI DEL CONCETTO DI MALATTIA D'AMORE

La concezlone sclentiflca della malattia d'amore fa parte di una tradizione che risale alia fine del quinto secolo a.C, e piu precisamente alia dottrina degli umori e della malinconia

1 sviluppata dai medici della scuola d'Ippocrate. Essi infatti credevano che la salute dipendesse dalla giusta combinazione di quattro umori (sangae,flemma, bile gialla, bile nera), e che il

2 predominio di uno di essi fosse causa di malattia. I medici della scuola ippocratica dedicarono particolare attenzione alia diagnostica

n dell'umore malinconico (ye'Aatva x°*n), i quanto i sintomi patologici da esso causati sono piumarcati di que 111 delle altre crasi, e consistono per lo piu in mutamenti d'ordine mentale (terrore, depres- sione, follia), con ripercussioni fisiologiche. L'autore del trattato Ete morbo sacro (probabilmente un giovane contemporaneo di Socrate)^ descrive la patogenesi della malattia causata dalla bile nera partendo dall'idea che il cervello sia il nueleo diret- tivo dell'organ!smo:

Et6e'vat 6e xPn TOUS avdpcoTtous, OTL e£ n(x ou6evos nM~v at n6ovcy,t yLVOvrcxL ^ at eucopoauvfet

Mat yeXtinvjez Mat itatotat n evxeu^ev, Mat Aunat Hat *avtat xal 6ua

Mat xa nana Hat hyafta nat f|6ea «ai ar\&£a, xa yev voyw 6tanptvovxes, xa 6e xu> £uycp£povxt ata§avoy£vot, xu> 6E Mat xas n.6ovas Mat xas anStas xotat Matpotat 6taYtvwaMOvxes, Mat ou xaura apsanet nytv.Tw 6e auxto xouxto xat yatvoye^a Mat itapatppoveoyEV, Mat

6etyaxa Mat cpogot naptaxavxat nyi-v xa yev vuMxaip, - 6 -

xa 6e ysS nyepnv, xat evuTivta xau TtAavou axaLpot, xat cppovxCdES oux ujtveuyevau, MOL aYvioaun xcov wa- neoTEWTWv HOU, ari§un nat aueupLri. Kau xauxa Ttaaxoysv onto xou EyxetpoiAoo itavta, bxav o'uxo.yn uyLauvn, aAA'n depuoxepos tris cpuauos yevriTao h (|a>xporepos n UYPO'- xspos n ^iporepos, h TL 'aAAo neitovdn Ttados itapa xnv (puauv b yn ewQeu. Kau yaivo'yE$a ysv uuo uypoxrixos bxo'xav YAP uypoxepos xns cpuauos en, avayxn HOVEEaSat, KtVEUy£vo\) 6E yrixE xnv O<\>LV axpeyC^ELV ynxE xnv axonv, aAA* aAAoxe aAAc* opav nat aMOuetv, xnv XE yXwaaav xouauxa SLaAEYeadaL oua av pAsitp XE Kau axoun Exaaxo- xe'oxoaov 6'av axpeynap o EYxecpaAos xpovov, xoaouxov xau (PPOVE'EU O av^pwitog . 5

Lo sconvolglmento fisico che accompagna quello pslchlco origlna nel cuore, sebbene esso non parteclpi all'intelligenza dell'uorao:

f ' < / «J ' t » AEyouou 6E XUVES WS cppovEoyEv xri >mp6Ln xao x6 x6 xo avtwyevov xouxo EOXU wai cppovxu^ov 6E4 OUX ouxog E'XEL, aAAa OTtaxaL pev waTiep at cppevES xai yaAAov 6ua xauxas xas aoxuas' E£ aitavxos YaP TOU atoyaxos (PAEBES £S auxnv auvxEtvouat, xao E,vynXeCoaaa Exeu toaxE aua§avEa$au, r\v xus TCOVOS n xaoxs YLVrirat TU avSpwitw* avayxn YaP MaL avuwyEVOv cppCaoEuv xo awya xai cuvxEtVEOdau, xai uitEpxaupovxa xo auxo xouxo naaxEtv*6uoxu n wap6Ln aLa^avExat XE yaAuaxa xau at tppsvES.^

La follia ed i dlsturbi emotlvi in generale sono dunque causati da un'invasione di bile nera nel cervello e tutto il corpo partecipa, trarnite il cuore, agli effetti di questi mutamenti psichici con certi sintomi caratteristici, quali palpitazioni, tremor!, balbettio.

Da questo momento ysAaYxoXta, esaurimento nervoso e follia furono considerati una cosa unica, tanto che il verbo ysAayxoAav divenne sinonimo di yauvsadao.

La fusione del concetto di malinconia con quello di follia fu infine sancita da due grandi correnti letterarie: la tragedia (specialmente con Euripide) e la filosofia di Platone e di Aristotele. - 7 -

Euripide scrisse proprio nel perlodo In cul 11 movimento sofista stava rlvoluzlonando la vita ateniese, e la sua concezione di eros e fortemente 9 influenzata da quella dei sofisti. Eros non e piu una forza cosmica,

quindi oggettiva, come per i tragediografi che lo precedettero, ma e una

passione, una forza soggettiva che s'impossessa dell'essere in maniera

totale, quasi una malattia."^ Si prenda 1'Ippolito: a prima vista sembrerebbe che il nucleo poetico del dramma, l'amore non corrisposto

di Fedra per il figliastro Ippolito, sia un conflitto proiettato in una

dimensione mitica, una battaglia tra Afrodite ed Artemide. Ben presto

pero ci si rende conto che le due divinita non sono altro che figure

tradizionali di cui il poeta si serve per cristallizzare le profonde

emozioni dei protagonistiAl centro dell'opera vi e infatti l'aySv di Fedra, il conflitto tra la sua passionalita e la sua razionalita. * 12 •L'amore di Fedra non e dissimile da quello di Pasifane e di Arianna:

non e una forza divina, ma una axn tragica, un uados che ha le sue radici piu profonde nell'animo umano e che spinge verso una completa dis-

gregazione mentale e fisica:

xcxi, au Y eu ye voudexeu. eyto 6e Kuitpov, nuep e^oAAuai. ye,

(JJUXHS aitaAAax^eXaa xp6' ev nyepa xepcjja)* HL-xpou 6'epwxos naan^naoyat. £V1 axcxp xaxov JE xaj£P<£ Y l0oyai, davoua1 ,Juv'eu6rii yn 'itu xous eyous xaxoTs U(|;nAos euvaL* xffs voaou 6e xna6e'you xoL-vrJ yexaaxwv aucppovelv yadn'aexai.. 13

Anche per Platone l'amore e occasionato dalle belle parvenze

sensibili, ha cioe la sua occasione esterna nel mondo fenomsnico. Eros, si - 8 -

legge nel Cratylus, viene cosi chiamato "oxu eapel eSwSev"1'amore nasce quindi come amore sessuale che si accende a contatto delle forme

1 visibili. E poiche cio che piace alia vista (il piu perfetto dei sensi) ^ e il bello, 1'amore e amore del bello, ed il bello piace in quanto e un l6 riflesso della idea nel sensibile. L'anima umana, che nella sua parte ' 17 * superiore (vorixuxov) e in rapporto intimo con l'idea, ne awerte la presenza, ed a contatto con il bello sensibile prova un brivido misterioso:

o OE apxuxEAns, o XWV^XOXE TCOAu^saycov, oxav SEOEU&ES itpoacjTtov u6ri xaAAos EU ysyuyriyevov n xuva awyaxos u6sav, Ttparrov ysv^ Ecppu^eV naC xu xwv TOTE uitnAdsv auxov SEuyaxcov, s'uxa ltpoaopwv $EOV asgExau, xau EL yri E6E6UEU xnv xns acpoSpa yavuas 6o£av, duou av tos ayaAyaxu xau §EU) xous itau6uxo~s. u6ovxa 6* auxov ouov EK xns (ppuxnc ysxagoAn XE xau lepcos xai Sepyoxns andns Aaygaveu.

L'amore inizia la sua ascesa verso l'eterno con un atto irrazionale, che ha tutti i caratteri di una mania la quale, estraniando l'uomo a se stesso, gli annuncia un valore che e al di la:

Eaxuv 6n ouv 6supo o itas nxwv Aoyos rcspu xns xexapxns yavuas, riv oxav xo xnSs' xus bptov xaAAos, xou aAndous avayuyvnaxo'ysvos, Tixspaixau XE xai avaTtxspouysvos upo- duyouyevog avauteadau , a6uvaxtov 6E , opvuSos SUKTIV BAETICOV ava), xwv xaxco 6E ayeAtov, auxuav £xeu ws yavuKws 6uax£uy£VOS" ws apa auxn itaacov xwv Evdouauaasajv apuaxn xe Kau E£ apuaxtov xu> xe exovxu xau xw xouviovouvxu a'uxns yuyvExau, Kau oxu xauxriS yexexwv xfjs yavuas 6 spcov xuTv KaAaSv spaoxris xaAsTxau. xa§anEp yap s'upnxau, iraaa ysv avdpcoTtou t|A)xn (puasu xEdeaxau xa bvxa, ri oux &v nAdev EUS xo6e xo £wov, avayuyvrfoxEO^au 6'en XU>V6E Exeuva ou pa6uov aitaan, OUXE oaau gpaxE^S EU6OV TO'XE xaxEU, OUXE au 6EUPO iteaouaau e6uaxuxno'av, OJOXE UTCO XLVWV oyuAucov ETCU xo aouxov xpaitoyevau Ari\>nv wv xoxe euoov uepuv EXEUV.-1-" - 9 -

L'amore e percio condizionato, a parte obiecti, dalla bellezza delle

urnane sembianze, mentre l'anlma deve rlconoscere sempre piu consapevol- mente il valore ideale che trapela dalle apparenze: "...senza l'inter- 20 vento del pensiero il messaggio dell'Idea rimane indecifrabile."

L'uomo puo dunque assumere un duplice atteggiamento di fronte alle forme

sensibili: puo amare la bella parvenza in quanto in essa riconosce

l'assoluto, e quindi trascendere la bellezza sensibile per possedere noeticamente cio che e eterno; oppure puo accettare ed amare la bella parvenza come realta assoluta, e desiderare di possederla in quanto nulla vede al di la del sensibile e nulla cerca al di fuori di esso: il primo e l'amore puro che salva l'ani.ma; il secondo e l'amore ' 21 sessuale, inferiore, una voanya che distrugge l'anima. Nel Symposium la distinzione fra Eros positivo ed Eros negativo procede dalla distinzione fra lo stato di salute e quello di malattia; il problema di Eros viene cioe ricondotto alia techne medica tradizionale e da essa prende le mosse:

ap^oyau -osserva Enssimaco- 6e onto xns caxpuns £ Aeywv, uva xau itpgfcseuwyev xnv texvnv. n yap cpuaus T0 a xuv awyaxwv xov SuitAauv''Epwxa xotixov exeu. Y P vyLCQ xou aojyaxos HOU, xo Voaouv oyoAoyouyevws 'exepov XE xat avoyouov eaxt, xo 6e avoyouov avoyoucov eni,$uye~ xau epa. aAAos yev ouv o ent xw uyLeuvw

Z epa>s» aAAos 6e o CTIL. TIO voaco 6CL-. ^

L'amore sessuale e percio "amore di malattia", mentre l'amore celeste e

"amore di salute": la distinzione tra i due amori non si fonda piu su - 10 -

un concetto moralistlco ma su un concetto scientlflco.

Pu pero Aristotele, con 11 suo sistema di filosofia

naturale, a dare forma scientifica alia dottrina della malattia d'amore.

L'assioma fondamentale del suo sistema psico-fisiologico e che la

sensazione e un movimento comune dell'anima e del corpo.^ Le passioni

sono Muvnaets c|;uxns , sono cioe affezioni sensibili tramite le quali 24 l'intelletto muove i corpi, e sono divise in due gruppi: perturbazioni

mental! e perturbazioni somatiche.. Al primo gruppo appartengono quelle

passioni che esprimono tendenze, desideri, appetiti, che Aristotele

definisce Xoyot- evuAou , cioe process! psichlci intimamente legati ai processi fisiologici di raodo che, per descriverli, ambedue gli aspetti 25 » devono essere presi in esame. Al secondo gruppo appartengono leawyaTuxa ncxdn, cioe quelle passioni che, come eros, hanno origine nel corpo ma 26 influenzano profondamente la costituzione mentale dell'individuo. 27 Aristotele definisce infatti eros un desiderio di riproduzione, mentre per cio che riguarda il suo lato fisiologico esso consiste, al pari 28 dell'ira, in una ebollizione del sangue intorno al cuore.

Eros, si legge in un frammento del trattato aristotelico'Epu>-

TUMOS -xonservatoci da Abu '1 Hasan All Itn Muhammad al-Dailami (Xmo sec. d.C.) nel suo trattato mistico sull'amore Kitab ^atf al-alif al-ma^ 'luf

^ala '1-lam al ma ^nf, nasce nel cuore e di qui si espande per tutto 1 1 organismo:

L'amore e un impulso che ha la sua origine nel cuore; una volta nato, l'amore esce dal cuore e aumenta di intensita, finche raggiunge uno stadio di plena maturita x . - 11 -

Quando e maturo, ogni qual volta crescono nel profondo del cuore dell'amante 1'eccitamento, la perseveranza, 11 desiderio, il concentramento, le voglie, l'amore e accompagnato da affezioni dell'appetite Questo stato di amore conduce l'amante ad uno stato di cupidigia, e lo spinge a richiedere con insistenza l'oggetto della sua passione; le conseguenze della privazione dell'amore saranno percio dolore inquieto, continua insonnia, passione senza speranza, tristezza e deperimento mentale.29

Ma ritorniamo alle opere genuine di Aristotele. Perche nasca

l'affezione e necessario un appetito, in quanto "... xtvetTaL yap TO xtvou- t > ' '«»',. ' ' » ? > /• „30 yevov n opeyerat, nau n ope£ts Htvnats Tts COTLV n evepyeta ...." _ . > „ 2" 31 • > t tf » » ~ «~ ~ ft -i Poacne ... ou yap n ope£;ts,auTn apxn xou/ TtpaKTtMOU vou ... il J KpuiTov xotvouv e l'oggetto fuori del soggetto, n 6ta THS o4.ews 1 x ' 33 il piacere cioe determinate dalla vista di una bella forma. n6ovn 3 Nata l'affezione questa s'irradia dai cuore come forza rrotrice in qualita 34 di pneuma; questo pneuma, che Aristotele considera il principio vitale dell'organismo, fonte del calore animale e quindi legato al sangue, 35 * determina la costituzione fisica e mentale dell'individuo. E per questa ragione che egli puo paragonare l'amore alia ubriachezza ed'alia pazzia, cioe a momenti patologici in cui la ragione e totalmente offuscata. La vista di una bella parvenza fa quindi nascere nel soggetto un desiderio che, alterando la terrrperatura interna del corpo per mezzo dello pneuma e del cuore, sconvolge la sua bilancia fisio- logica e patologica:

duyot yap nat entSuytat acppoStatwv Mat evta TCOV TOtouruv > r' , 37 V t. ^ ^ t , y S , ~

EittonA(i)s xat TO acoya yetttaTaoLv, evtots 6e xat yavtag notouatv. il corpo che l'animaIn quant, peor l'amorAristotele e eun al opassion studioe de chle fenomeninfluenzo appartiena sia e - 12 -

sia alia fisica che alia psicologla. II processo pslco-fislologlco occaslonato dalla vista di un oggetto che piace puo dunque riassumersi

v 38 in questi termini: data nel soggetto la capacita di sentire, la forma dell'oggetto viene comunicata, tramite i corpi intermediari 39 (termini medi tra l'organo sensoriale ed il sensibile) , ai sensi 40 esteriori, e principalmente alia vista, il piu perfetto tra i sensi. 41 Di qui la forma passa ai sensi intemi, ed in primo luogo alia immaginazione, che e la visione mnemonica di modificazioni ricevute, 42 assente la materia sensibile. L'immagine e un intelligibile in 43 potenza il quale passa alio stato di atto per mezzo dell'intelletto agente (vous TtotnTtMos); cioe nell'immaginazione vi e la forma dell'oggetto esteriore, forma che viene appunto estratta dall'intelletto agente tramite un processo d'illuminazlone, e quindi purificata da ogni . residuo di materialita. Quando l'irrmagirie entra in relazione con

1'intelletto agente la forma che e nell'immagine ritrova la propria virtu^- nativa, dinamogenica.4 6 Per Aristotele la virtu dinamica propria alia forma che si comunica all'intelletto possibile tramite l'immagine sotto 1'influenza dell'intelletto agente e cio che piu tardi verra v 47 * chiamato species intelligibilis. E poiche questo intelligibile e prodotto nell'intelletto, che e quindi in atto, esso e ora in grado 48 di comprendere le forme immateriali.

Ora che il soggetto e conscio dell'oggetto 1'immaginazione v 49 (o fantasia) presenta 1'oggetto quale fine appetibile che puo essere v 50 raggiunto tramite 1'intelletto pratico. Ma giacche questo desiderio non risiede propriamente nell'intelletto, il cui fine e il vero, ma - 13 -

ne11'appetito, la cui perfezione e cio verso cui l'amore tende, > 51 1'appetito in moto non e il razionale, ma il sensitive L'amore percio, essendo occasionato da una species che raggiunge l'intelletto, e soggetto alia ragione, ma essendo in definitiva un moto dell'appetito sensitivo puo, tramite 1'opera dello pneuma e quindi del calore interno del corpo, offuscare la ragione dell'uomo, e far si che esso rincorra un bene particolare sostituendolo al bene universale. Dopo Aristotele il topos della malattia d'amore fu soggetto di studi da parte di altri scrittori quali Eracleide Pontico (390-310

52 53 a.C. ca.), Teofrasto (m. 288 a.C. ca.) e Clearco di Soli (giovane contemporaneo di Aristotele). Questa tradizione medico- filosofica, ripresa da Galeno e poi dai bizantini/Oribasio e Paolo d'Egina giunse — vedremo in seguito — ai Siri ed agli Arabi, i quali a loro volta influenzaro.no notevolmente gli scrittori medici delle scuole di Salerno, . di Montpellier e di Bologna. Ma accanto a questa tradizione medico-scientifica si sviluppa una tradizione parallela di carattere genericamente letterario. II punto di partenza sara ancora una volta Euripide, ma il momento di pieno sviluppo si potra identificare nella lirica e nell'epica dell'eta alessandrina, 55 come ad esempio nelle Argonautiche di Apollonio Rodio.

Queste due correnti, che chiameremo con termine approssimativo corrente scientifico-filosofica e corrente letteraria, seguirono un loro corso di sviluppo indipendente, ma a partite dai primo secolo dell'era cristiana lentamente si compenetrarono influenzandosi a - 11+ -

vicenda. L'esempio plu cosplcuo dl questo feroneno dl osmosl ci viene fomito dalla storia di Antioco e Stratonice che, attribuita ad Eras- istrato (m. fine IV sec. a.C.) e tramandata da Valerio Massimo (I°sec. a.C.) e Plutarco (50 - 12 a.C. ca), si arricchi di mano in mano di elementi riferentisi all'amore presi sia dalla tradizione medica che da que11a letteraria, fusi in un tutto omogeneo.

Valerio Massimo narra che Antioco, figlio del re Seleuco, s'innamoro della matrigna Stratonice e che "... summa cupiditas et 56 maxima uerecundia, ad ultirnam tabem corpus eius redegerunt.... " Ma il medico del re, ... iuxta ... Antiochum sedens, ut eum ad introitum Stratonices rubore perfundi et spiritu increbrescere eaque egrediente pallescere et excitationem anhelitum subinde recuperare animaduertit, curiosiore obseruatione ad ipsam ueritatem penetrauit: intrante enim Stratonice et rursus abeunte brachium adulescentis dissimulanter adprehendendo modo uegetiore modo languidiore pulsu uenarum comperit cuius morbi aeger esset, protinusque id Seleuco exposuit. 57

Seleuco ora e a conoscenza del fatto che II figlio e ammalato d'amore ed in pericolo di vita; egli accondiscende percio, su consiglio del medico, a cedergli la moglie, e tale rimedio guarisce il giovane in breve tempo. Ma cio che interessa Valerio Massimo e l'aneddoto, la piccola storia che possa rientrare nei canoni della sua epitome scolastica: egli non si cura minimamente delle possibilita nar• rative dell'episodio, che rrolto probabilmente egli prende da un modello

58 v * * precedente. • Cio che e interessante e il metodo diagnostico del medico, basato sulle variazioni del battito del polso, e la convinzione - 15 -

che tale malattia possa venir curata soddisfacendo i desideri dell'am- malato, elementi questi che diverranno parte integrale della dottrina

59 medievale della malattia d'amore.

Ben piu ricca e produttiva, nel contesto dell'evoluzione del concetto d'amore, e la versione dell'episodio offertaci da Plutarco.

Egli narra che Antioco, innamoratosi perdutamente della matrigna

Stratonice,

... tento in vari modi di sopraffare la sua passione, ma alia fine, giudicando se stesso degno di punizione per aver ceduto ai suoi desideri smoderati, per essersi abbandonato alia sua incurabile malattia e per aver lasciato soggiogare la sua ragione, decise di cercare in qualche maniera di por termine alia propria vita e di distruggere se stesso gradatamente col trascurare la propria persona e con 1'astenersj dal cibo, adducendo come pretesto una qualche malattia. Q

II medico Erasistrato, resosi conto del perche della malattia, decide di rimanere nella camera del giovane,

... e ogni qualvolta entrava un cinedo od una donna della corte, egli studiava il comportamento di Antioco, e controllava quelle parti e quei movimenti del corpo che la natura ha reso piu arrendevoli alle inclinazioni dell'animo.6l

E quando entra Stratonice, il medico riscontra nel paziente

... tutti quei segni di cui parla Saffo — balbettio, rossore, visione offuscata, sudori repentini, palpitazioni irregolari del cuore, ed infine, quando il suo animo fu preso d'assalto, fu pervaso da un senso d'impotenza, di smarrimento e divenne smorto —. - 16 -

Plutarco, come gla Aristotele, considera l'amore unaopeCus che ha

sede nel cuore e che, quando cresce, si unisce ad enuSuyoa e di viene 63 causa di dolore, insonnia e follia. Plutarco pero, a differenza di Valerio Massimo, non si serve solamente del battito del polso (o del cuore) come mezzo per diagnosticare la malattiajma coll'attribuire valore scientifico ai segni della passione d'amore dedotti dalla tradizione poetica, egli inaugura una sintomatologia medico-poetica 64 che rimarra fondamentalmente immutata fino a tutto il Rinascimento. Dopo Plutarco la storia di Antioco, che ebbe diffusione larghissima nel Medio Evo, si dirama in due correnti principal!, una letteraria e un'altra piu propriamente medica. Del primo gruppo fanno parte le version! dello storico Appiano, di Luciano, di Giuliano 1'Apostata, le varianti di Draconzio, di Aristaenetus, dell'anonima Aegritudo-Perdiccae e della Vita-Hippocratis dello pseudo-Sorano, i brevi accenni nella Historia Apollonii Tyri ed in Suda, varie storie nelle Mille e una notte, la storia XL delle Gesta Romanorum, le pagine d'apertura del Mathnawt di Jalal al-DIn Rumi, 1'episodio di Giachetto e Giannetta nel Decameron di Boccaccio, fino a giungere al Wilhelm Meister di Goethe ed al romanzo di Charles Reide The Cloister 64 and the Hearth. Al secondo gruppo, il piu interessante per noi, appartengono le versioni di Galeno e di Avicenna e gli accenni al metodo di diagnosi basato sul battito del polso che si ritrovano in quasi 65 tutte le opere mediche medievali. Sebbene Galeno non dedichi uno studio particolare alia - IT -

malattia d'amore, egli ci offre un esempio pratico di questo metodo nel trat- tato - De Praenotione ad Posthumum:

Relinquum igitur, quod pollicitus sum, deinceps tibi enarrabo, modo et hoc apponere sermon praesenti oporteat; praesertim quum et sophistarum medicorum nonnulli, ignorantes qua ratione Erasistratus adolescentis erga ancillam patris cognovit amorem, scribant arterias pulsus juvenis amatorios edentibus ipsum invenisse, nunc autem non amplius, ut quis ex pulsibus inventum esse dicat, sustinet. Ego sane quomodo Erasistratus id deprehenderit, decere non possum; quomodo autem ipse cognoverim, jam tibi aperiam. Vocatus sum ad mul'ierem invisendam, quae noctu vigiliis torquebatur et alias in aliam decubitus figuram se transmutabat. Hanc dum febri carentem invenio, rogo de singulis particulatim ei obortis, unde vigillas accidere deprehendimus. Ipsa autem vix aut nequaquam respondebat, ceu frustra inter- rogaretur indicans; denique vultu averso vestimentis superin- jectis universo corpori, totarn se contegit, ac alteri cuipiam exiguo pulyino caput inclinabat, quemadmodum ii, qui somno indigent. Disgressus itaque ego, inde alterutrum ipsam pati existimabam, aut melancholice animo torqueri, aut qua tristitia afficeretur, nolle fateri ... veni postridie, ac solus cum ancilla multifariam differens cognovi manifesto tristitia quadam affectam, quam casu inveni, ut etiam Erasistrato accidisse puto. Nam cum certus essem nullum in corpore affectum existere, sed animali quadam molestia mulierem torqueri, contigit eodem tempore, quo ipsam invisebam, id confirmari, adventante quodam ex theatro et nuntiante se Pyladem vidisse saltantem: mutatus enlm ipsius visis est et faciei color: quod ego contemplatus manu brachial! inject a pulsum deprehendi inaequalem, subito ac multis modis agitatum, quo animam turbatam esse indicat ... deprehendi ita mulierem Pyladem amare, atque hoc exacte observatum diebus subsequentibus confirmatum est....66

II narrato non differlsce sostanzialmente da quello di Valerio Massimo o di Plutarco. Cio che invece e mutato e il significato ultimo dello episodio, il quale ora non adempie piu una funzione didattico-morale, storica o semplicemente aneddotica, bensi rigorosamente scientifica: l'amore e una malattia, ed e compito del medico studiarne le cause, - 18 -

i sintomi, I metodi terapeutici. Questo rlgore sclentifico venne ereditato da tuttl i medici posteriori a Galeno che considerarono l'amore una malattia cerebrale da studiare separatamente o unitamente

67 alia follia ed alia malinconia.

Poiche quasi ogni opera poetica e filosofica prodotta dopo il primo secolo a.C. contiene almeno un accenno alia malattia o alia follia d'amore, uno studio esauriente dello sviluppo di questa dottrina coinvolgerebbe un esame di numerose opere e dei legami che

68 » intercorrono tra di esse. Nel nostro caso pero due esempi dovrebbero essere sufficienti a delineare la dottrina negli ultimi anni dell'era pagana: la feroce diatriba contro l'amore nel finale del libro IV 69 del De Rerum Natura di Lucrezio e l'episodio di Eco e Narciso nelle Met amor fos i di'. Ovidio. Nell'universo di Lucrezio, controllato dalle leggi del materialismo epicureo l'amore, alia pari di tutti i sentimenti umani, si riduce ad un mero stimolo fisico, soggetto quindi ad una serrata analisi fisiologica. All'origine della passione vi sono i simulacra di un corpo che raggiungono un altro corpo, il quale subito "... petit 70 corpus, mens unde est saucia amore." Colui infatti che viene ferito dal dardo di Venere, prosegue Lucrezio, sive puer membris muliebribus hunc iuaculatur seu mulier toto iactans e corpore amorem; unde feritur, eo tendit gestitque coire et iacere umorem in corpus de corpore ductum. namque voluptatem praesagit muta cupido.71 - 19 -

Lucrezio distingue l'amore dalla passione, Venere da Cupido, ed e la passione che egli condanna perche essa conduce l'uomo al turbamento, all'insaziabilita, alia follia, anche quando 1'oggetto amato non e presente:

nam si abest quod ames, praesto shnulacra tamen sunt illius et nomen dulce obversatur ad auris. sed fugitur decet simulacra et pabula amoris absterrere sibi atque alio convertere mentem et iacere umorem collectum in corpora quaeque nec retinere, semel conversum unius amore, et servare sibi curam certumque dolorem. ulcus enim vivescit et inveterascit alendo inque dies gliscit furor atque aerumna gravescit, si non prima novls conturbes vulnera plagis vulgivagaque vagus Venere ante recentia cures aut alio possis animi traducere motus.73

Lucrezio, seguendo la dottrina gia tracciata dagli scrittori che lo precedettero, considera l'amore una malattia dell'animo che pervade

74 lentamente tutto il corpo, al pari della follia , e che quindi deve essere sradicata prima che scongolga del tutto la bilancia psico- fisiologica dell'organismo, _quello stato di axccpc^ux in cui consiste il sommo piacere, cioe il sommo bene. E come ultima e piu efficace cura per la malattia Lucrezio sembra prescrivere, seguendo un principio terapeutico di chiara derivazione medica che avra grande fortuna tra i medici medievali, l'unione sessuale nell'ambito del matrimonio. Questa concezione si articola, in ultima analisi, lungo linee tradizionali, ed il topos della follia e della malattia d'amore riflette un modo di pensare che ha ormai profondamente impregnato tutta la cultura del tempo. Anche Ovidio si riallaccia a questa tradizione che, nel campo poetico, era stata definita organicamente dai poeti - 20 -

ellenisticij specie Euforione, e dai neoterici. Prendiamo brevemente in esame l'episodio di Eco e Narciso nel terzo libro delle Metaroorfosi.

La ninfa Eco, figlia dell'aria e della Terra, innamoratasi di Narciso, ma da lui disprezzata,

spreta latet silvis pudibundaque frondibus ora protegit et solis ex illo vivit in antris; sed tamen haeret amor crescitque dolore repulsae; et tenuant vigiles corpus miserabile curae adducitque cutem macies et in aera sucus corporis omnis abit; vox tantum atque ossa supersunt: vox manet, ossa ferunt lapidis traxisse figuram. 78

II brano presenta un quadro clinico; la trasformazione di Eco e resa possibile da una graduale disintegrazione fisica del corpo causata

1 dalle pene di un amore non corrisposto: scienza e letteratura ancora una volta si uniscono in maniera omogeneaper plasmare uno tra i piu suggestivi miti dell'antichita.

Narciso, colpevole di questa "morte", non puo a sua volta sfuggire alia giusta punizione. Cacciando un giomo nei boschi, si ferma a dissetarsi ad .una fonte, e mentre beve, vede riflesso nell'acqua il suo volto, e talmente gli piace quell'immagine che, innamorato di se stesso, languisce lungo tempo senza toccare piu cibo ne bevande:

quae simul adspexit liquefacta rursus in unda, non tulit ulterius, sed ut intabescere flavae igne levi cerae matutinaeque priunae sole tepente solent, sic attenuatus amore liquitur et tecto paullatim carpitur igni; et neque iam color est mixto candore rubor!, nec vigor et vires et quae inodo visa placebant, nec corpus remanet, quondam quod amaverat Echo, quae tamen ut vidit quamvis irata memorque

indoluit quotiensque puer miserabilis "eheu" M dixerat, haec resonis iterabat vocibus "eheu ; cumque suos manibus percusserat ille lacertos, haec quoque reddebat sonitum plangoris eundem. - 21 -

ultima vox solitam fuit ha

Morte eccentrica in rapporto a una tradizione di realismo narrativo, ma esemplare se considerata in funzione del topos della malattia d'amore.

L'amore di Eco e di Narciso presenta una sintomatologia chiaramente patologica: e una malattia alia quale non si pu6 resistere e che conduce inevitabilmente alia morte se non viene curata a tempo. L'importanza di Ovidio nello sviluppo della dottrina della malattia d'amore non consiste pero solo in cio che egli dice in questo episodio o in altri consimili— egli aggiunge ben poco alia dottrina che gia conosciamo — ma soprattutto nel modo in cui egli elabora il topos, in questa fusione magistrale tra scienza medica e letteratura che trova nell'Ars amatoria il terreno piu fecondo. In quest'opera infatti il topos diviene vera e propria precettistica, la malattia d'amore diviene il metodo suggerito agli innamorati per conquistare la donna amata. L'amore perde il significato metafisico attribuitogli da Platone, non e piu una a-rn tragica come per Euripide, ne soggetto di un serrato esame scientifico come per Aristotele, ma si risolve in un gioco in cui anche l'amante non e che una pedina. Chi e colpito dai dardi d'amore non deve far alto che seguire le regole del gioco: deve

"mostrarsi" ammalato, deve poter piangere, impallidire, avere un aspetto v \ 80 sofferente, e solo cosi riuscira ad uscime vittorioso.

Non si puo ancora, a questo punto del nostro discorso, - 22 -

parlare di una dottrina della malattia d'amore organica e sistematica;

potremo invece delineare fin da ora quei principi base che caratteriz-

zeranno tutto il. susseguente svolgersi della dottrina. In primo luogo

la relazione airore-malinconia-follia, che presuppone il principio

che il corpo e la psiche siano intimamente legati, di modo che quelle

affezioni o passioni che colpiscono l'uno si ripercuotono immedia-

tamente ed inevitabilmente sull'altra e viceversa. Spetta ad

Aristotele, con il suo sistema di filosofia naturale, il merito di

aver ridotto a sistema questo principio, anche se i suoi studi in questa

direzione verranno riconosciuti solo dopo molti secoli. II filosofo

ateniese divide il processo di sviluppo della passione in due mo- menti separati ma legati da uno stretto legame di causalita, il momento

recettivo, cioe psicologico, e quello fisiologico, cioe quello della

reazione somatica. Appunto per questo Aristotele definisce l'eziologia

della passione e la meccanica del suo sviluppo organico, mentre accenna

appena alia sintomatologia della malattia d'amore, che potra venir

definita solo allorquando gli scrittori medici dedicheranno studi

specifici all'amore. Fondamentale, a questo proposito, si dimostra

la storia di Stratonice, la cui tradizione, come abbiamo notato, fa

capo al medico Erasistrato, poiche in questa storia dovranno cercarsi

i germi della tradizione prettamente medica — non si dimentichi infatti

che Galeno si richiama direttamente a questa tradizioner" Importante

infine e la fusione tra tradizione medica e letteratura: a partire dai

Xlllmo secolo la tradizione acquistera caratteri prevalentemente letterari,

e dara inizio ad una convenzione letteraria che perdurera per molti secoli. 2. I PADRI DELLA CHIESA

II pensiero cristiano dei primi secoli rimane fonda- mentalmente fedele alia concezione delle passioni sviluppata dalla filosofia e dalla medicina greco-romana: il sistema psicologico dei

Padri della Chiesa infatti viene costruito sulle fondamenta impostate 8l da Platone e soprattutto dagli Stoici, mentre le loro dottrine • fisiologiche derivano in gran parte dalla tradizione ippocratica gia ' 82 sistematicizzata da Galeno. L'amore, nei limiti di questa tradizione, si precisa come un moto della facolta appetitiva sensibile, e la sua fenomenologia viene spiegata col fatto che esso include nella sua componente organica un'alterazione che puo avere carattere violento e di permanenza. Proprio a causa di questo coefficente fisico e del carattere di alterazione che esso comporta, i Padri considerano l'amore un moto negativo che svia I'uomo dal cammino della ragione e della virtu. L'uomo, 84 chiarifica Clemente d'Alessandria, e composto di anima e di corpo, ed 85 il corpo e la sede ed il veicolo dell'anima. In quanto composto di anima e di corpo, l'uomo consiste di una parte razionale ( TO AOYI^OTLMOV ) e di una parte irrazionale L'anima razionale vivifica ( TO aAoyov )^ il corpo, e per mezzo dello spirito vitale costituisce il principio della sua costituzione animale:

To AOYLOTL-XOV TOUVUV xau riyeyovtxov CXUTLOV etvau cpayev xns ooaxaaews TOJ £u)u) * aAAa xau TOUTO TO dpeitTLXov TE xat auClTUKOv xat xad oAou xuvnTuxov - 2k -

TO itveuya euArixE ro aapxuxov, ot,uxuvriTOV ov, xau Tcavru 6ua TE TCOV ata-Srfoewv xau TOU AOUTCOU awyaTOS TtopsuoyE- vov TE xau TipuTOTtaOoCv 6ua awyaTOS...• Aua xou awya- 6 TUXOU apa itveuyaxog auaSavsTau avdpwitos, eituSuyeu, Y|6£Tau, opyuCETau, TpstpeTau , au^ETau* xau 6n xau itpos Tag Ttpa^sus 6ua TOUTOV uopEUETau Ta xaT' svvouav TE

xau 6uavouav» xau EUsuSav • xpaTrf TWV ETtuduyuwv, Baau- AEUEU TO nyeyovuMo'v. 87

Clemente accetta la divislone tripartita dell'anima postulata da Platone;8 8 l'anima razionale deve essere in grado di dominare la parte irascibile e que11a concupiscibile, sedi di tutte le passioni. Per effetto del peccato origlnale essa ha pero perso il controllo, e le passioni, 89 tramite 1'opera dei demoni, possono perturbare l'anima a meno che esse non vengano sottomesse ad una nuova forza, que11a del Logos cristiano. on \ l'unica capace di ristabilire l'ordine voluto da Dio. L'amore e infatti una specie di malattia dello spirito e del corpo:

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Eyu 6e aito6Exoyau TOV AvTua$£vn, TTI'V AeppoSuTnv AEyovra, xav xaTaTo^euaauyu, EU Aagouyu* OTU itoAAa nywv xaAas uvc *u ayadas ^xas 6u£cp§£upEV . spurra xa Y t Tov TE xaxuav xaxo6auyov£S, cpnau (puaEws, ns FITTOUS OVTEV OU §EOV Tnv voaov xaAouauv.^

L'amore quindi, e con esso tutte le altre passioni, deve essere combattuto con ogni mezzo, affinche l'uomo possa ritrovare quell'equilibrio fisico e rrentale senza il quale egli non puo aspirare al Regno dei Cieli:

"OdEV, cos EAEYEV 'APUOTOOV upbs oAov TO TETpaxopSov, ri6ovnv, AUKTIV, tpogov, situduyuav, noAAns 6EU THS aaxn'o"ews xau ya'xns yap, OUTOU OUTOU, xau 6ua anAavxvwv EOCJ Xojpouau, xau xuxwauv avdpwitwv xsap.

Gli scrittori ecclesiastici dei secoli seguenti accettarono - 25 -

la concezione che 1'amore sia una specie di malattia dei sensi che perturba fatalmente anche l'anima. E un fatto ormai accertato che nel mondo greco-romano religione e guarigione sono due nozioni intimamente 93 connesse. Sia I pagan! che i cristianl infatti non distinguevano in maniera rigorosa le malattie del corpo da quelle dello spirito.

II medico non era il solo capace dl curare gli infermi, ma anche il filosofo e l'apostolo cristiano avevano questo potere, in quanto curare il corpo voleva dire curare anche l'anima, e viceversa: corpo ed anima formano un binomio inscindibile. II linguagglo medico era pertanto usato nell'insegnamento morale e nelle prediche, ed a sua volta il linguagglo religioso era usato nell'arte medica: per i filosofi platonici, per gli stoici e per i cristianl, le passioni, e con esse tutti i vizi dello 94 uomo, :.;ono vere e proprie malattie. Tertulliano, che conosceva a fondo l'arte medica del 95 suo tempo, scrive a questo proposito:

Porro et animam compati corpori, cui laesio ictibus, vulneribus, ulceribus condolescit; et'corpus animae, cui affictae cura, angore, amore, coagrescit, per detrimentum scilicet vigoris, cujus pudorem et pavorem rubore atque pallore testetur. 96"

A sua volta San Basilio considera l'amore, in quanto 97 x passione, una malattia, ma e Cristo, "il grande Dottore delle anime", 98 l'unico capace di guarire l'uomo completamente. San Basilio riconosce anche 1'influenza morbosa dell'amore sul fisico dell'uomo: Kotxac 6e aaeAyets xat 3e&nAou auynAoxat, x xau ua'vxa baa Auxxwans epya xau itapacpopou c^uxns, oux^ Ttpo6nAos itavxn ^npta xn tpuaeu, xat gAa'Bn - 26' -

Tcepocpavns , XCXL xtov L6LWV OVXWS exaaxou yaAAov aAAoxpucoaug TE xau yeCwaus, eAaxxouye'vou xou atoyaxos ev xaus yu^eou, xau xris Yvnoxwxofxns xac auvexxL-xcoxaxng xtov yeAwv aitoauAcuyevou xpocpns;^

Di notevole interesse, in quanto riflette le teorie psicologiche e fisiologiche delle scuole filosofiche (specie la neo- platonica) e di quelle mediche, e il trattato De Verginitate attribuito

100 a Basilio d'Ancira. L'amore, scrive l'autore del trattato, e una

101 malattia che si introduce nell'uomo attraverso gli occhi (sebbene 102 tutti i sensi partecipino alia passione) e che prende la sua sede 103

J nel fegato. Rifacendosi alia psicologia di Platone e dei Padri,

Basilio considera l'uomo formato di una parte razionale e di una irrazionale, paragonabile ad un centauro, meta uomo e meta bestia:

EM AoytKOU YaP HOi^ aAoyou, xaxa xo EAAnvuxov rcpos (puaL-oAoyCav nActaya, toauep xuva xevxaupov auvSeus b AnyL-oupyos oAov xov av-dpwTtov, x(J av^ptoTtoyopcpu) auo xecpaArfs eios axepvwv avwdev ye'peu, xo orao oycpaAou XCXL oacpuog, xa§aTcep LTETCOU cpuacv, upos xe xds yaaxpoz n6ovas xxnvwSes unapxov, xai, TEpbg xag yu^eus aAoyws Muvouyevov, xaxuidev cpepcov Ttpoanpyoaev. 104

E questa parte ferina che alimenta l'amore il quale, se non e frenato in tempo, cresce fino ad impossessarsi della parte razionale dell'uomo, e lentamente ma inesorabilmente ne consuma 1'anima ed il corpo:

Oyouoxaxnv youv o xe'fi eptov xosx o cpdovcov TV\V oSuvnv ucpuaxavxau. Y<*P T0^ epwvxos xnv c|juxnv HOIL xoacoya, aTtoxuYX°vovxos xris ETCuduyuas, xrixei, o eptos, ouxw xou cp-dovouvxos xau (puxnv xau awya o cpOovos auvxrixEL. 0U6EV Y^P yaAAov OL- epaJvxes aTtoxuYxavovxes xns eitu— Suyua bdCas uns o xou epcoxos, h ou tpdovouvxES axuxouvxes xrjs eKtduyL-as, uno xou cp§ovou xai, (JJUX^V xau awya auvxnxovxai,* -^5 Infatti, continua Basilio,

ou xnv (JAJX^V TW awyaxc Sua xiov itadwv a uyxuxtovxes, L,a)0£ sxaxe'pou TO upos xbv BLOV xPe S xaxtos acpavL^ouac , Ttiv XE cpuxnv cpcoToeu6ri xai, Aayitpav oOaav Trf LAuu xuTv aapxoxwv 'E£ nfiovns ttadaiv bAnv OoAouvxes, xau xou atoyaTOs TO xaSapbv xau 6uauy£S TOO Aoyu xouxui s > / 1~ * n ' r ' ' 106 avacpupouauv, axpetov tpos TOV PLOV OEUHVUVXES.

107 In ultima analisi sono i corpi che, come ferro e calamita, vengono attratti l'un l'altro, cosicche le anime, " ex TE xns XUJV auiydxwv, ~ • ' . ^ , ~ ' ,,108 ous £V6E6EVTOII, , EpcoTLMriS auyit Aoxn,S , yupuas....

Lo studio piu esauriente e sistematico del problema, in quanto riassume le speculazioni dei Padri ed anticipa le soluzioni che verranno offerte dai filosofi .scolastici, si trova nel De Natura Hominis di 109

Nemesio di Emesa, scritto verso la fine del quarto secolo. Nemesio, versato sia nella filosofia che nelle scienze del tempo, soprattutto in quella medica, cerca di interpretare la vita conscia dell'anima attraverso lo studio degli elementi che costituiscono il corpo umano; e quindi la filosofia che gli offre la chiave per scoprire la psicologia dell'uomo:

EuEL-on 6e EK awyaxos EOTL-V O avypcoitos, nav OE

awya EK TSV TEaaa'pcov OTOUXGL-WV auveoTnxEV, avaYxri xouxous rca-deau itep ittit e i- v auxov, xai, xa TOLS L x ols OTOUxeua, xai, yexagoAfT aitep xoyfi xai PEUOEU, 'EOXL. yovou xou awyaxos

La miscela armonica di quest! elementi, e degli umori corrispondenti, forma il temperamento dell'uomo, che condiziona il suo stato di salute:

... xns 6e yexagoXns xaxa Ttocoxnxa ycvoyEvriS, - 28 -

avayxn 6ta xns avxtxetyevns TtotoxnTOS etg xo auyyexpov ayayetv xnv xaxaaxaatv xou atoyaxos. Ou yap, a>s o'tovxat xtves., TO §epyav§ev awya xaxa-

Ma com'e possibile, si chiede Nemesio per refutare l'opinione di coloro che identificavano l'anima con il temperamento, che certi vizi e certe virtu sorgano naturalmente nell'uomo?

Touxo ex xns xou awyaxos xpaaecos aAn^cos ytvexat. 'fig yap cpuatxcos uytetvot xau voacoSets etatv ex xns xpaaecos* ouxco xtves cpuatxcos TttxpoxoAot ovxes, bpytAot etatv, aAAot SetAot, 'aAAot xaxacpepeTs. AAA' evtot xpaxouat xat neptytvovxat* 6f|Aov 6e, OIL xns xpaaecos xpaxouatv aAAo be eaxt xb xpaxbuv, xau aAAo xb xpaxouyevov aAAo apa xpaats, xau aAAo (|juxn. "Opyavov yap ov xb acoya xns xns, eav yev eittxnoetcos xaxaaxeuaadfj, auvepyet xri (J'Uxn, xat auxb e'xeu eTttxnSettos * eav 6e bcveTttxnoetcos, eyrtoSucet, e a u xal xoxe xP ^ T^ <|>Xn itpayyaxcov, auoyaxoyevn itpos xnv avaittxnoetoxnxa xou opyavou • xau eav yr) atpoSpa vno>n, xat auv6taaxpe'cpexat aux"w. . . .

11-5 * La passione d'amore e provocata dai temperamento:

Eyytvexat 6e xa cpauAa ita%n Tn 4>uxn 6ta xptwv xouxcov * 6ta xaxns aywyns, e£ aya§tas, urcb xaxe^tas..• ytvexau 6e xtva xat ex xfis xou acoyaxos. xaxe^tas. OpytAot yap etatv ot ittxpoxoAot* xat xaxacpepets ot depyot xat uypot xnv xpaatv.il^ In quanto entra nell'uomo attraverso i sensi, che sono comuni sia al corpo

115 che all'anima, essa influenza tutto l'essere. La concupiscenza mfatti, e quindi anche il desiderio sessuale, e propriamente una passione della anima che ha pero sede nel fegato:

Eaxt 6e opyava xou yev eitt§uynxtxou, xou 6t ata9n'oews» xb f\nap.^-^ - 29 -

e si espande per tutto il corpo tramite i nervi sensoriali. Per

Nemesio dunque il desiderio sessuale ha cause meramente fisiologiche, sebbene possa influenzare, a causa della alterazione fisica che produce, anche la psiche dell'uomo. Ma in quanto e un atto volontario, esso puo, anzi deve, essere soggetto alia ragione umana:

MHSEUS 6E voyuap rrjs axoAaauas TTIV suu^uyuav n TOV Suybv TUV axouauwv suvau TtAnyyeAnyaTCJV, EH£u6n eL xau Tama Tnv apxnv e£oo#ev ex Tnv TtounTUxnv. To T£ y^P xaAAos THS Ttopvns E^OUOTPHOEV Wu TTIV axoAa- auav TOV ItopaxoTa,. xau 6 itapo£uvas Exuvnas TOV §uydv. Eu yap xau TTIV apxnv E£OO§EV EXOUOUV, aAA* ai)Tou 6ii sauxcov xau TWV bpYavuxcov yopuoov EVEpYOuau.... H8

/ ~ \ y s i y°y i y Oxav ouv xpaaEU aooyaxos Ev6ouaa, situduyuaus 'n duyoug EauTrjv EX6O), xau aito TWV Tuxnpwv 1 l xaTaTtuEOdn, ouov usvuas n TIAOUTOU, exouauov < ' 11LX9J xaxov ucpuaTaxau. -

Si e gia. accennato alio stretto legame che nel mondo greco-rorrano intercorre tra malattia fisica e malattia spirituale, ed al fatto che anche gli apostoli cristianl accettavano l'anima e il corpo come un binomio inscindibile. E evidente che la malattia d'amore, malattia di carattere malinconico i cui sintomi si rivelavano chiaramente nell'organ!smo fisico di chi ne era colpito, dovesse inevitabilmente influenzare anche la sfera spirituale dell'uomo. E poiche le passioni, l'amore fisico, la malinconia, sono prodotti del peccato originale, di quel serpente che ha fatto perdere all'uomo il Paradiso Terrestre, essi sono considerati moti totalmente negativi, che distolgono l'uomo dalla via della salvezza e che possono venir affrontati e vinti solo con un profondo atto di fede, tramite una meditazione che sacrifichi - 30 -

il corpo per innalzare lo spirito, per mezzo di un apostolato capace di mostrare agli uomini la loro cecita e la vera via che porta al regno dei cieli. Ed e appunto questo il retaggio che il pensiero dei Padri della Chiesa relativo all'amore offre in eredita a tutto il Medio Evo

\ x cristiano: il vero amore non e quello dei sensi, non e quello che fa soffrire il corpo e travolge lo spirito, ma e l'amore per. Dio ell'amore in Dio. Cib che conta non e il nostro bene contingente, che la nostra vita non e che un breve pellegrinaggio^ ma il Bene Eterno, quell'eterna beatitudine di cui solo i purl di cuore potranno godere nel vero mondo.

Ed essere puri di cuore vuol dire seguire l'esempio di Cristo e degli apostoli, vuol dire amare Dio ed il nostro prossimo fraternamente perche

Dio ama tutti noi egualmente, vuol dire vincere, con l'aiuto di questo amore puro, le tentazioni della carne, rifiutare il demonio che cerca, in ogni istante della nostra vita terrena, di impedirci il cammino della virtu. Basta prendere, come esempio del nostro assunto, le pagine di

Santa Ildegarda relative all'humor melancholicus, cio alia malinconia ed a qualsiasi altra deviazione dallo stato armonico e perfetto che 120 l'uomo occupa in Paradiso. Nel suo opuscolo Causae et Curae essa riporta appunto 1'origine della malinconia al peccato di Adamo: Cum autem Adam transgressus est... fel immutatum est in amaritudinem et melancolia in nigridine impietatis.121

Quando perse per sempre il Paradiso Terrestre, l'uomo eredito dal demonio questo male, incurabile proprio perche prodotto "de flatu serpentis" e "suggestione diaboli":

Et haec melancolia nigra est, et amara et omne - 31 -

malum efflat ac Interdum etiam infirmitatem ad . cerebrum et ad cor quasi venae ebullire facit, atque tristitiam et dubietatem totius consolationis parat, ita quod homo nullum gaudium habere potest, quod ad supernam vitam et ad consolationem praesentis vitae pertinet. Haec autem melancolia naturalis est omni homini de prima suggestioni diaboli, quando homo praeceptum dei transgressus est in cibo pomi. Et de hoc cibo eadem melancolia in Adam et in omni genere eius crevit atque omnem pestem in hominibus excitat.

I sintomi della malinconia sono descritti con precisione clinica, con un linguaggio realistico e simbolico alio stesso tempo, in una maniera tipica di molti mistici medieval! -si pensi a Riccardo di

San Vittore.- Ma le conseguenze di una visione tanto tragica della vita sono inesorabili: la malinconia, e con essa le passioni dei sensi, e una malattia del corpo e dello spirito comune a tutti gli uomini, e una male ereditato da Adamo che colpisce ineluttabilmente tutto il genere umano fin dalla nascita, e una male incurabile che puo solo venire alleviato dal medico-apostolo cristiano.

Abbiamo scelto un testo che parla specificamente della malinconia, ma avremmo potuto scegliere moltissimi altri testi del Medio

Evo -si pensi alle lettere di Eloisa ed Abelardo scritte dopo la loro separazione, dopo I'evirazione di Abelardo, quando egli, ormai libero dalle tentazioni della carne, puo guardare con occhi oggettivi la propria vita passata per dichiarare perentoriamente e con il suffragio di ragioni teologiche, che l'amore che lo legava a Eloisa era una passione dei sensi, era un peccato che lo aveva indotto ad una cecita 123 spirituale.- Non dobbiamo quindi dimenticare che questa concezione religiosa della passione d'amore ha ormai profondamente impregnato la cultura del Medio Evo ed ha influenzato profondamente tutti gli scrittori vicini alia Chiesa. - 32 -

NOTE

N 1 Si tenga pero presente che la metafora malattia djamore e comune a quasi tutte le civilta antiche — si pensi ad Amnon e Tamara nel Vecchio Testamento (2 Sam. Xlll) ed alia poesia egiziana S 48 del Papyrus Harris 500 che risale al 1300 a.C. circa — in Dronke, pg. 10.

2 Ippocrate, IIEPI $YZI0Z AN8PfiJl0Y, c. 4 (Littre, vol. 6, pgg. 38-40). Per l'origine della dottrina umorale e del concet• to di malinconia si veda Klibansky, pgg. 3-15, e 1'introduzione di W. H. S. Jones all'edizione Hippocrates (The loeb Classical

Library, 1957), vol. I, pgg. xlvi-sgg.

3 Cos! in EIIIAEMIfiN, III, 17b (ed. W. H. S. Jones, vol. 1, pg. 260-sg.) i disturbi emotivi che colpiscono il paziente sono attribuiti alia bile nera, mentre l'autore degli A$0PIEM0I, VI, 23 (Littre', vol. 4, pg. 568) scrive: " *Hv cpo'eos n Sua-duyun

V0V itoAuv XP° StaTeA?), yeAayxoAuxov TO TotoOxov."

4 Si veda W. H. S. Jones, op. cit., vol. 2, pg. 134,.

5 IIEPI. IEPHE NOYZOI, cap. XIV (Littre', vol. 6, pgg. 386-

388 ).

^ Ibid., cap. XVII (.Littre', vol. 6, pg. 393-sg.). - 33 -

7 IIEPI XYMfiN, cap. 9 (Littre, vol. 5, pg. 488).

g

Si vedano come esempi Platone, Tlmaeus 268 E (tutte le opere di Platone sono state consultate nell'edizione Platonls

Opera pubblicata ad Oxford nel 1946 in 5 voll.); Aristofane,

Plutus 10-14 e 364-373 ed anche Aves 13-14 (Aristophanes Comoe- diae, Oxford, 1952 , voll. I e II). Si leggano anche KLibansky, pg. 17; W. H. S. Jones, op. cit. vol. I, pg. lviii; G. Rosen,

Madness in Society (London, 1968), pg. 93- 9 " Uno studio esauriente del problema e quello di F. Lasserre, La Figure d'Eros dans la Poesie Grecque (Lausanne, 1946), ma si veda anche l'ottimo saggio di G. Faggin, Enc. Fil. , vol. I, pg. 173, s.v. "AmoreV

10 Gia Sofocle, Trachiniae 445 (Sophoclis Fabulae, edito ad 1957), Oxford nel parla di una malattia d'amore (xri6e rn voaco), ma Euripide sembra essere stato il primo tragediografo a far uso di questo concetto per descrivere l'effetto distruttore della passione d'amore sull'organismo umano.

Si veda anche A. Lesky, Greek Tragedy (London-New York,

1965), pg. 150.

s 12 Euripide, Hippolytus 337-339 (1'edizione consultata e quella delle Euripidis Fabulae, Oxford, 1957, vol. I).

13 Ibid., 724-sgg. - 3h -

Platone, Cratylus 420 B. Per la sezione su Platone mi

sono servito ampiamente del saggio di G. Faggin, gia citato.

15 Phaedrus 250 D.

Plotino, Enneades V. ed. e trad. ^ A'Ca%r\ab ayyeXXog:, 3. 3>

Emile Brehier (Paris, 1956). Si veda anche G. Faggin, op. cit., pg. 174.

17 Nella Repubblica 435 B9-sgg., Platone enumera nell'uomo tre anime o, meglio, tre parti dell'anima. Nel Phaedrus 246 A-

sgg., questa divisione ci e suggerita dai mito del cocchio, della auriga e dei cavalli: 1'auriga simboleggia l'anima razionale, il cavallo piu nobile e l'anima coraggiosa la quale, incitata dalla auriga, tende in alto, mentre il cavallo meno nobile e l'anima pas-

sionale, che tende verso il basso. Nel Timaeus 69 D-sg., 70 D, E, la divisione ha acquistato carattere scientifico: l'anima razio-

nale (von-ruxbv) ha sede nel capo, ed e separata dalle altre tra• mite il collo. L'anima irascibile (Suyos) e collocata nel tora- ce al di sopra del diai^amma che la separa dall'anima inferiore, ed essendo vicina al capo puo udire la voce della ragione e re- primere con essa l'anima passionale (Eitu^uynTuxov) che e situata

sotto il d^aframma, e cola, legata cos ^peyya aypuov. Nasce cosi la dottrina delle tre anime (razionale, irascibile, concupisci- bile) che tanta fortuna avra. nelle filosofie platonizzanti. Per una discussione piu dettagliata di questo problema rimando alio studio di T. M. Robinson, Plato's Psychology (Toronto, 1970). - 35 -

Phaedrus 251 A.

19 Ibid., 249 D-E; cfr. 244 A.

20 G. Faggin, loc. cit.

21 Platone, Phaedrus 244 A-sg., 265 A-B.

22 > Symposium 186 A-B. Platone riconosce altresi 1'influenza del corpo sull'anima: Timaeus 6l E, 62 A, B, 64 B-D.

23 Aristotele, De an. 1.4. 408B, 1-15,

oil Pol. VIII.7. 1342 A8: cfr. De mem. I. 450 Bl.

25 Ite an. 1.1. 10. 403 A25-B8.

26 Reth. 1.2. 1370 A22-sgg.

27 Dean. II.4. 415 A23-sgg.

pO Ibid., 1.1. 10. 4o3 A25-B8. Si veda anche Gardiner, pg. 54-sg.

29 ^ II Professor D. A. Manzalaoui della Facolta di Inglese della

Universita della British Columbia mi ha gentilmente aiutato a leggere ed a tradurre il testo arabo, che ho poi confrontato con la traduzione inglese di R. Walzer, in "Aristotle, Galen, - 36 -

and Palladius on Love ", in Greek into Arabic (Cambridge, Mass.,

1962), pg. 42-sg. Per il testo arabo rimando all'edizione di Walzer, loc. cit.

30 Aristotele, te an. III.10. 433 B17-18; cfr. 433 A21 e anche 433 A31-B.

31 Ibid., III.10. 433 A15-16.

32 De mot. an. 6. 700 B23-24.

33 Eth. nic. IX.5. 1166 AE-II67 AC.

ZuycpuTov Ttveupa: Aristotele, De part, an. III.3- 665

A10-sg., cfr. III.4. 666 BlO-sg. ed anche De som. 2. 456 A4- sg., ecc. Per la storia della dottrina dello pneuma fondamen- tale e lo studio di G. Verbeke, L'Evolution de la Doctrine du

Pneuma du Stoicism a S. Augustin (Paris, 1945), ma si vedano anche W. W. Jager, "Das Pneuma in Lykeion", Hermes, xlviii

(1913), pgg. 29-74, e Gardiner, pgg. 53-56.

3 ^ Aristotele, De part, an. II.4. 651 A12-sgg., ma si veda anche 667 A9-sgg. Aristotele non chiarifica quale sia il ruolo dello pneuma e quali siano le sue caratteristiche. Non c'e dubbio che lo pneuma abbia una natura materiale, e che sia ca- pace di contrazione ed estensione. In questo modo l'impulso ricevuto dal cuore fa si che esso muti volume ed eserciti una - 37 -

forza motrice o dl trazione sui soffi viclni.

36 Eth. nic. VII.3- 1147 AlO-sgg.

37 Ibid. VII.3. 1147 A7-8.

38 Auvayus: Eth. nic. II.5. 1105 B20-28.

39 Ee an. II.7. 419 A19-21.

140 Ibid. III. 3. 429 A3-

4l N S La sensazione infatti romane tale finche e presente il sensibile: De an. II.5. 417 A2-9, e cfr. De sensu 2. 438 B22-24 ed anche Eth. Nic. X.4. 1174 Bl4.

4? De an. III. 429 A3; III. 3- 427 Bl4; si veda anche Adorno, La Filosofia Antica (Milano, 1961) vol. I, pg. 342.

143 Aristotele, De an. III. 1. 431 B2-sg.; III.7. 432 A3-6.

44 Questo intelletto agente, dice Aristotele nel De an. III.

5. 430 A15-sgg., e separabile, impassibile e non misto, in quanto e fondamentalmente una attivita; 1'agente e infatti sempre su- periore al paziente, e la causa originante e superiore alia ma• teria. Quindi nel De gen, an. II.3. 736 A28 afferma che viene dai di fuori (QupaSev) e che e lmnortale ed eterno. Cio che - 38 -

Aristotele non chiarifica e se questo intelletto appartiene alio animo umano o se e parte di una divinita in quanto e incorrutti- bile eterno e sempre in atto. Di questo problema furono offerte tre soluzioni (si veda, per tutta questa sezione e per i rife- rimenti bibliografici relativi alle opere di cui si parla, Abba- gnano, s.v. "Amore", pg. 484-sg.):

1 1. L intelletto agente e separato dall'animo. umano. Alessandro d'Afrodisia (II sec. d.C.) difese questa tesi, e postulo l'iden- tita tra questo intelletto e Dio. Parti dell'animo sono 1'intel• letto possibile o ilico il cui scopo di apprendere le (UALMO'S) e forme, e 1'intelletto acquisito (eTtcMxriTOKos o adept us) che e il perfezionamento del precedente. Poiche 1'intelletto agente e separato dall'animo, questo e owiamente mortale, e l'attivita. intellettuale e strettamente dipendente dai sensi: si veda la precisa discussione di G. Movia, Alessandro di Afrodisia: tra

Naturalismo e Misticismo (Padova, 1970) e l'esauriente bibliogra- fia. Questa dottrina fu ripresa dal neoplatonici arabi, da al-

Kindi (sec. IX), da al-Farabi (sec. IX) e infine da Avicenna, il quale cerco di dimostrare che la tesi proposta da Alessandro non negava l'irrmortalita dell'anima. L'anima umana, egli afferma, e dipendente dall'intelletto agente, e questa dipendenza non cessa neppure dopo la separazione dell'anima dal corpo. Questa solu- zione fu poi accettata da (sec. XII) e da Mose ben

Maimon (sec. XIII).

2. L'intelletto agente e 1'intelletto passivo sono separati - 39 -

dall'anima umana. Questa soluzione fu difesa da Averroe. Lo intelletto passivo o ilico, osserva Averroe, non e altro che una disposizione nell'animo umano che viene comunicata dall'in— telletto agente, il cui scopo e di astrarre i concetti e le ve- rita universali dalle irnmagini sensibili. L'uomo pertanto pos- siede solo 1'intelletto acquisito o speculativo, il cui fine e la conoscenza delle verita universali.

3- L'intelletto agente e 1'intelletto passivo fanno parte dell'animo umano, Questa tesi fu difesa dai commentatore di

Aristotele Temistio nel IV sec., in polemica contro Alessandro d'Afrodisia, e fu poi ripresa da Simplicio, commentatore di Pla• tone del sec. IV. Questa soluzione fu nel XIII sec. ripresa dai filosofi : . •scolastici per combattere la tesi di Alessandro e di Averroe.

Intelletto agente ed iirrnaginazione sono due facolta di una stessa anima, ed in quanto 1'intelletto agente e sempre in atto l'immagine sara. sempre- sotto- la sua influenza; si veda P. Siwek,

La Psychophysique Humain d'apres Aristote (Paris, 1930), Pg- l68-sg.

46 Per Aristotele le Idee ("Forme") sono (iinarniche: si veda

Met. 8.8. 1050 B2: "TO EL6OS evepyeta e'aTLv": si veda anche la nota che segue.

^ Scrive P. Siwek, op. cit., pg. 169: "... si nous considerons

1'image dans son rapport avec 1'intellect agent, alors la forme enveloppee en elle retrouve sa vertu native, dynamogenique, qui - ko -

peut alors se repandre librement dans la puissance capable de subir son influence. Cette extension virtuelle de la forme dans la mesure ou elle atteint 1'intellect en puissance, est la realisation en acte de cet intellect en puissance, est son

'actuation', est ce qu'on a plus tard appele: species intelligibilis."

48 Aristotele, Efe an. 1.3. 407 A7-8; Met. 7- 1072 B21.

Si veda inoltre P. Siwek, op. cit., pg. 170.

De an. III.ID. 433 A10: 6e 6uo $cxi,veTai, ye TCXUTCX xtvouvxa n ope^cs n v'ous, e'C TLS xnv

RO . " te an. III.10. 433 A13-15- La facolta cinetica implica dunque da un lato l'appetito e 1'intelletto pratlco, dall'altro lato l'appetibile, motore immobile che, presentato dall'immagi- nazione muove a se (senza essere mosso) la capacita dell'appe- tire (motore mosso) che si realizza nell'essere vivente (il mosso): si veda F. Adorno, op. cit., pg. 347.

51 Cfr. Aristotele, Pol. II.7. 1267 B4, ma si veda anche la nota 30 di questo capitolo.

Diogene Laerzio, V. 87, in F. Wherli, Die Schule des

Aristoteles (Basel, 1944-59), vol. VII. Si veda inoltre il vecchio ma sempre interessante saggio di 0. Voss, De Heraclidis

Pontic! Vita et Scrlptis (Diss., Rostock, 1896), pgg. 51-54.

J 53 Diogene Laerzio, De clarorum philosophorum vitis, dogmatibus - kl -

et apophtegmatibus libri decern, ed. C. G. Cobet (Paris, 1929) lib. V, cap. 2, pg. 119-sg.

54 In Wherll, op. cit., vol. III. Si veda anche E. Rhode,

Der Griechiche Roman und seine Vorlaufer (Heidelberg, I960), pg. 57-sg.

55 Si pensi all,amore di Medea per Giasone nelle Argonautiche,

III, w. 439-470, 947-sgg., ecc. 56 Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri decern, ed. C. Kerrrpf (Stuttgart, 1966), V, 7, ext. 1.

57 Ibid.

58 Si veda I. Cazzaniga, Storia. della Letteratura Latina (Milano, 1962), pg. 602-sg. 59 Si veda oltre, cap. secondo.

60 Plutarco, Vita Demstri, XXXVII, 2-3. Le Vite di Plutarco sono state consultate nell edizione di B. Perrin (Harvard, 1959).

La Vita di Demetrio occupa il nono volume.

61 -j-Ibidi • j.

62 Ibid.

63 ' ' ' •>' Plutarco, " o epews", ap. Stobaeus, Anthologium, OTU OU XPLOUS - 1*2 -

ed. C. Wachsmuth e 0. Hense (Berlin, 1958), vol. 4, pg. 468-sg.:

"oo yev voaov TOV epcoxa, OL. 6e euoSuyoav, OL, 6e yavoav, OL. 6e ^uxns $eoov TL xovnya THS xat 6aoyovoov, oo 6e avxoxpous Seoov

, y cf > r* > s- tf ^ \ t ' * avayopeuouaov. odev op^cos evooos eoo^e TO yev apxoyevov eitottu- yoav eovao, TO 6 uitepgaAAov yavoav...." 64 Per i riferimenti relativi a queste opere, non tutte da me consultate, e per uno studio sistematico dello sviluppo della storia di Antioco e Stratonice, rimando a E. Rhode, op. cit., pg. 55-sg., ed a Walzer, pg. 51, n. 1.

65 Si vedano le pgg. 63, 66 ecc. del secondo capitolo di questo studio.

^ Galeno, De praenotione ad Posthumum, Kuhn, vol. XIV, pgg. 631-633. Cfr. Commentaria in Hippocratis de humore, Kuhn, vol. xrv, pgg. 308-310.

Areteo di Cappadocia, medico quasi contemporaneo di

Galeno, scrive nella sua opera IIEPI AITlfiN KAI EHMEifiN, ed. F. Adams, The Extant Works ofAretaeus, the Cappadocian (London,

I856), pg. 58: "Aoyos b'xo xlov xoowv6e TOS avnxeaTus exwv,

Moupns npa Te xao TCOV onxpcov ouoev iocpe AOUVTOJV , 0 epcos yov

onaaxo 6oxeto 6 eywye epav yev auTOV apxn^ev, Maxncpea 6e xao

6ua3uyov on axuxong TDS xoupns eyyevao, xao yeAayxoAoMOV

L vuaxa)V 6oxeeov TOOOO 6nyoTpaov • OUTOS OUTC ynv nv epona eYY Y

Tr eiceo 6e Tnv epcoTa 5uvri(|>e l xoupn, itaueTao xns xaxritpeons, xao - k3 -

6taaxL6vriou opynv TE xai, xurtriv, xaPVp 6G e£evn4,E xris 6uaduyuris • xa^taxaxau yap xnv yvwynv epwxi, i-rixpa).

^ Si pensi oltre che ai corimediografi ed ai poeti epici e 3 lirici romani, alia problernatica sulle passioni che tanta impor- tanza ebbe per i filosofi stoici. Per gli stoici le passioni, che essi considerano malattie dell'anima, sono quattro: n&ovn e

AuTcn per cio che conceme il presente; ETtLduyta e cpogos per il future. Le loro variazioni dispongono lo pneuma in maniera diversa, tanto che esso assume dei moment! di tensione (auaxoAri) o di rilassamento (yetwaus). Sul problema della local!zzazione delle passioni vigono due opinion!: alcuni, seguendo Zenone, le pongono nella parte irrazionale dell'anima, quella che

Poseidonio chiama ita^nxtxov e che si trova vicino all'anima razionale; altri, seguendo Crisippo, le pongono nello stesso logos, che in questo caso manca di tonos, di tensione. In ambedue i casi vige la credenza che in questa malattia vi sia anche una parte somatica, e che siapertanto necessario curare il corpo per ottenere una padronanza perfetta del logos. Per una discussione piu accurata del problema rimando a M. Spanneut,

Le Stoicisme des Peres de l'Eglise (Paris, 1957), Pg. 231-sgg.; V. Panzarasa, Enc. Fil., s.v. "Passione"; Gardiner, pgg. 58-88.

Per Zenone si veda M. Pohlenz, Die Stoa, Geschichte einer

Geistigen Bewegung (Gottingen, 1948), t. II; Erlauterungen

(Gottingen, 1949), t.I, pg. 142-sg.; per Crisippo si veda sempre Pohlenz, Die Stoa ecc, pgg. 143-149, e per Poseidonio si vedano le pgg. 225-226. - kk -

by v CI si puo owiamente chiedere se la concezione epicurea abbia influenzato, specie tramite 1'opera di Lucrezio, il pen- siero romano. Cicerone afferma di non aver mai letto nulla degli epicurei latin! (Varro, 2; Tusculanae disputationes, I, 3, 6;

II, 3, 7-8; IV, 3, 5-7: per le opere di Cicerone si veda la edizione delle Opere nella collezione Teubneriana, Leipzig

1908-sgg., preparata da Ziegler, Plasberg, Schiche, Pohlenz,

Simbeck, Atzert), ma sembra altresi assodato che Cicerone fu l'editore del De Rerum Natura di Lucrezio, che in una lettera del 54 al fratello Quinto (Epistolarum Libri III ad Ciceronis fra- trem, II, 9) descrive in questi termini: "Lucreti poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingeni, multae tamen artis." E anche se egli non fu l'editore di Lucrezio, e pro- babile che abbia rivisto parti del poema per Pomponio Attico, editore romano e cognato di Quinto. II problema dei possibili contatti tra la filosofia epicurea e quella stoica e dell'influ• enza dell'una sull'altra rimane tutt'ora di difficile soluzione, e rimane altresi al di fuori dell'assunto di questo studio. Si noti solo, e cio valga come osservazione generica, che per gli stoici, come per gli epicurei, le passioni hanno valore pre-

cipuamente negativo. Per uno studio esauriente dei rapporti tra Cicerone e Lucrezio, ed indirettamente quindi tra stoicismo ed epicureismo, rimando ai \seguenti studi: G. Castellani,

Qua ratione traditum sit M. T. Ciceronem Lucreti carminis emendationem fecisse (Venezia, 1894); K. C. Reiley, Studies - 4 - 5

in the Fnilosophical Terminology of Lucretius and Cicero (New

York, 1909); G. Della Valle, "Cicerone editore e critico del

1 poema di Lucrezio", Memorie della Reale Accademia d Italia,

Classe di Scienze Moral! e Politiche, 7,1,3 (Roma, 194l);

Adorno, I, part. 2, pg. 799-

70 Lucrezio, De Rerum Natura, ed. C. Bailey (Oxford, 1963) IV, 1048

71 Ibid., 1052-1057.

72 Ibid., 1057-1059.

73 ibid., 1061-1072.

74

Per Lucrezio la sensazione (che egli considera il criterio

fondamentale della verita. e del bene) e un movimento comune

e indivisibile dell'anima (sia dell'animus che dell'anima,

•ambedue corporei) e del corpo: q.v. Ill, 94-416. Cosi gla

Asclepiade, seguendo la filosofia epicurea, aveva postulato

che le malattie mentali fossero causate da dlsturbi emotivi,

che egli chiama passioni della sensibilita ("allenatio est

passio in sensibus"): cit. da G. Zilboorg e G. W. Henry,

A History of Medical Psychology (New York, 1941), pg. 62-sg.

Degno di nota, dato l'uso frequente nella letteratura medica

del Medio Evo, e il metodo terapeutico suggerito da Asclepiade,

che consiste nel sottoporre l'ammalato a della musica armoniosa - 1+6 -

accompagnata da un concerto dl voci: si veda Zilboorg, op. cit.,

Pg- 63.

75 Lucrezio, De Rerum Natura, IV, 865-876. Per una breve ma lucida discussione di questo problema rimando all'introduzione di C. Bailey alia sua edizione di Lucrezio, pg. 60-sgg.

Si veda 1'ultima- sezione del libro IV del De Rerum

Natura. Un'altra cura che Lucrezio suggerisce, e che ritrove- remo poi in quasi tutti i trattati medici medievali, consiste nel cercare di dimenticare la donna amata coll'innamorarsi di un'altra donna, e cosi via: De Rerum Natura, IV, 1070-1072.

77 Brooks Otis, Ovid as an Epic Poet (Cambridge, 1966), pg. 265, scrive a questo proposito: "Euripides and, more directly, Euphorion and the new poets, had fixed the symptoms, defined the status, of amatory passion. It comes in an instant without warning in full force and fury; it overmasters every other interest or emotion; balked of continued fulfilment, it leads only to death and catastrophe.... Amor is an external, impersonal force (a kind of disease) that prostrates its victims...."

78 Cvidio, Metamorfosi, ed. G. Lafaye (Paris, 1961-62),

HI, 392-399-

79 Ibid., Ill, 486-503.

80 Ovidio, Ars Amatoria (London, 1968), w. 325-sgg. - 47 -

x x 8l ' Si veda Michel Spanneut, Le Sto'lcisme des Peres de 1'Eglise (Paris, 1957), pg. 232-sgg.

82 Cfr. Gardiner, pg. 89-sgg.

Rimando a V. Panzarasa, Enc. Fil., s.v. "passione".

84 Clemente d'Alessandria, Stromata IV, 3 (P.G. VIII, 1,

Pg. 1222).

85 Ibid., IV, 26 (P.G. VTII, 1, pg. 1374).

86 Ibid., IV, 3 (P.G. VIII, 1, pg. 1222-sg.).

87 Ibid., VI, 16 (P.G. VIII, 2, pg. 359).

88 Cfr. Paedagogi libri iii, cap. 1 (P.G. VIII, 1, pg. 555):

"TpLyevous ouv UTtapxouaris xris tp^xns» TO voepov, o 6n AoyLOXLXOV

xaAELxaL, o avdpioitos EOXLV o EU6OV, o xou cpatvoyevou xou6e apxwv

av-dptoTCOu auxov 6E EXE^VOV aAAws ayEL o 8eos. To 6e doyLxov,

SnpLoaoss ov, TtAnoLOV yavLas OLHEL. rioAuyopcpov 6E xo ETtL^oyriTL-

xou xai xpuxov, uuep xov npwxsa, xov SaAaxxLOV 6auyova TCOLXLAOV,

,I .< ' > ~ ' ' V aAAoxE aAAws y£xaaxnyaxL£oyevov, ELS yoLxe^as, xai Aayvetas, XCXL

ELS cp$opas e^apsaxevoyevov...."

89 Queste potenze spiritual! porgono all'anima delle rappre-

sentazioni che la ingannano e l'indeboliscono, ed oscurano la luce

dell'intelletto: Stromata, II, 20 (P.G. VIII, 1, pg. 1053). - 1+8 -

Per la dottrina dei demoni e la problematica ad essa connessa rimando alio studio di Andre Mehat, Etude sur les 'Stromates'de

Clement d'Alexandrie (Paris, 1966), pg. 368.

90 Stromata VI, 16 (P.G. VIII, 1, pg. 1306-sgg.); IV, 6

(P.G. VIII, 1, pg. 1237-sgg.).

91 Stromata, loc. cit.

92 Loc. cit.

Per tutto cio si veda S. Angus, The Religious Quests of the -:Graeco-Roman World (New York, 1929), soprattutto pg. 4l4; R. Simboli, Disease-Spirits and Divine Cures among the Greeks and Romans (New York, 1921).

^ Si veda Angus, op. cit., pgg. 4l4-424 e le relative note, e soprattutto lo studio di Simboli, cit. Si legga anche Origene,

Contra Celsum, ed. H. Chadwick (Cambridge, 1953), HI, 54.

9 ^ Si legga il Liber de Anima (P.L. II, pg. 650): ";;.. ho anche studiato quella scienza che e sorella della filosofia, cioe la medicina, la quale rivendica una speciale competenza sulla dottrina dell'anima per la sua abilita di sanare il corpo."

Tertulliano si appoggia soprattutto sull'autorita di Sorano d'Efeso, come egli stesso dice nel de Anima (P.L. II, pg. 655).

Q6 Liber de Anima, pg. 654, - H9 -

97 San Basilio, Epistola XLVI (P.G. XXXII, 4, pg. 370-sgg.),

98 Ibid.

99 Homilia XXI (P.G. XXXI, 3, Pg- 548). Si vedano anche le Costitutiones Monasticae, cap. iii (P.G. XXXI, 3, pg. 1344-sg.)

v v 100 *• ' ' > ~ » "

II titolo esatto e ITept xns ev uapdevua aAndous acpSopuag.

1 L opera, attribuita prima a San Basilio, fu poi ascritta a Basilio d'Ancira da F. Cavallera, "Le 'De VirgLnitate'de Basile d'Ancyre", Revue d'Histoire Ecclesiastique, 6 (1905), pgg. 5-l4. Dapprima medico, Basilio fu eletto metropolita d'Ancira, in Galazia, nel 336. II consiglio di Sardica considero la sua ele- zione anticanonica, e lo sostitui con Marcello, il quale pero nel 350 fu scacciato da Basilio. Nel 360 Basilio fu mandato in esilio in Illiria dall'Imperatore, e quivi mori nel 364. Fu capo degli omeousiani, e lotto tenacemente contro le dottrine degli ariani. Per Basilio, oltre a Cavallera, si consulti R. Janin, Dictionnaire d'Histoire et de Geographie Ecclesiastique, ed. A. Baudrillart (Paris, 1912-sgg.), s.v. "Basile d'Ancyre"; J. Quasten, Patrology (Westminster, Maryland, I960), vol. Ill, pg. 201-sgg.

101 De Virginitate, in San Basilio, Opera (P.G. XXX), pg..

696-sgg.

102 -Ibid .- . - 50 -

103 De Virgin!tate, nella edizione dell'Opera Omnia di San

Basilio stampata a Parigi nel 15^7, fl. 1^7 v. r "Hepar sive iecur concupiscentiae organum est."

104 De Virginitate (P.G. XXX), pg. 683.

105 Ibid., pg. 764-sg.

106 Ibid., pg. 760.

107 Ibid., pg. 657..

108 Ibid., pgg. 767-777.

109 L'unica notizia pervenutaci sulla vita di Nemesio e che fu successore di Eusebio di Emesa quale vescovo di quella piccola diocesi. II suo trattato fu scritto al piu tardi negli ultimi anni del quarto secolo, in quanto egli menziona quali contem- poranei Eunomio (due volte) che mori nel 392, e Apollinare di

Iaodicea (tre volte), anch'egli morto verso il 392. II trat• tato di Nemesio godette di grande fama nel Medio Evo. L'antro- pologia di Giovanni Damasceno nella sua opera De Fide Ortodoxa,

II, 12-29 (P.G. XCIV, pg. 791-sgg.) deriva soprattutto da Ne• mesio. Nel nono secolo Melezio, un frate del monastero della

Sacra Trinita. situato nelle vicinanze di Tiberiopoli, in FrigLa, scrisse un opuscolo intitolato ins lie pi, TOO cxvSpomou Haxaaxeuris, che non e altro che una parafrasi del libro di Nemesio, sebbene

Nemesio non venga menzionato. Fino a tutto il Medio Evo infatti - 51 -

11 De_ Natura Hominis venne attribulto quasi unarrimamente a Gre•

gorio di Nissa, probabilmente a causa della somiglianza del ti-

tolo con il De Hominis Opificio di Gregorio. la prima versione

latina, usata da Gregorio Magno, fu preparata da Alfano di Sa•

lerno (m. 1085), il quale fu medico ed arcivescovo. L'altra versione medievale, preparata da Burgundione di Pisa (m. 1194)

fu poi usata da Pietro Lombardo e da San Tommaso. L'edizione

della versione latina di Alfano e stata preparata da C. J.

Burkhard, Nemesii Episcopi Premnon Physicon sive IlepC cpuaeoos

'avdpcouou Liber ab Alfano in Latinum Trans lat us (Bibliotheca Teubneriana, Leipzig, 1917)- La traduzione di Burgundione e

stata edita dallo stesso, Gregorii Nysseni (Nemesii Emeseni)

ITepu cpuoecos av^pwrcou Liber a Burgundione in Latinum Translatus (Wien,,1891, 1892, I896, 1901, 1902). Ottimi studi su Nemesio

sono quelli di E. Teza, "La 'Natura dell'uomo' di Nemesio e le

vecchie traduzioni in italiano e in armeno", Regio Istituto

Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 3, ser. 7 (1892), pgg.

1239-1279; W. Telfer, Cyril of Jerusalem and Nemesius of Emesa

(London, I960), soprattutto 1'introduzione alle traduzioni, pgg.

202-223. Chiara e precisa e l'esposizione di J. Quasten, op.

cit., pgg. 351-355, con ampia bibliografia.

110 ' ' * ' r IlepL cpuaecos av^pconou, P.G. XL, pg. 51o.

111 Id., pg. 520..

Ib., pg. 560. - 52 -

113 Si veda tutto il cap. xvi, pg. 672-sgg.

lb., pg. 776-sg.

115 Nemesio, pg. 605, definisce il termine passione nel modo seguente: Ai-wpuaxau yap ev XOLS eyitpoaftev aacpus, TLVCX yev ooca awyaxos, xuva 6e tyUXHSj xuva oe xou auvay cpoxepou ' xau ev XOLS > • ~ /• \ ,,, > / »' L6LOL-S xou auvaycpoxepou xas 6o opyavwv ataSnaeLS extSeyev * aOxa

6e xa opyava xou acoyaxos eAeyoyev etvat."

lb., pg. 672,

lb. , pg. 708: "KaxaiteyTtexat 6e xa yev aua^nTL-xa xau yaAaxa veupa atto xe xns yeans xau xiov eyupoadev xouAutov xou eyxetpaAou.... " Per le relazioni che intercorrono tra questa concezione e quella galenica si veda 1'edizione dell'opera di

Nemesio curata da Telfer, pg. 373-sgg.

118 lb., pg. 724.

119 lb., pg. 772.

120 Si veda anche Klibansky, pg. 79.

121 Hildegardis Causae et Curae, ed. P. Kaiser (Leipzig,

1903), pg. 38, 145. Si veda anche Klibansky, pg. 79- Santa

Ildegarda nacque verso il 1098 a Bockelheim, e fu la fondatrice - 53 -

e prima badessa del convento di San Ruperto presso Bingen. Mori nel 1179• Di lei ci rimane anche un erbario, il Giardino della

Salute, una ulteriore testimonianza dello stretto legame che essa vedeva tra il corpo e lo spirito.

122 Ibid., pg. 38.

123 J Le lettere di Eloisa e Abelardo si vedano nella edizione di M. Rusconi (Milano, 1972)..

i - -

CAPITOLO II

•1. LA MALATTIA D'AMORE ED I MEDICI MEDIEVALE

A partire del quarto secolo dell'era cristiana, per rrerito soprattutto di Galeno, la problematica dell'amore, che fino ad allora aveva avuto una impronta prevalentemente psicologica, si arricchisce di elementi desunti dalla tradizione piu propriamente medica. L'amore infatti, in quanto e una malattia, non interessa solamente i filosofi, ma entra a far parte -del curriculum medico ufficiale, ed i medici ne studiano le cause, i sintomi, i possibili metodi terapeutici. Questo indirizzo e chiaramente discernibile nei trattati medici dei bizantini Oribasio e Paolo d'Egina, che possono essere considerati il punto di passaggio dalla cultura medica antica a quella medievale: gli argomenti da essi discussi infatti riappariranno ripetutamente, unitamente alle soluzioni offerte, nelle opere mediche dei secoli seguenti.

Nato a Pergamo nel 325, Oribasio fu uno dei medici piu illustri della scuola bizantina. Dopo aver studiato ad Ales- sandria (ora il piu importante centro letterario e scientifico, subentrando ad Atene e Roma) sotto la tutela del cipriota Zeno, esercito medicina ad Atene e nel 355 fu nominato medico personale dell'imperatore Giuliano. Dopo la morte dell'imperatore fu per- seguitato da Valente e Valentiniano e fu mandate in esilio; ma

cosi grande era ormai la sua fama che essi furono costretti a - 55 -

richiamarlo a Bisanzio. Mori nel 403, lasciando quale eredita un vasto corpus di scritti medici che per molti secoli godettero ampia fortuna. La sua opera principale, intitolata Sinagoghe (in 70 libri, di cui ne rimangono 25) e una moxiumentale epitome delle piu importanti opere mediche greche. Le dottrine ivi esposte derivano in gran parte dal dottrinario di Galeno, che Oribasio considera fondamentale per il progresso della medicina, ma non mancano ample citazioni dagli scritti di Aristotele, Asclepiade, Archigene, Apuleio di Pergamo,

1 Antillo, Rufo, Sorano. A richiesta del figlio Eustazio, Oribasio fece un riassunto dell'opera, cui diede il titolo di Sinossi: il nono capitolo dell'ottavo libro consiste in una discussione della malattia d'amore: per la prima volta la malattia occupa una sezione propria ed indipendente dai vari capitoli sulla pazzia 2 e sulla malinconia.

La descrizione di Oribasio e brevissima, ed e priva di un qualsiasi accenno all'eziologia dell'amore. Gli innamorati, esso scrive, deperiscono in quanto si astengono dal cibo. Quando il medico si rende conto che l'amore e la causa di questo deperi- mento esso deve subito cercare di distogliere l'attenzione dello innamorato dall'oggetto desiderato costringendolo a bere in com- pagnia, ad essere fisicamente attivo, ad ascoltare favole, storie,

comrredie. Poiche non e facile distogliere l'attenzione di chi ama

dall'oggetto dell'amore il medico dovra usare alcuni sotterfugi:

dovra incutere timore nell'animo dell'ammalato e dovra convincerlo - 56 -

ad abbandonare il proprio modus vivendi con severi rimproveri. I signa della malattia rimarranno pressoche immutati per tutto l'arco del Medio Evo, e consistono in: occhi cavi ma senza lacrime, moto continuo delle palpebre, indobilimento delle membra del corpo ad eccezione degli occhi che non perdono il loro fervore.

Molto simile e la descrizione della malattia che troviamo nel diciassettesimo capitolo del terzo libro del De re medica libri septem di Paolo d'Egina, il quale fiori probabil- mente sulla prima meta del settimo secolo. L'Egineta considera la malattia d'amore una malattia di carattere mentale, una pas- sione dell'anima occasionata da uno stato di violenta emozione della ragione (cura): attivita mentale e amore sono ormai strettamente legati, e poiche il troppo pensare e anche alia base della malinconia, amore e malinconia vengono tacitamente ad assumere connotazioni molto simili. Poiche la malattia colpisce sia lo spirito che l'organismo fisico i metodi terapeutici dovranno prendere in considerazione ambedue le componenti: bagni, libazioni di vino, ginnastica, spettacoli teatrali, ascolto di favole e storie, tutte cose atte a distogliere l'attenzione dell'innamorato ed a fargli dimenticare l'oggetto amato: terapia ormai tradizionale, anche se alquanto semplicistica. I sintomi della malattia sono in gran parte quelli gia suggeriti da Oribasio: occhi cavi senza lacrime, ferventi, continuo movimento di palpebre. Richiamandosi alia tradizione galenica (ma non si dimentichi la tradizione della storia - 57 -

di Antioco e Stratonice) egli accenna al battito del polso degli amanti, che subisce un notevole mutamento quando I'amante e a con• tatto visivo o uditivo con la persona amata. Questo variare del battito del. polso non e pero peculiare all'amore — chiarifica 5 ^ l'Egineta in polemica con altri medici — ma e tipico di tutti coloro che sono afflitti dalla malattia chiamata cura. Degno di nota infine e il fatto che sia Paolo d'Egina che Oribasio distin- guono nettamente. la malattia d'amore dall'atto sessuale, il quale, eseguito sotto date condizioni, pub costituire una cura efficace 7 contro la malinconia, l'ira e perfino l'amore. Quando i seguaci di Nestorio furono costretti, nel quindo secolo, ad abbandonare la loro scuola di Edessa ed a cercar rifugio In territorio persiano, essi portarono con se la propria

8 filosofia e le proprie scienze, di stampo prettamente greche.

v - - 9 Molti di essi si stabilirono nella citta imperiale di Jundi-Sapur, • la cui scuola divenne, per merito loro, uno dei piu ' importanti centri orientali di cultura greca: fu in. questa scuola che Ippocrate e Galeno furono tradotti per la prima volta in siro, per merito 10 * soprattutto di Sergio di Rashayn. Il periodo di piena maturita della scuola coincise con il sorgere dell'impero islamico. Nel

636 gli arabi invasero la Siria, che conquistarono interamente nel

640, con la conquista di Cesarea^": fu in Siria che essi vennero per la prima volta a contatto con la cultura greca. L'altra grande scuola era quella di Alessandria: gli - 58 -

arabi entrarono in Egitto dopo aver conquistato l'Irak e la Meso- 12 potamia; Babilonia capitolo' nell'aprile del 641, Alessandria

C fu consegnata nelle mani del comandante saraceno Amr Ibn al-As

J nel settembre del 642. In Egitto gli arabi vennero a contatto con le opere di Aristotele, di Galeno e dei bizantini, che formavano il 14 curriculum della scuola da Alessandria. In seguito alle guerre civil! che seguirono l'assassinio del

•successore di Maometto, 'uthman (658), le mire espansionistiche arabe furono frenate per un cinquantennlo. Questo lungo perlodo fu carat- terizzato dalla lotta delle due piu potent! fazioni islamiche, gli Sciiti (sotto il comando di All, cugino e genero del profeta) ed i Sunniti (con a capo l'omayyade Mu 'awiya) per il possesso del Califfato. La fazione omayyade ne usci vittoriosa, ed il califfato

15 fu trasferito dalla Mecca a Damasco.

II movimento espansionistico arabo fu ripreso solo sotto il regno del califfo omayyade Walid, dopo un processo di 16 completa riorganizzazione del nuovo impero !co. Le forze arabe conquistarono il Nord-Africa, la Sicilia e quindi la penisola

17 Iberica, a cominciare dal 7H»

Nel 750 il dominio della dinastia omayyade ebbe

t - <• - termine, travolta dalle forze persiane degli abassidi; Abu al-Abbas, 18 il nuovo califfo, trasferi imnediatamente il califfato a .

1 II principe omayyade *Abd ar-Pahman Ibn Mu awiya, fuggito da Damasco - 59 -

assieme ad un contingente di seguaci siri, dopo aver vanamente cercato di ristabilire la dinastia omayyade in Nord-Africa penetro di forza nella penisolo Iberica, e stabilitoso a Cordova fondb , nel 19 755> il califfato occidentale.

II periodo che segui questi eventi fu contrassegnato da una splendida fioritura di tutte le arti, ma soprattutto della scienza medica. Sotto 1'influenza della scuola di Jundi-Sapur fu fondata, a Baghdad, l'accademia chiamata Dar al-Hikima,;. (casa della 20 Saplenza). Uno dei compiti fondamentali dell'accademia fu di tradurre le opere medico-scientifiche greche in siro e in arabo, sia usando le traduzioni in siro gia, preparate a Jundi-Sapur sia traducendo direttamente dal greco. Le opere d'Ippocrate e di Galeno furono tradotte dal piu famoso traduttore della scuola, Hunayn Ibn

Ishaq (conosciuto nel Medio Evo con il nome di Johannitius), cui 21 va anche il merito di aver tradotto Oribasio e Paolo d'Egina. Queste opere, unitamente a quelle di Dioscoride, Rufo d'Efeso, Alessandro di Tralles e di Aaron, ragruppate in un corpus omogeneo, costituirono la parte sostanziale dei corsi di studio delle piu' importanti scuole arabe, e riprodotte integralmente nelle scuole arabe del califfato occidentale ebbero fondamentale importanza nello sviluppo della medicina europea del Medio Evo. > 22 Questa vasta eredita. medico-filosofica venne raccolta da'Abu Bakr Muhammad Ibn Zakariyya. ar-Razi — conosciuto - 60 -

nel mondo occidentale con il nome Rhazes o Rasis — il piu illustre ed il piu prolifico medico dell'islamismo. Nato in Persia verso

1'850, studio prima musica e filosofia, e si dedico agli studi di medicina solo ad eta avanzata, dopo aver visitato l'ospedale della sua citta nativa, at-Tayy (Rhages, nelle vicinanze di Teheran).

Trasferitosi a Baghdad, divenne direttore medico dell'ospedale civico, e quivi passo il resto della propria vita, circondato da un sempre crescente stuolo di discepoli. Mori nel 923 o nel 932.

I suoi biografi gli attribuirono piu di duecento scritti di medicina,

2k filosofia, religione, matematica ed astronomia. • Dei suoi libri ancora esistenti (ben pochi rispetto alia sua produzione) il piu importante e una enciclopedia medico-chirurgica intitolata Al-Hawa

(Liber contlnens), che consiste in una vasta raccolta di citazioni prese dalle opere degli scrittori medici greci, arabi, persiani 25 ed lndiani che lo precedettero. Rhazes si stacca nettamente dai medici che lo prece• dettero, ed identifica la malattia d'amore con la piu acuta forma di malinconia, la terribile licantropia, una specie di follia che 26 spinge chi ne xe colpito a comportarsi come un lupo, e che nella traduzione latina prende il nome di coturub (l'arabo quiprub).

L'amore diviene cos! non solo una forza tragica, ma una follia orripilante capace di disintregare totalmente 1'essere umano.

Rhazes indica chiaramente i vari stadi della malattia: dapprima gli amanti appaiono • mutati nel loro aspetto esteriore: la loro - 61 -

vista si indebolisce, gli occhi diventano cavi, senza lacrime. La loro vista lentamente si essica e su di essa ben presto appaiono delle pustule. Tutto il loro corpo e secco, e soffrono continuamente di sete. Se la malattia non viene presto'frenata essi cadono in preda ad una specie di malinconia conosclunta col nome di usues o anche

27 birsem malinconica. Riprendendo un sintomo attribuito da Rufo d'Efeso ai malinconici Rhazes afferma che a questo punto gli amanti trascorrono le loro giornate sdraiati a faccia in giu ("et maesti iacent supra eorum faciem", che per Rufo voleva semplicemente dire

che erano depressi, cioe xaxncpris). Sul loro viso, sul dorso e sulle tibie appaiono dei segni simili a morsi di cane: di notte infine essi vagano per i cimiteri ululando come lupi. A questo punto non vi e piu rimedio, e la morte e la conseguenza fatale della malattia. Anche per Rhazes dunque la,malattia d'amore e malattia cerebrale che ha come campo d'azione sia l'organismo

fisico che lo spirito di chi si aramala; la terapia pertanto dovra

tener conto sia della componente psicologica — riposo e sonno che potra venire indotto mediante la sonrninistrazione di sostanze stupefacenti come l'oppio — sia di quella piu propriamente fisica —

continue flebotomie e depurazione regolare di tutto il corpo. Di importanza capitale, ad ogni modo, rimane la diagnostica della malattia, in quanto la vita dell'ammalato dipende dalla tempestivita

con cui il medico riesce a discemerne le cause vere. Rhazes dunque

si stacca nettamente dalla tradizione precedentemente studiata per

allacciarsi ad una tradizione che sembra faccia capo a Rufo d'Efeso, - 62 -

Isacco Giudeo e Alessandro Tralliano; 29 sta dl fatto per^o che la sua perentoria identificazione dell'ultimo stadio della malattia d'amore con le forme piu acute della malinconia fara testo e verra accolta — anche se non sempre nelle sue forme piu estreme — dai medici che lo seguirono per diventare parte integrale della dottrina che stiamo 30 studi ando.

Dopo Rhazes la malattia d'amore fu oggetto di studio da parte del medico persiano'All Ibn al-Abbas al-Majusi (Ali Abbas dei latini). Nato ad Ahwaz, Ali Abbas studio sotto la tutela di

Abu Mahlr (MQsa Ibn Sayyar) e divenne presto uno dei medici piu rispettati dell'epoca. Egli scrisse la sua grande opera medica inti- tblata al-Kitab al-Maliki (Liber Regius) per il re *Adud• ad-Dawla

31 Panakhusraw Buwayid (reggente dai 946 al 982). Divisa in venti tractati, 1'opera consiste di una parte teorica e di una parte pratica, e deriva in gran parte da Rhazes e da Galeno. II settimo capitolo del nono trattato e intitolato "De malincolia et canina et amore causisque eorum et signis": si noti che melanconiaj licantropia e malattia d'amore sono poste sullo stesso piano e studiate come una unica malattia.

Anche per Ali Abbas l'amore e una malattia cerebrale che intacca sia il corpo che l'anima. L'amore, egli scrive, e una concitazione dell'anima per una persona od un oggetto accompagnata da uno stato ossessivo verso cib che si ama; si noti che ci si puo ammalare anche desiderando ardentemente un oggetto, e non solo una persona, elemento questo di una certa importanza nello sviluppo della dottrina (si pensi, ad eserapio, alia novella di Federigo degli

no Alberighi nel Decameron). All Abbas attribuisce grande importanza ai sintomi della malattia; egli infatti ammonisce i lettori del trattato a non fidarsi completamente dei sintomi general!, in quanto essi sono comuni a varie malattie cerebrali, come per esempio il disordine e l'alienazione mentale, comuni ai frenetici ai folli ed s a coloro che soffrono d'idiotismo malinconico. E pertanto neces- sario ricercare e studiare i sintomi specifici della malattia d'amore per poterla identificare correttamente. I sintomi des- critti dal medico non si allontanano dalla tradizione corrente: occhi cavi, in continuo movimento, mancanza di lacrime, mutamento dell'aspetto dell'ammalato, aritmicita del polso, che viene pro• fondamente turbato quando 1'oggetto amato viene riproposto alia memoria. Anche i metodi terapeutici suggeriti da Ali Abbas non si allontanano in sostanza da quelli che gia conosciamo, ed hanno

come scopo precipuo quello di far dimenticare 1'oggetto desiderate

Importante sara quindi distogliere l'attenzione dell'ammalato dall'oggetto amato tramite contatti sessuali con donne che non si amano, per mezzo di varie attivita e facendo ascoltare dolci musiche: metodo terapeutico quest'ultimo suggerito da Teofrasto per coloro

che soffrono di malinconia e tramandato da Asclepiade di Bitinia e da Celso Aureliano, e considerato valido fin quasi ai nostri giorni. - 61* -

Molto utill saranno anche bagni in acqua dolce, equitazione, esercizi

3J4 fisici moderati ed una dieta regolata.

II piu famoso medico e filosofo di questo periodo fu

Abu 'ALT Husayn Ibn 'Abdullah Ibn Siria, conosciuto in occidente con il nome di Avicenna. Nato nel 980 ad Afshena, nella provincia persiana di Bokhara, Avicenna ancor giovane studio a fondo il Corano, i clas• sic! arabi, la filosofia e le scienze naturali. Intraprese gli studi di medicina a sedici anni d'eta, e diciottenne entro al servizio del sovrano Nuh Ibn Mansur (regn. 976-997)- Passo quindi al servizio del sovrano di Khwarazm (Khiva), 'All Ibn Ma'mun, ma fu poco dopo cos- tretto a fuggire per non essere rapito dai sultano di Ghazna, Mahmud.

Pafugiatosi ad Hamadan, fu nominato visir del principe Shams ad-Dawla, ma fu ancora una volta costretto a fuggire a causa di vari intrighi di corte in cui era stato coinvolto e d:el suo modo di vita dissipato.

Recatosi infine ad Isfahan divenne medico di corte e professore di medicina e di filosofia. Mori nel 1037. Avicenna compose piu di cento opere,^ la piu importante delle quali per noi e la vasta epitome medica intitolata M-Qanun fi't-Tibb.(Canone). Essa e divisa in cinque libri (suddivisi a loro volta in una miriade di trattati, di capitoli e di paragrafi) che trattano rispettivamente di medicina teoretica, di medicament! semplici, delle malattie e dei metodi terapeutici studiati in relazione alia parte del corpo affetta, delle malattie comuni a varie parti del corpo, delle farmacopee.

Avicenna deriva la sua dottrina medica soprattutto da Ippocrate e - 65 -

da Galeno, che egli pero cerca di integrare sistematicamente con le dottrine biologiche di Aristotele, senza per altro trascurare le

37 opere degli altri scrittori di medicina greci ed arabi. II Canone pub essere considerato la codificazione finale della medicina greco-

araba, e proprio per questo motivo divenne la piu autorevole opera medica del tempo, e fu considerato fino a tutto il diciasettesimo secolo uno dei testi medici fondamentali in tutte le scuole mediche d'Europa.

E appunto nel Canone che si trova la piu completa disquisizione in lingua araba sulla malattia d'amore, chiamata'ishq

(alhasch nella traduzione latina di Gherardo da Cremona). La defi- nizione di Avicenna e molto simile a quella che Rufo aveva dato della malinconia ("... multa cogitatio et tristitia faciunt accidere melancoliam"). Egli infatti definisce l'amore un pensiero assiduo di natura malinconico, che nasce a causa del continuo pens are e. ripensare alia bellezza, alle fattezze, ai gesti o ai costumi di una data persona di sesso opposto. L'amore insorrma non nasce -come malattia, ma pub acquistare forme morbose quando, non essendo sod- disfatto, diventa un pensiero ossessivo, e cib a causa della memoria,

che ripropone insistentemente 1'oggetto amato alia mente di chi ama.

Questa malattia ha dei sintomi ben definiti, che il medico esperto deve saper riconoscere: occhi cavi e secchi, mancanza di lacrime

(sempre che l'arrmalato non venga colpito da una crisi di pianto), moto continuo delle palpebre, simile a quello di coloro che vedono - 66 -

qualcosa di piacevole o che gioiscono per una qualche ragione. A quest! sintomi tradlzionali Avicenna ne aggiunge altri: il respiro dell' arrmalato e molto irregolare, con frequent! Interruzioni ed inversion!j ed e molto profondo, l'ammalato ora ride ora piange, a seconda che pensi di poter raggiungere la personaamata o che ascolti canzoni d'amore o si ricordi del giorno del ripudio o della partenza dell'amata. Tutte le sue membra sono essicate, ad eccezione degli occhi, le cui palpebre sono pesanti a causa dei frequent! sospiri e delle notti insonni. Anche il polso e irregolare, e suo tramite si puo spesso scoprire la vera causa della malattia. II metodo usato da Avicenna e fondamentalmente quello escogitato da

Erasistrato e tramandato da Galeno: e necessario in primo luogo toccare il polso dell'ammalato, e pronunciare molti nomi di persone di sesso opposto ripetutamente. Quando il ritmo del polso cambia radicalmente significa che il nome che e appena stato pronunciato e quello della persona amata. Si passera. quindi ai particolari della persona: il suo aspetto, cio che fa, la sua stirpe — sempre tentativamente e•tenendo in mano il polso — fino a quando si cono- sceranno abbastanza dettagli per indicare esattamente di chi si tratti. A questo punto non resta che unirei due innamorati in matrimonio ed il male sparira come per incanto.

Se quest'unione non fosse possibile sara necessario ricorrere ai metodi di cura tradlzionali. Poiche la malattia scaturisce da un continuo ed ossessionante pensiero, i metodi - 67 -

terapeutici suggeriti sono soprattutto psicologici: sonno, bagni in acqua dolce, attivita che, sernpre rimanendo nell'ambito della legit- timita, possono far dimenticare l'oggetto desiderate Molto utile a questo scopo e l'apporto di donne vecchie, le quali devono cercare di far dimenticare la persona amata denigrandola quanto piu possibile; le vecchie, suggerisce Avicenna, sono molto piu esperte degli uomini o delle donne giovani in queste cose. Altra cura consiste nel com- prare parecchie schiave e costringere l'ammalato ad unirsi sessual- mente ad esse. Di grande utilita terapeutica e l'ascolto di dolci musiche, anche se talvolta puo determinare un aumento della malinconia in coloro che soffrono d'amore. E infine necessario curare anche il corpo tramite salassi che determinino una diminuzione dell'umore vitale.

Una delle opere mediche piu diffuse nell'alto Medio

Evo fu la piccola enciclopedia per il viaggiatore intitolata Viaticum.- II trattato, spesso erroneamente attribuito ad Isacco Giudeo, Gherardo 40 * da Cremona e Gherardo di Berry, e una traduzione eseguita da Costan- 41 ' - tino Africano del Zad al-Musafir di Abu Jafar Ahmed Ibn Ibrahim Ibn —————.^. • 'All Khalid, soprannominato Ibn Eddjezzar (il figlio del macellaio), 42 medico arabo nativo di Kairawan, nella provincia di Maghrib. Della stessa opera esiste anche una traduzione in greco quasi contemporanea a quella di Costantino (il Ms greco piu antico, il Vaticano N.CCC e x 43 della fine del decimo o dell'inizio dell'undicesimo secolo), ed e probabile che ambedue le version! siano state preparate indipendente- 44 mente l'una dall'altra, direttamente dall'originale arabo. Anche - 68 -

in questa enciclopedia troviarrD una breve ma esauriente discussione della malattia d'amore nella sezione dedicata alle malattie cerebrali.

Sintomatico e il fatto che la malattia d'amore occupi una sezione di un trattato dedicato a coloro che, dovendo intraprendere un viaggio, non avrebbero' potuto usufruire sempre di un medico di fiducia: segno questo che la malattia era divenuta parte integrale del dottrinario medico e che era considerata una malattia severa e molto comune.

Ibn Eddjezzar spiega che questo amore, chimato hereos nella traduzione di Costantino Africano (e questo di Costantino uno dei primi usi di questo termine che avra poi larghissima diffusione per indicare la malattia d'amore), e una malattia che colpisce la regione cerebrale, e consiste in un eccessivo desiderio accompagnato da un grave stato di angoscia delle facolta cogitative. La des- crizione segue abbastanza fedelmente quella di Avicenna, il cui capitolo owiamente ormai faceva testo. Ibn Eddjezzar e per6 il primo ad affermare chiaramente che la malattia d'amore e anche occasionata dalla necessita dell'organism© di eliminare una eccessiva quantita • di umori. Quest'ultima osservazione awicina ulteriormente il con• cetto di malattia d'amore a quello di melanconia, ed infatti il medico arabo si richiama direttamente al trattato sulla malinconia di Rufd d'Efeso per affermare che il coito costituisce un valido mezzo terapeutico per coloro che soffrono di malinconia e d'amore.

Anche Ibn Eddjezzar considera importantissimi i sintomi della malattia, in quanto essa non e facilmente discernibile - 69 -

da altre malattie cerebrali. Gli innamorati, a causa dei profondi pensieri che li tormentano, hanno gli occhi profondi e molto mobili e le palpebre pesanti; il colore del loro viso e gLalligno per il movimento irregolare del calore in seguito alle molte notti insonni.

II polso e irregolare e duro. La malattia non colpisce perb sola- mente il corpo, afferma il medico arabo, ma anche 1'anima, in quanto corpo ed anima sono entita. intimamente legate, e gioiscono e sof- frono all'unisono. Se la malattia non viene percio riscontrata e arginata in tempo, se il corpo non viene adeguatamente curato e se il pensiero dell'ammalato non viene distolto dall'oggetto desiderato, l'amore si volgera fatalmente in malinconia: la malinconia dunque e 1'ultimo stadio della malattia d'amore.

Per prima cosa e pertanto necessario distrarre il paziente dandogli da bere del vino - ma non in quantita eccessiva - facendogli ascoltare della musica e dei versi, portandolo a vedere giardini pieni di luce, di profumi e di frutti, intersecati da chiari ruscelli con acqua corrente. Sara infine necessario che egli si intrattenga in colloquio con amici, che passeggi con donne o uomini di aspetto piacevole, e che faccia spesso bagni, in quanto il bagno predispone alia letizia.

Degno di nota infine e il fatto che tutti questi rimedi psicologici derivano da Asclepiade, il quale aveva appunto suggerito, come cura della malinconia, il vivere in stanze piene di luce, cibi leggeri, moderazione nel bere vino, massaggi, bagni, - TO -

esercizi di ginnastlca, rumore di acqua corrente per vincere l'insonnia, lunghi viaggi, conversazione gaie e divertenti, discussioni atte a far canbiare lo stato mentale dell'ammalato e, piu importante fra 45 tutte le cure, musica.

Altro famoso medico arabo fu Abu All" Yahya Ibn 'isa Ibn

Jazla, conosciuto in Occidente con il nome Bynzegla, Ben Gezla o anche

Buhahylayha. Nato da famiglia cristiana, si convertl all'islamismo nel 1074. Studib medicina a Baghdad con Said Ibn Hibat Allah, il medico di corte di al-Muktadi, e professo l'arte medica in quella citta. Mori a Sha'ban nel giugno del 1100.^ La sua opera medica piu importante e il Takwlm al-abdan fi tadblr al -• •insari, tradotta 47 in latino da Faraj Ibn Salim con il titolo Tacuini aegritudinum; essa consiste di 44 tavole (canones) che descrivono 352 malattie 48 ed i relativi metodi terapeutici. II canon sedicesimo discute la malinconia ed accenna molto brevemente all'amore hereos:

Amor hereo immensus macrescit corpus totum, praeter oculos. Et palpebrae erunt valde calidae, paucae lachrymae, et pulsus amantis est ut pulsus laborantis angustia. 49

La descrizione non aggiunge nulla a cio che gia sappiamo, ma si limita a sintetizzare idee comuni a tutti i grandi medici arabi.

Quasi contemporaneo, ma nato e cresciuto nel califfato occidentale, fu Abu al-Qasim az-Zaharawi Khalaf Ibn Abbas (chiamato

Abulcasis o Alsaharavi dagli scrittori latini), il piu celebre degli scrittori arabi di chirurgia. Nato ad az-Zahra, presso Cordova, da - 71 -

l gem tori spagnoli, divenne medico del califfo omayyadeAbd ar-Rahman III

(912-961) e trascorse la maggior parte della propria vita a Cordova.

Mori dopo il 1009-10. . La sua opera principale e un compendio gene- rale di tutta la medicina intitolato at-Tasrif (Vade me cum) in trenta

libri, il piu interessante dei quali e il trentesimo, dedicato alia

chirurgia ed agli strumenti chirurgici allora usati per le varie 51 operazioni. L'opera, tradotta in latino, divenne la fonte fonda- mentale dei primi chirurgi italiani, cioe Lanfranco e soprattutto 52 Guglielmo da Saliceto. Anche in questa opera, e precisamente nella seconda sezione del primo trattato del Liber practicae, troviamo una breve discussione sulla malattia d'amore che compendia quanto gla detto dai medici precedenti, con l'aggiunta perb di alcuni nuovi concetti che devono considerarsi frutto della graduale evoluzione della problematica sull'amore.

L'amore, afferma Abulcasis, e una malattia che colpisce

il cervello e che danneggia le facolta animali ivi localizzate: una

definizione gia piu specifica, con questo riferimento implicito ad

una divisione cellulare del cervello, che anticipa le definizioni dei medici occidental!. Visto che tutti i medici precedenti affermavano

che ci si pub ammalare per amore di una persona di sesso opposto o

di un oggetto, Abulcasis decide di dividere la malattia in due speci:

una prima occasionata dalla necessita dell'organ!smo umano di es- pellere una quantita. eccessiva di umori che danneggiano il corpo —

questo e l'amor hereos, a carattere sessuale — ed un'altra causata - 72 -

da una affezione dell'anima che sorge quando si desidera ardentemente un oggetto, ad esempio una pianta, un giardino, un edificio. I sintomi di queste due speci di malattia sono identic!: occhi infossati e mobili a causa del turbamento che 1'anima prova pensando e ripensando all'oggetto amato; aspetto gialligno, membra inaridite ad eccezione delle palpebre, piene di liquido a causa dei vapori che ad esse salgono in seguito alle notti insonni; polso irregolare, soprat• tutto quando l'ammalato pensa a cib che desidera. Ed e proprio questo pensiero ossessivo l'elemento piu deleterio della malattia, in quanto pub condurre l'ammalato in quello stato di turbamento dei sensi che prende il nome di malinconia e che distrugge sia lo spirito che il corpo. Le cure dovranno quindi tener conto sia del lato fisico che di quello psicologico; l'amor hereos potra. venir curato cost- ringendo l'ammalato ad unirsi carnalmente ad altre donne, seguire una dieta leggera, bere molto vino (si noti come non tutti i medici siano d'accordo su questo metodo terapeutico) e viaggiare.5 3

L'ossessione per un qualche oggetto potra venir as- sopito concedendo all'ammalato cio che desidera, e facendo quindi in modo che egli sia costantemente a contatto con quell'oggetto.

Seguono quindi i metodi terapeutici tradizionali, quali 1'ascoltare dolci musiche, camminare in giardini pieni di luce, bere vino, parlare con amici.

Mentre nel mondo islamico le scienze mediche avevano ormai raggiunto una posizione di assoluto rilievo, per merito soprat- - 73 -

tutto del rnecenatismo dei sultani e del risultante lavorio di tradu-

zione e di esplicazione degli antichi testi greci ed oriental!, nell'Occidente esse languivano, relegate nelle chiese e nei monaster!.

Pino a tutto il secolo ottavo infatti lo studio della medicina fu

limitato a quei pochi, per lo piu ecclesiastici, che erano versati nella lingua greca. Mancavano vere scuole mediche, e mancavano 54 sopratutto scuole in cui le opere potessero venir tradotte in latino.

Si sa che Cassiodoro (490-585) portb con se nel monastero da lui

fondato una collezione di antichi manoscritti, tra cui erano alcune opere mediche, e che esorto i suoi discepoli alio studio della

55 medicina. Isidoro di Siviglia (560-639) include molte citazioni 56 mediche nella sua opera monumentale, Le Etimologjae, alcune delle 57 opere del Venerabile Bede Riguardano la medicina, e ci sono giunte anche opere piu propriamente mediche, come il Commentarium Medicinale dell'arrivescovo di Milano Benedetto Crispo (prima meta del sec. 59 e la Dietetica di Anthimus, medico personale di Teodorico. In com- plesso pero queste opere si limitano ad esporre una medicina molto

semplice, di natura terapeutica, e limitata nell'uso, come si e

accennato, alle chiese o ai monasteri, che in questo periodo fungevano

anche da ospedali. 60 Lo studio della medicina venne a far parte del curriculum regolare delle scuole dell'Impero solo nell'805, per decreto di Carlomagno.

Sempre in quest! anni nella scuola di Tours, fondata da Alcuino (735-804),

si iniziarono a tradurre e a ricopiare sistematicamente le antiche opere - Ik -

greche e latine, tra cui non poche opere mediche. I centri di studio piu importanti furono ancora i monaster!, principalmente quelli bene- dettini di Chartres, di Fulda, di Bobbio, e quello di Montecassino, che nel nono e nel decimo secolo divenne uno dei centri medici piu importanti della Europa occidentale; queste scuole furono determinant! nella evoluzione del pensiero medico, in quanto esse costituirono il punto di passaggio tra la medicina antica e quella delle scuole laiche del Medio Evo, prima tra le quali va annoverata I'illustre scuola di

Salerno.

La scuola di Salerno fu ii punto focale verso cui con- vergerono gradatarrente tutte le piu importanti correnti mediche, sia classiche che contemporanee, da quella greca a quella latina a quella 62 araba. II primo periodo della scuola, che va dalla sua fondazione

0 (fine del sec. VII ?) all'arrivo di Costantino Africano, e caratteriz- zato da una medicina prevalentemente ippocratica: le opere composte dai medici del Collegium Hippocraticum consistono per lo piu in riassunti di testi greci e latini di natura prevalentemente terapeutica. Con Costantino Africano le opere dei grandi medici arabi vengono per la prima volta introdotte in Occidente: si apre il periodo piu pro- lifico della scuola di Salerno , che culminera con la rinascita della medicina latina nelle Universita.

L'inizio del periodo di decadenza della scuola di Salerno coincide con il sorgere delle Universita, le cui scuole mediche pros- perarono proprio grazie alle traduzioni di opere mediche arabe eseguite - 75 -

64 da Costantino, e anche se in misura minore, dai traduttori della scuola 65 di Toledo. Nello studio di Bologna l'insegnamento della medicina 66 ebbe inizio nel secolo XII, lo studio generale di Parigi fu fondato nel 1110, e negli anni che seguirono furono istituite le Universita.

67 di Montpellier (1181), Padova (1222) e Napoli (1224). Uno dei medici piu famosi dello studio di Bologna fu

Guglielmo da Saliceto. Nato a Saliceto verso il 1210, studio medicina a Bologna probabinmente sotto Buono del Garbo,padre di Dino del Garbo,

68 v e Taddeo Alderotti, ed esercito quindi la professione medica a Bologna, Pavia, Milano, Verona, Parma e Cremona. Fu professore di medicina a Bologna nel 1269, pubblico lettore di fisica e medicina 69 a Verona nel 1275, quindi a Pavia e probabilmente a Piacenza. La sua opera fondamentale, intitolata Cyrurgia, fu pubblicata verso il 1275. II capitolo xviii offre un esame della malattia d'amore — e questo il primo caso nella medicina occidentale se si eccettua un brevissirrD accenno di Costantino Africano — che deriva in gran parte dall'omonimo capitolo di Avicenna.

Guglielmo, seguendo quasi parola per parola il grande medico arabo, definisce la malattia (ylischi) un turbamento della anima che nasce quando un uomo rivolge costantemente il proprio pensiero alia bellezza di una persona o di un oggetto visto. Da cio Guglielmo deduce che la causa prima della malattia e estrinseca al soggetto, ma che e assolutamente necessario, affinche essa raggiunga lo studio morboso, che questa causa estrinseca produca un aumento - 76 -

notevole di uno degli umori, che il medico identifica con quello malin-

comco. Ed e il pensiero ossessivo che attanaglia la mente di chi ama la causa di questo aumento dell'umore malinconico il quale, tramite la sua siccita e freddezza, e poi causa di depressione, improwisa follia, e di debilitazione fisica.

I sintomi ed i metodi terapeutici suggeriti da Guglielmo di Saliceto sono quelli suggeriti da Avicenna, e cib e una ultenore dimostrazione della-grande autorita con la quale le parole del grande medico arabo erano ormai investite.

Dopo Guglielmo da Saliceto la malattia d'amore fu studiata da due dei piu famosi medici della scuola di Montpellier, Arnaldo da Villanova e Bernardo da Gordon: data l'affinita delle loro dottrine sara il caso di prenderli in esame contemporaneamente.

Nato probabilmente a Valenzia verso il 1238, Arnaldo fu educato dai domenicani, e studib quindi medicina con gli arabi della Spagna. Verso il 1260 fu allievo della scuola di Montpellier, e poi di Parigi. Nel 1290 fu nominato professore di medicina a Montpellier. Dimoro alle corti di Pietro III e di Giacomo II d'Aragona, quindi alia corte di Federico II, e divenne infine medico personale del papa \ 70 Clemente V e piu tardi di Benedetto IX. Morvi verso la fine del 1311.' Arnaldo e il primo medico a scrivere un trattato sull'amore, che egli intitolo De amore qui heroicus norninatur; il trattato fu scritto in risposta ad un collega medico che dalla Sardegna gli chiedeva "unde - 77 -

fiat, quod tarn vehementis irrationabilisque concupiscentiae motus in heroico amore causatur." II trattato, che risente non solo della tradizione medica araba ma anche — sebbene in misura minore — di

71 quella filosofica e poetica, pub essere considerato come la codifi- cazione finale della dottrina della malattia d'amore.

Contemporaraneo di Arnaldo, ed altrettanto famoso, fu Bernardo da Gordon, il quale fiori verso la fine del 1200. Della sua vita ci rimangono pochissime notizie, tutte desunte dalle sue stesse opere: fu professore di medicina alio studio di Montpellier a partire dal 1285, mentre 1'ultima sua opera datata risale al 1307-

VP Mori probabilmente verso il 1318. La sua opera principale, il 73 Lilum medicinae, fu composta a Montpellier nel 1305, e godette 74 di ampia fortuna per tutto il Rinascimento. Al pari di tante opere mediche dello stesso periodo essa e divisa in due parti, a loro volta suddivise in sezioni (particulae) ed in capitoli. La prima parte comprende una sezione sulle malattie general!; la seconda parte e composta di sei sezioni, nelle quali 1'autore studia le malattie particolari che colpiscono determinate parti del corpo: la malattia d'amore viene studiata nel ventesimo capitolo della 75 seconda sezione, dedicata alle malattie cerebrali. Arnaldo da Villanova non considera l'amore una malattia vera e propria, ma un forte desiderio che talvolta puo condurre l'organismo ad una condizione patologica.

Nell'amore cioe e necessario riconoscere due moment! successivi, - 78 -

quello passionale e quello patologico, che non sono pero legati da un rapporto di causalita: se infatti la malattia puo scaturire solo sotto l'impulso di un forte desiderio, il desiderio non sfocia di necessita in uno stato morboso. A causa di questa dicotomia quasi tutti i medici medievali si limitano a studiare solo il secondo stadio del processo, lasciando ben pochi elementi da cui dedurre in che modo e per quali motivi nasca questa passione d'amore. Un breve brano di Arnaldo ci offre invero una traccia molto interessante:

Causae antecedentes dispositiones corporis inclinantes ad talem concupiscentiam propter aliquam utilitatem siue necessitatem, sicut est inter virum et mulierem complexio venerea

vel humiditas titillans in organi76 s generationis, et sic de alijs (128, 44-47 )> L'anore e un desiderio che nasce quando nell'uomo vi e una sovrab- bondanza di umori e di pneuma — soprattutto sangue — quando cioe

77 1'organismo umano si trova in una condizione calda ed umida. II sangue infatti produce il seme generativo dell'uomo ed una quantita notevole di sangue provoca necessariamente un incremento notevole di seme, cioe una complexio venerea, un desiderio cogente respon-

79 sabile dell' unione tra uomo e donna. Ma anche una sovrabbondanza di umori negli organi generativi accresce il desiderio sessuale, umori che devono essere evacuati perche potrebbero a lungo andare

80 daneggiare la costituzione dell'organismo. Le persone piu prone ai ri<±dami dei sensi sono quelle che hanno una complessione sanguigna, ed e possibile acquisire una - 79 -

indole sanguigna e venir di conseguenza predisposti alia passione d'amore per mezzo di una dieta a base di cibi pingui, caldi ed 8l umidi, o di una vita sedentaria. Questa malattia viene chiamata hereos, afferma infatti Bernardo da Gordon: ... quia hereosim et nobiles propter affluentiam deliciarum istam passionem consueverunt incurrere, quoniam sicut dicit Viaticum: "sicut felicitas est ultimum dilectionis, ita hereos ultimum dilectionis". ..(132, 14-16).82

Sono per cio gli uomini ricchi e nobili, gli uomini di corte insomma, che incorrono piu frequentemente in questa passione per la vita dissipata che essi conducono, ma anche per la mancanza di attivita fisica — e necessario aggiungere — in quanto il moto consuma II sangue eccessivo e controlla di conseguenza il sorgere dell'amore.

Queste sono le cause fisiologlche che possono fomentare il sorgere della passione, ma la causa prima e estrinseca, ed e la forma di una persona di sesso opposto o di un oggetto captato dai sensi esterni — ma soprattutto dalla vista - e giudicato oltremodo 84 * piacevole dai soggetto. Questo desiderio, aveva gia scritto Abulcasis, nasce da due cause: o dalla necessita dell'organismo di eliminare element! superflui nocivi, o da una affezione dell'anlma che nasce alia vista di un qualche cosa di estrinseco che si desidera (110). Arnaldo parte da questi presupposti ma svolge il concetto in modo piu puntuale:

... amor ... qui dicitur hereos, est vehemens et assidua cogltatio supra rem desideratam cum - 80 -

confidentia obtinendi delectabile apprehensum ex ea. Huius autem notificationis Veritas sic monstratur: primo namque copia praesentatur alicui, seu deuenit ad apprehensum eiusdem vel per se, vel per resolutionem alterius, vel per simulacrum aliquod, vel quomodolibet aliter, et ex forma dictae rei, vel accidentibus eius, apprehendens, aliquod concipit delectabile, sicut ex rebus omnibus, ex gratae speciei intuitu, aut in nomine ex suauitate colliquij, aut liber- alitate personae seu consuetudinis lenocinio, .seu circumstantijs quibuscunque ... ( 118-119 , 78-87).

Questo forte desiderio, si e gia detto, e di natura prettamente

sensuale, e non ha ancora acquisito i caratteri morbosi che contrad-

distinguono lo stato di malattia, non e cioe diventato amor hereos.

Se il soggetto riesce ad ottenere 1'oggetto del proprio desiderio X v esso puo dare libero corso alia passione che lo consuma e far si che

l'organismo ritorni al proprio stato normale. Ma se gli impulsi dei

sensi non vengono soddisfatti, se il soggetto persegue nella sua 86 passione cum confidentia obtinendi delectabile apprehensum, gli effetti possono essere esiziali. Osserva infatti Bernardo da Gordon: ... cum aliquis philocaptus est in amore alicuius mulieris, ita fortiter concipit formam et figuram et modum, quoniam credit et opinatur hanc esse meliorem pulchriorem et magis venerabilem, magis speciosam et melius dotatam in naturalibus et moralibus quam aliquam aliarum. Et ideo ardenter concupiscit earn, et sine modo et mensura, opinans si posset finem attingere, quod haec esset sua felicitas et beatitudo. Et intantum corruptum est iudicium rationis, quod continue cogitat de ea, et dimittit omnes suas operationes...(131-132,3-11).

Questo corruzione del giudizio della ragione — primo stadio della

X x malattia vera e propria — e dovuta alia corruzione della facolta - 81 -

\ Hi estimativa, una delle facolta anlrnali (virtutes anlmales) dell'animo.

Dato che le concezionl psicologiche medievali, e quindi la problematica sulle passioni, si fonda sul sistema delle facolta o potenze della anima sviluppato da Aristotele e da Galeno e ripreso poi da tutti i medici e filosofi arabi e scolastici, sara bene rivedere il complesso di queste dottrine.

Si e gia accennato alia divisione tripartita della anima: la parte razionale situata nell'encefalo, quella che presiede alle passioni localizzata nel cuore, quella che regola gli appetiti che ha sede nel fegato. Ognuna di queste parti dell'anima svolge delle operazioni diverse, ha cioe dei poteri, delle facolta che . * 88 cotraddistinguono le attivita proprie a quella data parte. Nello uomo esisteranno percio tre tipi di facolta corrispondenti alle tre parti dell'anima: la facolta animale, la cui sede e l'encefalo; la facolta vitale, che ha sede nel cuore; la facolta naturale, composta di due parti principal! situate rispettivamente nel fegato (potenza nutritiva) e nei testicoli (potenza generativa). Le facolta animali si dividono in due gruppi: potenze conoscitive e potenze motrici. Le potenze conoscltive possono essere in ralazione ai sensi esterni — in questo caso sono cinque: vista, udito, gusto, tatto, olfatto — o ai sensi interni, ed in questo 89 caso il loro numero varia da tre a cinque a sette.

La prima facolta dei sensi interni e il sensus communis die riceve le impressioni percepite e trasmesse dai sensi corporei. - 82 -

La sua sede e la parte frontale del ventricolo anteriore dell'encefalo e occupata dalla phantasla (il greco cpavxaaua che corrisponde piu propriamente al latino imaginatio, cioe immaginazione rettentiva), il cui scopo e di custodire cio che il sensus cornmunis ha ricevuto dai cinque sensi anche quando 1'oggetto della sensazione non e piu presente. Mentre alcuni filosofi considerano phantasla e sensus commi.inis due potenze indipendenti, altri filosofi ed i medici le 90 considerano tutt'una.

La seconda potenza prende il nome di virtus imaginativa

(i.e. immaginazione compositrice animale) quando e In relazione all'anirna animale, virtus cogitativa (i.e. immaginazione compositrice umana) se e in relazione all'anirna razionale. Questa potenza e situata nel ventricolo medio dell'encefalo, vicino al processo vermiforme, ed ha lo scopo di combinare o separare le impressioni nella phantasia.

La virtus aestimativa — cioe la terza potenza — ha sede nella parte dorsale del ventricolo medio dell'encefalo, e per- cepisce le intenzioni non sensibili che esistono nei singoli oggetti sensibili: questa potenza non e di solito riconosciuta dai medici.

Segue la virtus conservativa et memorialis, situata nel ventricolo posteriory dell'encefalo. Questa facolta custodisce le intenzioni non sensibili dei singoli oggetti sensibili percepite dalla virtus aestimativa, proprio come la phantasia custodiva le - 83 -

impression! sensibili ricevute dai sens us corrrnunis.

L'ultima facolta, la humana rationalis, viene riconosciuta solo dai filosofi. In conclusione, mentre i filosofi riconoscono

cinque facolta interne (o sette ed in varie combinazioni come facilmente si deduce), i medici ne riconoscono solo tre, in quanto essi identificano il sens us corrrnunis con la phantasia ed omettono la virtus aestimativa e la humana rationalis. I medici infatti studiano queste facolta dai punto di vista fisiologico, cioe in relazione agli organi corporei nei quali esse risiedono e non alle funzioni che esse svolgono. La rego- larita delle loro funzioni e infatti totalmente dipendente dallo stato in cui quell'organo si trova, e di conseguenza una disfunzione dell'organo colpira in eguale misura le facolta ivi operant!.

La facolta vitale e quella che prepara l'organismo a ricevere le potenze sensoriali e motrici, vale a dire le attivita vital! dell'uomo. L'azione della facolta vitale e percio Indispen- sabile affinche le facolta animali dell'anima possano a loro volta svolgere le proprie funzioni. Secondo i medici questa potenza e

composta di potenze pulsatili che si trovano nel cuore e che regolano il movimento degli spiriti (pneuma) e del sangue tramile la dilatazione e la costrizione dell'organo, e di una potenza motiva (elect!va) che \ 91 fa si che l'uomo rincorra o eviti un oggetto percepito dai sensi.

Le facolta naturali regolano la flsiologia dell'organismo,

determinandone la nascita e la crescita. Esse si dlvidono in varie - 8h -

sped in rapporto alle funzioni che svolgono. La virtus nutritiva ricambia cib che I'organisrno consuma, ed ha al suo servizio altre quattro potenze strettamente collegate alle qualita basilari della

vita, caldo freddo umido secco: l'attractiva che attrae il nutri• mento; la retentiva che trattiene il nutrimento; la digestiva

che plasma il nutrimento in sostanza adatta all'prganismo; l'ex- pulsiva che libera il corpo dai residui del nutrimento. La virtus

crescitiva, servendosi delle sostanze porte dalla virtus nutritiva

controlla le dimensioni dell'organismo e quindi la sua crescita.

La virtus generativa _determina la nascita dell'organismo generando

il seme nell'uomo e nella donna e dividendo e unendo le potenze

del seme per dare ai nervi, alle ossa, alle membra la costituzione 92 propria di quegli organi.

La facolta estimativa di cui parlano Bernardo da

Gordon ed Arnaldo da Villanova e dunque situata nella parte dorsale

del ventricolo medio dell'encefalo, ed il suo scopo e di percepire

le intenzioni non sensibili die sono negli oggetti sensibili captati

dai cinque sensi esterni:

Est autem virtus ... aestimativa quae a sensatis intentionibus extrahit non sensatas ... 0-20 , 126-127).

Se il desiderio per 1'oggetto percepito dai sensi esterni e molto forte e sconvolge il giudizio della facolta estimativa facendo

credere al soggetto di poter raggiungere il soddisfacimento della propria passione, segue di necessita - spiega Arnaldo:

... quod propter huiusmodi rei desiderium vehemens eius formam impressam. phantasmate fortiter retinet, et memoriam faciendo de re continue recordatur. Ex his vero duabus nascitur terbium consequenter, oritur etenim ex vehementi desiderio et recorda- tione assiduae cogitationis impulsus; cogitat nanque talis, qualiter et quibus ingenijs valeat rem ad libitum obtinere, ut nociui delectabilis cultum possit assequi, quod concipit (119, 92-98).

L'oggetto del desiderio diventa una idea ossessiva che polarizza tutta l'attivita. cogitativa dell'uomo. Questo traviamento della facolta estimativa coinvolge invero tutte le altre facolta interne dell'anima (120-121, 130- .), ed ottenebra e soggioga infine il potere stesso della ragione, costringendo l'uomo ad anteporre il soddisfacimento dei propri istinti sensual! a tutte le altre sue attivita:

hie autem amor furiosus, cum particulare rei exemplo lucidius pateat inter virum et mulierem, videtur imperio subiugato rationis incendi, propter singularem coytus delectationem...(119> 102-104).

Non e pero esatto affermare che la facolta estimativa erra — precisa Arnaldo — ma e necessario ricercare le cause prime di questo errore negli strumenti di cui essa si serve per svolgere le proprie funzioni, vale a dire la concavita. media dell'encefalo e gli spirit! ivi racchiusi(121, 140-143).

II benessere di tutto l'organismo e regolato dagli spiriti, i quali — gia sappiamo — si dividono in spirit! naturali, - 86 -

vitali ed animaii, che sono rispettivamente gli strumenti della facolta naturale, di quella vitale e di quella animale. Per chiarificare il sistema quale appare in pieno Medio Evo e d'uopo .richiamarsi ad uno degli scrittori piu noti del tredicesimo secolo, Vincenzo di

Beauvais, autore della piu vasta enciclopedia medievale, lo Speculum

93 Mai us.

Esistono nel corpo umano tre spiriti, da cui dipendono tutte le azioni dell'organismo. Lo spirito naturale e generato nel fegato, e viene quindi irrmesso in tutto il corpo attraverso le vene non pulsatili; esso deriva dai sangue puro che viene formato nel fegato, ed ha la funzione di adempire tutte le azioni della facolta naturale. Lo spirito vitale comprende due elementi costitutivi,

I'aria inspirata e le esalazioni del sangue. Questi due elementi si fondono nel cuore dopo che I'aria inspirata e stata trasformata e purificata — tramite un processo molto simile a quello digestivo — nei polmoni — e diventano quindi spirito vitale. Questo pneuma viene quindi trasmesso dalla parte sinistra del cuore nelle arterie

(per venas pulsantes) e quindi nel plesso retlforme (il TO 6LHTUEL6ES itAeyiia di cui parla Galeno) che e alia base del cervello, ove subisce una ulteriore trasformazione. Immesso infine nei ventricoll- lateral! dell'encefalo si fonde con I'aria inspirita attraverso 11 naso e diviene pneuma animale, la cui sede e il ventricolo maggiore dell'encefalo, il parencephalis. Questo pneuma e lo strumento dell'anima razionale e controlla, tramite i nervi, tutte le attivita - 87 -

sensorial! e motive volontarie dell'organismo. In conclusione in ogni essere vivente esistono tre centri vitali: il fegato, il

cuore, l'encefalo. Da quest! centri si diramano correnti vitali che attraversano tutto I'organismo per mezzo delle vene, delle arterie e dei nervi. II benessere dell'organismo dipende percio dagli spiriti, che essendo formati dall'aria inspirata e dalle esalazioni del sangue possono facilmente venir turbati dalle condizioni atmos- feriche del luogo e dalle condizioni interne del corpo, cioe dalla nascita di umori maligni e quindi da una alterazione del calore innato del corpo che governa I'organismo dai cuore.

Quando la forma di un oggetto che piace oltremodo giunge — portata dai sensi esterni — alle facolta interne della anima, a causa del piacere provato gli spiriti vitali, che si trovano nel lato sinistro del cuore, si moltiplicano e rapidamente si surriscal- dano, per diffondersi poi per tutto I'organismo.

Gli spiriti animaii vengono generati da quelli vitali, e di necessita il riscaldamento eccessivo degli spiriti vitali risultera in uno stato anomalo degli spiriti animaii. Ora il ricettacolo della facolta estimativa — la parte dorsale del ventricolo medio — a con• tatto con gli spiriti fervent! che salgono dai cuore si infiamma, incapace dl resistere al loro eccessivo calore. Spiega infatti Arnaldo da Villanova:

cum [spiritij sint igitur calidi vel quasi feruentes, ad organum aestimatiuae veniunt copiose ad organum, -• 88 -

quia siccum et inde. exacuens aut etiara calidum nequit illorum caliditatem reprimere ... (122, 164-167).

Di conseguenza l'organo e la facolta vengono sconvolti, e cio conduce l'uomo a giudicare con fallacia, a seguire cioe 1'oggetto del desi- derio come se cio fosse l'unico bene:

tunc quasi motu mixtionis turbatae voluuntur, quaproper confundunt virtuale iudicium et veluti ebrij tales iudicant cum fallacia vel errore (122, 167-169).

Questo stato anomalo dell'organismo non sparisce neppure quando il contatto diretto — visivo o altro — con 1'oggetto che si desidera viene a mancare. La facolta estimativa e infatti strettamente legata a quella immaginativa, il cui grado di siccita controlla la permanenza o meno delle forme apprese dai sensi, ed il surriscalda- mento dell'una determina un inaridirsi eccessivo dell'altra e della zona encefalica. Spiega Arnaldo:

... cum itaque firma retentio formarum in multis quibuslibet nequaquam effici valeat sine sicco, necessario sequitur cerebellarem partem imaginatiuae virtutis aliqualiter exsiccari; hoc vero ex prae- tactis sic ostenditur; videtur tamen etiam fortis et frequens sit transitus caloris spiritum ad cellam aestimatiuae, fluentium ad iudicium celebrandum, pars anterior, in qua imaginatiua residet, propter humoris consumptionem a calore spirituum relicta, remanet necessario siccius seu minus humida quam fuerit (122, 175-182).

Percio la forma appresa rimane saldamente impressa nell'organo della immaginazione e polarizza l'attenzione del pensiero. E da questo indefesso pensare all'oggetto desiderato che gli amantes heroyci - 8'9- -

subiscono gravissimi disordini per tutto I'organismo (123, 197-199).

In primo luogo e causa d'insonnia che logora I'organismo col causare una notevole evaporazione dell'umore vitale:

assidua namque cogitationis tempestas continuas parit vigiliarum instantias, quibus sic exsiccatis vigiliis, induuntur consequenter omnes eorximdem effectus, humor etenim nutrimento deuotus, insensibili consumptione vaporat, seu euaporatione vLgLlando consumitur(i23, 199-204).

Invero la salute del corpo dipende dalla giusta combinazione dei quattro umori a loro volta legati alia virtus nutritiva; 1'aumento del calore e la diminuzione dell'umore vitale rompono questa tenue 98 bilancia con disastrose conseguenze per l'intero organismo.

Quamobrem spiritus et calor acutiores effecti, quod nutribile humidum profundiori non etiam fortiori actione deuastant hoc et calidum atque siccum, humidum videlicet copiosum suscipit nutrimentum. His igitur causis ad exiccationem instantibus habitudo corporis extenuata relinquitur(l23-i24, 20 3- 207).

La parte nutritiva della facolta naturale non e m grado di sostituire il nutrimento che vien tolto all'organismo per cercare di controbilanciare 1'incremento degli umori secchi; gli spiriti ed il calore che hanno invaso tutto il corpo distolgono gli strumenti della facolta nutritiva — cioe lo spirito naturale ed il fegato — dai compiere le proprie funzioni vitali, e l'uomo non e in grado di sostituire la perdita per la quasi totale mancanza d'appetito ( 124, 207-sgg.).

Di conseguenza il loro viso dimagrisce ed i loro occhi - 90 -

dlventano cavi e secchi data la sempre maggiore condizione di siccita

del corpo. Ma puo anche accadere, osserva Arnaldo rifacendosi alia

tradizione araba, che chi ama si ricordi della lontananza dell', amato o

di quando fu respinto, ed in questo caso potranno sgorgare lacrime:

... facies extenuatur, et oculi concauantur et efficiuntur solito sicciores nisi contingat eos in lachrymas emanare ex concepta tristitia, utpote cum elongationem rei desideratae percipiunt aut eiusdem repudium (124, 214-217).

Lacrime che pero — scrive Bernardo da Gordon — possono rapidamente

volgersi in riso ed in pianto:

... et si audiant cantilenas de separatione amoris, statim incipiunt flere et tristari, et si audiant de coniunctione amoris, statim incipiunt ridere et cantare ( 133, 44-46).

Questi moment! di tristezza e di gioia, che talvolta si susseguono

repentinamente, sono accompagnati da un subitaneo cambiamento del

colore del viso, pallido prima, infuocato poi. L'agente che deter- mina questi opposti stati emotivi e fisiologici e ancora una volta

il calore, che nei momenti di disperazione scende nelle parti piu

profonde dell'organismo — nelle viscere e precipuamente verso il

cuore — raggelando le zone cutanee, nei momenti di gioia sale verso

la cute che di conseguenza acquista un colore di fiamma. Quando gli

amanti soffrono per amore di una donna, spiega l'autore di quei

Problemata attribuiti per tutto il Medio Evo ad Alessandro d'Afrodisia,

... earrque se desperant potituros, insitus calor una cum natura in intima penetrat, quo fit ut extremae partes frigescant, obque id ipsum et pallent et tristes evadunt. Contra vero cum aut bona spe ad amico sunt affecti, aut cum vehementer - 91 -

Irascunturj turn innatus calor ad cutem vergit una cum natura, fiuntque calidiores et rubi- cundiores (140, 2-7).

Chi soffre d'amore inoltre emette profondi sospiri:

[amantes] habent cogitationes occultas profundas cum suspiriis luctuosis ... (133, 43-44).

Questi sospiri, spiega l'autore dei Problemata, sono causati dall'anima che, essendo tutta rivolta verso l'oggetto del desiderio, dimentica di prowedere alia facolta motiva che controlla i muscoli pettorali, e dai cuore, che costringe l'arrima a muovere i muscoli pettorali affinche inspirino una quantita. d'aria sufficiente a raffreddare il bruciante calore formatosi:

cur dolentes et amantes et irascentes suspirant admodum et frequenter? Quoniam dolentium anima ad ipsam doloris causam conversa est; cupientium ad id quod cupiunt .... Igltur intenta anima ad id, quo move tur, neglegit et quodarrmodo obliviscitur motivam pectoris musculis virtutem praebere. Cor itaque Ipsum neque pectoris dilatatione aerem accipiens, ideoque neque perflatum atque refrigeratum, neque item con- tractione excernentem singultifica excrementa, quae de sanguinis exustione gignuntur, dum suffocationem metuit, animam cogit atque admonet ut quamplurimum musculis motum praebeat, majoremque inspirationem atque expirationem efficiat, ut majorem quoque vim frigid! aeris accipiat, majorerrque vim excrementorum effutiat, ut quod exiguae crebraeque respirationes facturae fuerunt, idem major una afficiat (139).

E poiche anche il battito del polso dipende dai calore interno del corpo, esso dovra subire un mutamento. Scrive Arnaldo: - 92 -

Similiter quoque pulsus intercitlitur et inordinatur, et quumque fit paruus quando tristitia vel despera- tione constringuntur. Magnus vero quando con- . trarijs afficiuntur. Similiter interdum est altus rarus interdum vero minimus aut mediocris... (129,67-70).

V II polso infatti e il movimento dell'organo che conduce in tutto il corpo lo pneuma vitale, composto di diastole e sistole per permettere v s 103 questo movimento. E appunto questo variare d'intensita nel bat-

tito del polso — alto e veloce quando si e al cospetto dell'oggetto

amato o quando si rivolge a questo il pensiero, basso e lento nei momenti di tristezza - che offre uno dei metodi piu sicuri per dia-

gnosticare la malattia:

Pulsus eor'um est di versus et inordinatus, sed est velox, frequens et altus si mulier quam diligit norninetur aut si transeat coram ipso. Et per nunc modum cognovit Galenus passionem cuiusdam iuvenis... (133, 47-4-9).

Questo metodo diagnostico, come ormai sappiamo, viene ripetuto da 104 tutti i medici che parlano della malattia d'amore.

Gli elementi fino ad ora discuss! fanno parte della

eziologia e della sintomatologia di una malattia in progresso che

ha le sue radici in quella "intensa cogitatio super delectabile,

hoc cum confidentia obtinendi" di cui i medici parlano. Se si

riesce in qualche modo ad annullare la confidentia di poter rag-

giungere 1'oggetto amato — si e ripetutamente osservato — ben

presto il continuo pensiero svanisce, e con esso lo stato anomalo

dell'organismo. In caso contrario il surrlscaldamento interno - 93 -

produce a lungo andare una quantita eccessiva di umori malinconici

(melancolia adusta) che a loro volta producono quello stato morboso, 105 di solito letale, che prende 11 nome di melancholia:

Nisi huie furiae celeriter obuietur, melancoliam parit in posterum, et ut saepe contingit, prae- parat in maniam et, quod grauius est, languent inde quamplurimi mortis periculum incurrentes (125, 2 32-234).

La melancolia adusta infatti — come ha scritto Arnaldo — non invade solo il corpo, ma anche la mente,"^ ed e causa di follia che puo * 107 rendere gli uomini simili a bestie, cioe licantropi.

Appena scoperta la causa della malattia — o per aperta confessione dell'ammalato o tramite il battito irregolare del polso — e necessario distrarre l'attenzione dell'ammalato dall'oggetto desiderato, o far si che quest'amore si tramuti in odio. E d'uopo seguire una dieta leggera (II cibo infatti produce sangue che a sua volta produce seme), dormire molto, far bagni di frequente: tutto questo infatti riporta alio stato normale la digestione, il calore interno dell'organismo ed il movimento degli spiriti. Bisogna quindi evacuare gli umori proprio come si usa fare con i folli ed i

8 malinconici."'"^ Molto utile pub essere l'unione sessuale con donne giovani, in quanto quest'unione puo far dimenticare il desiderio

09 per la donna amata."'" Questa terapia deve perb essere usata moderatamente, in quanto il coito eccessivo essica I'organismo:

Intelligendum quod coytus superfluus dessicat, et talis non competis hereosis nec tristibus nec melancholicis ... (136, 104-105). - 9h -

La malattia viene infine alleviata dai silenzio, da passeggiate in

luoghi ameni, da convegni con amici, dai canto e dalla musica ( 135 , 82-sgg.)

Poiche questa malattia e determinata dai calore interno dell'orga-

nismo, e l'uomo e piu caldo della donna, essa colpisce piu fre-

quentemente il sesso maschile:

... ista passio frequentius advenit viris quam mulieribus, pro tanto quia viri sunt calidiores et universaliter foeminae frigidiores...(137, 127-129),

Questa malattia nel tardo Medio Evo prese il nome di hereos (ereos) ."^ Arnaldo da Villanova, cercando di spiegare la

etimologia del termine scrive:

Dicitur autem'amor heroicus quasi dominalis, non quia solum accidit dorninis, sed quia aut dominatur subijciendo animam et cordl hominis imperando, aut quia talium arrantium actus erga rem desideratam similes sunt actibus subditorum erga proprios dominos; quemadmodum etenim hi timent dornini maiestatem offenders et eisdem fideli subiectione seruire conatur ut gratiam obtineant et fauorem, sic ex parte alia proportionatur circa rem dilectam, heroyci afficiuntur amantes ... (123, 186-193).

Non vi puo essere dubbio che il nome derivi originariamente dai

J greco eptos. Come pero chiaramente dimostra il brano citato, il

significato primitivo si e lentamente alterato, ed il termine ha / 112 anche assunto il significato del latino herus e del greco npws •

La trasformazione e certamente tarda (Costantino Africano — si e gia. accennato — e il primo ad usare questo ternrine) e riflette

probabilmente la concezione letteraria dell' amore — specie quella provenzale — allora prevalente. - 95 -

Si noti in conclusione che la concezione della malattia d'amore che in origine dipendeva strettamente dal concetto di malin• conia e di follia, si stacca lentamente da questo ruolo di dipendenza per diventare agente causale della malinconia e della follia. L'amore

Insorrma, per usare le parole conclusive di Bernardo da Gordon:

j .... pulcherrimo modo potest describi sic: Amor est mentis insania, quia animus vagatur per maniam cerebri, doloribus permiscens pauca gaudia ( 137 , 133-135)'. - 96 -

2. TESTI MEDICI MEDIEVALI

(i) ORIBASIO

Oribasii Synopsis ad Eustathium, ed. I. Raeder (Amsterdam, 1964), pgg. 249-250.

n. IlEpu TU)V spcovxcov

Tous 6u epcoxag 6ua§uyouyevous xau aypuuvouvxas ayvoouvxes xuves xnv 6uadEauv aAouauas xe xau aauxuaus xau Aenxn.

6uauxn xaxsxrixov, scp LOV e^EUpovxss nysL-s xov epcoxa ETCU xe Aouxpa xau ouvouoauav aucopnoeus xe xau §sayaxa xau axouayaxa xnv Suavouav

>i / »/ \ ' * T * II xco epcoxu SuaexvuTtxov Exouau xo ita§os. Xpn ouv xau cpuAovsuxuas itpos xuvag ETtEpEupsuv xaxa xag UTIOSEOEUS WV TtporipnvTau gutov Exaaxou.

IlapaxoAoudsu 6E XOUS Epcoau xa6s' ocpSaAyou xouAou xau ou 6axpuouau, cpauvoyEvou 6 uaav n^ovris TteitAriptoyEVOu suauv* xuvsuxau 6 auxous

xau xa gAEtpapa dayuva, xwv XE aAAcov xou atoyaxos yepiov auy TCUTCXOVXIOV , yovou ouxou xous epcoauv ou auy.itUTtxouauv.

Di notevole interesse e la traduzione latina del manoscritto latino Laon nr. 424, il quale risale al decimo secolo. II manoscritto e stato edito da Bussemaker e Daremberg, - 97 -

Oeuvres d'Oribase (Paris, 1.873), vol. VI, pg. 215, e quindi riedito da Lowes, pg. 519:

Qui autem de amore egrotant, et contristantur animo et insomnietatem nescientes patiuntur; alii balneum utentis in requiem positi ... expenderunt: ex his enim inverLimus ton heroton, id est qui de amore consumitur, ex balneis et vini potionem et auditum cogitationes iriposuimus; aliis autem timorern indiximus, imponentes tractatos super quod amabat, vix deponenda passionem ad aliquas filonicias excitare et secundum hypotesis, quae praedictae sunt vitae uniuscujusque. Subsecuntur autem quidem amore languint, quorum sunt haec signa: oculi sunt concavi et non lacrimantur; videntur autem sicut qui laborem sunt pleni; moventur enim eis palpebre frequenter plus ab alio membro, proprium locum quiescant solis heroton.

con Si noti la traduzione del greco epws ton heroton, in quanto in questo barbarismo troviamo la genesi di quello che diverra 1'appellativo ufficale della malattia d'amore, cioe hereos. II Ms piu antico d'Oribasio,il latino 10233 di Parigi, indica la malattia col semplice noire di amor (si vede Lowes, pg. 29 n.5 per il titolo e 1'incipit), e nelle altre opere mediche del tempo essa viene indicata con la forma greca: si prenda come es. Celio Aureliano (II°sec. A.D.) — il traduttore di Sorano d'Efeso — che nella sua opera intitolata Chronion, in Medici Antiqui Ormes (Venetiis, 15^7), lib. I, cap. 5, fl. 257, scrive: "De furore siye insania, quam Graeci manian vocant. Magna Graecorum vetustas manian appellabant, quae nunc mantice dicta - 98 -

est. Item alium, inquit, ex Libero fieri patre; alium ex amore, et appellavit heroticon."

(ii) PAOLO D'EGINA

La prima traduzione latina dell'opera fu stampata a

Venezia nel 1553. Una buona edizione inglese con ampio commento e stata curata da Francis Adam, The Seven Books of Paulus Aegineta, in

3 voll. (London, 1844). L'opera e stata edita nell'originale nel

Corpus Medicorum Graecorum (Leipzig, 1921-24), vol. IX, i-ii. La discussione della malattia d'amore occupa il cap. xvii del libro terzo. Pdproduco quivi il testo nella edizione latina del 1553, fl. 58v.

De Amantibus

Amores cerebri affectibus annumerare cum sint quedam curae, haud fuerit absurdum. Cura vero affectus est animi, ratio- cinatione in motu laborioso occupata. He sequaces amantium sunt notae.

Oculi concaui "non iilachrimaht,sed tanquam, voluptate pleni apparent.

Continens palpebrarum motus, et cum reliquae corporis partes non collabantur soli hi amantibus concidunt. Pulsus ipsorum proprie nullus est, quidam opinati sunt ut verum, qualis eorum deprehenditur, qui cura conficiuntur. Cum vero id quod amatur in mentem ipsis vel auditu, vel visu, et praesertim repente venerit, tunc pulsum animo turbato contingit iirmutari neque naturalem aequalltatem neque ordinem retinere.

Hos igitur et tristes, et vigiliis torsos nonnulli qui dispositionem - 99 -

ignorarent, balnei abstinentia, solitudine et tenul vlctu consumpserunt,

in quibus sapientiores cum amantem deprehendunt, ad balnea, compotationem,

gestationem, ludos, fabulasque animum ad re usque ducunt, nonnullis

metum incutere conuenit. Nam qui amori semper indulgent, lis difficulter

abigL potest affectio. Quidam igLtur obiurgandi sunt, pro ratione vitae

quam singuli delegerint. In uniuersum mens ad alias curas abducenda

est.

(iii) RHAZES

Continens Rasis ordinatus et correctus per clarissimum artium et

medicinae doctorem magistrum Hieronymum Surianum (Venetiis, 1505),

Lib. I, tractatus xx, fl. 23 r-v:

Capitulum primum est de essentia, causis, signis, f accidentibus et pronosticatione coturub vel hereos.

Dixit Judeus quod pacientes coturub vel hereos incedunt

de nocte tanquam canes, et eorum facies sunt croceae propter vigilias

et eorum corpora dessicantur et continue siciunt, et hoc accidit eis

post laborem.

Dixit Alexan. quod pacientes coturub vel ereos incedunt

stridendo alias vagando et clamando tota nocte et proprie per sepul-

turas mortuorum usque ad mane, et eorum color est croceus, et eorum

oculi debilitantur et siccantur et fiunt concaui et non lachrymantur;

et desiccatur eorum lingua, et videtur puluerizata; et habent crustulas - 100 -

vel ulcera que non possunt consolidari; et hie morbus est de morbis melancholiae.

Dico pacientes morbum qui appellatur coturub incedunt amentes per sepulturas mortuorum, et hie morbus est in capite. Et eorum facies apparet immutata, et visus debilis; et oculi sicci et concaui, et non lachrymantur; et eorum lingua est sicca, et apparent in ea pustulae. Et totum corpus siccurriet durum, et multum siciunt, et impossibile est quod conualescant ex hoc morbo propter praua accidentia quae concomitantur ipsum. Et maesti iacent supra eorum faciem, et videtur in eorum facie et dorso vel tibiis quasi quedam maneries pulueris et morsus canis, et hoc accidit ex melancolia; et ambulant de nocte tanquam lupi, et desiccantur eorum linguae; et hec species est de usues, idest birsem melancolica.

Capitulum II, tractatus xx est de cura coturub vel ereos.

Dixit Judeus isti sunt flebotomandi usque ad sincopim, et debent comedere cibos hUmidos facilis digestionis, et sedeant in aqua dulci, et potent ptisanam hordeaceam. Superaspergantur capiti humect ant ia et provoeantia somnum, et ex hac cura liberantur; et si necesse erit eos purgari tunc purgentur cum yeris et silibus.

Dixit Alexander et cura patientium coturub est in prirnis flebotomania usque ad simcopim, et humectentur cum cibis humidis et balneo, et detur eis in potu serum aliquibus diebus, et aliquando yera - 101 -

ruffina. Et superaspergantur capiti inducentia somnum, et instilletur

in ipsorum naribus opium. Et cum morbus fuerit in declinatione, et

pacientes inceperint ressumere vires, detur eis in potu tyriaca et

omnia quae dari consueuerunt in melancolia.

Dico quod opium confert in passionibus vigiliarum,

40 quia inducit somnum, et ob hoc quiescunt motus et minuuntur huirorum ' dissolutiones. Sed debent addi cum eo humectantia et conformancia

cerebrum; et debent flebotomari pacientes coturub in principio morbi

videlicet in principio parosismi usque ad sincopim si pati possunt.

Et postea exhibeatur sene alias semen per tres dies, et post hoc

mundificetur corpus bis vel ter ex yera facta cum pulpa coloquintide,

et exhibeatur el tyriaca viperarum, omnia quae curant melancoliam.

Et si morbus incipit augmentari, ponantur super inducentia somnum

et inunguantur nares ex opio et silibus: et hanc etiam curam dixit

paulus.

50 Dixit Simeon: et potare epithimum et odorare est valde iuuatiuum coturub vel ereos.

(iv) ALI ABBAS Haly fillus Abbas. Liber totius medicinae (Lugd., 1523), tract.

IX, cap. 7-

De amore. Amor autem est animae sollicitudo in id quod

amatur et cogitationis in id ipsum perseuerantia. Cuius signa sunt

oculorum profundatio, et eorum motus nimius ac palpebrarum, lachrymarum - 102 -

paucitas, et est in illis contractio et quasi quidam decor totiusque corporis mernbrorum imutatio et macies propter oculos; ipsi narrque non extenuantur. Horum pulsus idem est qui et curam patientium, nisi quod quando res ad memoriam ducitur amata ab habitudine imutur naturali variaturque et turbatur. Hec est passionum que in cerebro fiunt assignatio causaeque et signa singularum. Et attende quoniam que diximus signa, unamquamque significare passionum; quedam quidam duabus sunt passicnibus conmunia, aut tribus, ut mentis confusio et alienatio phreneticis et maniacis ac desipientiam habentibus nigram, et ut obstupefactio que in lithargo fit, et obstupefactione peruigil que cura vocatur. Quedam autem singulis quibusdam propria sunt ut tristitia et timor que desipientiam tantum significant nigram, spuma epilepsiam. Non oportet itaquem te nimium in signis confidere comriunibus, sed propria illis adijcias signa. Sic enim certus que sit passio fies.

II venticinquesimo capitolo dello stesso libro suggerisce i metodi terapeutici atti a curare la malattia:

Amorem patiens regimine disponendus est humectanti ut balneo suauis aqua, equitatione, temperato exercitio, violacei illinitione olei, vini potu, ortorum speculatione et satorum pratorum floruirque.

Sonos audiant graues seu dulces et citharas, lirasque; cogitatio eius nar- rationibus impediatur varijs rumoribusque gratis. Opus autem pariter impediri illos negotijs actionibusque aliquibus nec omnino vacui sint aut cessent, quoniam negotia eorum qui hec patiuntur amouent cogitationes ab amantis. Excitentur etiam illis lites et contentiones quatenus ipsorum in eiusmodi occupentur rebus cogitationes et cura sine amatis - 103 -

roborentur, quoniam si in huiusmodi diutius persistent rebus ab amatis defluunt. Coitus quoque cum ea quam non amatur cogitationem flectit ab amata et extenuat, ac amata remouet.

L'opera fu per la prima volta tradotta in latino nel

1080 da Costantino Africano, e quindi nel 1127 da Stefano d'Antioca.

E di quest'ultima traduzione, pubblicata appunto per la prima volta a Lione nel 1523, che mi sono servito. II secondo e terzo trattato sono inoltre stati editi da P. De Koning, Trois Traites d'Anatomie

Arabes (Leyden, 1903), ed esiste una edizione araba dell'intera opera, in 2 volumi, stampata al Cairo nel 1877.

(v) AVICENNA Avicennae Medicorum Arabum principis, Liber Canonis ... a Gerardo Carmonensi ex Arabicosermone in Latinum conversa (Basileae, 1556), Lib. I, Fen I, tract. V, Cap. 23 s:

De alhasch id est Amantibus.

Hec aegritudo est solicitudo melancholica similis melancholiae, in qua homo sibi iam induxit incitationem seu applicationem cogitationis suae continuam super pulchritudine ipsius quarundam formarum, et gestuum, seu morum, quae insunt ei. Deinde adiuuat ipsum ad illud desiderium eius aut non adiuuat. Et signa quidem eius sunt profunditas oculorum, et siccitas ipsorum, et priuatio lachrymarum, nisis cum fletus adest; et motus continuus palpebrarum risibilis, quasi aspiciat aliquid pulchrum delectabile, aut audiat nouum aliquod iocundans, aut - 104 -

laetificetur. Et est anhelltus eius plurlmae interfectionis, et reuersionis, et fit multae eleuationis; et alteratur dispositio ipsius ad risum, et laetitiam aut ad tristitiam et fletum, cum amoris cantilenas-audit et praecipue cum fit remfimoratio repudij et elongationis 5 et sunt omnia membra eius arefacta praeter oculos, (quoniam ipsi cum profunditate coniunctiuae seu eius quod de toto oculo nobis apparet sunt) magnas habentes palpebras pingues propter vigilias ipsius, et suspiria facientia euaporare ad caput, et in gestibus eius, seu moribus ipsius non est ordo. Et pulsus diuersus absque ordine omriino, sicut est pulsus habentium moestitiam seu fastidium uel timorem; et eius quidem pulsus, et dispositio ipsius alterantur, cum fit rememoratio eius, quod diligitur, et proprie cum obuiat ei subito: et possibile est ex hoc significare quis sit ille, qui diligitur cum non confitetur ipsum. Cognitio enim eius, quod diligitur, est una viarum curae ipsius, et ingenium in hoc est, ut nomina plura nominentur, iterando multoties, et sit manus super pulsum ipsius. Cumque propter.illud diuerslcatur diuersitate magna, et fit similis intersecto, deinde iteratur et expetitur illud.multoties, scitur quod illud est nomen eius, quod diligitur; deinde similiter rememorentur figura et mansio, et illud in quo valet, et artes, et genus, et regiones, et comparetur ad nomen eius, quod diligitur, unumquodque eorum, et seruetur pulsus, ita ut cum alteratur apud rememorationem unius rei multoties; aggregentur inde proprietates eius, quod diligitur, ex nomine et habitu et statura, et ex eo in quo praeualet, et ex his, quae inducunt in cognitionem illius. Nos nam iam experti fuimus illud, et inuenimus - 105 -

iuuamentum in faciendo moram in illo. Araplius cum non inuenitur cura

nisi regimen coniunctionis inter eos, secundum modum permissionis

fidei et legis fiat, et nos quidem iam vidimus cui reddita est salus,

et virtus, et redijt ad carnem suam cum iam peruenisset ad are-

factionem, et pertransisset ipsam, et tolerasset aegritudines prauas

40 antiquas, et febres longas propter debilitatem virtutis factam propter

nimietatem ilisci. Nam cum sensit applicationem eius, quod diligebat,

euanuit illud, quod habebat, in breui tempore, et existimauimus mira-

bile esse, et significauimus obedientiam naturae meditationibus.

De cura. Considera an eius dispositio peruenerit ad adustionem humoris per signa, que nosti, et euacua. Deinde administra eis somnum, et humectationem, et nutrimentum ipsorum cum laudabilibus, et fac ipsos balneari secundum conditionem humectationis notam. Et sit casus eorum in disceptationibus ipsorum, et occupationibus, et 50 controuersiis, et uniuersaliter in rebus negotiosis. Illud nam

facit eos fortasse obliuisci illius, quod est causam macrefactionis eorum, aut ingenietur ut ipsi diligant aliud ab eo, quod diligunt, ex eis quae lex permittit. Deinde cogitatio ipsorum a secundo abscindatur, antequam confirmetur, et postquam obliti fuerint primi. Si autem ille, qui diligit, fuerit ex rationabilibus, tunc adhortatio et correctio erroris et vituperatio illius, et informare ipsum vel

indicare ipsi, quod illud, quod habet non est nisi solicitudo - io6 -

melancholica, et species quaedam daemonis, erunt ex eis, quae rnultum

iuuabunt; verba enim in hoc capitulo conferunt, et etiam vetulae

ad eum incitentur, ut vituperent illud, quod diligunt ipsi, et

rerremorentur eius dispositiones turpes, et narrent ei res aliquas

de ipso ex quibus abominationem incurrat, et narrent ei de ipso

vituperationes multas. Hec enim sunt ex eis, que sedant plurimum

quamuis sit ex eis, que alios confirment. Et ex eis, que ad illos

iuuant, est ut narrent vetulae istae formas eius, quod diligitur,

cum similitudinibus foetidis, et assimilentur membra faciei eius

cum narrationibus horribilibus, et assiduent illud, et perseuerent

in ipso. Hec enim sunt ipsarum opera, et sunt prudentiores in hoc

viris, nisi mollibus. Ipsis nanque inest ars non breuior arte vetu-

larum, et propterea possibile est eis ut inueniant qualiter permutent

amorem diligentis ad illud, quod non diligitur gradatim. Deinde

abscindant opus suum, antequam confirmetur amor secundus. Et ex

occupationibus praedictis est emptio puellarum, et plurimus con-

cubitus ipsarum, et renouatio ipsarum, et delectatio cum ipsis. Et quidam homines sunt, quos sanat laetitia, et auditus cantilenae, et

quidam sunt, quos illud augmentat in ilisci, et possibile est ut

sit illud venatio autem et species ludi, et dignitates assumptae

ex regibus, et similiter species tristitiae magnae, omnia sunt

sanantia. Et fortasse necessarium erit, ut isti regantur regimine habentium melancholia, et maniam, et alcutubut, et euacuentur humores eorum praedicti cum hieris magnis, et humectentur cum eo, quod dictum - 107 -

est ex humectantibus, et illud est cum permutatur cum moribus suis seu cum gestis suis, et figura corporum suorum ad similitudinem ipsorum.

II Canone non e fino ad ora stato oggetto di studi notevoli; 0. A. Cameron Gruner ha tradotto il primo libro (si tratta, in verita, di un adattamento e di un riassunto piu che di una traduzione),. A Treatise on of Avicenna

Incorporating a Translation of the First Book (London, 1930); da questo A. Soubiran na preso lo spunto iniziale per il suo studio

Avicenne prince des medicins (Paris, 1935). Un ottimo studio recente e quello di Soheil M. Afnan, Avicenna (London, 1958): si veda soprattutto il cap. vii, "Medicine and the Natural Sciences", pgg. 201-232, ed il cap. ix, "Avicenna and the West", pgg. 258-288.

Altri studi di carattere piu specifico concernenti la medicina sono inclusi in Avicenna Corrrnemoration Volume, ed V. Courtois (Calcutta,

1956), e Millenaire D'Avicenne, numero speciale de La Revue Du Caire, ed A. Papadopoulo (II Cairo, 1951). Brani del capitoli sull'amore sono stati studiati brevemente da Lowes, pgg. 511-513, e da Nardi, "L'amore',' pgg. 529-532.

(vi) IBN EDDJEZZAR Breviarium Constantini dictum Viaticum (lugd., 1510), Lib. I, Cap.

XX, fl. 12 r-v:

De amore qui dicitur hereos.

Amor qui dicitur hereos morbus est cerebro contiguus; est autem magnum - 108 -

desiderium cura magna concupiscentla et afflict lone cogitationum, unde quidem philosophi dicunt; hereos enim est nornen magnae dilectionis, aliter delectationis designatiuum, (sicut enim fidelitas est dilectionis ultirritas, ita et hereos dilectionis); aliter delectationis est quaedam extremitas. Aliquando huius amoris causa nimia naturae est necessitas in multa humorum superfluitate expellenda, unde Ruffus coitus inquit valere videtur quibus nigra colera et melancolia dominantur: eis sensus redditur et molestatio hereosis tollitur si cum dilectis loquantur, aliter locantur; aliquando etiam hereoscum pulchra est formositas considerata. Quam si in sibi forma conslmili conspiciat quasi insanit anima eius in ea ad voluntatem explendam et adipiscendam, cum hec infirmitas fortiora animae subsequentia habeat id est cogitationes nimias fiunt eorum ocu3-i semper concaui, cito mobiles propter animae cogitationes; gollicitudines ad inuenienda et habenda ea quae desiderant palpebrae eorum graues; citrini sunt ipsorum colores; hoc ex caloris fit motu quem ex vigiljis consequitur; pulsus induratus, neque naturaliter dilatatur, neque sua percussio secundum quod opus custoditur. Si in cogitationibus profundatur actio animae et corporis corrumpitur, quia corpus animam sua actione consequitur, anima corpus in sua passione cornitatur. Galenus animae inquit virtus complexionem sequitur corporis, unde si non hereosis succurratur ut cogitatio eius auferatur et anima leuigetur in pas- sionem melancolicam necesse est ut incidant; ut sicut ex nimio labore corporis in passionem laboriosam incidunt homines, ut in ethicam, ita animae in melancolicam. Quid melius hereosos adiuuat ne in cogitationes profundentur nirnias, vinum temperatum et odor- iferum dandum est, et audire genera musicorum, colloqui dilectj - 109 -

ami cis, versuum recitatio, luciferos videre ortos, odoriferos et fructiferos, currentem habentes aquam et claram; spatiari seu deducere cum femina seu maribus, pulchrae personae; Ruffus "vinum-inquit-est medicina forti, tristibus et timidis et hereosis." Galenus "quicumque primo vinum est molitus decere de vitibus inter sapientissimos est computandus." Zenon dicit "sicut lupinorum amaritudo tollitur si in aqua infundantur, sic animi asperitas ebibito vino in dulcedinem est mutata." Item Ruffus non solum modo vinum temperate bibitum aufert tristitiam, sed et alia quidem sibi similia; sicut balneum temperatum; unde fit ut cum quidam balneum ingrediantur ad cantandum animantur. Quidam vero philosophi dicunt sonitum esse quasi spiritum, vinum quasi corpus quorum alterum ab altero adiuuatur. Dicunt alij quod Orpheus dixit: "imperatores me inuitant ad conuiuia, ut ex me se delectent, et ego quidem condelector ex ipsis, cum quo velim animos eorum flectere possim, sicut de ira ad mansuetudinem, de tristitia ad letitiam, de amaritia ad largolatem, de timore ad audaciam;" hie est ordinatio organicorum musicorum atque vim circa sanitatem animae. Quod perfectissimum sibi esse dignoscitur, si boni consortij aggregentur, qui et in pulchritudine valeant scientia et moribus; dicunt enim quod est maxima delectatio, scilicet ut vinum bibatur, et colloqui cum sapientibus. Galenus colloqui inquit sapientibus se amantibus laborem eijeit ex membris interioribus, quod si fiat in ortis lucentibus odoriferis seu fructiferis optimum et iucundissimum fit; sin autem eorum caminata ubi fessuri sunt munda fit et lucidia apponantur rosa et myrta, salices basilicum, - 110 -

et sirnilia, ab ebrietate caueant et cum oporteat dorariant, post somnum vero In balneum delectentur cum aqua et aere temperato et lucido, neque eis accedat quod animus abhorreat. Interrogatus autem quidam e philosophis quare horribilis homo eis grauior esset quam quodlibet pondus, taliter respondisse fertur: "homo-inquit- horribilis pondus est solius arami, alia viro pondera corporis et animae sunt haec est via medicinae circa hereosos 00^x11^^', exercenda.

(vii) BUHAHYLYHA BYNGEZLA

Tacuini aegritudinum (Venetijs, 1532), Can. XVT, fl. 23 per il breve brano sull'amore, che e stato interamente incluso a pg.70 di questo capitolo. E questa del 1532 l'unica edizione latina dell'opera.

(viii) ABULCASIS

Liber theoricae necnon practicae Alsaharavii (Aug. Vind., 1519),

Tractatus I, sectio ii, cap. 17:

Est autem de aegritudinibus quae accidunt cerebro

ledens animales virtutes. Generator.autem duabus de causis: aut enim necessitate naturae ad expellendum superfluitatem offendentem

corpus, aut ex affectione animae ad videndum aliquam rem extraneam desideratam, aut plantam vel viridarium, vel aedificium et hiis

sirnilia. - Ill -

Signa dilectionis sunt: quoniam eius oculi sunt

concavi, et veloces motu propter molestationem ariimae circa

illam imaginationem et sui affectionem perveniendi ad suum

10 desideratum. Color vero faciei est citrinus, et omnia sua membra sunt sicca praeter oculorum palpebras: sunt enim heae plenae

propter ascensum vaporis fumi generati ex vigiliis ad eas. Pulsus

vero in patientibus dilectionem est inordinatus et praecipue in

hora memorationis rei desideratae, et quoniam non exercitatur in

aliquo quo studeat eius jjnaginatio et dilatatur in ea, incidit

patiens in permixionem sensus quae dicitur melancolia.

Curatio primae speciae est uti frequenter

coitu cum quacumque poterit et cum non dilecta, et assidue

ieiunare et itinerare et inebriari.

20 Curatio vero secundae speciei est quod adhaereat ei quam diligit, et non abstineat videre ipsam, aut aliud

illius dilectae conforme et ipsius proprietates, vel audire

cantare et sonos dilectabiles et exercere in operatione et

ispicere viridiaria et cursus aquarum et lumina et potere

vinum, et esse cum sociis et audire parabolos et hystorias

quae sollicitudinem ducunt ... et elongari a rebus grauibus

et horribilibus et prostrentur sibi in domo genera florum et

herbarum odoriferarum sicut sunt rosae folia, mirtae, basilicon,

melissa et folia citri et similia. - 112 -

1 L edizione usata include solo i primi due libri dell'opera, che furono editi separatarnente piu volte: v. Leclerc, vol. I, pg. 448 e Lowes, pg. 511. II libro sulla chirurgia, tradotto in latino e accompagnato dai testo arabo, e stato edito da J. Channing, Abulcasis, De chirurgia, (Oxford, 1778), e quindi da L. Leclerc, La Chirurgie d'Abulcasis (Alger -Paris, 1861). ; Uno studio complessivo dell'opera di Abulcasis, che io pero non ho potuto consultare, e quello di Gurlt, in Geschichte der Chirurgie

(Berlin, 1898), vol. I: si veda a questo proposito A. Castiglioni,

Enc. It., s.v. "Abu-l-Qasim", vol. I, pg. 158.

(ix) COSTANTINO AFRICANO

De comnunibus medico cognitu necessariis locis (Basileae, 1539), cap. 38, pg. 141 sg:

Purgatione expleta naturali et eius actionibus circa corpora expositis, subsequitur ut de accidentibus animae dicamus, et quid circa corpora operentur. Cmnia ergo corpora immutantur ex arLirnae accidentibus sicut ex supradictis patiuntur, ex conseruatis conseruantur, ita et accidentia sanitatis conseruationis vel corruptionis sunt causa. Ita scentes enim quibus libet ex causis, angustiantes, tristantes atque timentes, suspicantes et amantes saepissime pessimas incidunt infermitates et citissimas mortes ....

AIji ex infirmitate habita sanantur, cum quae amauerint videant. - 113 -

(x) GUGLIELMO DA SALICETO

Cyrurgia (Venetiis, 1502), cap. 18:

Haec aegritudo quae appellatur ylischi, id est

melancolia, quam aliquis incurrit propter amorem, est sollecitudo

similis melancoliae in quam iam homo sibi adduxit incitationem

cogitationis suae super pulchritudinem quarundam formarum et

figurarum quae insunt ei; deinde adiuvat ipsum ad illud

desiderium eius, et non consequitur, et quamvis trahat causam

ab extrinseco necesse est ut aliquis humorum augmentatur ab

ilia causa extrinseca, peccet et abundat, et erit ille humor

melancolia multiplicata et quantitate et qualitate ultra quam

10 convenit, et erit frigida et sicca.

Signa significantia super istam aegritudinem

sunt: profunditas oculorum et siccitas ipsorum et purgatio

lachrymarum, nisi cum fletus adest, et motus continuus palpeb•

rarum risibilis quasi aspiciat aliquid pulchrum delectabile aut

audiat rumorem de eo in quo delectetur aut laetificetur, et

eius anhelitus est plurime intersectionis et revisionis, et

alteratur dispositio eius ad risum et fletum cum audit cantilenas

amoris, et praecipue cum fit rememoratio repudii et elongationis

ab eo quod diligit. Et sunt membra eius arefacta et palpebrae

20 fiunt magnae propter vigilias, et eius pulsus est absque ordine, et alteratur dispositio pulsus manifeste cum fit rememoratio eius

quod diligit, praecipue cum obviat ei subito et potuit medicus ex - Ilk -

pulsus Ingenlare super cognitionem eius quod diligit, et sciet ex hoc causam infirmitatis, et habebit viam ad curam ipsius, et ingenium erit talem: cum medicus pulsum tetigerit rememorentur plura norrrina rerum et virorum et mulierum coram infirmo et ipso audiente. Hoc facit multotiens tangendo semper pulsum informi, cumque senserit diversitatem in pulsu propter rememorationem alicuius aut propter rememorationem mansionis vel figurae, seu loci aut regionis aut artis in qua operatur aut generis et progeniei seu socii vel f amiliaritatis, scias quod est illus quod diligit. Ingenietur tunc in acquerendo illud si est possibile, quia per acquisitionem illius statim curabitur.

Cura eius talis est: primo exhibeantur ea quae inducunt somnum, ut est diapapaver in quo ponatur crucus. Et ebrietas valde utilis est in hoc casu: occupat enim cerebrum, et delet malas imaginationes, et purgat ipsum cerebrum a super- fluitatibus et alterat eius dispositionem. Sint continue coram ipso mulieres et astantes et vetulae quae confortent infirmum in contrarium suae imaginationis, et excitent ipsum in amorem alterius ab eo quod diligit, narrando de imaginata vel dilecta foeda et inhonesta et turpia, et ex parte personae et morum: nam vetulae cum suis sagacitatibus proprie sciunt facere hoc, et propter hoc earum presentia in hoc casu est valde utilis.

Coram eo fiant cantilenae et solatia,, et incitetur ad coitum diversarum mulierum quas a vetulis et astantibus multum laudentur - 115 -

de forma et figura et moribus, excitetur patiens ad dlscursum hue et illuc equester et pedester cum iuvenlbus et mulieribus in quibus delectetur: nam haec omnia removent malam imaginationem

50 et cogitationem inductam ex amore. Locetur in loco luminoso et non obscuro: nam obscuritas praeparat ipsum ad solitudinem et sollicitudinem, quae sunt pravae in tali cura, et disponentes infirmum ad pravas cogitationes et etiam imaginationes, quod malum est in infirmitate tale et ^conveniens.

(xi) ARNALDO DA VTLLANOVA Opera Arnaldi de Vilanova, De amore heroyco (Venetiis, 1505), fll. 249r-250r:

Quanto, charissime, dilectionis affectu sinceritatis dilectionem

fuero consecutus, aestimo veraciter non latere tuae cognitionis

examini; quamobrem, si petitionibus tuis iamdiu irdhi propositis

dilatoriam excusationem adiecero, cum actionis legittimae virtutem

illud suadere contingit, credo te omni nebula dubitationis expulsa,

nulla molestiae perturbatione gravari. Puit equidem tuae post-

ulationis summa haec, quod ut umbram dubiae cognitionis expelleres,

quam in te duplicis rei generauit occursus, dum Sardiniae partibus

medicinae laboribus insudares.

10 Primo scilicet unde fiat, quod tarn vehementis irrationalibisque concupiscentiae motus in heroico amore causatur,

afferens hoc tuo intellectu, tarn commentariis quam commentatis - 116 -

traditionibus non patere dilucide.

Secundo videlicet unde fit, quod in febribus saepissime patientes tussi vomituque turbantur cum tamen in pulmone et stomacho humoralis morbi materia dignoscatur nullo modo contineri sed potius in elongatis membris ceteris retrudi totaliter videatur.

Socie dilectissime, distuli facere quod poscebas duabus refrenatus habenis, turn videlicet quod existit illud meae

facultatis inopiae, turn quia quod temporis opportunitas ad scribendum

illud modicum, quod valerem, suam facultatem hactenus non ingessit.

Nunc vero fidelitati tuae si possum illud facere, teneor ad maiora tarn devictus, quamquam insufficiens aliquantulo spatio temporis, huius negocji occupationis detento, iuxta summae largitatis auxilium

conabor in parte, licet rusticante sermone tuae satisfacere voluntati, quod a doctoribus nostris paucis verbis augustisque clausolis est expressum, intellectui tuo illud ampliori sermone, necnon orationi, reputem latiori pro modulo, ut audita faciliter capias, et apprehensa

fortius recommendes. Tu vero, dilecte, quoniam humanae solicitudinis actus non omnino perfectionis robore fulciuntur, tibi tradita maiori

summa ventilabis, et in illis quae labore dignum inuenies gratiae diuinae bonitatis attribuas. Si quid vero repulsum videatur in

aliquo promereri humanae fragilitatis imperfectae intue quemadmodum

in aljis illud valeat excusare, intantum non taedeat ampliari; igitur recipe quod promisi primo, videlicet de amore tractatum quattuor distinctum capitulis. - 117 -

Capitulum primum de descriptione amoris hereos et

descriptionis notificatione et qualiter eius partes ex actibus

amantium colligantur.

40 Capitulum secundum de origine et causa vehementis concupiscentiae et fixae irraginationis in amantibus et nominis

interpretatione.

Capitulum tertium de accidentibus et causis accidentium

huius morbi.

Capitulum quarturn de remedjis eiusdem passionis.

De descriptione amoris hereos et descriptionis notifica•

tione, etc. Cap. I.

Primi vero capituli series tali ordine describetur:

primo siquidem velut apotheca varjis incognitis repleta secretis

50 sensibus offeratur sic amoris descriptio mentalis oculis praeponetur. Secundo vero prout in armario contenta eiusdem apertione propria

cuiuslibet rei discretione noscuntur, sic continuo subiungetur partium

cuiuslibet inuentio descriptionis, ut via colligendi descriptionis

particulas explicata, sufficit sic notificationis expositio iam

praescriptae.

Antea tamen est sciendum quod licet in rubricis

capitulorum superius amorem heroycum morbus vocauerim, nequaquam

tamen morbus proprie dicitur. Morbus etenim est innaturalis dispo•

sitio seu contra naturam membri existit nocumentum aut quod ex dicta

60 mala dispositione sequitur ad actionem virtutis operantis in organo,

nomine, morbi accidens -' -••u- -^.n«ocj.t3 n c^nupnipnti - 118 -

appellator. Amor igitur cum non sit mala dispositio membri seu potius nociua actio seu mala virtutis operantis in organo quae causetur ex eiusdem dispositione contraria, dicetur proprie l^accidens^, et non morbus; medicus vero tanquam (quod manifestius existit amplectens, quemadmodum alibi vcdetur) hoc ab accidente denominat maxime, cum hoc nullum procuretur impedimentum in opere. Cum etenim ad operis rectitudinem morbi essentiam laboret cognoscere, et hoc rectae operationis formam non curat morbum quomodolibet nominare, cum enim solum utatur nomine ad doctrina irrinoris, et introductionem, in hoc debilitare considerans ab eis, quae in morbo manifestiora patescunt, nominis impositionem assumunt. Cuius autem actio virtutis mala sit, amor heroycus, et ex qua etiam inepta membri dispositione procedat, an videlicet ex mala complexione indecenti, vel compositione, sequenti capitulo lucidius exponetur. Hie vero quid ipsum accidens sit, est propositum ostendi.

Dico ergo nullis aljis praeiudicando sententjis quod amor talis, videlicet qui dicitur hereos, est vehemens et assidua cogitatio supra rem desideratam cum confidentia obtinendi delectabile apprehensum ex ea. Huius autem notificationis Veritas sic monstratur: primo narrque copia praesentatur alicui, seu deuenit ad apprehensum eiusdem vel per se, vel per resolutionem alterius, vel per simulachrum aliquod, vel quomodolibet aliter, et ex forma dictae rei, vel accidentibus eius, apprehendens aliquod concipit delectabile, sicut ex rebus omnibus, ex gratae specie! intuitu, aut in nomine ex suauitate colloqujl, aut - 119 -

liberall.tate personae seu consuetudinls, lenocinio, seu circumstantjis

quibuscunque; tunc si praedictum delectabile praeiudicet existimatiua

eius, quod excellentissimum sit in re tali, cuius errori opinione

causa inferius ostendetur, exinde sequitur quod appetitus, inquantum

talis delectabilis sit, quod ipsum vehementer desideret obtinere eo

quod excellent is sirnum delectabile iudicat. Et ex hoc necessario

sequitur, quod propter huiusmodi rei desiderium vehemens eius formam

irapressam phantasmate fortiter retinet, et memoriam faciendo de re

continue recordatur. Ex his vero duobus nascitur tertium consequenter,

oritur etenim ex vehement! desiderio et recordatione assiduae cogita-

tionis impulsus; cogitat namque talis, qualiter et quibus ingenjis valeat rem ad libitum obtinere, ut nociui delectabilis cultum possit assequi, quod concepit. Quod vero formale (seu perfectum huius

constantis cogitationis existit), est species delectabilis obtinendi per conceptum, nisi naturam patiens de illius consecutione praepararet, nullo modo tali furia torqueretur; quamobrem necessario sequitur quod

confidit de illius obtentu. Hie autem amor furiosus, cum particulare rei exemplo lucidius pateat inter virum et mulierem, videtur imperio

subiugato rationis incendi, propter singularem coytus delectationem, quod alter in altero notato corrumpitur, vel errando iudicio per aliquam

circumstantiam seu delectationem quam conceptam ardenter desiderat obtinere. Cum igitur in amantibus hoc sufficit, inquantum amantes existunt et in eis prout talem amorem irrationabilem actu exercent nihil amplius valeat reperiri, quoniam assidua cogitatio, non de omni, sed de re desiderata, videlicet et hoc obtinendum delectabile _ 120 -

conceptum, de quo vehementer speratur; rationaliter igitur concluditur quod descriptio iam praetacta sufficienter explicat heroyci amoris essentiam, ut assidua cogitatio loco generis supponatur. Sequentes vero particulae intantum differentiarum seruantes dictam cogitationem, hie ad huiusmodi amoris formam specificam contrahunt et inclinant.

Hoc igitur de notificatione eius dixisse sufficit.

De origine et causa vehementis concupiscentiae et fixae imaginationis in amantibus, et nominis interpretatione. Cap. II.

Iam nunc superius dictum est quod vehems concupiscentia ab erroneo iudicio causatur aestimatiuae virtutis; hoc autem, et eius causa sic poterit inveniri: cum nam alicuius animae sensatum (de quo mentio iam praecessit) occurrit ex sola imaginaria apprehensione, non operatur, nec aliquod ei consequendum aliter mouet aliquo desiderio, nisi causa supra alicuius virtutis intentione conuenientis seu boni, tanquam nuncia desiderji motum eliceretur ab eo quae, inquam, intentio sensu non causatur. Est autem virtus hac intentione eliciens aestimatiua quae a sensatis intentionibus extrahit non sensatas; hoc enim in talibus, propter delectabile conceptum sensatum .aliquo concipit, non tantum iudicat esse bonum, sed ulterius £sic] errore deceptionis implicito cunctis aljis illud iudicat melius. Et cum nullatenus variae a non sensatis intentionibus animae vehementer infixis penitus occultatur, et hoc cogit in parte iterum extimatiuae iudicio concupiscibili, quasi stimulata per earn cogitur hanc rem, ut singularem vehementer optare, sic igitur ex omnium harum virtutum operationibus dictae cogitationis - 121 -

irarrensitas continue procuratur. Cum igltur quasi ad imperium aestimatiuae caeterae inclinent virtutes, patet quod superius dicebatur, scilicet quod rationis imperium sensibilium virtutum delusionibus subiungatur erroneis, cum decretum aestimationis sustineat, ut informet.

Causa vero propter quam aestimatiua virtus in opere vel iudicio suo claudicat sic et errat, necessario sumenda videtur ex parte instrumentorum quibus'dicta virtus suas perficit actiones, mediae scilicet concauitas cerebri et spirituum receptorum in ea; virtutes namque non senescunt, nec in operationibus vitium patiuntur sui rationi, sed organ! recepti spiritus vel etiam apparentis.

Nulli autem reuocatur in dubio quln in talibus habeat esse mala

complexio, et cum remissi ad mo turn tales non existent, immo potius promptiores ex forti desiderio animato, non videbitur frigiditas

sed potius caliditas disposuisse partem organicam, quamuis eiusdem ex continuata furia videatur aliqua siccitas, quo adiungi harum qualitatum excessum sufficientem laedere tantum, et taliter operationem virtutis, hoc sola nouit diuina cognitio mensurare.

Sed ut praedicta clarius pateant ex euidentia, summe

[sicjf de ea, qualiter disponat ad confusionem iudicij; cum etenim

virtus aestimatiua in praetacta parte suos actus exerceat cum

spiritibus eiusdem confuse motis tantum, quantum sttfficit ad tale

[sic] iudicium errans ferendum, eiusdem operatio necessario con-

fundetur. Et ad hoc non tantum organicitas operatur, sed ipsorum splrituum calefactio aliunde contracta, sicut et bene consideranti apparere videbitur. Cum enim animae gratum seu delectabile praesentatur ex gaudio delectabilis apprehensi, spiritus in corde multiplicati subito calefiunt, et calefacti subito (prout inder* motibus animalium inquisitum est in ea parte qua de motu cordis agitur) delegantur ad membra corporis uniuersa. Cum sint igitur calidi vel quasi feruentes, ad organum aestimatiuae virtutis veniunt copiose ad organum, quia siccum et inde exacuens aut etiam calidum nequit illorum caliditatem reprimere; tunc quasi motu mixtionis turbatae voluuntur, quaproper confundunt virtuale iudicium et velut ebrij tales iudicant cum fallacia vel errore; haec autem non ideo dicta sunt quod praecipue veritatem exponant, sed ut faciliorem intelligentiam viam praebeant leuiorem.

Ex praedictis iterum elicere conuenit, propter quod imaginatiua sic permanet circa rem, unde talem gradum anima prae- concepit; oportet enim similiter ex organ! vitio seu alia malitia, cum itaque firma retentio formarum in multis quibuslibet nequaquam effici valeat sine sicco, necessario sequitur cerebellarem partem imaginatiuae virtutis aliqualiter exsiecari, hoc vero ex prae- tactis sic ostenditur: videtur tamen etiam fortis et frequens sit transitus caloris spirituum ad cellam aestimatiuae, fluentium ad iudicium celebrandum, pars anterior, in qua virtus imaginatiua residet, propter humoris consumptionem a calore spirituum relicta, remanet necessario siccius seu minus humida quam fuerit. Per hanc - 123 -

igitur introducta qualitate aliqua, maxime si aliqua frigiditas coniungatur, quod forma imaginationis in organo firmius retinet, necnon multa solicitudo validius excitatur.

Dicitur autem amor heroycus quasi dominaliSj non quia solum accidit dominis, sed quia aut dorninatur subijciendo animam et cordi hoiriinis imperando, aut quia talium amantium actus erga rem desideratam similes sunt actibus subditorum erga proprios domLnos; quemadmodum etenim hi timent domini maiestatem offendere et eisdem fideli subiectione seruire conantur ut gratiam obtineant et fauorem, sic ex parte alia proportionatur circa rem dilectam, heroyci afficiuntur amantes: sed huiusmodi hactenus.

De accidentibus et causis accidentium huius morbi. Cap. III.

Accidentia quae ex dicta cogitatione superius occurrunt, signa huius perturbationis medico possunt esse; de his et de eorum causis aliquid breuiter pertranseundo videbitur. Ex hoc igitur impetu cogitationis intenso, grauia quamplurlmum accidentia patiuntur amantes heroyci; assidua namque cogitationis tempestas continues parit vigiliarum instantias, quibus sic exsiccatis vigiliis, induuntur consequenter omnes eorundem effectus; humor etenim nutrimento deuotus, insensibili consumptione vaporat, seu euaporatione vigilando consumitur. Quamobrem spiritus et calor acutiores effecti, quod nutribile humidum profundiori non etiam fortiori actione deuastant hoc et calidum atque siccum, humidum videlicet copiosum suscipit nutrimsntum. His igitur causis ad exiccationem instantibus habitudo corporis extenuata relinquitur. Cuius rei necessitatem confirmat insufficiens reparatio perditoris vel perditionis; virtutes namque naturales nequeunt sublatorum fundere, cum earum instrumenta spiritus seu et calor, quibus suas actiones exercent, ad expletionem operum animalium fortiter detrahuntur in tanturn, videlicet ut appetitum tales comedendi postponit, et potius macerantur. Igitur his de causis membra praecipue remotiora et molliora et ea, quae magis sunt resolutioni subiecta, quamobrem f acies extenuatur, et oculi concauantur et efficiuntur solito sicciores nisi contingat eos in lachrymas emanare ex concepta tristitiae, utpote cum elongationem rei desideratae percipiunt aut eiusdem repudium. In gaudij vero perceptione ob delectationis conceptum faciem subridentem osteridunt.

In omni vero desiderati occursu seu mentione pulsus mutare sensibiliter inuenitur; cuius causa quia patiens est ad praesens relinquitur; color etiam in talibus citrinescit ex consumptione floris sanguine! et colerici humoris augmento. Similiter et in absentia rei deside• ratae tristatur, et cum ad comprehensum diu cordis recreatione copiosus aer attractus, forti spiritu cum vaporibus diu praefocatis interius expellatur, oritur in eisdem alta suspiriorum emissio. E contra vero gaudent in eiusdem rei praesentia, praecipue cum ab ea sperant aliquid delectabile consequi, veluti blandiri sermone, vel intuitu refici, vel amplexibus strings , vel basijs delectari, et similiter in rebus ^quibuslibet. Haec igitur•de accidentibus, propter breuitatem, sufficiant. De remedijs dictae passionls. Cap. IV

Nisi huie furiae celeriter obuietur, melancoliam parit in posterum, et ut saepe contingit, praeparat in maniam et, quod grauius est, languent inde quamplurimi mortis periculum incurrentes.

Cum igitur exemplum proposito ex accidente potius quam ex morbo periculi grauitas exeitetur, eidem celeriter obuiandum esse videtur; forma itaque rectae curationis habetur si contrarium huiusmodi furiae distractiuum diligentia procuretur inducit. Cum igitur haec furia suique causa formalis sit intensa cogitatio super delectabile, hoc cum confidentiam obtinendi, erit illis directio, et correctiuum oppositum non in hoc delectabili cogitare, nec sperare nullo modo eius obstentum. Haec vero perficient competenter, quaecunque per repraesentationem suarum formarum in virtute phantastica distrahunt in diuersum a praedicta cogitatione in toto vel in aliqua parte saltern, veluti formae rerum, ducentium rem desideratam in odium, sicut rei turpitudines oculo monstrare vel enarrare sermonibus, etc.

Haec etenim quae imprimunt tales formas vel iterum formae delectabilium quamplurimum et diuersorum, tales vero formae delectationem afferentes acquirunt ex ortrd delectabili, sensibus obiecto et quorum delectabilium numero consistit balneum temperatum, confabulatio dilectorum, intuitus piiLcbrarum, atque delectabilium facierum et quantum est ex arte,

coytus praecipue si cum iuuenibus et magis delectationi congruis exerceatur, incessus iterum per viridaria seu prata virentia florum varietate distincta multiplici necnon et musicalium cantum seu - 126 -

insfcrAinentorum suauitas; profundus somnus dlstrabit a praedlcto.

Be summe vero iuuantibus et dlstrahentibus est in partes remotas

et peregrinas recedere. Medicus laudabili ordinato regimine hunc

talem fruentem malitiam laboret educere quaeque patentia sunt de

se reliquo. Experimenta vero quaedam ad hoc didici profuisse;

260 sed medici transgrediuntur notitiam huius scripturae non euro

subiungere sed sufficiant ad introductionem perspicacis ingenij

superius enumerata.

Cpera Arnaldi de Vilanova, Liber de parte operativa (ed. cit.),

fll. I45v-l47v:

Sunt autem ipsius scientiationis corruptae quinque

species famosae: scilicet alientatio quam laeticia concomitatur, et

proprie stultitia dicitur, quasi stupida laetitia, quoniam tales in

exstasi velut rapti laetantur et rident sine causa exterius manifesta.

Alienatio quam concomitatur audacia temeraria et

furiosa, nominaturque mania, quasi manu, id est deorum infernalium

insania.

Alienatio. quam concomitatur timor irrationalis

et sollicitudo, quae coirmuniter nominatur melancolia recipiens suam

LO denominationem a sua causa materiali.

Alienatio. quam concomitatur irrmensa concupiscentia

et irrationalis, et graece dicitur heroys, idest domina rationis; - 127 -

-narn heroys est corrupta scieritiatio qua iudlcatur apprehensum

delectabilius aut excellentius esse quam sit, quaproper excitat

vehemens desiderium ad quaerendum rem illam, et suam cogitationem

in ea frequentius, cum haec species manifestatur in concupiscentia

indiuidui humani, qua indiuiduum inius sexus complexionari desiderat

indiuiduo sexus alterius. Et vulgariter dicitur amor, et a medicis

amor heroycus, id est irrmensus et irrationalis.

Causae priiritiuae heroys frequentia videndi vel

sentiendi rem desideratam sub circumstantijs placentibus. In omni

enim amore siue sit propter honestum siue propter utile siue propter

delectabile, siue etiam sit rationabilium siue irrationabilium moderatus vel immoderatus. F^imum semper est et uniuersale gene- rationis eius principium, primum seu placentia rei amatae siue de

re amata vel desiderata quae propter aliquam oritur circumstantiam

existentem vel apparentem in ea, sicut in rebus inanimatis color aut

fulgor aut'. odor, aut:- sapor, auk - figura et compositio vel com-

plexio quae duo rebus etiam inanimatis conueniunt, et propter hoc

etiam motus et actiones et mores sunt cum indiuidijs humanis pla•

centia, quae oritur ex cantu vel loquela vel risu vel intuitu vel

consimilius praeceptis, vel apprehensis videndo in conuersationibus,

vel audiendo aliorum ratione quod si frequentia videndi vel audiendi

vel aliqualiter percipiendi tali de re interuenirit forma rei praeceptae

cum sua circumstantia placendi figitur in cogitatione fixa vero cogi- tatio :Ln re aliqua sub ratione placentis excitat concupiscentiam - 128 -

vel desiderlum eius, rnaxLrne si tamen peccauerit ratio vel estimatio, quia ratio ilia decernat vel indicent placidiorem omnibus alijs, quemadmodum heroycis accidit, propter hoc inter virum et mulierem heroy cumulant frequentia conuersationis et ratiocinandi vel blandiendi consuetudo sequendi desideria sensibilium rerum per quam corruptus habitus generatur in mentem, quo mens irrationa- biliter seu corrupte iudicat de bono et utili.

Causae antecedentes dispositiones corporis incli- nantes ad talem concupiscentiam propter aliquam utilitatem siue necessitatem, sicut est inter virum et mulierem complexio venerea vel humiditas titillans in organis generationis, et sic de alijs.

Causae coniunctae fixae cogitationis ac estimationis corrupte mala qualitas cerebri in spiritu non declinans ad siccitatem in plus et caliditatem in minus. Nota istam magis diligenter, quia ibi bene determinatur de stupore.

Signa distinctiua hereos omnia accidentia quae consequuntur assiduam cogitationem mixtam interdum speciei, quumque vero desperationi adipiscendi desideratum vel eo fruendi qualia sunt abstinentia insolita et istantia vigiliarum. Proinde sic- citas et profunditas oculorum et lachrymari priuatio si non fletus affuerit et leuis ac frequens motus palpebrarum nisi grauantur propter ingrauationem ex vigilia causatam, unde etiam quandoque ingrossantur interdum etiam motus palpebrarum et totius vultus est velut videntis vel visui se deponentis quali aliquid aspiciat - 129 -

delectabile aut placidum audiat, quumque vero e contra facies

conturbatur cogitando vel videndo vel audiendo aliquid contristahs

ut ea quae ad elongationem vel repudium spectant et proinde fit

eorum anhelitus, et pulsus etiam interfectus et quadammodo

inordinatus; nam pro vehementia cogitationis diu suspendunt

anhelitum et tandem alte suspirant per longam interfectionem.

Similiter quoque pulsus interciditur et inordinatur, et quumque

fit paruus quando tristitia vel desperatione constringuntur. Magnus

vero quando contrarijs afficiuntur. Similiter interdum est altus

70 rarus interdum vero minimus aut mediocris, unde contigit quod ex immutatione pulsus quae fit in auditu rerum nominatarum veL.jriemo-

ratarum potest cognosci desideratum; nam quando illud aut eius

circumstantia nominatur pulsus manifestam inducit magnitudinem,

et quandoque velocitatem aut frequentiam.

Specialia curae heroys: diuertere cogitationes a re desiderata, procurare odium et displicentiam eius, eadem re vel simili potiri si possibile fuerit, salua tamen in omnibus honestate; diuerattur cogitatio extraneis et insuetis obiectis, sicut accidit in longa peregrinatione ad partes multum distantes 80 a loco rei desideratae occupatione circa diuersa negotia siue

placentia fuerint, ut venatio, disputatio etc., seu displicentia ut litigare in causis pro suscepta iniuria vel guerrarum sol-

licitudine deteniri, aut opus aliud prosequi praecepto superioris etc. Sciendum est tamen quod quaecumque delectabilia non distahunt 130 -

cogitationem in omnibus a rebus desideratis; nam illi quos diuturna

copia talium delectabilium fecit expertos, ut sunt nobiles et

potentes, qui modo odorifero et generibus musicorum et virgultorum i amenitatibus non distrahuntur a conceptu et appetitu heroyco, iirmo

potius ex his eorum desiderium inflarrrnatur et incenditur cogitatio

90 • circa desideratum, nam talibus excellentijs reputatur ab eis; e

contra vero contingit his qui nunquam tales delitias gustauerunt.

Similiter autem quoque vita aspera et penosa si heroy capiantur

parum eos distrahit similis occupatio, multis vero contraria,

unde unicuique secundum contrarium suae consuetudinis adaptanda

est occupatio, nisi prohibeat timor nocumenti maioris. Distrahitur

quoque mens cogitantis heroyci duro ac reprehensiuo colloquio

verendae personae, odium et displicentia rei desideratae procurant

videre aut audire deformitates, turpitudines ac vilitates eius

atque narranda, tales sunt eligendae personae quae cautae faciant

100 esse credibile quod narrabunt, aut potius experiri faciant: ita

forte. Odium quoque procurant empta naturalia assecutio rei desi•

deratae sollicitudinem furiosam desiderantis expellent, et feruorem

desiderij terminant, quia si res desiderata nequeat obtineri per

usum expellentis aut similis heroycus temperatur; nam si desiderata

persona propter carnis complacentiam non possit haberi, usus carnis

in alia desiderium alterius reprimit, et velut delectabili occupa-

tione detrahens mentem nebulans tumultuosae sollicitudinis pro

magna parte dispergit. Simili quoque modo si res desiderata sit - 131 -

equus quis aut aliquld aliud rei similis usus prout expedit debet

110 sequi.

Arnaldi Villanovani, Speculum introductionum medicinalium

(Basileae, 167?), "De accidentibus animi", pgg. 156-159:

... medicus solum illas dicit esse species distinctas accidentium

quibus manifesto corpus sensu sanabile diuersimodi alteratur;

caeteras vero quarum effectus tales non sunt, manifeste diuersi

sub una specie comprehendit vel reducit ad alias; proinde non

numerat inter ea desiderium, fugam, audaciam, spem, desperationem,

amorem, odium aut rancorem ... haec enim omnia accidentia non

immutant corpus nisi mediante ira vel gaudio vel tristitia, sicut

de pluribus patet patientibus amorem heroicum.

(xii). BERNARDO DA GORDON

Bernardi Gordonii LiHum Medicinae, (Lugduni 1574), "De passionis

capitis", particula ii, cap. xx: "De amore, qui. hereos dicitur"

pgg. 216-219:

Amor, qui hereos dicitur, est solicitudo melancholica propter mulieris

amorem. Causa huius passionis est corruptio aestimativae, propter

forma]7i et figuram fortiter affixam; unde, cum aliquis philocaptus est in amore alicuius mulieris, ita fortiter concipit formam et

figuram et modum, quoniam credit et opinatur hanc esse meliorem,

pulchriorem et magis venerabilem, magis speciosam et melius dotatam - 132 -

in naturalibus et moralibus quam aliquam aliarum. Et ideo ardenter

concupiscit earn, et sine modo et mensura, opinans si posset finem

attingere, quod haec esset sua felicitas et beatitude Et intantum

10 corruptum est iudicium rationis, quod continue cogitata de ea, et

dimittit omnes suas operationes ita quod, si aliquis loquatur cum

eo, vix intelligit aliqua alia. Et quia est in continua meditatione,

ideo solicitudo melancholica appellatur.

Hereos dicitur, quia hereosim et nobiles propter

affluentiam deliciarum istam passionem consueverunt incurrere;

quoniam sicut dicit Viaticum: sicut felicitas est ultimum dilectionis,

ita hereos ultimum dilectionis; et ideo intantum concupiscunt, quod

insani afficiuntur. Iuxta illud Ovidii,

A trabe sublirni triste pependit onus.

2 0 Iudicium etiam ipsorum corruptum est, et ideo dicebat

Versificator:

Qmnis amans caecus, non est amor arbiter aequus: Nam deforme pecus iudicat esse decus.

Et alibi:

Quisquis amat ranam, ranam putat esse Dianam.

Virtus igitur aestimativa, quae est altior inter

sensibiles, praecipit imaginativae, et imaginativa concupiscibile,

et concupiscibilis irascibili, irascibilis virtuti motivae lacertorum, et tunc movetur totum corpus spreto ordlne rationis, et currit de nocte et de die per viam et in via, spernendo calorem et frigus et omnia pericula .cuiscunque cbnditionis sint, cum iam amplius non potest quiescere corpus, sed concupiscentia non quiescit intantum, quod tristabilia sunt, sine comparatione, maiora quam essent delec- tabilia, dato quod haberent intentum. Et cum natural!ter fugiantur tristabilia, hie autem mente captus est propter unam modicam et miserrimam delectationem, omne tristabile videtur sibi delectabile

Indirecte faciunt ribaldi, qui propter delectationem ludi et tabernae in hyeme incedunt nudi, et in terra decumbunt, et tamen vident quod est maius, vel delectabile vel tristabile, et non est dubium quod tristabile, et tamen eligunt maxLme tristabilia propter medica delectabilia: ita et isti miseri philocapti.

Signa autem sunt quando amittunt somnum, cibum, potum, et maceratur totum corpus, praeterquam oculi, et habent cogitationes occultas profundas cum suspiriis luctuosis, et si audiant cantilenas de separatione amoris statim incipiunt flere et tristari, et si audiant de coniunctione amoris statim incipiunt ridere et cantare.

Pulsus eorum est diversus et inordinatus, sed est velox, frequens et altus si mulier quam diligit nominetur aut si transeat coram ipso. Et per nunc modum cognovit Galenus passionem cuiusdam iuvenis; patiens enim erat melancholicus, tristis et macilentus, et pulsus erat occultus et inordinatus, et nolebat Galeno revelare. Tunc accidit a fortuna ilia mulier, quam diligebat, transivit coram eo; - 13k -

et tunc pulsus fult subito fortiter exitatus, et cum inulier transivisset,

pulsus revers us est ad naturam primam. Et tunc cognovit Galenus quod

philocaptus erat et dixit: "tu es in tali passione, quia talem

diligis mulierem", et alter fuit admiratus quod cognovisset passionem

et personam. Et ideo si aliquis vult scire nomen mulieris quam

diligit, nominet sibi multas, et cum nominatur illam quam diligit,

statim pulsus excitatur. Ilia ergo est, et fugiatis ab ea. Pro-

60 gnosticatio est talis, quod nisi hereosis succurratur, in maniam cadunt aut moriuntur.

Patiens iste aut est obediens rationi, aut non. Si

est obediens, removeatur ab ilia falsa imaginatione ab aliquo viro

quern timeat, de quo verecundetur cum verbis et adnrinitionibus,

ostendendo pericula seculi, diem iudicii et gaudia paradisi. Et si

rationi non est obediens, et si esset iuvenis, quod esset sub ferula,

tunc frequenter et fortiter flagelletur, donee totus incipiat foetere,

deinde nuntientur sibi valde tristabilia, ut maior tristitia minorem

habeat obfuscare. Aut quod nuntientur alta delectabilia, ut quia

7 0 factus senescalcus, vel ballivus, vel beneficium grande est sibi collatum, et ita revocabitur, quia honores mutant mores, deinde

tollatur otium, de quo Ovidius:

Otia si tollas, periere cupidinis arcus.

Deinde distrahatur ad longinquas regiones, ut videat varia et diversa.

De hoc Ovidius: - 135 -

Vade per urbanae splendida castra toga: Pyxides invenles rerum mllle colores.

Deinde hortetur ad dlligendum multas, ut distrahatur amor unlus

propter amorem alter! us, et de hoc Ovidius:

80 Hortor ut pariter binas habeatis arnicas, Fortius, et plures si quis habere potest.

Utile igitur est mutare regimen, et esse inter amicos

et notos, et quod vadat per loca ubi sint prata, fontes, montes, nemora,

odores boni, pulchri aspectus, cantus avium, instrumenta musica. Tamen

dicit Avicenna quod aliqui plus moventur per instrumenta musica. Et

si aliqua materia fuerit aggregata, mundificetur sicut dictum est in

capitulo de mania et melancholia, quia vere una species melancholiae

est. Final!ter autem cum aliud cosilium non habemus, inploremus

auxllium et consilium vetularum, ut ipsam dehonestent et diffament

90 quantum possunt. Ipsae enim habent artem fugacem ad hos plus quam viri, tamen dicit Avicenna quod aliqui sunt, qui gaudent in audlendo

foetida et illicita. Quaeretur igitur vetula turpissima in aspectu

cum magnis dentibus, et barba, et cum turpi et vili habitu, et quod

portet subtus gremium pannum menstruatum, et adveniens philocapta

quod incipiat dehonestare camisiam suam dicendo quanto est tignosa

et ebriosa— et quod mingit in lecto, quod est epilentica et impudica,

et quod in corpore suo sunt excrescentie enormes cum fetore anhelitus

et aljis omnibus enormibus in quibus vetule sunt edoctae.

Si autem ex his persuasionibus nolit dimittere, subito extrabat pannum menstruatum coram faciem portando, dicendo, clamando:

"talis est arnica tua talis." Et si ex his non dimiserit, non est homo seu diabulus incamatus. Patuitas igitur sua ulterius secum

fit in perditione.

Intelligendum quod coytus superfluus dessicat, et talis non competis hereosis nec tristibus nec melancholicis sed quibus permissum est competit secundum termperamentum (secundum

Avicennam). Secundum autem temperamentum fit (secundum Galenum) quando fit, causatis tantis interuallis, ut corpus sentiat se

.alleuiatum et melius comedentem et dormientem. Coytus igitur quandoque letificat et calefacit, et bonam digestionem inducit; ideo bene competit quibus est permissum dum tamen fiat cum

temperamentum.

Secundo notandum quod vinum, . - quia laetificat et humectat, si cum temperamento surrritur, quia digestionem confortat, ideo bene competit. Opus igitur quod vinum non sumatur in pauca quantitatae nec in tanta quod inebriet seu in tali quod letificet et curas tollat vinum; ubi ebrietas nulla vel tanta fit ut sibi curas eripiat si qua est inter utriumque nocet. Et ideo dicebat Viaticus: "qui primo vinum de vite ducere mollitus est inter sapientissimos debet reputari."

Tertio advertendum quod in hac cura competit balneum,

quia humectat et laetificat, dum tamen corpus fuerit mundificatum. - 137 -

Quarto sciendum quod amor, qui hereos dicitur, proprie

loquendo, propria passio cerebri est, propter corruptionem imaginativae.

Testiculi autem possunt esse subiectum quo ad causa inconiunctam, sed

hepar quo ad antecedentem.

Quinto notandum quod ista passio frequentius advenit

viris quam mulieribus, pro tanto quia viri sunt calidiores et unl-

versaliter fceminae frigidiores, et hoc plus in masculis brutorum,

130 qui cum furia et impetu mouentur ad coy turn implendum nunc, quia

viri calidiores, ideo in coitu intensius delectantur; mulieres autem

extensive plus, quia in semine viri et in semine (sic) proprio.

Ultimo intelligendum quod ista passio pulcherrimo modo potest

describi sic: Amor est mentis insania, quia animus vagatur per

maniam cerebri, doloribus permiscens pauca gaudia.

(xLii) VTWCENZO DI BEAUVAIS

Speculum Doctrinale ( Graz, 1964-1965), Liber Xlll, cap. cxlii,

"De accidentibus virtuti vitali":

Amor est animae confidentia suspiciosa in eo quod

amatur, cogitationisque in illud assiduitas. Huius signa sunt

oculorum concauitas, et eorum assidua motio, maximeque palpebrarum.

Omnia autem alia membra corpora praeter oculos attenuantur, siue

macerantur, sed visus puldaritudo remanet. Pulsus eius est ut

hominis tristis, et si res amata nominetur, pulsus mutatur, diuer-

sificatur, atque turbatur. Hae sunt ergo significationes morborum - 138 -

in cerebro nascentiurn. Sciendum autem harum quaedam esse communes duarum aut trium passionum ut mentis alienatio phrenesi, et melan- choliae; stupor vero lethargiae, et passioni quae cuma vocatur.

Porro quaedam uniuscuique morbi propriae, sicut tristitia et timor melancholiae, spuma quoque epilepsiae. Ideoque in solis coirmunibus signis non oportet confidere.

(xLv) ALESSANDRO D'AFRODISIA

I Problemata attribuiti ad Alessandro d'Afrodisia fanno parte di un corpus di Problemata di indirizzo pseudo-scientifi attribuito di volta in volta ad Aristotele, a Plutarco, a Cassio medico, ecc. Essi godettero notevole diffusione nel mondo bizantino ed alia fine sel sec. XV, tradotti in latino, divennero 1'opera piu letta di Alessandro. La tradizione del testo greco e piuttosto complicata; P. E. Cranz, "Alexander Aphrodisiensis", Catalogus

Translationum et Commentariorum: Mediaeval and Renaissance Trans• lations and Commentaries, ed. da P. 0. Kristeller (Washington, D.C,

I960), vol. 1, pg. 126, distingue due recensioni: una breve, in due libri contenenti rispettivamente 152 e 76 problemi, che cos- tituisce la editio princeps (Venezia, ap. Aldum, l497> edita da

I. L. Ideler in Physici et Medici Graeci, 2 voll., Berlin 1841-42); un'altra recensione in quattro libri (libro terzo: 22 problemi; libro IV: 192) edita da U. C. Bussemaker in Aristoteles Opera Omnia

(Paris, 1857), vol. IV, . 291-332. Cranz, pgg. 126-134 offre Pgg - 139 -

inoltre una lista esauriente delle traduzioni latine dei Problemata con relative discussioni. Per il problema della attribuzione della opera si vedano V, Rose, Aristoteles Pseudepigraphus (Lipzig, 1863) e P. Moraux, Alexandre d'Aphrodise (Paris, 1942). Si vedano anche le pgg. 90-91 di questo studio con relative note.

Problemata, Angelo Politiano int. (Amstelodami, ap_. J. Janssonium,

I665), nr. 22, pg. 190 (Ideler, vol. I, nr. 21, pg. 10):

Cur dolentes et amantes et irascentes suspirant admodum et frequenter? Quoniam dolentium anima ad ipsam doloris causam conversa est; cupientium, ad id quod cupiunt; irascentium, ad id, quod iram lis concitat. Igitur intenta anima ad id, quo movetur, neglegit et quodammodo obliviscitur motivam pectoris musculis virtutem praebere. Cor itaque ipsum neque pectoris dilatatione aerem accipiens, ideoque neque perflatum atque refrigeratum, neque item contractione excernentem singultifica excrementa, quae de sanguinis exustione gignuntur, dum suffocationem metuit, animam cogit, atque admonet, ut quamplurimum musculis motum praebeat, majoremque inspirationem atque expirationem efficiat, ut majorem quoque vim frigidi aeris accipiat, majoremque vim excrementorum effutiat, ut quod exiguae crebraeque respirationes facturae fuerant, idem major una afficiat. Unde et Graecum nomen suspirio ex angustia pectoris prisci dederunt, suspirant autem diutius et frequenter, quoniam in id semper, quo movetur, conversa est. Natura autem cogit earn, ut aliquando plus motivae virtutis musculis pectoris per cor - 140 -

jjrmittat: quod autem in pectore respiratio, idem in corpore perspicua est, quae per arterias fit. Siirilis autem est inspirationis dilatatio, expirationis autem contractio. Sub pulsus vero nomine dilatatio contractioque comprehenditur.

Nr. 87, pgg. 214-215 (Ideler, vol I, nr. 87, pgg. 28-29):

Cur amantium extremae partes modo frigidae sunt, modo calidae? Quoniam ubi dolore affecti sunt erga amicam, eamque se desperant potituros, insitus calor una cum natura in intima penetrat, quo fit, ut extremae partes frigescant, obque id ipsum et pallent et tristes evadunt. Contra vero cum aut bona spe ab amico sunt affecti, aut cum vehement er irascuntur, turn innatus calor ad cutem vergit una cum natura, fiuntque calidiores et rubicundiores. Obque hanc ipsam causam pictores. Amores nunc tristem pingunt et quiescentem, nunc volantem et ridentem, puerum vero notabilem, quia cupido vehemens quidem est, non tamen diuturna et perpetuam est, ut in legitimis ami cis, aut in patre erga filium, aut in uxore erga virum. Amor autem non perpetuus est. Ut plurimum enim circa ignotos accidit. Dispositio quoque modica stabilisque est. Amor tamen vehemens et insanientis similis. Facem vero habere fingunt atque esse pennatum, quia animantium animi suspensi to Hunt ur, suntque mutabiles ceu volucres. Turn cordi insistus calor semper is exardescit incessabili videlicet vehementique cora erga id, quod cupiunt. Tenet autem dextra gladium, sinistra autem pharetram, et quam plurimas sagittas quoniam - Ikl -

a principio quidem ex uno oculorum radio amor oritur: una enim et

2 0 videt, et cupit; ut vero primum cupit, perpetuos emittit amans radios

in id quod a se cupitur. Is autem radius sagittae similitudinem habet,

quod eum amans in corpus jacuntur. Sunt vero intra pharetram sagittae,

quoniam occultos emittant radios qui amant. Ut autem eventus ignem,

sic consuetudo amorem accendit; non enim proprie ex ipsa amor oritur.

Si enim hoc esset, procul dubio oporteret ex consuetudine semper

amorem gigni. Amoris autem ortus repentinus est. Est vero nudus,

quia absque medio desiderium id manifesteque evenit. Neque enim

per alterum quippiam amat quisquam, sed neque clam, neque palam ignorat.

Quaproper et statuarii honoris gratia nudos interdum deos regesque

30 effingunt, ut qui indicare velint, ad apertum ullud virtutis eorum ac

mentis extra omne clancularium vitium existere. Non est unus amore,

sed plures: seu quia diversi rerum sunt amatores, aliter enim atque

aliter amant, quemadmodum et divinus Plato ait, Amorem multorum

capitum beluam esse, seu quia sub multos, ut idem ait, amores idem

cadit: Matrem vero habet Venerem, hoc est, cupiditatem. "veneris

enim simulachro cupiditatem effingunt. Fertur autem amor Erinnyn

furiam amasse, videlicet, quia multi inique amarunt, impiisque sunt

cupiditatibus affecti, quemadmodum et a me ipso in secundo Allegoriar'jm

libro ostentum est, quern in confictas de iis historias composui. - 142 -

(xv) DINO DEL GARBO

Scriptum super cantilena Guidonis de Cavalcantibus. Riproduco

1 qui l edizione della breve opera di Dino edita da G. Favati

nella sua edizione delle Rime di Guido Cavalcanti (MLlano, 1957),

Pgg. 359-378).

Incipit scriptum super cantilena Guidonis de Caualcantibus,

a Magistro Dino del Garbo, egregio medicine doctori, editum.

Ista cantilena, que tractat de amoris passione, diuiditur

a in tres partes: in j ostenditur quot et que sint ea que dicun-

tur de ipso; secundo, de illis que proponit determinat; tertio,

imponendo finem dictis, ostendit sufficientiam eorum que dixit.

Ibi i j : In quella parte doue sta memoria; ii j ibi: Tu puoi

sicuramente.

In prima parte, que est primus uersus, tria ponuntur:

10 primo ostenditur intentio generalis; ij° quails debet esse

auditor huius sermonis; iij° in spetiali ostendit quot et que

intendit dicere de amore. ij ibi: et al presente; iij ibi:

che senqa naturale.

Uolens igitur auctor determinare de passione amoris, pre-

mictit causam mouentem ipsum ad tractandum de amore. Causa autem

. mouens ad hoc est mulier uel domina, que ipsum rogauit. Causa

quare istud attribuitur mulieri uel domine fuit duplex: una

est quia huiusjmodi] passio, que est amor de quo loquitur, ut

plurimum circa mulierem uersatur; et, licet aliquando erga

masculum uersetur (sed raro, cum sit talis amor bestialis et ideo preter naturam), ideo solum hie proponit circa mulierem;

secunda causa fuit quod forte hie auctor uexabatur tunc passio•

ne ista circa aliquam mulierem et ideo, ut ei applauderet, pro•

ponit hanc causam circa mulierem.

Sed aduerte quod, licet causa propter quam motus fuit ad

tentandum hoc circa amorem fuerit mulier uel dorrrlna quam forte

dilexerat, tamen non dixit quod hec domina sibi preciperet, sed

dixit quod rogauit eum ut ostenderet ea que tractat. Hie non

dicet in quantum passionatus tali passione amoris; nam qui hoc

modo passionatus est cogitur ad exequendum ea que uult res quam

'amat: unde et hoc modo illud quod ei dicit domina quam amat est

ei preceptum sieut dictum domini seruo.

Sed ilia que dicet referet scientifico modo et ueridico,

tracto ex preceptis scientie naturalis et moralis. In talibus

autem que sic dicuntur ab aliquo, ille qui dicit optinet locum

magistri cum sit sciens; qui uero recipit ea que dicuntur opti•

net locum discipuli, cum sit ignorans et addiscens. Et ideo,

sicut magister optinet locum principatus, ita in hac materia

uoluit se ostendere quantum sit in hoc optinere locum principantis

et magistri; et ideo, sicut subditi uerbum ad dominum non debet

esse cum precepto sed cum rogamine (Subditus enim non debet

precipe[re]domino sed rogare), sic iste, propter hanc causam,

uertens se ad istam intentionem, non dixit Donna mi comanda,

sed dixit Donna mi priega. Et nota quod significanter dixit

Donna, ut ostenderet quod ista petitio est iusta cui debet satisfacere, cum esset potens in satisfaciendo. In hoc enim uerbo ostenditur quod petitio est iusta ratione illius qui petit: nam tunc est petitio iusta cui satisfieri debet ratione illius qui petit, quando petens cognoscit illud quod petit et quando qui petit est persona digna.

Nunc autem hoc nomen donna attribuitur mulieri cum iam habeat cognitionem perfectam, quoniam mulieri que est in etate pueri-

11, in qua cognitio non est perfecta, non attribuitur hoc nomen donna. Iterum, etiam attribuitur mulieri digne; nam illud nomen attribuitur mulieri hones te: mujlierj enim meretricia non dicitur donna. Et maxime attribuitur hoc nomen mulieri que est proles alicuius familie, que non est animo uiliter nata: unde dignitatem habet ex honestate et ex prole generationis sue.

Deinde subdit d'uno accidente etc. ubi de hac passione de qua tractare intendit dicit iiij: primo, quod est accidens; ij°, quod est accidens ferox; iij°, quod est accidens altum, idest magnum; iiij° quod uocatur amor. 3 Dicitur autem passio hec accidens, primo quia non est sub• stantia per se stans, sed est alter! adherens sicut subiecto, ut appetitus anime, simili modo sicut anime passiones, que sunt ira, tristitia, timor et similia; secundo dicitur acci- dens, quia potest aduenlre et etiam recedere sicut accidentia alia; tertio dicitur accidens, quia aduenit ab extrinseco et, licet secundum aliquid possit quis habere dispositionem intrin- - 145 -

secam per quam faciliter incurrat in hanc passionem, ut postea

declarabitur, tamen causans ipsum principaliter est res extrinseca.

Dicitur autem hec passio accidens ferox ratione intemperantie

que est in hac passione, ut declarabitur postea; sed dicitur

accidens magnum ratione effectuum quos inducit in corpus: con-

uertit enim plus et alterat quam alie passiones, ut declarabi•

tur in processu cantilene.

De causa autem quare hec passio uocatur "amor", ponere non

curamus, quoniam de nominibus nulla debet esse cura, cum rei

80 essentiam cognoscimus; nam, secundum Philosophum, nomina rebus ad placitum imponuntur.

Deinde subdit si chi lo nega etc., quasi dicat: sic opor-

tet nos loqui de isto accidente, ut, quicumque negat ipsum esse

quia ignorat quiditatem et essentiam eius, possit ueritatem

cognoscere de ipso et credat ipsum esse aliquid.

Deinde subdit et al presente conoscente chero etc., idest:

in presenti materia quero quod homo qui audiet ista sit cogno-

scens, idest intelligens, idest subtilis intellectus.

Deinde subdit perch'io non spero etc., idest: non spero

90 quod homo uilis et depressi intellectus talem sermonem quern dicam possit intelligere.

Deinde subdit che senga natural dimostramento etc., idest

sine natural! demonstratione: quasi uelit dicere quod ea que

dicet extraet ex principiis scientie naturalis, et non solum

extraet ex principiis scientie naturalis, imo ex principiis - 146 -

scientie moralis et astrologie; et ideo auditor huius sermonis

debet esse intelligens.

Deinde subdit la doue posa etc. Octo res proponit dicere

de amore: prima ostendere in qua parte habet esse amor sicut

cl 100 in subiecto; ij quid est creans, idest generans ipsum in illo subiecto; iicjl que sit uirtus eius, puta ostendere utrum sit

cl uirtus uel procedens ex uirtute; iiij quid potest inducere

amor in corpus; et hoc non est aliud nisi ostendere efrectus eius; vc l suma essentiam, scilicet quid sit amor; vjc l motus cl amoris, idest alterationes diuersas quas amor facit; vij

unde causatur complacentia ex qua fit amor et ex qua homo mo-

uetur ad loquendum de amore; viij utrum amor possit ostendi

uisibiliter annon. Primam ergo rem tangit cum dicit la doue

posa; secundam, cum dicit e_t chi lo fa ere are; tertiam ibi:

110 et quale e sua uertu; quart am ibi: et sua potentia; quint am ibi: L'essentia; sextam ibi: poi ciascuno; septimam ibi:

Et il piacimsnto; octauam ibi: Et s'uomo; et ita, licet

principal!ter proponat dicere, tamen etiam quedam intermiscet.

In quella parte etc. Hie prosequitur de his que proposuit

dicere de amore; et in ista stantia uel uersu determinat de

duobus primis, scilicet de subiecto amoris et de ipso principio

uel causa generante amorem.

Primo ergo ostendit in qua parte habet esse amor; secundo,

quid sit creans uel generans. Secundo ibi: La qual da Marte

12 0 uiene. - 147 -

Hie igitur uult dicere quod amor habet esse in parte memo•

rial!,quoniam impressio speciei rei, ex qua creatur amor, conser-

uatur in memoria et retinetur in ea sicut lumen procedens ab

aliquo corpore luminoso. Quod lumen infundit habet recipi et

retineri in corpore dyaphano quod illuminatur, quod tamen prius

erat obscurum et erat de se priuatum lumine: declaratum est

enim in scientia naturali quod lux est actus corporis dyaphani,

et ideo dyaphanum est illud quod de se lucem non habet: est

tamen aptum recipere et retinere lucem que infunditur a corpo-

130 re luminoso, sicut apparet de aere, qui est corpus dyaphanum quod

de se lucem non habet, et inde ratione huius dicitur corpus

obscurum, est tamen aptum recipere lucem a corpore luminoso,

sicut est corpus solare aut aliud corpus lucens. Similiter

declaratum est in scientia naturali quod sicut lumen recipitur

in aere et species rerum coloratarum cura lumine intentionaliter,

et non recipitur res ipsa materialis (lapis enim non est in

anima, sed species lapidis, ut dicit Philosophus), et propterea

in memoria illius qui amat non retinetur et conseruatur res

materialis que amatur, sed species rei intentionalis; et sicut

14 0 dyaphanum, existens pri us obscurum, perficitur quando lumine

informatur, ita et uirtus memorialis perficitur quando informa-

tur specie que retinetur et conseruatur in ea; et ideo iste

optime dixit quod ita informatur memoria ex specie rei ex qua

causatur amor, sicut dyaphanum luce, quod de se erat obscurum

et imperfectum. - 148 -

Sed debes hie intelligere, ne erretur, quod, quando iste

dicit quod amor habet esse in parte memorial!, illud dictum [est]

quantum ad speciem rei ex cuius apprehensione causatur amor:

species autem ilia figitur et conseruatur in memoria. Sed

15 0 passio ipsa que est amor non habet esse proprie in memoria, sed

habet esse in appetitu sensitiuo sicut in subiecto in quo habent

esse passiones anime omnes, sicut sunt ira, tristitia, timor,

amor et similia accidentia, sicut declaratum est in scientia

morali et naturali; et iste idem ponit etiam.

Deinde, cum dicit Lo quale da Marte uiene etc., uult auctor

ostendere quod amor est res generata uel creata; et ideo dicit

Egli e_ creato et a sensato nome, idest habet nomen sensibile,

denotans aliquam rem sensibilem, cum istud nomen "amor" deno-

tet et significet aliquam passionem nobis sensibilem, quern ad

160 modum quelibet alia passio sensualis habet proprium nomen, ut

sunt ira, tristitia, timor et similia.

Similiter etiam uult hie ostendere que est res generans uel

creans istan passionem, et quia ad generationem allcuius passionis

in animo concurrunt due res, una est dispositio naturalis

allcuius corporis: uidemus enim quod secundum diuersas dispo-

sitiones naturales corporum homines sunt apti incurrere diuer•

sas passiones: quidam uero faciliter incurrunt in iram, quidam

in tristitiam, quidam in letitiam, et sic similiter, ex dispo-

sitione corporis naturalis, quidam sunt apti ut faciliter hanc - 149 -

170 passionem incurrant amoris.

Alia res concurrit ad causandum aliquam passionem, que est

res extrinseca que suam ymaginem uel speciem causat in uirtute

sensitiua, ad quam cognitionem uel apprehensionem consequitur

appetitus talis uel talis, in quo appetitu iste passiones fun-

dantur. Ideo auctor, ut complete ostenderet que est res gene-

rans istam passionem, primo ostendit que est dispositio naturalis

corporis que reddit hominem aptum ut faciliter istam passionem

incurrat; secundo ostendit que est res extrinseca ex cuius ap-

prehensione consequitur in appetitu passio amoris. Secunda

180 ibi: Uien da ueduta forma; uel posset incipere ibi: D'alma

costume.

In prima parte quod dispositio naturalis, per quam aliquis

inclinatur ad incurrendum faciliter in aliquam passionem, ex

principijs proprie natiuitatis hominis contraitur et, inter ista

principia natiuitatis alicuius, precipua et principalia sunt

corpora celestia: nam, ut dicit Philosophus in "Phisicis",

homo hominem generat et sol; et in "De generatione animalium"

dicit quod in spiritu genitiuo est natura existens proportio-

nalis ordinationi astrorum. Ideo merito iste auctor uult osten-

2^0 dere a quo corpore celesti concurrente in generatione alicuius

datur hec dispositio naturalis per quam aliquis faciliter incli•

natur ad incurrendam hanc passionem que dicitur amor.

Hoc autem ostendit in uerbo illo quod premisit cum dixit - 150 -

La quale da Marte ulene et fa dlmora: nam ista passio dicitur

procedere a Marte isto modo, quoniam astrologi ponunt quod, quan•

do in natiuitate alicuius Mars fuerit in domo Ueneris, ut in

Tauro uel in Libra, et fuerit significator natiuitatis eius, si-

gnificabit natum fore luxuriosum, fomificatorem et omnibus uenereis

abusiuis scieleratum; unde quidam sapiens qui dicitur Aly, in

,,, 2 00 "Comento 'Quadripartiti , dicit quod, quando in natiuitate alicuius Uenus participat cum Marte, dat inamoramentum, forni-

cationem, luxuriam et talia similia, que omnia pertinent ad

passionem amoris de quo loquitur auctor in hac cantilena.

Deinde subdit D* alma costume etc. idest: amor, de quo

dictum est quod est res creata et generata, est mos anime, idest

quedam passio que adnectitur moribus anime; et appellat hie

mores anime accidentia, que sunt dicte passiones.

Deinde subdit Et di cor uolontate: que idest passio inse-

quitur uoluntatem in appetitum sensitiuum qui est in corde.

210 Et ex isto uerbo apparet quod iste ponit quod amor, prout est passio anime quemadmodum ira et tristitia sunt etiam quedam

passiones, habet esse in appetitu sensitiuo; in uirtute autem

memoriali habet esse, ut dixi supra, non pout est passio, sed

ratione specie! rei que apprehenditur, ad cuius apprehensionem

consequltur appetitus talis, in quo causatur hec passio.

Dixit autem hie auctor quod consequltur appetitum sensitiuum qui

est in corde: nam iste loquitur imitans Aristotilem philoso-

phum, qui posuit quod appetitus et omnis uirtus sensitiua habet

esse in corde; sed medici posuerunt quod habet esse in cerebro; que autem opinio num sit uera non est presentis intentionis

discutere.

Et nota quod istum appetitum uocauit uoluntatem, que uide-

tur intellectui attinere, ut ostenderet quod, licet amor fiat in

aliquo ex dispositione naturali per quam quis inclinatur ad incur- rendum faciliter hanc passionem, tamen fit etiam ex proposito et per electionem, quod pertinet ad uoluntatem, que est libera et

liberi arbitrij, cum se habeat indifferenter ad opposita; et

est simile hie, sicut etiam est in alijs passionibus ut, uerbi

gratia, de ira. Nam aliquis, licet sit dispositus ex natura

ad faciliter incurrendum in iram, tamen per uoluntatem potest se

retrahere ab ea, et potest etiam in earn incurrere; et simili modo

etiam de amore. Et ideo, ad denotandum hoc, dixit quod non solum

erat mos anime, idest passio, sed etiam erat consequens uoluntatem.

Deinde, cum dicit Uien da ueduta forma etc., auctor, quia

amor, ut dictum est, passio est quedam ahime (et passio causatur

in anima ex apprehensione alicuius rei quam consequitur appetitus),

uult ostendere que est res ex cuius apprehensione consequitur

talis appetitus ut in ipso causetur hec passio que est amor, et

uult dicere quod passio que est amor causatur ex apprehensione

alicuius forme uisibilis, que quidem comprehenditur, ut postea

dicet, sub ratione complacentie: que complacentia causatur

aut quia uidetur sibi forma illius rei pulcra, uel ex gestibus

illius forme, qui sibi placent, quicumque gestus sint illi:

et ita talis apprehensio fit ab intellectu ad quem peruenit

species illius forme uisibilis. Hie autem est ordo in apprehensione - 152 -

hurnana, sicut declaration est in scientia natural!: quod primo

species rei peruenit ad sensus exteriores, ut ad uisum uel audi-

tum uel tactum uel gustum uel olphatum, deinde ab illis perue•

nit ad uirtutes sensitiuas inter!ores, sicut peruenit ad fanta-

25 0 siam primo, deinde peruenit ad cogitatiuam et ultimo ad memo- rialem. Ab istis autem uirtutibus procedit postea ista species

ad uirtutem nobiliorem, que uirtus in hoirrine est altissima inter

uirtutes adprensiuas, et ista uirtus possibilis, que dicitur

possibilis ad differentiam intellectus agentis, qui etiam est

in nobis; sed, quia intellectus agens non est de uirtutibus

apprensiuis de quibus loquimur hie, sed intellectus possibilis

est ille qui recipit species rei, et recipiendo speciem rei

cognoscit rem, ideo dicit quod peruenit ista forma, primo appre-

ensa a uisu, usque ad intellectum possibilem; et non amplius

260 procedit ad aliam uirtutem, sed cognoscit quod non est alia uirtus apprensiua que sit in nobis altior et nobllior quam sit

ista. Et hoc est quod uult dicere iste auctor cum subdit Che

prende nel possibile intellecto - come in subgecto loco etc.,

idest qui est sicut subiectum et locus specie rerum

apprensarum. Et istud concordat cum uerbo Philosophi posito

in iij° "De Anima", qui dicit quod anima est locus specierum:

sed non tota, sed pars eius intellectiua. Et subdit et dimo-

ranga, idest: et species istius rei moratur, quia scilicet

non procedit ad aliam ulrtute m nec ad alium locum.

270 Sed hie oportet duo notare: primum est quod, licet auctor dicat quod ista passio que est amor causetur ex apprensione - 153 -

forme que primo uidetur, per "ulsum" non intelliglt hie solum

sensus uisus, imo intelligit omnem alium sensum exteriorem. Nam

res que amatur ab aliquo, ut uerbi gratia est mulier, non solum

placet (ex qua complacentia procedit amor, ut postea dicet, ra•

tione eius quod amans comprehendit quod est pulcra ratione coloris

et figure eius et quantitatis et finium), imo etiam aliquando

placet ratione eius quod comprehend!tur per sensus alios, uerbi

gratia ratione loquele eius et aliorum gestuum qui corrprehenduntur

280 per alios sensus. Sed tamen, quia, ut in pluribus, hec compla•

centia ex qua causatur in appetitu passio amoris primo uenit

ex forma que comprehenditur per uisum, nine est quia auctor

solum expressit de sensu uisus. Secundo oportet notare quod

illud quod hie auctor dicit de intellectu possibili non ob aliud

dicit nisi ut ostendat quod apprehensio que cadit in amatore,

secundum quod hie est sermo de amore, apud homines comuniter

non est pure sensitiua, imo etiam intercidit apprensio intellecti-

ua, et propterea in animalibus brutis cadit talis modus amo•

ris et amicitie, de quo non est hec presens intentio.

290 Deinde, cum dicit En quella parte mai non a posanca etc.,

remouet auctor quasi errorem uel dubium quod ex dictis posset

insurgere: quia enim dixerat quod ista forma uisibilis, ex

cuius apprensione causatur amor, peruenit usque ad intellectum

possibilem, potuisset aliquis credere quod per hec uerba ipse

uoluisset quod passio amoris haberet esse in intellectu possibili:

quod non est uerum. Et ideo istum errorem uel dubium remouet sic dicens: En quella parte etc.: hoc est dicere quod, licet sit dictum quod causans amorem sit species alicuius forme uisi- bilis que postea apprehend!tur ab intellectu possibili, tamen passio amoris non habet esse in intellectu possibili, quia intel• lectus possibilis non est uirtus particularis corporea, quia intellectus possibilis non est forma que prouenlat ex qualitatibus elementorum per admlstionem eorum, sicut proueniunt alie forme corporee, que dicuntur forme elementales quia descendunt ab elementis et qualitatibus eorum. Et hoc est quod iste uult dicere quando dicit perche da qualitate non discende: imo intel• lectus est quedam forma a particularitate et corruptibilitate, que corruptibilitas procedit a qualitatibus elementalibus, et ideo in tali forma que est intellectus possibilis primo et proprie recipitur id quod est uniuersale et incorruptibile.

Et hoc est quod iste uult dicere cum subdit Risplende in se perpetuale effecto, idest operatio, que est sicut effectus anime respectu alicuius quod est perpetuum et incorruptibile, sicut et iste intellectus est incorruptibilis.

Et, propterea quod intellectus non est uirtus corporea parti• cularis sicut sunt uirtutes sensitiue, cum amor de quo loquimur hie sit quedam passio corporalis et particularis, talis passio non habet esse in intellectu, cum in eo etiam non sint alie pas• siones corporales, ut sunt ira, tristitia, timor et similia.

Operatio intellectus est pura consideratio et apprensio spiritua- lis; et hoc est quod iste uult dicere cum subdit Non a dilecto, - 155 -

Idest non habet delectationes corporales, quales sunt delectatio- nes que aliquando sunt in passione amoris; et propter hoc inten- dit quod in se nullam aliam habet passionem qualis est ira, tris• titia et sirnilia.

Dixi autem quod nullam habet delectationem corporalem, quia delectationem spiritualem (que delectatio sequitur ad suam pro- priam operationem quando est perfecta) bene habet. Unde Aristo- tiles, x° "Ethyeorum", dixit quod philosophia affert mirabiles delectationes puritate et sinceritate. Talem ergo delectationem bene habet intellectus; sed delectationem que est de istis pas- sionibus anime sensualibus, inter quas passiones connumerantur -.-r ira, tristitia, gaudium, amor et sirnilia, non habet. Sed opera- tio intellectus est pura consideratio et apprensio spiritualis; et hoc est quod uult dicere cum dicit ma consideranqa, idest quod operatio intellectus est considerare et cognoscere.

Deinde subdit Si_ che non puo largire simiglianQa, idest: et propterea non potest illuc, idest ad intellectum peruenire similis passio, sicut est amor uel alie passiones corporee. Et ideo Philosophus dixit, primo "De Anima": "qui dixit animam gaudere uel tristari, simile est ac si aliquis dixerit earn texere uel hedificare", quasi dicat: "sicut illud ultimum non dicimus, ita etiam non debemus dicere quod proprie anima tristetur uel gaudeat"; et refert suum sermonem ad animam loquendo de ipsa pro parte eius intellectiua. - 156 -

Non e uertude, etc. In isto uersu uel stantia prosequitur de aliis duobus que proponit, videlicet de uirtute amoris et de potentia amoris. Et diuiditur in duas partes: nam primo determinat de uirtute amoris; ij° determinat de eius potentia. Secunda 3 5 0 pars incipit ibi: Di sua potentia segue spesso morte. In prima parte uult dicere quod amor non est uirtus sed est procedens ex operatione alicuius uirtutis: gratia cuius est notandum quod in anima sunt tria: nam in ipsa sunt uirtutes que sunt potentie naturales eius, que potentie sunt multe, quarum omnium radix est anima, sicut sunt intellectus, uoluntas, fanta• sia, extimatiua, memoria et uirtus sensitiua comunis et particu• laris et appetitus sensitiuus; et est etiam uirtus uegetatiua, que nutrit corpus. Sunt etiam in ipsa uirtutes que dicuntur intellectuales, ut sunt sapientia, intellectus et scientia, ars 36o et prudentia; et quedam sunt uirtutes morales, ut sunt tempe- rantia, liberalitas, fortitudo, magnanimitas et similia. Sunt etiam in ipsa passiones, circa quas passiones consistunt uir• tutes morales, que animam in talibus passionibus rectificant, ut sunt ira, tristitia, timor, audacia, amor et similia; modo amor non est uirtus que sit de potentiis naturalibus anime, neque est uirtus, que est habitus intellectual is uel moralis, sed amor est passio quedam appetitus, quemadmodum ira uel tris• titia non sunt uirtutes, sed sunt passiones appetitus. Licet tamen amor non sit uirtus, procedit a uirtute; et BTO hoc est quod iste subdit: Ma da quella uiene. Dicitur autem - 157 -

amor procedere a ulrtute non prout ulrtus est habitus intellec-

tualis, quia dictum est prius quod amor habet esse in intellectu

possibili; nec etiam procedit a uirtute, que est habitus moralis,

quod talis uirtus est in appetitu et regolatur a ratione: in

tali autem appetitu in quo est amor de quo loquitur hie non est

ratio regulata, ut ipse statim dicet; et ideo dicitur procede•

re a uirtute prout "uirtus" sumitur pro aliqua potentia anime,

quoniam procedit ex operatione uirtutis sentiue que est in nobis.

Nam amor est passio quedam appetitus, qui appetitus consequitur

380 formam rei apprehense per sensum primo exteriorem et deinde per uirtutes sensitiuas interiores, ut dictum est supra: unde in

amore concurrit duplex passio sensitiua, scilicet cognoscitiua

et appetitiua, quia orrnis appetitus qui est in nobis insequitur

cognitionem. Et, licet in amore concurrat operatio potentie

cognoscitiue-sensitiue, tamen amor non habet esse proprie ut in

subiecto in potentia sensitiua-cognoscitiua, sed habet esse

in appetitiua, sicut oirnis alia potentia; et hoc ideo est quia

in cognitione sola est motus rerum ad animam; sed in appetitu

est motus anime ad res: cognoscimus enim res prout sunt in no-

390 bis, sed appetimus eas prout sunt in se ipsis. Et ideo Philoso-

phus dicebat, vj° "Metaphysice", quod bonum et malum, que sunt

obiecta appetitus, sunt in rebus; sed uerum et falsum, que sunt

obiecta intellectus, sunt in anima. Et quia secundum passiones

trahimur ad cognitionem rei agentis in ipsum, ideo, licet in

passionibus concurrat operatio potentie sensitiue-cognoscitiue

ex qua consequitur talis appetitus in nobis, amor tamen, qui - 158 -

est passio, non habet esse ut in subiecto in potentia sensitiua- cognoscitiua, sed habet esse in appetitu quando appetitus trahitur ad cogriitiones rerum quas appetit. Et quia hie appetitus in quo habet esse hec passio est appetitus sensitiuus et non est appe• titus intellectiuus, quod in intellectu non habet esse hec pas• sio, ut dixi prius, et licet, ut dixi prius, in amore de quo lcquimur hie concurrat aliqua apprensio intellectus: tamen passio amoris non habet esse in intellectu, . et ideo appetitus in quo habet esse amor non est intellectiuus, sed sensitiuus.

Similiter autem, quia hie appetitus .sensitiuus non est regola- ' tus a ratione, imo est efferens et diuertens a ratione, ideo amor procedit a uirtute que non est rationalis sed sensibilis; et hoc est quod uult dicere iste auctor cum subdit: ch'e per• fect ione che si pon tale - non rationale ma che sente dico.

Deinde cum dicit fuor di salute giudicar mantiene etc., uult auctor probare quod appetitus in quo habet esse amor est appetitus qui non est regulatus a ratione, quia hie appetitus non insequitur iudicium rationis rectum et saluum. Nam hie appetitus consequitur iudicium in quo iudicatur aliquid amicum et diligendum: quod tamen non est ita. Et ideo dicit auctor:

Fuor di salute, idest: hec passio ponit iudicium hominis extra salutem quia iudicium quod est in amore non est iudicium sanum, imo est corruptum: iudicat enim habens amorem quod iudicandum non est. Et illud quod dictum est declarat cum subdit che la

'ntentione per ragjon uale, quasi dicat quod intentio iudicandi tunc ualet, idest tunc est recta, quando est cum ratione, scilicet - 159 -

bona. Nunc autem ille in quo est amor discemit male aliquid es•

se amicum, idest amabile, quod secundum rectam rationem non est

amabile: et hoc est quod iste uult dicere cum subdit Discerne

male in cui £ uinto amico.

Deinde, cum dicit Di sua potentia segue spesso morte, uult

auctor ostendere que sit potentia amoris, idest quid potest amor

inducere in corpus. Et intelligit hie potentiam que est respectu

4 30 effectus intensioris quern amor potest in corpus inducere. Nam

adeo potest hec passio corpus alterare, quod multotiens inducit

mortem, que est ultimum terribilium, sicut etiam aliquando ac-

cidit mors in uehementibus aliis passionibus anime; et hoc est

quod primo proponit hie auctor.. cum dicit Di sua potenga etc.

Secundum quern autem modum amor inducat mortem, declarat auctor

cum dicit et subdit Se forte la uertu fosse impedita, quasi dicat

quod amor tunc interficit quando est adeo uehemens, quod propter

ipsum impediuntur opera uirtutis uegetatiue uel uirtutis uitalis,

que conseuat uitam et operationes eius in corpore humano. Uide-

44 0 mus ad sensum corpora illorum in quibus est amor adeo uehemens, et

non consecuntur nec adimplent eorum desiderium, arefieri et des-

sicari et tandem consumi et mori: et istud uidemus non solum in

amore accidere, imo etiam hoc accidit in omni uehementi cogita-

tione et sollicitudine anime: impediuntur enim, in talibus,

anime operationes uirtutis uitalis, que dicitur iuuare contrariam

uiam, idest que conseruat uitam, que est contraria mortis. Et

hoc est quod iste uult dicere cum dicit Se forte, idest fortasse, - i6o -

La uertu fosse Impedlta - la quale aluta alia contraria ula.

Subdit autem postea auctor iste Non perche opposta natural sia:

4 50 in quo uerbo uult ostendere secundum quern modum hec passio impedit opera uirtutis uitalis, propter quod impedimentum inducit mortem; et

uult dicere quod amor non impedit opera uirtutis uitalis nec inducit

mortem quod proprie amor sit aliquid contrarium naturale i'psi uite,

quern ad modum inducunt mortem alie egritudines, uerbi gratia sicut

est maltegrinalis complexio: ista enim inducit mortem quod est contra•

ria bone complexioni, in qua stat uita; amor autem non est resque sit

proprie contrarium naturale ipsi uite, sed amor inducit mortem in quan•

tum in ipso amore homo torquetur, idest remouetur a bono suo perfecto

et a bona sua et a perfecta sua natural! dispositione. Et hoc est quod

4 60 uult dicere auctor cum dicit Non perche opposito natural sia - ma quanto che da buon perfecto torto e_: nam in amore, quando est ualde uehemens,

aliquis remouetur a bona sua dispositione naturali et tendlt uersus

melanconicam, sicut ponunt medicine auctores; et hoc est propter uehe-

mentem cogitationem . que est in ipso et sollicitudinem circa rem quam

amat: nam ex hoc accidit quod uirtus distrahltur tota quasi ab operibus

nutrimenti, eo quod ipse actus unius uirtutis intenditur ualde, actus

aliarum uirtutum. ualde actus animate uirtutis, ideo diminuitur et debi-

litatur ualde operatio nutrimenti, propter quod corpus decidit et remoue•

tur a sua bona dispositione naturali et tendit in dispositionem malam

470 et egram, propter quod ultimo corpus consumitur et moritur. Sic ergo amor interficit: non quod sit aliquid contrarium directe naturale, sed

quod sit aliquid contrarium directe naturale, sed quod in ipso distrahitur - 161 -

uirtus naturalis ab operationibus propriis nutrimenti. Subdit autern

postea: Per sorte non puo dire huom ch'aggia uita, quasi uelit dicere:

neque a sorte, idest neque a casu, accidit quod amor inducat mortem,

sicut posset aliquis dicere: quod casus non est res stabilis et firma,

cum sit causa sui effectus non ut in pluribus sed in paucioribus.

Et hoc est quod uult dicere cum dicit Che stabilita non a signoria.

Modo uidemus ad sensum quod amor hoc multotiens facit, scilicet

48 0 quod interficit, quando aliquis uehementer perseuerat in ipso; et

uidemus etiam quod, quando quis obliuiscitur eius, ex obliuione sola

redit ille homo ad dispositionem suam naturalem; et propterea medici

ponunt quod maxima cura istius passionis, scilicet amoris, est ut homo

distrahatur a cogitatione illius quod amat et obliuiscatur eius; et

propterea ex hoc amor interficit multotiens, hoc est signum quod amor

non interficit a casu et quomodocumque, imo interficit per se; sed ex

hoc quod ex sola sui obliuione quis ab hac passione curatur et redit ad

dispositionem naturalem absque alia alteratione et curatione facta per

medicinas exteriores, est signum quod amor interficit non quia sit

490 aliquid contrarium naturale, sed interficit per alium modum, qui dictus est. Et hoc est quod uult dicere ultimo: A simil puo ualere quando

huomo oblia, idest obliuiscitur. Hoc est dicere: eius sola ualet ad

curationem et remotionem impedimenti et mortis, sicut ista primo ualet

ad inducendum mortem: nam hoc non faciunt ut contrarium naturale aliquod,

sed faciunt modo dicto.

L'essere etc. In isto uersu uel stantia prosequitur auctor de aliis

duobus que proposuit dicere de amore, scilicet de assentia amoris et de - 162 -

amore, scilicet de assentia amoris et de motibus quos amor inducit in

corpus. Primo ergo dicit in quo consistat quiditas et essentia amoris;

500 secundo ostendit qui sint motus eius, idest quas alterationes inducit

diuersas in corpus. Secunda pars incipit ibi: Moue cangiando colore.

In prima ergo parte, cum dicit L'essere, intendit dicere quasi dicat

quod essentia amoris in hoc consistat: quod est passio quedam in qua

appetitus est cum uehementi desiderio circa rem quam amat, ut scilicet

coniungatur rei amate: et hoc est quod uult dicere iste cum dicit

Quando '1 uolere e tanto - ch'oltra misura di natura torna, quasi uelit

dicere quod in amore est tantum desiderium in appetitu ad hoc ut coniu-

gatur rei amate, quod est ultra mensuram, idest terminum naturalem; nam

istud desiderium in amore adeo est magnum, quod quasi uidetur esse

510 infinitum: unde non habet terminum sicut naturalia sunt mensurata et

terminata.

Causa autem quare in amore est tantum desiderium in appetitu ut

coniungatur rei amate est quod res amata est sicut finis illius qui amat

et sicut propria perfection appetitus in quo est passio amoris. Nunc

autem quelibet res appetit coniungi suo fini in infinitum: unde et

Philosophus, etiam primo Polytice , dixit quod quelibet ars et cognitio

appetit suum finem in infinitum intelligere. Tamen hie quidem non proprie

dicitur appetitus infinitus, quod non habet terminum ultra quern possit

augeri appetitus respectu finis proprii; et propterea, referens se ad

520 ilium intellectum, dixit hie auctor quod amor est quedam passio,

consistens in appetitu in quo est desiderium ut coniungatur rei amate

tantum quod est ultra mensuram termini naturalis, quum in eo est quasi - 163 -

infinitum desiderium; et cuirr isto appetitu, in quo est hec passio, est

etiam sollecitudo cogitationis continuatiue circa rem amatam. Et hoc

est quod uult dicere quum subdit: Poi non s'adoma di rjposo mai; et

istud dictum de diffinitione essentie amoris concordat cum eo quod

auctor dicit de amore diffiniendo ipsum. Dicit enim: amor est solli-

citudo melanconica, similis melanconie, in qua homo iam sibi inducit

incitationem cogitationis super pulcritudinem quarumdam formarum et

530 figurarum que insunt ei; deinde adiuuat ipsum ad illud desiderium eius et non consequitur - Et Alyabas dixit quod amor est sollicitudo anime

in illud quod amatur, et cogitationis in ipsum perseuerantia. Sed no-

tandum est , gratia perfectioris intellectus eorum que hie dicuntur

de amore, quod amore accipitur dupliciter: uno modo comuniter et large,

secundum quod est quedam passio per quam inclinatur et mouetur appetitus

in aliquam rem que uidetur sibi bona propter complacentiam eius, ratione

cuiuscumque actus illius rei: et isto modo non accipitur hie: nam isto

modo amor est circa multa de quo amore non est presens intentio. Et de

omnibus amicis ad inuicem est hoc modo amor: quod amici amant se ad

5^0 inuicem, et tamen non amant se amore de quo est hec presens intentio; et potest etiam esse amor in uno respectu alterius, et tamen non erit ami-

citia inter eos: omnis enim qui est amicus alicui amatur ab illo, sed

- non omnis qui amat aliquem amatur ab illo; et ideo, licet omnis amicitia

sit cum amore, non tamen omnis amor est cum amicitia. Sed alio modo

accipitur amor specialiter et proprie pro passione quadam, que iam adeo

est in appetitu uehementer impressa, ut difficulter remoueatur ab ipso:

que passio est proprie circa actus uenereos, in quibus actibus est

furiositas et intemperantia, cum in illos actus homo inclinetur ex appe- - 164 _

titu naturali. Et hoc modo intelligitur hie de ista passione que

550 dicitur amor: que passio, propter uehementem eius impressionem, iam alterat corpus alteratione non naturali: unde, iam quod in ipso

dicatur egrotare potiot, et auctores medicine, qui de egritudinibus

et de eorum curis determinant, tractant de hac passione et modum etiam

curationis sue. Et uocatur talis passio "ereos" ab auctoribus

medicine.

Deinde, cum dicit Moue cangiando colore, loquitur auctor de motibus

ipsius amoris, idest de diuersis alterationibus quas hec passio inducit

in corpus; et uult dicere quod in hac passione corpus alteratur diuersis

et contrariis alterationibus, quod quidem non accidit in aliis passio-

560 nibus anime, ut in ira, in tristitia, in timore et in similibus. Nam in amore corpus alteratur nunc ad istum colorem, nunc ad ilium qui est

oppositus; similiter etiam alteratur^ nunc ad risum nunc ad plantum.

Et hoc est quod uult dicere primo cum dicit Muoue cangiando color riso

in pianto. Similiter.etiam in amore corpus nunc alteratur ad gaudium

et spem, nunc ad timorem et desperationem. Et hoc est quod uult dicere

cum dicit Et la figura con paura stoma, hoc est dicere: aliquando

ponit figuram hominis similem figure hominis gaudentis. Causa autem

istarum diifersarum alterationum quas amor inducit in corpus est propter

diuersitatem ymaginationum que representantur sibi de re quam amat:

570 nunc autem representatur sibi aliquid de ipsa propter quod gaudet letatur et sperat; nunc uero representatur sibi aliquid propter quod timet

tristatur et desperat. Et secundum hoc accidit quod in ipso diuersimode

mouetur calor naturalis et spiritus, qui nunc monetur ad intra nunc ad - 165 -

extra, nunc partim ad intra nunc partim ad extra, secundum quod

diuersimode mouetur in diuersis passionibus anime.: ex cuius motu

diuerso accidit diuersificatio coloris corporis, ita ut nunc sit

unius coloris nunc alterius, et nunc assimiletur figura eius figure

timentis nunc gaudentis, nunc ridentis nunc plorantis, et ideo subdit

auctor Poco sogiorna, idest parum quiescit in cogitationibus suis:

5 80 talis homo, quando est in cogitatione alicuius rei, subito peruenit ad ipsum species rei quam desiderat, et abscinditur a cogitationibus

illius rei prime; et, secundum diuersitatem ymaginationum quas habet

de re quam desiderat, mouetur subito de uno modo passionis in alium,

et parum in una passione quiescit; et istud declarabit in uerbo illo t quod subdit: La_ nuoua qualita.

Deinde cum dicit Ancora di lui uedrai. etc. intermiscet auctor

in quibus maneriebus hominum (uantum ad mores ciuiles) frequentius

accidit hec passio; et uult dicere quod hec passio amoris, ut pluri-

mum, reperitur in hominibus nobilibus; et appellat hie nobilies

590 homines illos qui sunt magni et potentes uel ex progenie eorum nel

ex diuitiis multis uel uirtute animi: in hominibus enim istis fre•

quentius reperitur hec passio amoris. Et causa huius est multiplex.

Una causa est (et ista uidetur esse potissima inter alias) quod

homines alii populares sunt plus dediti cogitationibus que uersantur

circa opera ciuilia, que necessaria sunt in uita: nam quidam dant se

uni artificio, quidam uero alteri, et ideo distrahuntur multum a tali

cogitatione et sollicitudine que est in hac passione. Homines uero

nqbiles et potentes, quod circa talia oper artium non uacant, plus - 166 -

sunt apt! incurrere tales cogitationes que circa hanc passionem uersantur.

Secunda causa est quod, licet in amore, quando est multum impressus, appetitus non sit liber, imo est seruus et dicitur se• cundum impetum huius passionis, tamen in principio, quando incipit hec passio in appetitu, adhuc appetitus est quasi liber, ita ut possit amare et possit desistere ab amore. Et ideo initium huius passionis incipit multotiens ex proposito. Nunc autem omnis homo citius proponit rem appetere quam facile potest acquirere; quod enim acquiri non potest, aut cum difficultate magna acquiritur, homo non sic appetit.

Nunc autem homines nobiles et potentes facilius possunt acquirere rem amatam, et ei coniungi, quam homines populares et uiles: nam habent diuitias et uirtutes, per quas citius hoc acquirunt, quam illi qui ea non habent. Tertia causa est quod amor tunc magis perficitur et irnprimitur in amante quando cognoscit quod redamatur a re amata.

Nunc autem facilius mouetur animus rei amate ad redamandum aliquem nobilem quam aliquem uilem, quando in nobili sunt gestus et amores primi placibiliores, ex quibus mouetur quis ad amandum aliquem, quam sint in aliis. Et propterea optima dixit iste quod hec passio plus inuenitur in istis quam in aliis.

Deinde, cum dicit La nuoua qualita muoue sospiri, etc., declarat auctor illud quod prius dixit in uerbo illo Poco sogiorna. Vult enim ostendere que est causa quare homo in quo est hec passio parum quiescit in aliqua passione, puta uel in gaudio uel in tristitia uel in timore.

-Et parum etiam quiescit in aliqua cogitatione diuersa a cogitatione rei - 167 -

que amatur; et cum hoc etiam ostendit causam cuiusdam accidentis quod

sepe accidit in hac passione: quod accidens est suspirium: nam amantes

multotiens suspirant. Et uult dicere quod, quando in amante renouatur

in apprensione sua species rei amate que conseruatur in memoria, tunc

ista species, renouata in apprensione, mouet ipsum ad suspiria, sicut

uidemus ad sensum: quod, quando amans aliquid agit uel cogitat et

630 subito ad eum perueniat cogitatio rei amate, tunc suspiria emictit, propterea quod in tali subita renouatione apprensionis generatur quedam

angustia circa cor propter diuersum motum subitum qui accidit in calore

et spiritu eius, qui quidem motus diuersus est causa suspiriorum.

Et istud uult dicere cum dicit la nuoua qualita muoue sospiri. Et hec

est causa quod talis homo non potest finniter circa res alias cogitare

nec etiam aliquid aliud potest firmiter ymaginare: quod cum homo, qui

est in perfecto amore, est in cogitatione alterius rei, subito quasi

uenit sibi in apprensione species rei quam diligit. Et hoc accidit quod

species rei, quam amat in memoria eius, licet sit in potentia quando

6k0 de ea non cogitat, tamen est in potentia multum propinqua actui: unde ex modica alteratione accidit quod talis species fiat in actu; et tunc

circa ipsam cogitat et ideo disrumpitur et abscinditur species prima et

apprensio prima; et hoc est quod uult dicere iste cum dicit Et uol ch' uom

miri non fermato loco, idest: et facit hec passio ut homo non firmiter

possit cogitare in aliquo. Destandosi ella, idest excitata specie rei

que amatur, que erat conseruata in memoria, La qual manda fuoco, idest

que species facit inflammationem, idest motum inflammatiuum, spiritu

et calido naturali. Tamen ex motu isto peruenit motus ad uirtutem - 168 -

cogitatiuam, propter quod cogatur necessario homo cogitare circa ipsam; et ideo subdit ymaginar non puote huom che nol pruoua, aliter che il pruoua et melius. Et ideo homo qui habet experientiam talis passionis non potest aliquid firmiter ymaginare quod sit aliud ab ymagine rei que amatur; et quod non potest firmiter aliquid aliud ymaginare, ideo nec potest circa aliam rem cogitare, cum uirtus ymaginatiua deseruiat cogitatiue representando sibi ymaginationem rei circa quam uirtus cogitatiua cogitat et iudicat.

Deinde, cum dicit Et non si muoua perche a lui si tiri, intermiscet auctor quoddam uerbum in quo uult quasi tibi consulere circa hanc passionem amoris; et uult dicere quod aliquis non moueatur ad adherendum isti passioni que est amor , quum amor, cum est bene impressus et est in suo feruore, animus amantis in totum est factus seruilis, ita quod quasi nulla libertas ei remanet.

Et ideo dicit quod nullus adhereat ei, quod credat in tali passione solatium uel gaudium inuenire, quum, ut dictum est prius, in tali aliquando accidit multa angustia et multa tristitia et multus timor; et hoc intendit cum subdit Et_ non si giri per trouarui gioco: nec etiam aliquis adhereat ei quod credat in ipso inuenire sapientiam multam uel paucam, quod in ipso nulla est sapientia nec discretio: imo potius quasi ultimo ille qui amat,' cum bene est in feruore ipsius, deuenit in fatuitatem et insipientiam; et ideo dictum est, super auctoritate auctoris, quod hec passio est sollicitudo melanconica, similis melaneolie et hoc intendit cum subdit Ne_ certamente gran sauer ne poco: et in hoc uult etiam auctor dicere quod nulla astutia atque prudentia ualet quando animus est uehementer passionatus hac passione, quum in totum quasi libertatem perdit et fit seruilis in cogLtationibus in quibus cogitur de re amata. Et ideo optime consulit iste quod nullusdecet moueri ad hoc ut isti passioni adhereat, ut in ipsa nulla sit utilitas nec solatii nec sapientie et uirtutis; gratia enim istorum duorum maxime mouentur homines ad aliquid operandum, et ideo merito istis duobus quasi ostendit priuari passione amoris.

Di simil tragge etc. In isto uersu uel stantia tractat auctor de aliis ultimis que proponit dicere de amore. Et primo ostendit unde causatur complacentia ex qua aliquis mouetur ad amandum; secundo ostendit utrum amor sit res apprensa per uisum an non. Secunda ibi: Et non si puo cognoscier per lo uiso.

Prima pars diuiditur in II, quod primo facit quod dictum est; second© intermiscet quandam aliam proprietatem de qua non dixerat, que consequitur hanc passionem. Secunda ibi: Certo non puo couerto stare. In prima parte uult dicere quod species rei uisibilis, ex cuius comprehensione in appetitu alicuius causatur amor, comprehenditur sub similis et conuenientis et proportionalis; et talis comprehensio, sic facta sub-ratione similis et conuenientis, est que facit rem, que comprehenditur, esse placibilem alicui; et ex hoc in appetitu illius causatur amor illius rei. Nichil enim displicet alicui nisi in quantum comprehenditur sub ratione dissi- rrnlitudinis et disconuenientie': ex hoc enim mouetur quis ad odium alicuius rei, sicut propter similitudinem et conuenientiam mouetur ad amorem illius. Causatur ergo complacentia (propter quam mouetur aliquis ad amandum rem aliquam) quod res ista comprehenditur -sub ratione similis et conuenientis. Et hoc est quod uult dicere cum dicit Di simil tragge complexion lo sguardo - che fa parere lo piacere. Et significanter dixit - 170 -

auctor che fa pare re, quod illud, licet uideatur illi qui amat esse

placibile et propter hoc amandura, tamen, secundum rei ueritatem et

secundum iudicium regulatum a ratione, non est ita sicut multotiens

alicui uidetur aliquid esse bonum; non tamen simpliciter in rei

ueritate est bonum.

Deinde, cum dicit Certo non puo couerto stare etc., intermiscet

quandam.aliam proprietatem que est in hac passione, et reddit etiam

causam eius, et uult dicere quod amans, qui habet amorem in suo feruore,

non potest celare passionem suam, quum talis homo non potest desistere

710 quin loquatur de ipso et quin etiam loquatur de re quam amat, et quin

etiam faciat gestus et mores hominis amantis; et hoc intendit primo cum

dicit Certo non puo couerto stare quando e_ si_ giunto, idest quando est

ita uehementer impressus. Que autem sit causa quare iste, in quo est

hec passio, ipsam non potest bene celare, auctor subdit cum dicit Non

gia seluaggi la belta suo dardo, quasi dicat la belta, idest res que

uidetur alicui pulcra (propter quam pulcritudinem, que sic sibi apparet

esse mouetur ad amandum ipsam) non habet dardum siluestrem, idest

pigrum et debilem. Appellat autem iste auctor dardum talis rei, que

hanc passionem facit, stimulum eius in mouendo animum amantis: nam res

720 amata, imprimens hanc passionem, adeo stimulat animum, ut propter stimulum

eius cogatur ad loquendum et ad faciendum gestus- propter quos non bene

talem suam passionem celare potest, imo adeo aliquando stimulat animum,

quod in loquendo et in monstrando suam passionem nichil timet; et dato

quod aliquando incurrat magnum periculum, secundum quod ad sensum

multotiens uidemus quod talis homo, loquendo de amore talis domine uel - 171 -

talis, interficitur ab aliis, tamen talis, in quo adeo animus stimulatur,

nichil de tali periculo et timore considerat ut sibi prouideat. Et

hoc est quod uult dicere iste auctor cum subdit che tal uolere per te-

mere esperto idest: talis appetitus est probatus in experientia per

730 timorem, quod scilicet, ut dictum est, non considerat timorem periculi

quod sibi potest irnminere, imo celando passionem suam; et causam

istius auctor subdit cum dicit Consegue merto spirito ch'e punto, idest:

et merito hoc consequitur, scilicet quod amans non potest celare passionem

suam, et quod etiam non curat de timore periculi quod sibi superuenire

potest, quum spiritus, qui est organus anime, punctus idest corrmotus a

specie rei amata ymaglnata et apprensa, necessario est causa ut homo

moueat linguam et loquatur et gestus etiam faciat in quibus manifestet

passionem que causatur ex ipso ex qua amat, quum declaratum est in scientia

naturali quod motus causatur in nobis ex alteratione facta in spiritu a

74 0 speciebus ymaginatis et fortiter apprehensis.

Deinde, cum dicit Et non si puo cognoscer per lo uiso, loquitur

auctor de ultimo uerbo quod proponit dicere de amore: uult enim

ostendere utrum amor possit per uisum cognosci et comprehendi. Et hec

pars diuiditur in II, quia primo manifestat hoc; secundo intermiscet

quandam aliam proprietatem de qua nondum dixit, que consequitur hanc

passionem. Secunda ibi: Fuor d'ogni fraude.

In prima parte uult dicere quod amor non est res que possit

cognosci per uisum quemadmodum cognoscitur color albus uel alius color;

nam circa tale obiectum cadit potentia uisiua, scilicet circa colorem. Nunc autem amor est circa accidens aliud quam sit color, et ideo non est res apprensa per uisum; et hoc uult dicere cum dicit Et non si puo cognoscer per lo uiso - compreso bianco in tale obiecto cadejet istud uerbum probat quod amor non possit comprehendi per uisum prout amor est passio in amante. Sed cum subdit Et_ chi bene aude forma non si uede uult ostendere et probare quod amor non possit comprehendi per uisum ratione rei amate, quod per uisum non potest cognosci quod ilia res est amata; nam forte alicui uideretur quod amor solum esset res que haberet pulcritudinem coloris et figure et talium que comprehenduntur per uisum.

Modo auctor uult ostendere hoc non esse uerum et ideo dicit Et chi bene aude, idest: et, quicumque bene intelligit et cognoscit, forma scilicet talis qualis est amor, non uidetur (scilicet ratione rei amate), quum uult totus amor procedat'a re que est extra colorem, scilicet pulcrum, et que est diuisa et abscisa ab omni pulcritudine et est res obscura secundum medium, idest est res trupis secundum aliquam partem sui; et aliquando ex toto est auferre omnem lucem, idest extra omnem pulcri• tudinem. Videmus ad sensum multotiens quod aliqua res amatur ab aliquo in qua secundum rei ueritatem nulla est decorositas nec pulcritudo, licet ita uideatur illi qui diligit: propter quod per uisum non potest discemi amor respectu rei cierca quam uersatur amor ita ut dicamus quod circa illam rem uersetur amorque habet pulcritudinem, quum multotiens uersatur circa rem contrariam rei pulcre; et hoc est quod uult dicere cum dicit Perche li mena che da lui procede - et_ fuori di colore esser diuiso - absciso meco obscuro luce raude. - 173 -

Deinde, cum dicit fuor d'ogni fraude dice etc., intermiscet

quandam aliam proprietatem que est in hac passione, de qua non dixerat;

et uult quod, quando amor est perfecte in aliquo, est extra omnem

fraudem ad rem amatam, quod est cum perfecta fidelitate absque fraude

in omnibus quibus credit et potest complacere rei amate, quum, quando

ille qui diligit habet appetitum defraudandi rem amatam, tunc non est

780 amor in ipso perfectus. Et propterea nos uidemus quod illi in quibus est amor ualde incensus, dato quod coniungantur rei amate, tamen, si

crederent displicere rei amate, non attentarent coniungi rei amate

nec attentarent uiolentiam aliquam sibi ingerere; et hoc intendit primo

cum dicit fuor d'ogni fraude che dice degna in fede.

Deinde, postea, cum subdit Che solo di costui nascie mercede,

uult auctor reddere causam predictorum, scilicet quare est quod

amans omnem fidelitatem gerit circa rem amatam et nullam habet fraudem

circa ipsam, quum ex ipsa passione sola inter alias passiones anime

oritur rnisericordia, scilicet respectu rei amate, quum amans, qui

790 est uehementer afflictus ista passione, semper est in appetitu et in affectione ut res amata misericordiam habeat erga ipsum. Secundum

enim quod apparet per Aristotilem, II "Rectorice",rnisericordia est

1 tristari et compati de malo alterius, quum illud malum habet ille

indigne. Nunc autem dictum est prius quod in hac passione amoris

est multa tristitia et multa angustia, que angustia e tristitia

oriuntur ex hoc quod amans non coniungitur rei amate; et ideo amans

appetit ut res amata misereatur ei, ut scilicet compatiatur ei de - Ilk -

tristitia et angustia quam habet ex ipsa, et quod res amata cogitet

quod illud habet indigne. Nam ex hoc accidit quod res amata facilius

800 inclinatur et mouetur ad hoc ut obediat appetitui amantis; et hoc est quod uult dicere iste cum dicit Che solo da costui nascie mercede.

Quia ergo amans semper appetit ut res amata misereatur ei, nine est

quod nullam fraudem uult gerere circa rem amatam, sed habet fidelitatem

totam circa ipsam: timet enim ne misericordiam haberet a re amata, et

optime dixit auctor Che solo da costui nascie mercede.

Tu puoi etc. In isto uersu uel stantia, que potius dicitur

ritomellus, auctor, imponendo finem dictis, ostendit sufficientiam

eorum que dixit; et, quia manifestum est quod dicit, exponere non

curemus. - 175 - NOTE

Per la vita di Oribasio si vedano l'ancor valido studio di F. Pucinotti, Storia della Medicina (Napoli, i860), vol. I, pg. 290-sgg., e Castiglioni, pg. 250-sg. Per la storia della medicina bizantina si consultino C. Krumbacher, Geschichte der

Byzantinischen Literatur (Munchen, 1895); C. Albutt, "Byzantine

Medicine: The Finlayson Memorial Lecture", Glasgow Medical

Journal (novembre-dicembre 1913), ristampato in Greek Medicine in Rome (London, 1921), pgg. 389-424; A. Corlieu, Les Medicins

Grecs depuis la Mort de Galien jusq'a. la Chute de 1'Empire d*Orient (Paris, 1885).

Non si dimentichi pero che la nostra conoscenza delle opere mediche prodotte nei primi tre secoli dell'era cristiana e molto irammentaria. Mi sembra interessante l'ordine dei ca- pitoli dell'ottavo libro, nel quale si trova la breve disquisi-

1 zione sull amore, in quanto verra adottato da quasi tutti gli

X S > ' \ 3 ' scrittori seguenti: 1. itepi, yvnyns onttoXecas. 2. inept, ecptaXxou.

3-4. uepL euuXntptas. 5. uepu aMOTtoyaxuxajv. 6. Ttepu ontOTtXn-

£uas. 7. itepu yeXayx°Ai,as. 8. Ttepu yavuas. 9. uepb XOJV eptovxwv. 10. Ttept, XuxavSptoTtuas, MXX.

J I numeri tra parentesi indicano la pagina di questo ca- pitolo in cui si trova il testo medico e la linea del testo.

Ci sono giunte scarsissime notizie sulla vita di Paolo d'Egina. Sappiamo che studio ad Alessandria e che viaggio fino 176 -

a Roma. La sua opera e particolarmente importante per le molte indicazioni sulla tecnica chirurgica dell'epoca. Egli si dilun- ga sulle operazioni del carcinoma, dell'applicazione del caute- rio negli ascessi del fegato, del cateterismo della vescica, ecc, e testimonia quanto delicate fossero le operazioni che gia a quell'epoca si eseguivano. La sua descrizione dell'operazione della pietra vescicale e di quella dell'ernia inguinale fu con- siderata classica fino al sec. Per i pochi cenni sulla sua vita rimando a Castiglioni, pgg. 253-255.

5 *• Queste polemiche dimostrano che gia esisteva una certa tradizione medica sulla malattia d'amore.

^ L'ordine dei primi dieci capitoli del terzo libro del

De Re Medica e il seguente: 1. vertigine. 2. epilessia. 3- melanconia. 4. mania. 5. incub i. 6. licantropia. 7. amore. 8. apoplessia. 9. paralisi. 10. spasmo.

7 Oribasio, Synopsis ad Eustathium, lib. I, cap. vi, ed.

I Raeder (Amsterdam, 1964), pg. 8-sg.; Paolo d'Egina, De Re

Medica Libri Septem, lib. I, capp. xxxv e xxxvii (si veda l'ori- ginale dell'opera nel Corpus Medicorum Graecorum, edit© a

Leipzig nel 1921-1924, vol. IX.) Questa terapia del coito era gia stata suggerita da Lucrezio, q.v. la nota 76 del primo capitolo di questo studio. 8 Nestorio, patriarca di Costantinopoli (428-431), seguendo - ITT -

la tesi di Diodoro di Tarso (morto verso il 394) e di Teodoro di Mopsuestia (morto verso il 428), sosteneva che, poiche vi sono due nature in Cristo, devono esserci anche due persone.

Egli negava altresi che Maria fosse madre di Dio, e considera- va la puberta e la crocifissione di Cristo mere favole pagane.

La tesi, condannata dai Cocilio di Efeso nel 431, fu la causa prima dell'esodo dei nestoriani da Edessa. Per tutto cio riman- do ad Abbagnano, s.v. "Nestorianismo", pg. 603.

Q Browne, pg. 21-sgg.

10 Sergio mori verso il 536. Medico e filosofo, egli tradus- se in siro molte opere di medicina, filosofia, astronomia e teo- logia. Si veda O'Leary, pg. 83.

11 C. H. Becker, "The Expansion of the Saracens", The

Cambridge Medieval History, vol. II (Cambridge, 1964), pg. 345-

12 Ibid., pg. 347-sg.

13 Ibid., pgg. 349-351.

14 Campbell, vol. I, pg. 37-

15 Campbell, loc. cit.; C. H. Becker, op. cit., pgg. 356-

368.

Campbell, loc. cit. - 178 -

v 17 L'invasione saracena continuo fino al 713, con la con- quista di Siviglia: si veda.C. H. Becker, pgg. 371-373-

18 Campbell, pg. 38.

19 Campbell, pg. 4l; C. H. Becker, pg. 378.

20 Baghdad fu fondata nel 762, l'accademia verso 1'828. Per una discussione piu puntuale del ruolo dell'accademia e delle traduzioni ivi eseguite si veda O'Leary, pgg. 155-175- 21 - fl. verso 1'855-860. Egli stesso ci offre una sua breve biografia in una lettera scritta ad 'All Ibn

Yahya (edita da Bergestrasser a Leipzig nel 1925 e riassunta da O'Leary, pg. 164-sgg.). Nato ad Hira, figlio di un farma- cista cristiano-nestoriano, da giovane studib a Jundi-Sapur sotto la guida di Yuhanna Ibn Masawayh. Scacciato dall'acca- demia, Hunayn si reco in Asia';' ove studio la lingua e si familiarizzb con il metodo di critica testuale sviluppato ad

Alessandria. Si reco quindi a Basra ove studio 1'arabo, e poco prima dell'826 si reco a Baghdad. Fu prima sotto il patrocinio 1 di Jibra. il-Bukht-YishiT, per il quale tradusse alcune opere di Galeno, e passb poi sotto il patrocinio dei tre figli di

Musa Ibn Shakir, i quali lo raccomandarono al Califfo M-Ma'mun verso il 928-929. Proprio in questi anni il califfo decise di fondare la "Casa della Sapienza"per preparare traduzioni delle opere scientifiche greche in arabo, e Hunayn fu incaricato - 179 -

dl organizzare il lavoro. Di solito Hunayn traduceva dai greco in siro, ed uno dei suoi discepoli traduceva la sua versione sira,

in arabo. Quivi si tradussero le opere di Galeno,Tppocrate,

Tolomeo, Euclide, Aristotele, dei medici bizantini ecc, cioe

il curriculum scientifico della scuola d'Alessandria.

22 Browne, pg. 5, scrive: "Philosophy was so closely connected with medicine that the title Hakim was, and still is, indiffe• rently applied alike to the metaphysician and the physician." 23 J Per la vita di Rhazes si vedano G. S. Ranking, "Life and Works of Rhazes", Proceedings of the XVTI International

Congress of Medicine (London, 1913); Browne, pgg. 44-53;

Campbell, vol. I, pgg. 66-72; Leclerc, vol. I, pgg. 337-354. 24 G. S. Ranking, op. cit., offre una lista completa delle opere, ma si veda anche Leclerc, loc. cit. II Fihrist, un indice delle scienze e degli scienziati arabi composto nel

987 (cit. da Campbell, pg. 66) attribuisce a Rhazes 113 opere maggiori, 28 opere minori e due poesie. 25

J L'opera, in 25 libri, fu pubblicata postuma dai disce• poli di Rhazes. Fu tradotta in latino per la prima volta da

Faraj Ibn Salim (un ebreo di Sicilia, comunemente conosciuto

con il nome Farraguth) nel 1280: si veda Leclerc, vol. II, pgg. 464-467. Spesso il licantropo viene confuso con il leggendario - 180 -

lupo mannaro. Le due cose sono ben distinte, in quanto la lican-

tropia non e altro che una specie di follia che fa si che l'amma•

lato si creda un lupo e si comporti come una bestia, ed e sogget•

to di studi da parte di tutti i medici dell'antichita. Si veda

a questo proposito M. Summers, The Werewolf (New York, 1966),

Pgg- 3-13- Si veda anche la notal07 a pg. 204 di questo capi- tolo.

27 Gia. Celio Aureliano, Celerum vel Acutatum Passionum

Liber II, ed. I. E. Drabkin (Chicago, 1950), cap. xiii, pg. 180,

aveva considerato l'amore una delle cause della pleurite.

28 Nell'eziologia, nella sintomatologia e nella diagnostica

Rufo riprese le osservazioni dei Peripatetici, tralasciate dai medici: v. Klibansky, pg. 48-sgg.

29 E Rhazes stesso a darci queste inf ormazioni: si vedano le pgg. 99-sgg. di questo capitolo. 30 Liber Divisionum Translatus in Tilero a Magjstro Heredo

Cremonensi de Arabico in Latinum. Verba AbubeKri Filii Zachariae

Arasi (Lugduni, 1510), cap. IX. Rhazes aggiunge alcuni metodi terapeutici tradizionali: "Cura eius est assiduatio coytus et ieiunium et deambulatio et ebrietas plurima assidue." II trat• tato fu tradotto in latino da Gherardo da Cremona, il piu pro- lifico traduttore del Medio Evo. Della sua vita ci rimangono solo poche notizie: dopo aver studiato in patria filosofia e - 181.-

scienze, si trasferi a Toledo per poter leggere l'Almagesto di

Tolomeo (una versione, che owiamente egli non conosceva, era

gia stata preparata dai greco, in Sicilia, verso il 1160). Cola imparo l'arabo e dedico il resto della propria vita al lavoro di

traduzione di opere di astronomia, algebra, aritmetica, geometria,

filosofia e medicina. Mori nel H87 a 73 anni. II miglior re- soconto della sua vita e quello di Leclerc, vol. II, pgg. 398— 431, ma si consultino anche G. Sarton, Introduction to the History

of Science (L^timore, 1931), vol. II, pgg. 338-342, e C. A. Nallino, Enc. It., s.v. "Gherardo da Cremona". L'altra fondamen- tale opera di Rhazes e il Kitab al-Mansuri, un compendio in dieci libri (dedicato al governatore del Chorasan, al-Mansur Ibn

Ishaq) delle piu importanti dottrine mediche correnti. Sebbene

1'opera non parli d'amore mi sembra interessante far notare che il traduttore latino, Gherardo da Cremona, supplisce alia man- canza nel comnentare il tredicesimo capitolo del nono libro, "De melancholia"(Albubetri Arazi Filii Zachariae Liber Incipit Qui ab Eo Almansor Vocatus est... Translatus ex Arabico in Latinum apud Toletum a Herardo Cremonensi, Lugduni, 1510, fl. cxlix):

Rasis non nominauit gadob... neque nominauit sollicitu quae ex amore mulieris vel alicuius rei accidit, cuius cura est ebrietas et mutatio de regione in regionem et coitus cum alia quam cum ea quam diligit.

Lowes, pg. 5o9-sg., cita anche il commento alio stesso capitolo di Gherardo di Solo, reggente della scuola medica di Montpellier nel 1320. Data la singolarita del brano lo riproduco interamente: - 182 -

Sequitur de tertia specie melancoliae quae amorereos dicitur, circa quam passionem quattuor sunt pernotanda. Primo, secundum philosophum vi Ethicorum amor triplex est, quidam est propter bonum domesticum et vocatur amor virtuosus procedens a virtute, ita quod non patiatur se- cum illicitum.... Alter est amor propter bonum utile, ut inter dominum et seruum et corrmuniter non est talis amor; et tertius est amor propter bonum et delectabile, [et] diuersificatus [est] secundum fiens: secundum Auicen. iij Canonis nam aliqui in auro, aliqui in diuitijs, aliqui in mulieribus est consequens appetitum; et ille amor est triplex: quidam est non multum intensus, et ille vocatur ereos et ille non multum intrat in voluntate, sicut amor qui non intrat multum inter dentes, ut dicitur proverbijs. Alter est amor in mulieribus qui est multum intensus et assiduus circa mulierem principaliter propter actus coitus exercendos, et talis vocatur amorereos, id est amor nobilis a nobilitate dictus, quia multum fortis amor, quia milltes magis conuenerunt habere istam passio• nem quam alii. Ideo illi sunt coacti qui sunt in deli- tiis. Et potest die diffinire: amorereos est amor multum fortis seruens et.assiduus circa mulierem propter actus coitus exercendos, et talis vocatur amorereos

^ Per la vita di Ali Abbas si veda Browne, pgg. 53-57 e

Leclerc, vol. I, pgg. 381-383.

G. Boccaccio, Decameron, ed. V. Branca (Pirenze, I960), giomata V, novella ix.

JD Teofrasto, fragm. 87, Opera omnia, ed. F. Wimmer (Paris,

1931)j Pg. 436; fragm. 88, ibid. Caelius, De morbis acutis et chronicis (Amsterdam, 1709), chron. I, 5, pg. 338-sgg.: "Ascle- piades secundo libro adhibendam praecepit cantilenam."

34

Anche questi metodi curativi furono sistematizzati da

Asclepiade e tramandati da Celso, q.v. Klibansky, pg. 45. 35 Per la vita di Avicenna mi sono servito di Browne, pgg. - 183 -

57-64, e di Campbell, pgg. 77-82. Si veda pero anche Leclerc, vol. I, pgg. 466-477.

^ Carl Brockelmann, Geschichte der Arabischer' Litteratur

(Weimar, 1898), vol. I, pgg. 452-458, elenca 68 volumi di teologLa e filosofia, 11 di astronomia e filosofia naturale, 16 di medicina

4 in versi, in tutto 99 opere ancora esistenti.

37 »

Jl Si legga cio che dice a questo proposito Campbell, pg.

78, e si veda anche A. M. Goichon, Ene Fil., s.v. "Avicenna".

2 II Canone, tradotto interamente da Gherardo da Cremona tra il 1150 e il H87, fu tradotto ben 87 volte. Esso, scrive Goichon loc. cit., "... fu accolto in Occidente come una Bibbia medica, e divenne la base dell'insegnamento nelle Universita, soprattutto a Bologna e a Montpellier, dove Razi e A. furono considerati su- periori ad Ippocrate e a Galeno, dai XII al XVT sec." Avicenna scrisse anche un trattato a parte sull'amore intitolato Risalah fi'l ishq, di natura filosofica. II trattato, probabilmente non conosciuto dagli scrittori latini medievali, e stato edito e tra• dotto da E. L. Fackenheim, "A Treatise on Love by IBN SINA",

Mediaeval Studies, 7 (1945), pgg. 208-228.

39

J II Viaticum, scrive B. Ben Yahia, "Cost ant in l'Africain et l'Ecole de Saleme*,' Cahiers de Tunisie, 3 (1955), pg. 52, n. 10, "... grace a. ses traductions en latin, en hebreux et en grec etait tres connu au moyen-age." Si veda anche Leclerc, vol. I pg. 4l3-sg., e vol. II, pgg. 360-363. - 184 _

Si legga cio che dice a questo proposito Lowes, pg.

514, n. 2.

41 A Costantino Africano spetta il merito di aver introdotto la medicina araba nell'Occidente latino. Le notizie pervenuteci sulla sua vita sono scarse e non sempre degne di fede. Pietro

Diacono, il suo piu. antico biografo, afferma che egli nacque a

Cartagine, in Tunisia (notizia accettata ancora oggi) e che an- cora giovane viaggib in Siria, India, Etiopia ed Egitto, e che cio gli permise di imparare l'ebreo, il siro, il caldeo, il greco, il latino, l'etiope e l'indiano. Ritornato in Tunisia, la sua cultura infiammb la gelosia dei suoi compatrioti, ed egli fu costretto a fuggire. Gia quarantenne, si reco a Salerno, ove divenne segretario del Duca Guiscardo, acquistb grande fama di medico fu nominato professore nella scuola di Salerno. Conver- titosi quindi al Cristianesimo si ritirb nel monastero di Monte

Cassino e dedico il resto della propria vita alia traduzione di opere mediche arabe in latino. Mori cola nel 1087. Le sue tra• duzioni includono il Kitab al-Maliki, con il titolo di Pantegni, in dodici libri (e solo una parte dell'opera di Ali Abbas), il

Liber de urina, il Liber febrium, gli Aforismi di Ippocrate con il commento di Galeno, e l'Articella. Costantino fu anche autore di varie opere mediche, la piu famosa delle quali e il Liber de medicamine ocularum. Una lista completa delle sue opere viene data da Campbell, vol. I, pg. 123, n.l.

42 x Ibn Eddjezzar nacque all'inizio del decimo secolo e iron - 185 -

probabilmente nel 1004: v. Leclerc, vol. I, pg. 413. La citta dl Kairawan fu fondata verso il 665, quando gli arabi conquistarono definitivamente il Nord Africa, e fino al 755 essa fu la capitale della provincia d'Africa, che comprendeva anche 1'Andalusia: si veda Campbell, vol. I, pg.39-sg.

43 *• II Ms Vaticano greco e citat o da Pucinotti, pg. 3141 .

r L opera, nella traduzione greca, prese il nome di Ef odi, ed e stata edita da Daremberg e Ruelle, Oeuvres de Rufus d'Ephese

(Paris, 1879), app., sez. iv, pgg. 582-584.

44 * Si e discusso a lungo se la traduzione di Costantino sia anteriore a quella greca, o se Costantino si sia servito del testo greco. Pucinotti, loc. cit., congettura la conoscenza della versione greca da parte di Costantino. Daremberg, Notices et

Extraits de Manuscrits Medicaux Grecs, Latins et Francais des

Principales Bibliotheques de 1'Europe (Paris, 1853)» Pgg. 86-

100, e Leclerc, vol. II, pgg. 361-363, pur usando metodi di ricerca diversi, concludono che Costantino tradusse diretta- mente dall'arabo; Lowes, pg. 25-sg., nel discutere l'etimologia del termine hereos paragona il capitolo sull'amore nelle due versioni, e giunge alia conclusione che il medico cassinese abbia usato, per lo meno nel tradurre il capitolo sulla malattia d'amore, sia il testo arabo che quello greco.

45

Si veda, per i riferimenti bibliografici, la nota 33 di questo capitolo. - 186 -

46 Per la vita di Ibn Jazla mi sono servito del conciso ar-

ticolo di J. Vernet, Enciclopedia of Islam, s.v. "Ibn Djazla", ma si veda anche Leclerc, vol. I, pgg. 493-496.

47

Su Faradj Ibn Salim (Ferraguth) si veda la nota 25 di questo capitolo. 48 L'opera e stata edita nell'originale arabo a Damasco nel

1914. L'altra opera medica di Ibn Jazla intitolata IVLinhadj al- bayan flma yasta'miluh al-insan descrive le virtu terapeutiche di varie erbe medicinali e delle medicine semplici e composte. 49 * Data la brevita del brano non ho ritenuto necessario riprodurlo nella parte del capitolo dedicato ai testi medici.

Si vedano perb a pg.110 le note bibliografiche relative all'opera.

50 Queste sono le poche notizie pervenuteci sulla sua vita, per la quale si consultino Leclerc, vol. I, pgg. 437-439, e A. Castiglioni, Enc. It., s.v. "Abu-l-Qasim". Uno studio dettagliato della sua attivita medica 1 . - si trova in Leclerc, vol. I, pgg. 439-457, ma si veda anche

Castiglioni, pg. 274, il quale scrive: "ABULCASIS... was the author of a surgical treatise which in surgery held the same authority as did the Canon of Avicenna in medicine."

51 II libro sulla chirurgia fu tradotto in latino da Ghe• rardo da Cremona. Non si sa invece chi fu II traduttore o quando fu eseguita la traduzione dell'opera completa: si legga a - 187 -

questo proposito Leclerc, vol. I, pg. 44l.

52 ' Di Guglielmo da Saliceto si parlera alle pgg• . 75-76r . '

53 01tre ad Asclepiade, anche Plotino aveva suggerito il viaggiare come cura per la malinconia: Porfirio, Vita di Plotino, ed. e trad.

S. Mackenna (London, 1917), cap. XT. 54 Sulla medicina cristiana medievale si vedano P. Wustenfeld,

Die Ubersetzungen Arabisher Werke in das Lateinische, XI

Jahrundert (Gottingen, 1877); T. C. Allbutt, Science and Medieval

Thought (London, 1901); L. C. MacKinney, Early Medieval Medicine with Special Reference to France and Chartres (Baltimore, 1937);

Campbell, vol. I, cap. VI; Castiglioni, cap. XIV.

RR \ Dovevano gia esistere alcune traduzioni di opere mediche in latino, in quanto Cassiodoro nelle Institutiones Divinarum et Humanarum Litterarum, lect. I, c.iii, ed. R. A. B. Mynors (Oxford, 1961), scrive: "Leggete Ippocrate e Galeno in tradu• zione latina." 56 Si veda 1'edizione delle Etimologie curata da D. Sharpe

(Philadelphia, 1964).

57 Vedasi Castiglioni, pg. 297.

v 58 L'editio princeps dell'opera di Benedetto Crispo e stata pubblicata nel 1833 da Angelo Mai. - 188 -

59 Per Anthimus rimando alia breve ma puntuale discussione dl Castiglioni, pg. 297-sg. La Dietetica e stata pubblicata da Roze nel 1870.

^ Castiglioni, pg. 293.

^ Su Alcuino e la riforma scolastica nel periodb carolingio si veda la breve introduzione di R. S. Hoyt, Europe in the Middle

Ages (New York, 1957), Pgg. 145-150. Pagine interessanti sono quelle di Castiglioni, 295, e di Campbell, 111-sgg.

62 L'opera fondamentale sulla scuola di Salerno e quella di Salvatore De Renzi, Collectio Salernitana (Napoli, 1852-1859), in 5 voll.; seguono le direttive tracciate da De Renzi le opere di P. Giacosa, Magistri Salernitani Nondum Editl (Torino, 1901), e di P. Capparoni, Magistri Salernitani Nondum Cogniti (Terni, 1924). Sulla scuola di Salerno e sui problema delle sue ori- gini si vedano G. W. Corner, "The Rise of Medicine at Salerno in the Twelfth Century", Annals of the History of Medicine, 3 (1931), C e D. Singer, "•. The Origin of the Medical School of Salemo", Essays on the History of Medicine (Zurich, 1924); P. 0. Kristeller, "The School of Salerno, its Development and its Contribution to the History of Learning", Bullettin of the

History of Medicine, 17 (1945); Castiglioni, pgg. 299-322.

63 ' Su Costantino Africano, oltre a quanto gia detto alia nota 4l di questo capitolo, si vedano le pgg. 49-59 dell'art. di B. Ben Yahia gia cit. - 189 -

64 i Scrive Campbell, vol. I, pg. 24: "Even after the two Gerards [Gherardo da Cremona e Gherardo da SabbionettaJ who worked at Toledo had produced their more accurate and fully credited translations of the Arabic works, the versions of Costantine continued to be read as authoritative and standard works."

65 Toledo era stata riconquistata dalle forze cristiane del re Alfonso di Castiglia nel 1085, e la "Societa dei Traduttori" fu quivi fondata verso il 1130. Su questa importante accademia si legga cio che dice Campbell, vol. I, pgg. 137-150. ^ Sulla scuola di Bologna si consult! l'esauriente studio di

A. Sorbelli, Storia dell'Universita di Bologna (Bologna, 1944).

67

Per 1'origine e lo sviluppo delle Universita nel Medio Evo si vedano H. Rashdall, The Universities of Europe in the

Middle Ages (Oxford, 1936), e S. D'Irsay, Histoire des Universites

Francaise et Etrangeres des Origines a nos Jours (Paris, 1933-1935), in due volumi.

68 Sui maestri dello studio di Bologna si vedano M. Sarti e M. Fattorini, De Claris Archigymnasii Professoribus a Saeculo

XI usque ad Saeculo XIV, 2 voll. (Bologna, 1888-1895), e G. Zaccagnini, La Vita dei Maestri e degli Scolari nello Studio di

Bologna nei Seeoli XIII e XIV (Genova, 1926); V. Busacchi, "Cenni sui principali maestri di medicina in Bologna dalle ori- gini a tutto il secolo XIX", Acta Medica Itallca, anno viii, - 190 -

fasc. 1 (giugno, 1942), pg- 1-sgg.

69 J Per un breve riassunto della vita e della fortuna di

Guglielmo si veda M. Donati, Enc. It., s.v. "Guglielmo da Sa• liceto", app. I, pg. 701-sg. 70 ' Un'ottima esposizione della vita e delle opere di Arnaldo da Villanova e quella di J. Carreras I Artau, Arnau de Vilanova,

Cores Catalanes, a cura di M. Bafcllori (Barcelona, 1947), vol.

I (Escrits Religiosos), pgg. 11-49, vol. II (Escrits Medics) pgg. 9-51. Altri studi fondamentali sulla sua complessa opera sono quelli di Carreras I Artau, Historia de la Filosofia

Espanola: Filosofia Cristiana de los Siglos XIII al XV, vol.

I (Madrid, 1939), pgg. 199-230; Menendez Y Pelayo, Arnaldo de Vilanova, Medico Catalan del Siglo XIII (Madrid, 1897); B. Haureau, "Amaud de Villeneuve", Histoire Litteraire de la

France, vol. XXVIII (Paris, 1881), pgg. 26-126; E. Lalande, la Vie et les Oeuvres de Maitre Arnaud de Villenoeuve (Paris, 1896); L. Thorndike, The History of Magic and Experimental Science, vol. II (New York, 1923), pgg. 841-861. 71 ' Si leggano, come esempio, la descrizione dei vari momenti della conoscenza umana (pg. 118 , 11. 80-sgg. di questo cap.), e la spiegazione del termine amor heroycus (pg. 123, 11. 186-193.) 72 ' ' Emile Littre ha dedicato un breve ma esauriente studio alia vita ed alle opere di Bernardo da Gordon, "Bernard de Gordon, - 191 -

Medicin", Histoire Litteraire de la France, vol. XXV (Paris, 1896), pgg. 321-337. Si consulti anche B. L. Gordon, Medieval and

Renaissance Medicine (New York, 1959), pgg- 283-sg. e 531-533-

Non si hanno notizie sul luogo di nascita di Bernardo, ma i suoi biografi -tra i quali il Littre, pg. 321- sono concordi nel con- siderarlo francese, probabilmente nativo di Provenza.

73 L'autore stesso, nel proemio all'opera, ci dice che in- comincio a comporre il LiHum nel luglio del 1305; nella tradu• zione francese il libro e invece datato al 1303: si veda a pro- posito il Littre, loc. cit.

7k Bernardo viene ad esempio ricordato da Chaucer, da Jacques

Ferrand, da Burton: per i riferimenti relativi si legga cio che scrive Lowes, pg. 46-sg.

I trattati di Arnaldo e di Bernardo si vedano alle pgg.115-137 di questo cap.

7f\ I numeri tra parentesi si riferiscono rispettivamente al numero della pagina di questo cap. ed alle righe del documento cola presentato.

77 Galeno, i cui studi di anatomia e fisiologia fecero testo per tutto il Medio Evo e Rinascimento, scrive nel De Usu Partium

(Kuhn, IV, pg. l8l-sg.): "Quando igitur non modo ejusmodi - 192 -

humores [serosi] vacuari postulant eoque nos excitant ac pungunt ad se excernendum, verum etiam spiritus multus ac calidus expirari gliscit, incredibilem quendam existimare oportet voluptatis esse excessum.":Si veda anche lo pseudo-aristotelico Problema XXX, cit. da Klibansky, pgg. 21-22: "... xat 6ta xouxo O xe otvos acppoSt- otaaxtxous anepyaSexat, xat opdcos Atovuaos xat A

]xci' aXXr\Xoiv etvat, xau OL. yeAayxoAtxot ou itAetaxot Aayvot etatv. o xe yap acppoStataapos iEveuyaxco6ns • anue^ov oe xo atootov, cos ex ytxpou xaxetav notetxat xnv aO^natv 6ta TO eycpuaaaSat."

78 Alberto Magno, De Animalibus, XII, i, cap. 1:' "... complexio enim... est qualitas accidens ex qualitatum contrariorum compositione in particulis rninimis et dividentibus et alterantibus se ad invicem. Ex hoc enim accidit in eis una qualitas quae complexio vocatur." Le opere di Alberto Magno sono state consultate nella edizione dell'Istituto Alberto Magno di Colonia (Monasterii Westfalorum, in aedibus Aschendorff, 1951-sgg.).

Galeno spiega la generazione del seme, nel De Usu Partium

(Kuhn, IV, pg. 183-sg.) in questi termini: "Causa vero etiam generationis hujus haed est. Ex iis vasis [arteriae et venae ovaricae], quae ad matrices accedunt, (quae ad latera ipsarum distribui diximus), quae pars fertur deorsum, involvitur modo persimili iis vasis [arteriae et venae spertaricae internae], quae in testiculos masculorum perveniunt. Vena enim superjacet, sub j ace t autem arteria, utraque flexus multos numero aequales - 193 -

efficiens instar capreolorum quorundam varie implexorum; quo implexu sanguis et spiritus, qui ad testes feruntur, dintissime coquuntur; clareque cernas humorem, qui in primis flexibus habe- tur, adhuc sanguinem, in sequentibus deinceps magis magisque albe- scere, quoad in omnium postremis totus albus omnino fuerit red- ditus; qui flexus postremi in testes termiantur. Testes vero, quum sint laxi ac cavernosi, humorem, qui in vasis coeperat con- coqui, excipientes et ipsi rursum percoquunt, perfectius quidem ad foetus procreationem masculorum testes "

ou « Si ricordi cio che Ibn Eddjezzar aveva scritto nel

Viaticum: "Aliquando huius amoris causa nimia naturae est neces- sitas in multa humorum superfluitate expellenda, unde Ruffus coitus inquit valere videtur quibus nigra colera et melancolia doininatur..." ( 108, 7-10). bl »

n sangue e infatti un prodotto della digestione, e quindi del cibo. Cosi Galeno, De Usu Partium (Kuhn, III, pg.

267-sgg.): Promptuarium autem id [l'esofago, generalmente chiamato axoyaxos], alimentum universum excipiens... subit primum in cibariis laborem, sine quo haec sunt inutilia in nullamque rem animali commoda... ventriculi facultas, si quid fuerit ejusmodi [cioe nocivo al corpo], pellit deorsum, reliquum vero omne, quod fuerit natura utile, utilius adhuc quum reddiderit, venis, quae turn ad ipsum ventriculum turn ad intestina perveniunt, distribuit. Cap. II. Hae autem... elaboratum in ventriculo ali• mentum venae ipsae deferunt ad aliquem concoctionis locum communem totius animalis, quern hepar norrLimvimus. Ingressus autem in locum hunc, multis angustis viis divisus, unus est... et venas quidem non deducere solum nutrimentum ex ventriculo, sed attrahere simul et hepati praeparare - 194 -

modo quo ipsum simillirno, quippo quae et natura ipsi sint adsimiles, et primurn germen ex illo duxerint. Cap. III. Ipsum autem hepar, postquam id nutrimen- tum acceperit a famulis jam praeparatum, et veluti rudem quandam delineationem obscuramque speciem sanguinis referens, inducit ei postremum ornatum ad sanguinis absoluti generationem. Sed quoniam eorum, quae ventri- culo continebantur, quae quidem erant ita prava, ut in tritico lapides et terra sylvestriumque leguminum semina, segregata fuerant, quod autem erat velut gluma et furfur, alteram purgationem postulabat, hanc quoque iterum hepar infert alimento purgationem.... Cap. IV. ... postquam igitur, qui apparatur in hepate chymus seu humor ad nutrimentum aiiimalis, praedicta duo excrementa deposuit, et ab innato calore coctionem exactam est adeptus, ruber jam et purus sursum ad gibbas partes hepatis ascendit, portionis assimilationisque ignis in humido divini colorem indicans....

Le esatte parole di Ibn Eddjezzar sono: "... sicut enim fidelitas est dilectionis ultimitas, ita et hereos dilectionis...

(l08, 5-6).

J Si veda a questo proposito 1'interessante studio di L.

Babb, The Elisabethan Malady (East Lausing, 1951), pgg. 128-sgg.

Ci deve essere, insomma, una certa similitudo tra soggetto e oggetto, e di ci6 par la anche Alberto Magno, De_ Anima, I, ii, cap. 14: "Adhuc autem nihil appetit et quaerit nisi quod est sibi simile: et nihil movetur ad aliquid, ut dicit Boetius, nisi per quod est slmili illi." E anche San Tommaso, nella Summa Theol.,

II, i, Q. xxvii, art. 1, scrive: "... amor importat quamdam connaturalitatem vel complacentiam amantis ad amatum: unicuique autem est bonum id quod est sibi connaturale et proportionatum."

Si veda infine la Summa Theol., II, i, Q. xxxii, art. 7 (conclusio) - 195 -

e cio che scrive Shaw, pg. 48.

85

Ma si veda anche Avicenna: "Haec aegritudo est solicitudo irelancholica... in qua homo sibi iam induxit incitationis seu applicationem cogitationis suae continuam super pulchritudinem ipsius quarundarum formarum, et gestuum, seu morum, quae insunt ei"(i03, 1-5 ), ripreso poi verbatim da Guglielmo da Saliceto

(113, 1-5). 86 Scrive San Tommaso, Summa Theol., II, Q. xxvii, art. 4:

"Ad tertium dicendum, quod spes causat vel auget amorem, et hoc ratione delectationis, quia delectationem causat; et etiam ratione desiderii, quia spes desiderium fortificat. Non enim ita intense desideramus quae non speramus; sed tamen ipsa spes est all cujus boni amati."

Cosi Bernardo da Gordon: "causa huius passionis est corruptio aestimativae" (131, 2).

88 Si legga anche il conciso ma puntuale rapporto di Abbagnano. s.v. "Facolta", pg. 366-sg. v 89 L'evoluzione della dottrina dei sensi interni e stata mi- nuziosamente studiata da H. A. Wolf son, "The Internal Senses in

Latin, Arabic, and Hebrew Philosophic Texts", Harvard Theological

Review, XXVIII, n. 2 (aprile 1935), pgg. 69-133. Gli scrittori medici parlano di tre sensi interni, mentre talvolta lo stesso filosofo parla prima di cinque sensi, poi di sette: si prenda - 196 -

come esempio Avicenna, che nel Canone, lib. I, fen. i, doctr. vi, cap. 5 (Venetijs, 1582), fl. 27 v., considera sensus communis e phantasia due facolta distinte, da considerarsi pero una fa• colta unica dal punto di vista medico; nel De anima (Pavia, 1485), fll. 7d-8a, 28d-35c, non menziona il punto di vista medico, mentre nel Risalah fi al^Jafs [tradotto in tedesco e edito con l'originale arabo da S. Landauer con il titolo "Die Psychologie des Ibn Sina" in Zeitschrift der Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft, 29

(1875), pgg. 335-sgg.J identifica la phantasia con il sensus communis e non menziona quella distinzione tra capacita recettiva e retentiva che invece il medico conserva.

90 * Si veda la nota precedente. Non bisogna pero credere che

Avicenna si riferisca a medici particolari; egli vuole piuttosto contrastare due punti di vista, quello medico e quello filosofico.

91 Avicenna, Canone (Venetijs, 1608), Fen. I, doctr, vi, cap- 5, pg. 75-sg.

92 Vincenzo di Beauvais, Speculum Doctrinale (Graz, 1964-1965), lib. XIII, cap. xlviii, pg. 1200-sg.

93 »

* Scrittore domenicano, Vincenzo nacque verso il 1190 e mori probabilmente a Parigi nel 1264. la sua opera, che godette ampia fama nel secoli seguenti, si divide in tre parti: naturale, in

32 libri nei quali 1'autore cerca di offrire una visione scienti- fica dell'universo fondata sul racconto biblico della creazione; - 197 -

doctrlnale, In 17 libri che esairiinano tute le arti e le scienze per mezzo delle quali l'uomo puo salire a Dio; historiale, in 31 libri dedicati alia storia dell'uomo da Adamo fino agli anni in cui

1'autore visse.

Galeno, De Usu Partium, VII, 8 (Kuhn, III, pg. 5^1).

Vincenzo di Beauvais, Speculum Doctrinale, "De medicina theorica" (ed. cit.), pg. 1199:

Superest iam, res naturales diuidendo, speculatio de spiritibus, per quos firmitas corporis et substinetia fit, omnesque ipsius complentur actiones. Dico ergo spiritus esse tres. Primus est naturalis, secundus vitalis, tertius animalis. Naturalis in hepate genera• tor, et ab eo per venas non pulsantes in omne corpus mittitur, virtutem quae naturalem constituit, et eius bene format actiones, ac perficit. Huiusmodi autem generatio fit ex meliori sanguine, qui est in hepate, scilicet claro, subtili, mundo, ac puro; cui nullus aliorum miscetur humorum, vel superfluitas; eiusque digestio est in ultimo decoctionis. Vitalis in corde generator, a quo per venas pulsantes in omnia corporis membra mittitur, vitalemque virtutem confortat atque custodit, et eius habitudines informat ac perficit. Huius generatio fit ex subtili vapore sanguinis clari ac mundi, et ex aere per respirationem inducto. Animalis autem in ventriculis cerebri generator, ac per nervos ad omne corpus mittitur, animalemque constituit virtutem, ac solidat, et in habitudine sua conservat. Huius generatio ex vitali spiritu fit, qui a corde per duas venas pulsantes ad cerebrum ascendit. Quae scili• cet venae dictae iuueniles ad cerebrum tendunt, et per craneum traisirdttuntur usque ad locum, qui cerebri sedes et basis dicitur, illicque multiformiter diuiditur. Harum diuisiones adinuicem irretitae miscentur, et in seipsas retorquentur ac reuoluuritur, ita quod ex eis tela reti similis efficitur. Dehinc vero tela coadunatur, fiuntque ex eis duae venae pulsantes prioribus similes, quae superiora loci illius ascendentes, ibidem distri- buuntur. Spiritus itaque vitalis, cum a corde ascendens ad hoc rete peruenerit, et in multitudine venarum eius omnes - 198 -

reflexus pertransierit, ibique diutius permanserit, et in ultimo maturationis decoctus, clarusque fuerit, fit ab eo spiritus animalis. Ob hoc ergo illud venarum rete paratum est, ut decoqueretur spiritus vitalis, decoctus- que fieret animalis; sicut et mammae decoctioni sangui• nis paratae sunt, ut fieret lac, testes quoque spermatis maturationi. Speramti namque vasa praeparata sunt illae scilicet inuolutionis ac retorsiones quae in testibus sunt, ut in eius mora prolongetur ac maturetur, et in eorum na- turam quam habent spermati configuratam irrmutetur: sic et lacti venae praeparatae sunt a vena concaua ascendentes ad mammillas, quo eius in ipso ascensu mora differatur ac decoquatur, et in naturam lacti similem ac vicinam alteretur. Ad hunc igitur modum et implicatio venarum in cerebro facta est, propter animalis spiritus generationem ex vitali, quo in ea immoretur, ac subsinetur, et excoquatur. Dehinc autem ab hoc reti per duas venas quae ex illis omnibus con• gregant ur, ad duos prorae cerebri ventriculos mittitur, illicque subtiliatur, et quae illic fuerant immixtae super- fluitates, ad nares et palatum repeliuntur. Ab illis autem ad posteriorem cerebri ventriculum mittitur, puppim scilicet, per meatum qui duobus interest ventriculis vel vasis, quae sunt medius cerebri ventricuius et puppis, meatus autem hie non semper est apertus. In eius enim ventre corpus est vermi simile; ilium opilans, donee naturae cura repellat a medio ventriculo ad posteriorem, eoque reducto meatus aperitur, et quod mittendum est transmittitur. Dehinc ad suum illud locum reducit, et per spiritum qui in vase puppis est, fit motus, per ilium autem qui in prora, sensus et phantasia, per inhabitantem vero medium cerebri, ventricu• lo, cogitatio. Hie itaque spiritus qui in cerebro est, organum est animae, per quod et sensus fit, et motus vo- luntarius.

Vincenzo di Beauvais, op. cit., cap. XCIX, spiega il movi• mento degli spiriti in questi termini:

Omnia animae accidentia sequuntur, vel eis associantur mo- tione spiritus, aut exterius, aut interius. Et hoc aut erit subito, aut paulatim. Motione autem spiritus ad exteriora sequitur frigiditas eius quod est interius, et fortasse superfluit illud quod resoluitur. Subito ergo exterius et interius infrigidatur, unde sincopis aut mors earn se• quitur. Motum vero spiritus ad interiora sequitur frigi• ditas exteriorum, et caliditas interiorum. Et quandoque cum magna coangustatione constringitur, et interius et exterius infrigidatur, et sincopis magna vel mors ipsum - 199 -

sequitur. Motus quldem ad exteriora, aut subito fit, sicut fit cum assunt deliciae, et gaudium temperatum. Motus vero ad interiora aut est subito, ut cum adest timor, aut leuiter et paulatim, ut cum adesi^tristitia. Suffo- catio quidem et resolutio praedictae nunquam sequuntur, nisi cum motus subitus, idest impetuose, euenit. Diminutio vero et ptisis naturae nunquam, nisi cum motus leuiter et paulatim accidit, quandoque autem accidit ut in una hora moueatur spiritus ad duas partes, sicut in verecundia; prius enim constrietio fit ad interiora, deinde ratio redit et consilium, et dilatat illud quod constrictum est, et egreditur exterius, coremque rubificat, quandoque etiam patitur corpus propter affectiones animales alias a prae- dictis, ut sunt imaginationes arLimales quae plurimum res imprimunt naturales.

A sua volta Averroe nel Colliget (Venetijs, 1609), vol. 9, lib. II,

1 cap. vii, fl. 11 v., scrive:

Deinceps volumus enarrare de accidentibus supervenientibus membro principi virtutis digestivae, et hoc est cor.... Et dicimus quod accidentia quae supervenunt cordi sicut syncope cardiaca, et tremor, et universaliter quando exeunt vir- tutes puisatlies a sua natura. Et horum causa aut est intrinseca aut extrinseca. Extrinsecae causae sunt acci• dentia animae, quae calefaciunt complexionem cordis, sicut ira et furor; et causae propter quas occultatur interius calor, sicut ex ira et his similibus, quia quando provo- catur suae virtutes interius et calefit nimis, tunc forti- ficatur suus motus pulsatilis ut temperet suam complexio• nem attrahendo aerem et expellendum exterius.

97 Per i disordini causati dall'insonnia si consulti Averroe* ,

Colliget, ed. cit., lib. Ill, cap. xii, "De accidentibus somni, et vigiliarum."

5 Si veda Alberto Magno, De Anima, II, ii, cap. i: "Debet autem omne quod est ex contrariis salvari in esse: et hoc fit per virtutem nutritivam", ed il cap. vi: "est autem potentia nutritiva quae de nutrimento restaurat deperditum in corpore animato, ut salvet in esse divino." Si noti infine che quando Beatrice appare - 200 -

per la prima volta davanti a Dante nella Vita Nuova, cap. II, i tre spirit! del poeta vengpno sconvolti, ma e lo spirito naturale che dice: "Heu meser, quia frequenter impeditus ero deinceps."

99 y ' Isidoro di Siviglia, Etymologiarum sive Origjnum Libri XV

(Oxford, 1911), XI, 127. indica la milza -l'organo cioe che produce la bile nera- quale organo del riso: "nam splene ridemus, felle irascimur, corde sapimus, iecore amamus." Questa concezione, ci informa Klibansky, pg. 50, n. 132, viene ancora accettata al tempo di Casanova (Memorie, I, 9).

100 Alcuni dei problemi si riferiscono direttamente all'amore e sono stati raccolti in questo capitolo, alle pgg. 139, 1^0, l4l.

1 L ^' La respirazione infatti non serve solo a generare lo pneuma ma anche a raffreddare il calore del cuore: q.v. Galeno, De Usu Partium, VT, i (Kuhn, vol. Ill, pg. 412).

102 Si veda anche Arnaldo di Villanova ( 129, 65-66): "... pro vehementia cogitationis, diu suspendunt anhelitum et tandem alte suspirant per longam interfectionem." 103 II polso infatti -chiarifica Vincenzo di Beauvais, op. cit., cap. clxi, pg. 1270- "... est motus receptaculorum spiritus, ex diastolae et systolae compositus, ad regendum spiritum per aerem attractum", e la sua intensita dipende percib dalla condizione - 201 -

degli spiriti e quindi del cuore. Invero, spiega Avicenna, Canon, ed. cit., fen. 2. doctr. 3, cap. xviii, fl. 149:

Ira quidem propterea quod virtutem [feruere facit] et spiritum subito dilatat, pulsum facit magnum ad superiora se eleuantem, velocem, et spissum, in quo non oportet diuersitatem cadere, quoniam passio existit similis, nisi timor ei admisceatur, qui una vice superet; et haec alia superet vice, et similiter, si verecundia ei admiscea• tur, aut contrarietas ab intellectu, qui tacere praecipiat, et ne ferueat ad malum inferendum illi, cui irascitur. Et ex delitiis quidem, propterea quod ad exteriora paula- tim mouent, non peruenit pulsus ad illud, quod peruenit ex ira in velocitate et spissitudine, immo est quum eius magni- tudo sufficit necessitati, et est tardus et rarus. Et similiter pulsus laetitiae, quoniam ipse fit magnus secun• dum plurimum cum leuitate, et attinet tarditati et raritati. In [tristitia] vero propterea quod calor suffucatur et submergitur, et fortitudo debilitatur, oportet ut sit pulsus paruus et debilis, rarus et tardus. Timor vero qui subito venit, pulsum facit velocem et diuersum et inordinatum. Sed [consuetus] et qui ordinate provenit mutat pulsus secundum modum mutationis sollicitudinis.

Ed Alberto Magno, De Anima, I, i, cap. vi: • "cum motu autem et alteratione corporis fiunt desiderium, mansuetudo, timor, confidentia. Adhuc autem gaudium et amare et odire. In omnibus enim his movetur cor secundum diastolem vel systolem, et compatitur animae corpus."

104 « ' Non tutti i medici sono pero convinti dell'assoluta validita di questo metodo diagnostico, in quanto il variare del battito del polso pub dipendere da molti altri stati morbosi dell'orga• nismo . Si vedano ad esempio Ali Abbas (102, 9-17 ), e

Vincenzo di Beauvais ( 138).

Rufo d'Efeso, la cui opera De Melancolia (giunta solo in frammenti raccolti soprattutto da Galeno, Rhazes, Aetius Amideus e Ishaq Ibn Amran)ha fatto testo fino quasi ai giorni nostri, - 202 -

scrive: "... multa cogitatio et tristitia faciunt accidere melan- coliam." Questo brano e citato da KLibansky a pg. 50, il quale afferma che ben presto si perse traccia di questa concezione: i testi medici studiati sembrano invece contraddire questa afferma- zione. Rufo afferma che la bile nera puo avere origine sia dai raffreddamento del sangue che dai riscaldamento della bile gialla.

Quest'ultimo tipo, che egli chiama melancholia combusta o adusta, causa irreparabili danni all'organismo umano (per l'origine di questo concetto si veda il Timaeus di Platone, 83A-85D). Rufo distingue inoltre varie melancoliae dipendenti dalla zona anato- mica: quella sanguigna causa un ir±irunimento del colore della pelle; l'infezione del cervello e causa di alterazioni di ordine mentale; se la bile entra nell'os_ stomachi da origine ad una melancolia ypocondriaca che influenza la digestione e la mente.

Per una discussione piu dettagliata di tutto cio rimando a KLi- bansky, pgg. 52-sgg. e relative note.

Avicenna, nella studiare l'eziologia della malattia, consider© tutti e quattro gli umori come possibili cause della malattia. Egli scrive nel Canone (Venetijs, 1555), fen. Ill, cap. 1, pg. 4:

Et dicimus quod cholera nigra faciens melancholiam, cum est cum sanguine,est cum gaudio et risu et non concomitatur ipsam tristitia vehemens. Si autem est cum phlegmate est cum pigritia et paucitate motus et quiete. Et si est cum cholera vel ex cholera est cum agitatione et aliquali daemonio et est similis maniae. Et si fuerit cholera nigra pura, tunc cogitatio in ipsa erit plurima et agitatio seu furiositas erit minus: nisi moveatur et rixetur et habeat odium cuius non obliviscitur. - 203 -

Si vedano infine lo pseudo-galeniano He pi. xuytov (Kuhn, vol. XIX, pg- ^93), e Costantino Africano, Theorica Pantegni, IX, 8 (Opera, vol. II, pg. 249 )-

Piu propriamente la facolta immaginativa. Con la intro- duzione nella filosofia scolastica e nella medicina della divisione encefalica in cellule, nelle quali sono situate le varie facolta, la discussione della malinconia fu infatti correlata alle facolta stesse. Di solito la malinconia era unita alia laesio virtutis imaginativae seu aestimativae aut utriusque [la frase e di

Guainerius, Practica (Venezia, 1517), tract. XV, fl. 22 v.].

KLibansky, pg. 92 e n. 83, afferma che per i medici medievali la malinconia era causa di disturbi mentali, ma non viceversa. Egli scrive: "two important medieval authors [Henricus De Gandavo e

Raimundus Lullus] admittedly adopted a very different standpoint, linking the notion of melancholy (in one case as ilness, in the other as temperament) with the notion of the faculties of the soul, not in order to pursue the pathological disturbances threatening the three faculties from the side of melancholy, but, on the contrary, in order to confirm the fact that men in whose mental disposition one of the three 'virtutes', i.e. the imaginative, predominated over the other two, were at the same time, indeed for this very reason, either melancholic already or bound to become such." Questa concezione era invero gia. accettata da tutti i medici medievali, e cio e evidente dai capitoli s,ull'amore che abbiamo studiato. Rhazes ad esempio scrive nell'Almansori - 204 -

liber nomas cum expositione Gerald! de Solo (Liont, 1504), cap. xlii, fl. 34 v. : "nota primo, quod melancolia potest sumi dupliciter.

Uno modo pro humore distincto ab aliis humoribus, et sic non accipitur hie. Alio modo pro quadam passione cerebri, et sic accipitur hie." L'amore causa una laesio della imaginativa e della phantasia e cib e all'origine della malinconia.

x v 107 * Si e gia parlato di cio a proposito di Rhazes. Questa idea sembra derivare da Galeno, De Locis Affectis (Kuhn, vol. VIII, pgg. 176-sgg.), per il quale la melancolia adusta puo essere causa di follia bestiale.

108 Si veda Avicenna (.106, ?9- 8l),

109 Arnaldo da Villanova: "coytus praecipue si cum iuuenibus et magis delectation! congruis exerceatur..." (125, 252-253)- Si veda inoltre cio che si disse a proposito di Oribasio, pg. 55- Afferma infine Costantino Africano nel Liber de Coitu (Opera, vol. I, pg. 303): "... coitus solvit malum habitum corporis et furorem mitigat. Prodest melancholicis et amentes revocat ad notitiam, et solvit amorem concupiscentis, licet concumbat cum alia quam concupivit."

Per questa idea si veda il Corpus Hippocraticum, De Vietu

Ratione, I, 34 (Littre', VI, pgg. 512-sg.), e cf. De Mulierum

Morbis, I, 1 (Littre, VIII, pg. 12-sg.). Aristotele crede che l'uomo abbia una quantita. maggiore di calore innato che gli per- mette di produrre un semen piu perfetto di quello della donna: - 205 -

De Generatione Animalium VI, 765 a34-b35, 766 bl6-26, e cf. I,

19j 726 b30-727 al. Galeno riprende questa concezione che dlscute nel De Usu Partium XTV, 6-sgg. (Kuhn, vol. IV, pg. 158-sgg.), ma

si veda anche il De Semine, II, 4 (Kuhn, vol. IV, pgg. 623-sgg.). Questa dottrina medica e stata studiata esaurientemente da M. T.

May, nella sua edizione di Galeno, On the Usefulness of the Parts of the Body (Ithaca, 1968), vol. I, pg. 382.

Cosi Alberto Magno, Ethicorum IX, iii, cap. iv: "in amore

superabundante qui Heros vocatur", ed Averroe, Ethicorum IX, 12: "amare amore qui heros dicitur quia est in superabundantia."

112 ' Alle stesse conclusioni era gia giunto Lowes, pg. 34, ma t si veda anche l'articolo di B. Haureau, gia citato ( pg. 190, n. 70).

113 Pg. 68 di questo capitolo. - 206 -

CAPITOLO III

1 TRA MEDICINA E LFJTEMTURA: LA MALATTIA D AMORE NEI TRATTATI DI IBN HAZM E ANDREA CAPPELLANO E NELLO SCRIPTUM SUPER CANTILENA GUIDONIS DE CAVALCANTIBUS DI DINO DEL GARBO

La concezione della malattia d'amore sviluppata dai medici arabi e latini non rimase un fenomeno relegato entro gli angusti limiti della tradizione medica, ma complemento e corroboro, direttamente e indirettamente, quella tradizione letteraria che, sorta con Platone ed Aristotele, si era sviluppata per diverse vie: la storia di Antioco e Stratonice,"'" gli scritti del Padri 2 3 della Chiesa, la letteratura amorosa e mistica sia araba che latina. Evidenti percio sono le difficolta che si incontrano nel cercare di determinare con puntualita i rapporti che intercorrono tra la dottrina medica e la letteratura non scientifica, in quanto uno studio del genere dovrebbe prendere in esame tutta la letteratura medievale nei suoi molteplici aspetti. L'apporto della concezione medica alia let- teratura medievale puo invero venire deterrainata con sufficiente accuratezza analizzando alcuni di quei trattati in prosa sull'amore i quali, pur avendo un valore precipuamente letterario, cercano di mantenere un carattere scientifico, cercano cioe di tracciare e determinare puntualmente le cause, lo sviluppo, gli effetti della

4 passione d'amore seguendo da vicino la tesi medica corrente.

II poeta e filosofo arabo Ibn Hazm compose il suo trattato sull'amore, intitolato II CoHare della Colomba, tra il - 207 -

N 1021 e il 1023- 5 II trattato, che puo essere considerato una specie di summa delle varie concezioni sull'amore correnti nel mondo arabo, offre una delle piu important! testimonianze dell'uso letterario del topos della malattia d'amore. II trattato fu scritto, ci informa l'autore, in risposta ad una lettera di un amico:

...mi giunse, amico, la tua lettera, della citta. di Almeria alia mla dimora nella residenza di Shatiba .... Tu mi hai dunque richiesto, che Dio ti esalti, di comporti un'epistola dedicata alia descrizione dell'amore e dei suoi vari aspetti, moventi e accident!, e del casi che in esso e ad esso occorrono ....°

II trattato si presenta quindi, fin dall'inizio, come una casistica dell'amore (amore inteso in senso lato: Afrodite urania e Afrodite pandemia) e consiste, al pari di altri trattati molto popolari nel 7 mondo arabo, in una raccolta di poesie dell'autore accompagnate da un commento in prosa. La definizione che Ibn Hazm offre dell'amore all'inizio del trattato, pur essendo molto generale, ripropone insistentemente i luoghi comuni che abbiamo ripetutamente incontrato: l'amore e una dolce malattia, l'amante e un ammalato che non vuole guarire dai proprio male:

L'amore, che Dio ti esalti, e una malattia ribelle, che ha la sua cura in se stessa, secondo come una la tratta: e una dolce infermita e una malattia agognata, in cui chi ne e malato non vuol guarire, e chi ne et infermo non desidera riaversi; essa rende bello all'uomo cio da cui prima ripugnava, e felice quel che gli era difficile, al punto da mutare il carattere e l'innata natura.° - 208 -

Ma quest'amore non e amore dl due che si amano in Dio, o amore di parentela, o d'amicizia, ne e mera concupiscenza, ma e una comunione di anime nobili, un vagheggiamento spirituale:

Ne in tutti gli altri generi ... occorre quella preoccupazione, quel turbamento, quella sug- gestione inquietante, quel mutamento di carat- tere e cambiamento di qualita innate, quello smagrirsi e sospirare, e tutti quegli altri segni della passione che occorrono nel vero amore.9

Questa passione entra attraverso gli occhi e viene poi portata al cuore tramite gli altri sensi:

Nell'amore gli occhi tengono le veci dei messaggeri, e per mezzo loro si viene a capire cio che si desidera. I quattro sensi sono delle porte del cuore e degli spiragli per l'anima, l'occhio e% il piu efficace e valido dei sensi nell'indicare, il piu comprensivo nell'agire 1°

Nel descrivere quindi i sintomi dell'amore l'autore sembra rifarsi piu direttamente alia tradizione medica:

L'amore ha certi suoi segni caratteristici che 1 'uomo intelligente persegue e che l'acuto osservatore giunge a scoprire. II primo fra questi e il tener l'occhio di continuo fissato sull'oggetto amato H

Un altro segno, e quello stupore che soprawiene e quello sgomento che si manifesta nell'amante quando gli awiene di vedere all' improwiso colui che ama, quando questi gli appare d'un subito; e quel turbamento che appare nell'amante al vedere persona che somigli all'amato, o all'udir fare all'improwiso il suo nome ....12 - 209 -

Chi e innamorato inoltre gioisce eccessivamente, e cio puo essere causa di gravi disordini nell'organismo umano, proprio come accade nei momenti diprofonda tristezza. Nei momenti di gioia infatti — abbiamo gia visto — il calore vitale del corpo sale nelle zone cutanee abbandonando gli organi interni, e nei momenti di tristezza

1 J3 scende tutto verso le viscere:

Tra i segni e le prove manifeste dell'amore, per chiunque sappia vedere, e la grande, eccessiva gaiezza .... Cosi troviamo che la gioia eccessiva puo uccidere, cosi come l'ec- cessiva tristezza ... .-^

V L'amore consuma il corpo, ma e una malattia che si distingue dalle altre in quanto non e accompagnata da febbre:

Altro segno e l'amore della solitudine e dello starsene in disparte, e il consumarsi del corpo senza aver febbre e senza un dolore che gli impedisca di rivolgersi e muoversi e camminare: indizio questo verace, e informatore che non tradisce, di un latente languore dell'anima.15

L'amante inoltre e in preda ad una continua inquietudine, e geme e trae profondi sospiri:

Altri fenomeni ancora sono 1'inquietudine violenta e lo sbalordimento che toglie le parole, e predomina quando l'amante vede 1'amato che da lui si allontana e rifugge. Stato d'animo, questo, che si manifesta col sospirare e rimanere immobile, gemere e trarre sospiri profondi.16

Poiche l'amore turba profondamente le facolta dell'anima, se non viene in tempo appagato cresce smisuratamente l'angoscia e esso si - 210 -

trasforma in una malattia incurabile:

Ogni sincero amante cui sia tolto di veder appagato il suo amore, o per separazione o per una dissimulazione occorrente per qualche motivo, deve per forza finire nella malattia, nella stremezza e nella consunzione, che spesso arrivano fino a fargli prendere il letto. Questo fenomeno e frequentissimo, costantemente presente: ma i sintomi derivanti dal mal d'amore sono diversi da quelli dovuti agli attacchi delle comuni malattie, e li sa bene distinguere il medico esperto e l'acuto fisionomista.17

Owio e il riferimento ai trattati medici sull'amore, e proprio come i medici arabi Ibn Hazm considera la malattia causa di follia in quanto puo debilitare — se il pensiero dell'innamorato rimane fisso sullo oggetto amato — il cervello:

Talore il male va innanzi tanto da sopraffare il cervello dell'uomo, che ne perde il senno e vaneggia .... Simili cose nascono da una intensa applicazione del pensiero: quando questa prevale, e l'umor nero predomina, si passa dall'amore all'attonita costernazione e alia follia, e se sulle prime si trascura di curarlo esso si rafforza assai, e non si

trova altr1 o rimedio che l'unione amorosa stessa. ^

Ma se questa unione non e possibile e il male non viene curato in tempo, egli sa bene che la morte dell'innamorato e 1'unica possibile con- seguenza:

Questo squilibrio mentale e un grado di anomalita a cui quando giunge l'innamorato si tronca ogni speranza e ogni desiderio; non c'e piu mezzo di curarlo allora, ne con l'appagamento d'amore ne per altra via, giacche il guasto ha preso saldo piede nel cervello, la facolta conoscitiva e morta, e il malanno regna incontrastato.19 - 211 -

Ora nol sappiamo che la facolta conoscitlva e l'insieme dei sensi estemi ed interni dell'anima: se questi cessano di operare, ben presto anche l'organismo cessa di esistere come entita vivente:

Talora, aggravandosi la pena d'amore ed essendo tenera la natura e forte l'angustia dell'innamorato, cib conduce alia morte e all'abbandono di questo mondo.^O

Andrea Cappellano scrisse il trattato De Amore piu di

2 1 un secolo dopo la stesura del Collare della Colomba. - - La psico- fisiologia dell'amore presentata nelle due opere ha pero notevoli punti in comune, in quanto ambedue attingono in parte alia medesima fonte, cioe al dottrinario medico allora corrente. Anche il trattato di Andrea si presenta fin dall'inizio in veste di casistica amorosa:

Est igitur primo videre, quid sit amor, et unde dicatur amor, et quis sit effectus amoris, et inter quos possit esse amor, qualiter acquiratur amor, retineatur, augmentetur, minuatur, finiatur et de notitia amoris mutui, et quid unus amantium agere debeat altero fidem fallente.22

Fin dall'inizio quindi Andrea imposta il problema in maniera scientifica. Dell'amore egli da questa definizione:

Amor est passio quaedam innata procedens ex visione et imrnoderata cogitatione formae alterius sexus, ob quam aliquis super omnia cupit alterius potiri amplexibus et omnia de utriusque voluntate in ipsius amplexibus et amplexi amoris praecepta compleri Quod autem ilia passio sit innata, manifesta tibi ratione ostendo, quia passio ilia ex nulla oritur actione subtiliter veritate inspecta, sed ex sola cogitatione, quam concipit animus ex eo quod vidit, passio ilia procedit. Nam, quum aliquis videt aliquam - 212 -

aptam amori et suo forma tarn arbitrio, statlm earn Incipit concupiscere corde, postea vero, quotiens de ipsa cogitat, totiens eius magis ardescit amore, quousque ad cogitationem devenerit pleni- orem. Postmodum mulieris incipit cogitare facturas et eius distinguere membra suosque actus imaginari eiusque corporis secreta mili- tari ac cuisque membri officio desiderat perpotiri. 23

L'amore e una passione istintiva: passione in quanto proviene da una iiimoderata cogitatione, proviene cioe dalla operazione di uno dei sensi interior!, la "vis cogLtativa',' e non da un vero sottilmente investigato dalla ragione; istintiva in quanto la"vis cogLtativa" e messa in movimento dalla vista di una forma che piace al soggetto.

Ma questo amore che viene dai nostro inmginare non e diverso dall'amore occasionato da una vehemens et assidua cogitatio supra rem desideratam di cui abbiamo gia parlato: la passione puo nascere solo se la cogitatio e irrmoderata, poiche se fosse moderata la forma dell'oggetto non rimarrebbe impressa nella memoria e non tornerebbe a mente- .2 4

Nel richiamare le quallta necessarle all'innamoramento

Andrea di nuovo si rawicina al pensiero scientifico:

... omnis compos mentis qui aptus est ad Veneris opera peragenda potest amoris pertingi aculeis nisi aetas impediat vel caecitas vel nlmia volu- ptatis abundantia. Aetas impedit, quia post sexagesimum annum in masculo et post quinqua- gesimum in femina, licet coite homo possit, eius tamen voluptas ad amorem deduci non potest, quia calor naturalis ab ea aetate suas incipit amittere vires ... .25 - 213 -

II desiderio e cioe regolato dai calore naturale, e se questo diminuisce anche il desiderio si illanguidisce. Ma la passione e altresi determinata dai tipo di vita che l'individuo conduce.

Parlando infatti dei clerici e del loro atteggiamento verso l'amore egli afferma che la gente di chiesa non dovrebbe per principio innamorarsi; purtroppo pero e impossibile che l'uomo resista agli stimoli della carne, specie se conduce una vita sedentaria e se mangia e beve in abbondanza: i clerici, quindi,dato il loro tenore » 26 di vita, sono piu proni a questi richiami dei sensi. Ma anche questa idea non ci e nuova, ed abbiamo gia spiegato in altro luogo le ragioni che fanno si che il cibo e l'ozio aumentino gli stimoli 27 sessuali. Sempre a proposito dei clerici inoltre il Cappellano indica chiaramente l'amore come una specie di malattia feroce: Homo ait: Aegroto, cui finalia videntur imminere praeludia, assueta non debet ciborum diaeta servari vel medicina regularis adiungl; sed, quidquid eius desiderat appetitus assumere, quamvis regula- riter sit eius desiderat appetitus assumere, quamvis regulariter sit eius infirmitati:con• trarium, misericorditer tamen hoc sibi sapiens consuevit medicus indulge re. Poenae igitur continuique dolores, qui pro vestro mihi amore languenti mortem regulariter minantur amaram,

me violentur cogunt huius mortis irregularite2 r et importune remedia postulare .... °

L'amore e dunque una passione che pub fatalmente volgersi in malattia se il desiderio di chi ama non viene soddisfatto, ma al suo nascere l'amore ,e una passione determinata dalla "vis cogitativa" e regolata

1 dai calore interno del corpo. Tramite la "vis cogLtativa"! oggetto - 214 -

offre al soggetto la possibilita di ricreare dentro di se un mondo ideale ove 1'oggetto stesso potra, sotto il comando di un amore diventato mito, assurgere a divinita. Divenuto un dio, Amore puo operare miracoli tramite il suo messaggero, il re d'Amore, ed avra. una religione propria, dei comandamenti e delle regole che l'autore

29 del trattato non manca di codificare. I precetti appartengono alia tradizione provenzale ed a quella della precettistica d'amore tanto v 30 comune in quest'epoca (alcuni pero riflettono la tradizione medica; ad esempio il precetto XV: Qmnis consuevit amans in coamantis aspectu pallescere; il XVI: In repentina coamantis visione cor contre- mescit amantis, e soprattutto il XXIII: Minus dormit et edit, quern amoris cogitatio vexat), e giacche sono dettati dal Deus Amor circondato dalla sua corte, la psicomachia d'amore sembrerebbe ri- solversi in allegoria. Ma nel terzo libro, il De repobratione amoris,

Andrea rinnega la sua previa posizione, e collegandosi direttamente alia precettistica medica egli asserisce che l'influsso d'amore e malefico in quanto, essendo una passione, esso sconvolge la bilancia fisiologica e psichica dell'uomo: ... ex amore et Veneris opere corpora debilitantur humana, et ideo homines efficiuntur in bello minus potentes. Debilitantur homines ex amore triplici satis rationabili causa; nam ex ipso Veneris opere, ut physicalis monstrat auctoritas, corporis plurimum potentia minuatur, sed propter amorem corpus minoris cibi et potus assumptione nutritur, et ideo non immerito debet esse potentiae brevioris. Praeterea tollit amor etiam somnum et omni solet nomine privare quiete. Sed ex privatione somni sequitur in nomine digestio mala et corporis debilitatio multa; et - 215 -

hoc ex ipsa nominis somni rationabili physicali possumus definitione cognoscere. Est enim s annus, ut ait Iohannicius, quies animalium virtutum cum intensione naturalium, ergo privatio somni nil aliud est nisi animalium virtutum fatigatio cum dimunutione naturalium .... Ex amore autem non solum haec praedicta sequuntur, sed ex eo quoque corporis aegritudo procedit. Nam ex mala digestione interius turbantur humores, et inde febres et aegritudines infinitae nascuntur. Somni quoque amissio cerebri et mentis saepissime alterationes inducit, unde homo efficitur amens et furiosus. Sed riimia diei et noctis cogitatio, quam universi habent amantes, inducit cerebri quoque defectum, et aegritudines corporis inde procedunt. Sed memini, me quodam tempore in dictis quibusdam physicalibus invenisse, quod propter Veneris opera homines tempore breviori senescunt, et ideo te ad non amandum precibus admonere contendo.32

Vediamo ora le ragioni addotte dai Cappellano: l'amore toglie 1'appetito, e cib determina una consunzione dell'organismo. Arnaldo di Villanova addurra il medesimo argomento, che Andrea probabilmente ha trovato in una delle tante enciclopedie (si pensi alio Speculum maius) che

OO \ circolavano in quegli anni. L'amore inoltre toglie il sonno, e cio determina una grande evaporazione dell'umore vitale ed un indebilimento delle facolta naturali, specie di quella digestiva. La cattiva digestione e la dimunuzione dell'umore vitale rompono presto la delicata bilancia dell'organismo con la conseguente nascita di malattie e febbri di vario tipo. L'amore infine puo anche essere causa di follia, determinata — e questo un argomento comune a tutti i medici — da una invasione di bile nera nel cervello.

Questa palinodia finale si dimostra estremamente intere• ssante, in quanto si lega^intimamente alia definizione che Andrea - 216 -

Cappellano offre dell'amore, e che di questa e rlsultato inevitabile: se l'amore e una passione dei sensi, e percio non cpndizionato dalla ragione, esso fatalmente influenzera sia l'organismo fisico sia lo spirito dell'uomo, e dovra quindi venire evitato a tutti i costi.

Questo ci porta al problema delle ragioni che Indussero Andrea

Cappellano ad aggiungere al suo trattato questa palinodia. II fatto che l'amore sia, secondo la tesi medica, causa di malattia talvolta fatale e una ragione non indifferente, in quanto Andrea Cappellano dimostra per tutto l'arco del trattato un profondo rispetto verso l'auctoritas dei dottori in medicina. Da questo punto di vista il terzo libro del De Amore deve considerarsi parte integrale del trattato, che viene cosi a far parte di quella componente medico- letteraria che convenne a formare il vasto mosaico della concezione della malattia d'amore del tardo Medio Evo. Ma questo non e che una delle ragioni. ra.torniamo per un istante a quanto gia. detto a proposito dei Padri della Chiesa. Nel contesto dell'Occidente cristiano Andrea Cappellano deve affrontare problemi di ordine morale che non si presentano invece ad uno scrittore mussulmano come Ibn

Hazm, per il quale il concetto di amore divino e inconcepibile — e in cio egli rimane fedele all'ortodossia mussulmana (e si eccettua, ben inteso, il movimento sufista) e l'amore rimane intimamente legato alia letteratura profana. Per il cristiano invece il desiderio e un prodotto del peccato originale; il desiderio sessuale e vincolato al giuoco degli umori, ma soprattutto all'humor melancholicus, e l'armonia degli umori e stata per sempre rotta dal peccato di Adamo, - 217 -

come scriveva Santa Ildegarda. Per owiare a questa visione totalmente

pessimistica del genere umano e dei sentimenti dell'uomo i teorici

cristiani distinsero due tipi d'amore: caritas e concupiscentia.

II primo e un amore secondo ragione, un amore scevro da peccato che

non puo offendere neppure a livello sociale: San Tommaso lo chiamera

"amor d'amicizia". L'altro e il desiderio carnale, l'istinto sessuale,

cio che San Tommaso chiamera "amor di concupiscenza". Le sfere di

questi due tipi d'amore sono separate, e non e possibile concepire un

amor caritatis — che in fin dei conti non e altro che una. proiezione,

una vestigia se pur labile dell'amore divino — partecipe di elementi,

se pur minimi, dell'amor concupiscentiae. L'amore carnale pub avere

una sua ragione d'essere nel matrimonio, ed in questo caso anche il

piacere sessuale, pur entro certi limiti, e ragionevole e giustificabile;

fuori dai vincolo del matrimonio il desiderio carnale e un male che

offusca la ragione, proprio perche prodotto del demonio e non purificato

da un sacramento, un male che distrugge la fibbra morale dell'individuo

facendogli perdere il regno dei cieli. La palinodia finale si giusti-

fichera pertanto anche in questo contesto, ed in questo contesto dovra

essere intesa la condanna che verra lanciata contro il De Amore, nel 1277 dai vescovo di Parigi, Etienne Tempier^ per il quale, come per molti

critici modemi, il De_ reprobatione amoris probabilmente sembro un tardivo

ma poco convincente ritomo dell'autore ai principi della fede, se non

addirittura un alibi che Andrea cerco di crearsi spinto da una opinione

37 ,pubblica allarmata.

Mentre Ibn Hazm e Andrea Cappellano si servono, - 218 -

implicitamente o espllcltamente, del dottrinario medico per ccmmentare

e sostenere le proprie idee sull'amore, Dino del Garbo si serve invece

di un testo poetico, la canzone "Donna me prega" di.Guido Cavalcanti, per esporre la propria dottrina d'amore; cib che interessa Dino,

insomma, non e tanto chiarire la difficile canzone del "primo amico"

di Dante, ma piuttosto dare un saggio delle proprie conoscenze in un

campo in cui tutti i medici del tempo si erano cimentati, ed alio stesso tempo legittimare le proprie concezioni scegliendo come punto \ di riferimento una delle opere letterarie piu illustri ed autorevoli

38 del tempo. Non per questo pero bisogna sottovalutare il valore

della glossa garbiana: essa costituisce il primo di una lunga serie

di studi esegetici sulla canzone di Cavalcanti, ed ancor oggi e

valido contributo per chiarire il pensiero del poeta fiorentino ed

e altresi indice degli interessi speculativi che circolavano in

Pirenze in quegli anni che videro la quasi totale trasformazione

della concezione d'amore prima con lo Stil Nuovo e quindi con 1'opera

speculativo-poetica di Dante Alighieri. Non si conosce la data di nascita di Dino del Garbo, ma Filippo Villani ci fa sapere che esso nacque a Pirenze, figlio

40 di un Bono del Garbo che godeva fama di grande chirurgo. Probabil-

mente nel 1295 si recb a Bologna per studiare medicina presso quella

Universita, ma come egli stesso ci dice nella introduzione ad una

delle sue opere, dopo solo un anno fu costretto ad abbandonare la

citta a causa della guerra scoppiata tra Azzo d'Este ed i bolognesi, - 219 -

guerra che si protrasse dai 1296 al 1299- Dino ritornb a Bologna alia fine della guerra, e ottenne il titolo di dottore in medicina dopo quattro anni di studi, cioe verso il 1304. Dopo aver insegnato medicina cola per due anni fu costretto ad abbandonare l'Universita o per l'interdetto lanciato contro Bologna nel 1306 dai legato di Clemente V, il Cardinale Napoleone degli Qrsini, o per uno scandalo che Dino stesso aveva suscitato — cosi ci riferisce Pilippo Villani nella Vita del

Torrigiano — per aver plagiato. alcune teorie del Torrigiano, che alia pari di Dino era stato nella sua giovinezza scolaro di Taddeo Alderotti ed era poi diventato insegnante di medicina a Parigi, ove % x 4l era morto. Si rifugio a Siena, ove insegn o nel bienmo' 1306r -1307, «• 42 > e ritorno poi a Bologna, dove rimase fino al 1312. Si trasfen quindi a Padova, non si sa in quale anno, e quivi si intrattenne non oltre il 1319, poiche in questo anno, egli stesso ci dice, rientro a Firenze. Pdtomb poi all'Uni ver sit a. di Siena, e lo ritroviarrD di nuovo a Firenze nel 1325, intento a terrainare la sua esposizione sui Canones generales virtutis medicinarum simplicium secundi canonis

ho J Avicenne, dedicata al Re Roberto. Due anni dopo, nel 1327, scrive Giovanni Villani, "... a di 30 di Settembre mori in Firenze Mestro 44 Dino del Garbo."

Di Dino del Garbo ci sono giunte esposizioni su varie parti del Canone di Avicenna, sui De natura fetus di Ippocrate, sulla chirurgia di Galeno, un libro De virtutibus medicamentorum, uno di

Quaestiones medicinae, una epistola De coena et prandio, ed inflne lo - 220 -

Scriptum super cantilena Guidonis de Cavalcantibus, conservato nello originale latino in un unico manoscritto, il Vaticano Chigiano L V \ 45 176, che e di mano di Giovanni Boccaccio.

E tradizione ormai accettata che Guido Cavalcanti abbia scritto la canzone "Donna me prega" in risposta ad un sonetto inviato- gli da Guido Orlandi, nel quale gli si ponevano varie questioni 46 sull'amore:

Onde si move, o donde nasce amore? qual'e '1 su' proprio? e dove {..."} dimora? e e sustanza o accidente o memora? e cagion d'occhi, o e voler di core? Da che precede suo stat'o furore? come foco si sente che divora? di che si nutre? — domand'io ancora — come e quando ed a cu' si fa signore?

Che cosa. e, dico? e [dj a egli figura? a per se forma, o somiglianza altrui? e vita, questo amore, od e morte?

Chi'l serve die saver di sua natura; io domando voi, Guido, di lui: odo che molto usate in la sua corte .'47

Guido Cavalcanti, nella prima strofa della sua canzone, si propone di rispondere alle domande formulate dall'Orlandi:

Donna mi priega che io deggia dire D'uno accidente, che souent'e fero, Et e si altero, ch'e chiamato amore; Si chi lo nega, possa il uer sentire. Et al presente conoscente chero, Per ch'io non spero ch'uom de basso core Ad tal ragione porti conoscenca; - 221 -

Che senca natural dlmostramento Non b talento di uoler provare La doue posa et chi lo fa creare, Et quale e sua uertu et sua potentia, L'essentia, poi ciascuno suo mouimento, Et il piacimento, che '1 fa dire amare. Et s'uomo per uedere il puo mostrare.48

A sua volta Dino del Garbo, nella sua esposizione di questa prima strofa, si mantiene fedele alio schema del Cavalcanti:

Octo res proponit dicere de amore: prima ostendere in qua parte habet esse amor sicut

in subiecto; ija quid est creansa , idest generans ipsum in illo subiecto; iij que sit uirtus eius,

puta ostendera e utrum sit uirtus uel procedens ex uirtute; iij quid potest inducere amor in corpus;

et hoc 3non est aliud nisi ostendere effectus

eiusa ; v - suam essentiam, scilicet quid sit amor;

vj motus amoris, idesa t alterationes diuersas quas amor facit; vij unde causatur complacentia

ex qua fit amor et ex quaa homo mouetur ad loquendum de amore; viij utrum amor possit ostendi uisibiliter annon (1^6, 98-108).

Prima perb di inziare l'analisi di queste proposizioni, Dino spiega cosa il Cavalcanti intenda con accidente:

Dicitur autem hec passio accidens, primo quia non est substantia per se stans, sed est alteri adherens sicut subiecto, ut appetitus anime, simili modo sicut anime passiones, que sunt ira, tristitia, timor et sirnilia; secundo dicitur accidens, quia potest aduenire et etiam recedere sicut accidentia alia; tertio dicitur accidens, quia aduenit ab extrinseco et, licet secundum aliquid possit quis habere dispositionem intrinsecam per quam faciliter incurrat in hanc passionem, ut postea declarabitur, tamen causans ipsum principaliter est res extrinseca. Dicitur autem hec passio - 222 -

/

accidens ferox ratione intemperantie que est in hac passione, ut declarabitur postea, sed dicitur accidens magnum ratione effectuum quos inducit in corpus: conuertit enim plus et alterat quam alie passiones, ut declarabitur in processu cantilene (144-145':, 64-76).

L'amore e un accidente perche non e una sostanza, non e cioe un qual-

cos a che esista di per se (per se starts), ma aderisce ad una sostanza 50 * * come ad un soggetto. Accidente infatti e id quod accidit, cio che

non appartiene intrinsicamente al soggetto, ma ne e semplice condizione 51 accessoria, come tutte le passioni dell'anima. In secondo luogo

l'amore e un accidente in quanto puo andare e venire, in quanto

1'accidente e "cio ch e puo appartenerN e e non appartenere ad un solo e 52 * medesimo oggetto." L'amore e infine un accidente in quanto e estrinseco alia natura di chi si innamora: e vero infatti che l'uomo puo avere una disposizione naturale verso l'amore — cio verra discusso

piu avanti a proposito del w. 17-18 — ma la causa prima dell'amore e estrinseca, e cioe la veduta forma del v.21. Questo accidente e inoltre ferox, per l'intemperanza che accompagna la passione — ma anche di cib si parlera piu oltre, a proposito della quarta stanza — ed e grande (Dino infatti traduce altero con magnum) poiche produce alterazioni somatiche che superano in intensita. quelle prodotte dalle altre passioni: l'amore, insomma — per usare una famosa definizione di Dante — "non e per se come sustanzia, ma e uno accidente in

3 sustanzia."^

Sempre in questa parte introduttiva Dino gLustifica, - 223 -

anche se indirettamente, la scelta del testo cavalcantiano. A proposito del verso: "Che senca natural dimostramento" egli Infatti osserva che cio che Guido dice nella canzone,

... refert scientifico modo et ueridico, tracto ex preceptis scientie naturalis et moralis (143, 33-34).

La scienza naturale studia quegli esseri che hanno in se il principio del proprio cambiamento, e l'amore pub nascere solo in questi esseri.

L'amore invero e una prerogativa dell'essere umano, ed e pertanto necessario esairinare anche la ccmponente morale, cioe etica, della

521 amore. Ora, verso la meta del sec. XIII, il curriculum medico dell' Universita di Bologna era stato diviso in due aree di specializ- zazione. Lo studente poteva infatti diventare medico fisico (physicae seu physicalls scientiae) oppure medico chirurgo (medicus vulnerum): i primi — non molti in numero, tra i quali deve porsi Dino del Garbo — studiavano non solo l'arte medica, ma anche la filosofia; i secondi 55 si lirrritavano invece alio studio delle tecniche chirurgiche. Per il lettore della glossa le qualifiche di Dino, che giustamente

Giovanni Villani chiama "... grandissimo Dottore in Fisica, et in piu 56 Scienzie Naturali e Filosofi che ...""^ erano pertanto ineccepibili. Nella seconda strofa della canzone Guido esamina i primi due problemi riguardanti l'amore, la doue posa et chi lo fa creare, cioe chi lo crea e genera: - 224 -

In quella parte doue sta memoria Prende suo stato, si formato come Dyaphano da lume d'una obscuritate. Lo* quale da Marte uiene et fa dimora. Egli e creato et a sensato nome. D'alma costume. Et di cor uolontate. Uien da ueduta forma che s'intende. Che prende nel possibile intellecto, Come in subgecto loco et^dimoranca. En quella parte mai non a posan

L'amore per il Cavalcanti "posa" in quella parte nella quale si trova la memoria. Per Dino "in quella parte" significa nella memoria stessa:

Hie igitur uult dicere quod amor habet esse in parte memorial!, quoniam impressio speciei rei, ex qua creatur amor, conseruatur in memoria et retinetur in ea sicut lumen procedens ab aliquo corpore luminoso (147, 121-124).

La similitudine di Cavalcanti viene quindi ad assumere questo significato: "la specie impressa dell'oggetto che e alia origine dell'amore sta alia memoria come un corpo luminoso sta al diafano", cioe lo stato dell'amore nella memoria e formato proprio come il diafano e formato dalla luce: interpretazione dovuta al fatto che per Dino suo stato e antecedente di s%i formato.5 7

Secondo i precetti della scienza naturale, prosegue Dino, la luce ve l'atto di un corpo diafano.5 8 II diafano *e civo che non pos• - siede una capacita luminosa propria, ma e capace di ricevere e con- servare la luce proiettata da un corpo luminoso. L'aria, ad esempio,

* Altre volte Dino scrive La qua! (quale), riferendo l'articolo a "passione". - 225 -

e un corpo dlafano che non ha luce propria, e un corpo oscuro capace di ricevere la luce del sole. II dlafano pero non e un corpo tras- parente, ma la capacita intrinseca che fa si che certi corpx oscuri, come l'acqua o I'aria, diventino visibili sotto 1'influenza di una forza estema, trovino cioe il loro valore naturale. Nulla percio puo essere visibile se il diafano non e attivato, in quanto nulla e visibile senza luce. Una volta attivato pero il diafano diventa luce. Ma donde origLna la necessita del diafano, si chiede Dino:

Similiter declaratum est in scientia naturali quod, sicut. lumen recipitur in aere et species rerum coloratarum cum lumine intentionaliter, et non recipitur res ipsa materialis (lapis enim non est in anima, sed species lapidis, ut dicit Philosophus) ... (147, 133-137).

La luce cioe e nel diafano come in un soggetto, il quale pero non e la materia propria del diafano: se cosi fosse, il diafano possiederebbe continuamente le proprieta luminose e cromatiche dell'oggetto. La luce dunque risiede nel diafano intentionali ter, e puo riattivare 11 diafano stesso, che diventa il medium tramite il quale l'oggetto 60 •« diventa visibile all'occhio. E percio, continua Dino,

in memoria illius qui amat non retinetur et conseruatur res materialis que amatur, sed species rei intentionalis; et sicut dyaphanum, existens prius obscurum, perficitur quando lumine informatur, ita et uirtus memorialis perficitur quando informatur specie que retinetur et conseruatur in ea; et ideo iste optime dixit quod ita informatur memoria ex specie rei ex qua causatur amor, sicut dyaphanum luce, quod de se erat obscurum et imperfectum (147, 138-145). - 226 -

La cosa materiale che causa l'amore non e conservata nella memoria, proprio come cio che e all'origine della luce non e nel diafano: e la species della cosa che in ambedue i casi e li intentionaliter.

E proprio come il diafano, anche la memoria perficitur, cioe trova il suo stato perf etto quando viene illuminata dalla forma di.un oggetto appreso. L'amore, secondo 1'interpretazione di Dino, e dunque nella memoria quale specie appresa di cib che causa amore, e cost! risiede intentionaliter. L'amore perb risiede nella memoria quale species di cib che causa amore, non come passione. La passione infatti prende sede nell'appetito sensitive Dino ci fa pertanto capire che Guido Cavalcanti sta seguendo l'amore nel suo sviluppo concettuale, mentre lo sviluppo "passionale" dell'amore sara esaminato nelle stanze che seguono.

L'amore e una passione sensitiva che non nasce ex nihilo, ma e generata ("Egli e creato et a sensato nome") da due fattori:

... una est dispositio naturalis alicuius corporis: uidemus enim quod secundum diuersas dispositiones naturales corporum homines sunt apti incurrere diuersas passiones: quidam uero faciliter incurrunt in iram, quidam in tristitiam, quidam in letitiam; et sic similiter, ex dis• positione corporis naturalis, quidam sunt apti ut faciliter hanc passionem incurrant amoris.

Alia res concurrit ad causandum aliquam passionem, que est res extrinseca que suam ymaginem uel speciem causat in uirtute sensitiua, ad quam cognitionem uel apprehensionem consequitur appetitus talis uel talis, in quo appetitu iste passiones fundantur. (148, 164-sgg.). - 227. -

La disposizione naturale che predispone l'uomo ad una data passione e determinata dai corpi celesti; Marte predispone all'amore quando e in congiunzione con Venere:

... quando in natiuitate alicuius Mars fuerit in domo Ueneris, ut in Tauro uel in Libra, et fuerit significator natiuitatis eius, significabit natum fore luxuriosum, fomicatorem et omnibus uenereis abusiuis scieleratum; unde quidam sapiens qui dicitur Aly, in "Comento 'Quadripartiti'", dicit quod, quando in natiuitate alicuius Uenus participat cum Marte, dat inamoramentum, forni- cationem, luxuriam et talia sirnilia, que omnia pertinent ad passionem amoris de quo loquitur auctor in hac cantilena (150, J.95-203).

Intrinsicamente l'uomo deve avere una disposizione naturale verso l'amore, ma e "la veduta forma" l'accidente in sustanzia che causa l'amore. Analizzando lo sviluppo della passione, Dino spiega che e causata dai movimento delle due passioni sensitive, la conoscitiva e l'appetitiva, in quanto ha sede "... in appetitu sensitiuo sicut in subiecto in quo habent esse passiones anime omnes ..." (148, 151-152). Ma poiche il movimento della passione appetitiva e subordinato a quello della conoscitiva, in quanto "... talis apprehensio fit ab intellectu ad quern peruenit species illius forme uisibilis" (151, 244-245.) Dino considera in primo luogo l'amore nel suo sviluppo concettuale:

Hie autem est ordo in apprehensione humana, sicut declaratum est in scientia naturali; quod primo species rei peruenit ad sensus exteriores, ut ad uisum uel auditum uel tactum uel gustum uel olphatum, deinde ab illis peruenit ad uirtutes sensitiuas interiores, sicut peruenit ad fantasiam primo, deinde peruenit ad cogitatiuam et - 228 -

ultimo ad mernorialera. Ab istis autem uirtutibus procedit postea ista species ad uirtutem nobi- liorem, que uirtus in tomine est altissima inter uirtutes adprensiuas, et ista est uirtus possibilis, que dicitur possibilis ad dif- ferentiam intellectus agentis, qui etiam est in nobis ... C151-152, 245-255).

La classificazione che Dino fa dei sensi interni e quella che gia

Avicenna aveva attribuito ai medici.^1 La forma (o species: i due termini sono di solito adoperati indifferentemente^ppresa dai sensi esterni crea in chi ama una intentio (il s'intende del v. 21 e 63 v l'intenzione del v. 33), che viene poi elaborata, cioe astratta da ogni residuo di materialita, dai sensi interni disposti nell'in- 64 telletto passivo, per trasformarsi in phantasma. Tl phantasma subisce infine un ultimo processo di astrazione da parte dell'in• telletto agente, che risplende su di esso e lo illumina proprio come la luce, risplendendo sui cdlori, li illumina. La forma e ora totalmenta libera dai vincoli della materia, ed e diventata species intelligibilis dell'intelletto possibile.^ Giacche 1'intelletto possibile e "... ille qui recipit species rei, et recipiendo speciem rei cognoscit rem ..." (152, 256-5$, esso e in atto(intellectus speculativus) ed in esso la species ha raggiunto la propria meta, e cioe riconosciuta quale concetto: quivi essa rimarra "ut in subiecto"

( 152, 264 ). E poiche la forma di cib che causa amore raggiunge

1'intellettOjl'amore non dimora solo nell'anima sensitive, ma ha in se qualcosa dell'intelletto: un amore del genere pub nascere quindi solo tra esseri umani (153, 283-289).

Ma solo la species dell'oggetto che fa nascere l'amore - 229 -

raggiunge 1'intelletto, chiarifica Dino, non l'amore-passione, in quanto 1'intelletto possibile "... non est uirtus particularis corporea, quia intellectus possibilis non est forma que proueniat ex qualitatibus elementorura per admistionem eorum ..." ( 154, 300-303).

L'operazione dell'intelletto infatti e "pura consideratio et apprensio spiritualis"(154,320)^ e in relazione cioe solo ai concetti universale ed incorruttibili. Ed e appunto questo — secondo Dino — che Guido vuol dire con il verso "Risplende in se perpetuale effecto": : ... idest operatio, que est sicut effectus ariime respectu alicuius quod est perpetuum et incorruptibile, sicut et iste intellectus est incorrup- tibilis"(l54,312-14 ). Quest'intelletto percio non pub largire simi- glianza, non puo avere simiglianza con cio che e corporeo e cor-

67 ruttibile, come la passione d'amore.

La passione d'amore non risiede dunque nell'intelletto,

il cui fine e il vero, ma nell'appetito sensitivo, la cui perfezione \ \ 68 e cio verso cui l'amore tende. Dopo aver esaminato l'amore nell'in•

telletto, Guido nella terza stanza considera appunto l'amore quale passione dell'appetito sensitivo: Non e vertude. Ma da quella uiene Ch'e perfectione che si pone tale Non rationale ma che sente cLico. Fuor di salute giudicar mantiene, Che la 'ntenzione per^ragion uale. Disceme male in cui e uinto amico. Di sua potentia segue spesso marte, Se forte la uertu fosse impedita La quale aiuta alia contraria via.

Non perche opposito natural sia, % Ma quanto che da buon perfecto torto.e. Per sorte non pub dire huom ch'aggLa uita, - 230 -

Che stabilita non a. signoria. A simil pub ualere quando huomo oblia.

Guido Cavalcanti apre la stanza affermando che l'amore non e una virtu, ma procede dall'operazione di una virtu. Ma virtu puo avere vari significati, osserva Dino:

... nam in ipsa [anima] sunt uirtutes que sunt potentie naturales eius, que potentie sunt multe, quarum omnium radi est anima, sicut sunt intel• lectus, uoluntas, fantasia, extimatiua, memoria et uirtus sensitiua comunis et particularis et appetitus sensitiuus; et est etiam uirtus uegetatiua, que nutrit corpus. Sunt etiam in ipsa uirtutes que dicuntur intellectuales, ut sunt sapientia, in• tellectus et scientia, ars et prudentia; et quedam sunt uirtutes morales, ut sunt temperantia,

liberalitas, fortitudo, iragnanirnitas et sirnilia ( 156 ,353-361).

Dato pero che la passione d'amore non raggiunge 1'intelletto essa non \ \ \ v puo essere una virtu intellettuale. Non puo neppure essere una virtu morale, "... que est habitus moralis, quod talis uirtus est in appetitu ut regulatur a ratione: in tali autem appetitu in quo est amor de quo

loquitur hie non est ratio regulata, ut ipse statim dicet ..."(157, 373-76).

1 amore percio procede da una virtu intesa nel senso di una qualche

facolta dell'anima sensitiva; l'amore infatti e una passione dello appetito sensitivo che procede dall'apprensione della forma prima dai

sensi esterni e quindi dai sensi interni. Quando la forma ha rag-

giunto 1'intelletto il soggetto conosce l'oggetto, e quindi le potenze

conoscitive dispongono l'animo a muoversi verso l'oggetto stesso, ed il movimento procede dall'appetito: Et, licet in amore concurrat operatio potentie cognoscitiue-sensitiue, tamen amor non habet esse proprie ut in subiectu in potentia sensitiua- - 231 -

cognoscitiua, sed habet esse in appetitiua, sicut omnis alia potentia; et hoc ideo est quia in cog- nitione sola est motus rerum ad animam; sed in appetitu est motus anime ad res: cognoscimus enim res prout sunt in nobis, sed appetimus eas prout sunt in se ipsis (157, 384-390).

Poiche la passione non e nell'intelletto, 1*appetito in moto non sara il razionale, ma il sensitive; ed e appunto questo — secondo Dino —

che Guido vuol dire con "Ch'e perfectione che si pone tale / Non

1 rationale ma che sente dico." : l'amore non procede dall appetito 69 razionale, ma deriva dall'appetito sensitivo in atto, che e appunto

considerato una virtu. Ed essendo un moto dell'appetito sensitivo,

il quale pub dissociarsi completamente dai controllo della ragione

("appetimus res prout sunt in se ipsis"), l'amore pub spingere l'uomo

a seguire il suo bene particolare, cioe l'oggetto della passione,

sostituendolo al Bene Universale: Et ideo dicit auctor: Fuor di salute, idest: hec passio ponit iudicium hominis extra salutem, idest extra salutem quia iudicium quod est in amore non est iudicium sanum, imo est corruptum: iudicat enim habens amorem quod iudicandum non est. Et illud quod dictum est declarat cum subdit che la 'ntentione per ragion uale, quasi dicat quod intentio iudicandi tunc ualet, idest tunc est recta, quando est cum ratione, scilicet bona. Nunc autem ille in quo est amor discemit male aliquid esse amicum, idest amabile, quod secundum rectam rationem non est amabile: et hoc est quod^iste uult dicere cum dicit Disceme male in cui e uinto amico (158-159, 416-426).

Questa passione - osserva Dino rifacendosi chiaramente alia tra-

dizione medica — pub causare gravi alterazioni somatiche che con- - 232 -

* 71 v x ducono alia morte chi ne e colpito.1 E cio puo procedere da un impedimento della "... opera uirtutis uegatatiue uel uirtutis'uitalis, que conseruat uitam et operationes eius in corpore humano" (159, 138-39 ).

Infatti, egli prosegue:

Uidemus ad sensum corpora illorum in quibus est amor adeo uehemens, et non consecuntur nec adimplent eorum desiderium arefieri et disiccari et tandem consumi et mori (158, 439-442).

Se l'uomo non riesce a soddisfare la propria passione le conseguenze possono essere gravissime, in quanto l'organismo si surrisealda eccessivamente e cib causa una essicazione del corpo, che viene rapidamente consumato. L'amore pero non e una malattia vera — 72 concetto ancora una volta espresso da Arnaldo di Villanova — in quanto e prodotto naturale di una facolta dell'anima, l'appetito sensitivo, e non e pertanto naturalmente contrario alia vita.

L'amore e causa di morte "... in quantum in ipso amore homo torquetur, idest remouetur a bono suo perfecto et a bona sua et a perfecta sua naturali dispositione. Et hoc est quod uult dicere auctor cum dicit

Non perche opposito natural sia — ma quanto che da buon perfecto torto e_: nam in amore, quando est ualde uehemens, aliquis remouetur a bona sua dispositione naturali et tendit uersus melanconicam, sicut ponunt 70 medicine auctores ..." (160,457-63). Chi infatti ama dirige cos- tantemente il proprio pensiero verso 1'oggetto amato, e l'operazione della virtus animalis raggiunge un tal grado di intensita da in- debolire l'operazione delle altre facolta: "... quod ipse actus unius - 233 -

uirtutis intenditur ualde, actus, aliarum uirtutum ualde remectitur"(160,466-67).

La virtu nutritiva non adempie piu le proprie funzioni ed il corpo, privo di cibo, si indebolisce ed infine muore. L'amore percio e una malattia per accidens, in quanto sconvolge la ragione e puo condurre l'uomo alia morte, pur non essendo naturalmente opposto alia vita, pur non essendo cioe una vera malattia. L'amore distrugge la bilancia psicologica e fisiologica dell'uomo, che puo pero essere ristabilita

se questi dimentica l'oggetto della passione; per questo motivo,

soggiunge Dino, i medici affermano che la miglior cura per l'amore

e di distrarre chi ama, di modo che egli possa dimenticare 1'amata.

Nella quarta stanza della canzone Guido Cavalcanti risponde alia quarta ed alia quinta domanda relative all'amore proposte nella stanza introduttiva, cioe L'essentia, poi ciascuno suo mouimento:

L'essere e quando '1 uolere e tanto Ch'oltra misura di natura torna, Poi non s'adoma di riposo .mai. Moue cangiando colore, riso in pianto, Et la figura con paura stoma. Poco sogioma. Ancora di lui uedrai Che 'n gente de^valore il piu si truoua. La nuoua qualita muoue sospiri, Et uuol ch'uom miri non fermato loco- Destandosi ella, la qual manda fuoco. Ymaginar non puote huom che nol pruoua. Et non si muoua perche a lui si tiri, Et non si giri per trouarui gioco, Ne certamente gran sauer ne poco.

L'essenza dell'amore, spiega Dino, cons iste in questo: '.'.. quod est - 234 -

passio quedam in qua appetitus est cum uehementi desiderio circa -

75 quam amat, ut scilicet coniungatur rei amate ..."(162, 503-505). la definizione di Dino e piu complessa di quella del Cavalcanti, il quale nei due versi inziali — e sono appunto questi che il medico sta esaminando — dice semplicemente che l'essenza (essere) dell!.amore consiste in un desiderio cosi intenso che oltrepassa ogni limite naturale. Guido infatti in questi versi offre solo la causa formale dell'amore (ma aveva gia detto che l'amore risiede nell'appetito e che deriva da una veduta forma); Dino invece, non legato dall'economia del verso, pub offrire una definizione che comprende tutte e quattro le cause dell'amore, cioe la causa materiale, formale, efficiente e finale: "l'appetito e la materia che riceve la forma di un desiderio violento quanto 1'oggetto amato fa si che esso desideri di essere uriito all 'oggetto desiderate " II desiderio che accompagna l'amore e violento in quanto 1'oggetto amato e il fine, la perfezione dello appetito di chi ama. E poiche ogni cosa desidera immensamente di 77 essere unita al proprio fine, l'amore comporta un desiderio d'unione che oltrepassa ogni limite naturale, tanto da sembrare un desiderio senza limite.

Ma l'amore e anche accompagnato da una assidua sol- lecitudine per 1'amata, e questo e appunto il significato del verso

"Poi non s'adorna di riposo mai": ... istud dictum de diffinitione essentie amoris concordat cum eo quod aucton:dicit de amore dif- finiendo ipsum. Dicit enim: amor est sollicitudo - 235 -

melanconica, sinrilis melanconie, in qua homo iam sibi inducit incitationem cogitationis super pulchritudinem quarurrdam formarum et figurarum que insunt ei; deinde adiuuat ipsum ad illud desiderium eius et non consequitur. Et Alyabas dixit quod amor est solicitudo anime in illud quod amatur, et cogitationis in ipsum perseuerantia(l63,524-32).

Secondo Dino quindi la definizione del Cavalcanti coincide con quella

che dell'amore danno Avicenna (il primo auctor) ed Ali ben Abbas: anzi, e l'autorita dei due grandl scrittori medici che sancisce la validita della definizione cavalcantiana. E poiche quest'amore ha come scopo il soddisfacimento del bene dell'amante, bene che non deve necessariamente essere reciprocato, esso e essenzialmente con- 78 cupiscenza, e non amor amicitiae: questa passione puo pertanto acquistare le caratteristiche proprie di una malattia, "et uocatur'...

'ereos' ab auctoribus medicine"(164, 554-555). Nella seconda parte della strofa Guido esamina i movimenti dell'amore, cioe le alterazioni somatiche causate dalla

passione; spiega Dino:

Nam in amore corpus alteratur nunc ad isturn colorem, nunc ad ilium qui est oppositus; similiter etiam alteratur nunc ad risum nunc ad planctum . Similiter etiam in amore corpus nunc alteratur ad gaudium et spem, nunc ad timorem et desperationem (164, 560-65).

La malattia d'amore ha una patologia definita, che Dino spiega rifacendosi ai precetti medici che gia conosciamo. La causa di queste

diverse alterazione fisiologiche, egli scrive, "... est propter - 236 -

diuersitatern ymaginationum que representatur sibi de rem quam amat..." (164,

568-569 ): infatti chi ama iirmagina talora di poter conquistare

1'oggetto amato, e quindi gioisce e spera, talora teme invece di non poterlo raggiungere, e pertanto intristisce e si dispera:

Et secundum hoc accidit quod in ipso diuersimode mouetur calor naturalis et spiritus, qui nunc mouetur ad intra nunc ad extra, nunc partim ad intra nunc partim ad extra, secundum quod diuersimode mouetur in diuersis passionibus anime: ex cuius motu diuerso accidit diuersificatio caloris corporis, ita ut nunc sit unius coloris nunc alterius, et nunc assimiletur figura eius figure timentis nunc gaudentis, nunc ridentis nunc plorantis ... (164,572-78).

Questi diversi stati emotivi determinano il moviirento del calore innato del corpo, che a sua volta determina il movimento degli spiriti, veicoli della potenza del cuore. Quando 1'immaginazione concerne un bene che da piacere, il calore si espande per tutto il corpo assieme agli spiriti; se invece chi ama immagina qualcosa di triste, il calore e gli spiriti fuggono verso il cuore, ed il corpo rimane pregno di freddo. Ed anche il colore del corpo e determinate da questi stati d'animo: acceso nei momenti di gioia, pallido in quelli di disperazione. Questi stati emotivi inoltre si susseguono ripenti- namente, e sono accompagnati da sospiri:

... quando in amante renouatur in apprensione sua species rei amate que conseuatur in memoria, tunc ista species, renouata in apprensione, mouet ipsum ad suspiria: sicut uidemus ad sensum quod, quando amans aliquid agit uel cogitat et subito ad eum perueniat cogitatio rei amate, tunc suspiria emictit, propterea quod in tali subita renouatione apprensionis generatur quedam angustla circa cor propter diuersum motum subitum qui accidit in calore et spiritu eius, - 237 -

qui quidem motus diuersus est causa suspiriorum (167, 626-633).79

Infine, a proposito dei versi 49-50 ("Ancora di lui vedrai/ Che - 'n gente de ualore il piu si tr.oua"), egli spiega che questo tipo d'amore colpisce piu spesso gli uomini nobiii in quanto essi, non dovendosi procurare il necessario di cui vivere (come e invece nel caso degli uomini populares), possono liberamente rivolgere la propria attenzione a questo tipo di pensiero, ben sapendo di poter ottenere 1'oggetto amato grazie alle loro ricchezze ed al potere che il loro rango sociale comporta, senza contare che, proprio per queste ragioni, il loro amore e piu facilmente contrac- cambiato (165,566-sg) . E chiaro che qui Dino fraintende completamente il pensiero di Guido, il quale si riferisce ai nobili di cuore, a quella ristretta cerchia dei "fedeli d'amore"di cui Dante parla nella

Vita Nuova. Dino non e pero un poeta, ma un uomo essenzialmente pratico, e quindi le ragioni che egli adduce per spiegare le parole del Cavalcanti sono ragioni pratiche che riflettono simili idee gia

8 espresse da altri medici. ^

Nell'ultima stanza Guido Cavalcanti esamina gli ultimi due problemi relativi all'amore: '.'.. il piacimento, che '1 fa dire amare / Et s'uomo per uedere il pub mostrare."

Di simil tragge complexion lp sguardo Che fa parere lo piacere. Certo Non pub couerto stare quando e si giunto. Non gia seluaggi la belta suo dardo Che tal uolere per temere esperto, Consegue merto spirito ch'e punto. - 238 -

Et non si pub cognoscer per lo uiso, Compreso bianco in tale obiecto cade. Et chi ben aude, forma non si uede, Perche li mena che da lui procede, Et fuori di colore essere diviso, Absciso meco obscuro luce raude.

II piacimento che fa nascere l'amore, spiega Dino, procede dai fatto

che la species dell'oggetto che e all'origine dell'amore e appresa

come simile, conveniente e proporzionale, e questo desta nell'appetito un desiderio cogente di essere unito all'oggetto. La simiglianza infatti fa sembrare l'oggetto bello e buono: bello in quando essendo

simile e piacevole; buono in quanto essendo bello e piacevole e

considerato come cio con cui il soggetto dovrebbe unirsi per soddisfare

il proprio piacere: di conseguenza 1'appetito si muovera per con- quistare l'oggetto, dando origine alia passione. Ma la simiglianza

fa sembrare la vista d'amore piacevole ("che fa parere lo piacere.")

Sebbene infatti la veduta forma possa sembrare piacente ed amabile, secundum iudicium regulatum a ratione (17o,702-03 ) pub essere tutto altro che bella e buona, in quanto la passione pub offuscare il

gLudizio della ragione: il che e.analogo a quello che Bernardo di

Gordon scrive:

... cum aliquis philocaptus est in amore alicuius mulieris, ita fortiter concipit formam et figuram et modum, quaniam credit et opinatur hanc esse meliorem pulchriorem et magis venerabilem, magls speciosam et melius dotatam in naturalibus et moralibus quam aliquam aliarum. Et ideo ardenter concupiscit earn, et sine modo et mensura, opinans si posset finem attingere, quod haec esset sua felicitas et beatitudg. Et intantum corruptum est iudicium rationis... .°1 - 239 -

Inflne, anche se chi ama con tanto fervore non puo nascondere i segni della passione, l'amore non e visibile, in quanto procede "... a re que est extra colorem, scilicet pulchrum, et que est diuisa et abscisa ab omni pulchritudine et est res obscura secundum medium, idest est res turpi3 secumdum aliquam partem sui; et aliquando ex toto est auferre omnem lucem, idest extra omnem pulchritudinem"(l72,762-67). Secondo Dino percib — ed egli ha 82 certamente quivi frainteso il pensiero del Cavalcanti — l'amore e cieco, in quanto accade spesso che uno si innamori di una persona tutt'altro che bella. Ad ogni modo chi ama non puo mai ingannare la persona amata, neppure per soddisfare il proprio desiderio, in quanto egli spera sempre nella rnisericordia dell'amata, e spera che la propria onesta possa venire un giorno ricompensata: ... sed habet fidelitatem totam circa ipsam: timet enim ne misericordiam baheret a re amata, et optime dixit auctor Che solo da costui nascie mergede (174, 803-805).

E qui Dino del Garbo conclude la glossa alia canzone di Guido Cavalcanti, osservando che il congedo, che qui sotto riporto, non necessita di alcuna spiegazione, essendo chiaro il suo significato:

Tu puoi sicuramente gir, cangone, Oue ti piace, ch'io t'6 si adornata Ch'assai lodata sara tua ragione Dalle persone ch'anno intendimentor Di star con 1'altre tu non ai talento.

Strettamente legato alia nostra esplicazione dei punti - 240 -

salienti della glossa di Dino del Garbo e di fondamentale importanza per una giusta comprensione dell'importanza della concezione della malattia d'amore nella letteratura del tempo di Dante e il problema dell'averroismo di Guido Cavalcanti. II primo critico a parlare di un influsso averroistico sui pensiero del Cavalcanti fu Giulio

Salvadori, per il quale l'averroismo e la dottrina propugnata da

Alfarabi, Avicenna e Avenpace, ripresa poi da Averroe, di un intel• letto umano, passivo, che aspira ad unirsi misticamente con l'unico intelletto attivo che illumina gli intelletti dei singoli individui.

Egli considera Guido Cavalcanti un averroista in quanto il suo amore

"... e della pura idea astratta dall'immagine della donna reale per opera dell'intelletto attivo, e che nell'intelletto possibile e accolta: e cosi, combattendo le forze che servono alia vita animale, se raggiunge il suo esser perfetto, dissolve l'anima, separando in lei quello che e d'etemo e quello che e corruttibile: quest'amore e insomma insensx-

8 tivo di natura e intellettivo nel suo oggetto..." 3

A questa teoria aderx Carlo Vossler, il quale pero afferma che secondo Averroe 1'intelletto possibile e quello attivo sono separati dall'anima che e dell'uomo, e che e 1'intelletto passivo o hylico, chiamato dagli scolastici vis aestimativa. Tra 1'intelletto passivo individuale e 1'intelletto attivo separato, secondo Vossler, sta 1'intelletto possi• bile, che non e una sostanza a se stante, '.'.. ma nasce di passaggio ed occasionalmente ogni qual volta 1'intelletto passivo si unisce nell'uomo 84 all'intelletto attivo nel processo del conoscere. - 241 -

II merito di aver determinato con puntualita il significato di "averroismo"spetta perb a Bruno Nardi il quale, in polemica con

Salvadori e Vossler, dimostra che la caratteristica dottrina di Awerroe e quella della unita dell'intelletto possibile (hylico o materiale)

r sostanza separata ed irrmortale ... unica per tutta la specie umana, la quale s'unisce ai singoli individui per mezzo delle immagini sensibili o fantasmi, dai quali 1'intelletto agente astrae la pura idea intel-

85 * ligibile": perfezione del corpo umano pertanto non sara questo intelletto collettivo, ma 1'anima sensitiva. E questa dottrina, secondo il Nardi, che informa i punti salienti della canzone del

Cavalcanti, cioe i w. 15-16, 24-27, 29-31. w. 15-16: "In quella parte doue sta memoria/ prende suo stato " Per il Nardi,"quella parte doue sta memoria" e 1'anima sensitiva, e Cavalcanti "... sembra escludere che questa facolta sia propria anche della.parte intellettiva. La sua teoria dell'amore comincia pertanto a rivelarsi interessante fin dalla prima battuta, per due motivi: per questo limitare la memoria alia sola parte sensitiva dell'anima, e perche s'indica 1'anima sensitiva 86 come sede propria dell'amore, ;che in essa 'prende suo stato'." A questa interpretazione si oppongono J. E. Shaw e Guido Favati: per il primo infatti per "quella parte" deve interdersi 1'Intelletto sensitivo ("Sensitive Intellect"), cioe l'insieme dei sensi interni, che appunto nella memoria hanno il loro punto di contatto con 1'intelletto possibile; le parole del Cavalcanti, egli afferma, "... offer much better support for those who believe that Cavalcanti's love is both intellectual and sensitive." Guido Favati identifica invece la parte - 242 -

in cud risiede la memoria con la vis cogitativa. Egli cita a difesa della sua tesi San Torrmaso, il quale afferma che la vis memorativa, la vis imaginativa e la phantasia fanno parte della vis cogitativa, la quale a sua volta si identifica con 1'intelletto passivo: "virtus cogitativa, quam Aristoteles passivum intellectum 89 vocat", e quindi "virtus cogitativa habet ordinem ad intellectum 90 possibilem ... per suam actum, quo praeparantur phantasmata."

Che la vis memorativa sia uno dei sensi interni, appartenente all'anirna sensitiva o piu specificatamente all'intel- letto passibile e piu che owio. L'intelletto passibile e infatti quella parte dell'anima' che rioeve le impression! dei sensi, che le ordina e le astrae, tramite i sensi interni che sono suoi strumenti, di ogni residuo di materialita., per passarle poi all'intelletto possibile. Spiega ad esempio Averroe corrmentando un passo del De 91 anima di Aristotele:

Quia rememoratio fit per virtutes comprehensivas passibiles; et sunt tres virtutes in nomine, quarum esse declaratum est in Sensu et sensato, scilicet imaginativa et cogitativa et rememorativa (istae enim tres virtutes sunt in Iximine ad rap- raesentandam formam rei imaginatae, quando sensus fuerit absens); et ideo dictum fuit illic quod, cum istae tres virtutes adiuverint se invicem, forte repraesentabunt individuum rei, secundum quod est in suo esse, licet autem non sentiamus ipsum. Et intendebat hie per "intellectum pas- sibilem"formas imaginationis, secundum quod in eas agit virtus cogitativa, propria homini. Ista enim virtus est aliqua ratio; et actio eius nihil est aliud quam ponere intentionem formae imaginationis cum suo individuo apud rememorationem, aut distinguere earn ab eo apud - 243 -

formationem. Et manlfestum est quod Intellectus, qui dicitur materialis, recipit intentiones imaginatas post hanc distinctionem. Iste igitur intellectus . passibilis necessarius est in formatione. Recte igitur dixit: "Et non remeirorarnur, quia iste cioe 1'intellectus materialis est non passibilis, et intellectus passibilis est corruptibilis, et sine hoc nihil intelligit", idest et sine virtute imaginativa et cogLtativa nihil intelligit intel• lectus qui dicitur materialis. 92 I sensi interni sono insomna funzioni dell'intelletto passibile, il cui compito e di elaborare in phantasmata la species appresa per porgerla all'intelletto possibile, che sara quindi in grado di com- piere l'atto intellettivo. In ultima analisi dire che la memoria appartiene ai sensi interni, all'anima sensitiva o all'intelletto passibile equivale a dire la medesima cosa.

Partiamo invece dalla classificazione che San Tommaso fa dei sensi interni. Nella Summa Theologica egli da questo schema:

1. sensus corrrnunis; 2. irrmaginazione retentiva (phantasia); 3. iirimaginazione compositrice umana e animale (imaginativa);

4. estimazione o cogitazione (aestimativa seu cogitativa)

5. memoria (memorativa). Sempre nella Summa San Tommaso sembra invece voler togliere al termine "senso intemo" il suo significato di varie facolta post-sensoriali che identifica con una facolta unica, al'adnaus, nel quale risiede, secondo Aristotele, cppovn.o'L.s. In questo passo di Aristotele auadnaLs significa sensus comnunis, e pertanto San Tommaso identifica il senso intemo con il senso comune:

Ad tertium dicendum, quod sicut Philosophus dicit in 6 Ethic, (cap. 8, ad fin.), prudentia non - 244 -

consistit in sensu exterior!, quo cognoscimus sensibilia propria, sed in sensu interior!, qui perficitur per memoriam, et per experimentum ad prompte judicandum de particularibus expertis794

La memoria e insoirma quella facolta nella quale la species appresa dai sensi esterni e da quelli interni perficitur, trova la sua perfezione sensitiva prima di essere porta all'intelletto possibile.

E qui appunto che l'amore di cui parla il Cavalcanti

"prende suo stato", cioe ivi assume la sua condlzione, sia perche

1' amore e prodotto da un continuo ritornare con la memoria alio oggetto amato, ma soprattutto perche nella facolta membriale si compie quel processo di perfezione sensitiva della species che e all'origine dell'amore che prelude all'atto conoscitivo dell'intel• letto possibile, e ne e anzi condizione essenziale. "In quella parte doue sta memoria" dovra pertanto essere considerata una parafrasi che Dino del Garbo correttamente interpreta con in parte memoriali.

Prendiamo ora in esame i w. 24-27: "En quella parte mai non a posanca / Perche da qualitate non discende. / Risplende in se perpetuale effecto./ Non a dilecto ma consideranca." Bruno

Nardi da per soggetto a "non a posanca" il sottinteso Amore, come nel resto del componimento, e spiega: "In quella parte, cioe nello intelletto, l'amore non ha 'posanza', cioe non posa, ne ha 'pesanza'

(se cosi preferite) cioe gravezza, perche quella parte, cioe l'intel- letto possibile, non deriva dalle qualita dei quattro elementi, ma e - 245 -

una sostanza separata, 'neque corpus neque virtus in corpore *, etema, incorruttibile, inalterabile, non soggetta a passioni sensibili che somiglino al pensiero amoroso, ma sostanza dotata solo di un atto eterno e irrmutabile di pensiero . ..."^ Le obiezioni che a questa interpretazione muovono lo Shaw ed il Favati dipendono dalla inter- pretazione letterale dei versi in esame. Per lo Shaw infatti "in 96 quella parte" si riferisce alia memoria, per simmetria con il v.15, interpretazione che perb non regge, che come giustamente osserva il

Contini, "dell'intelletto possibile e qui detto In quella parte,per nuova simrnetria-opposizione a 15, opposizione di fronte a sirma, di 97 memoria e intelletto possibile."^' Guido Favati invece considera la veduta forma del v. 21 soggetto di non a posanca ed interpreta: "ma sull'intelletto possibile quella forma non incide mai perche non deriva dalle qualita sensibili dell'oggetto, ma risplende dall'interno della propria assolutezza formale come in se inalterabilmente conclusa. Non comporta, conseguentemente, diletto, ma solo una assorta con- templazione ...." Sta di fatto pero che nel resto del componimento il soggetto sottinteso e Amore, e 1'interpretazione letterale del Nardi, che e anche quella di Dino del Garbo, dimostra una miglior fusione grammaticale di quella del Favati, ed e preferibile. A parte cib Favati e costretto ad interpretare il v. 21, "Uien da ueduta forma che s'intende" in questo modo: "Procede dall'aver veduto una forma, che 99 s'intuisce rappresentativamente che non passa quindi dalla intentio all'atto: ma se prendiamo s'intende nel senso letterale, cioe species fatta intelligibile,^^ questa interpretazione non regge. Si dovra pertanto accettare, alrreno in parte, la tesi del Nardi: l'amore-passione nulla pub sull'intelletto possibile, il quale non deriva dalle qualita fisiche degli elementi: e fin.qui Nardi e d'accordo con Dino del Garbo.

Rimane da discutere quel perpetuale effecto che Nardi spiega: "in esso [cioe nell'intelletto possibileJ l'atto del contemplare e continuo ed etemo" facendo in tal modo dell'intel- 101 letto possibile un intelletto separato dall'uomo. Spiega invece

Dino del Garbo: l'amore in quanto passione non ha posanza £ne ha possanza^] nell'intelletto possibile, in quanto 1'intelletto non partecipa alle qualita del corpo, mentre la passione e qualcosa che l'uomo soffre nel corpo quando 1'appetito sensitivo e rivolto ad un dato oggetto considerato come bene. Cio che ha posanza ^o

2 possanzaj nell'intelletto e la forma dell'oggetto."*"^ Ora, 3a operazione dell'intelletto possibile dipende dai suo essere in atto, e cio determinato dall'intelletto agente, il quale separa la species intelligjbilis in potenza da ogni residuo di materialita e risplende su di essa proprio come la luce, risplendendo sui color!, li illumina.

A questo punto 1'intelletto possibile e in atto, e cioe intellectus speculativus, ed intende la species intelligjbilis, perpetua ed in- corruttibile in quanto priva di materialita, nel suo valore universale quindi anche 1'intelletto possibile e perpetuo ed incorruttibile, che come osserva Dino — 1'operazione dell'intelletto possibile "... est sicut effectus anime respectu alicuius quod est perpetuum et incor- ruptibile ..." (.154,309-10). L'amore del Cavalcanti pertanto non appartiene solo all'anirna sensitiva, come vuole Bruno Nardi, ma anche nell'intelletto in qualita di species universalis dell'oggetto che occasiona l'amore, il che concorda con quanto dice San Tommaso: "Et ideo haec, amor odium, gaudium et huiusmodi possunt intelligi, et prout sunt in appetitu sensitiva et sic habent motum corporalem corrjunctum: et prout sunt in intellectu et voluntate tantum absque omni affectione sensitiva, et sic non possunt dici motus, quia non 104" habent motum corporalem corrjunctum." Un'ultima osservazione:

Dino del Garbo, che pur era discepolo di quel Taddeo Alderotto che

Nardi considera un averroista, dice chiaramente che 1'intelletto possibile e quello agente sono propri dell'uomo, e non separati. Esaminiamo infine i w. 29-31: "Non e vertude. Ma da quella uiene / Ch'e perfectione che si pone tale / Non rationale ma che sente dico." Nardi spiega: "L'amore e una passione, non una virtu o potenza dell'anima, come sarebbero la virtu vegetativa, quella sensitiva oppure la desiderativa o l'intellettiva ... e una passione che viene non dalla potenza razionale dell'anima, cioe dall'intelletto, ma da quella 'che sente', cioe dall'anima sensitiva, la quale e perfezione del corpo, e tale e ritenuta dagli averroisti." J. E. Shaw osserva che perfezione e equivalente ad actus ed a forma, e che molte volte e usato al posto di virtu, facolta, funzione della anima ecc.: "To understand 'quella ... perfezione ... che sente' as meaning the sensitive faculty - egli scrive - is quite reasonable, - 248 -

but to drag in a reference to the definition of the soul is to introduce something extraneous and unnecessary, with the awkward result, besides, that love is said to be derived from, instead of belonging to, the 105 sensitive soul ...." Questa osservazione dello Shaw getta seri dubbi sulla interpretazione del Nardi, perquanto non mi sembra che risolva il problema dei versi cavalcantiani, (ne tanto meno lo 106 risolvono le interpretazioni di Guido Pavati o di Dino del Garbo.)

II verso 29 va infatti riferito al. verso 15, ed il significato sara codesto: "l'amore non e una virtu, ma viene da quella virtu della anima che e perfezione (o atto che dir si voglia) delle facolta interne: procede cioe dalla vis memorativa, che e appunto considerata ('che si pone tale') perfezione sensitiva e non razionale." La passione d'amore procede da un continuo ritomare con la memoria all'oggetto visto: la memoria e il punto focale dell'esperienza amorosa, in quanto senza memoria non vi sarebbe ne intelligibilita ne sensualita. Ma poiche la memoria pub — per ragioni fisiologlche e psicologiche — polariz- zarsi sopra la species appresa, il legame con 1'intelletto puo rompersi; l'amore pertanto prende il soprawento sulla ragione non perche e un prodotto dell'anima sensitiva che e perfezione del corpo umano, ma perche e una specie di malattia che — come afferma Aristotele e con lui tutti coloro che nel Medio Evo scrissero d'amore — coinvolge sia il corpo che lo spirito. Ed e appunto questo il nucleo dottrinario e poetico della canzone e di quasi tutte le rime cavalcantiane: l'amore sconvolge totalmente la bilancia fisiologica e psicologica dell'uomo in quanto e uno stato di follia durante il quale l'oggetto amato diventa l'unico dato presente alia coscienza di chi ama, e non perche l'amore sia un prodotto dell'anima sensitiva, perfezione dell'uomo, come insegfjava Averroe. - 250 -

NOTE

1 Si veda a proposito quanto gia detto alle pgg. l4- 16.

2 Si vedano le pgg. 23-sgg.

3 J Una rapida scorsa -anche se owiamente superficiale- della letteratura araba dimostra che il tema della malattia d'amore fa la sua prima comparsa nel periodo arcaico, e piu precisamente nella poesia nasib. II tema non viene sviluppato lungo linee psicoligi- che, ma rimane in nuce, espressione di uno stato d'animo universal- mente sentito (si pens! a Saffo) e non di una tematica ricercata e meditata. II poeta si rende conto che l'amore pub lasciare dietro di se una specie di malore, ed il ricordo acquista il valore di una convalescenza. . Si prendano come esempio questi versi tratti da una collezione di poesie arabe pre-islaTnichedl Farazdaq,.. .• citati da J. C. Vadet nel suo ricco studio L'Esprit Courtois en Orient (Paris, 1968), pg. 54: Fatima, ni le somneil ni le voyage de nuit ne m'ont fait oublier ce mal qui m'est reste', passion qui me revient a plus d'une reprise.

La aegritudo amoris comincia ad acquistare valore di vera tematica nella poesia nata nel milieu ' Hedjaz. Nel Kitab al-Agani di Abu al-Faraj al-Isfahanl fAl! Ibn al-Husayn, m. 967) e nella poesia di^Umar Ibn Abl Pabi'a l'amore viene descritto come un male fisico che penetra nelle viscere dell'uomo, tormentandolo senza tregua:

0 Atlq cesse tes reproches, je suis bien accabjg et la douleur - 251 -

que j'ai, 5 AtTq, est bien sufflsante. Ne me blame pas, toi qui exalta sa beaute", 0 toi qui fus pour moi comme le demon pour l'homne Un amour a l'interieur a ronge' tous mes os, dissimule en moi il les a consumes 6 si la nuit de la colline, 'AtTq, de tes yeux j'avais vu, mes yeux maintenant seraient en paix Quand m'apparut sa taille et son collier de perles, entremele' de corail (Vadet, pg. 154)

Ed in una celebre risposta di Ibn Abl Atlq a'Umar:

Atiq me dit quand mes plaintes lui eurent eonfie l'elan de ma passion et que la maladie qui obsedait mon coeur fut devenue visible , Vraiment si Rabab de toi s'est eloignee ou si vos liens sont rompus, faut-il que ton coeur aussi s'envole. (ibi.).

La malattia d'amore diviene quindi uno dei temi principali del Diwan di al-Abbas Ibn al-Ahnaf, ed acquista una fenomenologia fino ad ora quasi sconosciuta nella letteratura araba, forse sotto la influenza -diretta o indiretta- degli studi medici sull'amore che proprio in questi anni si stavano svolgendo. L'amore fa dimagrire e impallidire: / ' / 0 toi qui fait l'ornement des femmes de ce monde, reponds a v la priere de I'amor- : (demeure) etranger en Iraq. Et j'ai ecrit ma lettre, tracant a peine le mots a force de plaites et de trop longs sanglots. 0 Fawz si tu me voyais, tu ne me reconnaitrais pas, tellement apres toi j'ai maigri et^».li. Je n'ai dans l'univers d'autre bien que toi, parmi les houris du Paradis je ne veux d'autre bien (Vadet, pg.212). L'amore e un male fisico, una malattia che colpisce il corpo e

quindi lo spirito dell'uomo. Ed e appunto attraverso l'usura del

corpo, che preannuncla la morte ma che e anche indice della pro-

fondita dell'amore, che l'amante si riconosce -e si fa riconoscere-

quale vittima di quest'amore: - 252 -

Si par Dieu je pouvais avoir de la patience dans son eloignement -mon oeil dont l'insornnie a fait le long supplice connaitrait le repos.- Toi qui ignores 1'amour, interroge-moi done si tu en veux l'histoire. -Son gout n'est qu'amertume et sa limpidite est trouble.- Ma journee tout entiere est faite d'insomnie. Le larmes de mes paupieres sont une eau abondante, 1'inquietude en mom

coeu1 r ne laisse plus de fente -car ce fut mon malheur que d avoir regarde- ce regard (que je jetais) fit de moi sa victime (Vadet, pg. 235).

L'amante dunque si rende conto di essere una vittima dell'amore attraverso questi sintomi fisici ma anche psicologici, e prende altresi coscienza di essere un uomo a parte, di avere un destino separato da quello dei comuni mortali. L'amore infine acquista le caratteristiche proprie della dottrina medica nel Masari al-Ushshaq di Abu Muhammad Ja'far Ibn Ahmad Ibn al-Husayn as-Sarraj al-Qari

(1026-1106), famoso hafiz e studioso religioso del tempo. J. C.

Vadet, dopo avere attentamente studiato l'evoluzione della dottrina d'amore in questo poeta nativo di Baghdad, scrive:

L'amour ne serait-il qu'une emotion a caractere origi- nellement physiologique? Une physiologie populaire semble pouvoir tout expliquer par son evidence immediate. On fera valoir que 1'arrant rougit ou palit en regardant l'aimee: e'est encore une fois l'effet de 1'emotion, du sar, d'ailleurs paleur et rougeur sont des phenomenes circulatoires. Soupirs et evanouissement concernent plutot la respiration, car l'evanouissement, selon les auteurs, n'est autre chose que le fait pour 1'esprit de derober et de se cacher au fond de coeur pour une duree qui peut^aller jusqu'a. 24 heures. De meme, les soupirs sont tres dangereux, ils risquent de suspendre la marche du souffle que l'on pourrait bien ne plus rattraper... e'est le coeur qui est 1; siege de 1'amour et e'est la aussi que reside la force cachee de 1'esprit.... Pour d'autres au contraire, 1'amour est le resultat de la pensee, 1'emotion ne survient pas, au du moins ne se manifeste pas entierement sans reflexion prealable. Cette reflexion est aux ordres de la crainte et du desir. La pensee, dans cette version, a pour^siege le cerveau. Le cerveaucommande la pensee et la pensee 1'emotion. L'amour, a. l'etat de jugement errone' sans doute, - 253 -

pre-exlste a 1'emotion (Vadet, pg. 427-sg.)

Vadet rlporta anche l'oplnione del medico Palladius, per il quale l'amore e una malattia che nasce nel cervello essicato dalla ri- flessione che genera la bile nera, ma trascura quasi completamente i medici arabi e le loro dottrine (si veda il brevissimo accenno a pg. 233 )• E probabile invero che i poeti conoscessero, anche se superficialmente, la concezione medica della malattia d'amore, ed e altrettanto probabile che i medici fossero al corrente dell'uso poetico della metafora. L'influenza e irisomma reciproca, e le due concezioni seguono linee di sviluppo parallele.

L'uso della metafora e inoltre ampiamente diffuso nella letteratura dei mistici arabi (i sufisti) e latini: malattia d'amore e ormai diventato un luogo comune, se non addirittura uno dei nuclei fondamentali di tutta l'esperienza mistica. Nel mondo arabo questa tradizione sembra far capo a Rabi'a, famosa mistica

> di Basra (m. 801). Nel Fasl fi al-Mababba di al-MuhasibT (giunto a noi solo attraverso citazioni) si legge:

There is no distinction between love and yearning, when yearning is a branch of the original love. It is said likewise that love is known by its evidences upon the bodies of the lovers, and in their speech.... Love itself has no manifesting shape or form, for its nature and form to be known; it is the lover who is known by his character, and the multitude of Favours which God displays upon his tongue, by gently guiding him, and by what is revealed to his heart The clearest sign of the love of God is excessive pallor, associated with continuous meditation, and prolonged vigil accompanied by complete self-surrender, obediently and with great haste ere dread death come upon him....

A. J. Arberry, dai cui volume Sufism (London, 1950) questa citazione - 254

e tratta Cpg. 51^-sg.) afferma che questo linguaggio d'amore fu poi usato da Dhu al-^fun, il quale "... so helped to fix a tradition that is thereafter so prominent a characteristic of Sufi literature" (pg. 53).

Cib che si e detto a proposito dei mistici arabi vale anche per gli scrittori mistici latini. Prendiamo come esempio del nostro assunto due famosi mistici medievali, San Bernardo e Riccardo di San Vittore. San Bernardo, nel suo opuscolo De Diligendo Deo

(P.L. CLXXXEI, pg. 998-sg. ) parla dell'amore per Dio come di una passione ardente, di una santa follia che "ferisce" colui che ama e lo "fa morire a se stesso." Riccardo di San vittore svolge il medesimo concetto nell'opuscolo De Quattuor Gradibus Violentae

c Charitatis (P.L. 196, 1196-sgg., 1209°-1213 ), ma si serve di una terminologia piu efficace per descrivere l'amore in termini quasi patologici. L'amante, conquistato dall'amore -egli scrive-,

desiderio ardet, fervet affectu, aestuat, anhelat, profunde ingeminiscens et longa suspiria trahens.... Hie tamen gradus interpolationem recipit... sed iterum post modicam interpolationem aestuans, ardor ferventior redit, animumque iam fractus acrius incendit et vehementius urit... donee plene animum sibi subigat... ita ut hoc ei excidere aut aliud cogitare non possit, et iam de primo gradu ad secundum transit. Primum enim gradum diximus qui vulnerat, secundum qui ligat. Nonne vere et absque ulla contradictione animus ligatus est, quando hoc unum oblivisci, aut aliud meditari non potest? ... dormiens sorrniat, hoc vigilans omni hora retractat Primi itaque gradus impetum in pravis desideriis non resistendo, sed decli- nando, non tarn reluctando quam fugiendo repellere debemus et possemus... secundi autem gradus vehementia omnino non valet nec reluctando superari, nec fugiendo declinari [Tertius] gradus quia humanae possibilitatis metas semel excessit, crescendi, ut caeteri, terminum nescit, quia semper invenit quod adhuc concupiscere possit.... Quid, quaeso, est quod cor hominis profundius penetret, acerbius cruciet, vehementius exagitet?... Morbus.irrimediabilis et omnino desperabilis, ubi semper et remedium quaeritur, - 255 -

et nusquam invenitur....

Per la poesia araba si veda soprattutto Vadet, op. cit., ma si consultino anche R. R. Khawan, La Poesie Arabe des Origines a Nos

Jours (Paris, i960), R. Blachere, la Poesie Erotique au Siecle des

Omayades de Damas (Annales de 1'Institute des Etudes Orientales

Universite' d'Alger, t. V), e la sua Histoire de la Litterature

Arabe (stessa serie, tt. I, II, III, 1952-1964), L. A. Giffen,

Theory of Profane Love among the Arabs: the Developement of the

Genre (New York, 1971)- Sui Sufismo, oltre alio studio di Arberry, gia cit., si vedano il suo Introduction to the History of Sufism

(London, 1943), e lo studio di R. Nicholson, Studies in Islamic

Mysticism (Cambridge, 1967).

La scelta dei testi di Ibn Hazm, Andrea Cappellano e Dino del Garbo non e -come potrebbe sembrare a prima vista- arbitraria.

Ibn Hazm e al centro di una lunga polemica sull*origine della lette• ratura provenzale, in quanto nella sua opera alcuni critici [si veda soprattutto A. R. Nykl, The Dove's Neck-Ring about Love and Lovers

(Paris, 193D, e Hispano Arabic Poetry (Baltimore, 1946), oltre alle note relative ad Ibn Hazm in questo capitolo] hanno cercato i princi- pi basilar! dell'amour courtois e delle dottrine esposte da Andrea

Cappellano (ma si vedano le obiezioni di Dronke, pgg. 50-56).

Andrea Cappellano a sua volta e stato considerate il codlficatore delle convenzioni dell'amour courtois (tesi non accettata perb da Dronke, pgg. 84-sgg.). La sua opera ebbe vasta diffusione in

Italia e fu nota anche a Guido Cavalcanti [G. Salvadori, La Poesia

Giovanile e la Canzone d'Amore di Guido Cavalcanti (Roma, 1895) - 256 -

studla a fondo questo problema3. Lo Scriptum di Dino del Garbo, oltre ad avere puntl di contatto con il trattato del Cappellano, costituisce uno dei primi esempi di esegesi poetica in latino ed e ancora oggi uno dei testi fondamentali per capire la diffi• cile canzone di Cavalcanti Donna me prega.

Si noti che ho tralasciato di proposito un discorso, pur anche breve, sulla poesia provenzale, convinto che esuli dagli scopi di questo studio.

J Abu Muhammad All Ibn Ahmad Ibn Sa id nacque a Cordova nel

994 da un visir dei califfi omayyadi. A diciannove anni fu costretto a fuggire ad Almeria a causa della distruzione di Cordova da parte dei Berber!. Negli anni 1021-1023 soggiorno per la prima volta a Jativa, e quivi probabilmente compose il Collare. Fu quindi visir del califfo omayyade *Abd ar-Rabman V, ma in seguito alia sua morte fu imprigionato per tre anni. Si ritirb quindi dalla vita pubblica, e mori il 15 agosto del 1064 nella sua tenuta di Casa

Montija. La sua opera maggiore e il trattato Sulle Religioni e le Sette, riassunto e tradotto da M. Asin Palacios, Abenhazm de_

Cordova y su Historia Critica de las Ideas Religiosas (Madrid,

1937-1932). II suo trattato di etica e stato tradotto dallo stesso

Palacios, Los Caracteres y la Conducta (Madrid, 1916). II Collare della Colomba (Tawk al-Hamama) e conservato in un solo ms. a Leiden, ed e stato edito per la prima volta cola nel 1914 da D. K. Petrof.

R. Amaldez, The Encyclopedia of Islam (Nuova edizione, London,

1968), s.v. "Ibn Hazm" , vol. Ill, pgg. 798-sg., offre una lista - 2 57 -

esauriente delle edizioni e degli studi critici, alia quale aggiun- go gli articoli di Emilio Garcia Gomez, "Un precedente y una con- secuentia del 'Collar de la Paloma'", Al-Andalus, XVI (1951), pgg.

309-330; Id., "!E1 Collar de la Paloma' y la Medicina Occidental",

Homenaje a Millas-Vallicrosa (Barcelona, 1954), vol. I, pgg. 791-

796.; A. S. Tritton, "Ibn Hazm: The Man and the Thinker", Islamic

Studies, III (dicembre 1964), pgg. 471-484.

^ Ibn Hazm, II Collare della Colomba, trad, e comm. di F.

Gabrieli (Bari, 1949), pg. 11.

7 Queste Artes amandi arabe sono state discusse da H. Fitter in Der Islam, XXI (1933), pgg. 84-sgg. 8

Ibn Hazm, pg. 28.

9 Ibid., pg. 23.

11 Ibid., pg. 65. Ibid., pg. 30.

12 Ibid., pg. 31.

13 Concetto gia discusso alle pgg. 90-92 di questo studio.

14 Ibn Hazm, pg. 33- - 258 -

15 Ibid., pg. 35.

16 Ibid., pg. 38.

17 Ibid., pg. 191.

18 Ibid., pg. I83.

19 Ibid., pg. 184.

20 Ibid., pg. 201. Ibn Hazm, pgg. 202-sg., offre anche un esempio di morte causata dall'amore, di cui egli stesso fu testimone: Ti diro di mio fratello Abu Bakr, felice memoria, che era sposato ad Atika bint Qand, comandante della fron- tiera superiore al tempo di Almanzor Abu Amir lYUiammad ibn Amir, era una donna di insuperabile bellezza e valore morale, di virtu tali che il mondo non ne produce di si- mili. Erano ambedue gli sposi in eta. giovanile, sotto l'impero della gioventu; la minima parola senza impor• tanza li faceva salire in collera, e stettero per otto anni sempre a irritarsi e rimproverarsi l'un l'altro. L'amore che ella portava a lui l'assotiglio, la sua passione la consume- e il violento affetto la smagri al punto da diventare come uno spettro stremato, cui nessuna cosa al mondo era di svago, e che le sue ricchezze, pur larghe e copiose che fossero, non allietavano ne punto ne poco, per aver perduto l'armonioso accordo col marito e la sua benevolenza. Finche mio fratello, felice memoria, venne a morire nella pestilenza occorso in Cordova il mese di dhu 1-qada del 401, a ventidue anni; e dacche egli la lascio, lei non si liberb mai di un intimo malore, dalla malattia e dal deperimento, finche non mori un anno dopo la morte di lui, nel giorno che egli compiva un anno dacch ve era sotterra.

21 Le notizie sulla vita di Andrea Cappellano sono assai scarse e moltissime sono le congetture dei critici. Egli parla di se stesso - 259 -

come del cappellano della corte reale nel De Amore, ed. E. Trojel

(Munchen, 1964), iii, pg. 3, e serrbra ormai assodato che egli abbia

induglato appunto in qualita di cappellano alia corte di Maria di

Champagne (m. 1198) tra il 1185 e il II87. La data della compo-

sizione del libro viene di solito fissata tra il 1198 e il 1204,

in quanto Andrea menziona la morte di Maria ma non allude affatto

a quella di Eleonora d'Aquitania (m. 1204), che appare come una delle protagoniste del trattato. Per una discussione di questi

problemi rimando agli studi di P. Rajna, "Tre Studi per la Storia

del Libro di Andrea Cappellano", Studi di Fllologia Romanza, V

1 (1891), pgg. 193-265, e all introduzione critica del Trojel alia

sua edizione del De Amore, ma si vedano anche i validi contributi di A. J. Denomy, "The Pure Love of the Troubadours, its Amorality and Possible Source", Mediaeval'- Studies, 7 (1945), pgg. 139-207

e di J. J. Parry nell'introduzione alia sua edizione inglese della

opera del Cappellano, The Art of Courtly Love (New York, 1964).

Preciso e informativo e infine l'articolo di G. Vinay, "II 'De amore' di Andrea Cappellano nel Quadro della Letteratura Amorosa

e della Rinascita del Secolo XII" Studi Medievali, XVTI (1951),

pgg. 203-276.

22 De Amore, ed. cit., Liber I, "Accessus ad amoris tractatum", Pg- 3.

Ibid., L. I, cap. i, pgg. 3-sgg.

Anche Nardi, Dante, pg. 6-sgg., insiste sui ruolo fondamentale - 260 -

della imrnaginazione nella concezione d'amore del Cappellano, e passando poi alia poesia del tempo giustamente scrive: "e su quest'elemento fantastico e sorta appunto la poesia amorosa: che, tolto questo elemento, ogni possibilita di poesia svanisce, e non resta che la nuda e brutale passione istintiva."

25 De Amore, L. I, cap. v, pg. 11.

26 Ibid., cap. vi, pgg. 184-sgg.

27 Si veda Bernardo di Gordon, pg.132 , e il nostro commento a pg. 79.

De Amore, L. I, cap. vi, pg. 202. E questa una delle ragioni che il clerico adduce per vincere la resistenza della donna amata, e potrebbe a prima vista far pensare ad una furba ma poco convincenze argomentazione. Mi sembra perb che il tono di assoluta sincerita e serieta che pervade tutto il dialogo non

giustifichi una simile interpretazione.

29 Ibid., L. II, cap. viii, pgg. 310-312.

30 J Questi trattati sull'amore sono stati studiati da E. Gorra,

Fra Drammi e Poemi (Milano, 1900).

N 31 De Amore, loc. cit. E vero che gia Ovidio aveva codificato alcuni di questi sintomi, ma nel De Reprobatione Amore, come ve- dremo, Cappellano ritorna su gran parte dei sintomi che spiega - 261 -

seguendo la physicalls auctoritas.

32 Ibid., L. Ill, pgg. 335-sgg.

33 Di tutti i testi studiati solo quello di Arnaldo parla esplicitamente di questo effetto, che perb doveva sembrare owio ai medici esperti d'amore. Inoltre Andrea Cappellano parla va- gamente di una physicalis auctoritas, e quindi si riferisce diret- tamente a Johannicius (Hunayn Ibn Ishaq), e cio mi fa sospettare che si sia servlto di un manuale generale, e non di un testo me• dico specifico.

34 Cf. G, Vinay, op. cit., pg. 249 e n. 5.

35 Si veda 1'interessante studio di J. F. Benton, "Clio and

Venus: An Historical View of Medieval Love", The Meaning of

Courtly Love, ed. F. X. Newman (Albany, 1968), pgg. 19-42.

Si veda Dronke, pg. 83.

37 Q. v. G. Vinay, op. cit., pg. 273-sgg.

J Cosi anche Favati, "La Glossa Latina", pg. 74,

x 39 r Cf. pero Favati, op. cit., pg. 76, che sembra suggerire che Dino si servi del commento attribuito fino a non molti anni fa a Egldio Colonna (m. 1316). Piu convincente mi sembra invece

F. Pasqualigo, La Canzone di Guido Cavalcanti "Donna mi Prega" > - 262 -

(Venezia, 1891), pgg. 6-8, per il quale il commento dello pseudo-

Co lonna fu scritto dopo la morte di Egidio Colonna, e quindi molto probabilmente dopo quello di Dino, II quale morl nel 1327. Si veda anche N. Mattioli, Studio Critico sopra Egjdio Romano Colonna

(Roma, I896).

Pilippo Villani, Liber de Civitatis Florentiae Famosis Civibus, ed. C. G. Galletti (Firenze, 1847), cit. da Favati, op. cit., pg.

81 (al Favati va il merito di aver raccolto tutte le notizie pervenuteci sulla vita di Dino): "is [Dino] genitus est Floren• tiae, patre Bono, ciruengico (sic) maximo, ut nepos eius Thomas refert in summa sua, ilia in quistione, qua quaerit an naturali decendens morte poenam sentiat." Thomas e Tommaso del Garbo, figlio di Dino e medico anch'egli, e 1'opera di questi a cui Villani allude e la Summa Medicinalis (Lugduni, 1529).

41 Dino del Garbo, Commentarius super Quarta Fen Primi Canonis

Avicennae (1544), Proemio [cit. da G. Tiraboschi, Storia della

Letteratura Italiana, tomo V, parte i (Firenze, 1807), pg. 48]: Studueramus Bononiae uno anno in scientia medicinae; deinde, propter guerram quae tunc Bononiae erat recessimus et adhaesimus patri. Reversi sumus ad studium Bononiae; studuimus continue quattuor annos in scientia medicinae; in quarto vero anno, Dei gratia mihi concedente, fuimus doctorati in ista scientia, ac legimus duobus annis. Postmodum vero quam fuit privatum Studium Bononiae, coacti recessimus a Studio illo et venimus ad civitatem Senarum, et venimus ibi ad salarium vocati.

A sua volta Filippo Villani, op. cit., Vita Turrisiani, scrive - 263 -

a proposito della denuncia di plagio lanciata contro Dino:

Hie [Turrisianus physicusj cum aetate decrepitus iam sepulcrum pede pulsaret, ne famae neglegentia sibi putaretur fuisse crudelis, accersitis duobus ex confra- tibus qui a civitate Plorentiae trahebant originem, quibus ipse cum Ordinis turn patriae spe mire fidebat, illis portandum opus suum Bononiam secreto tradidit, ut ilium in Bononiensi Studio divulgarent, paucisque ab inde dieribus exactis, febri extinctus est. Ii religiosi, cum Bononiam pervenissent, Dinumque ibi legentem com- perissent, cui concives erant, rem omnem ad eum consul- tandi gratia detulerunt. Ille, rem adnrLratus nobilem, ne cuiquam mortalium de re quicquam dicerent impetravit. Tandem laudis cupiditate corruptus coepit celeberrimas Turrisiani opiniones pro suis inventis publice recitare; factumque brevi tempore est, harum pro dignitate opinio- num, ut aliorum scholas vacuefacerent, admirantibus docto- ribus reliquis unde tarn repente Dino tarn subtilis et perspicax scientia adventasset: reique novitare permoti, ut quid esset detegerent, sciturn scholarem clam pretio conduxerunt, quern artificiose in duodenam Dini, majusculis datis pecuniis, perduxerunt, praemonentes eum ut diligen- • tissime et caute Dinum dum staret observaret. Cumque industrius iuvenis perpendisset Dinum nocturnis atque matutinis impletis studiis caterlinium quo studuerat schineolo condere, id extemplo aliis doctoribus revelavit. Illi, publico Universitati tumultu excitato, Dinum coege- runt opus, quod occuluerat diu in componentis iniuriam, proferre in medium; datisque copiis, omnium iudicio profundae et acutae scientiae liber inventus, et cognomento Plusquam- Comentator dictus est Turrisianus, iussusque per Studia divulgari. Ea re, quasi iniuria lacessitus, Dinus, Studio Bono• niensi relicto .. . Senas concessit.

Favati, op. cit., pg. 8l, pensa che 1'opera di Torrigiano de' Torrigiani di cui il Villani parla sia un commento all'Ars Parva di Galeno, commento che, e doveroso aggiungere, godette grande autorita negli anni seguenti: q.v. B. L. Gordon, Medieval and

Renaissance Medicine (New York, 1959), pg. 308. Non e detto che tutto cio che il Villani scrive corrisponda a verita, ma sembra assodato che l'accusa di plagio risponda a verita, in quanto Dino - 26k -

ne parla -anche se in modo molto cauto- nell'introduzione alia

Expositio Quarte Fen Primi Canonis Avicenne (Venetiis, 1514), ove

la imputa all'invidia dei colleghi. Sta di fatto che tanto fu

10 sdegno di Dino -uomo di dantesca dignita, lo chiama felicemente 11 Favati- che non voile piu ritornare a Bologna, come ci riferisce

II Villani nella Vita Dini: "cum sub famoso nomine diu medicinarn

ibidem docuisset, Bononiensium doctorum invidia per factiones saepe

lacessitus, indignatus est vehementer; cumque per eos dies Senenses habere generale studium molirentur, Senas cessit Dinus ibique

publice docuit medicinam; cumque eennis etinstantibus precibus muniribusque a Bononiensibus repeteretur, redire Bononiam nullatenus acquievit." Dino pero ritomo a Bologna dopo due anni, e cola ri- mase per quattro anni.

ho Egli stesso ci dice che il suo sesto anno di insegnamento a Bologna ful il 1311, anno in cui inzio la stesura della sua opera Super Quarta Fen Primi Canonis, cit.: "quam ego Dinus de Florentia incepi componere cum legi Bononiae anno VE meae lecturae MCCCXI." II brano e citato sia da Bird, I, pg. 152, n. 7, sia da Favati, op. cit., pg. 83, n. 2.

43 Cit. da Favati, loc. cit.: "deinde vero vocatus ad Studium reparandum a Communi Paduae, ibi legens hoc opus reincepi et pro-

cessi... et tunc quidem propter malum statum Civitatis Paduae Flo- rentiam redii, et reassumens hoc opus Florentiae... terminavi... et

completum est hoc opus a me anno Christi 1319 die 25 mensis Novembris." - 265 -

44 G. Villani, Historia Florentini X, xl, in L. Muratori,

Rerum Italicarum Scriptores XIII, pg. 626 (Citta di Castello,

1900-sgg.).

45 Q.v. A. E. Quaglio, "Prima Fortuna della Glossa Garbiana a 'Donna me prega' del Cavalcanti", GSLI, 149 (1964), pgg. 336- 338.

^ In Contini, pg. 522.

1 Poesia Lirica del Duecento, ed. C. Salinari (Torino, 1968 ), pg. 457.

48 * Per rimanere il piu fedele possibile al testo della canzone che Dino aveva sotto gli occhi mi sono servito della copia trascrit- ta dai Boccaccio che si trova nel Ms. ChigLano L V 176 (c. 29), che ho pero emendato nei luoghi in cui Dino si stacca dai testo: si veda pero anche Bird, I, pgg. 155-157. 49 I numeri tra parentesi si riferiscono rispettivamente alia pagina del secondo capitolo di questo studio in cui la glossa garbiana e stata trascritta ed alle righe da cui la citazione proviene. 50 Per il concetto di sostanza si leggano Aristotele, Cat. V,

2a 34-2b 15, Phys. I, iii, 186a 34, Bird, I, pg. 178, Abbagnano, s.v. "sostanza".

51 Cos! Favati, "la Canzone d'Amore", pg. 438, n. 12. - 266 -

J 5 2 Aristotele, Top_. I, v, 102b 3- Si veda anche Abbagnano, s.v., pg. 5-

53 Dante Alighieri, Vita Nuova, cap. XXV.

II problema e stato studiato in maniera puntuale da Bird,

I, pgg. 176-177-

^ V. Busacchi, op. cit. (cap. II, n. 68), pg. 8.

56 G. Villani, loc. cit.

Dl Di cio si era gia reso conto Bird, I, pgg. l8l-sg.

58 Aristotele, De an. II. vii. 4l8b II.

59 Ibid., III. viii. 423a-I.

^° Oltre all'accurata spiegazione di Bird, I, pgg. 181-184, di cui mi sono servito, si veda Alberto Magno, De arLima II, iii, cap. viii: "et ideo lumen est receptus habitus in natura diaphani, et lumen est actus eius et perfectio eius secundum quod est dia- phanum: potentia autem lucidum est id subiectum quod est suscepti- bile lunrinis et tenebrarum", ma si veda anche Shaw, pg. 21. La interpretazione che Dino offre dei w. 16-18 non e invero molto felice. Dino divide la stanza in due parti, ed afferma che

Guido risponde alia domanda "et chi lo fa creare" a partire dai v. 18: "Lo quale da Marte uiene". Appunto per questa ragione egli - 267 -

e portato a considerare stato antecedente di si formato, e a dare a diafan un valore concreto, corpo diafano, e non astratto, diafaneita, cioe condizione della visibilita. Shaw ha determi- nato cosa si debba intendere per obscuritate: essa e la obum- bratio che la Luce che emana dalla Prima Causa subisce, nel suo processo di caratterizzazione, scendendo da Intelligenza a Intel- ligenza fino al mondo fenomenico. Appunto in questo processo di discesa creativa diventa meno lucente, tanto da sembrare oscu- ra in raffronto alia Luce Prima. E questa privatio luminis che fa assumere alle Intelligenze da essa create le caratteristiche che la contraddistinguono. Le Intelligenze controllano il moto delle sfere celesti, e per mezzo loro influiscono sui corpi ter- reni. L'influenza che viene da Marte -che pub definirsi obscu• ritate in quanto viene da una coarctatio della Luce della Prima

Causa- e quella animositatis ardor, quell'ira di cui par la Al• berto Magno citando il Somnium Scipionis di Macrobio. Marte pertanto fa nascere la condizione necessaria (stato) af finche l'amore nasca, con l'infondere nell'uomo quella animositatis ardorem che lo spinge a lottare contro le difficolta che l'amore comporta per la conquista di cio che si ama: influenza che dimora nella vis memorativa, in quanto e quivi che il movimento della percezione sensoriale che inizia nel sensus communis si ferma, e qui che la species appresa dell'oggetto amato trova la sua perfezione sensitiva. Cosi si spiega la sirralitudine del

Cavalcanti: come la diafaneita crea la condizione necessaria per la luce, cosi 1'obscuritate che viene da Marte crea quella ira che e condizione necessaria per l'amore. I versi in esame - 268 -

dovranno quindi essere letti non come li legge Dino, ma seguendo

l'interpunzione stabilita dai piu recenti editori della canzone:

In quella parte doue sta memoria Prende suo stato, si formato come Diafano da lume d'una obscuritate La quale da Marte uiene et fa dimora.

^ Si veda quanto gia detto alle pgg. 8l-sgg.

6? San Tommaso, S.c.G. II, lv-lxv.

^ Ibid., I, liv: "per hoc enim quod species intelligibilis,

quae est forma intellectus, et intellegendi principium,est si- militudo rei exterioris, sequitur quod intellectus intentionem

formet illius rei simile", cit. da Favati, "La Canzone d'Amore",

pg. 440.

64 Si vedano le nostre pagine relative ad Aristotele.

^ Aristotele, De an. II. iii. 3- Molto dettagliato e anche

il commento di Bird, I, pgg. 194-201.

66 Si veda Aristotele, De an. Ill. iv; San Tommaso, In de an.

I, lect. x, n. 164.

67 Aristotele, Dsranv III. vii. 431a 1, afferma infatti che

1'intelletto in atto e uguale alia cosa in atto, e vi deve quindi

essere una simiglianza~tra'-l"'intelletto e la cosa, simiglianza

che e appunto la species intelllgibills. San Tommaso, Sum.' Theol. - 269 -

I, 85, 2 (cit. da Bird, I, pg. 202) scrive: "id quod intelligitur primo, est res cujus species intelligibilis est similitudo."

68

San Torrmaso, Jn_ de an. I, lect. x, n. 162: "et ideo haec: amor, odium, gaudium et huiusmodi, possunt intelligL, et prout sunt in appetitu sensitiva et sic habent motum corpo• ralem corrjunctum: et prout sunt in intellectu et voluntate tantum absque omni affectione sensitiva, et sic non possunt dici motus, quia non habent motum corporalem cpnjunxtum." 69

p Perfectio, actus e forma sono, nel linguaggio filosofico del Medio Evo, termini equivalenti, q.v. Nardi, pg. 117.

San Tommaso, In Ethic. Nic. V, lect. xiv, n; IO56 scrive:

"passio est effectus actionis." 70 ' Gli editori moderni della canzone leggono invece il v.

34 in questo modo: "discerne male- in cui e vizio amico" : l'errore di Dino, come accade spesso, e quindi dovuto alia cattiva edizione della canzone che egli aveva a sua disposizione.

I chiosatori piu recenti considerano invece questa morte in senso traslato, come " uno stato di limitata e compromessa vitalita" dell'anima (Contini, pg. 526).

712 II brano di Arnaldo si trova alia pg. 117-sg.

7100 Si vedano le pgg. 65, 93 ecc. - 270 -

74 Verso 42: "A simil puo ualer quando huom oblia", che secondo l'interpretazione di Nardi, (accettata dai Con- tini, loc, cit ) significa: "la stessa cosa pub. accadere se 5 uno dimentica completamente l'amore, se fa voto di castita assoluta."

75 Si veda il brano di Andrea Cappellano a pg. 211.

76 Bird, II, pg. 128.

77 Dino cita a proposito Aristotele, Pol. I. iii. 1257b 25.

78 Aristotele, Ethic. Nic. VIII. v. 1157b 29-1158a, ed anche Rhet. II. iv. 138la 1. Per la distinzione tra i due amori si veda San Tommaso, Sum. Theol. i-2, 28, lc:

cum autem sit duplex amor, scilicet concupiscentiae et amicitiae, uterque procedit ex quadam apprehensione unitatis amati ad amantem: cum enim aliquis amat aliquid, quasi concupiscens illud, apprehendit illud quasi pertinens ad suum bene esse. Similiter cum aliquis amat aliquem amore amicitiae, vult ei bonum sicut et sibi vult bonum: unde apprehendit eum ut alterum se, in quantum scilicet vult ei bonum, sicut et sibi ipsi; et inde est quod amicus dicitur esse alter ipse (Arist. Ethic. Nic. IX, iii, ll66a 3D•

79 Si confronti il brano con quanto gia detto a proposito di Alessandro d'Afrodisia, pg. 91.

80

Si vedano Arnaldo di Villanova, pg. 123, 126,

Bernardo di Gordon, pg. 132. Si legga anche cio che scrive

Contini, pg. 527- - 271 -

81 Pg. 131-sg. di questo studio.

82 Dino fraintende gran parte della strofa, che e invero tra le piu tormentate del Cavalcanti. Cosi ad esempio egli

interpreta il v. 60: "... la belta, cioe la cosa che sembra bella all'amante e che lo spinge ad amare, non ha un dardum

silvestrem, cioe smussato e debole; ma con dardo Guido vuol significare lo stimolo della passione che incita l'uomo ad agire."

V V \ n verso invece dovra leggersi: Non gia selvagge - le bielta son dardo"j cioe: "le bellezze sono il dardo alle ferite dello amore, non perb le bellezze rustiche e insensibili a cortesia." Egli quindi legge il verso che segue: "Che tal uolere per te- mere esperto" invece di "Che tal uolere - per temere- e sperto", cioe: "poiche il desiderio d'amore e sperto, cioe e dissipato dal timore", e non, come spiega Dino: "gli amanti sono cosi stimolati dalla loro passione da non considerare paura e peri- colo, e non si curano di prevenirlo." Per altri errori di inter• pretazione si veda Bird, II, pgg. 142-sgg., il quale pero si e lasciato sfuggire gli errori appena discussi.

83 G. Salvadori, "Gli Antecedenti della Teoria d'Amore di

Guido Cavalcanti", Fanfulla della Domenica, XXVIII (3 giugno

1906), n. 22. Si veda pero anche il suo libro La Poesia Giova- nile e la Canzone d'Amore di Guido Cavalcanti, gia cit. ;> che verte sul problema dell'averroismo di Guido.

84 K. Vossler, Die Philosoph. Grundlagen zum "Sussen Neuen - 272 -

Stil" des Guido Guinicelli, Guido Cavalcanti und Dante Alighieri

(Heidelberg, 1904), pg. 73, cit. da Nardi, pg. 99.

85 Nardi, loc. cit,

86 Ibid., pg. 105.

R7 Shaw, pg. 216, ma si vedano anche le pgg. 17-sgg.

oo G. Favati, "La Canzone d'Amore", pg. 439 e n. 27

so ^ San Tommaso, S.c.G. II, lx, in Favati, loc, cit.

J90 San Tommaso, S.c.G. II, lxii.

91 Aristotele, De an. III. 430a 24-25.

92 ^ Citato da B. Nardi, "L'Averroismo Bolognese nel Secolo

XIII e Taddeo Alderotto", Rivista Critica di Storia della Filo• sofia, I (1949), pg. 21.

93 San Tommaso, Sum. Theol., I, Quaest. 78, Art. 4, No. 6 e Concl.

94 Op. cit., Secunda Secundae, Quaest. 47, Art. 3. Si veda inoltre Alberto Magno, De Memoria et Reminiscentia, Tr.

I, cap. i, t. 9: Hoc autem est quod dicitur (Aristotilis, 450a 14), quod memoria sit primi sensitivi... nos tenemus quod - 27 3 -

prlmum sensitivum esse, quod est fons et origo sen- sualitatis, et cui contlngit sentire secundum se semper et in omni sensibili Patet, quod primi sensitivi est sicut a quo est primus motus ejus, sicut phantasia dicitur motus a sensu secundum actum factus. Sic igitur dicitur memoria esse primi sensitivi sicut id in quo quiescunt motus primi sensitivi, et a quo fit reflexio in rem primo per sensum acceptam.

Per una discussione dettagliata del problema delle facolta inter• ne in Alberto Magno e San Tommaso rimando all'articolo di H. A.

Wolfston, cit.

95 Nardi, "L'Amore e i Medici", pg. 24l.

96 Shaw, pg. 218.

97 Contini, pg. 525, nota relativa ai w. 21-28.

98 Favati, "La Canzone d'Amore", pg. 429.

99 Ibid.

100 Cosi l'interpreta il Contini, loc. cit.

101 Nardi, pg. 138 e anche pg. 114,

102 Alberto Magno, III De anima, Tr. II, cap. xviii, t. 5, p. 364b.

103 Si veda quanto detto a proposito di Aristotele in questo studio.

San Tommaso, In de anima I, lect. x, n. 162. - 27k -

J ^ Nardi, pg. 117.

106 Shaw, pg. 220.

107 Eavati, "La Canzone d'Amore", pg. 429. Si noti che il

Nardi ha portato una epistola intitolata Questio disputata de

felicitate che un maestro Jacopo da Pistoia dedica a Guido

Cavalcanti [edita da P. 0. Kristeller, "A Philosophical Treatise

from Bologna Dedicated to Guido Cavalcanti: Magister Jacobus

de Pistorio and His 'Questio de felicitate'", Medioevo e Rina-

scimento. Studi in Qnore di Bruno Nardi (Firenze, 1955), vol. I, pgg. 425-463]: questa epistola, che il Nardi discute nel suo

articolo "L'Amore", pg. 24l-sgg., sembra dimostrare che Jacopo

fosse un averroista. Cib non vuol pero dire che anche Guido

fosse un averroista, che le ragioni che indussero Jacopo a de-

dicare il trattato al Cavalcanti potrebbero essere le stesse

che spinsero Dino del Garbo a scegliere il testo di "Donna me

prega", cioe legittimare le proprie concezioni dedicandole- ad un poeta che godeva di grande auctoritas. - 275 -

CONCLUSIONS .

Nel corso di questo studio abbiamo dimostrato che la concezione della malattia d'amore fa parte di una tradizione scien- tifico-letteraria che risale alia fine del quinto secolo a.C, e piu precisamente alia dottrina della malinconia e della follia sviluppata dai medici della scuola ippocratica, quindi ripresa e plasmata dai tragediografi e filosofi greci. Abbiamo altresi dimostrato che spetta ad Aristotele il merito di aver ridotto a sistema la concezione delle passioni. Ben consapevole che le passioni — tra cui l'amore — alterano anche il corpo, sono causa di malattie o procedono da una cattiva disposizione dell'organismo, il filosofo ateniese — abbiamo visto — divide il processo generativo della passione in due momenti separati, quello psicologico e quello fisiologico. L'agente causale dell'amore e il piacere determinato dalla vista di una bella forma.

Dalla vista la forma passa ai sensi interni, per poi venire estratta dall'intelletto agente tramite un processo d'illuminazione, purificata da ogni residuo di materialita e quindi comunicata all'intelletto possibile, che e ora in grado di intendere l'essenza della species percepita dai sensi. Ora che il soggetto e conscio dell'oggetto inizia il processo ad rem, cioe il momento fisiologico. La imma• ginazione presenta 1'oggetto quale fine appetibile che pub essere raggiunto dall'appetito sensitivo in moto: la forza motrice dello appetito e lo itveuya, che e anche principio vitale deH'organismo, strettamente legato al sangue in quanto e origine del calore animale. - 276 -

Lo pneuma determina dunque la costituzione fisica e mentale dell'uomo, ed esso puo facilmente venir sconvolta se il grado di intensita dello pneuma varia, o per vizio congenito, o per una particolare complessione

dell'organismo, ad esempio una sovrabbondanza di sangue.

Nel seguire l'evoluzione della dottrina abbiamo notato

che essa si arricchisce lentamente di elementi desunti dalla tradi•

zione letteraria — elementi che pero si riferiscono soprattutto alia

sintomatologia della passione — e che, ripresa da Galeno (al quale

spetta il merito di aver dato una base scientifica, sia direttamente

che indirettamente, a questi sintomi) e quindi da Oribasio e da Paolo

d'Egina, giunge ai Siri ed agli Arabi, che a loro volta influenzano

i medici di Salerno, di Montpellier e di Bologna. Lo studio di questi

trattati ha pero dimostrato inequivocabilmente che ne i medici arabi ne quelli latini si distaccano dalla tradizione fissata da Aristotele:

cio che vi e di nuovo si riferisce alia sintomatologia ed alia

diagnostica della passione, ma non alia meccanica del processo psico-

somatico che occasiona il sorgere dell'amore. Avicenna, Arnaldo di

Villanova e Dino del Garbo — cioe i medici che ci hanno offerto gli

studi piu sistematici sull ' amore — ripetono in gran parte idee che

gia Aristotele aveva esposto, non in maniera sistematica, ma sparse

in varie opere: ed anzi i trattati di questi medici — e con questi

la canzone dottrinale del Cavalcanti — sarebbero quasi incomprensibili

senza l'aiuto dei testi aristotelici.

Abbiamo anche tracciato 1'influenza della concezione della - 277 -

malattia d'amore sugli scritti dei Padri della Chiesa, cercando di far notare come le teorie mediche umorali, e quindi la concezione classica delle passioni, non siano incompatibili con il credo cristia- no, che anzi l'apologista cristiano vede in queste teorie una riprova dell'imperfezione dell'uomo in seguito al peccato originale e della presenza continua del demonio che cerca in ogni istante di traviarci dalla via retta della virtu. L'assioma fondamentale della concezione dell'uomo e il binomio inscindibile di anima e corpo: l'anima, a causa del peccato originale, e infatti stata rinchiusa nel corpo come in una prigione, e la sua punizione, espiabile solo con la morte corporale, e di soffrire all'unisono con il corpo, il quale a sua volta risente continuamente del moti dell'anima. Questo principio fondamentale e accettato per tutto il Medio Evo, ed e convalidato — come si e dimostrato lungo tutto l'arco di questo studio — oltre che dalla tradizione dei Padri della Chiesa, dalla tradizione filosofica greca ed araba. Ma abbiamo anche parlato dell'assioma cristiano che defi- nisce il desiderio dei sensi un prodotto del peccato originale: il sesso, per essere espliciti, non esiste nell'Eden, ed e solo dopo aver colto il frutto dell'albero del Signore che Adamo ed Eva si riconoscono uomo e donna. Date queste premesse la conclusione e inevitabile: il desiderio per una persona di sesso opposto e un male atavico che in• fluenza", inevitabilmente sia l'anima che il corpo. E appunto per questo il desiderio sessuale pub sconvolgere completamente la bilancia razionale dell'uomo, puo renderlo spiritualmente cieco, distogliendolo da quello amore per Dio che dovrebbe continuamente guidare il cammino deLUuomo - 278 -

su questa terra, in quanto la vita non e che uno stato transitorio, un attimo di fronte all'eternita dell'universo, ma un attimo che puo determinare per l'uomo il Bene eterno o l'eterna dannazione. E se tanto puo l'amore sull'anima, che molti uomini per esso rinunciano al

Regno dei Cieli, altrettanto potente sara la sua azione sui corpi.

Da questo concetto all'accettazione piena del concetto di malattia d'amore gia precisato e convalidato da una lunga tradizione medica e da continui accenni negli scritti a carattere religioso il passo e breve; l'amore viene accettato come una malattia spirituale e fisica v. che offusca la ragione, distrugge la psiche, debilita l'uomo, e causa di morte spirituale e organica. E come ultimo principio ne deriva che l'amore e un male da cui l'uomo dovrebbe fuggire con tutte le proprie forze, ma purtroppo e un male spesso ineluttabile. L'uomo, in conclusione, puo cercare di vincere il demonio tramite una vita ascetica che punisca il corpo per glorificare lo spirj.to, oppure puo riportare questa passione entro i limiti prescritti dalla Chiesa, puo cioe ''legalizzare "il desiderio con il Sacramento del matrimonio.

E naturale che questa concezione dell'amore non potesse non influenzare anche la letteratura laica, ed e anche chiaro che lo scrittore che volesse descrivere l'amore di un uomo per una donna (cioe la maggior parte degli scrittori) correva il rischio di entrare in una zona proibita. II pericolo owiamente non consisteva nel parlare oggetti- vamente di questo amore, ma nell'educare l'uomo nel camrrri.no della passione, come aveva fatto Andrea Cappellano, o nel considerare lo amore terreno come unico scopo dell' es ist enzaumana. L'unico modo - 279 -

di owiare al pericolo di una condanna morale era dunque quello di esprimere la passionalita d'amore secondo canoni convalidati dalla tradizione, oggettivando se stesso dalla propria creazione artistica ed anzi facendosi giudice del proprio assunto: ed ancora una volta potremno chiamare in causa 1'opera di Andrea Cappellano nella sua sezione terminale. L'uso del topos da parte degli scrittori del

Medio Evo si potra allora spiegare, almeno in parte, come un tentative di esprimere la complessita della passione d'amore e di risolverne la problematica morale che essa comporta secondo precisi canoni tradizio- nali, giustificabili nel contesto della cultura "ufficiale" della epoca.

» Se questa nostra ipotesi e valida l'uso del -tdpos adempie, almeno in parte, una funzione giustificativa. Ma questa spiegazione non puo owiamente coprire l'uso vastissimo che della concezione della malattia d'amore, e quindi della terminologia che ad essa si accompagna, si fa nella letteratura medievale in lingua volgare. Si prenda ad esempio il Roman de Flamenca, composto verso il 1270:

Apres manjar Guillems intret En sa cambra, lai si pauset, Si pausar pot horn appellar Tremblar d'angoissa ni sudar, Estendillar e trassallir, E badaillar e sanglotir, Planer, sospirar e plorar, Estavanir et ablesmar ,

oppure il Roman de la Rose di Guillaume de Lorris, ad esempio i versi

2257-67: - 280 -

Sovent, quant il te sovendra de tes amors, te convendra partir de gent par estovoir, qu.'il ne puissent apercevoir le mal dont tu es engoissens. A un parte iras tot sens, lors te vendront soupirs et plaintes, fricons et autres dolors maintes; em plusors sens seras destroiz, une eure chant, aurtre eure froiz, vermans une eure, et autre pales p

0 ancora si potrebbe scegliere la canzone "S'eo trovasse pietanza" di Re Enzo:

Tutti quei pensamenti che miei spirti divisa sono pene e dolore sen'allegrar, che non li s'assompagna; ed in tali tormenti abondo in mala guisa, ch'l natural calore tutto perdo, si '.1 cor se sbate e lagna.3

Si leggano i w. 40-47 della canzone "Cosi nel mio parlar ..." di

Dante Alighieri:

Egli [amore^ alza ad ora ad or la mano, e sfida la debole mia vita, esto perverso, che disteso a riverso mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco: allor mi surgon ne la mente strida; e '1 sangue, ch'e per le vene disperso, fuggendo corre verso lo cor, ch'l chiama; ond'io rimango bianco.4

Le citazione potrebbero essere numerose, ma tutte confermano il fatto che il tema della malattia d'amore adempie soprat• tutto una funzione espressiva. Che un amore non appagato porti dolore - 281 -

e sofferenza e un concetto comune a tutte le civilta di tutti i tempi, e fa parte del folklore di ogni popolo. Nei casi in cui esiste una letteratura medica che ha gia studiato e codificato le cause, i sintomi e gli effetti di questo amore, come nel caso nostro, e owio che il poeta non si lasci sfuggire l'occasione di attingere a queste fonti dotte per dare un tono piu scientifico, cioe realistico, alle proprie parole. ML sembra interessante cio che scrive, a questo proposito, J. L. Lowes:

It would be going to extremes to assert that the conventional treatment of the effects of love in Mediaeval and Renaissance literature is wholly drawn from the signa of the medical books. There was mutual influence — a sort of osmosis — of course. That the medical writers levied tribute, now and again, upon the poets is clear enough from the use (for example) made of Ovid by Gordonius and Valescus. And that both poets and physicians drew alike upon the notorious truths of experience admits no question. But with all such allowances the outstanding fact of the clearly formulated and widespread medical doctrine has to be reckoned with, whatever their later fate, the chapters "de amore qui hereos dicitur" were never born to blush unseen in their own day. They constitute precisely the sort of medical lore that always filters through into lay thought and speech, and, with due recognition of the fact that hereos is not the only influence involved, the mediaeval literature of love must none the less be re-read in Its light.5

Sara questo il caso di gran parte della letteratura amorosa araba, di quella franco-provenzale e soprattutto di quella siciliana: cio che inizialmente nel poeta era un'intuizione, trova poi conferma nella letteratura medica dove il concetto era gia ordinato ed - 282 -

illustrate- profusamente. Ed il poeta assorbe queste idee, le incorpora nella propria opera, ripete le espressioni riferentesi ai sintomi ed agli effetti d'amore con monotona regolarita, crea delle espressioni stereotipate che vivono di vita propria, separata daila vita dell • opera stessa. Ed e anche imquesto contesto che credo si debba intendere la rivoluzione stilnovistica, soprattutto quella operata dalla canzone dottrinale di Guido Cavalcanti e. dalla Vita Nuova di

Dante Alighieri.

L'importanza della poesia di Guido Cavalcanti consiste infatti nella ricerca programmatica di un realismo tematico e lin• guist ico capace di dare nuova vita alia concezione d'amore. La canzone che abbiamo studiato deve essere considerata uno dei documenti piu importanti di tutta la letteratura italiana anteriore alia Commedia, il testo che fece scuola per Dante e per tutti I poeti "fedeli d'amore". La canzone propone appunto una nuova tematica espressa in un nuovo linguagglo poetico, che cerca di puntualizzare con rigore scientifico e filosofico l'amore in tutti i suoi stadi di sviluppo ed i suoi effetti, in modo da poter riportare lo amore nel regno della realta, e per dare veridicita ai sentimenti dell'uomo: il problema di ogni poeta, in fin dei conti, e come esprimere in parole cio che e sentimento. La canzone si risolve percio in un manifesto che egli scrisse in primo luogo per se stesso ed anche per il ristretto gruppo dei suoi amici, i "fedeli d'amore". Cavalcanti esplora rigorosamente le posslbilita poetiche dei termini di questa tradizione: l'amore-malattia, i sospiri, il - 283 -

pallore, il tremore, gli spiriti che fuggono, la morte stessa, ultima conseguenza dell'amore, sono i concetti chiave, le parole-nucleo di gran parte dell'opera poetica cavalcantiana, e sono concetti fortemente realistici perche fanno parte della realta del mondo in cui il/poeta vive, per quanto strani a noi possano sembrare.^

Lo stesso discorso vale per Dante Alighieri. La Vita

Nuova puo infatti considerarsi come un saggio di poetica d'amore svolto lungo certe linee tradlzionali: la parola chiave e "poetica", contrapposta alia fredda e sterile ripetizione fraseologica di motivi ormai stanchi dei poeti precedenti. II tessuto connettivo della intera opera e infatti il concetto che Dante ha dell'amore quale forza psicologica e fisiologica. II vero protagonista dell'opera e appunto "Amore", che non rimane una concezione astratta come quella provenzale del "Deus Amor", ma diviene occasione biografica e quindi concreta in quanto esiste in funzione di Beatrice. Ed e proprio fornendo una coerente spiegazione psicologica e fisiologica dei moti del suo animo e degli effetti che quest'amore ha su tutto il suo essere che il poeta convalida la realta dell'amore stesso e fa partecipi i lettori del suo mistero e del suo potere. Dante pertanto fa uso larghissimo delle espressioni desunte dalla tradizione della malattia d'amore; ma queste idee, questo frasario non rimangono isolati, freddi esempi di quella data realta, ma sono parte dell'humus vitale dell'opera, fanno cioe ormai parte della poetica di Dante. Alcuni esempi: Beatrice, afferma Dante, gli apparve per la prima volta: -284 -

vestita d'un nobilissimo colore urnile ed onesto, sanguigno, cinto ed ornata alia guisa che alia sua giovariissima etade si convenia. In quel punto dico veracemente che lo spirito della vita, lo quale dimora nella segretissima camera del core, comincio a tremare si fortemente, che apparia nei menomi polsi orribilmente, e tremando disse queste parole: Ecce_ Deus fortior me, qui veniens dominabitur mihiTT

Bd ancora:

in quel punto lo spirito animale si comincib a maravigliare molto, e parlando specialmente agli spiriti del viso, si disse queste parole: Apparult iam beatitudo vestra. In quel punto lo spirito naturale ... conancio a piangere, e piangendo disse queste parole....°

La terminologla e medica, e basterebbe sfogliare il resto dell'opera per trovare numerose espressioni che appartengono alia tradizione della malattia d'amore. Bisogna pero precisare un fenomeno di fondamentale importanza nella storia dell'evoluzione di questa tematica: nell'opera di Dante questa psicologia, la terminologia puntualmente scientifica, si sono ormai sganciate dal concetto di malattia d'amore: non e che l'uomo soffra perche non puo ottenere la persona amata, ma semplicemente perche ama intensamente, contutta la propria anima e con il corpo intero. Dante, insomma, si serve di questa tradizione nella sua costante ricerca di realismo linguistico, di una tematica capace di svelare i sentimenti piu profondi dell'arrimo umano, dell'essere umano, anzi, inteso come unita psico-fisica, di fronte al mistero dell'amore, e non perche egli necessariamente creda che l'amore sia sinonimo di malattia. - 285 -

La differenza tra Cavalcanti e Dante consiste proprio in questo: Cavalcanti accetta la concezione negativa dell-amore implicita nella tradizione che abbiamo studiato, per sempre fedele alia logica dei concetti esposti nella sua grande canzone. Anche

Dante si rende conto che questo amore, per quanto puro e nobile possa essere, e pur sempre amore dei sensi. Egli pero riconosce ben presto che questo tipo d'amore non puo soddisfare le aspirazioni profonde dell'animo umano: il vero amore e quello che porta a Dio, e la vera beatitudine consiste nel vivere per Dio ed in Dio. Per questa ragione 1'oggetto del suo amore, Beatrice, muore come donna e rinasce come mito, creatura celeste capace di guidare il poeta lungo la via

che porta alia vera salvezza. E in questo contesto che dovremo leggere l'episodio di Paolo e Prancesca nel quinto canto dell'Inferno, specie le famose terzine sull'amore, con il loro preciso richiamo ai principi fondamentali della dottrina d'amore dei poeti dello Stil Nuovo:

"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende"(v. 100), "Amor, ch'a nullo amato amar perdona" (v. 103), che costituiscono una dichiarazione del valore intellettualistico del racconto, che viene cosi riportato al

giudizio morale del poeta nei confronti di quell'amore ma soprattutto

della poetica della sua gioventu. Ed il verso introduttivo dell'ultima

terzina sull'amore, "Amor condusse noi ad una morte"(v.106) condanna

irreparabilmente questa specie d'amore che conduce l'uomo non solo alia morte corporale, ma soprattutto a quella spirituale in quanto, essendo

un desiderio dei sensi, separato dal controllo della ragione, puo distogliere l'uomo dal conseguimento del Summum Bonum. Potremo simil- - 286 -

mente offrlre una spiegazione plausibile dei tomentatissimi versi che nell'Inferno Dante dedica a Guido Cavalcanti:

E io a lui "Da me stesso non vengo: colui ch'attende la, per qui mi mena, forse cui Guido vostro ebbe a disdegno Clnf. X, 61-63)

II '.disdegno" di Guido va riferito appunto alia sua mancata accet- tazione del nuovo amore proposto da Dante stesso, al suo rifiuto quindi di Virgilio — il desiderio sensuale affusca la ragione — ed anche di Beatrice, simbolo di quest'amore puro, ultramondano. Si spiegheranno infine la necessita di Dante di attraversare il muro di fuoco in cui si purifica, nel canto XXVII del Purgatorio, il peccato della lussuria

(e sintomatico, a questo proposito, mi sembra l'incontro con il suo maestro Guido Guinzelli) nonche i duri rimproveri di Beatrice nel canto XXX del Purgatorio.

Non dobbiamo pero credere che gli elementi desunti dalla tradizione della malattia d'amore servissero a Dante solo per condannare l'amore sensuale e la produzione poetica amorosa della propria gioventu: il linguaggio dei sospiri, dei tremori, del pallore, di quel sintomi fisici legati all'amore e ormai diventato parte del linguaggio di Dante, sia che egli parli di Francesca: "... al tempo dei dolci sospiri" (v. 118), "Per piu fiate li occhi ci sospinse/ quella lettura, e scolorocci il viso"(w. 131-32), sia che parli dell'incontro di Beatrice in Purgatorio XXX: - 287 -

E lo spirito mio, che gia cotanto tempo era stato ch'a la sua presenza non era di stupor, tremando, affranto, senza de li occhi aver piu conoscenza per occulta virtu che da lei mosse, d'antico amor sent! la gran potenza (w. 34-38) e alcuni versi dopo:

'Men che dramma di sangue m'e rimaso che non tremi: conosco i segni de l'antica fiamma.

I segni sono gli stessi, solo l'amore e cambiato.

In ultima analisi gli elementi costitutivi della concezione della malattia d'amore (un desiderio eccessivo, quando non appagato, porta a gravi sofferenze fisiche e morali; la segretezza della passione, o piu esattamente l'impossibilita di confessare la propria passione, cagiona malattie che solo il medico esperto d'amore — o lo scrittore suo portavoce — puo diagnosticare; lacrime, tremore, pallore, sospiri quali effetti della passione; la morte del corpo e la sola conseguenza possibile della morte della speranza) offrono alio scrittore la possibilita di mostrare realisticamente la quasi sovrannaturale potenza d'amore, e di rappresentare con grande realismo l'impotenza e lo sbigottimento dell'amante di fronte a tale forza, sia essa divina, come per i mistici ed in parte per Dante, sia essa quella dei sensi.

II nostro studio si chiude con la glossa latina di

Dino del Garbo.: non si deve per questo credere che la tradizione della - 288 -

malattia d'amore volga al termine con questa opera, o che il campo d'azione della dottrina rimanga vincolato per lo piu entro i limiti della cultura scientifica, o si spenga in campo letterario, con 1'opera di Cavalcanti e di Dante. E sufficiente sfogliare gli indici di qualsiasi trattato medico scritto prima del 1700 per trovare di solito un capitolo, a volte breve, a volte molto dettagliato, dedicato ad hereos. Lo troviamo nella Rosa Medicinae di Giovanni di Gaddesden

9 (m. 136l), nel Clarificatorium super nono Almansoris cum te^ctu ipsius Rasis di Giovanni di Taormina, medico di Papa Gregorio IX, di Clemente

10 VII e del re di Francia, nel Philonium di Velasco (Valesco?) di

11 Taranto (1382-1417)j nella Practica major di Michele Savonarola 12 (1390-1472), bisnonno di Gerolamo Savonarola, nel De_ origine morborum 13 invisibilium di Paracelso (1493-1541), nel Methodus curandorum omnium

1 morborum corporis humani di Guilielmus Rondeletius (1507-1566) j ** nello Observationum et curationum medicinalium libri tres di Petro Foresto

15 16 (1522-1597), nella Practicae medicinae di Danielus Sennertus (1572-1637), nella Erotomania di Jacques Ferrand (il quale, tra le autorita mediche in 17 materia d'amore, pone Guido Cavalcanti e Dino del Garbo), ed infine 18 nella Anatomy of Melancholy di Burton. Peraltro i sintomi di hereos si incontrano ripetutamente nella letteratura medievale, come abbiamo ripetutamente notato, ed in quella 19 20 21 rinascimentale: basti pens are al Petrarca, al Boccaccio, a Chaucer, 22 23 24 Spencer, a Shakespeare, perfino all'Orlando Furioso dell'Ariosto, per menzionare solo alcuni nomi. - 289 -

n problema dell'amore nel Medio Evo e owiaraente molto complesso, e purtroppo gli studiosi di letteratura medievale hanno quasi sempre ignorato questi trattati "eccentrici" sull'amore, che fanno invece parte della cultura ufficiale del tempo. Un lavoro esauriente sul problema della malattia d'amore dovrebbe partire dalle premesse e dalle ipotesi formulate in questo studio, per studiare dettagliatamente le singole produzioni poetiche sia dal punto tematico sia dal punto linguistico. Cib potrebbe portare a scoperte e conclusioni inusitate, e senza dubbio ad una piu completa conoscenza di quella che fu la concezione letteraria d'amore lungo l'arco del Medio Evo. - 290 -

1 Ed. P. Meyer (Paris, 1865).

2 Ed. P. Lecoy (Paris, 1965).

3 In G. Lazzeri, Antologia dei Primi Secoli della Lette• ratura Italiana (Milano, 1954).

s 4 In Contini, pg. 3^6. ,

5 Lowes, pg. 53.

6 Cf. Salinari, Profilo Storlco della Letteratura Italiana, vol. I (Roma, 1972), pg. 66-sgg., con la cui tesi non sono affatto d'accordo.

7 La Vita Nuova, cap. ii.

8 Ibid.

9 Rosa Anglica (1502), Lib. IV, cap. ii, fll. 132-sg. Tutti questi testi medici sono stati brevemente studiati da Lowes, ed io mi sono limitato a controllare, per quanto possibile, i capitoli in esame.

10 Cit. da Lowes, pg. l4-sgg.

11 Ibid. - 291 -

1 p Practica Joannis Michaelis Savonarolae (Venetiis, 1498),

Tract. VI, cap. xiv, fl. 64.

13 Opera Omnia (Geneve, 1658), vol. I, pg. 126.

14 Ed. a Parigi, n.d., Lib. I, cap. xlv.

15 Lugd., Batav., 1590, Obs. XXIX, pgg. 227-sg.

1645, I, Ed. a Wittenberg nel Lib. part, iii, cap. x3 pg. 354-sg.

17 De la Maladie d'Amour (Paris, 1623), pg. 63: "Au contraire

Guydo Cavalcanti en un sienne chancon, que Dine Corbo [cioe

Dino del Garbo] Medlcin Italien a commente', prouve que le cerveau est la siege de 1'Amour, aussi bien que de la memoire, car en iceluy gist 1'impression de la chose aimee, d'ou vient que les amans sur toutes choses desirent estre en la souvenance de la chose aime'."

10 Si veda Lowes, pgg. 48-52,

7 E sufficiente leggere i sonetti II, III, V del Canzoniere che danno il tono a tutta la prima parte dell'opera.

x 20 Si veda quanto gia detto a pg. 63.

Rimando ancora una volta a Lowes, pgg. 35-38. page. 2$Z does not ^cst" - 293 -

c Ibid., pg. 54.

J Si legga 1'interessante studio di L. Babb, gia pit.,

cap. VII, pgg. 143-174.

24 Si pensi alia follia d'Orlando, che ha tutte le carat-

teristiche di quella malattia malinconica, causata dall'amore

non corrisposto, che i medici arabi chiamano coturub. - 294 -

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