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Direttore: Francesco Gui (dir. resp.).

Comitato scientifico: Antonello Biagini, Luigi Cajani, Francesco Dante, Fabio Grassi, Piero S. Graglia, Francesco Gui, Giovanna Motta, Frances ca Russo, Pèter Sarkozy , Pietro Themelly . Comitato di redazione: Andrea Carteny, Stefano Lariccia, Daniel Pommier Vincelli, Luca Topi, Giulia Vassallo.

Proprietà: “Sapienza” - Università di Roma.

Sede e luogo di trasmissione: Dipartimento di Storia mode rna e contemporanea, P. le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma tel. 0649913407 – e - mail: [email protected]

Decreto di approvazione e numero di iscrizione: Tribunale di Roma 388/2006 del 17 ottobre 2006 Codice rivista: E195977 Codice ISSN 1973 - 9443

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Ind ice della rivista luglio - settembre 201 6 , n. 40

MONOGRAFIE Il web della cultura nel Settecento Europeo Maria Antonietta Del Boccio Prosperi p. 3

N ELLA RICORRENZA DEI TRATT ATI DI R OMA . UN OMAGGIO AL CONTRIBUTO OLANDESE

Premessa p. 6 6 A bstract p. 6 7

Johan Willem Beyen, un costruttore ( ancora poco noto) dell’Unione europea . Cenni biografici Giulia Vassallo p. 6 8

P er un Mercato comune europeo Giulia Vassallo p. 9 1

Il conflitto irrisolto del Nagorno Karabakh G iorgia Pilar p. 1 6 4

INEDITI

“Giovà, accucciati e cammina carponi che queste so’ pallottole e no mosconi”. Il diario di guerra del Capitano Riccardo Di Giulio. Estratti (1915 - 18) p. 16 8

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Il web della cultura nel Settecento Europe o The cultural web in the European Eighteenth century di Maria Antonietta Del Boccio Prosperi

Sommario

Nella ricerca, viene postulata l’esistenza di una rete ufficiale e riconosciuta tra intellettuali locali ed europei del Settecento, avente lo scopo di scambiare informazioni, documenti, reperti, libri, relazioni umane. Si tratta di un vero circuito che coinvolge l’autore, l’editore, il distributore, il libraio e infine il lettore e che in sé costituisce supporto logistico e culturale finalizzato alla diffusione dei prodotti letterari e scientifici ed alla loro produzione attraverso la messa in comune di nozioni, conoscenze, esperienze, referenti. L’esame dei co ntenuti della corrispondenza di Pierre - Jean Grosley – piccolo e dotto funzionario di provinci a che scala tutte le Accademie Europee – che va dal 1740 al 1785 e l’individuazione dei suoi corrispondenti illumina una parte di questa rete, testimoniandone l’es istenza, la multidisciplinarietà, la trasversalità sociale e l’efficienza nelle modalità di e sercizio. Un’efficienza che spiega quella convergenza sui tipici temi della cultura dell’Illuminismo che, conte mporaneamente in tutta Europa, si diffuse dalle Acca demie all’intera società.

Abstract

The research intends to prove that a well recognized cultu ral web was operating in the European society of Eighteenth century. It was made of local learned people, whose purpose was the exchange of news, documents, books, finds and the connection of human relations as well. Such a web , connected authors, editors, bookseller s, researchers and readers: it was one and only large mesh acting as a solid logistic and cultural support in spreading literary and scientific

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products. Furthermore, thanks to the mesh, the issue itself of such products was promoted by the circ ulation of notions, experiences, ideas. Participants to such community had different skills and a common goal: to participate the web and put learning and tools at its disposal, to overcome the scarcity of the communication media, of the transport and of m oney and pr oduce benefits for the human community. Pierre - Jean Grosley was a modest officer in a small town; thanks to his wide knowledge, he climbed every European academy and was in touch with the major minds of his age. By the study of his correspondenc e, kept up from 1740 until 1785, a very typical kind of enlight ened persons who was acting as local hubs of the net is revealed; the existence of the net is proved, the evidence about its working method and efficiency is given; the member’s different quali ty and social status is cleared. And, finally, the convergence of all over Europ e’ s minds on some current topics of Enlightenment age and the rapid spread from high academicians until the middle class society is explained.

Didascalie delle fotografie

Fotog rafia 1: A. J. Michael Romagnesi, Pierre Grosley (1718 - 1785) - © Musée des Beaux - Arts de Troyes Fotografia 2: L. - Claude Vassé (1716 - 1772) Charles Le Cointe (1611 - 1681) - © Musée des Beaux - Arts de Troyes Fotografia 3: L. - Claude Vassé (1716 - 1772) Pierre Mi gnard (1612 - 1695) - © Musée des Beaux - Arts de Troyes Fotografia 4: L. - Claude Vassé (1716 - 1772) Francois Girardon (1628 - 1715). © Musée des Beaux - Arts de Troyes Fotografia 5: L. - Claude Vassé (1716 - 1772) Pierre Pithou, (1529 - 1596) - © Musée des Beaux - Arts de Troyes Fotografia 6: L. - Claude Vassé (1716 - 1772) P. Passerat - © Musée des Beaux - Arts de Troyes

Scop rire il web

È noto il fenomeno del Settecento, per cui si scrivono e si pubblicano in tutta Europa – e notamente in Francia – innumerevoli dictio nnaire, recherches, histoire universelle, recueil général sulle materie più diverse dalla medicina alla biologia, all’anatom ia ; dalla mineralogia alla botanica, all’archeologia ; d ai viaggi ai costumi: una produzione dai soggetti talmente ampi i n senso diac ronico e geografico che la storiografia classica l’ha ascritta alla cosiddetta rivoluzione scientifica dell’Illuminismo e la storiografia contemporanea l’ha già ha etichettata

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come primizia esemplificativa di world history e global history . Si tratta di op ere che stupiscono per la massa enorme di documenti, di informazioni, di denaro e di tempo che richiedono, soprattutto se va lutati sulla capacità di acquisto dei libri, sulle potenzialità delle biblioteche esistenti e sulle possibilità di accesso alle bibl ioteche stesse. Come nasceva l’iniziativa di avviare opere così impegnative? Come si acquisivano le informazioni? come i doc umenti, i libri e le referenze necessarie, il denaro? Occorre postulare l’esistenza di una rete di eruditi come necessità logica per la produzione di opere di così estesa conoscenza e multidisciplinarietà. Questa rete, per essere efficace, doveva nece ssari amente essere costituita da eruditi sparsi per l’Europa ed avere i suoi hub nelle accademie internazionali. Ma sarebbe rimasta velle itaria ed inefficace senza i gangli delle accademie provinciali, senza le fitte maglie costituite dai fili sottili, individu ali, personali di innumerevoli dotti, testardi notabili di provincia che si incontravano in simposi virtuali basati sulla corrispond enza e che, con questa, si consultavano, si presentavano e raccomandavano l’un l’altro, si supportavano culturalmente, logis ticamente ed anche economicamente. Un’altra osservazione: i partecipanti alla rete perseguivano fini solo in parte giustificati dall ’ambizione: l’appartenere ad una grande accademia o ad un’ elite sociale era uno status che non obbligava ad ulteriore impegn o. Per lo stesso motivo, il fin e di chi vi aderiva non può attribuirsi all’arricchimento economico: con esclusione dei librai e stam patori, tutti i personaggi che vi dovevano essere impegnati traevano da altre fonti, certamente più remunerative e sicure , l a propria sussistenza. E dunque, il fine di chi apparteneva alla rete coincideva con il costituire la rete , con l’essere nella rete , l’essere anello della catena, il partecipare al mondo del libro con funzione strumentale alla sua divulgazione trasversale ed universale all’interno della società internazionale, illuminata e fraterna; di una società che trascende le nazionalità, le appar tenenze religiose e sociali ma che si auto - riconosce in quanto recettiva delle più diversificate problematiche e capace di u tilizzare l’informazione per trasformarla in fonte di nuova informazione. In definitiva, l’esistenza della rete estesa ed “ufficiale ”, operante su base volontaristica e disinteressata, è un postulato di questa ricerca perché è da ritenersi un tassello nece ssario e logico nei meccanismi della produzione del libro ed “ideologicamente” in linea con i tempi, ovvero pienamente illuminista e massonica. In sintesi, perché è l’attuazione nel metodo e negli obiettivi della R épublique des lettres. Individuare questa rete – luogo di incontro di classi sociali che attuano l’aggregazione di nozioni e competenze – ed entrarvi significa scoprire i mec canismi di funzionamento che hanno permesso alla filosofia del Settecento di

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uscire dalle Corti per penet rare fino all’interno della società francese, contempo raneamente portando nelle élite europee il dibattito su temi scientifici, imprenditoriali, commer ciali e tecnologici che animava il vissuto pragmatico e concreto – rappresentativo di una mentalità già p ronta a diventare borghese – della profonda provincia. Dunque, questa mia ricerca intende presentare, attraverso l’attività e la corrispondenza di un n otabile di provincia – Pierre - Jean Grosley – l’esempio significativo di come una piccola porzione di ques ta rete, da un suo nodo posto nel cuore della Francia rurale, Troyes, abbia interconnesso le grandi capitali europee e le grandi menti del secolo. L’ob iettivo così posto attiene quindi al tema delle forme della mediazione culturale del tempo e al modo con cui essa si esplicava rispetto ai diversi fronti coinvolti: le traduzioni, lo scambio di informazioni e conoscenze ed i relativi luoghi, i rapporti tra autori, stampatori ed editori – comprendendo qui gli aspetti contrattuali e le fasi redazionali – e infi ne l’impatto culturale dei libri nello scambio di recensioni, di critiche e di suggerimenti. Qualche avvertenza: i testi bibliografici più consultati s ono richiamati nelle note con abbreviazioni esplicitate in b ibliografia; i titoli delle opere settecentesche sono indicati con la grafia dell’epoca; le note poste tra parentesi quadre […] sono tratt e direttamente dalla fonte.

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1. U n provinciale erudito e non troppo appartato

L’espressione è di Charles - Augustin de Saint e - Beuve 1 e qualifica bene Pierre - Jean Grosley ( 1718 - 1785 ) – nato e viss uto a Troyes nello Champagne , il cui museo ne c ons erva il ritratto in scultura 2 – come personificazione di quei gangli periferici, vitali al funzionamento della rete di comunicazione tessuta tra eruditi che nel ‘700 francese costituiva il media della divulgazione culturale. Avvocato di baliaggio – e più tardi titolare di diverse cariche nella giustizia signoriale – Grosley appartiene a quella borghesia delle professioni liberali che in provin cia riusciva a raggiungere un discreto benessere. È un eclettico dai molteplici interessi, proprietario di una bib lioteca considerevole per quei tempi, di quasi quattromila volumi 3 ; stanziale più che viaggiatore, è erudito, bonario e prolisso autore di inn umerevoli libri dagli argomenti più vari ma sostanzialmente di natura locale e provinciale: un’attività social - let teraria che lo porta già nel 1743 a fondare un’accademia scherzosa a Troyes ed a scriverne le Mémoires 4 . È solo l’inizio, perchè nel 175 0 è gi à membro dell’importante

1 De Sainte - Beuve firma l’articolo De l’esprit de malice au bon vieux temps , dedicato a Grosley nella « Revue de Paris » (1842, X, p . 164). La frase esatta è : “ érudit de province, pas trop cantonné ”. De Sainte - Beuve (1804 - 1869) fu accademico di Francia, celebre critico letterario, autore di sagg i su numerose riviste , tra cui: « Revue des deux mondes » , « Constitutionnel » , « Moniteur » (TREC, ad vocem). 2 Questa fotografia, come le altre che seguono, è stata scattata nel Musée d es Beaux - Arts di Troyes e qui riprodotta per gentile conce ssione del Conservatore del Museo, M.me Chantal Rouquet. La scultura è opera di Antoine - Joseph - Michel Romagnesi, l’Ainé (Parigi 1762 - 1852). 3 JOU 1999, ad vocem. 4 Mémoires de l'Académie de Troyes del 1744 (JOU 1999, ad vocem ).

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A ccademia di Dijon, ne l 1754 è associato libero dell’A ccademia di Chalon sur Marne, nel 17 57 è ammesso nella prestigiosa A ccademia di Nancy, nel 1761 arriva al cuore intellettuale dell’Europa con l’accettazione come membro associat o nell’ Académie des inscriptions et belles - lettres di Parigi e nell’A ccademia della Crusca di Firenze e infine , n el 1766, nella Royal S ociety di Londra. Voltaire lo chiamava “ l’ingegnieux et savant troyen” e lo considerava lo scrittore più erudito del secolo. Aggiungo qualche altro dettaglio sulla vita e sulle opere che viene narrato nella prefazione alla r istampa de lle « Éphémérides » del 1811 cura ta da ll’editore Patris - Debreuil 5 . Nasce nel 1718, figlio di un colto avvocato, studia a Parigi per seguire le orme del padre e vi frequenta il famoso dotto gesuita René - Joseph Tournemine 6 , che gli fa conoscere Voltaire e Alex is Piron 7 e che mette a sua disposizione le biblioteche di Huet 8 e Menage 9 . Da avvocato, torna a Troyes e vi esercita la professione, scrivendo articoli per il « Mercure » e per le « Journal de Verdun » . Manifesta da giovane uno spirito decisamente goliardico: i libell i anonimi e divertentissimi Mémoire sur un abuse qui deshonore la profession d’ avocat e Mémoires de l’ Académie de Troyes sono stati attribuiti all’allora già celebre conte di Caylus 10

5 JOU 1999 , ad vocem. 6 Tra le innumerevoli attività di questo coltissimo gesuita si ricorda la sua direzione del « Journal de Trévoux » dal 1701 al 1718, la sua collaborazione con il « Mercure » nel 1736 e le innumerevoli Disser tazioni sui temi storici teologici e letterari più diversif icati; si ricorda anche la sua biblioteca di settemila libri. Un’amicizia preziosa e formativa per il giovane Grosley (HOEF 1868, ad vocem ). 7 Alexis Piron fu magistrato e membro dell’Accademia di Dijon, autore di tragedie e testi teatrali quali Métromanie del 1736, ma fu anche celebre libertino autore di libelli maliziosi quali Ode à Priape . Frequentatore dei salotti più celebri, amico – tra gli altri – di M.me Tencin, Grimm, Rousseau, Voltaire, Cr ébillo n, è un personaggio tipico della società di Ancien Ré gime (TREC, ad vocem ) . 8 Perre - Daniel Huet (1630 - 1721) è uno degli uomini più dotti della storia francese. Si forma presso i gesuiti e poi nei molteplici viaggi in Svezia e Olanda. Diventa vescovo di Avranches, si dimette nel 1699 per diventare abate di Fo ntenay. Uomo di cultura e memoria prodigiose, si dedicò con passione insaziabile ad ogni tipo di scienza. Affida la gestione della sua biblioteca, ricca anche di preziosi manoscritti, ai gesuiti. C on la cacciata dei gesuiti, la biblioteca stava per essere venduta a Caterina di Russia, ma Luigi XV la acquistò e la unì alla biblioteca reale (HOEF 1868, ad vocem ). 9 Gilles Menage di Angers (1613 - 1692): erudito, pedante, accademico celebrato da Cristina di Svezia e dall’Accademia della Crusca, lasciò la sua fam osa biblioteca ai gesuiti (HOEF 1868, ad vocem ). 10 Anne - Claude - Philippe de Tubieres, comte de Caylus (1692 - 17 65), è celebre erudito, letterato, mecenate, collezionista, antiquario, incisore, autore di testi di archeologia, di tecnica pittorica antica e rin ascimentale che hanno inciso nella storia dell’arte, e di libelli libertini. Viaggiatore dalla vita avventuro sa, dal 1720 frequenta a Parigi la società libertina nel salotto di M.me Geoffrin. Accolto nell’ Académie royale de peinture et de sculpture nel 173 1, divenne accademico della Académie des Inscriptions dal 1742, scrive molte Mémoires d'archéologie. Notissim o dei salotti parigini del

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(tra le cui pubblicazioni furono stampate le Mémoires di Grosley ). Tra qu esti, De l’usage de battre sa maîtresse e soprattutto Di ssertation sur un ancien usage de la rue du Bois recarono fama a Grosley. Quest’ultimo libello fu tradotto in molte lingue a partire dal 1744: fu un successo enorme per l’estrema erudizione a pplicata ad un tema paradossale ed alquanto insolito (l’uso di cui tratta è quello di “cacare“ all’aperto). Ma il 1750 è, per Grosley, l’anno del primo salto di qualità nelle sue relazioni: parte cipa al concorso lanciato dall’A ccademia di Dijon: Si le réta blissemen t des sciences et des arts a contribué à épurer les mœurs (ma si trova anche con il titolo Si les lettres ont contribué aux progrés des mœurs ) . Rousseau vince il primo premio, ma il secondo spetta a Grosley , che ha sostenuto , come Rousseau stesso, la tesi pessimistica. Il suo articolo è pubblicato nel 1752 sul « Mercure de » 11 e reca a Grosley l’ammissione all’Accademia. Solo successivamente l’autore – e riaffiora anche in questo episodio la goliardia di Grosley , unita ad una sottile e modernis simo spirito di “ self - marketing “ – svela che nel suo discorso aveva inteso esibire erudizione e doti di argomentatore sofista, dato che, ammette in un ulteriore libello anonimo, la sua opinione reale è esattamente opposta. Il libello anonimo con cui rettif ica e dich iara il suo pensiero autentico costituisce ovviamente un altro successo. Personalità tutt’altro che confor mista , Grosley è un riformista di tendenze gianseniste : nel 1750 fa stampare Mémoires sur la diocèse de Troyes , un libello anonimo contro i gesuiti. Nonostante la condanna al fuoco, anch’esso è un grande successo, tanto che nel 175 7 Grosley lo f a ripubblicare come Mémoires pour servir a l ’ histoire des RR.PP. Jesuites 12 . Ma non basta: nel 1757 p ubblica anonimamente un a serie di violenti libelli contro la magistratura. Infatti, inorridito, come tutti in Europa, dalla condanna ed esecuzione di Robert - François Damiens per il presunto attentato alla vita di Luigi XV, è tra i pochi ad esprimersi presentando prove dell’esist enza di un complotto, colpev olmente celato dai giudici succubi di “ordini superiori”: così che Damiens è – per Grosley – la vittima sacrificale

XVIII secolo e tra i personaggi simbolo dell’ ancien régime illuminato (TREC, ad vocem ) . È amico di Pierre - Jean Mariette, di Antoine Watteau e dei ricchissimi Crozat (l’armatore Antoine e l’incisore Pierre), protettore dei più gra ndi artisti del suo tempo, colleziona incisioni, reperti e opere d’arte di ogni tipo, da Louis - Michel Van Loo a Claude Vassè, studia i reperti di P ompei e dell’Egitto. Scrive, tra l’altro, Recueil d’antiquités Egyptiennes, Etrusques, Grecques, et Romaines . (BDF, ad vocem ). Lo troveremo tra i corrispondenti di Grosley. 11 È utile ricordare che dal giugno 1750 al dicembre 1755 questa rivista è diretta d a l’abbé Guillaume - Thomas Raynal, membro dell’accademia di Berlino e della Royal Society, filosofo, enciclopedista, coautore con Diderot del censuratissimo testo Histoire des deux Indes (JOU 1999 , ad vocem ). 12 Il libro esce anonimo con la significativa ind icazione “I.N.R.I.” come casa editrice ed il sottotitolo tratto dall’ Eneide : “ Accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno disce omnes ”.

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decretata da giudici che una ragione di stato ha trasformato in assassini. Si tratta dei libelli Lettre d ’ un pat riote o ù l'on rapporte les faits qui prouvent que l'auteur de l'attentat commis sur la vie du roi a des complices, et la mani e re dont on instruit son procès, Lettre d’un solitaire, Mémoires d’un patriote, Réflexion contre l'attentat commis le 5 janvier co ntre la vie du roi . Folgorat i da un decreto della Grand Chambre del 30 aprile 1757 13 , i libelli sono condannati al fuoco mentre l’editore Gobelet (o Saint - Goblet) è mandato alla Bastiglia. Nel 1751 , Grosley è a capo dell’Ordine degli avvocati e, quindi, è un notabile di riferimento n ella borghesia di Troyes: un ruolo che alimenterà tutta la vita con l’applicarsi allo studio della sua città e della sua regione. Divenuto ricco per eredità, rafforza il suo personaggio pubblico commissionando la scultura di ott o busti di celebri concittad ini, da donare alla città di Troyes. In realtà, a causa di un successivo dissesto finanziario, riesce a far scolpire solo i ritratti di Charles Le Cointe, Pierre Mignard, François Girardon, Pierre Pithou e Jean Passerat (le magnifiche sculture sono attualm ente conservate nel Museo di Troyes ). Il prestigioso notabile affida l’opera a Claude Vassé, scultore del Re, così acquisendo una conoscenza che farà fruttare nel seguito. Nel 175 2 scrive un’opera importante: Recherches pour servir a l’histoire du Droit fr ançais che Omer - Joly de Fleury apprezza tanto da farne un estratto nel « Journal des sçavans » . F a seguito con Noblesse utérine de la Champagne (rimasta inedita) ch e gli vale

13 The Damiens Affair and the Unravelling of the Ancien Régime, 1750 - 1770, Dale K. Van Kley, Princeton 1984, p. 69. Cir colarono all’epoca numerose ipotesi di complotto a carico alternativamente dei giansenisti, dei gesuiti, dei parlamenti e persino degli enciclopedisti. In quella occasione, né Voltaire, né Rousseau, né Diderot osarono esprimere il loro orrore, che sarebbe stato pu nito con la pena di morte (Attali 2012, p p . 171 e 173).

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l’acce ttazione dell’A ccademia di Chalon. La sua dissertazione di ingresso, dottissi ma ed elogiata da Voltaire, fu pubblicata numerose volte. Nel 1754 accoglie l’incoraggiamento di d’Alembert : “ Nous prions de nouveau tous les Savans de France & de l'Europe de les imiter, & de nous faire part de leurs observations; nous ne manquerons pas d e leur en faire honneur ” 14 e viene da questi ringraziato come uno di coloro che “ nous ont aussi communiqué de bonnes observations sur quelques articles des volumes précédents ” . Nel 1756 pubblica Vie de M. Pierre Pithou, famoso giureconsulto seicentesco di T royes, e Discussion critique sur la conjuration de Venise . Nel 1757 inizia le « Éphémérides » , una gazzetta popolare pubblicata fino al 1768 in 12 volumetti annuali, recante noti zie a carattere scientifico, sociale e commerciale, dai contenuti tipici degli a lmanacchi consimili, ben accolta dal « Journal de Verdun » e dal pubblico, ma non dalla censura locale: il tribunale presidiale di Troyes ne proibì la vendita perché offensivo, c alunnioso ver so i concittadini e indecente. Le « Éphémérides » fu rono ripubblicate anche nel 1811 da Patris - Debreuil. Invitato da molte accademie, acquista la stima personale del presidente Souvrain dell’A ccademia di Nancy, l’accademia fondata da Stanislao r e di Polonia nel 1750. Nel 1757 pubblica anche in italiano la sua dissertazio ne di ingresso nell’Accademia, dedicata a L’influence de la législ ation sur le mœurs . Nel 1758 compie, insieme a Belly negoziante di Troyes, l’importante viaggio in Ital ia grazie al quale conquista l’A ccademia della Crusca a Firenze nel 1761; sulla via del ri torno soggiorna otto giorni presso Voltaire e, a casa, scrive il suo libro più famoso , che pubblica nel 17 64 : Mémoires sur l’Italie et sur les Italiens, in tre volumi, ma nel 1 777 vi aggiunge Nouveaux mémoires sur l’Italie et sur les Italiens par deux gent ilshommes Suédois , di grande successo e tradotti anche in Italiano. Si tratta di una raccolta di appunti di viaggio, cronache, ammonimenti ; aneddoti comici relativi alla societ à, alla religione ed ai pregiudizi : il tutto con arguzia, ironia e grande erudiz ione. Nel 1762 è accettato nell’Accademia delle Iscrizioni. Nel 1765 parte per Londra dove trascorre sei settimane : anche di questo viaggio lascia m emorie di successo ( Londres , in tre volumi , pubblicato nel 1770 , ristampato nel 1774 e tradotto anche in ing lese ). Viene accolto nella Royal S ociety di Londra. Nel 1772 compie un viaggio in Olanda. Dal 1765 collabora con diversi giornali, tra i quali il « Journal encyclopédiqu e » , ma anche il Journal de Paris , il « Mémoires de Trévoux » 15 ,

14 “ A vertissement des éditeurs ” , vol. IV dell’ Enciclopedia. 15 Questa importante rivista, conosciuta anche come « Journal de Trévoux » , fu fondata nel 1701 dai gesuiti dell’Istituto Louis - le - Gran d e diretta prevalentemente da gesuiti di fama – sui quali torneremo nelle pagine che seguono – quali René - Joseph Tournemine, Guillaume - François Berthier, Jean - Louis Jolivet, Barthélémy Mercier de Saint - Leger, che troviamo nella

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l’ « Affiches de Reims » e il « Journal de Troyes » . Si trova il suo nome anche tra i collaboratori di Causes amusantes et connues , la raccolta di atti processuali di celebri processi curata da Robert Estienne. Nel 1787 tenta invano di pubblicare le memorie della sua vita , colpite dalla censura a causa dei contenuti offensivi verso i gesuiti; verranno completate e pubblicate postume dall’abate Jean Maydieu nel 1787. Instancabile, inizi a Mémoires historiq ues de la ville de Troyes che tratta di notabili della storia cittadina, ma anche dei monumenti, della toponomastica, dell’arte, de i canti canzoni e della bibliografia. Non “profeta in patria”, Grosley ebbe dai concittadini solo critiche , così fu anche per questi ponderosi volumi che, rimasti incompiuti per la morte dell’autore, non trovaro no editore neppure postumo. Vale la pena di aggiungere qui tre lettere, le sole della corrispondenza che hanno carattere veramente privato, per abbozzare il ritratto del protagonista. Nel settembre del 17 45, in procinto di partire per il suo primo viaggio in Italia, scrive alla sorella :

A Roma io commercerò in indulgenze. Ditemi quanto grosse le volete, sia per voi che per i vostri amici. Io farò l’affare per vostro conto. Se avete sul cuore qualche grosso peccato da dire al papa, mandatemelo ed io glielo farò avere subito. Chissà, può darsi che la provvidenz a mi abbia fatto venire in Italia per farvi andare in Paradiso.

Nell’ottobre del 1780, Grosley scrive a Chrétien - Guillaume de Lamoignon de Malesherbes 16 , suo amico da tempo e allora ministro della Casa reale dopo aver lasciato il Ministero della Giustizia , raccomandandogli di aiutarlo ad ottenere giustizia nei confronti di un vecchio canonico, incarcerato senza processo e tenuto in condizioni disumane fin dall’epoca di Bertin, l’ex controllore gene rale c he av eva lasciato l’incarico nel lontano 1763. Sebbene liberato nel 1774 per istanza della popolazione, il vecchio canonico insiste nel voler dimostrare la sua innocenza in regolare processo. Grosley allega alla lettera una Mémoire à M . le comte de Maurepa s 17 ed una identica indirizzata al ministro degli Es teri, il marchese Charles - Gravier de Vergenne, scritte dal canonico stesso a propria difesa: chiede a Malesherbes di far giungere le due memorie ai due ministri e di intercedere per il successo della petiz ione. L’esordio della lettera è in pieno stile philosophique : corrispondenza di Grosley. Dal 1764 il nome del giornale diviene « J ournal des Sciences et des beaux arts » (JOU 1999, ad vocem). 16 Personaggio celeberrimo del l’Ancien Régime illuminato, fu ministro della casa reale, autore d elle celebri Remontrances del 1775, guardasigilli autore de lle proposte di modifica della giustizia criminale, protettore della Enciclopedia e dei philosophe s, poi avvocato difensore di Luigi XVI. Morì sulla ghigliottina nel 1793. 17 [ Phèlypeaux, comte de M aurepas, è stato ministro di Stato e capo del Consiglio del le Finanze per Luigi XVI a partire dal 1774 ] .

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Monsignore, u n rancore caldamente e lungamente covato ha fatto avviare un’istruttoria extragiudiziaria, in cui è stata data previamente assicurazione ai querelanti che si trattava solo di dare una s pallata , che il processo segretissimo si sarebbe fatto per pura forma e non avrebbe prodotto alcuna conseguenza a loro danno.

Quindi, raccontati succintamente i fatti, conclu de :

È in cause di questo tipo che tutto il popolo del regno rimpiange di no n avervi più come ministro e vendicatore degli oppressi. È davanti a queste situazioni che voi, senza derogare alle vostre idee, potete riportare indietro i giochi: si tratta in definiti va, solo di restituire all’ingiustizia quella spallata che essa ha dat o all’innocenza.

La successiva corrispo ndenza da parte del destinatario, ci informa che l’intervento è stato efficace. Nel maggio 1781, un Grosley severo e insieme umano raccomanda a d’ Alembert il proprio nipote , di cui è tutore 18 . Soggetto dai pessimi cos tumi, costui è incarcerato nel convento correzionale di S. Yon su lettera de cachet del tutore stesso. Chiede a d’Alembert di interessare Beaumarchais affinchè trovi per il giovane un po sto nella guarnigione che stava per essere inviata a sostegno dei colo ni americani . Se questi dimostrerà di mettere la testa a partito, potrà far togliere la lettera de cachet che pende su di lui. A conclusione di questi cenni biografici, si può affermare dunque che Grosley, autore pieno di interessi e di fantasia ma in defi nitiva non eccelso, è uno strenuo scalatore della società intellettuale del tempo . Passando da una accademia all’altra e da una amicizia all’altra, sale fino al sommo dell’ elite cultural e: un personaggio tipico e straordinario insieme, arrampicatore non pe r arrivismo ma per passione umanistica ed illuminista, instancabile divulgatore delle proprie idee letterarie e scientifiche e portatore di una fiduciosa volontà di partecipazione social e. Ciò detto, questo articolo non intende tuttavia occuparsi del “pers onaggio ” Grosley, né dei suoi innumerevoli corrispondenti , né dei suoi libri e neppure dell’attività delle diverse accademie a cui è affiliato, ma solo della sua corrispondenza e delle informazioni di “ sistema ” che se ne possono dedurre rispetto al tema pr escelto.

18 Il nipote, Louis - François, alla morte di Pierre - Jean nel 1781 si dà al teatro e al giornalismo. In quell’ambiente conosce Hebert, che sarà il rivoluz ionario della sanculotteria e fondatore del giornale P ère D uchesne , a cui Louis - François collabora tra il 1790 e il 1791. Da egalitarista dichiarato, applaude alla morte di Maria Antonietta ma, dopo Termidoro, si schiera con la controrivoluzione e si lega ai royalistes ; quindi, lo troviamo difensore del Direttorio , prima, e del Consolato dopo; con l’Impero tro va un posto nella pubblica amministrazione. Nel 1802 pubblica un’opera in versi dal titolo Marion Delorme, tratto da eventi storici nella corte di Luigi XIII ai quali si ispirò anche Victor Hugo . Grosley non l o perdonerà mai, tanto da diseredarlo. Ciononos tante, Louis - François scriverà un elogio funebre sul «J ournal de Troyes» (JOU 1999 , ad vocem).

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2. La f onte archivistica

Nell’archivio di Troy es, è collocata la Raccolta del Boutiot 19 contenente una miscellanea di documenti significativi per la città. Nel medesimo fascicolo, si trova anche la raccolta curata da M. Truelle de Saint Evron, m embre de la Societé Academique de l’Aube (come recita il s ottotitolo) con il titolo di Lettres iné dites de Grosley et de quelques - uns de ses amis che contiene 110 lettere della corrispondenza di Grosley che vanno dal 1740 al 1785 e che illuminano una modal ità di mediazione e divulgazione culturale condotta attrav erso la rete di amicizie e relazioni che le accademie alimentavano anche al di fuori delle sedute ufficiali. Subito alcuni elementi caratterizzanti: solo tre di esse (sopra citate) trattano di quest ioni private; solo una tratta fugacemente di questioni di attualità politica; quasi tutte sono brevi (i testi riportati sono pressocch é integrali), prive di abbellimenti e cortesie settecentesche ma espresse in modo sintetico, semplice e franco benché sia evidente che la conoscenza tra i corrispondenti sia , il più delle volte, esclusivamente epistolare. Le lettere sono scambiata con edito ri ed intellettuali sia francesi che stranieri ; molte recano riferimenti a comunicazioni o accordi pregressi. In quest’ul timo caso, alcuni passaggi appaiono criptici rispetto al tema specifico ma comunque significativi nello spirito generale di ciò che att estano . Ciò che appare evidente è l’attività frenetica ed instancabile di Grosley come tessitore di contatti e smistatore d i informazioni. Un’attività che gli era certo congeniale ma che condivideva nel metodo con i suoi interlocutori, i quali dimostrano n on solo di supportare Grosley, ma anche di contribuire allo sforzo sia di far convergere le notizie che di rilanciarle ci ascuno nella porzione di rete di propria pertinenza. Il modernissimo spirito di “ self - marketing ” di Grosley cui ho accennato – e che em erge nella corrispondenza – appare come una tecnica condivisa dai suoi interlocutori proprio dall’interpretare le reazion i con cui viene accolta e recepita la tecnica di Grosley. Le stesse menzioni a pubblicazioni periodiche che vi si trovano, a cominciare dalle « Éphémérides » di Grosley medesimo, confermano l’uso sapiente e pratico che ne veniva fatto: esse erano una chiave di penetrazione in ambienti diversi da quello del relativo autore e gli “spazi” – sia commerciali che propriamente letterari – erano me rce di scambio tra altre gazzette ed altri scrittori . Il quadro complessivo che risulta di questa rete è dunque quello di una vera e propria macchina ben collaudata e ben nota ai suoi manovratori, che funge da piattaforma logistica della comunicazione tra dotti di diverse competenze e di diverse regioni geografiche: un luogo in cui si avvicendano idee e nozioni in materie di versificate, dall’archeologia alla grande e piccola storia locale, fino alle

19 Boutiot 1878.

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tematiche sociali di interesse regionale ma di potenziale portata maggiore. Troviamo anche approfondimenti eruditi su dispute relative al mondo classico o partecipazione alle disc ussioni sulle più recenti tematiche di diritto e criminologia. Non mancano curiosità o proposte scientifiche mirate al miglioramento de lla produzione agricola, allo sviluppo del commercio o in g ene rale alle scienze. L’interesse sulle tecniche di produzione e le tecnologie di fabbricazione attesta l’influenza dell’ Enciclopedia che, in quegli anni – si stava pubblicando tra alterne vicende . Infine, attraverso la rete passano anche frazioni di tutti i temi cari ai protagonisti del secolo come il dibattito scie ntifico che negli anni sessanta vede Spallanzani opporsi a Needham sulla polemica dell’epigenesi e del preformismo : Grosley non manca d i contribuirvi col farsi tramite tra gli scienziati per il reperimento di fossili, microorganismi ed osservazioni empiric he. Alimentata dalle accademie di provincia e dagli “scienziati dilettanti” di cui parla Darnton 20 , troviamo in rete anche la curiosità per il magnetismo animale e la partecipazione alla disputa sulla natura dell’elettricità che coinvolgeva scienziati veri e ciarlatani. Vi contribuisce l’abate Nollet 21 (altro corrispondente di Grosley), lo scienziato attratto anche dai “ poteri miracolosi co ntenuti nel fluido elettrico universale ” 22 , misteriosa dizione con cui si rinnova quella suggestiva di flogisto che da Par acelso giun ge quasi intatta fino a Mesmer . Come abbiamo visto, Grosley non si priva neppure del Grand t our in Italia, questa moda che letteralmente esplode in Francia (ma anche in Germania e Inghilterra) nel trentennio che va dagli anni cinquanta al finire degli anni settanta e che porta centinaia di viaggiatori dai più diversi orizzonti culturali ad esplorare la Penisola. Grosley lo compie dal 1759 al 1761; nello stesso periodo, e precisamente tra l’ottobre 1759 e il settembre del 1761 viaggia per l’Italia anche il

20 R. Darnton, Il mesmerismo e il tramonto dei Lumi , Milano 2005, p. 35. 21 Jean - Antoine Nollet: fis ico e membro della Académie royale des sciences . Poverissimo di nascita, riuscì a studiare teologia, ma presto si dedicò alla fisica. Lavorò con Dufay, Reaumur, Duhamel e Jussieu sull’elettricità e la conducibilità dei materiali, compiendo innumerevoli esp erimenti e scrivendo libri. Divenuto famoso int ernazionalmente, fu ammesso alla Societé Royale des sciences nel 1734. A Parigi insegnò privatamente fisica, anatomia, chimica e storia naturale finché Maurepas e Fleury crearono una cattedra pubblica di fisic a sperimentale appositamente per lui. Compì esp erimenti in tutte le università europee. Morì nel 1770 (HOEF 1868, ad vocem). Nel 1726 creò a Parigi una Societé des Arts con lo scopo di raccogliere scienziati per condurre ricerche comuni; nel 1749 raccomand ò l’ammissione di Diderot alla Académie royale des sciences e nel 1759 fece parte della commissione, nominata dalla medesima accademia, che giudicò le tavole della Enciclopedia nella causa di plagio intentata da Pierre Patte, l’architetto che ritroveremo n el seguito (Attali 2012, p p . 36, 92, 226). 22 A nche questa espressione è di R. Darnton, Il mesmerismo…, cit., p. 26.

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gruppo guidato dall’abate de Saint - Non 23 accompagnato da artisti quali Fragonard e Hubert Robert che parte da Parigi, passa per Troyes, Digione e Ginevra con l’immancabile sosta presso Voltaire e giunge fino a Napoli. Nella corrispondenza di Grosl ey non appare direttamente de Saint - Non, ma i due avevano molte conoscenze in comune come il già citato Ca ylus, Marigny 24 , d’Alembert, Franklin, Algarotti. Inoltre, de Saint - Non era collega di Grosley in quanto avvocato al Parlamento di Parigi e candidato n el 1777 all’Accademia Reale (battuto dal l’ avvocato g enerale al parlamento di Parigi Louis Seguier) presso cui rimase come libre associé . Troviam o invece citato Charles - Nicolas Cochin, disegnatore incisore e collaboratore della Encyclop é die , che aveva da po co pubblicato il suo Voyage d'Italie esito del tour compiuto dal 1749 al 1751 al seguito di Marigny, duran te il quale era stato ospitato dal c ardinale Passionei 25 (altro corrispondente di Grosley) ed aveva scambiato notizie antiquarie con Caylus . Marginalme nte, appare nella porzione di rete centrata su Grosley anche il tema della giust izia criminale e della tor tura, tema in cui – come abbiamo già visto – Grosley aveva preso posizioni pericolosamente critiche. Siamo nel 1755, quindi non ancora negli anni cald i che culminano con la pubblicazione Dei delitti e delle pene in Italia e in Francia e che porteranno alla riforma del diritto criminale francese a ridosso della Rivoluzione, ma il consigliere del Parlamento di Bordeaux F. - H. Salomon de Virelade nel 1665 s i era già schierato in proposito così come Augustin Nicolas nel 1682. Voltaire aveva già scritto De la pai x perpétuelle

23 L’esito di questo viaggio fu il Journal ou Notes sur un voyage en Italie di Jean - Claude Richard de Saint - Non. Questo viaggio convinse de Saint - Non ad organizzarne un secondo nel 1777 – 1779 affidando a Vivant Denon la gestione e la scrittura dei testi ed al disegnatore Louis - Jean Desprez e all’architetto Jean - Augustin Renard i disegni e le incisioni. Nel 1782 fu pub blicato Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile , mirabile opera editoriale scritta ed illustrata a più mani (Saint - Non 2000, p. 8). 24 Abel - François Poisson, marchese di Marigny, fratello minore della Pompadour, fu introdotto a corte nel 1746 con il tit olo di signore di Vandières; fu nominato direttore generale dei fabbricati, dei giardini, delle arti e delle manifatture reali. Sebbene ventenne, tenne il posto con onore (BDF, ad vocem ). Dal 1749 al 1751 intraprese il Grand tour in Italia facendosi accomp agnare dall’erudito abbé Le Blanc, dall’architetto Soufflot e dal disegnatore e incisore Nicolas Cochin (Saint - Non 2000, p. 16). 25 Domenico Passionei, nato a Fossombrone nel 1682, fu legato del pontefice a Parigi e in Olanda, nun zio in Svizzera nel 1721, p oi anche presso la corte imperiale. Divenuto cardinale e tornato a Roma, fu direttore della Biblioteca Vaticana (HOEF 1868, ad vocem ). Uomo di grande erudizione, possedeva una collezione di libri e manoscritti preziosi, di iscriz ioni e monete. Noto e spreg iudicato libertino, da anziano divenne un rigoroso giansenista. Fu corrispondente di Marigny ed amico di Cochin, che fu suo ospite a Camaldoli in occasione del Grand tour in Italia del 1749. Incontrò anche Charles de Brosses, eru dito antiquario e president e del parlamento di Borgogna, che fu a Roma tra il 1739 - 40. (Saint - Non, p. 15 e ss .).

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(1750) e, proprio nel 1755 Joucourt scriveva i suoi articoli per i volumi 3°, 4° e 5° dell’Enciclopedia (nel 4° volume Grosley viene men zionato come collaboratore, senza indicazione del contributo portato) ed era in preparazione il ponderoso testo di Muyart de Vouglans Institutes au droit criminel , pubblicato ne l 1757, decisamente conservatore 26 . In definitiva , la raccolta della corrisponde nza di Grosley, bene esemplifica quell’ambiente di intellettu ali che nel periodo aureo dell’I lluminismo hanno creduto all’onnipotenza della ragione umana e all ’ infinita perfettibilità delle sue conquiste. Alimentando riviste, libelli, gare accademiche e pr oduzione libraria hanno contribuito a diffondere l’entusiasmo per il sapere applicato, sia esso inserito in un contesto umanistico che innestato nelle nuove scienze che – dalla biologia, alla antropologia, alla chimica, alla medicina – si proponevano allor a alla curiosità degli studiosi . È una curiosità di conoscere ed insegnare, tipica delle accademici di p rovincia di cui Daniel Roche – nel suo studio dedicato proprio a ll’A ccad emia di Chalon – dice:

Socialement, les privil é gi é s y dominent […] Mais la pr é s ence et le r ô le de la bourgeoisie demeuraient incontestables, beaucoup plus importants au niveau des cor respondants qu' à celui des titulaires […]. Enfin le r ô le de protecteurs est reconnu aux membres les plus é minents de la haute aristocratie de Cour et de fonctions et aux repr é sentants du haut clerg é . Par son recrutement l'Acad é mie est un lieu de rencontre des classes sociales. […] A regarder de pr è s les recherches acad é miques on a l'impression d'un bouillonnement d'id é es, d'une complexit é de faits et d'in tentions qu'une impression qualitative seule ne suffit pas à é puiser 27 . […] Un étonnant témoignage sur le s mentalités bourgeoises, plus encore sur la mentalité académique, s'y révèlerait. On y trouverait, à côté de la préoccupation fondamentale, de classifi er, d'étiqueter le réel qui caractérise l'esprit bourgeois au siècle des lumières, une incontestable vol onté de réformes dans tous les domaines […] . 28

3. Le tematiche della corrispondenza

I temi trattati nella corrispondenza, pur essendo di grande variet à, hanno tu ttavia un protagonista assoluto : il libro. E, nel trattare questa materia, sviluppano alcuni temi dom inanti che ho sintetizzato così : - come ci si procura un buon libro da leggere - come ci si procurano documenti e fonti per i grandi progetti - come ci si costruiscono relazioni per entrare in rete

26 Sul tema generale dello stato della giustizia criminale nella Francia del XVIII secolo vedere Del Boccio 2014 , p . 69 e s s . 27 Roche 1964, p . 11. 28 Ivi, p . 28.

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3.1 Come ci si procura un buon libro da leggere La tematica più frequente è lo scambio di libri in senso lato. I libri vengono regalati reciprocamente, ci si consiglia sulle ultime uscite, ci si scambi a pareri, complimenti, critiche e consigli. Tra autori, ci si scambiano recensioni e presentazioni da far apparire su riviste terze o da trasferire ad altri possibili fruitori; ci si scambiano bozze di articoli e di libri per un aiuto a scovare errori stor ico - scientifici o per avere suggerimenti sulla qualità del testo. Ci sono proposte di compartecipazione alla redazione di nuovi libri e di adesione a sottoscrizioni per la stampa; ci sono scambi di favori, commissioni di acquisto per gli amici, per i conos centi e per i conoscenti dei conoscenti: chi, in un determ inato momento, ha la fortuna di avere accesso ad un libro fresco di stampa o raro o clandestino, mette a disposizione questa opportunità a tutti i suoi corrispondenti dandone notizia e promuovendo l o scambio. Chi viaggia, funge da messaggero, da cercatore, da corriere per conto dei componenti della rete. Chi parte, parte con la lista delle commissioni e dei contatti da procurare a sé o ai propri corrispondenti, con le carte di credito e gli indirizzi a cui appoggiarsi; chi torna, distribuisce pacchi, letter e, nuovi nomi e nuovi indirizzi .

3 . 2 Come ci si procurano documenti e fonti per i grandi progetti Ma c’è anche un’altra funzione della “ rete ” che la corrispondenza di Grosley testimonia: quando un a utore decide di scrivere un Dictionnaire , una Histoire Générale , una Biographie universelle , insomma uno di quei ponderosi testi di contenuto storico - archivistico per il quale occorre un numero enor me di notizie ed informazioni, chiama a raccolta le energi e della rete per affrontare la ricerca, per scovare documenti cartacei o iconografici e per accertare le fonti. Il lavoro del singolo si trasforma di fatto in un lavoro di equipe, tanto più ricco e valido quanto più l’autore riesce a convogliare cooperazio ne dalla rete, “agganciando” i soggetti più adatti al lavoro da svolgere. In queste situazioni, personaggi come Grosley – quelli che ho chiamato gangli – sono preziosi non solo per le dotazioni cult urali personali, ma sopratutto per le connessioni con inte llettuali delle diverse specificità, per le relazioni con notabili e funzionari che garantiscono l’accesso a biblioteche private e ad archivi signoriali o, semplicemente per la capacità di costituir e catena di presentazione e raccomandazione . Una cooperaz ione tanto più necessaria in quanto le piccole Accademie possedevano biblioteche limitate (quella di Chalon studiata da Daniel Roche 29 aveva duecento opere) ed anche le biblioteche private erano in g enere povere come si evince dagli inventari post mortem ci tati ancora da Roche: nella nobiltà e nel clero le biblioteche di oltre duecento opere non sono rare, ma tra le professioni

29 Ivi , p . 36.

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liberali la media si attesta sui cinquanta - cento opere. Roche segnala l’ec cezionale biblioteca di circa ottomila volumi appartenente ad un accademico e dottore in medicina , certo Claude Gelée. Il costo dei libri di buona fattura, dotati di copertina e possibilmente arricchiti da incisioni, era evidentemente proibitivo: la corris pondenza di Grosley fornisce indizi su come veniva aggirat o questo problema . La cooperazione si applica non solo per procurarsi volumi importanti, ma anche per articoli su riviste, per aneddoti e curiosità da riportare nelle gazzette, per recensioni da pro porre nelle Accademie o nelle prefazioni di nuove edizioni . L’attività di Grosley e degli eruditi in questo campo è continua: ciò a cui danno luogo è quello che oggi chiameremmo “la messa a rete” delle biblioteche e della ricerca .

3.3 Come ci si costruisco no relazioni per entrare in rete La provincia, meno favori ta dalla presenza della Corte e dell’aristocrazia autenticamente facoltosa, meno dotata di biblioteche ed archivi, priva delle grandi e prestigiose accademie poste sotto il diretto patronato dei mon archi e dei ministri, pone studiosi, dotti ed eruditi in s vantaggio logistico. Abbiamo visto come a tutto questo si supplisse con la corrispondenza, con le commissioni, con la collaborazione tra i viaggiatori – di professione o occasionali – e gli stanzial i di una certa località, residenti o occasionali. È eviden te quindi, che per far sì che tutto questo funzioni, occorre una rete riconosciuta e qualificata, referenziata e tracciabile, cioè in qualche modo ufficiale . La materia prima della rete è costituita dalle persone, da tutte quelle persone che accettano di f ormare la catena dell’informazione, che partecipano del reperimento, trasmissione e smistamento delle informazioni e che sono riconosciute dagli altri partecipanti della rete come competenti e adatt i allo scopo. Tra gli interlocutori di Grosley troviamo sc rittori, giornalisti, editori, stampatori ed altri professionisti della carta stampata ma troviamo anche scienziati, fisici, matematici, ricercatori, poeti, scrittori , archeologi, collezionisti : son o i professionisti ed i dilettanti della cultura che costi tuiscono una quota relativamente ampia e trasversale della nobiltà e della borghesia medio - alta . Le relazioni sono il capitale di questa società che, allo scopo di acquisirne e ampliarle, crea sia i luoghi fisici – salotti, accademie, massoneria ed altri c onsessi aventi scopo di sociabilità e studio – che i luoghi virtuali come appunto è la corrispondenza. Acquisire conoscenze è una necessità vitale per chi voglia studiare, scrivere, pubblicare perch é solo attraverso la rete si possono colmare i vuoti logis tici ed alimentare i propri interessi. Grosley è evidentemente un maestro di questa vita simbiotica, di cui aveva scoperto i trucchi fin da giovanissimo .

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4 . La corrispondenza di Grosley

4 .1 Selezione in cui prevale la prima tematica: come ci si procura un buon libro da leggere Nel 1740 Grosley ventiduenne esordisce chiedendo all’amico di infanzia Gonthier, funzionario delle acque e foreste, se ha ricevuto il Gulliver di Jonatan Swift (“a forz a di essere letto, temo sia in arrivato in pessimo stato”) la cui traduzione in Francia è del 1725, e il Tempio di Cnido di Montesquieu che ha comprato su sua commissione (“li ho pagati 4 lire e 10 soldi l’uno e 30 soldi l’altro, non sono riuscito a trovar li a meno. Ho incaricato M. Bicet di portarteli, lui stesso mi res tituirà il denaro”). Nel marzo del 1743 si trova la prima menzione di un assiduo corrispondente: Charles - Louis Taillandier, monaco benedettino di Reims e studioso delle antichità nazionali 30 , raccomanda a Grosley Les poésies di roi de Navarre del 1742 :

Ave te visto la bella edizione delle poesie del conte de Thibaut uscita insieme ad un volume di dissertazioni preliminari? È un libro fatto molto bene, che denota molta intelligenza e gusto .

Nel settembre, lo stesso Taillandier risponde così ad una qualche er udita osservazione di Grosley :

Dato che non possiedo il libro di Borel 31 non sono in condizioni di verificare ciò che mi fate l’onore di dirmi a proposito del glossario delle canzoni del re di Navarra. Sono dispiaciuto, signore, di aver scordato a Parigi l a traduzione di Isocrate, ma dopo l’inverno noi torneremo lì e allora vi prometto che farò di tutto per rintracciarla .

Come può un piccolo borghese di provincia permettersi l ibri costosi? nel maggio del 1745 Taillandier per conto di Grosley ha negoziato c on il benedettino don Bouquet, l’acquisto del libro che questi ha appena pubblicato, la Recueil des historiens des Gaules in cinque volumi, e riferisce :

Molto volentieri egli si incarica di consegnarvi i volumi rilegati della sua opera per 10 scudi a volu me; a questo prezzo voi avrete risparmiato il costo della rilegatura, dato che normalmente li vende senza .

Nel Gennaio 1748 compare nella raccolta di corrispondenza il nome d el canonico parigino Goujet 32 , altro infaticabile ricercatore di novità editoriali . Nel

30 Charles - Louis Taillandier di Arras pubblicò nel 1738 un Project d’une h istoire générale de la Champagne et de la Brie, molto apprezzata da Pierre - François - Guyot Desfontaines. Ma l’opera elogiava i vescovi appellanti contr o la bolla Unigenitus, così dovette interrompere il lavoro, abbandonare lo Champagne e ritirarsi ai Blanc Manteaux di Parigi (HOEF 1868, ad vocem ). 31 [ Recherches antiquité Gauloises del 1566]. 32 Personaggio notevolissimo, l’abate Claude - Pierre Goujet nacque nel 1697 a Parigi. Ferve nte giansenista, aderisce all’atto di Noailles contro la Bolla Unigenitus , scrive una vita del padre Paris

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preannunciare a Grosley l’uscita imminente dei volumi XI e XII della Biblioth è que fran ç oise ou histoire de la littéra ture fran ç oise precisa :

Cinque giorni fa ho ricevuto in dono la Histoire générale d’Allemagne in undici volumi del Pere Barre 33 . M. d e Mairan ha appena pubblicato Eloges des Académiciens de l’Acadé mie des sciences morts de 1741 à 1743 34 , non l’ho ancora comprato perché credo che l’ autore mi farà omaggio di un esemplare .

Nel novembre lo stesso Goujet:

Pare che entro otto giorni avremo la traduzione del poema del cardinale de Polignac fatta da Bougainville dell’Accademia delle Iscrizioni. 35

Dal 1750, qua ndo Grosley viene accolto nell’A ccademia di Dijon, le relazioni salgono di livello. In occasione dell a pubblicazione dei libri di Grosl ey, i normali controlli dell’editoria si svolgono in forma rilassata e divengono l’occasione di instaurare nuove relazioni. Nel luglio, Coqueley de Chaussepierre 36 , avvocato del parlamento di Parigi e censore di Luigi XV pe r la Giurisprudenza si premura di scrivergli :

e collabora al libro del magistrato Louis - Basile Carré de Mo ntgeron, Demonstration des miracles operès sur Marguerite Thibault . Le sue idee gli inim icarono il ministro Fleury, così che quando nel 1735 fu proposto per l’Accademia delle Iscrizioni, questi si oppose personalmente. Collaborò al Journal des sçavans e al la continuazione della Bibliothèque ecclésiastique del Dupin. Su appoggio del conte d’Ar genson presso Fleury, iniziò a scrivere la Bibliothèque fran ç oise ou histoire de la littérature fran ç oise in diciotto volumi, dedicata agli scrittori francesi di tutti i tempi. Morì per un colpo apoplettico, allorquando, ridotto in miseria, dovette vendere la sua famosa biblioteca (HOEF 1868, ad vocem ). 33 [Canonico e cancelliere dell’università di Parigi; l’opera uscì nel 1748 in edizione lussuosa, arricchita da incision i]. 34 [Jean - Jacques Dortous de Mairan, muore nel 1771 è un fisico, membro anche dell’ Aca démie Française ]. 35 [Si tratta dell’ Anti - Lucrèce, poema del 1745 scritto in latino, Pierre - Jean de Bougainville è membro dell’ Académie fran ça ise ]. 36 Charles - Georges Coq ueley de Chaussepierre (muore nel 1790), fu giurista, avvocato, letterato e censore del Re per la giurisprudenza, il teatro e le satire “filosofiche”. Diede la sua approvazione alle Nozze di Figaro di Beaumarchais, ad opere di Voltaire – esaminò anche la r ivista Causes célèbres – e alle Ephémérides troyennes di Grosley, il cui contenuto egli giudicò utile e divertente. Tale ruolo non gli impedì di dilettarsi a recitare nella Comédie fran ça ise e a condurre vita libertina. Fu anche autore di canzoni burlesche e parodie, ebbe dissidi con Linguet e Voltaire. Scrisse opere serie come C ode Louis XV ou Recueil d'édits, déclarations, ordonnances concernant la justice, police et finance e Etudes de droit civile et coutumier fran ça is , fu redattore del « Journal des sçavans » dal 1752 al 1789 (HOEF 1868, ad vocem ). Molti atti processuali dei suoi processi f urono inseriti nella raccolta Causes amusantes et connues (a cui Grosley collaborò) curata da Robert Estienne nel 1769 (JOU 1999, ad vocem ).

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Il cancelliere 37 mi ha inviato da esaminare le vostre due opere Noblesse utérine en Champagne e de l’anciennetè de Coutumes 38 affinchè gli esprima il mio parere. Conosco bene la serietà delle vostre ricerche e quindi, a maggior ragione, devo leg gerle con l’attenzione massima che il mio compito richiede. Io vorrei soddisfare la giusta impazienza di coloro che vi conoscono e rende re il mio parere al più presto, ma purtroppo siamo alla fine del Parlamento e quindi siamo sommersi dalle cause. D’altro nde ci sono alcuni passaggi che non capisco. Vi dispiacerebbe, signore, se io lo tenessi fino a settembre ? Devo trascorrere le vacanze a Chaussepierre, vicino a Troyes, sarei felice di potervi attrarre qualche giorno presso di me nella mia solitudine e di approfittare dell’occasione per conoscere un uomo del vostro merito. Fatemi la cortesia di mandarmi a dire cosa ne pensate di questa sol uzione .

In provincia, le notizie degli eventi culturali della capitale, arrivano puntuali seppure filtrati dalla pruden za: nel gennaio 1752 Taillandier informa Grosley che un mese prima alla Sorbona è stata presentata una tesi firmata dall’abate Prades 39 c he :

Ha fatto molto scandalo sia qui che a Troyes. I deisti hanno voluto con essa far trionfare le loro idee fin dentro la fortezza della religione. La Tesi è un estratto fedele della prefazione dell’ Enciclopedia e del corpo dell’opera. Il tesista è esso stesso uno degli autori dell’ Enciclopedia ed ha voluto essere coerente. La Tesi è già stata condannata dalla maggioranza della Sorbona che ha anche nominato dei commissari per esaminarla e identificare tutte le af fermazioni reprensibili. Questo capolavoro è anche stato deferito al Parlamento di Parigi […] . La persona che avete incaricato a consegnarmi il Fran ç ois I non ha ad empiuto alla sua commissione, ma non ve ne preoccupate oltre .

Taillandier si incarica di s pedire a Grosley il Journal de Verdun del mese di giugno del 1752 recante la recensione negativa lì apparsa riguardante la Histoire de Nimes scritta da Grosley stes so ( “ è nel suo stile, lo giudicherete voi, io non l’ho ancora letto”), mentre l’abate Goujet gentilmente aggiunge :

Forse non vi hanno riportato il vero a proposito del cattivo giudizio che M. Bonamy 40 ha dato della vostra opera: considero quell’accademico troppo colto per parlare in modo così negativo delle vostre ricerche e comunque il suo giudizio non sarà confermato da tanta gente illuminata che so avere grande stima per la vostra produzione .

e sub ito dopo, avidamente riprende:

37 [Si riferisce a Guillaume Lamoignon de Malesherbes, cancelliere dal 1750 al 1768, padre dell’omonimo ministro de lla casa reale]. 38 [Il titolo definitivo dell’opera sarà Recherches pour servir à l’Histoire du Droit Français ]. 39 Questa opera fu attribuita a Diderot (Barbier 1823, v ol . V). 40 [Pierre - Nicolas Bonamy membro dell’Accademia delle Iscrizioni e direttore del giornale]. Fu uno dei collaboratori di Malesherbes nel compito istituzionale della censura. Tra l’altro, a lui fu affidato il giudizio su Pére de famille , scritto da Diderot nel 1758. Nonostante il pericolo insito nel “personaggio Diderot”, autorizzò la pu bblicazione di quel testo. (Attali 2012, p. 197).

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Mi dicono che avete trad otto Davila e che state per pubblicarlo 41 . È vero ? Non mi avete mai parlato di questo nuovo lavoro, che sarebbe certo degno di voi .

E non si smentisce più in là quando, a proposito di un testo in tre dici volumi, afferma (agosto 1755) :

Non ho avuto ancora tempo di leggere gli ultimi quattro volumi dell ’Abregé de l’histoire ecclesiastique dell’abate Racine .

È vero : Grosley ha intrapreso la traduzione di Davila e l’ha già inviata al fedele Taillandier per un parere ed un controllo. Infatti, nel giugno del 1 752 Taillandier , con squisita cortesia, gli porge alcune osservazioni :

Ho atteso a rispondervi per finire di leggere il manoscritto 42 che mi avete mandato a Parigi. Mi è stato consegnato l’altro ieri e l’ho terminato ora. Vi assicuro che questa traduzione avrà molto successo, dato che l’originale è conosciuto come il migliore libro relativo a quel periodo storico e che l’unica traduzione è vecchia e pietosa: con la vostra traduzione voi rendete a Davila tutti i suoi meriti e la sua reputazione. Continuate d unque il vostro lavoro e siate certo che tutti i librai si incaricheranno volentieri della stampa. È talmente piccola cosa per voi avere il mio elogio che non vi nasconderò che in alcuni punti il vostro stile mi sembra un po’ troppo argut o e un po’ troppo lontano dalla maestosità della storia: ma si tratta di pochi punti che vi sarà facile correggere. Ho un’altra osservazione che vi prego di perdonare: credo che le orazioni dirette non siano più di moda. Sono belle e ben pensate […] ma sono poco verosimili e i lettori lo noterebbero […]. Potreste rimaneggiare quei passaggi la narrazione diventerà più rapida e più v iva. Inoltre mi sembra che il testo di Davila abbia bisogno in più punti di chiarimenti e note critiche: potreste metterli in nota a fondo pagina e arricchire così la vostra traduzione .

Grosley spesso si appoggia a Taillendier che nell’agosto ’53 gli scri ve:

Da quindici giorni ho ricevuto il vostro plico ed è stata mia cura leggere l’opera che vi era acclusa 43 . L’ho trovata degna di voi ma ci sono alcune lacune da colmare per far conoscere bene il personaggio. Purtroppo ora non posso aiutarvi, ch é sono pieno di lavoro ma non mi fido di altri. Ma se pensate che il pezzo possa uscire così com’è dovete solo dirlo ed io non ci lavorerò .

Lo stesso Taill andier cura per Grosley i rapporti con i librai editori di Parigi :

Ho incontr ato M. Prault qualche giorno fa : mi ha detto che ha venduto molte copie dell’opera e voleva darmi il denaro, ma ho creduto meglio che ci fo sse la cifra totale. Ha un progettino d i cui vi parlerà : ristampare i discorsi dell’Accademia in una piccola raccolta di brani assortiti. Mi ha chiesto in prestito un esemplare che gli invierò. Mi ha detto che non intende iniziare questo lavoro senza chied ervi prima il parere e avere il vostro gradimento .

41 [Si tratta di una Storia delle guerre civili di Francia del XV I secolo , scritta in italiano]. 42 [La traduzione sarà pubblicata solo nel 1757 dall’abate Mallet, che si serve dei fogli di Grosley e che poi gliene regala una copia]. 43 [Si tratta della Vie de M. Breyer , articolo destinato al « Journal de Verdun » del 1753] .

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In questi anni l ’ attività letteraria di Grosley è frenetica. I suoi rapporti con gli editori sono testimoniati da alcune lettere significative che denunciano anche problematiche tipiche della materia. Nel dicembre del 1751 l’editore Veuve Esti enne che lavora a Recherches pour servir à l’Histoire du Droit fran ç ais gli scrive scusandosi del ritardo della pubblicazione dovuta ad un disgraziato incendio che ha causato la perdita di diversi manoscritti in lavorazione. Nel gennaio del 1752 lo stesso editore protesta con Grosley per le aggiunte tardive al manoscritto dovute alla censura di Malesherbes; nel marzo, l’editore annunciando la stampa del libro, comunica che consegnerà dodici copie om aggio all’autore e subito dopo avvierà la vendita. Nel nove mbre del 1752 gli scrive :

Mi sembra che siate rimasto sorpreso che noi stiamo vendendo il vostro libro rilegato al prezzo di 2 lire. Non ci è stato possibile venderlo a meno a causa del nostro cor rispondente in provincia al quale lo vendiamo a 1 lira e 10 soldi quando avrebbero voluto averlo per 1 lire e 5 soldi, mentre noi avremmo voluto venderlo a 1 lira e 15 soldi […] .

Nel giugno 1756, Grosley tenta un altro salto nella sua scalata all’elite cu lturale. Ha preso contatti con l’ A ccademia di Chalon sur Ma rne e riceve dall’abate Suicer 44 segretario perpetuo dell’Accademia il resoconto della prima memorabile seduta pubblica tenuta dall’Accademia nel 1755 45 . La lettera prosegue con una serie di commenti che costituiscono interessante informazione sulle modalità di esercizio delle a ccademie e del le relazioni tra i membri :

44 Claude Suicer (1722 - 1820), erudito ecclesiastico fu fondatore della Société Littéraire di Chalon e segretario perpetuo fino al 1757. Inizi ò un libro con i verbali delle assemblee della società, che purtroppo non terminò ( Biographie Chalonnaise, Geneve 1971, ad vocem ). 45 [L’Accademia fu fondata nel 1750, fu autorizzata dal Re nel 1753 e tenne la prima seduta pubblica nel 1755. Il resoconto de lla seduta fu riportato in Tablettes topographiques, historiques et physiques de la ville de Chalon année 1757 , al manacco diretto da Suicer stesso, simile alle « Éphémérides » di Grosley]. In questa lettera Suicer racconta i dettagli della memorabile giornat a, a cominciare dai nomi notabili dei presenti: M. Fradet, avvocato al Parlamento, M. François Meunier, avvocato al Parlamento, l’intendente della generalità di Chalon, il vescovo di Chalon, i diciotto consiglieri del presidiale della città, ventiquattro u ffici ali municipali, il luogotenente criminale del baliaggio di Epernay, Bertin du Rocheret, autore di Annales Historiques , M. Relongue de la Louptiere celebre poeta. Quindi, prosegue con i discorsi poi pubblicati sul « Mercure » e sul « Journal de Verdun » e gli e stratti delle quaranta opere prodotte dagli accademici. Segnalata l’Ode a Titon il cui autore ha donato all’Accademia una serie di trentatre medaglie in bronzo con i ritratti di poeti e musicisti, la ricerca sull’origine del nome e della città di Chal on, u na storia letteraria dello Champagne, una vita del primo vescovo di Chalon, un’ode sulla bellezza delle dame ed una serie di ricerche scientifiche. Pierre Navier [dottore in medicina, associato all’Accademia delle Scienze di Parigi] ha letto uno studi o su come aumentare la produzione dei grani e fertilizzare la terra, l’avvocato Varnier ha parlato dell’utilità dei buoni studi e delle associazioni letterarie. La seduta è durata tre ore.

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Il signor Formey 46 mi informa che non ha ancora ricevuto copia della vostra Vita di Pithou e vi prega di chiedere al vostro editore di inviarne una copia sigillata a suo nome presso il libraio G riffart d i Parigi. Vi prego anche di dirmi se le bozze del vostro articolo per la France Litteraire sono corrette o ci sono modifiche da apportare. In una parte d’Europa si sta preparand o una ristampa di questo almanacco letterario ed io sarei lieto di ave re le vostre osservazioni non solo sul vostro articolo ma anche sugli altri. Vorrei sapere che ruolo avete avuto nel libello Memoires de l’academie de Troyes e da chi vi è arrivata la se conda edizione che è stata pubblicata da poco. Di chi sono le nuove Di ssertation che appaiono in questa edizione ampliata ? Vi ricordo che dovete dare una copia di queste Memoires alla biblioteca dell’Accademia. Mi dicono tutti che la vostra Dissertati on s ur la conjuration de Venise 47 ha grande successo, mi felicito con voi.

Nel 1765 Philippe de Saint - Foix chevalier d’Arq 48 gli scrive una lettera significativa che attesta come il “ metodo Grosley ” di costruire relazione e scambiare notiz ie sia adottato anche fuori dalla Francia :

Mi trovavo a Versailles quando mi è giunta la l ettera che mi avete fatto l’onore di scrivermi. Ho presentato al Re il primo volume dell’ Histoire générale des guerres du monde che ho avuto l’onore di dedicargli e che lu i ha accolto nel modo più soddisfacente. Quest ’ opera è frutto di quindici anni di ric erche e di lavoro quotidiano, ma nonostante questo lavoro enorme io ho preso anche l’impegno della direzione del Journal é tranger 49 , un’impresa che mi è sembrata troppo uti le alla Francia [...] sono orgoglioso che le numerose relazioni che ho presso tutte l e corti d’Europa, i rapporti che ho con numerosi eruditi mi mettano in condizioni di procurare materiale per chi lavora nel giornale. Abbiamo affidato la redazione dell’op era alla penna di M. Deleyre 50 che ha pubblicato recentemente La philosophie de Bacon e l’articolo Fanatisme per il Dictionnaire

46 Samule Formey, segretario perpetuo dell’Accademia di Berlino e di Sanp ietroburgo e socio esterno dell’accademia di Chalon. 47 Discorso di ingresso di Grosley all’accademia di Chalon. 48 L’ortografia moderna è Sainte - Foy d’Arq. Nasce nel 1721, figlio di un figlio illegittimo di Luigi XIV, cresce povero; dal 1772 viene appo ggiat o a corte dai suoi familiari e diventa moschettiere. Scrive la Noblesse commerçante in cui, con aristocratico pregiudizio, si schiera contro l’imprenditorialità della nobiltà. Diventa redattore della rivista « Journal étranger » ed avvia una corrisponde nza c on tutti i dotti ed eruditi d’Europa, ma la rivista fallisce anche per l’inimicizia di Malesherbes. Scrive Lettres d’Osman , criticato da Grimm, la Noblesse militaire , esaltato da Mémoires de Trévoux (JOU 1999, ad vocem ). 49 Fu fondato nel 1754 su privi legio di Malesherbes, con la collaborazione dell’ abbé Prévost, Grimm, Rousseau e François Arnaud. Elie Fréron fu tra i primi direttori, seguito da Alexandre Deleyre. Vi scrissero, tra gli altri, Anne - Gabriel Meusnier de Querlon, Turgot, Diderot. Pubblicato inte rnazionalmente ebbe come redattori anche Hume e Algarotti. La direzione di Fréron e d’Arq dispiacque a Malesherbes che ritirò il privilegio, per concederlo nuovamente a Deleyre. Cessò nel 1762 (JOU 1999, ad vocem ). 50 Alexandre Deleyre, muore nel 1797; schi erato tra i filosofi e convinto ateo, è amico di Diderot che lo introduce nella stima di Malesherbes. Questi gli affida la direzione della rivista « Journal étranger » dopo aver licenziato Fréron, nemico degli enciclopedisti. Dalla rivista attacca Fréro n (At tali 2012, p. 163). Entra nel 1793 alla Convenzione e vota la morte del Re. Traduce dall’inglese l’opera sulla vita di Bacone e dall’italiano alcune commedie di Goldoni; scrive Le génie de Montesquieu e diversi articoli sul « Journal des sçavans » e « Jo urnal étranger » (HOEF 1868, ad vocem ).

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Encyclopédique ; speriamo così che un vero letterato laborioso e prudente come lui ci risarcirà del tono epigrammatico di M. Frér on 51 il quale, troppo occupato con i suoi giornali e poco interessato all’estero, non aveva lì alcuna corrispondenza […]. Mi farete la cortesia di comunicarmi la prima parte di Italia Accademica di cui mi avete parlato: credo che quest’opera sia degna di esser conosciuta […] e vi chiedo il permesso di darvene tutto l’onore, se non temete di essere citato tra i nostri benefattori letterari, perché io sono felice di far conoscere i nomi dei patriot i che ci assecondano .

Lo stampatore libraio parigino Guillaume Cavelier nomina per primo Nicolas Desmarets 52 , personaggio notevole, da ora abituale corrispondente di Grosley. Cavelier ci introduce nel gioco delle relazioni sociali influenti e nell’organizz azione logistica della rete di autori ed editori. Nel settembre del 1755 scrive a Grosley di sentirsi onorato dell’incarico di stampare la vita di P ierr e Pithou e prevede che Grosley :

Sarà soddisfatto dell’esattezza e celerità con cui porter ò a termine l’ impegno. M . Desmarets viene continuamente a Troyes e vi dirà che ho già ottemperato all’articolo del contratto che mi avete mandato tramite lui e ch e gli ho già dato le 300 lire che vi sono previste per la proprietà del detto manoscritto, con la condizione di pagare altrettanto per la ristampa: cosa che desidero moltissimo fare. Se i buoni libri non fossero schiacciati dalla massa di quelli che sono s olo di divertimento e che si possono considerare come pure sciocchezze, ci sarebbe da inorgoglirsi. In certe cose della vita bisogna guardare solo al presente […] ed ora bisogna solo far partire la vita del signor Pithou. Avremo motivo di orgoglio nel fatt o che il pubblico vedrà con piacere la vita di una persona così famosa scritta da voi, che pure siete letter ato conosciuto e, cosa molto vantaggiosa, che nasce sotto gli auspici di magistrati così illustri 53 . Quindi signore, mi resta solo da chiedervi la co rtesia di assecondarmi e, poiché avete voluto incaricarvi della revisione delle bozze, vi sarei grato se me

51 Elie - Catherine Fréron è “Difensore del trono e dell’altare, massone, informatore della polizia, una delle migliori penne del suo tempo”, è l’eterno persecutore di Diderot e Voltaire, attacca l’ Enciclopedia e i suo i redattori dalle pagine della rivista «Année littéraire» di cui è fondatore e direttore. Denuncia più volte il carattere sedizioso dell’ Enciclopedia a Malesherbes, del quale peraltro non godeva la stima, e alimenta l’accusa di plagio volta a Diderot (Atta li 2012, pp. 144, 163, 172). 52 Il suo nome si trova anche come Desmarest. Nato nell’Aube e poverissimo, vive di carità. Inizia a scrivere articoli scientifici per il « Journal de Verdun » fino al 1755, divenendo socio del direttore Bonamy. Nel 1753 entra nel l’ accademia di Amiens grazie all’articolo Dissertation sur l'ancienne jonction de l' Angleterre à la France . Si manifesta filosofo e fa amicizia con d'Alembert, che lo introduce nell’ambiente della Enciclopedia . Entra a far parte della commissione incaricat a dal ministro Trudaine di inventariare la produzione industriale della Francia e negli anni Cinquanta visita le fabbriche di stoffe, di formaggi e di porcellane, scrivendo poi per Duhamel L’art du drapier e L’art du fromage. È editore delle « Éphémérides » di Grosley . Nel 1765 scrive per le « Éphémérides d e Limoges » , nel 1771 è ispettore delle manifatture dello Champagne, studia la fabbrica della carta. Quindi si dedica alla mineralogia e ai terremoti, scrive diversi testi e per questo viene accolto nell’Acca de mia delle Scienze nel 1773, della quale diventa direttore nel 1786. Nel 1792 è arrestato, sfugge miracolosamente ai massacri di settembre, quindi nel 1795 riprende la carica in Accademia (BDF, JOU 1999, ad vocem ). 53 [Allude al procuratore Fleury che spon so rizza la stampa, come si evince da altra lettera].

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le restituiste con esattezza poiché da questo dipende la velocità della stampa. Il procuratore gene rale acconsente che io gli porti le bozze da dare a voi ed ha la grande bontà di restituirmele dopo corrette da voi. È questa una grande cortesia da parte su a e, siccome la fa ad entrambi noi, dobbiamo essergli riconoscenti entrambi. Il libro verrà in due volumi […] per quanto riguarda il ritratto di Pit hou, permettetemi di dirvi che, poiché questa opera avrà un rientro un po’ lungo, non è il caso di aumentare le spese in questa edizione ma è meglio riservare questa spesa, che peraltro non è assolutamente necessaria, per una seconda. Ma vi assicuro che in una seconda edizione mi presterò volentieri ad un ornamento che contribuirà a valorizzare l’opera, convinto che anche voi vi contribuirete nell’adornarla con tutto quello che può mancarvi e con le aggiunte che potrete scoprire in seguito. Riceverete insie me a questa lettera anche una quinta bozza […] riguardo alle Mémoire sur la vicomté de Troyes che avete avut o la bontà di offrirmi, poiché non ha nulla a che fare con la vita di Pithou, permettetemi di lasciare perdere per ora e di pregarvi di conservarmi la vostra buona volontà per il futuro .

Ma è dalle numerose lettere di Nicolas Desmarets che troviamo le notizie più illuminanti sul funzionamento della rete, sulla varietà degli argomenti di interesse e dei personaggi coinvolti. Nel dicembre 1756 scrive a Grosley :

Ho fatto portare i nostri tre fogli a M. de Malesherbes da uno dei suoi censori ch e li aveva letti e che gliene ha parlato. Così abbiamo avuto il permesso di smerciare l’almanacco per quest’anno. Per ottenere il privilegio, è necessario che lo legga M. Bonamy che è il censore di tutti gli almanacchi di provincia. Pare che i librai di Re ims e di Chalon non abbiano ottenuto il privilegio per i loro almanacchi. Vedremo 54 . Vi devo raccomandare di sorvegliare la correzione delle bozze che mi sono semb rate trascurat e, le pagine non sono numerate .

Ci sono numerosi refusi ed errori ortografici c he l’editore segnala puntigliosamente insieme con le correzioni. Cambia bruscamente argomento ( “ Ludot 55 è stato a Parigi da poco, avrei voluto fargli vedere l’espe rienza di Franklin 56 e si sarebbe persuaso delle poche ragioni dell’abate Nollet contro l’imperm eabilità del vetro ”) per poi, in linguaggio cifrato, farci conoscere il suo impegno nello scambio di libri proibiti :

Il B. non è neppure nel secondo invio, come supponevo […]. Ho saputo dall’intendente della posta che il B.B. è stato confiscato da M. d’Argenson 57 così che credo sarà difficile averlo, e

54 [Si parla qui delle « Éphémérides » del 1757, la cui prima annata usci, proprio per le difficoltà qui segnalate da Desmarets, con la sola permission ; le successive ebbero anche l’approbation et privilège d u roi ]. 55 Jean - Baptiste Ludot fu un letterato e erudito di Troyes, morto nel 1771. Stu dioso di storia naturale, matematica e letteratura latina, fu uomo riservato al punto da rifiutare l’accettazione nell’accademia delle Scienze giuntogli dopo uno studio c ondotto con Bernouilli. Al fine di rendersi utile all’umanità, si gettò nella Senna ge lata per vedere quanto un uomo può resistere. Amico di Grosley, lo contestò violentemente nel 1765 per una ricerca relativa al modo in cui il console Sempronio fu sbaragl iato da Annibale (HOEF 1868, ad vocem ). 56 [Franklin nel 1752 compì l’esperienza che lo portò a inventare il parafulmine]. 57 [L’indicazione criptata del libro anonimo denota Mé moires pour servir de suite a l’antiquité ecclesiastique de Troyes di Camusat del 1756, opera sequestrata dai gesuiti. D’Argenson era

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pericoloso tentare di farlo. L’indirizzo del pacco è stato strappato prima che i sorveglianti lo vedessero, per qu esto non sono venuti a perquisire da me .

Come noto, il commercio di libri clandestini è , in quel momento storico, un ’ attività pericolosa che tuttavia Desmarets e Grosley – nonostante siano notabili della città – portano avanti audacemente. Infatti, nel ge nnaio del 1757 Desmarets scrive a Grosley :

Ho ricevuto tutti i pezzi della merce in seta che avete mandato all’indirizzo indicato, quando saranno arrivati tutti li metterò in vendita. Tempo fa, alcuni mercanti ai quali ne avevo parlato e mostrato il campi one, non hanno voluto prenderne, dicendo che state dando una merce diversa dal camp ione di seta che avete mandato .

Il linguaggio in codice, allude al titolo di un libro 58 e chiede con che titolo lo deve proporre agli altri librai ed amici inte ressati. Inf orma che :

Il pacco precedente è andato perso, non è stato possibile recupe rarlo: quell’ uomo è inaccessibile e non ha né conoscenti n é corrispondenti. Fate bene attenzione a quello che ho l’onore di segnalarvi. Il titolo che dovrebbe essere scelto è dei pi ù intriganti soprattutto di questi tempi, ed io ho fatto di tutto per tener ci fuori da quel tipo di intrigo che potrebbe attirarci l’attenzione dei controllori. Le tavole di fisica erano bozze per servire da imbottitura ai libri. L’opuscolo sul commercio n el Levante è per voi, il dizionario costerà solo 9 lire così come è marcato . L’elemosiniere del Quinze - Vingt 59 deve sapere che il quinto volume del ciarlatano dell’Accademia è destinato a lui in segno di pacificazione. Eseguirò tutto puntualmente. Io ho pro nta la Biblioth è que impartiale 60 che vi è stata annunciata. La sintesi è fatta molto bene e presto ce ne sarà un’altra. Ve la farò avere al più presto possibile, questa opera periodica mi sembra interessante anche s e fatta un po’ frettolosamente .

Il codice utilizzato tra i due amici è p er noi ormai decifrabile alla luce delle ricerche di Robert Darnton 61 e sappiamo che l’“imbottitura” era una tecnica per trasportare i libri clandestini, consistente nell’inserire fogli sciolti dei libri proibiti all’interno d i testi ortodossi. L’acquirente doveva “smontare” questi libri, di solito di religione e preghiera, per poi recuperare l’intero volume del libro clandestino. Quanto ai pacchi e alle tecniche di controllo messe in opera dalla

all’epoca ministro della Guerra e responsabile della posta, quindi anche del controllo dei libri clandestini]. 58 .Pare si trattasse non del succitato libro di Camusat, bensì del Mémoires pour servir a l’h istoire des Jesuites parimenti anonimo ma scritto da Grosley stesso. Il linguaggio cri ptato rende difficile la comprensione esatta, ma il senso e l’attività svolta sono chiarissime (Barbier 1823, ad vocem ). 59 Celebre istituto per la cura dei ciechi sito in rue de Rivoli, tuttora esistente. 60 Rivista stampata tra il 1750 e 1758 a Leyde creat a dall’editore Jean Henri Samuel Formey (1711 - 1797), segretario perpetuo dell’Accademia di Prussia. Il tipografo è Éli e Luzac fils (1723 - 96) che, tra l’altro, ebbe il mer ito della pubblicazione del L’ Homme - Machine di La Mettrie (JOU 1999, ad vocem ). 61 R. D arnton, Edition et Sedition , Paris 2007, p. 34.

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p olizia con il supporto della c orporazione dei librai si rinvi a al Codice dell’Editoria 62 . Nel 1757 Grosley è nominato membro della A ccademia Reale delle Scienze e Belle Lettere di Nancy, e a Giugno l’abate Berthier di Sauvigny, gran vicario del vescovo di Troyes e titolare dell’abazia d i Vezelay, abitante ad Autun e confratello dell’Accademia, si congratula affettuosamente con Grosley (”Le accademie cominciano a piovere su una testa tanto illustre della magistratura […] io verrei volentieri a vivere con voi, mio caro Grosley, per cenare filosoficamente”) e conclude co n l’immancabile riferimento ai libri:

Quando l’amico Goualt avrà messo mano per l’ultima volta al suo Refutation , pregatelo di inviarmene una copia e io la tradurrò in francese.

Con questa ulteriore nomina, il circolo dei c ontatti di Grosley si allarga ancora. Nel Settembre del 1759 arriva una lettera da Lelorgne, professore a Firenze noto per la sua traduzione in italiano del 1776 delle Dissertation sur les moeurs : comunica che i l conte De Lorenzi si è incaricato di spedire a Grosley, tramite Desmarets, i libri che gli ha chiesto. Il pacco contiene il libro edito da Bouchard, l’editore francese con sede a Firenze e diversi altri – tra cui : Riflessioni di un portoghese sopra il mem oriale dei gesuiti, Istoria dell’ultima guerr a in Friuli, Madrigali di Valerio Belli, Osservazioni di viaggio di Francesco Bello – di cui segue il lungo elenco. Aggiunge una paginetta di colore circa l’onestà dei librai italiani usi, a quanto pare, a rifiu tare la vendita di libri per poterne aumentar e il prezzo e aggiunge :

M. Nelli ha una diffidenza tutta italiana: voleva essere pagato dei libri prima di consegnarmeli ed ha conservato tutte le ricevute. Quando mi farete avere la somma di 10 luigi, lo paghe rò, mi farò dare quietanza e ve li spedirò. O ra sta facendo stampare per voi una sua opera in due esemplari che vi manderò in qualche modo: una è per voi e l’altra per un accademico di vostra scelta. Il suo scopo è di essere ammesso in una qualunque delle nostre società letterarie. Nel pacco che sped isco c’è anche una Dissertazione istorica di Giovanni Maria Lampredi 63 . L’autore è un mio carissimo amico, questa dissertazio ne gli è valso l’ingresso nell’a ccademia fiorentina dove spero che a breve sarete ammes so anche voi. Sono già sei mesi che voi ed io aspettiamo questa ammissione, ma non si sono ancora tenute sedute atteso che il signor presidente è un Parigino, tutto dato alla cicisbea e non può attendere a cose scientifiche . Lampredi mi ha chiesto di conse gnare la sua

62 Code Libraire, 1723. 63 Si tratta probabilmente di Giovanni Maria Lampredi, pubblicista italiano nato a Firenze nel 1732, dottore in teologia, avvocato, professore di Diritto Pubblico a Pisa e esperto in dir itto delle genti. Fu incaricato da Leopoldo II di redigere un codice di leggi organico. Di idee liberali, si differenzia comunque da Montesquieu e da Grozio. Ha scritto t ra l’altro Diritto pubblico universale, Governo civile degli antichi Toscani. Disserta zione istorico critica sulla filosofia degli antichi etruschi (HOEF 1868).

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opera a qualche dotto francese e d io, che conosco solo voi, ve la spedisco, ed essendo cosa che vossignoria può moltissimo appresso i nostri letterati, faccia il favore a quel mio amico di farlo noto alla repubblica letteraria acciò raccolga q u e’ frutti i quali hanno tutto il vantaggio d i chi affatica nelle scienze . 64

Attratto dagli infaticabili sforzi di Grosley nell’annodare relazioni col proporsi come tramite per commissioni e cortesie, in ottobre 1760 anche Voltaire gli scrive : racconta le critiche e la condanna del Parlamento avuta per Le siecle de Louis XIV e fornisce l’indirizzo di Bouret appaltatore generale a Parigi per la consegna del pacco di libri che attende da Grosley. Ancora scambi di libri, sono l’oggetto della lett era del novembre 1760 del cardinal Passionei. Questo dotto italiano si rivela ganglio della rete locale anche per lo scambio di documenti :

Ho saputo che il marchese Fraggiani ha ricevuto tutti i libri che gli avete mandato, mi ha anche detto che vi interessate al Herculanum : poiché è più facile farvelo arrivare da Genova che da Roma av verto immediatamente Fruggiani […] non vi stupite se non v i ho ancora mandato la traduzione delle vostre iscrizioni greche, infatti non le ho ancora ricevute sebbene voi mi aveste detto di avermele trasmesse insieme alle « Éphéméride s » di quest’anno tramite l’editore M. Baudouin. Non appena mi arriveranno, non man cherò di consegnarle a persone capaci di darvi quanto desiderate .

Gli chiede copia della vita Urbano IV, scritta da Grosley nel 1771 , e gli ricorda una discussione intervenu ta con Roger Boscowich 65 a proposito di un documento introvabile . Nel dicembre 176 2 troviamo i primi contatti con il duca di Marigny, fratello della Pompadour che diventerà un corrispondente abituale . Questi, riscontra le lettere di Grosley con :

Farò par tire per Firenze con il primo corriere la lettera che voi scrivete per Lorenzi 66 e invierò la bozza delle « Éphémérides troyennes » del 1763 a M . de la Place 67 perché ne faccia menzione nel suo Mercure . State certo che raccomanderà a Vassè il giovane allievo c he mi avete proposto .

64 Entrambi i corsivi sono in italiano nel testo. 65 Gesuita, matematico, geografo italiano, nato a Ragusa nel 1711; fu accolto nell’Accademia dell’Arcadia e nella Royal Society di Lo ndra. Per le sue ricerche di astronomia e ottica, compì viaggi in tutto il mondo per conto del papa e di molti Stati: Polonia, Venezia, Turchia, Inghilterra, Francia, Tos cana, Svezia. Raggiunse fama internazionale e scrisse decine di libri tradotti in tutt e le lingue europee. Fu anche autore di poemi in latino (HOEF 1868, ad vocem ). 66 [Incaricato d’affari di Francia in Toscana]. 67 Pierre - Antoine de la Place, personaggio im portante nel mondo del giornalismo; morì nel 1793. La Harpe ne scrisse il necrologio. Il nome si trova anche come Delaplace o de La Place. Educato dai gesuiti, divenne avvocato e fu uno dei primi membri dell’Accad emia di Arras, ma fino al 1760 visse esclus ivamente delle traduzioni dall’inglese al francese di Fielding. Nel 1759 fu incaricato da Marigny di tradurgli una biografia della marchesa Pompadour apparsa a Londra ed ella lo ricompensò donandogli la licenza pe r il « Mercure » , di cui prese la presidenza nel 1760 succedendo a Jean - François Marmontel. Ebbe anche la licenza esclusiva per il « Choix du

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Come ho accennato, una funzione della rete era anche la revisione reciproca dei testi e lo scambio di suggerimenti tra autori di libri ed articoli. Questo meccanismo appare evidente in una lettera del 1763 in cui Grosley scrive al p residente Hé nault 68 le sue dotte osservazioni sulle incisio ni che illust rano il libro di Hé nault stesso Nouvel abrégé chronologique de l’histoire de France , pubblicato nel 1752. Le illustrazioni, di Cochin 69 e di altri artisti, sono oggetto di commenti molto dettagliati e precisi (vestiti non realistici, copricapi inverosimili, la tiara del papa sbagliata ecc) tanto che furono corrette nella edizione successiva . Per contro, è Grosley che nel marzo 1763 riceve concreti suggerimenti per migliorare l’uso pratico del suo a lmanacco. Antoine Deparcieux 70 – figlio di un

Mercure » e fondò una rivista economica sul tipo della svizzera « Negociant » . Associato al marchese de la Porte, pubblicò sessantanove volumi in quattro anni. Nel 1768 lasciò il « Mercure » nelle mani di Lacombe e andò a Parigi dove frequentò Caylus, Crebillon, Duclos , Piron e fece parte di diverse società scherzose come Dominicains . Appoggiato dal filosofo Bernard le Bovier de Fontenelle, frequentò tutti i personagg i più potenti da Maurepas a Marigny ma, con la Rivoluzione, si rivelò un rivoluzionario. Scrisse Les for faits de l'intolérance sacerdotale del 1791. La sua gestione del « Mercure » fu disastrosa; ebbe come collaboratori Philippe Bridard de Lagarde e Nicolas Bricaire de La Dixmerie; pare che abbia tentato di fondare quello che divenne il più importante giornale di Parigi « Journal de Paris ou poste du soir » ; scrisse articoli per « Année littéraire » , « Le Journal étranger » , il « Journal littéraire » , il « Mémoire de Trévoux » (JOU 1999, ad vocem ). Frequentava anche l’abbé Raynal, ma non chiese mai articoli a Diderot (At tali 2012, p. 258). 68 Charles - Jean François Hénault, è un personaggio tipico del XVIII secolo francese. Nasce nel 1685 a Parigi; dal 1710 è presidente d ella prima Chambre des enquêtes del parlamento di Parigi grazie alle ricchezze paterne ottenute come app altatore generale. Fa vita mondana: partecipa dei salotti della marchesa de Lambert, della duchessa de Maine e della Marescialla de e sopratt utto di M.me de Duffand di cui è l’amante ufficiale. Scrive testi licenziosi, operette teatrali, ballett i e frequenta accademie scherzose. Contemporaneamente, scrive testi impegnativi che gli procurano l’ingresso all’Accademia Francese, all’Accademia di Be rlino ed a quella delle Iscrizioni. È autore di un Abrégé chronologique de l’histoire de France e, dal 1 753, sovrintende la Casa Reale per desiderio della regina Maria Leczynska. Muore nel 1770 (BDF, ad vocem ). 69 Charles - Nicolas Cochin (1715 - 1790), è colle zionista, disegnatore e incisore. È autore di Voyage d'Italie , la prima guida all’arte Italiana in cui sono elencate, descritte e commentate le opere d’arte. È la guida utilizzata da tutti i viaggiatori dei Grand tour del XVIII secolo fino a Goethe e Stend hal, compresi Lalande e Richard. Il viaggio durò dal 1749 al 1751, al suo ritorno (grazie alla amicizia di Marigny, organizzatore del viaggio) fu nominato Segretario perpetuo dell’Accademia Reale di Pittura e Scultura. La sua opera ebbe subito immenso succ esso e fu pubblicata anche sul « Mercure de France » tra il 176 9 e 1773 (De Seta 2014). Nel 1765, in qualità di disegnatore e capo del Cabinetto reale dei Disegni, chiede a Diderot di progettare il tema da porre a gara per la tomba del Delfino (figlio di Lui gi XV e padre di Luigi XVI) morto precocemente. Amico di Dide rot, è presente alla sua morte (Attali 2012, pp . 290, 420). 70 Antoine Deparcieux: nato poverissimo ed avviato come domestico, progettò interventi e opere per l’altissima nobiltà e borghesia parig ina; oggi lo definiremmo ingegnere meccanico. Costruì presse per il tabacco e pompe per acqua; progettò acquedotti, studiò statistiche di longevità (BDF, ad vocem ). Insieme a Jerome de Lalande e all’abate Nollet fece parte della commissione nominata

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agr icoltore che, per le sue qualità, fu accolto i n collegio a Lione , divenne scienziato e scrisse Essai sur les probabilités de la durée de la vie humaine – vi affianca considerazioni argute sulla soci età e sulla lingua che saranno trasformati in altrettanti articoli. Dopo aver lamentato che i posti all’A ccademia di Parigi non siano dati in base al valore delle persone ma al nome e alla vicinanza al re, afferma di aver trovato nelle « Éphémérides » del 17 62 informazioni interessanti, utili da sapere per tutte le città. E tuttavia, sarebbe bene aggiungervi notizie circa il numero di abitanti, il numero di componenti delle famiglie in ogni cantone e le medie .

Ci sono dei cantoni con 5 persone per focolare a Lione, mentre in Auvergne M. de la Michodiere ne ha trova to 4,50. Nel Berr y sono 4 - 4,15. Un’informazione da mettere in tutti gli almanacchi è la quantità dei prodotti secchi e liquidi presenti nei mercati, potrebbero essere misurati in pollici cubici. Sa rebbe utile confrontare le misure di lunghezza come le aune e l’ arpente con la misura del piede fissato da Canivet, ingegnere dell’Accademia […] Sarebbe bene, ricordare nei defunti i caratteri di patriottismo e di probità. È bene rettificare le cattive esp ressioni e ridicolizzarle come avete fatto voi a pag . 1 99: si dice honn ê te gens dei ricchi, mentre molti di loro sarebbero stati impiccati se fossero stati poveri. Si qualificano come hommes generoux coloro che sono diventati ricchi a spese dello stato […] gente che fa meno di me quando presto un luigi a un on esto lavoratore […] l’uomo generoso diventa raramente ricco .

Il viaggio di Grosley a Londra nel 1765 è occasione di comprendere altri meccanismi della rete. A maggio Grosley scrive da Londra a Cappero nnier 71 :

La vostra commissione è stata la mia prima cur a appena arrivato a Londra. Vaillant […] ha raccolto tutto quello che poteva raccogliere ed ha preteso che lo pagassi. Lo ha preteso con un ardore ed una durezza che mi hanno ben spiegato i motivi dell a sua sollecitudine. Dunque l’ho pagato e, non preveden do di dover ritirare nulla dal banchiere presso cui mi sono appoggiato, incerto sulla strada da seguire nel mio ritorno se per Parigi o per l’Olanda, io ho pagato sul conto a vostro nome presso M. Miol . Pagamento a quindici giorni, di 226 lire e qualche so ldo in moneta francese, come da nota allegata […]

Non vengono tralasciati aneddoti e curiosità, utili ad alimentare la ricerca e le idee:

dalla Académie des Sciences per giudicare sull’accusa di plagio por tata a Diderot (Attali 2012, p . 227). 71 Jean Capperonnier, nasce nel 1716 da famiglia modesta di cui rimane orfano. Studia presso i Gesuiti, quindi diviene conservatore dei manoscritti della Bibl ioteca del re a Parigi che arricchisce con l’acquisto delle b iblioteche di La Valliere, Fontanieu e Huet. Collaborò a diversi cataloghi e Inventari compreso un catalogo generale dei libri stampati (BDF, ad vocem ).

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Troverete allegati i volumi di Transactions philosophique per M de Mairan 72 ed uno di Denis d’Halicarnasse per l’abate Batteux 73 che vi restituiranno il denaro. Tutto questo partirà insieme e vi sarà consegnato alla prima occasione con il mezzo meno costoso che Vaillant potrà trovare. Mi ha detto che gli è impossibile spedirvi il Demosthene di Tay lor 74 perché pare che Taylor abbia completato ora il III volume, poi completerà il II e che venderà infine il I volume solo a coloro che hanno già acquistato gli altri due. Quindi guardate voi cosa volete fare e poi avvisate M. Bontemps, segretario di ambas ciata, che sarà volentieri vostro agente. Quando incontrate Mairan per questa commissione, ditegli anche che il patriarca Herneutes di Londra – persona molto singolare che ho conosciuto per caso – chiede notizie di lui. Per ca so, ieri andando alla Borsa pe r l’affare che vi riguarda, ho visto uno spettacolo che si tiene una volta l’anno: un concerto tenuto dai migliori musicisti e con i migliori strumenti di Londra che il clero di S. Paul dona nel coro di S. Paul insieme ad una predica fatta per sollecitare la carità dei fedeli a favore degli orfani e dei poveri figli dei preti […] La musica era molto forte e rumorosa, non assomigliava né alla francese né all’italiane: l’elemosina è risultata di 30.000 lire .

In aprile 1770, Gro sley a d’Alember t :

Ho dimenticato di dirvi che l’opera sui Devoirs che vi ho mandato da parte del libraio M. Barrois era originariamente intitolato La Religion naturelle e che non può passare con questo titolo. Questa è una precisa richiesta sia di Briass on che aveva negozia to il manoscritto, che dell’esecutore testamentario e degli eredi dell’autore. L’abate de Bonnaire è morto a casa del duca di Larochefaucault da deista convinto e dichiarato 75 . La sua vita entrerà nell’opera che sto preparando sui cittad ini illustri di Troy es .

Lo scambio di recensioni e di consigli all’acquisto, è argomento ricorrente: M.me de Boccage è una gran dama – morta nel 1802 – dai molti trionfi. A lei gli ammiratori hanno dedicato il motto Forma Venus, arte Minerva ; animatrice d i un famoso salotto, fu ammessa in diverse accademie come autrice di poemi; anche Grimm la menziona nella corrispondenza. Nel gennaio 1766, quando Grosley è a Parigi, gli confida la delusione per il libro del canonico Jerome Richard in sei

72 Si tratta probabilmente di J. - J. Dortous de Mairan, fisico, scrittore e filosofo francese morto nel 1 771. Nato da piccola nobiltà, si dedicò alla matematica e alla fisica. Fu vincitore diverse volte dei concorsi lanciati dall’Accademia di Bordeaux e fu accolto nel 1718 nell’Accademia delle Scien ze, poi nell’Accademia Francese e, via - via, in quelle di Upsa la, di Londra, di Edimburgo, di San Pietroburgo e di Bologna. Amico di Voltaire, scrisse libri sulla meteorologia, sul ghiaccio, sulla fosforescenza, sull’aurora boreale, sulla rotazione della lu na e su una infinità di altri argomenti (HOEF 1868, ad vocem ) . 73 [Rispettivamente membro dell’Accademia Francese e dell’Accademia delle Scienze e membro dell’Accademia delle Iscrizioni e dell’Accademia Francese]. 74 [Erudito morto nel 1756, ha scritto quest a opera rimasta incompiuta]. 75 Louis de Bonnaire (muore nel 1 752), celebre teologo di Troyes, fu giansenista, convulsionario e autore di libri religiosi quindi, certamente, non deista. È possibile – visto il contesto – che Grosley usi questo nome per copri rne un altro più compromettente. Quanto al libro menzionato L a Religione naturelle , non ho elementi per individuarne l’autore dato che d’Holbach, Voltaire, Rousseau, Diderot e altri hanno scritto su questo argomento.

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volu mi Descripti on h istoirique et critique de l’Italie 76 del 1766: “ è una guida bovina dell’Italia, prolissa e non interessante” . Prolissa, benché brillante e acuta, è anche la lettera del settembre 1775 con cui la Marchesa Charlotte de Fleuran di Crussol, mogl ie del minis tro di Francia a Parma e proprietaria di molte signorie, elogia l’opera di Grosley Londres e conclude :

Ho avuto il piacere di sentire spesso M. Walpole 77 fare l’elogio del vostro libro di cui abbiamo parlato spesso e in dettaglio. Egli trova ch e voi abbiat e visto perfettamente ciò di cui parlato, molto ben analizzato le cose e approfondito molto le cause e che è una vera soddisfazione di farvi sapere il suo pensiero: è il solo merito che questa mia lettera possa avere .

Nel febbraio 1773, Marc - M ichel Rey 78 , stampatore e libraio di Amsterdam , scrive a Grosley una lettera che bene mostra la rete di editori - librai - stampatori come un sistema unitario di mutuo supporto logistico adatto a superare le distanze geografiche e supplire al sistema dei credit i. Si noti a nche come Grosley tenti di vendere per l’ennesima volta le Memorie del l’accademia scherzosa di Troyes :

Mi è pervenuto il vostro ultimo manoscritto 79 : l’ho letto in fretta come tutto ciò che mi viene da voi. Avrei sperato che questo volume fosse un po’ più consistente e che voi l’aveste fatto copiare, cosa che sarò costretto a far fare io, affinchè i compositori, che non conoscono il francese, possano comporlo. […] Non ho carte di credito su Parigi per pagarvi le 400 lire che mi avete chiest o, ma vi mando un ordine di pagamento di Vatar di Nantes del 6 agosto 1772, a suo carico, pagabile su mio ordine per pari cifra: vi sarà facile incassarlo tramite M. Guy di Parigi. Potreste far pagare a M. Le Clerc a Parigi quello che mi dovete: non ho con servato copie del contratto tramite il quale

76 Abbé Jerome Richard pubblicò a Dijon nel 1766 l’esito del suo viaggio compiuto in Italia. In realt à la sua opera fu tra le più famose e sistematiche della sconfinata letteratura di viaggio. Nel 1765 anche lo scienziato Jerome de Lalande compì il suo Grand tour che descrisse in una opera di gr ande respiro e di impronta enciclopedica Voyage d’un François in Italie pubblicato nel 1769 e poi nel 1786. Lalande commenta innumerevoli libri di viaggi coevi e cita con favore anche l’opera di Grosley. Sappiamo infatti che migliaia di viaggiatori europei compirono il Grand tour in Italia tra il ‘600 e il ‘700: De Seta (2014) presenta un’immensa documentazione e bibliografia in proposito. Il Voyage de Henri Swinburn dans les deux Siciles en 1777 - 1780 , fu pubblicato a partire dal 1785 dall’editore de Labord e. Tutti questi autori conoscono l’opera di de Saint - Non, Den on e Grosley ma non ho elementi circa eventuali rapporti diretti con Grosley. 77 Horace Walpole nasce a Londra nel 1717 e muore nel 1797; repubblicano convinto, ricchissimo, collezionista di opere d’arte e letterato, frequenta a Parigi il salotto di M.me du Deffand (HOEF 1868, ad vocem ). 78 Nasce a Ginevra nel 1720 da famiglia di piccola borghesia; è ammesso nella corporazione dei Librai di Amsterdam nel 1745. Stampa in proprio i libri e li vende. F a stampare il Dictionnaire philosophique, L’ Évangile de la ra ison e il Sermon des Cinquante di Voltaire; è editore anche di Rousseau, di d’Holbach e di Diderot. Fu anche giornalista: scrisse per le « Journal des sçavans » , ristampato in Olanda (HOEF 1868, ad vocem ). 79 [Si tratta di Mémoires sur les campagnes d’Italie : Rey ha comprato il manoscritto a Grosley, allegato al quale si trova il « Journal de Millebois » ].

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questo affare è stato combinato, ma mi fido della vostra buona fede […] ho dimenticato di inviarvi il volume Mémoires d’Aubery du Mourier ma ve l’ho messo da parte per farvelo arrivare alla prima occasione: mi d ispiace molto di questa dimenticanza. Il vostro Mémoire s de l’acadé mie de Troyes è divertente, ma non posso acquistarlo: la mia attività, da quando non ho più negozi, si basa sulle mie proprie produzioni. Volentieri vi procurerei il Rabelais degli Elzevirs del 1663, se tro vassi il modo di trovarlo sarei sempre orgoglioso si accontentarvi ma è divenuta rarissima. Non posso dirvi quando stamperò la vostra opera, cercherò di farlo entro l’anno .

Nel marzo 1776, Grosley scrive a d Louis - Achille Dionis de Sejour, astronomo, giure consulto e consigliere alla Cour des Aides a Parigi, morto nel 17 91. Si tratta, evidentemente, di un tentativo di agganciare d'Alembert offrendogli spunti per una nuova opera. La chiusa è nello stile tipico di Grosley , arguta e mordace nei confronti di Fré ron :

Permettetemi di presentarvi i miei rispetti e che mi prenda la libertà di pregarvi di testimoniare a M. d’Alembert il piacere con cui ho letto il suo Eloge de Dangeau e il mio desiderio che egli non dimentichi nel proseguimento dei suoi elogi, l’abat e Mauleon du Grenier, dotto che il cardinal de Richelieu aveva ammesso all’Accademia nel 1635 e che, senza formalità né processi, lui stesso cacciò l’anno successivo. Noi d obbiamo al grande du Granier le Lettres du Cardinal d’Ossat , Les m émoires de la Royn e Marguerite, quelle di Villeroi nonchè la conservazione di diversi altri pezzi interessanti. Sono convinto che ci sia un qualche legame tra lui e quell’abate di Saint - Cyra n che fu incarcerato a Vincennes nello stesso anno in cui l’altro ricevette il sui e xeat dall’A ccademia: essi erano parimenti nemici dei Gesuiti e il comune desiderio di illuminare i posteri sull’argomento doveva essere sgradito al cardinale. M . de La Land e, vostro confratello e compatriota dell’abbé du Grenier , è sicuramente in grado di darvi informazioni sulla sua nascita, giovinezza e circostanze della sua vita. Vengo a sapere ora della morte di Fréron . Che M. de Voltaire raddoppi l’attenzione per la con servazione del resto della sua vita: la morte delle pulci attaccate ai vecchi è spes so prono stico della loro prossima fine .

Dalla successiva corrispondenza, sappiamo che l’ “aggancio” è andato a buon fine, dato che nel 178 0 Grosley scrive a d’Alembert : “ Vi ringrazio del bel dono di cui mi avete onorato 80 : eccovi alcune osservazioni ” . Se guono ordinatamente numerate per pagine alcuni appunti critici sul testo (errori in citazioni, notizie imprecise, errori di sintassi , ecc . ) conditi da comiche citazioni erudite, da consigli su sforbiciate, da complimenti a doppio taglio. Conc lude con la so lita commissione:

Quando un qualche affare porterà il vostro segretario verso la Rue Saint - Jacques gli sarei grato se volesse passare da M. Le Jay e ricordar gli che mi ha promesso per scritto una copia della nuova edizione del suo Dictionnaire des illust res a compenso delle osservazioni che gli avevo fatto avere sulle edizioni precedenti. Quando si deciderà a regalarmi questa opera (naturalmente rilegata perch é si legge più facilmente) gli manderò le mie nuove osservazioni. Lui potrà consegnarlo a M. Humb lot raccomandandogli di farmele avere a Troyes tramite il nostro libraio M. Santon .

80 [ Si tratta dell’Eloges lus dans les seances publiques par m d’Alembert pubblicato da Panckoucke nel 1779 ] .

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D’Alembert diventa un corrispondente di Grosley che, nel settembre del 178 1, gli riferisce due significativi episodi che attestano l’interesse del filosofi per le problema tiche del diritto criminale e della discriminazione di ebrei e protestanti. Il primo , tratta di una esecuzione particolarmente atroce vista a Chaumont: un cont adino ebreo accusato di aver tagliato ferocemente la gola alla moglie è condannato alla ruota e p oi al rogo. Grosley sottolinea come la Turnelle 81 abbia espressamente – e inspiegabilmente – ordinato ogni dettaglio dell ’ esecuzione, forse a punizione della bl asfemia dimostrata durante il processo. Altro aneddoto sentito dire da un vecchio avvocato gesuit a: un maestro volle far rappresentare ai suoi allievi la Passione. A seguito dell ’universale rifiuto di impersonare Giuda perchè disonorante, pagò un paesano p er dire in scena solo Ave rabbi . Durante la recita, quando l’attore che faceva Gesù lo rimprovera dolcemente per quello che sta va per fare, il contadini scoppi ò in lacrime e di sse : “ io non voglio tradirti, ma questi bastardi di gesuiti mi hanno pagato per farlo ” e scappa . Con d’Alembert si è aperta ormai una fruttuosa collaborazione e nel luglio 17 82 Grosley gli scrive :

Scorrendo le ultime Mémoires dell’A ccademia di Berlino dovreste aver incontrato quella in cui M. Joseph. Dufresne de Francheville 82 risponde ex catedra ad una questione che avevo proposto a M. Formey relativamente ad un fatto attinente la campagna, di cui parlavo a memoria ma con elementi sufficienti per mettere sulle tracce del fatto qualcuno versato in questa materia. E d ecco la risposta che mi sembra sia dovuta alla Mémoire suddetta, e che vi sarei grato di far inserire nel Mercure co me indirizzata a voi 83 . Avete senza dubbio sentito dire che la biblioteca del presidente Bohuier, raccolta preziosissima di innumerevoli e successive ricerche fatte da illustri Borgognoni, è appena stata seppellita a Clairvaux. La stanno ammucchiando man ma no che essa arriva, sarà sistemata in seguito: forse tra 15 - 20 anni, dentro un fabbricato da 40.000 scudi le cui fondamenta non sono state ancora costruite. Forse nel frattempo si troverà anche un bibliotecario [ ...]

4 .2 Selezione in cui prevale la second a tematica: come procurarsi documenti e fonti Abbiamo già incontrato il benedettino Taillandier come fidato consigliere, recensore e procacciatore di libri: la loro cooperazione è documentata già

81 È il nome del tribunale penale frances e, così chiamata perché vi sedevano a rotazione i magistrati delle altre corti. 82 Accademico di Berlino elogiato esplicitamente da Federico II. Nacque nel 1704. Studioso di economia, intraprese la pubblic azione di una Histoire générale et particulière des finances in quaranta volumi ma, nel 1739, i primi tre volumi gli inimicarono il potente mondo degli appaltatori generali e, nonostante l’amicizia di d’Aguesseau e Fleury, le pubblicazioni furono interrott e dalla censura. Tra il 1730 e il 1780 fondò i giorn ali « Le postillon françois » , la « Gazette Politique » e la « Gazette littéraire de Berlin » . Il suo nome fu usato come pseudonimo da Voltaire (BDF, JOU 1999, ad vocem ). 83 [La risposta è stata pubblicata nel n umero del 21 settembre 1782]. D'Alembert ha scritto diversi articoli polemici per il « Mercure » , così come per il « Journal économique » e per il « Journal des beaux arts » , ma non era tra i redattori stabili (JOU 1999, ad vocem).

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nell’agosto del 1742 quando il monaco scrive da Reims per un a ricerca sulla storia gene rale dello Champagn e e della diocesi di Troyes che sta portando a vanti insieme a sui confratelli :

Restituisco i documenti che mi avete mandato dai quali ho estratto ciò che dovrà entrare a far parte della nostra opera. Vi ringra ziamo infinitamente della vostra sollecitudine a renderci partecipi del tesoro letterario di cui disponete. Quanto alla storia della diocesi di Troyes, scritta dal canonico di quella chiesa, ci può essere molto utile, perciò vi supplico di unirla agli altr i documenti che avete promesso di prestarci [… ] Contiamo sui vostri buoni uffici presso M. Bertier 84 perché ci consenta di attinger e dalle sue immense risorse .

Pochi mesi dopo, nel marzo del 17 43 lo stesso Taillandier :

Vi ringraziamo dei passi da voi comp iuti relativamente alla collezione di M. Palis 85 come prova della vostra attenzione a favorirci .

Per contattarlo, asp etterà che Grosley sia presente

Perché per trattare con una tale personalità occorre una persona che gli assomigli […] Vi ringrazio umilme nte anche delle informazioni che ci avete cortesemente fornito sulla storia dei manoscritti che compongono la collezione di Palis […] sono incantato, signore, che voi ci abbiate dato il piacere di studiare a nostro agio i documenti che avete avuto la bontà di farci avere […] siate tranquillo su tutto quello che ci avete affidato, sarà conservato con l’attenzione più scrupolosa. Il vostro dono degli opus coli sono ulteriore motivo della nostra riconoscenza, permetteteci di ringraziarvene molto umilmente. Sono desolato dello stato in cui versa la biblioteca dei Giacobini: la situazione che mi descrivete ci fa dubitare di trarne qualcosa di utile e vi siamo grati dell’impegno da voi profuso e di quello che ancora farete per mettere al riparo ciò che resta dal sa ccheggio. Mi sembra che il sigillo di cui mi avete inviato l’impronta non sia molto antico, a giudicare dai caratteri che si trovano attorno allo scud o. Sarà necessario stampare una impronta che renda più fedelmente sia le armi che la legenda. Non avevo an cora saputo che M . de Ravalliere 86 sia entrato nell’Accademia delle Iscrizioni e belle lettere .

Il supporto che Grosley fornisce è duraturo e sistemat ico se, nel settembre del 17 43, Taillandier lo ringrazia nuovamente dei documenti ricevuti e delle informa zioni su dove andarne a cercare altri .

Il vecchio armadio di Villebertain 87 mi è sembrata una fortunata scoperta […] e si annuncia un prezioso e inter essante tassello della storia di Troyes […] mi sembra di aver visti già medaglie simili a quelle che mi in dicate: vi saremmo grati se voleste farne delle impronte poiché non

84 [Luogotenente generale del b aliaggio di Troyes, proprietario di grande documentazione sulla topografia della città di Troyes]. 85 [Si tratta di Desmaret de Palis, proprietario di una collezione di famiglia di antichi manoscritti, poi dispersa dalla Rivoluz ione]. 86 [Si tratta di Levesq ue de Ravalliere, accolto nell’Accademia lo stesso anno, proprietario di una collezione notevole di documenti sullo Champagne]. 87 [Castello di una antica famiglia di Troyes in cui era conservato un archivio di antichi documenti sulla città di Troyes].

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vogliamo farci sfuggire alcunché di quanto ha a che fare con la nostra ricerca. Il rituale che ci annunciate merita attenzione, dato che ci siamo impegnati a raccogliere tutto quello che p uò far conoscere i costumi le usanze, e le caratteristiche di tutti i secoli e il rituale in questione può dare lumi in prop osito […] .

E ancora :

Potreste, signore, farci avere lumi sull’allodio della Champagne? Sapete quanto è importante per le leggi con suetudinarie di Troyes conservare in regime di allodio tutti i beni delle proprietà reali: ho pochi elementi su questo argomento, vi sarei grato se voleste mandarmi documenti al più presto possibile .

Non sappiamo, invece, per quale ricerca propria o di te rzi, Grosley chieda estratti di battesimo della sua città ma, comunque, nell’ottobre del 1747, l’abate di Marcilly ne comunica la spedizione. Da ge nnaio a dicembre del 1748, Grosley aiuta il canonico parigino Goujet giansenista (lo abbiamo già incontrato) che lo ringrazia per i documenti ricevuti riguardanti personaggi di Troyes da menzionare nel suo Dictionnaire Moreri 88 i cui Supplementi, in due vol umi, saranno pubblicati nel 1749. Poi si scusa di non aver potuto inserire nel Dictionnaire alcune delle noti zie inviategli da Grosley, perché la stampa è avanzata e “l’editore è intrattabile”. Per lo stesso motivo, spiega :

[…] n on gli è stato possibile i nserire neppure i documenti che grazie a Grosley ha ricevuto dal primo presidente René - Charles de Maupeau rel ativi alla genealogia della f amigli normanna di Rocherolles.

A partire dal 1754 è Grosley ad intraprendere un’importante ricerca storica: si tratt a della vita di Pierre Pithou , giureconsulto vissuto nella seconda metà del Cinquecento e membro di una notab ile famiglia di Troyes. Per farlo, si appoggia ai benedettini di Reims. Don Baussonnet, amico di Taillandier fin dall’agosto del 1754 , si mette a sua disposizione per fornirgli preziosi elementi, tra i quali un manoscritto di Nicolas Pithou sulle guerre di religione a Troyes, di proprietà del

88 [G rande dizionario storico contenente curiosità sacre e profane scritto da Louis Moreri (1643 - 80) che, integrato dall’abbè Goujet e poi corretto da M. Druet, fu ripubblicato nel 1759].

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procuratore generale Guillaume - François Joly de Fleury 89 . N e sta ricopiando il testo :

Se le 26 - 27 pagine che ne ho estratto vi sono sufficienti ve le terrò pronte per la prossima occasione e vi aggiungerò il testament o di Fran ç ois Pithou che metterete accanto a quello di Nicolas Pithou che già avete. Se dopo aver usato le pagine che vi ho trascritto del manoscritto di Fleury giudicate necessario che lo riveda, lo farò con piacere. Tenete conto che non ho un duplicato d elle pagine che vi ho mandato. Dubito che troverete qualcosa di utile su Nicolas Pithou nella Histoire ecclesiastique de Troyes dato c he questa storia tratta solo dei calvinisti di Troyes .

Diversi mesi dopo (gennaio 1755), il prezioso Baussonet comunica a Grosley che non avendo trovato la lettera di certo Gillot relativa alla biografia di Pithou, il procuratore generale ha mandato a cer carla a Saint Germain e presso il cardinal de Soubise .

Resta da cercare solo nella biblioteca del R e, ma non è facile arr ivarci. L’abate Sallier, bibliotecario della biblioteca del re, mi ha promesso di cercare quello che gli manderò a chiedere. Sapete, c aro signore che esiste già una vita stampata di Pierre Pithou? È scritta da l famoso Boivin, guardia della b iblioteca del R e, è del 1713 in latino ; ne esistono due copie che M. Sallier 90 ha avuto la bontà di mostrarmi .

In febbraio, Baussonet, che ora lavora alla Nouvelle d iplomatique , aggiorna Grosley :

Ho copiato dalla Histoire ecclésiastique de l' église réformée de la ville de Troyes scritta da Nicolas Pithou (sono venti volumi, che fanno un manoscritto molto grosso) t utto quello che mi sembrava

89 Guillaume - François Joly de Fleury (1675 - 17 56), proviene da antica famig lia della magistratura; dopo rapida carriera giunge all’altissima carica di procuratore generale del parlamento di Parigi, sostituendovi il giurista d’Aguesseau. Ha lasciato importanti testi di diritto. Della stessa famiglia è André - Hercule (1653 - 1743), ca rdinale, abate, letterato, uomo di mondo e grande primo ministro di Luigi XV (HOEF 1868, ad vocem ). 90 Si tratta probabilmente dell’abate Claude Sallier (1685 - 1761). Di nobiltà antica ma povero, fu accolto nell’Accademia delle I scrizioni nel 1715 e poi nell ’Accademia di Francia. Fu professore di lingua araba e custode della Biblioteca reale. Ha scritto diverse memorie di storia e filosofia e ha contribuito notevolmente al Catalogue de la Bibliotèque royale pubblicato nel 1753 in sei volumi. Diede avvio alla biblioteca pubblica nella sua città natale (HOEF 1868, ad vocem ).

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fornire un qualche lume su questo autore […] . Quanto alle lettere di Gillot, Sallier mi ha detto che sono state già prestate a M. Sa inte - Palaye 91 e che le ha chieste indietro per vostro conto. Ho sfogliato e risfogliato inutilmen te tutte le opere di Baudius disponibili si a presso la biblioteca del R e (difficilmente abbordabile) che presso il cardinale de S o ubise ma non o trovato traccia dell’epigramma che mi avete chiesto .

Qui, il buon Baussonet menziona una serie di volumi seicenteschi in latino i cui autori sono in qualche modo connessi con Pierre Pithou o in cui appare il suo nome. Nell’agosto del 1755 il lavoro di Grosley è quasi co mpletato: le bozze sono state inviate all’esame dell’abate Goujet che (scrive) le ha lette con interesse e comunica che i buoni uffici del procuratore g ene rale Fleury per la stesura del libro richiedono un compenso: l’editore M. Desmarets – lo abbiamo già incontrato – con cui evidentemente Grosley aveva contrattualizzato la stampa, ha dovuto tra ttare con il libraio Cavalier di Parigi, perché questi è stato incaricato direttamente da Fleury della stampa dei due volumi della vita di P. Pithou. Con l’occasione ringrazia Grosley di un reperto ricevuto : “ Ho ricevuto l’esemplare che stavo aspettando e che non sfigurerà nel mio museo ” . A settembre del 1755 Grosley si occupa di tortura e supplizi, infatti Michault 92 , segretario dell’A ccademia di Dijon, gli comunica c he non ha potuto soddisfare la commissione da lui ricevuta di procurargli autori che abbian o trattato l’argomento, ma ha trovato nella biblioteca di La Valliere 93 l’opera D e Judiciis et poenis di Salomon Bourdigale 94 del 1655. Il tempo passa e le richieste d i

91 Si tratta presumibilmente di Jean Baptiste de la Courne de Sainte - Palaye, erudito di Auxerre (1697 - 1781) che nel 1724 fu ammesso all’Accademia delle Iscrizioni e, successivamente, alla Acc ademia di Francia, della Crusca, di Dijon e di Nancy. Abbandonò la carica di diplomatico presso il re Stanislao per dedicarsi interamente alle ricerche storiche sui re dell’antica Francia ed alla sua famosa collezione di docume nti antichi che poi confluì n ella biblioteca reale. Diede avvio senza successo ad immani opere quali il Glossaire de l'ancienne langue française (HOEF 1868, ad vocem ). 92 Si tratta di Jean - Bernard Michault, filologo e bibliografo di Dijon (1707 - 1770). Diven ne segretario dell’Accademia di Dijon dopo aver pubblicato innumerevoli libri e articoli sui soggetti più diversificati: dalle piogge straordinarie, al ciarlatanesimo dei medici, alla botanica, ai venti. Molte sue opere rimasero incompiute perché eccessiva mente ambiziose come una stor ia generale della Borgogna relativa a storia, geografia, usi, leggi, biografie, antichità di cui riuscì solo a raccogliere documenti che lasciò ai suoi successori. Contribuì a scrivere la Histoire des hommes illustres de la rep ubliques des lettres ( HOEF 18 68, ad vocem ). 93 Louis - Cesar de la Baume Blanc, duc de la Valliere: nipote della celebre amante di Luigi XIV, ricchissimo, morto nel 1780, è ricordato soprattutto per la sua immensa biblioteca dal valore inestimabile che fu messa in vendita alla sua morte. Il catalogo dei suoi libri fu stampato in nove volumi in parte da Bure &Praet nel 1763 e in parte da Nyon (HOEF 1868, ad vocem ). 94 Trovo che l’autore dell’opuscolo di diritto De Judiciis et poenis nel 1655 fu François - Henri Salomon de Virelade (1620 - 1670 ), presidente a mortier del parlamento di Bordeaux, accolto nella Accademia di Francia nel 1644 – dalla quale fu preferito a Pierre Corneille – per il suo scritto

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collaborazione nella ricerca di fonti e documenti continuano. Nel 1756, Philippe de Saint e - Foy (già incontrato) scrive .

Non ho perduto di vista il progetto di approfondire la questione sul commercio e ci sto lavorando, ma vorrei appoggiare le basi del r agionamento sull’autorità dell’esperienza. Quindi sto cercando fonti nella storia antica e moderna: non sarà un semplice opuscolo che si possa scrivere in quindici giorni e leggere in due ore. Quando l’avrò finita manterrò la promessa di inviarvela. Se lo ritenete, inviatemi solo un estratto dell’abate Malatesta . 95

Nell’agosto ‘57 l’abate Goujet :

Vi ringrazio delle vostre osservazioni sul letterato Furetiere, mi saranno utili. Potreste inviarmene anche su Jean Martin, primo medico della Regina Margherita, professore di arabo sotto Enrico IV e vostro compatriota? Ne avrei bisogno pe r completare una breve storia sul collegio reale .

Nel marzo 1758, Desmarets :

Tramite M. Montmeau che sta venendo a Troyes, vi manderò la Menagina e Les sentiments de Cleante 96 . D’Alembert mi ha detto ieri che ha intenzione di andare in Italia ed io gli ho chiesto se per lui poteva andar bene fare il viaggio con voi. Mi è sembrato molto lusingato, dovrebbe partire per la Pentecoste o al massimo in luglio. Ha già due abati come acc ompagnatori: abate de La Galaisiere e un altro di cui non ricordo il nome. Voi sareste il quarto. D’Alembert mi ha detto che prevede di spendere 4000 scudi. Credo che non vi dispiacerebbe viaggiare con quei dotti che non parlano mai contro i bevitori. Aspe tto risposta su questo. Ieri sera l’abate Raynal 97 è venuto da me e mi ha parla to di un progetto che Durand gli aveva proposto consistente nel fare un Dictionnaire di uomini illustri nelle Lettere e nelle Arti. L’abate Raynal ha messo gli occhi su di voi pe r una tale impresa […] gli ho detto che sicuramente ne farete parte e che gli scriverete in proposito. Starà a voi decidere quale personaggio entrerà o non entrerà nel dizionario, conterrà molti aneddoti e giudizi sulle persone, le loro qualità e le opere: tutte cose cha mancano nel D ictionnaire dell’abbé Barral 98 e, poiché il librai o Durand non ha stamperia propria, voi potreste impegnarlo a fare la stampa a Troyes dove potreste sorvegliarla quanto occorre. Il vostro viaggio in Italia non sarebbe un ostacol o, anzi sarebbe occasione di abbondante messe tra i dotti e artisti di quella parte del mondo. E infine, vi faremmo arrivare a Troyes tutte gli aiuti e le opere che voi deciderete di consultare. Guardate, pensate e decidete. L’abate Raynal vi ha indicato a Durand

Discours d’État à M. Grotius . Una accettazione criticata da d’Alembert per la mediocrità del personaggio (ACF , ad vocem ). Non trovo traccia del nome Bourdigale. 95 [La prima opera menzionata è Histoire du commerce et de la navigation des anciens et modernes, pubblicata nel 1758 in due volumi, ma incompleta. La seconda è un’opera in trentacinque vol umi in latino su i poeti latini con testo anche in italiano, pubblicati a partire dal 1753]. 96 [Rispettivamente opera anonima del 1715 e opera di d’Arcourt del 1685]. 97 Laurent Durand è l’editore di Grosley e anche, insieme a A. - Claude Briasson, M. - Antoine David e Le Breton, l’editore dell’ Enciclopedia (Attali 2012, pag. 69); Guillaume - Thomas Raynal, che muore nel 1796, è il giornalista, filosofo, enciclopedista coautore con Diderot di Histoire philosophique et politique des deux Indes . L’opera fu condannata al fuoco dal parlamento di Parigi su requisitoria dell’avvocato generale del re Louis - Antoine Seguier del 25 maggio 1781 (Del Boccio 2014, pag. 10). 98 [ Dictionnaire h istoriques des hommes célèbres del 1758].

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come il francese più adatto a creare interesse in una opera di questo tipo che non è certo opera di compilazione per operai di piccola taglia. Ho parlato con Foncemagne per vostro conto, non ho trovato il libro che mi avete chiesto. Ieri hanno bruc iato l’apologia del libro di Busembaum 99 scritta da un gesuita italiano, tradot to in francese e pubblicato per ordine – dicono – dei ministri .

Nel giugno del 1758, Grosley ha fissato il suo viaggio in Italia e l’organizzazione degli incontri e delle relazi oni è iniziata, quando un Desmarets deciso, preciso e quasi paterno gli scrive :

Vi invio le lettere di raccomandazioni che mi sono giunte e ve ne manderò altre. De Saint - Palaye me ne darà una per Lorenzi; l’abate Goujet mi ha parlato di M. Dangueil, l’au tore di Avantages et desavantages de la France et de la Grande - Bretagne 100 che voi incontrerete a Roma. L’abate de Montigny mi darà una lettera per l’abate Mazeas 101 , segretario dell’ambasciata. Madame de Morville mi ha dato due lettere: une per Parma e l’altr a per Genova. Il presidente Hénault me ne ha dato quattro per Roma e l’a bate Goujet me ne ha dato tre di cui una sigillata per Pagliarini. Per parte mia vi invito a ricordare a quel libraio che io l’ho presentato a Goujet. È un uomo che potrebbe essere mol to importante per voi, perché conosce tutti i dotti di Roma e che vi sar à di grande aiuto per incontrarli. Se non potete aspettare a Torino che arrivi un secondo pacchetto di raccomandazioni potreste chiedere a M. Arnaud 102 di farveli inviare in qualche modo a Roma. Quando vi presenterete ad Arnaud, non vi dimenticate di menzion are M. Vassé che ha organizzato tutto l’invio delle lettere e che ha raccomandato voi stesso a lui. Ganeau mi ha detto che potreste visitare le librerie francesi che si trovano a Napol i, come Rainsaint e Colombe e mi ha detto che se aveste bisogno di denar o, lui potrebbe farvi arrivare lettere di credito a suo nome per prelevare fino a duemila lire a Firenze. Conto di avere da darvi lettere per il dottor Lamy, che è il Desfontaines 103 di Firenze. Pagliarini e Dangueil vi procureranno raccomandazioni per

99 [Foncemagne è membro dell’Accademia di Franci a e dell’Accademia delle Iscrizioni; Busembaum è un gesuita del XVII secolo che si è espresso a favore del regicidio. Il suo libro e l’Apologia di Zacharia sono stati condannati al fuoco dal parlamento]. 100 Il titolo esatto è Remarques sur les avantages et les désavantages de la France et de la Gr. Bretagne par rapport au commerce , di Louis - Plumard Dangeul (1722 - 1777) pubblicato a Leyde nel 1754 con lo pseudonimo di John Nickolls (BNF, ad vocem ). 101 Guillaume Mazeas: nato nel 1712, fu segretario di ambasciat a e poi canonico. Fu membro della Royal Society di Londra e corrispondente della Accademia delle Scienze di Parigi per le quali scrisse diverse memorie sull’ottica, sui minerali, sui processi di tintura, sulle solfatare. Ha tradotto dall’inglese libri sui terremoti, sui vulcani e sulla farmacopea (HOEF 1868, ad vocem ). 102 L’abate François Arnaud, nato da famiglia modesta nel 1721, si fece prete e bibliotecario per poi diventare personaggio di spicco del giornalismo quando iniziò nel 1760 la sua collaborazion e con Jean - Baptiste Suard come direttore del Journal étranger . Nel 1764 rin novò quella rivista trasformandola nella G azette Littéraire d’Europe che ebbe tra i suoi scrittori anche Voltaire, Cochin, Deleyre, Marmontel. Nel marzo 1762 fu eletto membro dell’A ccademia des Inscriptions et des Belles - Lettres . Nel 1766 prese la direzion e della la Gazette de France ma cessò quando, con la caduta di Choiseul nel 1770, perse le protezioni a Corte. Eletto nel 1771 all’Accademia di Francia, scrisse dal 1777 per Le jour nal de Paris. Frequentò i migliori salotti di Parigi ed i più noti letterat i e filosofi che finanziarono le sue riviste. Morì nel 1784 (JOU 1999, ad vocem ). 103 Si tratta sicuramente di Pierre - François - Guyot Desfontaines (1685 - 1745): gesuita e professore in diversi collegi a Bourges, alla fine degli anni ‘20 abbandona la parrocchia per la direzione del Journal des sçavans . Nel 1731 fonda con Fréron e Granet Le nouvelliste du Parnasse . Libertino e critico

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Venez ia: voi sapete che a Venezia c’è Algarotti, a Napoli il padre Della Torre e m.lle Ardighelli che potrete incontrare da parte dell’abate Nollet. A Roma c’è il gesuita padre Maire 104 da ve dere a nome di M. Le Monnier 105 . Potrete consegnare le lettere dirette a m e ad Arnaud, a Torino. Ieri ho ricevuto tramite Gothier una lettere di M. de Solignac 106 : vorrei scrivergli che state partendo per Roma, decidete voi cosa devo fare […]

Al ritorno da Lo ndra, nell’agosto del 1759, Serqueil 107 , verboso personaggio di Troyes appassionato di medaglie, scrive di aver ricevute da Grosley il catalogo di medaglie del gabinetto di M. de Vau 108 . Tornato da Troyes ho conosciuto il priore M. de Blaincourt, ex antiquari o di Sainte - Genevieve […] e per suo tramite ho fatto venire da Parigi una cinquantina di medaglie in oro, argento e bronzo. Disgraziatamente, quest’acquisto ha solo accresciuto il mio appetito […]. .L’oggetto del mio desiderio è una coppia di medaglie dell a vostra collezione. Il vostro Giulio Cesare mi serve a completare la collezione di 12 pezzi in argento e il vostro Francesco I per completare la mia serie dei re. Oso domandarveli, perché voi potreste favorirli a qualche altro amico che ve li chiedesse e, in tal caso, sarei molto dispiaciuto di non averlo preceduto .

Nello stesso periodo, una lettera dell’arcivescovo di Arles , Jean - Joseph de Jumilhac , ringrazia Grosley e Belly 109 della loro visita avvenuta nel viaggio di ritorno d all’Italia e li invita a tor nare anche con riferimento all’ “antiquario Martin che ha ancora molte cose nuove da mostrare”. Raccomanda a Grosley di

verso l’Accademia di Francia, si procura molti nemici t ra i quali Voltaire (scambio di libelli Le préservatif e la Voltairomanie ) così che nel 1743 il suo giornale viene sospeso (BDF, ad vocem ). 104 Si tratta certamente di Christophe Maire, gesuita e matematico di famiglia francese nato in Inghilterra e morto n el 1760. Visse a Roma come rettore del collegio degli inglesi. Collaborò co n Boscovich nel 1753 nella misurazione dei meridiani e con lui firmò il De Litteraria expeditione . Ha scritto anche sulle eclissi (HOEF 1868, ad vocem ). 105 Potrebbe trattarsi del cel ebre astronomo francese Pierre - Charles Le Monnier (1715 - 1799) che appena ve ntenne fu accolto nell’Accademia delle Scienze per i suoi studi su Saturno. I suoi studi e le sue innumerevoli opere sul sistema solare, sulle comete, su Saturno, sulla Luna e sulla meteorologia sono importantissimi. Lavorò anche con Eulero e Maupertius. M a potrebbe trattarsi anche del padre di Pierre - Charles: Pierre, astronomo e membro dell’Accademia delle Scienze il quale, però morì nel 1757. Anche il fratello Louis - Guillaume raggi unse grande fama nei medesimi anni, ma come naturalista e botanico. Pertant o presumo che qui si parli proprio di Pierre - Charles (HOEF 1868, ad vocem ). 106 Pierre - Joseph de la Pimpie de Solignac, muore a Nancy nel 1773. Segretario del re Stanislao, lo seguì a Nancy nel suo esilio dove nel 1737 fondò la prestigiosa accademia e ne div enne primo presidente. Entrò nella Accademia delle Iscrizioni. Scrisse una Histoire de Pologne in sei volumi e innumerevoli testi di filosofia e poesia (HOEF 1868, ad vocem ). 107 [Ser queil scrisse a Grosley altre lettere in cui gli segnalava errori nella sta mpa delle Éphéméride s e difetti nell’incisione della pianta della città, così che Grosley abbandonò l’editore Oudot e scelse Michelin]. 108 [La collezione di medaglie di M. du Vau è c itata in « Le tableau de Paris » del 1759 e in « Almanach des beaux arts » ]. 109 [Il negoziante compagno di viaggio di Grosley nella sua visita londinese].

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andare a conoscere il vescovo di Troyes Jean - Baptiste Champion de Cicé, “persona di spirito e di ottimo cara ttere”. Nell’ottobre del 175 9 il Pere Berthier 110 , l’erudito gesuita autore di Histoire de l’ É glise gallicane e direttore del « Journal de Trévoux » , ringrazia per l’informazion e che il manoscritto di Socard è reperibile nella biblioteca di Stoch. Per contro (settembre del 1757), il cava lie re de Solignac segretario dell’A ccademia di Nancy comunica a Grosley che :

Ho frugato nel negozio del defunto La Sueur per trovare il secondo v olume del suo libro riguardante la Polonia. Non l’ho trovato. Se i due volumi fossero ancora a mia disposizion e, ve li manderei sicuramente, ma li ho già messi nella biblioteca reale e quindi non posso più ritirarli. Inviatemi il titolo del primo capitolo del II volume, io lo confronterò con l’esemplare della biblioteca, può darsi che vi hanno venduto i due volumi rilegati insieme .

Nel novembre del 1759 Desmarets in eternum tuus scrive :

Ho incontrato il dottor Falconet 111 e M. de Foncemagne 112 : si sono incari cati di chiedere all’abate Barthelemy 113 se riesce a darvi la spiegazione dell’iscrizione greca. Lo saprò di sic uro domattina e ve lo manderò a dire dopodomani. M. de Sainte - Palaye non è ancora a Parigi. Tutti questi signori, che io ho incontrato, sollecitan o il resoconto del vostro viaggio in Italia. Sono andato con Pazumeau e il pere Bordonnanche da M. Patte che a vete incaricato di incidere la pianta di Troyes. A tutti noi, è sembrata molto mal fatta e che non farà migliore effetto di una xilografia. M Pazu meau è irritato del fatto che, nel copiarla, abbiano alterato il suo disegno; è male orientata e ci sono molte omissioni. Patte non capisce niente di geografia, quindi abbiamo deciso di lasciargli

110 Si tratta dello stesso gesuita, avversario strenuo di Voltaire, che attaccò più volte Diderot e l’ Encycl opédie con l’accusa di plagio dall’organo gesuita « Journal de Trévoux » per protesta, pare, del fatto che nessun gesuita fosse stato chiamato da Diderot a collaborare all’opera più importante del secolo. Una prima volta accadde nell’ottobre 1750, all’appari zione del Prospectus (Attali 2012, p. 114). 111 [Camille Falconet, medico, m embro dell’Accademia delle Iscrizioni, morto del 1762]. Medico e letterato di Lione, raggiunse la carica di medico di consulto del Re nel 1708 ed entrò nella facoltà di Medicina di P arigi. Tramite acquisti ed eredità, arrivò a possedere una biblioteca di u ndicimila libri che donò al Re. Di questa biblioteca, furono pubblicati cataloghi nel 1763. Ha lasciato libri sulla etimologia francese e sui traduttori francesi (HOEF 1868, ad vocem ). 112 Étienne Lauréault de Foncemagne: letterato ed erudito, morto a Parigi nel 1779. Nel 1722 entrò nell’Accademia delle Iscrizioni di cui pubblicò le Mémoires e poi, nel 1736, entrò nell’Accademia di Francia. Nel suo salotto riceveva altissimi personaggi come Malesherbes e de Sainte - Palaye. Lasciò diverse opere dotte a caratter e storico (HOEF 1868, ad vocem ; ACF, ad vocem ). 113 [Jean - Jacques Barthélemy è membro dell’Accademia delle Iscrizioni nel 1747 e autore di Voyage du jeune Anacharsis en Gréce; ]. Pierre Patte è un architetto e incisore che lavora per qualche tempo alle tavole grafiche della Enciclopedia . Nel 1759 denuncia Diderot alla Accademia delle Scienze per plagio di alcune tavole, accusa da cui Diderot è prosciolto (V. anche note su Nollet e Deparc ieux). (Attali 2012, p . 226)

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la sua stampa e di chiedere al Vescovo di Troyes la lastra originale che è in suo possesso 114 . Ci sbarazzeremo di Patte, pagandogli il lavoro fatto e dicendogli che Pazume au, al quale la lastra appartiene, provvederà da sé a farla incidere. Se non facciamo così, sicuramente la vostra piantina sarà eliminata. Questa operazione non causerà grande ritardo .

Quindi, suggerisce a Grosley di chiedere all’abate Jorchet di fargli a vere alcuni campioni delle piccole pietre a forma di bottone che aveva raccolto, insieme ad informazioni sulle belle piriti che si trovano a Longs ols e su chi abbia avuto l’esclusiva dello sfruttamento del giacimento . Nel maggio 1760 l’avvocato di Reims e luogotenente di baliaggio Chatel lo informa che ha sentito dire che il manoscritto dell’opera Phedre di M. Pithou, di cui cerca notizie, si trova nella biblioteca di Saint Remy, è molto antico con carta ben conservata, ma lo consiglia di aspettare che lui vada di persona a sincerar si della verità della notizia e che mandi conferma . Reperti e oggetti da collezione e studio fanno parte del materiale che Grosley contribuisce a collettare su commissione o di sua iniziativa ed a smistare ai suoi corrispondenti . In questi casi, sembrereb be che le cortesie di Grosley siano una captatio benevolentiae per favorire l’acq uisizione di un nuovo contatto . Anche Jean - André De Luc, fisico svizzero ( siamo nel luglio 1760) ha ricevuto cortesie da Groley e lo ringrazia. Affe rma che ha adempiuto alle p iccole commissioni di cui è stato a sua volta incaricato da Grosley stesso e da Belly compresa quella presso M. Cramer. Lo ha infatti incaricato di contattare Voltaire per conto di Grosley, approfittando del fatto che è vicino di casa e che lo incontra spe sso. Inoltre, darà a M. Lubin appena torna dalla campagna, la lettera di Grosley per Berlino. Quanto ai fossili della provincia di Champagne che ha ricevuto, vorrebbe averne ancora qualche altro campione, soprattutto di quelli in tegri, dato che sono rari e se ne trovano solo in frammenti. Descrive i due pezzi fossili ricercati :

Uno è lungo almeno 18 pollici con una testa di 4 pollici di diametro, il secondo è una specie di murice grande come un uovo con i lati molto sporgenti da i bordi dentellati. Inoltre , nella vostra provincia si trovano delle conchiglie il cui interno è levigato e a colori sfumati. Se per caso vi capitano per le mani questi fossili che non conosco ancora, vi sarei grato se voleste dirmelo e dirmi anche da dove vengono quelli che mi avet e mandato .

Nel luglio del 1760 Desmarets comunic a che sta per partire da Plombiè res. Intende fare un giro nei Vosges di qualche giorno, poi si recherà a Bar per qualche settimana, quindi in ottobre arriverà a Troyes. Non viaggi a solo, ma :

114 [Si parla della pianta di Troyes che è in testa alle « Éphémérides » : quella inserita nel numero del 1757 è molto scadente, quella del 1760 è migliore ed è di Pazumeau, ingegnere e geografo del re].

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Se voi volete presentarvi a M. Watelet 115 e volete che egli resti qualche giorno a Troyes bisogna che gli troviate angoli gradevoli del paesaggio da dipingere. Mi sono stupito che non gli abbiate scritto per ringraziarlo del suo poema, ma sicura mente volete farlo a viva v oce. M. Watelet è in corsa per uno dei posti vacanti dell’A ccademia di Francia ed è molto verosimile che ne avrà uno .

Nell’agosto dello stesso anno Desmarets scrive con una serie di informazioni pratiche :

Prault ha ricevuto tut ti i libri che gli avete inviato. Boucher d’Argis 116 mi ha promesso che cercherà di far ragionare la compagnia dei librai a proposito del Moreri. Oggi devo incontrare Malesherbes 117 che mi ha convocato: Jussieu, mi ha detto che quando mi proposero di andare in Siberia, tutti gli accademici si mostrarono contenti e d espressero l’ intenzione di accogliermi al mio ritorno. Spero che questo avvenga prima delle vacanze. Anche Turgot 118 , Marigny, Hénault e Bombardel sono di questo parere ed hanno parlato al ministro in tal senso. Parlerò a Malesherbes del vostro viaggio in Italia. Vi porgo i ringraziamenti di Watelet che è rimasto incantato di Troyes […] credo che le casse che vi ho spedito tramite Fromageot siano arrivate, ringraziatelo da parte mia […] se dovessi parti re per la Siberia, sarei nell’impossibilità di partecipare alla seduta dell’Accademia di Avvalon e mi dovrete scusare con madame Poucy […] dite al presidente Gonthier, che saluto, che il cavaliere Turgot è in Normandia e quindi non ho potuto fare quella co mmissione di cui mi aveva incaricato […] dite a Gobelet che aveva promesso di inviare una copia delle Éphémérides al curato di Sulaines e non lo ha fatto ancora. Se non trova altra soluzione, la signorina Coll ot potrebbe prenderla passando […] posso trovar e il cavaliere Lore nzi e chiedergli il Beccaria […] non sono ancora riuscito a trovare M. Guy e quindi non ho potuto fare le commissioni. Dimenticavo di dirvi che M. Pigré 119 ha fatto qualche tentativo per convincermi ad andare in Africa con lui. La fama di questo viaggio si è diffusa a Parigi oltre 10 - 12 persone lo sollecitano per accompagnarlo .

Lettera di Desmarets del dicembre del 1762 :

Il giorno della vostra accettazione all’Accademia ho visto M. Watelet che si è incaricato di disegnare ed incidere la g riglia della finestra della chiesa di Saint - Nicolas che pubblicherete sul prossimo numero delle Éphémérides . Ho incontrato M. de Foncemag ne ed ho cominciato a parlargli delle vostre Observation s di viaggio 120 , prevedo che vi indicherà qualche altro punto di

115 Calude - Henri Watelet (171 8 - 1786): pittore, poeta, incisore, critico d’arte e membro delle Accademie della Crusca, di Berlino, di Bologna e di Cortona. Il libro citato è L’art de peindre , opera che nel 1760 gli apre le porte dell’Accademia di Francia. Collaboratore per l’ Encicloped ia , scrive diversi articoli (tra i quali Eleve, Ensemble, Equilibre, Esqui sse, Estampe, Dessein, Draperie ) per i volumi IV e V del 1754. Frequenta a Parigi il salotto di M.me Geoffrin (ACF, ad vocem ). 116 Antoine - Gaspard Boucher d’Argis (1708 - 1791) è giurec onsulto, autori di diversi trattati tecnici per giudici e avocati, collabo ratore dell’ Enciclopedia per la quale scrive tutti gli articoli di Giurisprudenza (BNF, ad vocem ). 117 [Malesherbes, di cui si è già trattato, è anche membro onorario dell’Accademia de lle Scienze per gli studi di botanica che conduce dal 1754]. 118 [Étienne - Fr ançois Turgot, membro dell’Accademia delle Scienze, è il fratello del più celebre ministro di Luigi XVI] 119 [Alexandre - Guy Pigré, ginevrino, membro dell’Accademia delle Scienze, mort o nel 1797]. 120 [Nel 1764 esce Nouveaux mémoires ou Observations sur l’Ital ie et les Italiens in tre volumi].

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vista. Questo mese resto a Parigi, sono arrivato in tempo per Rouelle 121 […] ho pregato M. Damilaville 122 di inviarvi tutte le carte relative alla causa di Calas. Gli estratti di Histoire de l’Academie del 1757 scritta da Tillet sono piene di pretese e di furb erie: tanti dettagli storici che non insegnano neppure una nuova verità. Quando confronto le memorie delle accademie estere con quelle de ll’Accademia vedo che queste nostre sono l’esito di tributi pagato esclusivamente a sostegno di intrighi, mentre nelle altre si vedono le scoperte fatte tranquillamente e con occhio sicuro […] il nostro amico Guettard 123 ha riunito in una memoria alcuni dett agli geologici della Polonia e qualche conchiglia fossile ma non c’è nulla di interessante: è andato così lontano a cer care il privilegio di dire banalità […] è molto geloso delle mie scoperte che io mi lusingo che esse siano più istruttive di tutto il suo viaggio che lui conta di mettere in 4 volumi. M. Bombardel mi sprona molto a pubblicare questo inverno tutto il mucchi o dei miei fossili, per far giudicare al pubblico che lui sa essere più equo dell’Accademia. Non ho fretta, lo farò a febbraio dopo aver consegnato al Controllore Gene rale, M. Jean - Baptiste Bertin 124 , le osservazioni che mi ha chiesto .

121 Guilleme - François Rouelle: è considerato dai francesi il fondatore della chimica; fu ispettore generale della farmacia all’Ospedale di Parigi. Es ordì studiando la botanica così ottenendo la stima del botanico A. de Jussieu, poi allargò il campo dei suoi s tudi con l’imbalsamazione degli antichi egizi, il saggio aureo nelle monete, i sali acidi. Divenne membro dell’Accademia delle Scienze nel 1744 ( D izionario enciclopedico delle scienze , A. Bazzarini, Venezia 1834, ad vocem ). 122 Étienne - Noel Damilaville: funz ionario del fisco. Usò la sua franchigia postale per scambiare lettere e memorie con Voltaire, compresa la Mémoire pour Calas che Voltaire scrisse nel 1762 subito dopo l’esecuzione capitale di Calas. Damilaville, divenne in questo modo amico di Voltaire, i l quale ne usò anche il nome come pseudonimo. Riuscì ad entrare nel gruppo degli enciclopedisti e scrisse per l’ Enciclopedia gli articoli Vingtiem e e Boulanger , il libello L’honneté theologique in cui difende il Belisaire di Marmontel. Secondo Voltaire è l ui e non d’Holbach l’autore di Le Chistianisme dévoilé . Cattivo scrittore e non particolarmente dotto, fu molto apprezzata dal gruppo dei per la s ua fedeltà e la sua amicizia (HOEF 1868, ad vocem ). Fu per tutta la vita carissimo amico di Denis Diderot, tra tteggiato nel personaggio di Jacques nel testo Jacques le fataliste : protesse dalla censura anche la corrispondenza tra Diderot e Sophie Volland ( Attali 2012, pp . 91 e 158). 123 Jean - Étienne Guettard (1715 - 1786): naturalista, autore di Les granits de France del 1751 e di Quelques montagnes de France qui on été des volcans. Studioso di scienze, scrisse di medicina, botanica, zoologia paleontologia, geo logia, mineralogia e meteorologia. Lavorò con il botanico de Jussieu, con Reamur, con Lavoisier e Monnet ed en trò nell’Accademia delle Scienze nel 1743. Fu custode della collezione di curiosità scientifiche dei d’Orleans. Fece ricerche sui coloranti vegeta li, sui fossili, sui crostacei e partecipò alla dibattito scientifico sulla loro origine. Viaggiatore ed esplo ratore, condivise con Desmarets le scoperte sui vulcani, che studiò anche in relazione al recente terremoto di Lisbona. Per conto di d’Orleans, st udiò la porcellana cinese e scoprì a Limonges un caolino con cui avviò la prima produzione francese di mediocr e qualità. Per il ministro Bertin predispose le prime carte mineralogiche della Francia. Stimato da Voltaire e da Condorcet (HOEF 1868, ad vocem ). 124 L. - Jean Baptiste Bertin (1720 - 92): divenne intendente a Lione nel 1754, fece costruire strade e canali; apr ì miniere e sviluppò l’industria della seta. Nel 1759 fu controllore generale per Luigi XV. Per finanziare la guerra dei Sette anni impose i pesan ti interventi fiscali ed i prestiti che lo resero famoso. Coinvolto a vario titolo nella politica fino al 1779 , si dedicò nelle sue terre allo sviluppo delle manifatture, dell’agricoltura e della veterinaria. Nel 1776, fu l’iniziatore dell’immensa opera Mé moires concernant l’histoire, les sciences, les arts, les mœurs, les usages des Chinois par les missionnaires de Pékin diretta da Joseph - Marie Amiot e completata nel 1814. Fu

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Lettera d el dicembre 1768 di d’Alembert :

Non dubitate che sareste stato il primo a ricevere il discorso di cui mi parlate se l’ A ccademia non mi avesse pregato di riservarlo per le sue Mémoires , dove in effetti deve stare. Partecipo del vostro malcontento verso i librai e non mancherò di dirlo alla prima occasione. Se voi continuerete con le Éphémérides troyennes , fatemi la cortesia di procurami una copia di quelle del 1768 che non ho letto e di quelle del prossimo anno 125 . Mi sembra che nell’ultimo vostro viaggio a Parigi abbia te ricevuto la copia dell’ultima edizione delle D estruction des Jesuites 126 . Se non l’ avete avuto, vi prego di avvisare M. Guy perché ve ne fornisca una copia .

Del luglio 1769 è la lunghissima lettera di Grosley a d’Alembert che esordisce con :

Finalmente madame Duchesne si è compiaciuta di distaccarsi dal vostro V volume 127 e di farmelo avere! Scorrendo gli artico li ho visto con stupore il mio nome e l’articolo Voyage d’Italie citato come una autorità […]

Quindi, ringrazia d'Alembert e fornisce anticipazio ni del suo prossimo articolo Voyage en Angleterre con informazioni circa i riti dei riformati anglicani e svi zzeri in confronto a quelli di gallicani ed ebrei. Preannuncia che il suo libro sarà una sorta di“ Espion Champenois ”: dirà tutto quello che dell’In ghilterra lo ha colpito, parlerà della st oria e delle fonti. Spiega che :

Per la revisione le bozze ho dato a Prault il nome di Meusnier de Kerlon che sa fare il suo mestiere. Quanto al Voyage de Londres bisogna attendere che l’editore Guy si accordi con l ’editore Duchesne .

Cambia poi argomento e descrive la seguente stranezza scientifica :

La notte tra il 28 - 29 luglio un fulmine è caduto a mezzanotte su un vecchio contadino che dormiva a letto con la moglie. Gli ha levato il cappello da notte, gli ha br uciato il ciuffo, ha graffiato il muro sopra la sua testa, ha attaccato il muro dalla parte opposta ai piedi del letto e vi ha fatto un buco conico circolare della larghezza di una mano dentro una pietra lavica durissima, infine è uscito da una finestrella senza rompere il vet ro né l’infisso ma facendo saltare come uno scoppio la pietra del davanzale. Sotto questa finestra c’era un piatto, delle forchette bicchieri ed altri utensili di stagno: ha lasciato su ciascun pezzo l’impronta simile a un punzone info cato. Lo stagno sembr ava aver bollito. Il povero diavolo a cui questo è capitato, durante tutto l’evento gridava : moglie mia, spegnimi la testa ! Non si era ancora rimesso, il giorno dopo, quando sono andato a trovarlo .

membro dell’Accademia delle Scienze dal 1763 e dell’Accademia delle Iscrizioni da l 1772 (BDF, ad vocem ) 125 [L’ultima annata delle « Éphémérides » è il 1768]. 126 [Libello anonimo di d’Alembert pubblicato nel 1766; Guy è l’editore]. 127 [M.me Duchesne è l’editore di d’Alembert e di Grosley; si parla del V volume di Mélange de littérature, d’h istoire et de philosophie di d’Alembert].

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Infine, ecco la lettera di Grosley a d’Alembert del novem bre del 1769 in cui commenta la nuova edizione d el Sur la destruction des jesuites en France che d’Alembert aveva scritto e pubblicato anonimamente nel 1765, e conclude :

Vi ringrazio delle domande e correzioni che avete fatto sul mio Londres . Guy vi ha si curamente già trasmesso le mie risposte [...] è forse per indulgenza verso l’autore che siete passato sopra a tutto quello che vi si respira di provincialem auram : ma so che il giudizio del pubblico a questo riguardo sarà meno discreto del vostro .

Nel gennaio del 1775, il letterato ed editore borgognone Rigoley de Juvigny ringrazia Grosley delle osservazioni ricevute sul suo libro 128 e si rammarica d i non poterlo ritoccare perché :

Come fare a tornare su una cosa che mi è costata già ta nte pene e tanto de naro! i librai sono così disonesti che non è possibile esporsi ulteriormente, una vota che uno è stato scottato […] Conosco solo di nome le Notes critique di La Monnoye 129 di cui mi chiedete e avrei difficoltà a dirvi dove potreste procura rvelo. Quando volli interessarmi alla stampa di quell’autore e mi procurai tutte le opere che meritavano di venire alla luce, fui improvvisamente frenato dal libraio Desventes col quale mi guastai. Infatti quell’originale affidò la stampa di La Monnaye ad uno sciocco che rov esciò l’ordine dei brani da me fissato, aggiunse, tolse, corresse tutto senza il mio permesso. In una parola, si impossessò dell’edizione 130 . Così, io ebbi modo di contribuire solo alle Mémoires Historique sulla vita e gli scritti di La Mo nnoye che, per di p iù, fui costretto a far ristampare interamente a mie spese, tanto i difetti di stampa erano grossolani. Comunque ora scriverò a M. de Boubonne a Dijon per sapere se per caso ha queste Notes nella sua biblioteca che poi è quella di suo no nno il presidente B ouhier molto amico di La Monnoye: sicuramente me le darà, come mi ha già dato il manoscritto dell’A nthologie di Saumaise .

Nel luglio del 1779 Grosley ha con d'Alembert diversi temi aperti; gli scambi sono bidirezionali e coinvolgono ami ci comuni :

Mi sono imbattuto in a ltri elogi del Cardinal de Cusa 131 e nei suoi lumi in tutte le più alte scienze. […] Vi ho già comunicato l’inverno scorso i miei desideri a riguardo, permettetemi di presentarveli pe r scritto. Se nessuno presso l’A ccademia delle Scienze se la sentisse di accontentarmi, basterà che buttiate un’occhiata a tempo perso sulle sue opere. Mi avete chiesto cosa sapessi di Granier, tanto da consentirvi di aggiungere poche parole in nota all’articolo de

128 [Si tratta di Biblioteques Franç aises di de la Croix e Verdier]. 129 Bernard de la Monnoye: poeta erudito e filologo di Dijon, morto nel 1728; entrò nell’Accademia nel 1713 (HOEF 1868, ad vocem ). 130 Ricordo che all’ epoca, i diritti di un’opera erano esclusivamente in capo agli editori che a cquistavano l’opera all’autore e che potevano rivenderla ad altri editori liberamente. Diderot si batté per i diritti d’autore a partire dal 1769; del resto lui stesso aveva subito , a sua insaputa, la “censura” da parte del suo editore Le Breton in diversi articoli dell’ Enciclopedia (Attali 2012, p . 328). 131 Forse si riferisce al Nicolò Cusano, (Cusa, 1401 – Todi, 1464) che fu cardinale , teologo, filosofo, umanista, giurista.

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l’abate de Saint - Pierre 132 . Il do ttissimo M. de La L ande 133 vostro confratello è meglio di chiunque altro in grado di illuminarvi su quel suo compatriota la cui famiglia esiste ancora a Bourg en Bresse. Alle sue opere già elencate dal Pelisson, potete aggiungere Mémoires et instructions ser vant a l’histoire de France depuis 1586 jusq’en 1591 edito nel 1626 134 . Mi sembra di avervi già fatto osservare che l’opera dell’abate Saint - Cyran 135 contro P. Garasse, che può considerarsi la pietra angolare delle dispute tra i Gesuiti ed i seguaci di questo abate, era stata messa in vendita da Buillerot, il libraio un po’ troppo audace a cui Graniere si era associato. Da qui nacque la relazione stretta tra Graniere e Saint - Cyran, poi la loro amicizia e quindi la loro intimità, conseguenza dell’arditezza dei l oro pen sieri contro i gesuiti. Qualche scritto per la regina - madre che Buillerot arrischiò su spinta di Graniere fu forse il suo crimine e mentre la tempesta si abbatteva su Bouillerot – che per quanto ne so non ha più stampato nulla dopo il 1635, come tes timonia to da persone inserite nel mondo dei librai, editori e stampatori – vi permetterà di chiarire le cause dell’espulsione di Graniere dall’Accademia su mandato diretto di Richelieu. [...] Il Journal Encyclopédique fornisce estratti del Supplement du di ctionna ire Encyclopédique in cui ho invano cercato qualche vostro articolo. Per caso, è nei suoi studi successivi al Lucano che M. Marmontel 136 ha trovato quella profondità di metafisica e quel fior - fiore di letteratura che caratterizza il suo ultimo articol o? Noia ltri gente di provincia, siamo sempre a cento leghe dal nil admirari .

Nel 1780, la ricerca pe r d'Alembert non si è conclusa :

Mi avete chiesto se potevo scoprire qualcosa su Graniere, espulso dall’accademia nel maggio del 1636 su ordine espresso de l cardi nal Richelieu. Menage lo chiama La Riviere Graniere e gli attribuisce le due edizioni del 1639 di Malherbe . La biblioteca di Coislin, che fu dei Seguier ed ora è a Saint Germain de Pres ha di lui un grande Estratto della storia di Francia in tre vol umi; nel suo Biblioth é ques choisies , Columniez gli attribuisce l’edizione del 1625 del Traité de la Mariana sui dif etti dello statuto dei gesuiti .

132 Jacqu es - Bernardin de Saint Pierre: nasce nel 1737 in Normandia. È ingegnere e viaggiatore in Olanda, in Russia e in Madagascar dove inizia lo studio delle scienze naturali. Tornato a Parigi conosce d’Alembert che lo introduce nel salotto Lespinasse. Di pe ssimo carattere, resta amico solo di Rousseau. Scrive Etudes sur la Nature nel 1784, opera apprezzata da Bailly, ma ottiene la fama con romanzi brevi come Paul et Virginie e La Chaumière Indienne. Luigi XVI lo nomina successore di Buffon. Sotto l’impero ri ceve l a Legion d’onore (HOEF 1868, ad vocem ). 133 Il già citato J. - J. de La Lande, morto nel 1807, fu membro dell’Accademia delle Scienze e celebre astronomo allievo di Le Monnier; giovanissimo, su incarico dall’Accademia stessa si trovò a Berlino dove conob be Fed erico II, Maupertius, La Mettrie, Voltaire, d’Argens. Fece importantissime osservazioni sulla cometa di Halley, su Venere, sulle eclissi, sulle maree. Calcolò la distanza tra la terra e la luna. Ha scritto molto: famoso il suo Traité d’Astronomie (HO EF 186 8, ad vocem ). 134 Il titolo completo è Recueil de Mémoires et instructions servant a l’histoire de France depuis 1586 jusq’en 1591, autrement dit le Recueil d’Epernon, edito da Bouillerot a Parigi nel 1626. 135 [Jean Duvergier de Hauranne de Saint - Cyran, pubbl icò nel 1626 la Somme des fautes et fausseté contenues en la Somme théologique du P.Fr. Garasse ]. 136 J ean - François Marmontel (1723 - 1799): scrittore e filosofo della cerchia di Voltaire, fu direttore del « Mercure de France » e segretario perpetuo della Accade mia di Francia. La sua opera più conosciuta è il romanzo Belisaire , condannato al rogo dal parlamento perché elogia la tolleranza religiosa e la giustizia non arbitrari. Scrisse anche tragedie, due libretti d’opera e un saggio sull’istruzione dell’in fanzia (TREC, ad vocem ).

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Riferisce quindi una serie di intrighi relativi al la vita di Graniere e conclude :

Desaulx, dell’ A ccad emia d elle Iscrizioni , mi dice che la vostra salute, soggetta a ritorni mestruali, va al momento molto bene .

In due lettere del 1781 ritroviamo un Grosley interessato alle scienze della natura. Scrive infatti a d’Alembert in aprile :

Ec co allegato qui un avviso che mi interessa molto e che vi pregherei di inserire nel Mercure . Riguardo al breve Monitum che lo segue – e che sarebbe bene aggiungere anche nel Mercure – il canonico Maydieu della nostra cattedrale, latore della presente, vi i nformerà sulla veridicità del fatto. Ed ecco un altro avviso che potrebbe essere inserito nel M ercure quando e come il redattore lo riterrà opportuno : Estratto delle note raccolte da M. Grosley di Troyes nel suo viaggio in Bretagna del 1776 .

Segue la narrazione di come un giorno nell’isola di Grouais avesse scorto in una pozza di l’acqua di mare una lumaca digitale della dimensione di un dito, leggermente rigonfia verso il centro, di colore cinerino con punti neri con due linee nere lungo i fianchi dal la testa alla coda […] preso la lumaca tra le dita e schiacciato, esso ha rilasciato un colore porpora che ha lasciato le mani macchiate per 4 giorno e che è virato al nero con il tempo. Ha poi scoperto che ai pescatori locali la lumaca e le proprietà colo ranti erano assolutamente sco nosciute. Convinto che fosse un fenomeno noto ai naturalisti, perché aveva letto qualcosa di simile in Vie de Peresk di Gassendi (ne cita interamente il brano) non se ne è più preoccupato. Ma dopo poco, avendo letto nel Diction naire Encyclopédique un artic olo anonimo Murex 137 circa una conchiglia usata nell’antichità come tintura, torna a studiare la lumaca di Grouais. Osserva che questo animale sarebbe prezioso per la tintura, tanto più che, a giudicare dalla tenacità del colore sulle mani, contiene anche un mordente naturale. Segue quindi con le istruzioni date alla persona che dovrà cons egnare la lettera a d’Alembert :

Grosley prega l’abate Maydieu di consegnare la presente a M. d’Alembert, cour du Vieux Louvre, di mattina e fac endosi annunciare da parte mi a. Egli formalizzerà a d’Alembert la risoluzione presa dalla mia compagnia nell’ultimo capitolo gene rale a proposito dell’oggetto della mia ultima lettera a M. Monges, di prestarsi a tutto quello che la municipalità vorrà chied ere. Se egli non

137 L’articolo dal titolo Conchyliologie è scritto da Jaucourt e si trova nel capitolo dell’ Enciclopedia di Histoire naturelle . La definizione è lunga e dettagliata e, tra l’altro, afferma: “Le murex est une coquille univalve, garnie de po intes & de tubercules, avec un sommet chargé de piquans, quelquefois élevé, quelquefois aplati; la bouche toujours alongée, dentée, édentée; la l èvre aîlée, garnie de doigts, repliée, déchirée; le fût ridé, quelquefois uni.[…] Le P. Plumier nous apprend qu e le murex se nomme en Amérique le pisseur, à cause qu’il jette promptement sa liqueur qui est la pourpre. […] Tous ces détails sont tirés de l’H istoire naturelle éclaircie, où les curieux trouveront de très belles Planches de ce genre de coquillage” .

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troverà M. d ’Alembert, lascerà presso di lui la presente, unitamente ad un appunto sulla formalizzazione della deliberazione del suo Capitolo. Monsignore l’abate farà questa commissione al più presto possibile .

A maggio, Grosley scri ve a d'Alembert, autocitandosi :

V i allego alcune lettere che Voltaire mi ha scritto dopo il mio ritorno dall’Italia. Sono del 1759, 1769, 1761: fatene l’uso che vi sembrerà migliore. All’andata mi fermai alle Delices e restai faccia a faccia con lui per otto giorni. […] Le Projet de Sadoc Zorobadel è un mio scherzo di cui mi sono fatto sfuggire qualche copia e su cui p. Berthier ha dato nel suo Journal del 1762 alcuni estratti. Esso serviva da quadro a certi fatti, a c erti punti di vista, a certi principi che ogni tanto sarebbe bene ricord are. E tuttavia, alcune conseguenze di quello scherzo mi hanno fatto decidere a non pubblicizzarlo troppo .

Racconta quindi diversi aneddoti, afferma che la lettura delle Éphémérides h a suggerito a Volt aire alcuni scherzi e aggiunge :

Vorrei che all’artico lo sul Mercure sul Limas colorans dell’isola di Grouais aggiungesse una frase circa il mio desiderio di conoscere dove si possano trovare naturalisti, chimici e tintori che conosc a no l e limas . Le isole in cui si trovano le limas si chiamano Gavre o Orata. L’edizione che Beaumarchais 138 sta facendo dell’opera di Voltaire parla della storia di queste isole .

Non è sempre facile fare il mediatore e il consulente tra terzi, allora l’usuale ir onia di Grosley si vela di freddezza. Scrive a d’Alembert (agosto 17 82) :

L’amico Desmarets mi ha scritto che il marchese de Condorcet vorrebbe da me alcuni chiarimenti sull’origine troiana dei Tronchin 139 per la vita del medico di cui si sta occupando. Prima di tutto, però devo condolermi con voi per la scarsa considerazione di cui godete presso il messaggero degli dei 140 dato che mi dicono che non è stata ancora pubblicata la mia lettera che voi avete cortesemente rac comandato tre mesi orsono. Se la mia lettera al Mercure non è andata tra i rifiuti della sua corrispondenza, che almeno la faccia pubblicare dal Journal Encyclopédique tramite M. Lutton che è corrispondente di entrambi. Passiamo ai Tronchin: nel 1767, MM. de Foncemagne e de Bellille mi scrissero insieme per chiedermi da parte di M. Tronchin, se conoscevo l’origine de lla sua famiglia. Infatti Bayle nel suo Dictionnaire asseriva che il capostipite si era trasferito da Troyes a Ginevra. Mi ero già dedicato a q uesta ricerca nell’ambito di quella sugli illustri concittadini di Troyes su cui ho scritto un libro. Quindi acco ntentai rapidamente de Foncemagne e de Bellille informandoli che i Tronchin erano mercanti ugonotti fuggiti in Svizzera e fornendo in merito i documento estratti dai registri delle parrocchie […] M. Tronchin mi ha ringraziato, mi

138 [E dition Kehl in 70 volumi]. 139 Théodore Tronchin (1709 - 1781): celebre medico ginevrino e primo medico del duca d’Orléans è un altro personaggio del la “rivoluzione scientifica dell’Illuminismo”. Associato alla Royal Society e alla Accademia delle Scienze, ha contribuito alla diffusione della inoculazione contro il vaiolo. Consultato da molti sovrani e anche dal papa, fu amico di Diderot e Voltaire tan to che nel 1765 si recò presso quest’ultimo a Ferney appositamente per curare Damilaville, gravemente ammalatos i durante la preparazione con Voltaire degli scritti relativi al processo Calas (Attali 2012, p . 285). 140 Con riferimento alla rivista « Mercure » .

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disse di aver trovato ad A vignone la cappella di un certo cavaliere Tronchin cristiano e che avrebbe preferito discendere da quello piuttosto che da un mercante […] Il m archese Condorcet sceglierà lui stesso tra queste mie prove e le congetture del medico Tronchin […] . V i prego di dire a Desmarets che la sua commissione è fatta .

4 .3 Selezione in cui prevale la terza tematica: come si costruiscono relazioni La catena di Grosley parte da Taillandier, che vive a Parigi. Come ci informano le lettera del marzo e del settembre 1743, Tail landier ha avuto informazioni su chi stia per entrare nei luoghi che contano (“ Non avevo ancora saputo che M. de Ravalliere fosse entrato nell’Accademia delle Iscrizioni e Belle lettere ” 141 ):

Abbiamo avuto l’onore di incontrare M. de la Ravalliere che sta p reparando il discorso di ingresso all’Accademia. Credo che voglia scrivere una dissertazione sul Vecchio della Mo ntagna per rovesciare tutte le vecchie credenze basate sugli scritti di Jonville […] .

Talvolta si è agganciati da indesiderati ( la lettera è ancora d a Taillandier nell’ottobre del 1743) ed occorre sbarazzars i elegantemente dell’importuno :

Credo che il s olo partito che mi resti da prendere con M. Lerouge è il silenzio. Questo espediente mi sembra il più rapido ed efficace. Voi sarete senza dubb io ancor più in imbarazzo di me nel liberarvi di quell’importuno. Fate del vostro meglio, signore, vi permetto di dire su di me tutto quello che vi sembrerà più opportuno; fategli capire che io non ho alcun gusto, che io non so apprezzare i meriti del suo alfabeto e delle altre sue scoperte; in una parola, che io sono indegno dei suoi favori. Ci rimetterò la sua stim a ma sono disposto anche a questa disgrazia. Anzi, già mi sento per questa perdita, una grande ed ammirevole rassegnazione .

Ma l’avvio nell’ en tourage dei notabili di Troyes è positivo se Taillandier nell’ottobre del 1743 scrive :

Non vi ho ancora ringrazi ato per aver impegnato il sindaco di Troyes, Fabre, ad informarci sull’archivio del vostro Municipio: è una sorgente abbondante che ci fornirà parecchi titoli importanti. È un vero favore quello che ci renderà M. Fabre, ma siete voi che soprattutto ringraz iamo, voi che avete avviato tutto, che con la vostra attività mettete tutto in movimento .

E poi, nel maggio del 1745, testimonia a Grosley :

I l sindaco di Troyes è a Parigi da quattro o cinque settimane e mi ha fatto l’onore di venire a trovarmi ai Blancs - Mante aux per offrirmi i suoi servigi 142 . Io l’ho preso in parola e l’ho pregato di inviarmi un elenco dei documenti contenuti nel vostro Municip io. Mi ha promesso di farmi copiare quelli che io gli indicherò. M. Remond de Cours 143 che era con lui mi ha parlato di una

141 [Si tratta di Levesque de Ravalliere, accolto nell’Accademia lo stesso anno, proprietario di una collezione n otevole di documenti sullo Champagne]. 142 [ Nome dato al monastero dei benedettini della congregazione di Saint - Maur a Parigi, quartiere Le Marais ] . 143 [ Proprietario di castello famoso per la ricca biblioteca ] .

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Histoire des comtes de Champagne scritta da un suo zio nel 1702. Poiché non voleva privarsene, gli ho dato una scorsa e posso esprimer ne un giudizio: è ben scritta ma costruita un po’ alla leggera, credo che l’autore non abbia avuto gli aiut i necessari a svilupparla in modo conveniente .

Nel novembre del 1748 giunge a Grosley da Goujet un ’ importante notizia: a settembre è morto il giovan e svedese orientalista professore di lingua araba al College Royale e all’Accademia delle Iscrizioni , lasciando così vacante il posto di membro straniero. Nel 1750 Grosley diviene membro dell’A ccademia di Di jon e continua la promozione del suo libro Recher ches pour servir à l’Histoire du Droit Français , che – come abbiamo visto più sopra – sono all’esame della censura reale per l’ottenimento del privilegio. Rientra nella tattica di espansione delle conoscenze il congratularsi per i successi, l’offrire sugge rimenti, il proporsi per servigi culturali a personaggi noti. Goujet tiene aggiornato Grosley sugli eventi parigini: nel giugno 1752 lo informa della guerra tra gesuiti e giansenisti e della commis sione creata dal Re per pacificare gli animi nella Chiesa; fornisce anche i nomi degli alti prelati che ne fanno parte. Poi torna alle relaz ioni sociali :

Farò dire all’abate d’Artigny quello che volete che egli sappia: sono d’accordo con voi che un buon t rattato storico - filosofico sulla magia svelerebbe molti imb rogli. Riguardo alla orazione funebre di Henri IV, non credo che il moltiplicarsi di brani di quel tipo possa interessare e tuttavia se d’Artigny desiderasse avere quello che voi gli offrite ve lo farò sapere .

Abbiamo già incontrato François Hénault, nota bile di altissimo livello da molti punti di vista. La cortese lettera che invia a Grosley nell’agosto del 1753 lascia intuire come è stato agganciato :

Mi annunciate una buona novella nel dirmi che sarete presto a Parigi. Sarò incantato di vedere un uomo c he stimo e onoro come voi e vi ringrazio dell’interesse che mi dedicaste in occasione del favore che la regina mi accordò di sua iniziativa e che al re piacque confermare .

Anche Gaspard l e Compass eur de Crequi Montfort, marchese de Courtivron è una person alità ben posizionata socialmente come anziano militare, noto fisico ed a ccademico dell’Accademia delle S cienze. Così, in una lettera a Grosley nel dicembre 1753 si scusa del ritardo con cui ringra zia ” per l’offerta che mi avete voluto fare della sentenza resa su Simonne le Compasseur ”: si tratta del documento originale del 1491 con cui l’antenato del marchese era stato nobilitato per sentenza del baliaggio di Troyes, documento che il padre del marchese aveva invano cercato nelle cancellerie del baliaggio e che si riteneva perso in un incendio. Ne l libro di Grosley, il marchese ha trovato molte notizia della sua famiglia e della sua terra; ha anche saputo di essere parente del le tterato ed erudito Jean - Baptiste Ludot abit ante a Troyes. Quindi aggiunge :

Se v oi voleste farmi la cortesia di scrivermi più chiaramente il vostro indirizzo mi impegno a farvi giungere due copie di una mia opera sull’ottica che ho fatto stampare l’anno sc orso: mi farete la

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grazia di accettarne una e di donare l’altra a M. Ludot. L’op era di le Bey di cui avete visto il manoscritto deve avere almeno duecento anni .

Nel febbraio del 1754 il presi dente Hé nault chiede copia della D issertation che Grosley ha pre sentato al concorso dell’A ccademia di Dijon Si le lettres ont contribué aux prog rès des moeurs e commenta la dissertazione vincitrice scritta da Rousseau :

Quel Rousseau è veramente un buon scrittore, ma mi dispiace che faccia la guerra agli uomini credend o di farla solo ai defunti. In una prefazione nella sua commedia Narcisse ou l’a mant de soi même che ha fatto fiasco, lascia trasparire troppa rabbia e troppo rancore verso il genere umano. La filosofia è un’altra cosa. Peccato, perché è un uomo che mi sembrava avere molto più intelligenza, almeno a giudicare dai suoi scritti […] Acce tterò con grandi ssimo piacere la seconda edizione delle Mémoires de l’accademie de Troyes 144 : ecco come bisogna fare la filosofia, con la fronte ridente e decorata di fiori .

Nel 1754, Grosley è associato all’A ccademia di Chalon sur Marne e le sue relazioni si allargano. Ne l agosto 1755 l’abate Goujet gli scrive :

Non so che commissione avete affidato a M. Michault 145 , è a Parigi da oltre quattro mesi ma l’ho visto solo una volta. Credo sia ritornato ieri a Dijon dispiaciuto di non avermi mai incontrato: non ci si può dedicare agli amici ed ai piaceri contemporaneamente. Dato che si è fatto dare il posto di censore, credo che abbia intenzione di venire spesso qui o di stabilirsi qui presso M. de la Valliere. Forse già saprete della morte di M. Boyer . 146

Ottobre 1755, il libraio parigino Prault scrive a Grosley che il presidente Hénault attende con impazienza la sua prima opera e vi aggiunge i complimenti da parte del conte di Clermont; poco tempo dopo anche P othouin d’Huillet, avvocato al p arlamento di Parigi por ge complimenti s confinati a Grosley per i suoi libri esprimendo desiderio di incontrarlo e restare in corrispondenza. Grazie all’amicizia di Hénault nel novembre 1756 Grosley compie un passo da gigante: M . de Galaisiere, cancelliere ed intend ente della Lor ena, membro dell ’A ccademia di Nancy rappresenta a Grosley la soddisfazione per il di lui ingresso nell’Accademia e accetta “ con piacere la copia della vostra ultima produzione ” . Pierre Bouquet (lettera del giugno 1757), l’avvocato benedettino vecchio amico di Grosley, gli sollecita osservazioni “ da dotto della materia ” a proposito del libro che ha appena pubblicato Le droit public en France . A margine, fa

144 [Si tratta dell’edizione Le Febvre del 1756 in due volumi, opera già uscita contraffatta nel 1744]. 145 Dovrebbe trattarsi di Jean - Bernard Michault (1707 - 1770) che fu amante delle lettere, coll ezionista di libri rari e ricercatore di aneddoti. Per la sua cultura fu accolto nel salotto del presidente Bou hier che pochi anni dopo si trasformò nell’Accademia di Dijon di cui Michault fu primo presidente. Fu chiamato a Parigi per diventare censore (MI C 1821, ad vocem ) . 146 [Jean - François Boyer fu vescovo di Mirepoix, precettore del Delfino, membro dell’Accademia di Francia e dell’Accademia delle Iscrizioni].

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intendere che, appoggiato da Hénault, sta manovrando per trovare un posto per Grosley in qualche minist ero di Parigi. A settembre 1757, tutto è pronto per l’esordio di Grosley nell’A ccademia di Nancy fissato per il 6 ottobre. Il già citato de Solignac, che ne è il segretario, comunica di aver ricevuto copia del discorso di ingresso preparato da Grosley :

Av rò cura di far inserire questo bel discorso nel volume delle Memorie dell’Accademia al momento in stampa e di farne stampare due o tre esemplari. Nel frattempo vorrei inviarvi lo Statuto dell’Accademia, ma non so tramite chi farvelo avere senza costi. Qu an do mi farete sapere il vostro indirizzo, aggiungerò al nostro statuto gli Elogi di M. de Montesquieu e Fontenelle , scritti da Solignac nel 1755. Sarà sufficiente che mi facciate avere una quindicina di esemplari del vostro discorso, io le darò ad alcuni de i confratelli e darò le altre come bozza al libraio dell’Accademia. Bisogna che sappiate che qui nessuno compra più libri. Per non sborsare nulla, li si chiede in prestito ai librai e poi li si restituisce. Non abbiamo venduto eppure una copia delle Memo ri e della nostra società e, cosa che sarebbe stata ancora più economica, neppure un elogio di Montesquieu e Fontenelle. Non so quando questo paese cambierà, ma te mo che gli sforzi nostri e del R e per favorire le Lettere non siano ancora inutili per molto, mo ltissimo tempo

Nel marzo del 1758, una lettera di Vassé, lo scultore di corte che aveva scolpito per Grosley i famosi busti di Troyes, ci porta a conoscenza del fatto che Grosley ha preso contatti ripetuti con la Pompadour e con il fratello, ora chiamat o marchese di Marigny e direttore g ene rale dei fabbricati reali, per un certo progetto relativo agli stemmi di un camino. Nella stessa lettera, Vassé dice :

Da qualche giorno Caylus ed io ci inseguiamo per parlarci. Quel degno amatore delle arti che vi è mol to amico vi porge mille ringraziamenti e vi prega di continuare a fargli avere le vostre osservazioni. A proposito di quella medaglia di cui avete parlato, mi dice che lui l’ha citata solo per affermare che gli antichi conoscevano la prospettiva come si ve de dal suo rovescio. Il nostro amico abate Arnault vi ringrazia molto .

A Novembre 1758, M . de Solignac dell’A ccademia di Nancy scrive a Grosley :

Carissimo confratello, vi ho scritto una lettera di raccomandazione per il gesuita padre Bettinelli di Pa rma […] Non c’è bisogno che vi raccomandi all’A ccad emia di Montpellier: la nostra a ccademia è associata a quella, quindi potere liberamente partecipare alle sedute. Il segretario M. Ratte 147 che vi prego di salutare da parte mia, sarà il primo a proporvelo e d a nche il re di Polonia

147 Étienne - Hyacinthe de Ratte (1722 - 1805): astronomo, matematico, fu segretario perpetuo dell’Accademia di Montpellier, sua città natale, e pubblicò ampie Mémoire dell’accademia stessa ( Biographie universelle ancienne et moderne, par une Société de gens de l ettres et de savants , Bruxelles 1843, ad vocem ). Scrisse sulle comete, scambiando osservazioni, calcoli ed avvistamenti con tutti gli astronomi d’Europa ( Histoire de l’Académie Royale des sciences , année 175 9 , Imprimerie Royale, Paris 1765, p p . 46, 155); n el 1747 fu tra i primi scienziati convocati da Diderot e d’Alembert per la redazione degli articoli della Enciclopedia . Ratte scrisse, tra gli altri, gli articoli Freddo, Ghiaccio, Grandine, Neve (Attali 201 2, p . 80).

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ne sarà felice. Se passate per Bordeaux, caro confratello, vi prego di incontrare M. Secondat nostro confratello, figlio di quel grand’uomo 148 e segretario dell’A ccademia di Bordeaux .

In questo 1758, Grosley è tornato dall’Italia e ini zia a scrivere il suo resoconto di viaggio. Voltaire, evidentemente informato dell’itinerario seguito da Grosley, si rammarica che Grosley non sia passato a trovarlo (lettera aprile 1759). Nel Giugno del 1759 veniamo a sapere che Grosley ha tentato di p aga re un vecchio debito di gratitudine, infatti Marigny gli risponde positivamente in merito alla richiesta di interessarsi al destino dell’editore Saint - Goblet in carcere dal 1756 per aver stampato e venduto un famoso libello anonimo contro i gesuiti di c ui si è qui già parlato . Si tratta del libello che lo stesso Grosley aveva scritto, riuscendo poi – a differenza dell’editore – a sfuggire alla giustizia . Restando in tema di raccomandazioni, nel giugno del 1760 Jean Baptiste de Saint Palaye, membro delle a cc ademi e di Francia e delle Iscrizioni comunica a Grosley l’accettazione dell’interessamento per Le Febvre ma non per Lorenzi . Per contro, nel maggio del 1761 il duca di Aumont, signore delle terre del cui baliaggio Grosley è avvocato, gli comunica l’esito dell’interessamento che ha attivato a suo favore presso l’A ccademia delle Iscrizioni :

Gli accademici dell’Accademia delle Iscrizioni vi apprezzano molt o, ma c’è un ostacolo indipendente dal loro auspicio. Il nuovo regolamento ha stabilito che dei dodici p osti di associato libero, otto saranno dati a stranieri 149 e quattro a locali. Occorre sapere come verrà considerato uno degli associati liberi M. de Zurl auben 150 […] se questi viene considerato locale, il numero dei quattro è completo e resterà vacante solo u n posto per uno straniero. Ma se l’attuale occasione non vi è favorevole, tutto fa pensare che presto se ne presenterà un’altra: M. Durey de Noinville è malato e molto anziano e probabilmente morirà presto. Allora voi lo rimpiazzerete senz’altro e non mi d ovrete alcun ringraziamento. Nessuno è più disposto di me a rendervi un favore, ma i signori dell’accademia sono già talmente favorevoli a voi perché io possa fondatamente farmi un merito della vostra accettazione. Come vedete mi sono occupato seriamente d ella vostra causa […].

Intanto, continua la diffusione delle « Éphémérides »: nel g ennaio del 1760, l’abate Provost, segretario del cardinale Passionei c he abbiamo già incontrato a Roma, comunica di aver ricevuto conferma da parte dell’editore Baudouin dell a disponibilità del volume dell’almanacco; a marzo è l’abate de Lorry, futuro vescovo di Tarbes, a ringraziarlo perché nelle « Éphémérides » di cui ha ric evuto copia si elogia il prosciugamento delle paludi di Rachinsy da lui fatto eseguire. A dicembre dello stesso anno, Marigny è coinvolto pienamente nel progetto editoriale di Grosley: gli conferma che, come da sua richiesta, ha sollecitato

148 [Secondat: scienziato, consigliere d el parlamento di Bordeaux e figlio di Montesquieu]. 149 [Venuti di Firenze, Ciantar di Sicilia, Askew di Londra, de Guasco a Tournay, Chesterfield a Londra, Mazzocchi a Napoli e il principe Jablonowsky]. 150 [Mi litare svizzero, autore di una Storia militare de lla Svizzera].

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l’incisore Patt e a terminare la pianta di Troyes usata per l’edizione delle « Éphémérides » del 1771 così che l’incisione è ora finita e ben fatta. L’accettazione di Grosley all’Accademia è riscontrata dallo scambio di ringraziamenti e congratulazioni tra i corrispondenti: nel giugno del 1761 è il conte di Caylus a scrivergli:

Io ero in un certo senso vostro giudice, quindi sarebbe stato irregolare rispondere alla vostra. Ma ora posso dirlo : oggi l’Accademia vi ha nominato associato libero […]

Due giorni dopo Grosley ringrazia il presidente Hénault per l’appoggio datogli presso i signori dell’Accademia. Il 21 giugno, il duc a di Aumont respinge cortesemente i ringraziamenti di Grosley: la nomina è dovuta solo ai suoi meriti. A lui si aggiunge Cha mpion de Cicé, vescovo di Auxerre, che da Parigi porge i complimenti precisando che lui stesso è intervenuto presso il pr esidente de lla Accademia delle Iscrizioni , il ministro de Saint - Florentin, per convincerlo dei meriti di Grosley. Comunica che sta per nascere l’accademia ad Auxerre di cui sta scrivendo lo statuto: appena pronto, si faranno le nomine dei membri per le quali Grosley è già in lista. Conclude, pregandolo di spiegargli nuovamente quale commissione deve fare in suo nome presso il vescovo di A utun 151 perché l’ha dimenticato. Il viaggio a Londra è per Grosley e per i suoi corrispondenti occasione di nuove relazioni e nuove re ciproche commissioni. Da lì, nel maggio del 17 65 scrive a Capperonnier :

Ieri ho saputo dall’ambasciatore che Pierre Tercier si è ristabilito 152 : non sapevo neppure che fosse malato, dato che due giorni prima di partire per Londra l’ho incontrato alle Tuiler ies in buona salute. Vi prego di porgergli i miei rallegramenti e di ricordarmi all’abate Baudot 153 che non ha certamente dimenticato quella faccenda che mi riguarda. La raccomandazione di M. il presidente Hénault ha trovato la più calorosa accoglienza da pa rte di milord Holderness. Alla vostra salute, come autore di Abregé chronologique, hanno bevuto i l ministro di Prussia anche M. Michel ed altri tre milords che si sono felicitati con milord Holderness per essere lui amico dell’autore […] milord Chesterfiel d ha accolto molto bene le raccomandazioni di M. l e Beau 154 : si interessa molto all’Accademia ed h a molto gradito l’aver ricevuto l’ultimo volume delle Mémoires . Egli merita questo dono per la sua immensa cultura, per i suoi sentimenti verso l’Accademia e p er il fatto che possiede una bella biblioteca quasi interamente in francese. Domani cenerò con M. de Brequegny . 155

151 [Nicolas de Bouillé: elemosiniere del Re]. 152 [L’ambasciatore di cui si parla è L. - B. Mancini - Mazarini duca di Nivernois (morto nel 1798): membro dell’Accademia di Francia e dell’Accademia de lle Iscrizioni, fu ambasciatore di Francia a Lond ra; Tercier è membro dell’Accademia delle Iscrizioni, delegato per l’estero]. 153 [Erudito, funzionario della Biblioteca del Re e collaboratore del presidente Hénault]. 154 [Michel fu uomo politico e letterato, conosciuto a Londra e a Parigi; le Beau fu uno storico, membro dell’Accademia delle Iscrizioni]. 155 [Oudard de Brequegny, muore nel 1795: erudito inviato a Londra per raccogliere elementi della storia di Francia conser vati nella Torre di Londra; rimase tre anni in quella città].

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Nel marzo 1767 Grosley riceve da l duca di Nivernois la buona notizia che attendeva da tempo :

Ho l’onore di annunciarvi la vostra elezione ne lla Societé Royale de Lon dres. M. Maty, segretario dell’A ccademia e mio amico non avrebbe rinunci ato all’onore di comunicarvelo direttamente per lettera se avesse saputo il vostro indirizzo e mi ha pregato di fare le sue veci.

Le relazioni di Grosley orma i sono internazionali. Nel settembre 1770, Charles - Marie La Condamine – il viaggiatore e matemati co autore di R elation d’un voyage fait dans l’interieur de l’Amerique meridionale (1745), del Journal du voyage fait par ordre du roi à l‘équateur e di una His toire des Pyramides de Quito che muore nel 1774 – da Amsterdam ringrazia Grosley per la stima dichiarata e gli fornisce dettagli del suo viaggio compiuto con Louis Godin, astronomo , interlocutore di de Ratte e Lalande e membr o dell’Accademia delle S cienze. Gli promette una commission e per suo conto pre sso il M. de Rhinville. Quindi:

Vi ringrazio delle correzioni che pensate di fare alla pagina 115 del I volume di Londres nell’articolo A ppel e soprattutto di rinviare all’articolo apparso sul Mercure de Fran ce del luglio 1770 scorso ch e chiarisce l’ imbroglio 156 dell’appello alle Nazioni. Approvo anche i cambiamenti che proponete per la pag 150. Tuttavia, se non vi disturba troppo, mi fareste un favore se scriveste come vi dico qui di seguito, che è molto simile a quanto proposto da voi [… ] Vi assicuro, signore, che non mi era neppure passato per la testa che il mausoleo di Maupertuis – del quale il conte de Tressan ha avuto la prima idea ma che io stesso ho proposto ai familiari di elevare al loro avo, e per il quale ho offerto di contribu ire e di dare assistenza per la realizzazione – abbia potuto far nascere le maldicenze di cui mi parlate […] Avete letto il Journal des dames 157 di settembre 1759? Il mausoleo vi è descritto con qualche dettaglio: ne invierò una c opia per voi alla Vedova Duc hesne, o meglio al suo socio Gui 158 . Farò per voi anche quella commissione dalla quale la lettera andata perduta mi aveva distolto. Ciò che mi fate l’onore di confidarmi circa il vostro Voyage d’Italie mi torna assolutamente nuovo . Evidentemente avete seguit o una via ben diversa da quella presa per il Londres e credo che abbiate lasciato circolare i vostri manoscritti con eccessiva fiducia. Quanto a Londres , di cui vi avevo predetto il successo […] vi hanno rimproverato di essere s tato mal informato circa l’a neddoto su M. Garrick 159 . Forse mi sono già scusato della libertà con cui ho fatto correre la penna negli appunti che vi avevo inviato, di cui molti erano stati copiati da quelli scritti a margine del mio originale. Spero che ques to inverno mi farete l’onore di cenare c on me, quando verrete a Parigi.

156 Il primo numero del M ercure, uscito nel luglio 1770, recava un aneddoto avente Condamine come protagonista; imbroglio è in italiano nel testo (JOU 1999, ad vocem ). 157 [Il « Journal des dames » fu pubblicato dal 1759 al 1778; la raccol ta di questa rivista consiste in circa cinquanta volumi; il Maupertuis di cui si parla è F. - H. Moreau: filosofo, geometra e naturalista, morto nel 1759]. 158 Il nome di questo editore si trova anche con la grafia Guy. 159 [Celebre attore londinese, menzionato da Grosley in Londre s]. David Garrick, specializzato nelle recite shakespeariane, fu amico degli enciclopedisti e frequentò abitualmente il salotto d’Holbach insieme Diderot, Melchior Grimm, Helvétius, Damilaville, Hu me, Beccaria, ecc. (Attali 2012, p . 119 ).

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La fama di Grosley corre. Nel gennaio del 1772, il celebre erudito Ryklof Michel Van Goens 160 dall’Olanda scrive :

[…] appassionato di tutto ciò che riguarda l’Italia, di cui ha fatto s tudi approfonditi sulla storia, la lingua, i costumi e le antichità; avendo molte relazioni con persone importanti sia per rango che per meriti, le bontà dei quali basterebbero da sole a rendermi quel paese più caro di qualsiasi altro, ho da tempo l’abitud ine di interessarmi a tutte le nuove opere che ne trattano. Così non vi meraviglierete se sono stato tra i primi del mio paese a leggere Mémoires des deux suedois alla loro prima appariz ione nel 17 64.

Avendo molto apprezzato l’opera, ha dato ordine ai suo i librai francesi di procurargli tutto ciò che veniva pubblicato da M. Grosley. Questo gli ha permesso di scoprire qui e là, e soprattutto su Londres, alcune trascuratezze del la lingua e della distribuzione :

Mezzo inglese o almeno mezzo scozzese, io stess o, ho familiarizzato dalla mia infanzia con la lingua e gli autori di quel paese, vantaggi che non mi hanno permesso di chiudere gli occhi davanti ad alcuni errori che sono sparsi nell’ o pera, errori che comunque non mi hanno accecato rispetto ai meriti dei vostri libri e soprattutto di questo. Mi è stato facile , infatti , riconoscere le conoscenze profonde sulla storia, i costumi, le antichità dei differenti paesi; le opinioni solide sulle arti utili, sul commercio, l’agricoltura, la popolazione, l’industria ; il gusto sicuro ed illuminato sulle belle arti , l’architettura e la poesia; infine , l’occhio profondamente osservatore unito alla flessibilità e alla leggerezza di spirito […] tornando all’ultima opera di cui parlo, ho saputo che un libraio di Amsterdam ne aveva annunciato lo scorso anno un’edizione considerevolmente accresciuta. Stupito di non averne ricevuto notizia prima, ho scritto al libraio di inviarmi copia dei fogli man mano che venivano stampati. Ma comprendete il mio stupore e insieme la mia ind ignazione, quando, anziché avere soddisfazione della mia impazienza , mi sono sentito rispondere freddamente che i tempi non erano i più adatti per una tale impresa. Ho giudicato inutile replicare a quel vile mercenario ed ho deciso di rivolgermi direttamen te a voi per informarmi sul tipo di supplementi e correzioni previste. La cosa mi interessa tanto più che ho deciso di presiedere ad un Manuel des voyageurs par l’Italie che un libraio d i qui si propone di pubblicare ad uso dei miei compatrioti. Si tratta della traduzione olandese di un’opera tedesca di un certo Volckmann che ha fuso insieme la Description di Richard e il volume di La Lande, sostituendo le sue considerazioni ai tagli che ha ritenuto opportuno effettuare su quei due libri. Se voi leggete le Journal de Bouillon 161 vi trovate un significativo estratto. Ho dunque creduto bene dare giustizia all’autore delle Mémoires sur les Italiens [...]

Allega quindi per intero la recensione al libro Londres di Grosley che aveva proposto ai due curatori. In ess a, pur evidenziando, e correggendo, i numerosi errori di lingua e di stampa contenuti nel testo, elogia la gaiezza e la profondità delle riflession i che possono essere utili a chiun que voglia viaggiare in Italia.

160 [Nacque nel 1752; fu nominato a 14 anni professore di letteratura antica all’università di Utrecht]. 161 [Si tratta del « Journal Encyclopédique » , stampato a Bouillon dal 1760 al 1773].

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In una parola, signore, Misson, Keysler 162 , Richard e La Lande possono servire da c iceroni e da domestici portaborse ma si vorrebbe avere Grosley come compagno di viaggio: i prim i hanno solo il merito di essere indispensabili al viaggiatore, ma è un merito ben superiore quello di far viaggiare con p iacevolezza .

Infine, come ultimo esemp lare di questa categoria di corrispondenza, riporto la lettera del luglio del 1779 di Grosley a d'Alembert. Con le usuali circonlocuzioni erudite che fanno riferimento al castello appartenente all’ex ministro Terray, all’abazia - carcere di Abelardo ed all’a bazia dove è stato inumato Voltaire 163 nel 1778, si racconta l’incontro av uto con un importante ministro:

La strada tra noi e Parigi è tagliata da un triangolo equilatero i cui vertici sono occupati da Terray, Abelardo e Voltaire. Ho avuto il piacere di ave re qui per due giorni M. de Malesherbes che a veva fatto i tre pellegrinaggi.

Conclusioni

Posto che i dati ed i comportamenti che emergono dalla lettura della corrispondenza sostengono le considerazioni in premessa re lativamente alla personalità ed al meto do di lavoro di Grosley, si pone a questo punto la questione essenziale per lo storico: quanto è significativo il campione esaminato? La fonte utilizzata consenta un’estrapolazione dei dati che ne emergono e, per via deduttiva, generalizzare le considerazi oni? Sicuramente, la corrispondenza esaminata, proprio per come è formata, è ben esemplificativa di una porzione della rete cui ho accennato e, in particolare, della porzione che da Troyes unisce lo Champagne a Parigi con maglie che si allargano fino in Sv izzera, a Londra e in Italia. Per avere certezza dell’estrapolabilità delle osservazioni, per poter escludere che la macchina messa in moto da Grosley sia solo una sua creatura, frutto di un metodo suo personale ed as sumere invece che Grosley sia un ingran aggio – efficiente ma solo un ingranaggio – di una macchina già esistente ed ampiamente utilizzata occorrerebbe anche conoscere quanto sono fitte queste maglie e quanti soggetti vi sono coinvolti. Occorrerebbe focaliz zare la corrispondenza di qualcuno dei suoi interlocutori e vedere se ne emerge un’altra porzione di rete collegabile in

162 [Rispettivamente: Misson, c he venne in Italia nel 1688, fu autore di Nouveau voyage d’Italie, libro pubblicato nel 1702 e poi ripubblicato più volte nel corso del Settecento. Keisler (in realtà Keyssler): fu autore di una guida tradotta sia in francese ( Voyage en Alemagne et en Ital ie del 1736 - 43) che in inglese]. 163 A Vo ltaire, che morì il 30 maggio 1778, venne rifiutata la sepoltura religiosa. Allora, la sua bara venne traslata a Romilly (Aube) e sepolta nella abazia cistercense di Sèllieres di cui un nipote di Voltaire era abate (A ttali 2012, p 405).

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qualche modo a quella di Grosley o perché passa per gli stessi personaggi o perché è coinvolta nelle medesime ricerche. Delineati dunqu e in questo modo i limiti di validità d i questa ricerca, personalmente ritengo che, comunque, dal materiale esaminato l’estrapolazione sia ragionevolmente lecita. Le centouno lettere costituiscono un numero modesto, è vero, e tuttavia significativo se si c onsidera che si tratta per lo più di le ttere di corrispondenti di Grosley, dalle quali chiaramente si intuisce sia la corrispondenza originaria di Grosley stesso che quella collaterale inviata a terzi per conoscenza o per interesse. Ciascuno dei corrispond enti di Grosley non è un punto terminal e bensì è palesemente un ulteriore nodo della rete da cui si dipartono altre ramificazioni che raggiungono altri personaggi più lontani dello spazio e nelle competenze. Non solo: dai cenni biografici dei vari interloc utori di Grosley si riscontrano inaspettati intrecci indipendenti da Grosley stesso, ed amicizie convergenti su personaggi terzi, così che il sottolineare dettagli biografici che li caratterizzino singolarmente significa ricostruire la cronaca di un’intera società per la dura ta di mezzo secolo. Ho contato almeno duecentoventi diversi personaggi, menzionati come conoscenti o referenti, come destinatari o mandanti di commissioni; soggetti la cui presenza non appare mai occasionale, bensì espressa in modo da d enunciare un rapport o in qualche modo continuativo o almeno sistematico. Di fatto, queste lettere si pongono come una sintesi paradigmatica rispetto agli obiettivi dello studio, perché fanno intuire una rete estremamente più ampia che non quella tessuta tr a i personaggi che v i ve ngono espressamente menzionati. Inoltre, definirei questa corrispondenza professionale , nonostante l’evidente anacronismo del termine, in quanto l’esclusività del tema libro - documento che vi è trattato attesta che tra i corrisponden ti gli incontri fisi ci sono eventi eccezionali; tra loro non esistono altre relazioni amicali (anzi, talvolta sussistono idee sostanzialmente diverse o anche inimicizie) , non esistono affari o conversazioni collaterali: il libro/documento – inteso come ful cro di argomenti com merciali ma soprattutto come contenitore di informazioni, idee e cultura – è la materia prima del loro rapporto, la ragione stessa per cui quel rapporto esiste o si vuole creare. Anche il tono degli scritti appare significativo in tal s enso: se Grosley è q uello che appare il più verboso e bonario – rientra questa nelle sue doti caratteriali – gli altri interlocutori anche internazionali sono stringati, pragmatici, esatti. Se ne deduce la normalità di quel tipo di rapporto, di quel tipo d i scambio e di quel tipo di stile: gli users della rete sembrano omologati nella conoscenza del metodo di lavoro che, per questo, non richiede troppe formalità. Quanto poi alla tattica di espansione che abbiamo visto adottare da Grosley, essa consiste nell ’attirarsi la fiducia e la riconoscenza con il presentare congratulazioni e complimenti, con l’offrire suggerimenti ed altri servigi

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culturali, anche non richies ti, a personaggi noti e già ben inseriti nel contesto culturale ambito. È una tattica funzional e alla più ampia strategia dello scalare le a ccademie, dell’ accumulare “tessere di iscrizione” che, stando alle note autobiografiche dei corrispondenti, apparti ene anche a questi ultimi. E tutta questa fatica, è condivisa e reiterata da tutti gli interlocu tori in modo sostanzialmente omogeneo, senza critiche, senza novità: è evidentemente una prassi.

Bibliografia e abbreviazioni

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N ELLA RICORRENZA DEI TRATT ATI DI R OMA . UN OMAGGIO AL CONTRIBUTO OLANDE SE

Premessa Le pagine che seguono sono dedicate ad uno d ei personaggi centrali della storia dell’integrazione europea, nella sua fase originaria. Benché non ancora pienamente riconosciuto c ome tale dal grande pubblico, almeno in Italia, Johan Willem Beyen, manager, banchiere internazionale e ministro degli Este ri olandese, non soltanto, attraverso il suo “Piano ” del 1952 , ispirò la nascita del Mercato comune europeo, che di fatto rilanciò il processo comunitario dopo l’impasse della Ced. Ma contribuì allo stesso tempo, e non marginalmente, assieme a Spaak e Bech , a definire la fisionomia di quel soggetto che viene comunemente indicato come “piccoli paesi” , dei quali l’Olanda ha assunto progre ssivamente, ma sistematicamente, la leadership . Più precisamente, la proposta di Beyen – la quale attingeva ampiamente all ’esperienza della cooperazione regionale del Benelux e rifletteva altresì le priorità dell’agenda politica olandese, tra cui, in primo luogo, la salvaguardia del libero mercato - estendeva l’ambito comunitario all’insieme dell’economia, sia pure ridimensio nando il ruolo sovranazionale delle istituzioni europ ee, che era stato alla base del Trattato Ceca. Il concetto di “integrazione orizzontale” di cui il ministro olandese fu ideatore, induceva la Comunità a mettere in secondo piano il metodo propriamente s etto riale, introdotto da Jean Monnet insieme all’appr occio funzionalista , per giungere più rapidamente al traguardo dell’unione economica, la quale sarebbe stata conseguita partendo dalla realizzazione dell’unione doganale. Non è un caso, pertanto, che div erse interpretazioni individuino nel l’impostazione be yeniana il sostrato teorico essenziale del Mercato unico d el 1993. Venendo ora a illustrare brevemente i due testi che compongono l’”omaggio al contributo olandese ”, occorre precisare che nel primo verr à presentata la figura di Beyen attraverso una breve biografia. Il secondo costituisce una parte de l quinto capitolo del volume, a cura di chi scrive, Gulliver di Lilliput. I l contributo olandese all’integrazione europea (1945 - 1969) , accettato per la pubbl icazione d al Dipartimento di Storia, Culture, Religioni della “Sapienza”.

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Abstract

The following pages are dedicated to one of the central figures in the history of European integration , in its original phase . Although not yet fully recognized as such by the general public, at least in Italy, Johan Willem Beyen, manager, international banker and Dutch Foreign Minister, inspired, by his “Plan” of 1952, t he creatio n of the European Common Market. Such initiative effectively relaunched the European Community process after the stalemate of the EDC. At the same time, together with Spaak and Bech, Beyen contributed to define the physiognomy of that subject that is commo nly referred to as "small countries", of which the has assumed leadership p rogressi vely and systematically. More precisely, the “ Beyen Plan” - which drew extensively on experience of regional cooperation in the Benelux and also reflected the Du tch policy agenda priorities, including the preservation of the free market - extend ed the Comm unity framework within economy as a whole, even resizing the supranational role of the European institutions, which had been the basis of the ECSC Treaty. The co ncept of "horizontal integration", conceived by the Dutch M inister, induced the Community to ov ershadow the strictly sectoral approach, introduced by Jean Monnet along with the functionalism , to reach more quickly the goal of economic union, which would be achieved starting from the creation of the customs union. Not surprisingly, according to vario us scholars, the Beyen’s setting would be essential theoretical substrate of the single market of 1993. Now, as regards to the two following texts, the first wi ll introduce the figure of Beyen by a short biography. The second one is a part of the fifth ch apter of the book, edited by the writer, Gulliver in Lilliput . T he Dutch contribution to European integration (1945 - 1969) , approved for publication by the Department of History, Culture s , Religion s of the "Sapienza". G.V.

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Johan Willem Beyen, un costr uttore ( ancora poco noto) dell’Uni one europea. Cenni biografici di Giul ia Vassallo

Beijen Johan Willem (Utrecht, 2 maggio 1897 – L’Aja, 29 aprile 1976), banchiere, personalità di spicco del mondo finanziario internazionale, ministro degli Esteri olan dese e ideatore del Mercato comune europeo. Figlio di Karel Hendrik, alto funzionario de lla Maatschappij tot Exploitatie van de Staats - Spoorwegen (una società per la gestione delle ferrovie statali con sede a Utrecht), e della pianista Louisa Maria Coenen , Beyen trascorse la propria infanzia in un ambiente familiare culturalmente aperto e sensibile ai nuovi stimoli intellettuali, gli stessi che attraversavano, vivacizzandola e infondendo rinnovato ottimismo, la realtà olandese del primo Novecento. Wim – c osì veni va affettuosamente chiamato in famiglia – ereditò ben presto da suo padre l’approccio pragmatico e l’interesse per le nuove tecniche del mondo moderno, ma anche l’influenza della vena artistica materna non tardò a rivelarsi. “ Hij was zich bewust va n muziek voordat hij kon lopen ” (era esperto di musica prima ancora di iniziare a camminare), così si esprime Weenink, il suo biografo più accreditato 1 . E la precoce passione per il violoncello, come pure l’amore per la letteratura, non si sarebbero spenti nemmeno di fronte alle necessità più impellenti dell’impegno politico. Altro importante lascito familiare fu l’orientamento internazionale e un’educazione improntata al gusto per i viaggi e la diversità culturale. Nelle sue memorie, Beyen ricorda con ent usiasmo il suo primo soggiorno a Londra, nel 1907. Gli sembrò qualcosa di realmente straordinario e – cosa ancor più rilevante per gli sviluppi futuri del suo percorso politico – si sentì talmente

1 Cfr. W.H. Weenink , Bankier van de wereld, bouwer van Europa: Johan Willem Beyen 1897 - 1976, Doctoral Thesis, Leiden University, 2005, p. 18. Tale tesi è stata pubblicata, con lo stesso titolo, sempre nel 2005, ad Amsterdam, per i tipi di Prometeus. 68

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attratto dalla cultura e dalla lingua inglese da abbandonar e l’idio sincrasia verso i britannici che aveva sviluppato in seguito ai fatti della guerra anglo - boera 2 . Nel 1914, dopo aver completato gli studi liceali, Beyen s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza della Rijksuniversiteit di Utrecht. Furono questi gl i anni i n cui le doti intellettuali, la sua intraprendenza e la straordinaria prontezza d’intuito – in virtù delle quali seppe distinguersi sia nell’ambiente studentesco (al quale prese attivamente parte , pur criticandone il carattere fortemente elitario 3 ) , sia ag li occhi dei docenti - gli spalancarono le porte di un’ascesa professionale eccezionalmente rapida e brillante. A ppena due giorni dopo il conseguimento della laurea, l’11 novembre del 1918, mentre l’Europ a usciva lacerata dalla Grande g uerra, Beyen apriva ufficialmente il capitolo della sua vita professionale , nella convinzione di trovarsi davanti a una nuova epoca, sia a livello personale, sia sul piano nazionale ed europeo . Si allontanò, non senza sofferenza, da Utrecht per dirigers i all’Aja, pre sso la T esoreria g enerale del ministero delle Finanze, ove avrebbe prestato servizio come assistente a tempo determinato. L’incarico gli era stato offerto grazie all’intervento del prof. J.Ph. Suijling, il quale, avendo conosciuto e apprezzato Beyen come s uo stude nte, ne aveva fortemente caldeggiato l’assunzione presso i colleghi più influenti . Ma non sarebbe passato molto tempo prima che il poliedrico Wim potesse procedere autonomamente a costruire il proprio futuro. Certo, come osservano puntualmente Ween ink e Ke rsten, le amicizie illustri non vennero mai a mancare in vista degli appuntamenti decisivi della sua vita pubblica, avendo le frequentazioni pre stigiose da sempre costellato il suo orizzonte biografico. Ma è altrettanto vero che, fin da giovanissim o, il fu turo ministro degli Esteri olandese aveva mostrato una particolare attitudine ad instaurare legami solidi e importanti con le personalità più in vista nel milieu politico - intellettuale della sua epoca. Con queste ultime che, nella maggior parte dei casi, v enivano rapidamente e profondamente affascinate dalle doti intellettuali e dal carisma di Beyen. Fu questo il caso del Tesoriere generale, nonché eminenza grigia della finanza olandese degli anni Quaranta, Leonardus J . A . Trip , il quale, colpito pri ncipalme nte dalle capacità organizzative del giovane impiegato 4 , di gran

2 Per una ricostruzione p iù precisa della vicenda si veda J.W. Beyen, De zin van het nutteloze. Rarekiek van de 19. eeuwse jaren van de 20. eeuw , Ad. Donker, Rotterdam, 1970, pp. 29 - 30. 3 Ivi, p. 28. 4 Weenink riferisce di una lettera di Trip, del 1921, al Segretario generale dell e Finanze in cui il Tesoriere richiedeva una promozione per il suo “personeel” in vista del nuovo anno finanziario. Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 54. 69

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lunga superiori rispetto a quelle di funzionari decisamente più esperti, nel 1921 lo chiamò a far parte del suo entourage più ristretto. L’assidua e proficua collaborazione tra Beyen e Trip, peraltro, non soltanto consolidò in quest’ultimo la stima per le qualità professionali del suo supplente, ma soprattutto persuase l’illustre tesoriere a trasmettere al proprio pupillo un vastissimo bagaglio di conoscenze (pur caratterizzato da un’ impostaz ione fortemente conservatrice 5 ) ed esperienza nel campo della politica finanziaria. E fu quest’ultimo – che Beyen seppe peraltro arricchire della sua brillante creatività - a veicolare la successiva ascesa di Johan Willem in direzione di traguardi progress ivamente più rilevanti. Il primo passo fu, alla fine del 1923, l’ingresso nel mondo degli affari. Non più di un “intermezzo” – come lo ha definito Weenink – nella lunga carriera del “ bankier van de wereld ” (banchiere del mondo), ma con risvolti se nz’altro significativi per la definizione della sua fisionomia professionale. Poco più che ventiseienne, si trasferì a Eindhoven, sede della direzione generale della Philips, nota all’epoca per la produzione di lampadine elettriche. Anche in questa circost anza, la chiamata giunse direttamente da Anton Frederik Philips – co - fondatore del gruppo – , il quale aveva avuto modo di apprezzare il vigore con cui Beyen portava avanti il suo lavoro alla Tesoreria generale, nonché la sua capacità di “visione”, la sua l unga pro spettiva unita ad uno spirito pionieristico e avventuroso 6 . In realtà, il talentuoso funzionario accettò la proposta più per curiosità che per sincero interesse, inaugurando in tal modo una modalità che avrebbe caratterizzato tutti i tornanti deci sivi del la sua vita professionale, ivi compresa l’esperienza come ministro degli Esteri. Tornando ora alla vicenda della Philips, occorre precisare che l’incarico affidato a Beyen, giurista aziendale, non era certo di poco conto, tanto più se il contesto era quel lo di un’azienda che – nel clima di apertura e rinnovamento radicale favorito dalla fine del conflitto – si preparava ad irrompere con tenacia ed aggressività sui mercati europei. Più precisamente, al neo assunto si richiedeva di curare le relazion i commer ciali con l’estero, cioè, in pratica, di svolgere un ruolo chiave per la piattaforma aziendale sopra descritta, con l’intento, quantomeno ambizioso, di promuovere l’espansione internazionale della società in un contesto di mercati protetti da barri ere di v ario genere . Certo, un impegno di tale entità, un qualche tornaconto di rilievo doveva pur averlo. E tale vantaggio non tardò a disvelarsi. Il nuovo incarico, infatti, offrì a Beyen sia l’opportunità di calcare la scena della contrattazione intern azionale,

5 Ivi, p. 55 e anche A.E. Kersten, “Beye n, Johan Willem...”, cit. 6 Sulle circostanz e che favorirono l’incontro tra Beyen e Anton Philips si veda W.H. Weenink, Bankier van de wereld… , cit., pp. 60 - 61. 70

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sia la possibilità di prendere confidenza con il dibattito economico - finanziario degli anni Venti, al quale si app assionò fin da subito, specie per le tematiche dell’imprenditoria sociale . Per non dire dell’amicizia sempre più stretta con Anton P hilips, che andava a impreziosire una cerchia già notevolmente pregiata di conoscenze e che, nel quadro di un legame autenti co e intenso, aiutò il giovane Wim a trasformare la propria creatività – peraltro a lungo soffocata dalla rigida lezione di Trip - i n uno strumento prezioso di “giocosa creazione” 7 da affiancare al pragmatismo tipico del business man . Quella alla Philips, ad ogni modo, rappresentò niente più che una parentesi - pur costruttiva, soprattutto alla luce degli eventi successivi - nell’arti colata vicenda pubblica di Beyen 8 . E non fu un caso che si concluse dopo appena un anno, per lasciare spazio a uno scenario di ben altra caratura: “het grote werk” (la grande opera), come recita l’autobiografia di Johan Willem 9 . Ancora una volta, tale, det erminante, passaggio fu promosso da uno dei più convinti estimatori del futuro padre dell’Europa , Trip. Quest’ ultimo, infatt i, nominato presidente della succursale di Amsterdam della Javasche Bank , colse immediatamente l’occasione per coinvolgere nuovament e il suo protegé in un’esperienza di stretta collaborazione. Per Beyen, l’approdo all’ambiente bancario significò innanzitu tto un nuovo trasferimento, da Eindhoven ad Amsterdam. Ma non solo. C’era anche l’incognita – per molti versi avvincente – di ritrov arsi, ex abrupto , in una realtà complessa, a stretto contatto con il gotha della finanza nazionale, nonché a svolgere un com pito – quello di delegato dell’istituto – di cui gli erano per lo più oscuri tanto gli aspetti pratici quanto le effettive responsab ilità 10 . Anche in questa circostanza, egli seppe facilmente trovare, in Arie J. van Hengel 11 , il mentore che lo iniziò al seg reto della professione bancaria, nonché un sostegno più che valido quando doveva muoversi in un terreno accidentato e

7 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers. En kroniek van vijftig jaren te Rotterdam , Rotterda m, 1968, p. 30. 8 In verità, non pochi furon o gli episodi di frizione fra la dirigenza della Philips e Beyen (in particolare, nel luglio del 1924, la controversia causata dal giurista con l’Osram, la quale portò a un passo dalla rottura definitiva di un so dalizio duraturo e fecondo) che precedettero l’allontanamento di quest’ultimo dalla società. Per informazioni più dettagliate si rimanda a W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., pp. 63 - 71. 9 Cfr. J.W. Beyen, Het spel … , cit., p. 30. 10 Il delegato si o ccupava, in particolare, dei rapporti con la Nederlandsche Bank (la Banca centrale olandese) e con altri istituti. Le motivazioni che hanno portato alla creazione di tale figura sono ben descritte da Weenink, op. cit ., pp. 73 - 74. 11 Approfondimenti sulla fi gura di tale esponente di grande rilievo del mondo bancario olandese, come pure sul legame importante e duraturo che stabilì con Beyen sono contenuti in ivi, pp. 76 - 79. 71

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traballante co me quello finanziario e monetario della seconda metà degli anni Venti. L’impegno presso la Javasche Bank , ad ogni modo, non lo assorbì mai completamente ed egli riuscì anche a ritagliarsi ampi spazi da dedicare ad altre attività. Tra queste, merita di ess ere ricordato, già all’indomani del suo arrivo ad Amsterdam , l’incarico come commissario presso la Algemene Centrale Bankver eeniging voor den Middenstand ( ACB), istituto che versava in condizioni di preoccupante precarietà e che molti ritenevano a un passo dal fallimento. Beyen si appassionò profondamente alla causa e prese letteralmente in mano le redini della situazione, dist inguendosi tra gli omologhi per la fermezza con cui perseguiva i propri obiettivi nonostante la giovane età. Incoraggiato da van Hen gel, fu il principale artefice del salvataggio della ACB, cosa che alimentò in maniera esponenziale il già notevole coro di apprezzamenti che, nell’ambiente finanziario nazionale, andavano concentrandosi intorno alla sua figura 12 . Al punto che la direzione della Rotterdamsche Bankvereeniging (Robaver) , la quale, tra l’altro, aveva seguito da vicino l’intera operazione portata a vanti da Beyen come commissario all’ACB, si affrettò a riservarsi le prestazioni del promettente funzionario prima che potessero giu ngergli proposte più allettanti. Il 1 aprile del 1927, pertanto, Beyen, non ancora trentenne, prendeva possesso del suo nuovo ufficio di direttore della Robaver. Certo il suo atteggiamento era profondamente mutato rispetto a quello del giovane che, appena tre anni prima, si era timidamente introdott o nel panorama bancario olandese. Adesso si muoveva con disinvoltura, aveva guadagnato la stima e il rispetto anche degli interlocutori più autorevoli, senza contare il bagaglio teorico che aveva acquisito, sia per esperienza diretta, sia attraverso gli in segnamenti dei suoi mentori, sia grazie allo studio sistematico e approfondito, al quale non aveva mai mancato di dedicare il giusto tempo. La nomina alla direzione della Rotterdasmche Bank vereniging (Robaver) , attore di primissimo piano a livello mondial e e principale intermediario nel dialogo commerciale tra Olanda e Germania , rappresentò per Beyen la conferma di un ormai consolidato e diffuso riconoscimento delle sue qualità sul piano nazionale , nonché , allo stesso tempo, l’avvio della caratterizzazione spiccatamente internazionale del suo percorso professionale. Certo , oltre che alle innegabili risorse personali, il nuovo direttore della Robaver dovette anche all’eccezionalità della congiuntura economica il merito della rapidissima ascesa del suo astro . La cornice entro cui si in scrivono le prime uscite ufficiali di Beyen nella nuova, prestigiosa veste, è infatti quello turbolento, inatteso, ma anche denso di opportunità, della crisi innescata dal crollo del 1929.

12 Per una ricostruzione dettagliata della vicenda cfr. ivi, pp. 79 - 83. 72

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Tale evento rappresent ò infatti un’occ asione senza precedenti per condurre la riflessione del giovane dirigente verso approdi teorici non soltanto stimolanti, ma anche di grande portata per il suo futuro da “architetto” dell’integrazione europea . I n primo luogo sul piano politico. Cresciuto s econdo la lezione di suo padre, “un vero liberale” 13 , a partire dagli anni Trenta Beyen prese a rivisitare i principi del liberalismo in una formula più consona alle esigenze del momento 14 . Pertanto, pur continuan do a promuovere l’idea del libero commercio 15 , cominciò ad interrogarsi sulla necessità e sull’eventuale modalità di un intervento governativo più diretto nelle questioni economiche e monetarie , nonché a ipotizzare un avvicinamento delle masse al liberalism o , verso il traguardo collettivo della prosp erità per tutti 16 . In secondo luogo sotto il profilo economico. Dal punto di vista prettamente speculativo, registrò fin da subito le lacune della scienza economica ed elaborò una propria teoria, molto prossima a lle concezioni keynesiane e particolarmente attenta alle ricadute sociali delle politiche economiche e finanziarie 17 . Su un piano più concreto, l ucido osservatore della realtà dei fatti, si rese ben presto conto di trovarsi di fronte alla “fine di un ordine monetario internazionale esistente da diver se generazioni” 18 , e, per di più, senza che vi fosse alcuna alternativa praticabile a portata di mano . E fu proprio intorno a tale constatazione che iniziò a concepire l’idea della cooperazione interstatale – di gr ande attualità, com’è noto, nel dibattito co evo - come possibile via d’uscita da un’impasse senza precedenti.

13 “een echte liberaal”. Cfr. J.W. Beyen, De zin …, cit., p. 5 7. 14 Fu in questo stesso periodo che Beyen si appassionò alle teorie keynesiane, apprezzando dell’autore soprattutto il coraggio di proporre idee all’avanguardia. Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de werel d…, cit., p. 115. 15 Beyen aveva sempre ritenuto che il libero commercio fosse alla base della prosperità economica dei Paesi Bassi. Ivi, p. 108. 16 Ivi, p. 106. In particolare, nell’ottica beyeniana, il governo non poteva astenersi dal prendere parte alla l otta contro la disoccupazione. 17 In particolare, Beyen “ravvisava nella povertà sociale dilagante e nella disoccupazione di massa gli effetti devastanti di politiche inadeguate e del sostanziale disinteresse dei governi nazionali per le dinamiche economico - finanziarie dei rispettivi paesi. Per converso, solle citava la dirigenza politica europea ad adottare misure mirate, ad intraprendere un’azione di monitoraggio sistematico sulle fluttuazioni valutarie e sulle speculazioni sconsiderate, nonché a farsi cari co delle problematiche sociali insorgenti contestualme nte alle congiunture economiche sfavorevoli”. Cfr. G. Vassallo, “Johan Willem Beyen”, in Dizionario dell'integrazione europea , Rubbettino, Soveria Mannelli, in corso di stampa. In pratica, nella visione beyeniana esisteva un collegamento diretto e impresci ndibile tra la prosperità di uno stato e il benessere, anche culturale, delle masse. 18 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 103. 73

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Allo stesso tempo, sul versante pratico, stabilì di prendere parte attiva alla risoluzione della crisi, mettendo in campo tutta la sua inventiva e l’esperienza maturata nella gestione delle emergenze monetarie. Sicché, dal 1931, la sedia riservata al direttore della Robaver fu costantemente contemplata ai grandi tavoli internazionali sui temi economici e finanziari . E per il brillante funzionario, allora trentaquattrenne, l’imp egno di rappresentanza all’estero divenne l’elemento centrale della propria realtà professionale . In sintesi , da spettatore interessato del complesso scenario economico mondiale, Beyen si ritrovò inaspettatamente in prima line a nella formulazione di strate gie di contenimento e di rilancio. Più precisamente, iniziò col partecipare all’accordo di Basilea - il quale garantiva il sostegno alle banche centrali austriaca e tedesca - e agli incontri successivi a tale accordo, tenutis i regolarmente a Londra e a Berlino 19 . Nel 1933, ancora nella capitale britannica, come supplente di Trip ed esperto di questioni monetarie, rappresentò ufficialmente l’Olanda alla C onferenza mondiale sull’e conomia , al cui esito era legato il futuro economi co globale . Sempre nel 1933, fu dapprima membro, poi presidente (1934) , del Fondo del Lavoro, organizzazione istituita dal governo olandese perché elaborasse progetti innovativi per l’occupazione. Sul piano dei risultati concreti, tale iniziativa si rivelò essenzialmente fallimentare, giacché l’obiettivo per il quale era stata promossa, che era quello di tamponare gli effetti della crisi occupazionale, fu ben lungi dall’essere conseguito. Non così per Beyen , le cui consapevolezze e la cui notorietà – anche in ambiti diversi da quello propriamente finanziario - si estesero sensibilmente in seguito all’esperienza nel Fondo del Lavoro . Sul primo versante, infatti, egli realizzò di non avere né la forma mentis , né l’entusiasmo necessario per calcare la scena po litica. Era un tecnico, aveva un approccio pragmatico ed era interessato esclusivamente alla risoluzione diretta dei problemi. Ben diverso, invece, il riscontro che la sua performance aveva avuto su l la diri genza politica nazionale, la quale – di là dall’im possibilità di applicare i suoi suggerimenti – aveva fortemente apprezzato la lucidità del giovane presidente nel denunciare la mancanza di una soluzione internazionale al la crisi economico - monetaria, cosa che, a suo giudizio, era alla base della diffusion e dell’autarchia. E Beyen, che certo non poteva prevedere le disatrose ricadute globali di tale tendenza, sottolineava soprattutto l’impatto fortemente negativo che essa avrebbe avuto sull’economia

19 Di là dall’esito deludente dell’esperienza in sé – stand o almeno al giudizio che Beyen ha espresso in merito n ella sua autobiografia – è interessante sottolineare – in linea con le osservazioni di Weenink - che in tale occasione tutti i presenti ebbero l’opportunità di seguire da vicino il rapido insediamento d el regime nazista, nonché il diffondersi della cultura che al nazionalsocialismo faceva capo. Ivi, p. 138. 74

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di paesi tradizionalmente internazionalisti come l’Olanda. In breve – e questo era il nocciolo per certi versi “rivoluzionario” del suo pensiero – soltanto un’organizzazione internazionale innovativa , ma solida (cioè basata sul gold standard) 20 , avrebbe potuto far fronte ad una crisi senza precedenti come quella a llora in corso . Come accennato, ad ogni modo, la pratica di governo non aveva esercitato alcuna attrattiva sul brillante direttore della Robaver. Pertanto, nel 1935, ancora su invito d i Trip, egli tornava ad operare nel mondo bancario. In un nuovo contesto , però, senz’altro più prestigioso e stimolante, nonché più aperto ad accogliere positivamente - almeno così si supponeva - la lungimirante prospettiva beyeniana. Ancora in treno – ove era solito concedersi un circoscritto ma significativo spazio per abban donarsi a ricordi, nostalgie e speranze – Beyen raggiungeva la vicepresidenza del la Banca de i Regolamenti Internazionali di Basilea , il fulcro della consultazione internazionale sulle questioni monetarie, della quale, dopo appena due anni, assumeva la pres idenza, rilevando un incarico che era stato del suo stesso mentore, Trip . La sintonia con la città cantonale e con la nuova occupazione fu immediata. Si aprì una fase densa di contatt i interessanti (intorno alla BRI ruotavano le massime autorità della fin anza internazionale) , impegni di rilievo (soprattutto per ciò che riguarda i rapporti con la Germania nazista) , crescente notorietà. Al punto che, nel 1938, Beyen non ebbe difficoltà a declinare l’invito del solito Trip , il quale gli proponeva di assumere la guida nientemeno che della Banca centrale olandese. Di là dagli entusiasmi a livello personale, tuttavia, anche in tale veste il futuro ideatore del Mercato comune europeo non rius cì a conseguire i risultati auspicati . Anzi, caso mai il contrario. L’ es calation bellica, infatti , non mancò di produrre i suoi effetti distruttivi anche sulle attività della BRI e, di conseguenza, sull’operato del suo presidente. Il quale fu costretto, in più di una circostanza, a venire a patti con i tedeschi, al fine di evi tare gravi conseguenze politiche. Cosa che, di fatto, significò per lo più accordare al Reich ogni genere di transazione. Deluso e amareggiato, nel marzo del 1939 Beyen decise di non rinnovare il mandato all’istituto svizzero e di accettare , viceversa, un incarico offertogli da , all’epoca ministro delle Finanze e figura di rilievo, oltre che nel panorama politico olandese, anche nella formazione di Beyen . Certo quest’ultimo non poteva prevedere che quella scelta, peraltro intensamente soff erta, avrebbe rappresentato un tassello fondamentale per gli sviluppi successivi della sua carriera.

20 Come osserva acutamente Weenink, la creazione del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, a Bretton Woods, nel 1944, avrebbe dimostrato che l’idea di Beyen, per quanto apparentemente fan tasiosa, era tutt’altro che impraticabile. Cfr. Ivi, p . 181. 75

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La missione che gli prospettava Colijn non era certo di poco conto. Si trattava di rappresentare il governo dell’Aja in Belgio, in una delicata operazione diplomatica finalizzata alla realizzazione di un piano di cooperazione economica belgo - olandese . L’idea, peraltro, faceva capo direttamente alla Corona, giacché e rano stati gli stessi sovrani a concepire l’iniziativa nel corso di una visita ufficiale a Br uxelles, nel maggio del 1939 21 . Fu questo l’inizio di un rapporto sistematico tra Beyen e la Corona, certo favorito dalle amicizie influenti di Johan Willem. Come sottolinea Weenink, da allora egli prese ad essere considerato come un “amico di famiglia” ( e en huisvriend ) al palazzo reale. E proprio tale continuità di contatti, come si vedrà, avrebbe avuto un peso decisivo nella scelta dell’illustre banchiere alla dir ezione del ministero degli Esteri, nel 1952 22 . Tornando ora alla missione del 1939, l ’intento di fondo era quello di rafforzare la posizione dei due piccoli paesi, trovatisi improvvisamente in minoranza, sia nella scelta della neutralità, sia nell’adesione incondizionata al libero commercio, in un’Europa dominata da i grandi stati totalitari, aggre ssivi e autarchici. Tale tentativo, il primo concreto in direzione della cooperazione economica regionale tra i “ piccoli ” (poi ripreso nell’eseperienza del Benelux ), si dovette però interrompere bruscamente, dato l’incalzare d e gli eventi in prossimità dei confini nazionali dei due stati , cosa che presto avrebbe condotto all’occupazione di entrambi i territori da parte della Wehrmacht . In un siffatto, drammatico contesto, Beyen si rivolse n uovamente al mondo degli affari: s i trasferì a Londra e assunse la d irezione dell’Unilever. Era il gennaio del 1940. L’incarico gli era stato offerto dal lo stesso presidente della multinazionale anglo - olandese, Paul R ijkens. I due si erano conosciuti l’anno precedente, allorché l’Unilever era divenuta uno tra i principali clienti della BRI 23 . A maggio, giunsero nella capitale britannica dapprima il governo dell’Aja e poi la regina Wilhelmina , i quali, colti di sorpresa dall’occupazione tedesca 24 ,

21 Per approfondimenti si rimanda a ivi, pp. 174 - 175. 22 Cfr. ivi, p. 176. 23 Ulteriori dettagli sul rapporto tra Beyen e Rijkens, nonché sulle circostanze in cui si produsse il loro incontro si ve da T. Grosbois, “Le rôle de quelque réseaux dans la st ratégie européenne des multinationales”, in M. Dumoulin (ed.), Economic Networks and European Integration , Peter Lang, Bruxelles, Bern, Berlin, Frankfurt am Main, New York, Oxford, Wien 2004, pp. 351 - 37 0. 24 Così Weenink: “In korte tijd was Beyens strategis che wereld beeld gekanteld. Tot het Duitse mei - offensief had hij het vermoedelijk, net als zijn vriend prins Bernhard, uitgesloten geacht dat Duitsland Nederland zou binnenvallen” (In breve tempo, la visione strategica del mondo di Beyen fu stravolta. Fi no all’offensiva tedesca di maggio, egli, come il suo amico, il Principe Bernhard, probabilmente aveva escluso che la Germania potesse invadere l’Olanda. Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 187. 76

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avevano scelto la via dell’esilio come soluzione estrema . Come era prevedibile, sulla base del la già ricordata consuetudine di rapporti tra la Corona olandese e Beyen , quest’ultimo venne chiamato a svolgere – a titolo gratuito - la fuzione di consulente finanziario del governo 25 , con l’Unilever non soltanto compiacente, ma addirittura direttamente coinvolta , tanto da promuovere Johan Willem ad una posizione più remunerativa – quella di presidente del comitato finanziario 26 – in mod o che le preoccupazioni di carattere economico non lo distogliessero dal suo impegno nell’ establishment pol itico , né lo rendessero vulnerabile ad altre, più allettanti, offerte. Beyen seppe portare avanti senza difficoltà il proprio lavoro, in entrambi i contesti in cui si ritrovò ad operare, conseguendo apprezzamenti notevoli, tra cui un invito a candidarsi p er la direzione del ministero delle Finanze, nel 1941, poi sfumato per la presenza concorrente di Jan van den Broek , già politico di ben nota levatura 27 . Allo stesso 1941 risale l’invito di Rijk en s a far parte del Gruppo di Studio per i problemi della rico struzione ( Studiegroep voor Reconstructie - problemen ), creato dal presidente della Unilever per predisporre i miglio ramenti da apportare alla società olandese al termine dell’occupazione. Per Beyen si trattò di un’inattesa opportunità sia per ampliare la pr opria sfera di conoscenze illustri (la quale ormai si estendeva ben oltre i confini olandesi), sia per confrontarsi sistematicamente con esperti di varia estrazione sulle problematiche, non soltanto economico - finanziarie, del suo tempo 28 . A partire dal 194 3, l ’attività nell’ambito del grup po di studio fondato da Rijkens 29 venne condotta da Beyen parallelamente a un altr o incarico, di sicura rilevanza generale e soprattutto di notevole portata per la formazione europeista del futuro ministro olandese. Egli in fatti, proprio in virtù di quell’impostazione nettamente tecnocratica che gli aveva fatto sfuggire la direzione del le Finanze

25 Come sottolinea Grosbois, il titolo di “con sulente finanziario” era stato spécialement créé pour lui… il conservera jusq’en 1952, année où il deviendra ministre”. Cfr. T. Grosbois, “Le rôle…”, cit., p. 352. 26 Ivi, p. 353. 27 Cfr. J.W. Brouwer, “A rchitect van de Europese Gemeenschap?”, in D. Hellema, B. Zeeman, B. Van der Zwan (red.), De Nederlandse ministers van Buitenlandse Zaken in de twintigste eeuw , L’Aja 1999, pp 197 - 210 , qui p. 200. 28 Ulteriori informazioni su struttura e composizione dello Studiegroep sono contenute in T. Grosbois, “Le rôle…”, cit., pp. 353 - 354. 29 Lo Studiegroep elaborò una serie di rapporti, presentati al governo tra il 1942 e il 1945. Il risultato finale di tanto lavoro fu un’unica pubblicazione, uscita nel 1945, la quale conteneva essenzialmente una sintesi efficace e ben confezionata delle idee di Beyen. Tale rapporto suscitò un sincero interesse anche al di là dell’Atlantico. Cfr. G.M.V. Mans, “Ideas o f Netherlands Exiles on the Postwar International Order”, in W. Lipgen s, Documents on the History of European Integration , Berlin - New York, 1986, vol. 2, pp. 451 - 476, qui pp. 463 - 464. 77

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olandesi 30 , era stato chiamato a rappresentare l’Aja alle trattative per l’accordo monetario tra Belgio, Lussemburgo e Olanda, conc lusosi formalmente il 21 ottobre di quell’anno. Tale accordo, peraltro, avrebbe rappresentato il primo passo effett ivo sulla via verso la nascita del Benelux. Sia nell’ambito del Gruppo di studio, sia nel contesto del negoziato a tre, Beyen ebbe occasione di riflettere a fondo sul tema della cooperazione su base regionale, giungendo ad elaborare un a propria teoria, come sempre lucida e, per certi aspetti, addirittura lungimirante. Prendendo le mosse dall’esperienza maturata, negli anni Trenta, nel quadro della concertazione internazionale a carattere economico, con particolare riferimento alla confe renza di Londra del 1933, egli giunse alla conclusione che esistevano alcuni nodi di natura prettamente regionale (fossero essi di carattere politico, economico o sociale), i quali adavano affrontati e risolti in un contesto ristretto, aperto cioè alla par tecipazione esclusivamente dei soggetti interessati. A chi gli contestava, soprattutto all’interno dello Studiegroep , che tale metodo di cooperazione avrebbe ne cessariamente condotto alla formazione di blocchi reciprocamente antagonisti, nonché alimentato tendenze autarchiche, o almeno autonomistiche, rispondeva prontamente – e non senza un accenno di sarcasmo – che le due forme di cooperazione, quella internazio nale e quella regionale, non necessariamente si escludevano a vicenda. Anzi, caso mai il contrar io. Nell’ottica di Beyen la prima avrebbe funzionato da contenitore per la seconda, nonché da organismo di controllo 31 . Che l’ipotesi beyeniana assomigliasse a u na cooperazione rafforzata ante litteram ? Può darsi… Nome ormai autorevole nel panorama bancario e non solo , uomo di fiducia di Wilhlemina e riferimento indispensabile per la programmazione finanziaria governativa , non fu un caso che, nel 1944, l’ambizioso funzionario dell’Unilever si ritrovasse a Bretton Woods, incaricato dal proprio governo di fars i portavoce delle istanze olandesi di fronte a una platea senz’altro prestigiosa. Come è noto, le quarantaquattro delegazioni riunite a Bretton Woods avevano i l compito preciso di scrivere le regole del sistema monetario internazionale postbellico. E tutt i i presenti – Beyen per primo, il quale peraltro dedicò all’esperienza di Bretton Woods uno dei suoi saggi più celebri, Money in

30 Stando a Grosbois, i motivi che avevano portato all’esclusione di Beye n dalla nomina di ministro delle Finanze erano di tutt’altra natura. S ostiene infatti lo storico dell’Università di Lovanio: “Á la fin de l’année 1941, l’on pensée a lui comme ministre des Finances, en remplacemente de Steenberghe, mais le ministre - préside nt Gerbrandy ne veut pas entendre parler de Beyen, car, en tant que di recteur de Unilever, il le considère trop proche du grand capital. Le gouvernement néerlandais in exile était en effet accusé d’être trop influencé par des trusts représentés à Londres ( Unilever, Shell et Philips)”. Cfr. T. Grosbois, “Le rôle…”, cit., p. 3 54. 31 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., pp. 230 - 231. 78

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a Maelstrom , uscito a New York nel 1949 – avevano chiara la percezione di essere protagonisti di un processo di cambiamento ep ocale, nonché di aver raggiunto l’apice della propria carriera 32 . Il leader della delegazione olandese, ad ogni modo, non ebbe vita facile durante la conferenza . Per diverse ragioni. In primo luogo in quanto rappresentante degli interessi di un piccolo pae se in un palcoscenico occupato per lo più dai grandi stati. Il che significava vigilare attentamente sulla distribuzione dei voti, come pure condurre una battag lia a viso aperto per il riconoscimento del proprio peso negoziale. In secondo luogo come sosten itore della cooperazione di tipo regionale in opposizione all’impostazione dominante, di matrice americana, del one - world . Senza contare poi le frizioni con la Francia – anticipazione significativa del vero e proprio scontro che avrebbe animato la scena comunitaria negli anni a venire – nel farsi promotore della causa del Benelux in materia di assegnazione delle quote e di rappresentanza nelle istituzioni 33 . Benc hé non fosse riuscito a convincere l’assemblea della virtualità delle proprie proposte, dovendo, viceversa, accettare che le risoluzioni della conferenza fossero fedelmente improntate sullo schema proposto dagli americani, Beyen lasciò i tavoli di Bretton Wo ods con la convinzione di aver collaborato al raggiungimento di un buon risultato . L a Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) - ovverossia le due istituzioni che, successivamente nel 1946 e nel 1948, lo avrebbero ospi tato nelle rispettiv e direzioni - avevano infatti il pregio di rappresentare la volontà condivisa di costruire qualcosa di concreto, di dotare gli stati impegnati nella ricostruzione postbellica di strumenti efficaci per l’accelerazione del processo. Ma l’esperienza di Bretto n Woods ebbe anche importanti ricadute professionali per il leader della delegazione olandese, distintosi nell’occasione per le sue brillanti doti intellettuali, oltre che per la sua “lingua tagliente” 34 . Come accennato poco sopra, infatti, al termine dei l av ori – tralasciando un breve soggiorno in Svizzera, alla “ricerca di una vecchia Europa, della cui sopravvivenza gli mancava il coraggio di sperare” 35 e la partecipazione nel 1945 alla conferenza sulle riparazioni tedesche di Parigi - Beyen rimase negli St at i Uniti per porsi alla guida dapprima della Banca Mondiale e poi del FMI. Fu in tale contesto che la già poliedrica riflessione beyeniana si arricchì di nuovi contenuti, certo affatto distanti dall’impostazione tecnicistica e pragmatica che fino ad allo ra l’aveva caratterizzata. In effetti, risale al soggiorno americano

32 Ivi, p. 248. 33 Ivi, p. 250. 34 Ivi , p. 248. 35 Cfr. J.W. Beyen, Het spel …, cit., p. 172. 79

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il pieno avvicinamento, cioè anche sul piano dell’adesione teorica, all’europeismo, nella sua accezione di programma concreto per il Vecchio continente. B eyen partecipava al dibattito, al l’epoca particolarmente intenso nei circoli intellettuali statunitensi, sulla ridefinizione dei rapporti intereuropei e sull’ipotesi di mettere a punto un sistema di stabile cooperazione al fine di scongiurare l’insorgere di nuove conflittuali tà. Era inter essato soprattutto alla salvaguardia dell’autonomia e conomica continentale, fortemente minacciata, specie per quanto riguardava i piccoli paesi, dall’irrompere sulla scena mondiale delle due superpotenze 36 . Tale pericolo, che riconosceva tanto imminente, qu anto sottovalutato, lo portò a tralasciare momentaneamente la sua predilezione per la cooperazione regionale e a concentrarsi su una progettualità European - whole . Allo stesso tempo, l’interesse crescente per le questioni europee sollecitò l’al lora direttor e esecutivo del FMI a mandare ripetuti segnali all’Aja circa la propria disponibilità a tornare in Olanda. L’ambito per il quale si proponeva era quello dipolomatico, nel quale, come si ricorderà, aveva già ampiamente dimostrato di sapersi muo vere con evid ente disinvoltura, oltre che con comprovata efficacia. Ma certo il pur lungimirante Johan Willem non poteva prevedere – come avrebbe peraltro ammesso in seguito, nelle sue memorie – che la sorte lo avrebbe condotto ben più lontano (e cioè al v ertice del mi nistero degli Esteri) di quanto giungessero a contemplare le sue aspettative, fossero anche le più ardite 37 . È sen z ’altro vero che il nome di Beyen circolava più che occasionalmente nei corridoi del Binnenhof , per non dire del Palazzo reale, m a furono, in realtà, circostanze imprevedibili – nonché an cora poco chiare – a far sì che l’ eclettico banchiere di Utrecht, il 1 settembre 1952, figurasse tra i ministri chiamati a prestare giuramento davanti alle Camere , in occasione dell’insediamento del terzo governo del socialdemocratico . L’ipotesi più accreditata, sostenuta principalmente dallo storico Ernst van der Beugel, è che la candidatura di Beyen fosse stata proposta e caldeggiata dalla famiglia reale, e in particolare dall’influent e Capo gabine tto della regina Juliana, Marie Anne Tellegen, già collega all’università di Utrecht e con la quale, a Londra, l’allora consulente finanziario del governo in esilio aveva stretto un rapporto di fiducia 38 . Altrettanto plausibile è l’ipotesi di un successivo supporto alla sua nomina da parte del premier Drees, per diverse ragioni. Il leader socialdemocratico, infatti, aveva già avuto modo (in particolare durante la condivisa esperienza

36 Cfr. J.W. Beyen, Het spel… , cit., pp. 192 - 195. 37 Cfr. G. Vassallo, “Johan Willem Beyen”, cit. 38 C fr. E.H. van der Beugel, Minister Beyen: persoonlijke herinneringen , in «Internationale Spectator», anno 45, n. 2, febbraio 1991, p. 102. 80

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nell’ambito del Fondo del Lavoro 39 ) di conoscere e apprezzare le qualità di Beyen. Le sue perplessità, tuttavia, ruotavano intorno sia all’orientamento politico di quest’ultimo, notoriamente liberale e quindi in larga parte divergente dai fondamenti ideologici della socialdemocrazia, sia al fatto che il candidato non avesse alcun a esperienza per la pratica di governo, né avesse mai evidenziato particolari propensioni per la militanza politica. Furono al contrario le circostanze esterne a convincere Drees che la designazione di Beyen al ministero degli Esteri si sarebbe rivelata, in ultima analisi, una scelta ideale, ancorché audace, per alcuni versi. All’epoca dei fatti, effettivamente, i Sei, g ià organizzati nel quadro della Comunità carbosiderugica, stavano discutendo sull’opportunità di istituire la Comunità europea di difesa, la quale, come è noto, presentava non poche implicazioni di natura sovranazionale, specie di tipo politico . E Drees, i l cui europeismo era ben lontano dalle idee federaliste, era alla ricerca di un responsabile della politica europea olandese che in ambito comunitario si facesse interprete delle priorità nazionali prima di guardare ai personali convincimenti in materia di integrazione continentale. Un pragmatico con esperienza nella diplomazia internazionale insomma, piuttosto che un politico di razza, ma t roppo permeabile all’idea dell’Europa federale. In tale prospettiva, come accennato, la figura dell’ex direttore del F MI sembrava del tutto idonea e calzante. Non soltanto per le ragioni anzidette, ma anche perché – e nell’ottica del premier olandese non e ra una motivazione di minor rilievo – la presenza di un esponente laico come Beyen avrebbe se non altro temperato una una Comunità “vaticana” come quella allora in funzione, laddove cioè erano in carica ben cinque ministri degli Esteri cattolici su sei . T ale considerazione divenne prioritaria allorché fu deciso di ripartire il portafoglio degli Esteri, divenuto particola rmente oneroso data l’impellenza e la mole delle questioni sul tappeto (Europa, Indonesia e Nato, per citare soltanto le principali), cosa che fece emergere il nome del cattolico Joseph M.A. Luns come candidato più papabile 40 . La convivenza tra Beyen e Lun s non fu certo idilliaca: personalità forti e carismatiche, mal tolleravano di dover necessariamente condividere scelte e responsabilità. Pertanto, dopo una fase iniziale segnata da continue frizioni, si decise di procedere ad una ben definita ripartizione delle competenze, secondo la quale Beyen si sarebbe interessato delle questioni europee e dei rapporti

39 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit ., pp. 122 - 124. 40 “La decisione di bipartire il portafoglio era in rea ltà il risultato di un compromesso raggiunto tra Drees e il partito cattolico (KVP), il quale aveva esercitato forti pressioni sul premier perché provvedesse ad un’equa distribuzione deg li incarichi ministeriali tra le diverse componenti della coalizione g overnativa (i socialisti del PvdA, i cattolici del KVP, i cristiano - democratici calvinisti del CHU e i protestanti dell’ARP)”. Cfr. G. Vassallo, “Johan Willem Beyen”, cit. 81

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multilaterali (Nato, Oece) , mentre Luns si sarebbe occupato prevalentemente degli affari indonesiani. Il nuovo ministro si ritrovò così ad avere campo libero per portare avanti il proprio progetto per l’Europa, in realtà già definito fin dai tempi di Londra e ben diverso da quello del suo predecessore, il leader liberale 41 . Il maggior contributo, almeno sulle prime, consistette nel trasforma re il tenore della politica europea olandese, in virtù di una visione, maturata anche grazie alla pluriennale esperienza all’estero, secon do cui gli interessi nazionali potevano anche essere sacrificati, certo con le opportune cautele e garanzie, ai più am pi interessi comuni 42 . S icché , con l’arrivo del nuovo ministro all’Aja, i Paesi Bassi, da leader della frangia di contenimento de lle spinte sovranazionali (basti pensare alla contesa diplomatica tra Francia e Olanda per l’introduzione del Consiglio dei mini stri nel Trattato Ceca), divennero attori di primo piano, pur sempre prudenti in tema di sovranazionalità, nella costruzione dell’edificio comunitario. Il banchiere di Utrecht, infatti, era convinto che , anziché perpetrare sulla via dell’ostruzionismo e dell’isolamento, l’Aja avrebbe dovuto intraprendere la strada del dialogo e dell’atteggiamento propositivo. Entrando in medias res , risale al 3 settembre 1952 , a Lussemburgo, la prima uscita pubblica di Beyen nel contesto dei Sei , com e pure la sua prima sortita come promotore , flessibile e consapevole , dell’integrazione europea . Il contesto era quello, piuttosto turbolento, della riunione del Consiglio della Ceca, convocata per discutere sulla possibilità di procedere all’integrazione politica dell’ Europa, cioè alla creazione di una Comunità politica europea (Cpe), la quale sarebbe stata la base costituzionale sia della già esistente Comunità carbosiderurgica, sia della Comunità di difesa (Ced), in procinto di essere istituita. Benché a ssoluto neofita dell’agone politico internazionale, il rappresentante olandese non ebbe difficoltà a calcare il palcoscenico comunitario da autentico protagonist a 43 , con un’inziativa che testimoniò immediatamente il cambio di rotta nella politica europea de ll’ Aja: il processo di integrazione politica si sarebbe dovuto condurre parallelamente all’approfondimento dell’integrazione economica. Come aveva dimostrato l’e sperienza degli anni Trenta – sentenziava Beyen – politica ed economia non potevano essere eman cipate l’una dall’altra, essendo l’economia essenzialmente “una questione politica” 44 . La proposta del ministro olandese confluì nei “considerando” della risoluz ione con cui veniva decisa la creazione dell’Assemblea ad hoc , guidata da

41 Per ulterior i informazioni su Dirk Stikker si veda il successivo contributo, a cur a di chi scrive: “Per un mercato comune europeo”. 42 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 320. 43 “Come un pesce nell’acqua” è l’efficace espressione utilizzata da Weenink, ivi, p. 322. 44 Ibidem . 82

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Paul - Henri Spaak affi nché procedesse all’elaborazione di un progetto di trattato per la Cpe. Ma non solo. Beyen fu invitato dal consesso a mettere a punto uno schema più dettagliato della sua personale prospettiva di unificazione economica continentale , da discutere poi contes tualmente al testo presentato dall’Assemblea ad hoc . Si apriva così un ulteriore capitolo della già articolata vicenda pubblica beyeniana, quello in cui alla fi gura del banchiere esperto di economia internazionale, del manager di multinazionali di grande livello, del consulente finanziario del governo e del politico “accidentale” si affiancava quella del “costruttore dell’unità europea”. Nei mesi che seguirono a ll’incontro di Lussemburgo, Beyen, con lo sguardo sempre rivolto all’esperienza del Benelux, ne lla quale continuava a ravvisare un precedente significativo, seppur spesso sottovalutato, della Comunità , si dedicò con solerzia e passione alla stesura del suo primo piano europeo. L’idea del mercato comune , basata sul concetto di “integrazione orizzonta le”, contrapposto all’approccio verticale di matrice monnetiana, era già ben radicata nel suo orizzonte ideale . Si trattava ora di farla passare tra i Sei come p rogetto politico concreto, superando , in primo luogo, il vincolo al metodo settoriale , sul quale, fino ad allora, era stato concepito, prima ancora che avviato, il processo di integrazione europea. Non ch e Beyen pensasse di procedere direttamente all’unif icazione delle economie nazionali. Egli era perfettamente consapevole della necessità di preparare il terreno, psicologico oltre che pratico, per la realizzazione di un obiettivo tanto ambizioso 45 . Senza co ntare che, da buon olandese, non escludeva la possi bilità di attrarre anche la Gran Bretagna nel nuovo corso europeo, cosa che non sarebbe stata possibile, né addirittura ipotizzabile, senza opportune garanzie da offrire al governo di Londra, prima fra tut te quella di partecipare all’iniziativa fin dalle p rimissime battute. Pertanto, il ministro olandese propose ai suoi omologhi europei di partire dalla creazione di un’unione doganale e di una tariffa esterna comune , prerequisiti essenziali, come nel caso d el Benelux, per l’unificazione economica . Era l’11 dicembre del 1952. Le reazioni a tale proposta furono, tuttavia, a dir poco tiepide, sia da parte del governo dell’Aja, sia in ambito comunitario. In realtà, Beyen aveva già preventivato la fredda accoglie nza sul fronte interno, soprattutto da parte dei co lleghi notoriamente euroscettici, come Pieter Lieftin c k, il ministro delle Finanze, o dello stesso Drees, sempre preoccupato di an teporre le priorità

45 Ad onor del vero, Beyen fu invitato a contemp lare un approccio più graduale rispetto alla sua prospettiva originaria dal ministro olandese dell’Economia, J elle Zijlstra, uno tra i pochi, nel terzo governo Drees, a manifestare simpatie per il federalismo europeo. Cfr. ivi, pp. 325 - 327. 83

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nazionali e, di conseguenza, poco attratto dalle propos te di contenuto federalista, sia pur velato . Ciò ch e invece colse di sorpresa il ministro degli Esteri – mettendolo peraltro di fronte alla sua sostanziale estraneità rispetto all’articolato panorama politico olandese – furono le rimostranze da parte degli stessi europeisti più convinti, il ministro dell’A gricoltura in primis , preoccupati che il gradualismo prospettato nel Piano Beyen potesse agire da freno anche sull’andamento dell’integrazione politica. Le sorti dello schema beyeniano non furono migliori in Europa , ove non soltanto all’ini ziativa venne a mancare l’auspicato supporto incondizionato da parte di Belgio e Lussemburgo, ma Beyen si vide letteralmente travolto dal le critiche francesi – certo non del tutto imprevedibili – relative alla mancata coerenza del progetto con l’obiettivo della Cpe. Il ministro olandese non si lasciò però scoraggiare da questo primo fallimento. Era ormai del tutto persuaso che l’integrazione europea fosse una necessità, ma si rese anche conto che essa anda va costruita su basi solide e che soprattutto dovev a essere sostenuta da un “reale desiderio” di federazione , il quale , a sua volta , poteva nascere soltanto da un’effettiva solidarietà tra i popoli. Riprese quindi a lavorare al proprio progetto , il quale diventò per lui un obiettivo irrinunciabile, come mi nistro e come europeo . E di fatto, l’agenda politica di Beyen, per i successivi quattro anni, fu quasi intera mente occupata dagli impegni legati alla promozione e alla realizzazione dell’unità economica dell’Europa . La seconda versione del piano fu discus sa nel febbraio del 1953 e trovò maggiori consensi, soprattutto da parte tedesca, al punto che , nella bozza d i trattato della Cpe, presentata ai ministri degli Esteri della Ceca il 9 marzo, il M ercato comune europeo veniva indicato tra gli obiettivi della nuova Comunità , da conseguire attraverso una graduale fusione delle economie nazionali . Anche in questo caso , tuttavia, al ministro olandese non fu concesso il privilegio di assistere, da spettatore illustre e compiaciuto, a quella che sarebbe dovuta esse re la naturale evoluzione di un’iniziativa già ufficialmente approvata. Al contrario , com’è noto, la morte di Stalin, nel marzo del 1953 e la fine del conflitto in Corea fece ro venir meno, tanto repentinamente quanto inaspettatamente , l’urgenza di un appar ato difensivo europeo da contrapporre alla minaccia sovietica. Pertanto, il piano Beyen seguì le sorti dei du e progetti intorno ai quali era stato concepito, la Ced e la Cpe, insabbiato dal rinvio sine die della ratifica da parte dell’ Assembl ée Nationale . Era pur vero, però, che, tra tutte le proposte elaborate in quel tornante di storia comunitaria così movimentato e vibrante di contenuti federalisti, l’idea di Beyen rimaneva la più praticabile nel breve periodo, nonché quella con minori implicazioni di t ipo politico . Non fu un caso, pertanto, che , in una fase di stallo come quella innescata dalla decisione francese del 30 agosto 1954, l’idea del

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mercato comune venisse rispolverata per essere poi ammessa a divenire il fulcro dell’iniziativa che passò alla storia come “rilancio europeo”. Tale espressione venne coniata in occasione della Conferenza di Messina, 1 - 3 giugno 1955, la quale, patrocinata dall’allora ministro degli Esteri italiano, Gaetano Martino, costituì la cornice ufficiale entro cui Beyen rice v ette il titolo di “padre dell’Europa”. E certo non si trattò di un riconosciumento non meritato. Non soltanto per l’impegno che il ministro olandese aveva profuso nella stesura dei due piani del ’52 e del ’53. Ma soprattutto per l’intenso lavorio – anche d iplomatico – che aveva accompagnato la realizzazione del documento, passato alla storia come “Memorandum del Benelux”, che il delegato dell’Aja presentò alla conferenza e che costituì l’anima dei lavori. Il Memorandum era stato accuratamente preparato da Beyen, nei mesi che precedettero l’incontro, insieme ai suoi omologhi belga e lussemburghese, Spaak e Joseph Bech . I tre, del resto , erano legati d a una consuetudine di rapporti amichevoli risalente ai tempi di Londra . La proposta definitiva, che v enne p r esentata ai governi dei Sei il 18 maggio, non presentava , in realtà, differenze particolarmente significative rispetto al piano originale del ministro olandese. Risentiva però, e in misura sostanziale, del lavoro di cesello compiuto da Spaak, senz’altro p i ù esperto del collega del gergo delle cancellerie 46 . Pertanto, all’integrazione economica generale di matrice beyeniana , la quale costituiva la base per l’ implementazione del M ercato comune, veniva affiancato un progetto esplicitamente improntato al settor i alismo di Monnet, il quale prevedeva la creazione di istituzioni sovranazionali specifiche in materia di trasporti, energia e sfruttamento del nucleare con scopi pacifici. È storia nota che i contenuti del Memorandum sostanziarono i due trattati istituivi della Comunità economica europea (Cee) e dell’Euratom, siglati a Roma il 25 marzo 1957, i quali, di fatto, segnarono la ripartenza del percorso comunitario. Meno conosciut i sono invece gli effetti che le decisioni di Messina produsse ro sulla vicenda pubbl ica di Beyen. Per il ministro olandese, infatti, come accennato, il nuovo corso europeo, incentrato sul metodo dell’integrazione orizzontale, avrebbe dovuto favorire innanzitutto l’ingresso britannico nel condominio comunitario. Da ques to punto di vista, l e aspirazioni di Beyen combaciavano perfettamente con le volontà del governo dell’Aja, emerse già nel

46 L’intesa fra Beyen e Spaak, in verità, fu duramente messa alla prova durante la preparazione del Memorandum. Più volte il m inistro olandese accusò l’europeista belga di ingiustificata soggezione alla lezione monnetiana, anche a costo di screditare la validità e ridurre di conseguenza le possibilità di successo della sua proposta. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Ween ink, op. cit., pp. 348 - 350. 85

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primissimo dopoguerra. E anche per il banchiere di Utrecht si trattava di un sentimento antico, risalente cioè agli anni della guerra, allorché aveva iniz iato a prospettare un futuro in cui Olanda e Inghilterra, in quanto stati a vocazione internazionale piuttosto che continentale, nonché potenze commerciali, si sarebbero ritrovate insieme in un “gruppo Atlantico” 47 . Gli inglesi, tuttavia , erano di ben altro avviso. Per quanto allettante, l’idea del mercato comune europeo era comunque fondata sul principio della sovranazionalità e, come Macmillan si premurò di precisare nell’estate del 1955, nel corso di un colloquio con lo stesso Beyen, l a Gran Bretagna non aveva alcuna intenzione di entrare a far parte di un’organizzazione che l’avrebbe costretta in un vincolo continentale e di cui, cosa non certo marginale, i francesi detenevano la leadership 48 . Tale rigidità di posizioni persuase il min istro che Londra era effettivamente troppo lontana dall’Europa, nonché del tutto impreparata ad accogliere l’idea della sovranazionalità, nei confronti della quale nutriva una sorta di idiosincrasia paragonabile all’avversità, frammista alla paura, che sus citava il pensiero d ella Germania nazista negli europei durante la guerra 49 . Allo stesso tempo, Beyen , ancora in corso la Conferenza di Venezia, nel maggio del 1956, maturò la consapevolezza che il suo compito in Europa, come pure nel contesto politico naz ionale, era ormai es aurito. Del resto, la sua immagine all’Aja era stata da tempo messa in ombra dalla ben più prorompente figura di Luns, il quale, non a caso, sarebbe rimasto in carica alla guida del dicastero degli Esteri fino al 1971 . E il suo spirito creativo, come pure il suo atteggiamento irriverente ma carismatico , sembravano non trovare più spazio per esprimersi, essendo la realtà politica nazionale più attenta al consolidamento degli equilibri raggiunti che attratta da lle spinte innovatrici. Senz a contare poi il coi nvolgimento diretto del ministro, nonché inquilino abituale di palazzo Soestdjik , nello scandalo “ Greet Hofmans ” così chiamato dal nome della guida spirituale della regina Juliana, Margaretha Hofmans. Nota per le sue idee pacifiste – che certo, nella coeva temperie dominata dalla guerra fredda, mal si conciliavano con la politica di lealtà incondizionata al Patto at lantico intrapresa dall’Olanda – la Hofmans esercitò un’influenza sempre più incisiva sulla regina , tale da condurre i regnanti a un passo dal d ivorzio . Nel 1956, una fuga di notizie sulla scottante vicenda s catenò la stampa internazionale: i sovrani oland esi furono letteralmente messi alla berlina e il governo nederlandese si trovò costretto a bloccare la circolazione di alcune testate (tra cui

47 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 358. 48 Ibidem . 49 Ivi, p. 362. 86

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i l settimanale Der Spiegel ) nel territorio nazionale 50 . In tale, drammatico quadro , su Beyen, che pure aveva vissu to con apprensione l’intera vicenda, preoccupandosi in più di un’occasione di tamponare le emergenze e di assicurarsi che fosse mantenuto il mas simo riserbo, ricadde l’accusa di essere stato il responsabile della soffiata. Ne conseguì un brusco deteriorame nto dei rapporti tra la Casa d’Orange - Nassau e il ministro, conclusosi con l’allontanamento definitivo di quest’ultimo dal palazzo reale. Veden dosi privato anche de l supporto della Corona, così determinante per la sua prima elezione, Beyen non ebbe più du bbi sulla strada da intraprendere nell’immediato futuro. E i l 13 ottobre 1956 rassegn ò ufficialmente le proprie dimissioni da ministro degli Est eri. Si concludeva così quella che lo stesso banchiere on - Nederlands (non propriamente olandese ) 51 definisce nelle sue memorie come l’esperienza più piacevole e più densa di significato della sua vita professionale 52 . Certo, l’episodio scabroso dell’ affaire Greet Hofmans lo aveva pesantemente sfibrato, specie sul piano psicologico, sicché, lasciata la s crivania al Buitenlanse Zaken , decise di concedersi un anno sabbatico insieme alla seconda moglie, Margaretha Antonia Lubinka . Tale intenzione, tuttavia, fu accantonata già nel m arzo del 1957, allorché all’ex ministro (il quale , di là dagli atteggiamenti spigolosi e narcisistici 53 , continuava a godere di ampia stima e f iducia in ambito istituzionale) fu offerto di operare ancora al fianco del governo, stavolta come delegato leader nel le delicate trattative con la Germania per il risarcimento dei danni di gu erra. Un ruolo di grande responsabilità, in effetti, visto l’interesse della dirigenza dell’Aja nel mantenere relazioni cordiali con il potente vicino. Nulla a che vedere, però, con ciò che gli sarebbe stato proposto l’anno successivo, allorché gli venne conferita la nomina di ambasciatore a Parigi, uno tra i ruoli chiave della diplomazia olandese. Il contesto in cui Beyen si ritrovò ad operare , a pochi mesi d al suo arrivo nella capitale transalpina , era qu ello dinam ico , ma anche denso di tensioni e per alcuni aspetti drammatico , della svolta radicale segnata dal passaggio dalla Quarta alla Quinta Repubblica del generale De Gaulle. E il nuovo ambasciatore ,

50 Sulla vicenda, per la verità est remamente articolata e densa di implicazioni di carattere internazionale, si rimanda all’accurata descrizione di Weenink. Ivi, pp. 364 - 391. 51 Cfr. Jan Willem Brouwer, “Architect van de Europese Gemeenschap?”, in D. Hellema, B. Zeeman, B. Van der Zwan (red. ), De Nederlandse ministers van Buitenlandse Zaken in de twintigste eeuw , L’Aja, 1999, p. 197. 52 Cfr. J.W. Beyen, Het spel …, cit., pp. 167 - 168. 53 Così lo definiva Ernst van der Beugel nel suo diario. Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 411. 87

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che riteneva la Francia “il centro vitale di ispirazione cultu rale” per i paesi nordici e soprattutto per l ’Olanda 54 , era entusiasta di poter vivere da vicino tali sviluppi , peraltro potendo contare su un margine di autonomia di pensiero e di manovra – cui pure faceva da contrappeso l’assenza di peso politico – senz’altro più ampio di quello che gli era stato concesso all’Aja, durante il suo mandato ministeriale . Certo, il clima convulso in cui si consumarono i suoi primi giorni di permanenza a Parigi suscitò i n Beyen sentimenti contrastanti, non soltanto nei co nfronti di una Francia prostrata da una conflittualità interna che la lasciava orfana della sua grandeur , ma anche rispetto agli effetti che tale instabilità prolungata avrebbe potuto produrre in Europa e in Occidente 55 . Tuttavia, l’arrivo di De Gaulle mutò radicalmente le sue prospettive. Beyen apprezzava de l Generale la determinazione nel perseguire e realizzare i propri obiettivi. Il suo arrivo aveva sicuramente ripristinato l’equilibrio nella travaglia ta Repubblica transalpina, seppure a costo di non po che limitazioni della vita democratica, riconoscibili soprattutto nel conformismo dilagante. Tuttavia – e questo , per il funzionario olandese, era l’aspetto più rilevante – De Gaulle aveva avuto il merito di recuperare al proprio paese il prestigio interna zionale che la dir igenza della Quarta Repubblica gli aveva incautamente e pericolosamente sottratto. Per tutte queste ragioni, l’ambasciatore dei Paesi Bassi si dicharava sostanzialmente ottimista circa il futuro della Francia gollista. Del resto, sempre a detta di Beyen, a sostenere il capo dell’Eliseo nelle sue scelte politiche era la convinzione profonda di avere davanti a sé una missione altissima da compiere. E il suo orgoglio – che era invece la mag gior debolezza del Generale - non gli avrebbe consen tito in alcun modo di fallire in questo compito 56 . In ultima analisi, quello tra Beyen e De Gaulle non poteva certo dirsi un rapporto difficile. Ciononostante i contrasti non mancarono, né tardarono ad eme rgere. Anzi, fu proprio sul terreno europeo che si c onsumò lo scontro tra queste due personalità tanto carismatiche quanto risolute nel conseguimento dei propri fini e lucide nelle proprie convinzioni . È pur vero che, in quanto ambasciatore , l’ideatore de l Mec non era chiamato a intervenire direttamente ne lla definizione delle piattaforme comunitarie. Tuttavia, egli non poteva certo rinnegare il proprio passato da costruttore dell’unità continentale, né la sua sincera – anche se in parte conflittuale – sen sibilità europeista. Pertanto, dopo un’ iniziale fidu cia nelle potenzialità della politica europea del Generale, nella quale ravvisava un intento di fondo di

54 Cfr. J.W. Beyen, L’influence de l’esprit latin sur un pays nordique , Typefoundry Amsterdam, Amsterdam, 1953, p. 25. 55 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld…, cit., p. 424. 56 Ivi, p. 428. 88

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procedere al consolidamento e al rafforza mento della struttura della Cee, si trovò a dover prendere coscienza, giocoforza, che l’idea gollista di integ razione continentale era affatto distante dal concetto di sovranazionalità, mentre ben si accordava, fino quasi a coincidere, con quel disegno di “Europa delle patrie” che Beyen aveva cominciato a critica re , pur indirettamente, già negli anni Trenta. Senza contare poi che le priorità politiche di De Gaulle, almeno in campo europeo, stridevano drasticamente con gli obiettivi a medio e lungo termine dell’ Oland a, primo fra tutti l’adesione della Gran Bretagna a lla Comunità. G ià nel 1961 , la distanza di posizioni tra il funzionario europeista dell’Aja e lo statista parigino, campione del confederalismo, era divenuta incolmabile. E la definizione che Beyen diede del progetto presentato dalla Commissione Fouchet: “ caricaturale, per non dire mostruoso”, non lascia spazio a incertezze in tal senso . L’esperienza di Beyen a Parigi si concluse nel 1963, in realtà senza grande rammarico da parte dell’ambasciatore uscente, ma anche senza che i sentimenti di stima recipr oc a tra quest’ultimo e De Gaulle potessero dirsi in qualche modo compromessi. Giunto alla soglia del settantesimo anno di età, dopo un biennio trascorso in Olanda come funzionario presso alcune società, banche e assicurazioni di rilievo, nel 1964 , il pur i nf aticabile “banchiere del mondo” decise di ritirarsi a vita privata, insieme alla moglie, e di dedicarsi esclusivamente alle sue grandi passioni : i viaggi, la letteratura e il violoncello. Spirito libero e olandese atipico, a detta non soltanto dei suoi b io grafi, ma anche dei commentatori coevi, Beyen trascorse i suoi ultimi anni nel silenzio della sua abitazione dell’ Aja, ove si spense il 29 aprile 1976. In estrema sintesi, ripercorrendo nei tratti essenziali le trame dell’articolata biografia beyeniana, b alza agli occhi il dato della comple s sità di Beyen. Ne è indizio evidente il fatto che egli non si identificò mai completamente con uno specifico ruolo professionale (banchiere, esperto di finanza internazionale , manager, ministro degli Esteri o ideatore d el Mercato comune europeo) , senza per questo risparmiarsi di lasciare una traccia profonda nei diversi ambiti in cui si ritrovò ad operare, anzi, semmai il contrario. È senz’altro vero che le amicizie influenti, come pure lo scenario in cui si consumò l a sua vicenda biografica – attraversato dalle grandi cesure storiche del XX secolo, oltre che da stimoli intellettuali e culturali di calibro eccezionale – furono fattori imprescindibili, sia per la sua elaborazione teorica, sia per il suo multiforme perco rso professionale. Ma è altresì innegabile che Johan Willem Beyen non soltanto seppe cogliere i segnali del suo tempo , ma riuscì soprattutto a osservare la realtà con lo sguardo lucido e obiettivo, ancorché spesso carente di slancio idealistico , del tecnoc rate di razza. Era l’obiettivo concreto e materialmente visibile, in altre parole, ad occupare il centro della prospettiva

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beyeniana . La quale certo non si distingueva allora, né brilla a tutt’oggi, per la forza suggestiva, m a puntava dritta al conseguimen to di risultati tangibili (in perfetta sintonia, questo sì, con l’impostazione tipicamente “ nederlandse ”) . Fu a tale concezione pragmatica, del resto, che si ispirò la sua proposta di integrazione orizzontale e di Mercato co mune europeo, la stessa che gli è valsa il riconoscimento, pur tardivo, di “padre dell’Europa”.

Bibliografia

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P er un Mercato comune europeo

Un “uomo nuovo” per il ministero degli Esteri olandese Gli anni Cinquanta si aprirono in Olanda con una tra le più lunghe e travagliate crisi governative della storia nazionale, protrattasi, quasi senza interruzioni, dal 24 gennaio 1951 al 1 settembre 1952 , allorché entrò in funzione il terzo governo Drees 1 . I nnescata di fatto dal le controversie sorte attorno alla gestione del problema indonesiano, essa schiuse progressivamente le soglie entro cui era da tempo compresso un malessere profondo e condiviso tanto dall’ establishment politico quanto dalla società civ ile, il quale faceva capo all’ esigenza di un netto ricambio ai vertici dello stato. E proprio nel venire incontro a tale richiesta, così diffusa e, per certi aspetti, prorompente, la dirigenza nazionale, complice la Corona, decise di affidare il vertice del dicastero degli Es teri ad una personalità esterna, almeno formalmente, sia alle di namiche di partito, sia alla pratica di governo. A guidare il Buitenlandse Zaken fu pertanto designato Johan Willem Beyen 2 , banchiere di fama mondiale , accreditato esperto di economia e di fin anza e nome noto anche nel mondo degli affari, vista la sua plur iennale esperienza sia alla Philips, sia all’Unilever di Londra. Nel momento in cui venne richiamato in Olanda, peraltro, Beyen aveva

1 Cfr. P.P.T Bovend’Eert, H.M.B.M. Kummeling, Het Nederlandse p arlement , Berts Arts bNO, Nijmegen/Utrecht, 2004, p. 396. Una ricostruzione sintetica ma efficace delle condizioni in cui maturò la crisi di governo del 1951 si ritrova anche in R.J.J. Stevens, De lichte kabinetscrisis van mei 1950. Oud en het zelfbeschikk ingsrecht voor de Indonesische minderheden , in «Politieke Opstellen», n. 14, Nijmegen, 1994, http://www.ru.nl/cpg/overige_publicaties/politieke_opstellen/#14 2 Ad oggi, l’unica biografi a completa e ragionata di Johan Willem Beyen è quella di Wim H. Weenink , Bankier van de wereld. Bouwer van Europa: Johan Willem Beyen 1897 - 1976 , Prometeus, Amsterdam 2005, alla quale si farà ampiamente riferimento nel corso di questo capitolo. Una interess ante fotografia dell’uomo e della sua attività è offerta dal saggio di Jan Willem Brouwer, “Jan - Willem Beyen, Européen sur le tard”, in Sylvain Schirmann (dir.), et les Pères de l’Europe. Cultures politiques et années de formation , P.I.E. Pe ter Lang, Bruxelles, 2008, pp. 257 - 267 . Sempre di Brouwer è una più cir costanziata ricostruzione dell’esperienza di Beyen come ministro degli Esteri: “Buitenlandse Zaken: de strijd om meer parlementaire invloed, 1948 – 1951”, in P.F. Maas, J.M.M.J. Clerx (ed s.), Het kabinet Drees - Van Schaik (1948 - 1951), Band. C, Koude Oorlog, d ekolonisatie en integratie , Centrum voor Parlementaire Geschiedenis, Nijmegen 1996. In italiano, viceversa, è in corso di pubblicazione la voce “Johan Willem Beyen”, curata da chi scriv e per il Dizionario dell’integrazione europea , a cura di Piero Craveri, Umberto Morelli, Gaetano Quagliariello, in corso di stampa presso l’editore Rubbettino. 91

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appena lasciato la direzione del Fondo monetario internazi onale , cosa che contribu ì ad alimentare la percezione di lui com e dell’uomo più indicato per dare nuova vitalità ad un ambiente politico fin troppo ripiegato su se stesso e, di conseguenza, poco permeabile rispetto agli importanti stimoli provenienti dall’ esterno . Tale scelta, come si vedrà nelle pagine che seguono, e bbe invero motivazioni ben più complesse di quanto coloro che l’avevano maturata e sostenuta vollero far passare all’opinione pubblica coeva. Per non dire dei risvolti di lungo periodo, i qual i finirono per sfuggire anche agli sguardi più acuti e lungimiranti dei pur navigati politici dell’epoca .

Perché Beyen Come accennato, l e vicende legate alla designazione di Beyen come ministro degli Esteri risultano, a tutt’oggi, quanto meno complesse . C’erano naturalmente ragioni di carattere pratico. P rima fra tutte la necessità di trovare un’alternativa al lungo dicastero di Stikker , che fosse valida e di pari livello, sul piano sia dell’efficienza, sia della conformità alle linee guida generali della politica nazionale . Il ministro uscente infatti , da ta l’esclusione del proprio partito dalla nuova coalizione di governo 3 (guidata, come di consueto, da una robusta maggioranza cattolico - socialista e sostenuta da cristiano - sociali e antirivoluzionari , con quest ultim i che aveva no sostituito il Partito libe rale - VVD 4 ), aveva deciso di abbandonare l’Aja per assumere l’incarico di ambasciatore a Londra. Cosa che lasciava nelle mani di Drees l’onere di individuare un candidato idoneo a portare avanti l’impor tante lascito del predecessore , specie in campo europeo e nei rapporti col mondo anglosassone. Che poi, a ben guardare, i due ambiti erano strettamente collegati, visto che la politica europea di Stikker era stata essenzialmente fondata sul tentativo di an corare la Gran Bre t agna alla Comunità (al fine di mantenere salda la special relationship anglo - olandese ) ,

3 Sul VVD, infatti, gravava la responsabilità di aver aperto la crisi di governo, giacché era stato il liberale Pieter J. Oud (leader del partito nei periodi di assenz a di Stikker) a presentare la mozione di sfiducia all’inizio del 1951. Commenta Stikker: “H e disqualified the Cabinet by declaring: ‘This is a weak Cabinet. It is tired. It cannot cope any longer with the problems’. […] Romme fully supported the Cabinet ag ainst Oud’s no - confidence motion. The Government had a good majority. My party, however, vo ted for the motion. I therefore resigned”. Cfr. D.U. Stikker, Men of Responsibility : A Memoir , Murray, London, 1966 , pp. 239 - 242. 4 Si trattava, come spiega Murari, di un “compromesso delle varie formule” tentate nei mesi precedenti. Cfr. ASM AE, DGAP I, O landa 1950, b. 257, Il nuovo Governo olandese , 2.9.1952, p. 2. Più precisamente, sempre facendo fede alle relazioni di Murari, il nuovo governo si componeva ”d i sei cattolici, cinque laburisti, due antirivoluzionari, due cristiani stori ci e uno senza parti to” . Cfr. Ivi, Nuovo Governo Olandese , 31.8. 1952, pp. 1 - 2. 92

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nonché sulla ricerca del consenso da parte di Washington rispetto alle iniziative e alla condotta d e ll’Olanda in materia di integrazione . Senza conta re poi l’attenzione sempre vigile agli equilibri interni ai Sei, il che significava soprattutto salvaguardare l’autonomia decisionale dei piccoli stati in un contesto più che sporadicamente dominato dall’influenza dei grandi partner. In realtà fu proprio Stikker, stando almeno a quanto riferi to da Weenink 5 , a caldeggiare per primo – e cioè già nella primavera del 1952 - la nomina di Beyen come suo successore , sciogliendo così, in larga parte, i dubbi del premier . Le motivazioni su cui poggiava la proposta del leader del VVD erano peraltro ben fondate. La prima riguardava l’affinità politica . Beyen, infatti, era un liberale. Certo, al momento non militava in alcuna formazione , né aveva mai manifestato interesse per la pratica di governo, ma aveva appreso dal padre – un “ vero liberale ” , a detta dello stesso Johan Willem 6 - la lezione del liberalismo . Inoltre , tra la fine degli anni Venti e l’inizio d egli anni Trenta, aveva intrapreso un a collaborazione sistematica all e attività del partito – consistente per lo più in contributi teorici di carattere economico - che lo aveva condotto ad un passo dalla nomina alla direzione della sezione di Utrecht , sua città natale 7 . In secondo luogo, era da tenere in considerazione il fatto che l’ex direttore del Fondo monetari o internazionale (e prima della Banca mondiale 8 ) ave sse una conoscenza diretta e profonda dell’ambiente economico - finanziario internazionale, soprattutto di quello americano . E che pote sse contare su una vasta rete di amicizie influenti, strette in quello come in altri contesti, le quali gli garantivano l’accesso ai canali istituzionali, nonché un peso non trascurabile anche davanti a platee di prestigio 9 . Tutto ciò non soltanto lo rendeva più idoneo di altri a mantenere vivo e fecondo il dialogo tra l’Aja e Washington , ma soprattutto faceva sì che emergesse come il più convincente e accreditato tra i potenzial i r appresentanti dei Paesi Bassi a ll’Oece (sulla quale continuavano ad

5 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld. .. , cit., p. 288. 6 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers. En kroniek van vijftig jaren te Rotterdam , Rotterdam 1968, p. 57. 7 Per approfondimenti sull’argomento si rimanda a W.H. Weenink, Bankier van de wereld ..., cit., pp. 115 - 116. 8 Beyen fu alla guida della Banca mondiale nel 1946 e direttore esecutivo del Fmi nel 1948. Cfr. A.E. Kersten, “Beyen, Johan Willem (1897 - 1976)”, in Biografisch Woordenboek van Nederland , L’Aja 1985, parte II, p. 30. 9 La lista di amicizie illustri di Jan Beyen è particolarmente nutrita. Basti pensare ad Anton Philips e Paul Rijkens, p er citare i nomi più noti nell’ambiente affaristico internazionale, a Leonardus J.A. Trip, Jacques J. Polak e Hendrik Colijn, personalità di rilievo nel panorama finanziario olandese, e, last but not least , John Maynard Keynes. Per una panoramica più compl eta si veda il più volte citato volume di Weenink. Mentre alcune informazioni di rilievo sul rapporto tra Beyen e Keynes si trovano in D. Moggridge, Maynard Keynes: An Economist's Biography , Routledge, London 2002, pp. 768; 863 - 864. 93

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essere ince ntrate le principali aspettative di Stikker in materia di cooperazio ne europea , nonostante il fallimento del suo “ Piano d’azione” ). C’era poi da tener conto dell’influenza che il banchiere di Utrecht era in grado di esercitare su lla famiglia reale e soprattutto sulla regina Juliana . I legami tra Beyen e la Corona, in real tà, risalivano al 1939, cioè al periodo in cui l’allora ex direttore della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea era stato chiamato rappresentare l’Olanda in un primo esperi mento di cooperazione economica regionale con il Belgio - poi sfumato a c ausa dell’ escalation militare in Europa – ideato e promosso dagli stessi sovrani 10 . L’idea della missione, inizialmente tenuta segreta anche ai più alti vertici della diplomazia nazion ale 11 , era nata nel maggio del 1939, durante un incontro tra Leopoldo III del Belgio e Wilhelmina , a Bruxelles. L’intento era quello di portare avanti un piano di cooperazione economica tra i piccoli paesi , volto anche a rafforzare la p osizione degli stati neutrali, democratici e liberoscambisti , in un’Europa dominata dai grandi stati , totalitari , mili tarmente aggressivi e autarchici . Il compito dell’ “inviato speciale” Beyen era essenzialmente quello di esaminare la fattibilità del progetto. Fu in questa occasione che il futuro ideatore del Mercato comune europeo cominciò a pre ndere confidenza con alc uni temi che sarebbero diventati centrali nel dibattito politico olandese del secondo dopoguerra. Primo fra tutti l’emergere di un nuovo soggetto nel contesto europeo ed internazionale, “i piccoli paesi”, con interessi ed esigenze c ondivisi e di cui l’Olan da era chiamata, forse anche sul piano morale , ad assumere la leadership. In secondo luogo l ’idea dell a necessità , quasi vitale, per i piccoli paesi di cui sopra, di strutturarsi in un quadro di cooperazione economica regionale , il quale avrebbe rappresent ato sia una garanzia di sviluppo e protezione per economie fortemente liberiste , ma sensibilmente esposte agli shock internazionali ; sia – come avrebbero dimostrato in più di una circostanza gli eventi successivi – uno strumento ess enziale per assicurare maggior peso negoziale ai singoli governi all’interno delle grandi assis e economiche (Beyen pensava soprattutto alla Conferenza mondiale sull’economia di Londra, del 1933, a cui aveva preso direttamente parte come esperto di question i monetarie 12 ) . L a “missione” del 1939, d i là dall’insuccesso dell’iniziativa, ebbe anche un altro importante risvolto per la vicenda biografica beyeniana. Ovverossia fu all’origine di un’ intesa eccezionalmente immediata e profonda tra la Casa regnante e il banchiere d i Utrecht, tant’è che, da allora e fino alla metà degli anni

10 W.H. Weenink, Bankier van de wer eld ..., cit., pp. 174 - 175. 11 Ne erano a conoscenza soltanto i sovrani e il primo ministro Hendrikus Colijn, cioè i pochi dei quali era accertata la convinzione sulla virtuosità della cooperazione economica regionale. Ibidem . 12 Sulle importanti r icadute che tale esperienza ebbe sulla riflessione di Beyen, anche in relazione alle tematiche dell’integrazione europea si veda ivi, pp. 141 - 147. 94

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Cinquanta , quest’ultimo divenne un frequentatore abituale di Pal e is Soe st d ijk, accolto come un “amico di famiglia” 13 . Nessuna sorpresa, quindi, se, nel 1942, mentre era in servizio all a Unilever di Londra, gli giunse la chiamata del governo olandese – anch’esso nella capitale britannica , ma in esilio – a prestare servizio al suo fianco come consulente finanziario. Sembra in realtà casuale la compresenza di Beyen e dell’ establishment de i Paesi Bas si – sovrani compresi – nel paese d’oltremanica. Senz’altro ben studiata , come accennato, fu invece la decisione di offrire un incarico tanto delicato proprio al manager economista , certo ormai noto nell’ambiente bancario , come tra le lobby affa ristiche, m a rimasto pur sempre distante da lle stanze della politica . Stando ancora a Weenink, Beyen era divenuto a pieno titolo “l’uomo di fiducia” di Wilhelmina. In tal senso, l a conferma ufficiale arriverebbe da una lettera della stessa sovrana olandese a Roosevel t, dell’agosto 1941, in cui Beyen veniva indicato come colui “who could report to me on everything you wish to confide to him” 14 . Il placet della Corona, in effetti, avrebbe potuto rappresentare in se stesso l’elemento chiave per spalancare a Be yen le port e del Buitenlandse Zaken . T uttavia, tornando a Stikker , il ministro uscente era determinato a non trascurare alcun dettaglio del lungo elenco che aveva stilato a sostegno del la nomina del suo protegé . Puntò quindi l’accento su un ulteriore aspet to , il quale gli sembrava essenziale per venire incontro alla spinta al rinnovamento che da più parti sembrava attraversare l’Olanda. Si trattava dell’impostazione economicistica e tecnocratica di Beyen, la quale sembrava quanto mai indicata per rilanciare la pos izione dell’Olanda sullo scenario economico mondiale , dopo il sensibile ridimensionamento seguito alla perdita delle colonie . Il leader liberale concludeva la sua circostanziata perorazione alludendo al fatto che Beyen , già in un’intervista dell’ap rile 1952, aveva mostrato più di qualche perplessità sull’orientamento del Parlamento olandese, giacché quest’ultimo gli appariva fin troppo lanciato a favore della Federazione europea 15 . E Stikker , che nutriva le stesse perple ssità, sapeva bene che tale di mostrazione di europeismo equilibrato, per non dire cauto, sarebbe stata determinante per convincere Drees ad accogliere il tecnocrate cosmopolita – e certo non propriamente “ Nederlands ” – nella nuova compagine di governo. Le considerazioni dell’ex ministr o, in effetti, non lasciarono Drees impermeabile. Anzi, caso mai il contrario. Con l’allontanamento dei liberali dal governo, il premier socialdemocratico aveva particolarmente a cuore che il ministero degli Esteri rimanesse u n baluardo laico e affidato a un europeista

13 Ivi, p. 176. 14 Ivi , p. 205. 15 Ivi, p. 288. 95

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“solido”, cioè interessato sì all’integrazione continentale, ma senz a grandi ambizioni federaliste, laddove non soltanto il Parlamento, ma anche l’opinione pubblica, erano proiettati in tutt’altra direzione 16 . E la figura di Beyen, stando anch e alle indicazioni di Stikker, sembrava , in tale prospettiva, perfettamente calzante 17 . Che poi , alla prova dei fatti, tali aspettative sarebbero state ampiamente disattese è tutt’altra questione, sulla quale, comunque, si tornerà in seguito . Occorre altres ì precisare che sulla decisione di Drees pesarono anche – e certo non marginalmente – gli incoraggiamenti della Corona. Come si è visto più sopra , infatti, sia il principe Bernhard che la regina J uliana caldeggiavano apertamente la nomina dell’amico Johan Willem al vertice del ministero degli Esteri. ( che venne nominato ministro dell’Economia nello stesso governo cui prese parte Beyen e che sarebbe divenuto un interlocutore privilegi ato del futuro ideatore del Mercato comune , soprattutto nell e questioni europee) affermò che la regina aveva un vero e proprio “debole” per Beyen 18 , cosa che la spinse, sempre stando a Zijlstra, ad esercitare un ruolo significativo “ behind the scenes ” 19 . Del resto - come si apprende da una lettera di Bernhard a Beyen , risalente ai primi di maggio del 195 2 – su Juliana esercitava un’influenza notevole anche il parere del suo autorevole Capo di gabinetto, ovverosia “ Mejuffrouw ” Marie Anne Tellegen, autentica eminenza grigia in tutte le decisioni che coinvolgevano la Cor ona olandese, ivi comprese crisi e conseguenti formazioni di governo . E la Tellegen , stando sempre alla lettera del principe, sarebbe stata un alleato formidabile nell’elezione di Beyen, consid erando, tra le altre cose, che la conoscenza fra i due risaliva ai tempi dell’università di Utrecht, ateneo che entrambi frequentavano e che li avrebbe visti particolarmente intimi, almeno per un periodo.

16 Così Jelle Zijlstra nell’intervista a Françoise Duch ê ne del 1 7 maggio 1989: “This European integration, starting in the 'Iform at that moment of the Coal and Steel Community, was not highly controversial in the Netherlands. People of almost all political parties, with the exteption of the extreme Right and extreme L e ft, were in favour of European integration ” . Cfr. ASUE, COL, European Oral History, INT , INT - 534, Dr. Jelle Zijlstra, 17.05.1989, p. 2. 17 Vale la pena di precisare che l’idea che Beyen avrebbe seguito le orme del suo predecessore circolava ampiamente anche a livello di diplomazia europea. Si riportano in proposito le affermazioni dell’ambasciatore italiano all’Aja, Murari: “Come da telegram ma 98, in data di ieri, nuovo Governo olandese presterà giuramento martedì 2 settembre. Trasmetto a parte sua composizi one, secondo la quale, a mio avviso, dovrebbero restare immutate le direttive generali di politica estera”. Cfr. ASMAE, DGAP I, Olanda 19 50, b. 257, Murari a l Ministero degli Affari Esteri , 1.9.1952, p. 1. 18 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld. .., cit ., p. 290. 19 Cfr. INT - 534, Zijlstra …, cit., p. 2. 96

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Tra le poche privilegiate cui era consentito di ch iamare per nome il premier Drees, m e juffr ou w Tellegen non avreb be mancato di sottolineare quanto segue : “ Willem , Beyen is een groot vriend van mij, maar hij is een enkele maal onbeheerst ” (Willem , Beyen è un mio grande amico, ma a volte è anche difficile d a controllare 20 ). Era pur vero, d’ altra parte , che, per quanto profondo, il sentimento d’amicizia, da solo, non sarebbe stato sufficiente a giustificare un interesse così esplicito da parte dei sovrani (e del loro entourage più stretto) per la nomina del banchiere di Utrecht nel nuovo governo. Sarebbe pertanto plausib ile l’ipotesi di Weenink, secondo cui fu la propensione europeista di Beyen, nonché le sue idee innovatrici in tale ambito, tanto not e a Juliana e a Bernhard quanto sconosci ute alle élite politiche , a convincere i regnanti, sostenitori accesi dell’integraz ione europea, che l’ex direttore esecutivo del Fmi sarebbe stato l’uomo ideale per rompere con la tradizione conservatrice dei minist e ri precedenti 21 . Su quest ’ultim o punto, la Casa d’Orange - Nassau e il Primo ministro si trovarono perfettamente d’accordo. Per ragioni differenti, come è lecito immaginare. La propensione della Corona ad affidare il dicastero degli Esteri a un neofita della politica come Beyen si conciliava otti mamente con l’idiosincrasia di Drees per la prospettiva dell’ “Europa vaticana” , co me egli stesso era solito definirla 22 . Con quest’ultima che appariva tutt’altro che lontana, visto che ben cinque dei sei ministri degli Esteri della Ceca erano cattolici . Il che , s empre nell’ottica di Drees , rappresentava non soltanto un pericolo sul piano ideologico (il premier olandese era essenzialmente un laico), ma soprattutto un rischio concreto di assoggettamento della Comunità all’indirizzo politico di Parigi, essendo ben note sia l’ abilità persuasiva, sia le doti carismatiche de l cattolico Schuman 23 . Pertanto – stando ancora al fosco disegno del Primo ministro nederlandese - qualora anche l’Olanda avesse designato un esponente del Kvp , la Francia avrebbe avuto campo libero nel promuovere e porre in essere sperimentazioni sovranazionali anche sul pian o politico. E ciò non soltanto avrebbe minacciato la solidità della Nato, ma avrebbe anche ridotto le possibilità, peraltro già risicate, de ll’ingresso britannico nella C eca 24 . Per scongiurare tale eventualità, il premier olandese era anche disposto a giun gere allo scontro con i cattolici , il cui leader, C arl P.M. Romme, per la verità,

20 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld. .., cit., p. 305. 21 INT - 534, Zijlstra …, cit., p. 2. 22 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 39. 23 Su questo punto si veda anche il recente lavoro di Mathieu Segers, Waagstuk Europa; Nederland en de grote Europese vraagstukken van vandaag , Prometheus Bert Bakker, Amsterdam, 2014. 24 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence: The Netherland's European policy during the formative years of the European Union, 1952 - 1973 , Peter Lang, New York 2009, p. 39. 97

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già pregustava l’idea di veder riservato al proprio partit o - il quale peraltro per la prima volta si vedeva rubare il proscenio dai socialdemocratici, passati avanti, seppur di poco, alle ultime elezioni 25 - un portafoglio divenuto tanto cruciale e prestigioso, soprattutto in seguito all’adesione dei Paesi Bassi alla Ceca . Drees, tuttavia, riuscì ad aggirare l’ostacolo proponendo al Kvp una formula di compromesso per lo meno originale 26 . Puntando l’accento sulle difficoltà incontrate da Stikker nel gestire lo straordinario carico di lavoro che le questioni sul tap peto avevano imposto al dicastero fin dall’immediato dopoguerra - con la costruzione europea e il problema indonesia no che assorbivano quasi interamente le risorse materiali e umane - , il premier avanzò l’idea di affidare il portafoglio a due ministri . Ciò anche al fine di garantire la presenza costante all’Aja di una figura di riferimento del Buitenlandse Zaken , cosa c he era mancata non poco nella gestione precedente, con Stikker ripetutamente trattenuto all’estero da impegni istituzional i di varia natura 27 . In effetti, le argomentazioni erano solide. E finirono per convincere molti 28 .

Due per uno. Beyen e Luns per il Pl ein 1813 No.2 29

Il 1 settembre 1952 il nuovo governo prestava giuramento davanti alle Camere. Al vertice del ministero degl i Esteri, come concordato, si presentava un duo.

25 Per quanto sul filo di lana, la vittoria riportata dai progressisti sulla formazione di Romme acquisiva, in Olanda, un significato di grande spessore. A riprova di ciò, ci si attenga a quanto riferito da Caruso alla Farnesina: “Dati i sistemi elettorali vigenti in Olanda, i piccoli spostamenti che si sono ver ificati a favore dei laburisti hanno qui un particolare significato ed una importanza maggiore di quanto potrebbero averne in altri Paesi, visti al lume di altri sistemi elettorali”. Cfr. ASMAE, DGAP I, Olanda 1950, b. 207, Carissimo al Ministero degli Est eri , 3 luglio 1952. 26 Stikker, fortemente contrario all’iniziativa, commentò come segue : “I could readily agree that the Minister of Foreign Affair s was overburdened, but I think my two simultaneous successors came in time to agree with me that the function has a universal character and is not divisible”. Cfr. D.U. Stikker, Men of Responsibi lity… , cit., pp. 250 - 251. 27 A conferma, la relazione di Mur ari: “Come si è già riferito, lo sdoppiamento del Ministero degli Esteri, era stato ideato dal formatore Donker sia per ragioni di dosaggio politico, per dare i due posti ai Cattolici in compenso della loro rinuncia al Ministero degli Affari Economici, sia per ragioni pratiche, al fine di meglio articolare quella Amministrazione in relazione ai sempre crescenti impegni internazionali che distoglievano troppo frequentemente l’unico Ministro dalla se de”. Cfr. Murari a l Ministero degli Affari Esteri , 1.9.1952 cit., p. 3. 28 “Een duo werd toen door velen als een werkzame formule gezien om zowel aan het sterk toegenomen internationale overleg deel te nemen als een ministeriele presentie op het departement te houden” (Un duo fu allora visto da molti come una formul a efficace sia per rafforzare la partecipazione alle discussioni internazionali, sia per garantire la presenza del ministro al dipartimento). Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld ... , cit., p. 292 . 29 Con Plein 1813 No.2 si indica, in Olanda, l ’indirizzo d ella r esidenza del ministro degli Esteri all’Aja. 98

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Da un lato c’era Beyen , che di fatto rappresentava la scelta dei socialdemocratici e che, come accennato in apertura, incarnava l’aspirazione al rinnovamento della classe politica nazionale . “Peu hollandaise… cosmopolite et… bon vivant”. Così si mostrava agli occhi dei commentatori olandesi, i quali, al contempo, si dichiaravano affascina ti da “son intellect, son charme et sa légèreté” 30 . E fu soprattutto sulla leggerezza che Beyen sembrò fin d a subito voler improntare il proprio operato come ministro, come un “gioco con le biglie”, da cui il titolo della sua autobiografia 31 . Dall’altro lat o c’era Joseph M.A. Luns 32 , nominato ministro senza portafoglio. Luns era un c attolico fortemente apprezzato dalla dirigenza del K vp , frequentatore abituale dei corridoi ministeriali , nonché diplomatico accreditato nei grandi consessi internazionali, soprat tutto alle Nazioni Unite. In un primo momento, si decise (come soluzione di compromesso, per evitare ulter iori divergenze tra cattolici e socialdemocratici e chiudere definitivamente la pratica della formazione del nuovo governo) che i due ministri avrebb ero condiviso la responsabilità della politica estera nazionale, senza precise distinzioni di competenze. B eyen, quindi, avrebbe svolto in autonomia soltanto incarichi formali. Commentò il nuovo ministro, all’indomani della nomina , con l’ironia che lo cont raddistingueva : “ È una soluzione impossibile , quindi funzionerà” 33 . La convivenza tra i due capi dicastero , tuttavia, si rivelò ben presto insostenibile. Gli attriti – come avrebbe affermato Anne Marie Tellegen – assomigliavano a quelli di due capitani al c omando di una sola nave 34 . Si stabilì pertanto di accelerare la pratica della ripartizione delle competenze (già stabilità nell’agosto precedente, in realtà) , sicché a Beyen venne affidata la responsabilità della politica europea, mentre Luns fu incaricato della gestione dei rapporti bilaterali con i paesi non europei e delle relazioni con l’Onu. In c omune sarebbero state gestite le questioni inerenti la Nato, il Benelux,

30 Quanto ai giudizi su Beyen si rimanda a Jan W.L. Brouwer, “Jan - Willem Beyen, Européen sur le tard”, in Sylvain Schirmann (dir.), Robert Schuman et les Pères de l’Europe. Cultures politiques et années de f ormation , P.I.E. Peter Lang, Bruxelles, 2008, pp. 257 - 267, qui pp. 257 - 258. 31 Il titolo dell’autobiografia di Beyen, peraltro più volte citata nel presente lavoro, è Het spel en de knikkers (Il gioco e le biglie). 32 Per ulteriori informazioni su Joseph L uns si vedano le due biografie più recenti. La prima a cura di Albert Kersten, Luns; een politieke biographie , Boom, Amsterdam 2011; la seconda di J.W.L. Brouwer e Catharina M. Mege ns, : ter herinnering 1911 - 2002 , Elsevier, Amsterdam 2012. A cur a di chi scrive è in corso di stampa, presso l’editore Rubbettino, la voce “Joseph Luns”, per il Dizionario dell’integrazione europea , cit. 33 W.H. Weenink, Bankier van wereld ... , ci t., p. 295. 34 Ivi, p. 294. 99

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Indonesia e Nuova Guinea, i rapporti bilaterali con gli stati europei e l’organizzazio ne del ministero. Non che tale provvedimento apparisse poi così inevitabile all’ex manager di Ph ilips e Unilever, il quale , al contrario, era sufficientemente adusato alla prassi della condivisione di responsabilità , caratteristica dell’ambiente affaristi co. Ciononostante, egli si adattò senza difficoltà al nuovo stato di cose. Anzi, intravide nella ripartizione delle competenze col collega un’occasione per dedicarsi con maggiore attenzione all’integrazione europea, ambito sul quale aveva iniziato a rivers are il suo interesse molto più che saltuariamente e non da poco tempo. Se è vero infatti che la prolungata lontananza dall’Aja aveva portato Beyen a trascurare quasi del tutto le questioni di politica nazionale, è altrettanto innegabile che , già durante l a guerra, aveva cominciato a familiarizzare con la questione mentre prestava servizio come consul ente finanziario del governo a Londra e, come tale, aveva preso parte alle trattative per il Benelux, sull’unione economica e monetaria in ambito regionale. Er a subentrata poi, dopo il trasferimento negli Stati Uniti , la riflessione sulla c ooperazione inte rnazionale , la quale era confluita nel suo saggio più noto, Money in a Maelstrom , uscito a Washington nel 1949 35 . Sempre nella capitale americana , mentre era di rettore del F mi , aveva preso a seguire sistematicamente i “tentativi” di unificazione portati avanti dagli stati del Vecchio continente . Mostrandosi peraltro , già da allora , e per sua stessa ammissione, non pienamente convinto dell ‘approccio monnetiano , no nché persuaso che l’Olanda dovesse intraprendere una po litica più spregiudicata nel promuovere la sovranazionalità. L a nomina a ministro degli Esteri , e per di più la responsabilità esclusiva del la politica europea, gli sembra rono pertanto come un inatteso quanto essenziale conferimento di ufficialità ed autor evolezza per i suoi propositi 36 . Beyen era tra l’altro convinto che il suo orientamento non avrebbe incontrato obiezioni in seno al governo 37 . Ben presto, tuttavia, comprese che le sue valutazioni erano quanto meno imprecise. Se non altro perché non tenevano conto del fatto che quel progetto di Europa sovranazionale era in perfetta antitesi con le prospettive di Drees. Il quale, a sua volta, era intenzio nato a promuovere una “politica… più… riflessiva in materia di federalismo europeo ” (che nella pratica significava “ un maggiore distacco dalla Francia ed un conseguente

35 Il volume è stato poi ripubblicato nel 1978 a New York, per i tipi di Arno Press. È dedicato essenzialmente all’esperienza vissuta da Beyen negli Stati Uniti, durante e in seguito alla Conferenza di Bretton Woods, alla quale l’esperto finanziere prese parte come delegato dell’Aja. 36 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers , een kroniek van vijftig jaren , Ad. Donker, Rotterdam, 1958, pp. 206 - 207. 37 “ In het kabinet bleek men daar geen bezwaar tegen hebben ”. Ibidem . 100

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maggiore, ma non del tutto proporzionale, avvicinamento all’Inghilterra ” ) , nonché ad introdurre, ove possibile, “una certa politica delle piccole Potenze fatta dal Benelux” 38 . Del res to, come sottolinea Brouwer , tale impostazione si accordava pienamente al la fisionomia internazionale che l’Aja aveva scelto di attribursi fin dal primo dopoguerra, la quale era stata ben strutturata attorno alle priorità dell’atlantismo e della predilezio ne per “ des projets intergouvernementaux dans le cadre de l’Organisation européenne de coopération économique (OECE) au lieu de celui de l’Europe des Six ” 39 . E fu proprio i l premier socialdemocratico il primo a ri conoscere di aver commesso “un grosso sbagli o” 40 nel sostenere il candidato “ partijloze ” (senza partito) voluto dalla Corona , anziché puntare su un suo fedelissimo del PvdA. In realtà, come avrebbe rivelato a posteriori , egli aveva ritenuto che quel banchie re di professione, “mundane witty and rather cynincal” 41 , trattenuto a Washington per diversi anni, fosse di fatto l’uomo giusto, perché scevro da entusiasmi federalisti, per mantenere la politica europea dei Paesi Bassi su una linea di accorto pragmatismo. Una scelta sicura, insomma, che però, come suggerisce l’efficace commento di Anjo G. Harryvan, “turned out a cuckoo’s fledgling in his cow - bird’s nest” 42 .

L’Europa sovranazionale secondo Beyen Il nuovo ministro degli Esteri non dovette aspettare a lungo p rima di ufficializzare la propria posizione sull’ integrazione continentale . Già il 2 settembre 1952, i due vertici del Buitenlandse Zaken furono infatti invitati a partecipare alla Ambassadeursconferentie , la conferenza annuale degli a mbasciatori olandesi che prestavano servizio a Washingt on, Londra, Parigi, Bonn, Bruxelles e Lussemburgo, nonché dei rappresentanti alla Nato. In quella riunione , che significativamente precedeva il Consiglio dei ministri della Ceca sull’integrazione politica, fissato per il successivo 9 settembre, Beyen fu c hiamato per la prima volta ad illust rare il proprio punto di vista sull’Europa . “ Fortunatamente il problema dell’integrazione europea non era nuovo per me” 43 , avrebbe ricordato, non senza sollievo, il “ bankier van de werel d ” nelle sue memorie . Pertanto , giunse all’incontro con un’idea già piuttosto chiara di quella

38 Cfr . Carissimo al Ministero degli Affari Esteri , 3 luglio 1952, cit. 39 Cfr. J. W. Brouw er, “Jan - Willem Beyen, Européen sur le tard“, cit., p. 258. 40 L’affermazione di Drees è citata da R.T. Griffiths, “The Beyen Plan”, in R.T. Griffiths (ed.), The Netherlands and the Integration of Europe 1945 - 1957 , NEHA, Amsterdam 1990 , p. 168. 41 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence… , cit., p . 39. 42 Ivi, p. 4 2. 43 “Nu was, gelukkig, het problem van de Europese integratie voor mij niet nieuwe”. Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers , cit., p. 205. 101

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che sarebbe stata la sua condotta nei mesi successivi. Innanzitutto chiarì ai presenti che avrebbe preso nettamente le distanze dagli orientamenti del suo predec essore , il quale , pur essendo un “sostenitore dell’unificazione europea”, era certo “meno convinto … della validità della via ‘sovranazionale’ per raggiungere questa unificazione” 44 . In secondo luogo, l’ex direttore del Fmi precisò che che l’unità eur opea, ivi compresa la cessione di sovranità a favore di istituzioni comuni, non doveva essere concepita come l’ambizioso traguardo di un slancio puramente idealistico, ma come concreto programma per la sopravvivenza del continente. Pertanto, concludeva il minis tro, compito degli stati non era quello di decidere se perseguire o meno la via dell’unificazione continentale su basi sovranazionali, ma piuttosto quello di individuare , in tempi brevi , il metodo più efficace per conseguire tale obiettivo , senza esc ludere peraltro la possibilità di modulare la strategia in base ad esigenze contingenti e imprevedibili . Quello di Beyen – come e gli stesso non mancava di sottolineare - era un europeismo pragmatico , ampiamente infoltito di contenuti mutuati dall’esperien za man ageriale e fortemente tecnocratico. Ma, allo stesso tempo, non privo di fondamenti teorici. Era infatti basato sulla lezione di David Mitrany, caposcuola del funzionalismo. Il ministro olandese aveva conosciuto l’intellettuale rumeno a Londra , durante la guerra . Entrambi erano in servizio all’Unilever, il primo come direttore finanziario e il secondo come consulente. E Beyen era rimasto profondamente affascinato dalla riflessione del professore 45 , soprattutto dall ’impostazione , certo sobria ma altrettanto l ucida, del saggio A Working Peace System , uscito nel 1943 46 . Quest’ultimo, infatti, non soltanto respingeva qualsiasi progetto politico radicale per l’unione europea , ma soprattutto proponeva uno sviluppo funziona le, basato sia sulla condivisione degli inte ressi – il che significava anche priorità delle questi oni economiche e commerciali rispetto ai temi politici e militari - , sia su un comune, e graduale, “processo di apprendimento” 47 . Beyen prendeva però le dista nze da Mitrany – come, di lì a poco, avrebbe fatto anche con Monnet – sul discorso del metodo . Il ministro olandese, infatti,

44 Ivi , p. 208. 45 Mitrany era professore della School of Economics and Politics, presso l’Institute for Advanced Study della Princeton Univesity. Cfr. W. Lipgens, W. Loth, Documents on the History of European Integration: Plans for European union in Great Britain and in ex ile, 1939 - 1945 , De Gruyter, Berlin 19 85, p. 233. 46 Il volume di Mitrany, il cui titolo completo è A Working Peace System: An Argument for the Functional Development of International Organization , fu pubblicato a Londra nell’estate del 1943. 47 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld ... , cit., p. 318. 102

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sostenitore di un approccio globale, riteneva che il settorialismo, proposto dal professore rumeno, avrebbe finito col congelare, anziché promuovere, lo sviluppo verso più am pie forme di integrazione. Sarebbe stato semmai preferibile , a suo avviso, adottare un atteggiamento più cauto e graduale laddove si fosse reso effettivamente necessario, cioè , nella fattispecie, nel limitare la costruzione di un’Europa anche politicamente federale, cosa che, inevitabilmente, avrebbe compromesso la partecipazione “di paesi con una grande storia”, primo fra tutti l’Inghilterra 48 . E s u questo punto Beyen era in perfetto accordo sia con il proprio go verno , sia col suo diretto predecessore . Ci ò non significava, tuttavia, rinunciare all’idea dell’ unità politica europea, ma riformularla . I nquadrarla , cioè, nell’ambito di una strategia volta a mostrare fin da subito i risvolti positivi di una rinuncia alla sovranità che , certo , qualche remora nei governi, soprattutto in quelli dei piccoli stati, doveva pur suscitarla. Pertanto, la proposta de l pragmatico ministro olandese era quella di far procedere parallelamente l’integrazione politica e l’ in tegrazione economica. Beyen, infatti, non attribuiva al l’economia una forza trainante tale da spingere gli stati europei nell’avventura federale. Allo stesso tempo, però, quest’ultima, in se stessa, non esercitava sufficiente attrazione, soprattutto sul ka binet dell’Aja . Del resto, affermava, il coordinamento della politica economica e monetaria era anche una questione politica. Non esisteva pertanto alcuna regola inderogabile per cui si dovesse rispettare una ben precisa sequenza temporale . Per quanto dif fusa, tale convinzione era nient’altro che un “equivoco ” 49 . Concludendo , Beyen si dichiarò disposto a correre dei rischi sul piano politico per ottenere dei vantaggi economici di ben più ampio spessore.

Con Londra o con i Sei?

La prima uscita pubblica di Beyen aveva rivelato all’ establishment dell’Aja ciò che i sovrani sapevano già da tempo, ovvero che le idee del nuovo ministro in tema di integrazione europea erano “ molto più vicine alla maggioranza della Camera” di quanto si potesse prevedere prima della sua elezione 50 . C osa che, da un lato , suscitava ammiraz ione e ac cendeva le speranze della nutrit a frangia federalista della Tweede Kamer , come pure di quei ministri – Sicco Mansholt (Agricoltura) e Jelle Zijlstra (Economia) in particolare – che da sempre sosteneva no l’Europa schumaniana, a vocazione so vranazio nale e aperta

48 Ibidem . 49 Ivi, p. 322. 50 Cfr. J.W. Beyen, Het spel …, cit., p. 209. 103

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esclusivamente alla partecipazione dei governi che avessero abbracciato gli ideali contenuti nella Dichiarazione del 9 maggio 1950 51 . Dall’altro lato, però, l’orientamento dichiaratamente europeista del nuovo ministro alimentava non p oche pre occupazioni , soprattutto in vista della già ricordata riunione del Consiglio dei ministri della Ceca. Ad essere in apprensione erano coloro che, nonostante l’Olanda fosse ormai inquilino a pieno titolo dell’edificio comunitario , continuavano a sper are in s oluzioni minimaliste sul modello dell’Oece, volte essenzialmente a rafforzare i legami commerciali tra le democrazie l iberiste (prima fra tutte l’Inghilterra) 52 . Di tale gruppo faceva parte Drees, il quale, col dibattito sull’unificazione politica e milita re in pieno svolgimento, tentava di destreggiarsi tra le pressioni europeiste del Parlamento e dell’opinione pubblica nazionale , alle quali facevano eco gli invit i, neanche troppo sottili, di Washington a conferire carattere prioritario all’integrazione, e chi sosteneva che l’Aja dovesse continuare ad esercitare l’azione di freno che aveva caratterizzato il suo ingresso sulla scena comunitaria (si veda la richiesta di introduzione del Consiglio dei ministri). Fortunatamente, almeno a livello nazionale, Dre es poteva contare su tema che metteva tutti d’accordo , anche Beyen . E ra la vexata quaestio della partecipazione britannica alla Comunità , effettiva spina nel fian co della politica europea dei Paesi Bassi , nonché obiettivo condiviso sia dalla maggioranza eu ropeista, sia dai detrattori dell’Europa sovranazionale 53 . Non che gli olandesi fossero gli unici a porsi il problema di ancorare Londra ai destini del Continente . Al contrario, la questione era di grande attualità nel dibattito politico , anche in contesti più ampi di quelli nazionali. Un esempio fra tanti, il discorso pronunciato da Paul - Henri Spaak, alla fine del 1951, davanti all’Assemblea consultiva del Consigl io d’Europa, all’atto di presentare le proprie dimissioni dalla presidenza di quel consesso. Dichiarò nell’occasione il celebre europeista belga:

There is a simple choice facing Europeans. […] Either we must line up with Great Britain and renounce the a ttempt to create a united Europe, or we must endeavour to create a Europe without Great Britai n. For my part, I choose the second alternative, despite the risks and all the dangers involved, because, reckoning all the possibilities, I think the risks are l ess great and the dangers less serious than those which inaction and renunciation would inevit ably imply 54 .

51 Jan van der Harst, “The Pleven Plan”, in R.T. Griffiths (ed.), The Netherlands and the Integration …, cit., pp. 137 - 164, qui pp. 146 - 151. 52 Ibidem . 53 Cfr. D.U. Stikker, Men of Res ponsibility... , cit., p. 250. Così anche Harryvan: “Dutch policy toward political union had been governed by the criterion of British participation, rather than that of ‘supra national institution or Britain”. Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, c it., p. 149. 54 D.U. Stikker, Men of Responsibility... , cit., p. 250. 104

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L’interrogativo rivolto da Spaak ai presenti aveva, in realtà, forma retorica, ma lasciava comunque emergere le tracce di un’apprensione diffusa, soprattutto nei piccoli stati , riguardo al fatto che un elemento essenziale, e senz’altro presti gioso, dell’Oc cidente europeo avesse scelto di rimanere al margine del nuovo percorso comune. Il che insinuava in molti il dubbio sull’opportunità di continuare a comporre il mosaico dell’ unità continentale pur nella consapevolezza di non poter acquisire, nonostante gli sforzi, il tassello decisivo. Tuttavia, se lo statista belga non aveva faticato a sciogliere le riserve e a scommettere sull’efficacia in sé del cammino intrapreso, l’Olanda lasciava macerare in questa inconciliabile antinomia la contraddizi one forse più marcata , e senz’altro durevole, della propria politica europea. Più nel concreto, per un verso gli olandesi guardavano con entusiasmo ai risvolti positivi della membership comunitaria , vale a dire alla garanzia di un dialogo permanente e pri vilegiato con Washin gton, come pure alla possibilità di cementare i legami e incrementare la cooper azione nell’ambito del Benelux. S enza contare i benefici economici derivanti dal processo di “ economic disarmament ” che l’integrazione aveva avviato e che ra ppresentava, d i fatto, “the major driving force behind Dutch support for economic cooperation and liberalization in Europe” 55 . Per altro verso, sussistevano i timori – apertamente dichiarati a suo tempo da Stikker 56 e certo irrobustiti dalla prospettiva del la Comunità di difesa e dell’unione politica - che l’Europa dei Sei divenisse ostaggio nelle mani dei grandi stati, di Parigi soprattutto, finendo così col costituirsi come “blocco” autonomo, per di più potenzialmente “autarkic” 57 , incapace non soltanto di com pletare il processo di unificazione continentale, ma addirittura destinato a contrapporsi a quel “blocco virtuale” composto dai restanti paesi dell’Europa occidentale. La persistente ambiguità di orientamenti pesava come un macigno sul t erzo governo Dr ees , il quale, con l’approssimarsi della già ricordata riunione del Consiglio dei ministri della Ceca “sull’elaborazione di uno Statuto per la comunità politica sovranazionale” 58 , era chiamato a sciogliere definitivamente le riserve. L’Aja, in alt re parole, doveva scegliere da che parte stare, giacché puntare sull’Europa federale significava inevitabilmente ancorarsi alla locomotiva franco - tedesca e rinunciare alla special relationship con Londra.

55 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 35. 56 Cfr. D.U. Stikker, Men of Responsibility.. . , cit., p. 250. 57 Ibidem . 58 Cfr. NA, L’Aja , 2.02.05.02, MR , inv.nr. 482, Boon aan de Minister - President , Brief en nota , 29.08.1952 . 105

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Ora, il Ministerrad dell’agosto 1952 aveva concord ato, su pr oposta di Stikker, di ricorrere alla consueta manovra dilatoria per correggere al ribasso i contenuti sovranazionali della proposta italiana , nell’intento di rimandare quanto più possibile la ratifica del trattato Ced. Tutto ciò, anche a costo de ll’isola me nto , nonché di qualche fastidioso battibecco con Washington 59 . Tuttavia, dopo le dichiarazioni che Beyen aveva reso alla conferenza degli ambasciatori, la politica estera olandese sembrava destinata a prendere una piega del tutto diversa 60 . La cer tezza, in tal senso, arrivò il 5 settembre 1952, durante una seduta del Consiglio dei ministri . Nell’occasione, infatti, Beyen puntò subito l’accento sul proprio disaccordo rispetto alla condotta , spesso al limite dell’ostruzionismo, tenuta fino ad allora dai Paesi Bassi in Europa . Ragione per cui – puntualizzò , a seguire – la sua intenzione era quella di imprimere una svolta propositiva al percorso comunitario dell’Aja. Nello specifico , anziché rifiutare “ à priori ” la proposta italiana, era deciso ad aprirsi al dial ogo , seppure alla condizione che “ l’integrazione politica non fosse utilizzata come strumento per accantonare, forse definitivamente, il metodo funzionalista” 61 . Il rischio, infatti - come peraltro precis ava il dettagliato rapporto che il Segretario general e agli Affari Esteri, Hendrik Boon, aveva inviato al ministero degli Esteri il 29 agosto - era che “l’Autorità politica” prospettata da De Gasperi venisse considerata come una sorta di “ panacée ” anche pe r l’integrazione economica . Se si fosse verificata ta le eventualità – cosa tutt’altro che improbabile agli occhi degli olandesi, non soltanto di Beyen – e se, di conseguenza, le questioni politiche fossero state anteposte agli aspetti economici, l’Europa s i sarebbe significativamente indebolita, visto che l’ interesse dei governi per la Comunità ruotava quasi esclusivamente attorno a lla prospettiva di immediati vantaggi pratici 62 . Gli stessi vantaggi che, prima o dopo, avrebbero finito per conquistare alla ca usa dell’integrazione anche gli algidi gentlemen brit annici. Del resto, era evidente che Londra non restava impermeabile rispetto alla costruzione comunitaria, soprattutto da quando i Sei avevano cominciato a predisporre l’entrata in funzione dell’esercito europeo. Lo dimostrava il fatto che Eden , proprio i n quell’anno, si era affrettato a proporre il suo aidé - memoire , il quale prospettava un maggiore coinvolgimento degli stati membri del Consiglio

59 Cfr. NA, L’Aja, 2.03.01, Arch. AZ/KMP, inv.nr. 2675, Stikker, Brief , 30.08.1952. 60 Come sostiene Harryvan, infatti, in Olanda è il ministro degli Esteri, insieme al governo “as a whole” a determinare la politica estera, il primo ministro essendo esclusivamente “ responsible for the upkeep of the coalition and the quality of cabinet decision - making ”. Cfr. A.G. Ha rryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 42. 61 Cfr. NA, L’Aja, 2.02.05.02, MR , inv.nr. 397, Notulen , 5.09.1952 , p. 4. 62 Cfr. Boon aan de Minister van Buitenlandse Zaken ... , cit. 106

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d’Europa nel lavoro delle istituzioni della Ce ca e della Ced 63 . Pertanto , non era poi così certo che una parteci pazione proattiva dell’Olanda (cioè la linea politica che Beyen era intenzionato ad inaugurare) alla Comunità implicasse un allontanamento da Londra. Anzi, caso mai il contrario. A differenz a di Stikker, il quale non avrebbe avuto alcuna difficoltà a sacr ificare le proprie aspirazioni sovranazionali, ammesso che ne coltivasse nel profondo , alla causa ben più importante della partecipazione britannica al comune destino europeo, il banchiere se nza partito, suo successore, decideva quindi di puntare sulla vir tuosità concreta e sulle potenzialità effettive della sovranazionalità per esportare oltremanica il progetto comunitario e assicurarsi che fosse accolto con favore . Il tenore delle dichiarazi oni di Beyen fu ritenuto a dir poco esplosivo e agì pertanto da d etonatore sul Ministerraad , rendendolo teatro di un dibattito accesissimo e quasi interamente incentrato sulle implicazioni sovranazionali del trattato Ced, in particolare dell’articolo 38 64 . Kees Staf, ministro cristiano - sociale della Guerra, e , titolare cattolico del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, fu rono i prim i ad esprimere con decisione i propri timori circa l’adozione di un atteggiamento conciliante nei confronti della “pericolosa” proposta italiana 65 . Fu quindi la volta di Dr ees, che più degli altri si scagliò apertamente cont ro la mancanza di chiarezza di quello “strano” ( vreemd ) artico lo, la quale, a suo avviso, lasciava facilmente intendere che la posta in gioco era molto più alta di quanto i suoi ispiratori – De Gasperi e Altiero Spinelli, nota eminenza grigia di quest’ultimo - volessero far credere 66 . Le affermazioni del premier olan dese erano, peraltro, ben fondate. Si basavano infatti sulle informazioni inviate da Boon il 29 agosto, in merito al progetto federale italian o. Stando al funzionario degli Esteri, l’intento non dichiarato di De Gasperi era quello di “forzare” l’integrazio ne europea in direzione dell’unificazione politica aggirando le sicure obiezioni del Consiglio

63 Il Piano Eden è riprodotto in http://www.cvce.eu/en/education/unit - content/ - /unit/026961fe - 0d57 - 4314 - a40a - a4ac066a1801/d5a7fb5d - d857 - 4a41 - a396 - 60d765ffeb43/Resources# 76fe825f - 7afd - 4e2f - 8321 - 5f4d3bdba17c_en&overlay 64 Come si ricorderà, l’articolo 38 affidava all’Assemblea provvisoria de lla Ced il compito di elaborare un progetto di Statuto della Cpe, definendo al contempo i principi ai quali tale Assemblea si sarebbe do vuta ispirare nella fase di progettazione. Nella fattispecie, la struttura da costruire, avrebbe dovuto costituire uno d egli elementi di una ulteriore struttura a carattere federale o confederale, fondata sul principio della separazione dei poteri e sul si stema rappresentativo bicamerale. Cfr. Daniela Preda, “ L’action européenne de De Gasperi et la contribution du réseau ca tholique européenne autour de lui”, in S. Schirmann (dir.), Robert Schuman …, cit., pp. 307 - 323, qui pp. 314 - 315. 65 Cfr. NA, L’Aja, 2.02 .05.02, MR, inv.nr. 397, Notulen , 05.09.1952. 66 Ibidem . 107

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dei ministri. Lo dimostrava la richiesta – pera ltro soddisfatta – che la Comunità politica fosse istituita successivamente alla ratifica della Ced. Quest’ultima, infatti, risolvendo il problema dell’inclusione della Germania nel sistema di difesa europeo, era ritenuta dai Sei – ma anche dagli americani – una conquista determinante per l’Europa occidentale, nonché il vero fiore all’occhiello della Comunità. Sicché i governi , una volta raggiunto tale obiettivo, sarebbero stati più disponibili a prendere in considerazione l’idea di una struttura federale i n cui inquadrare la difesa comune. Anzi, data la “convergenza di interessi”, tale struttura sarebbe apparsa ai più come una logica conseguenza, per non dire un’improrogabile necessità 67 . Al termine del dibattito, che aveva coinvolto anche i ministri Luns, Mansholt, e Van der Kieft 68 (i quali, pur condividendo le perplessità dei colleghi, avevano usato toni più morbidi), il governo olandese riuscì comunque a definire una strategia negoziale per l’incontro di Lussemburgo che sembrava soddisfare l’intero colleg io. L’Aja, consapevole che , come aveva riferito Boon 69 , la maggioranza dei Sei aveva cominciato a riconoscere nella Cpe una sorta di “panacea” per i mali del Continente, avrebbe abbandonato l’atteggiamento di ostinata resistenza nei confronti dell’art. 38, puntando viceversa ad otte nere che la nuova Assemblea, incaricata, come si è detto, di preparare lo Statuto della Comunità politica, svolgesse i suoi lavori sulla base delle indicazioni che i governi le avrebbero fornito nei mesi successivi e tenesse altre sì nella massima considera zione le questioni economiche, con particolare riferimento alla creazione di un mercato comune 70 . Avrebbe commentato Beyen nelle sue memorie: “lo slogan del governo fu presto coniato: nessuna integrazione politica senza integrazio ne economica” 71 .

A Lussembu rgo per salvare l’integrazione economica

Il 9 settembre 1952 72 , come annunciato, il Consiglio dei ministri della Ceca si riunì per la prima volta a Lussemburgo, alla presenza dei titolari degli Esteri e dell’Economia dei sei paesi membri. A rappresentare l’ Olanda c’erano Beyen e Zijlstra.

67 Cfr. Boon aan de Minister President ... , cit., p. 3. 68 Notulen , 05.09.1952, cit., pp. 5 - 6. 69 Boon aan de Minister President ... , cit., p. 4. 70 Notulen , 05.09.1952, cit., pp. 6 - 7. Si veda anche J.W. B eyen, Het spel en de knikkers..., cit., p. 207 . 71 “De leuze: ‘ geen politieke integrati e zonder economische integratie’ , drukte haar standpunt uit ” . Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers..., cit., p. 207. 72 Ibidem . 108

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In vista della sua prima apparizione europea, i l “ partijloze Minister 73 ” riesaminò con attenzione l’insieme delle “considerazioni tattiche” (“ mijn tactische overweging ” 74 ) che avrebbero sostanziato i suoi interventi. Come c oncordato nella Trèveszaal del Binnenhof , avrebbe assunto un atteggiamento positivo, ma era ben consapevole della diffidenza dell’Aja nei confronti dell’integrazione sovranazionale. Pertanto, stabilì che avrebbe mirato dritto all’ obiettivo del mercato comune , cercando al contempo di strappare qu alche concessione riguardo al la partecipazione dei governi alla progettazione del la Comunità politica europea . In realtà, il ministro olandese si trovò subito a suo agio nel nuovo contesto, esattamente “come un pesce nell’acqua” ( als een vis in het water ) 75 , tanto da ottenere la presidenza del Comitato di redazione, che aveva il compito di formulare la risoluzione. Quest’ultima doveva essere bassata sulla proposta franco - italiana ( cioè sul pr ogetto della Comunità politica europea, ivi compresa l’iniziativa francese di eleggere il nuovo Parlamento entro il 1953, cioè prima che si tenessero le elezioni nella Repubblica federale tedesca 76 ) e tener conto della Risoluzione n. 14 dell’Assemblea consu ltiva del Consiglio d’Europa, nonché dell’ aidé - memoire di Eden del luglio e settembre 1952 (entrambi incentrati sul coinvolgimento del Consiglio d’Europa nei lavori dell’Assemblea sull’integrazione politica) 77 . Era l’occasione che Beyen aspettava per far s ì le sue idee venissero adottate dal Consiglio. E così fu. Recita infatti uno dei “considerando” della risoluzione del 10 settembre 1952:

Conscient que la constitution d’une Communauté Politique Européenne de structure fédérale ou confédérale est liée à l’établissement de bases communes de développement economique et à une fusion des intérêts essentiels des Etats - Membres. 78

Allo stesso tempo, passava anche la richiesta che i governi partecipassero – ovvero controllassero - ai lavori dell’Assemblea ad hoc (istituita proprio nel corso

73 L’espressione è di Beyen. Cfr. Ivi, p. 208. 74 Ivi, p. 207. 75 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld ... , cit., p. 322. 76 Cfr. Foreig n Relations of the United States, 1952 - 1954. Western Europe And Canada (in two parts), vol. VI, part 1, p. 93. 77 Il testo della Risoluzione 14 è riprodotto in http://www.cvce.eu/en/obj/resolution_14_adopted_by_the_consultative_assembly_of_the_ coun cil_of_europe_30_may_1952 - en - 010970fd - 3ae6 - 4222 - a0ec - 55521c5f86f8.html Sull’aidé - memoire di Eden si veda http://www.cvce. eu/en/education/unit - content/ - /unit/026961fe - 0d57 - 4314 - a40a - a4ac066a1801/d5a7fb5d - d857 - 4a41 - a396 - 60d765ffeb43/Resources#76fe825f - 7afd - 4e2f - 8321 - 5f4d3bdba17c_en&overlay 78 Ibidem . 109

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di quella importante sessione del Consiglio della Ceca su proposta italiana, sostenuta con forza dai francesi, per accelerare i tempi dell’integrazione politica). Sicché la suddetta risoluzione prevedeva che gli stati presenta ssero regolarmente al collegio domande e proposte " afin de faciliter ces travaux” 79 . Ma il rappresentante dell’Aja – che celava dietro la propria esuberanza “poco ortodossa” una considerevole abilità diplomatica – non era ancora soddisfatto dei risultati co nseguiti . E ra invece determinato ad ottenere che ne l programma di lavoro dell’Assemblea ad hoc venisse fatto esplicito riferimento alla creazione di un’unione doganale , quale premessa del mercato comune europeo 80 . Pertanto, come avrebbe ricordato anni dopo Edmund Wellstein, che all’epoca si trovava a Lusse mburgo come assistente del ministro, “Beyen immediately raised his finger, and said: ‘one of the tasks that they should have is running a custom union’ 81 . Facendo ancora fede al resoconto di Wellstein, con tale proposta, il rappresentante dell’Aja colse tutti di sorpresa:

Nobody expected that really! It wasn’t properly the moment even to launch it, but he wanted to bring it in, and nobody said “No”. 82

Alla sua prima apparizione sul palcoscenico comunitari o, ad appena una settimana dalla nomina, Beyen era già riuscito a rit agliarsi uno spazio significativo nel dialogo a Sei sul futuro dell’Europa . Sul piano personale, il suo principale successo si registrava nell’aver prospettato, sia pur superficialmente, la possibilità di superare l’approccio settoriale puntando direttamen te all’obiettivo di un’integrazione economica generale 83 . Non solo. Nella stessa circostanza, la forza delle sue argomentazioni, nonché la sua originale – e a tratti tagliente – abilità or atoria erano riuscite a conquistare alla causa olandese anche i partn er del Benelux, fino ad allora piuttosto reticenti nel dare aperto sostegno all’Olanda , soprattutto se questo comportava un’aperta opposizione a Parigi. A Lussemburgo, viceversa, il deleg ato belga Van Zeeland aveva dichiarato senza tentennamenti che il suo governo accettava le risoluzioni del Consiglio “in conformità con i desiderata olandesi” 84 .

79 Cfr. NA, L’Aja, 2.05.02, MR, inv.nr. 483, Beyen aan Ministerrad, Brief en V erslag , 7.10.1952, p. 2. 80 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 40. 81 Cfr. ASUE, COL, European Oral History, Interviews (INT), serie 04, INT532 Wellenstein, Edmund , 16.5.1989, pp. 29 - 30. 82 Ibidem . 83 Cfr. Ivi, p. 31. Cfr. anche E.P. Wellenstein, Nederlands rol in Europese integratie . Van Founding Father tot Verloren Zoon , in «International Spectator», jaargang 60, n. 11, november 2006, pp. 561 - 567, qui p. 563. 84 NA, L’Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 482, Beyen aan de Minister - Presi dent, Korte Verslag , 13.09.1952, p. 7. 110

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In sintesi, benché volto nuovo della scena politica internazionale, Beyen tornava all’Aja con u n discreto successo all’attivo, pronto per essere sottoposto all’attenzione di Drees. L’elemento più eclatante era senz’altro il fatto di aver assicurato saldamente gli svil uppi dell’integrazione economica alle manovre per l’unificazione politica , nonché, sempre guardando agli interessi essenziali del suo governo, l’aver ottenuto che gli stati fossero in qualche modo coinvolti , seppure indiretta mente , nei lavori dell’Assemble a ad hoc 85 . Non meno rilevante, tuttavia, soprattutto per le ricadute nel lungo per iodo, era da ritenersi l’introduzione del concetto di integrazione orizzontale – che era il fondamento teorico del mercato unico europeo - nell’ambito di un dibattito uffici ale della Comunità 86 . Infine, la strategia adottata dal nuovo ministro aveva saputo fungere dal collante per rinsaldare il legame tra le “piccole p otenze” del Benelux , cosa che sarebbe stata di fondamentale importanza per gli sviluppi, più e meno futuribili , della politica europea dell’Olanda. L’accoglienza del Binnehof , come ricorda lo stesso ministro nelle sue memorie, fu più favorevole del previsto, soprattutto da parte dei delegati olandesi all’Assemblea del Consiglio d’Europa, “i cosiddetti strasburghe si”, che poi sarebbero stati i principali “interlocutori” del ministro durante l’el aborazione del suo piano 87 . S i apriva così , all’Aja, un a stagione di straordinaria progettualità politica in materia di integrazione europea 88 . Una svolta creativa che, tuttavia, non rappresentò né il riflesso di una maturata vocazione federalista del gover no olandese , né, tanto meno, una risposta alle sollecitazioni di un ’opinione pubbl ica nazionale che, come accennato, si mostrava da sempre sensibile al tema della sovranazionalità . Viceversa, fu Beyen che , con la sua visione e uropeista per lo meno original e - che attingeva cioè alla lezione del federalismo americano , ma che allo stesso tempo era infoltita di contenuti pragmatici e tecnocratici mutuati dall’esperienza nel mondo della finanza e degli affari - “réussit presque tout seul à persuader son gouvern ement de changer sa politique européenne” 89 .

85 Ivi, p. 8. 86 Cfr. Ibidem e J.W. Beyen, Het spel en de knikkers..., cit., p. 207 87 “Het Nieuwe Parlement stond eerder nog enige graden warmer tegenover die ennwording dan het vorige. Het was in zijn overgrote meerhe id vóór de zgn. supranationale integratie en juichte, in algemene zin, de in Luxemburg ter tafel komende plannen toe, naar af te leiden uit de houding van de Nederlandse leden van het Parlemen t van de Raad van Europa, de zgn. Straatsburgers, die in het Ned erlandse Parlement en in de Commissies voor Buitenlandse Zaken der beide Kamers mijn ‘interlocuterurs’ zouden zijn”. Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikker, cit., p. 206. 88 Cfr. Anjo G. Harr yvan, In Pursuit of Influence. The Netherlands’European Policy during the Formative Years of the European Union, 1952 - 1973 , P.I.E. Peter Lang, Brussels, 2009, pp. 35 - 39. 89 Cfr. J. W. Brouwer, “Jan Willem Beyen, Européen sur le tard”, cit., p. 258 . 111

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Tra ideali e pragmatismo Ad un mese di distanza dal vertice di Lussemburgo, i l Ministerraad tornò a confrontarsi animatamente sulla questione dell’integrazione politica. Sulla base di quanto stabilito ai primi d i settembre dalle sei delegazioni, infatti, i governi, nell’esercitare la propria azione di controllo sull’operato dell’Assemblea ad hoc , erano tenuti ad elaborare proposte precise da sottoporre al collegio 90 . A novembre, il ministro degli Esteri , che nel mentre aveva lavorato nell’ambito di un apposito comitato interdipartimentale, noto come “Comitato Beyen”, aveva già formulato il suo schema . Quest’ultimo, i cui contenuti essenziali sarebbero stati recepiti nel primo “Piano Beyen”, venne presentato a l gov erno come “ Grondslagen voor het Nederlandse standpunt met betrekking tot het vraagstuk der Europese integratie ” (Basi per la posizione olandese circa la questione dell’integrazione europea) 91 , meglio conosciuto come concept - nota sull’integrazione europ ea . Il tono del documento era vagamente ispirato – forse involontariamente - alla Crisi della civiltà di Johan Huizinga, soprattutto nella parte iniziale. I l rapporto si apriva infatti con una sollecitazione diretta e decisa al governo dell’Aja affinché r ecupe rasse il suo ruolo di “co - costruttore” ( medearchitect ) 92 di quella civiltà europea occidentale di cui era parte integrante e componente essenziale . Cosa che, all’epoca, significava offrire alla causa europea importanti apporti culturali e una linea pol itica intraprendente . Nell’ottica di Beyen, infatti, tale contributo sarebbe stato il solo efficace a fronteggiare la reale minaccia che gravava in quel momento sul Vecchio continente. Che certo non era soltanto di tipo militare, benché i toni d’allarme più so nori si levassero rispetto al pericolo di un’invasione da Est. Al contrario, ad essere in pericolo era la stessa sopravvivenza del le antiche civiltà europee, le quali avevano fino ad allora mostrato di saper resistere alle reciproche differ enze nazionali, nonché alle guerre e alle “battute d’arresto morali ed economiche”. E avevano altresì saputo mantenere “una forte caratterizzazione individuale” nonostante l’influenza “economica e tecnologica” esercitata dalla cultura statunitense. Tale c iviltà - anzi, p er dirla con le parole del rapporto, “la casa della civiltà occidentale” - andava pertanto difesa e sostenuta nel suo sviluppo, cosa che significava soprattutto un impegno concreto per “l’unificazione dei paesi

90 Cfr. NA , L’Aja, 2.03.01, Arch. AZ/KMP, inv .nr. 2679, Minister Beyen aan Zijner Excellentie Dr. W. Drees, Mansholt, Zijlstra, 10.11.1952. pp. 2 - 3. Cfr. Anche NA, L’Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 397, Notulen , 16.10.1952. 91 Cfr. Minister Beyen aan Zijner Excellentie Dr. W. Drees ..., 10.11.1952, cit. 92 Ivi, p. 1 . 112

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europei ” 93 . In tale quadro, l’ Olanda, benché i ndebolita economicamente e moralmente dagli esiti della seconda guerra mondiale, aveva un ruolo centrale. Non soltanto per il fatto che , a differenza di altri stati europei, la sua non era una “storia secolare di radicata ostilità verso gli altri paesi dem ocratici” e poteva, pertanto, diventare un modello di pacificazione e dialogo intereuropeo. Ma principalmente perché “la grandezza” del paese si era costruita attorno “ai legami con i territori d’oltremare” e, di conseguenza, gli olandesi e rano ben coscien ti di quanto la prosperità economica di uno stato fosse intrinsecamente connessa al mantenimento dei traffici con l’estero. Ciò voleva dire che l’Olanda avrebbe potuto apportare un contributo originale alla Comunità sia nel promuovere l’idea – fino ad allo ra piuttosto trascurata – che l’Europa non potesse prescindere da un’intensificazione del dialogo commerciale con i “paesi democratici del resto del mondo”, sia nel contrastare “l’emergere di spaccature economiche e poli tiche tra l’unione dell’Europa occid entale e il resto del mondo” 94 . La seconda parte del documento, ancora basata sul tema della salvaguardia della civiltà europea occidentale, conteneva l’essenza della riflessione beyeniana . Prospettava cioè una soluzione di tipo economico come risposta con creta e praticabile a un problema politico. Beyen riteneva infatti che l’Europa fosse allora soggetta a una duplice minaccia : una interna, sul fronte politico, e l’altra esterna, di tipo militare. La prima era condotta simultaneamente, ma separatamente, d a lle forze fascist e e comuniste ( fascistische of communistische machten ) , le quali, per mezzo di sistematiche azioni sovvertitrici, esponevano sistematicamente la democrazia europea al pericolo di una “ infezione totalita ria ” ( een totalitaire besmetting ) 95 . La seconda, era perpetrata dall’Unione Sovietica e dai suoi satelliti , che si addensavano al confine con i territori europei occidentali con velleità di conquista. In tale quadro, il ministro olandese proponeva una soluz ione rapida e facilmente applicabile per entrambi i problemi. “La miglior difesa contro il virus del totalitarismo”, spiegava, ”è il benessere economico e sociale” 96 , il quale doveva essere preservato , ove presente, oppure incrementato, ove necessario. “Il mantenimento e il miglioramento prog ressivo dei livelli di benessere in Europa”,

93 Ibidem . 94 Ibidem. 95 Ivi, p. 2. 96 Wat het eerste betreft staat wel vast, dat de beste verdediging tegen het virus van een totalitaire besmetting in economische en sociale gezondheid ligt”. (Quanto al primo aspetto, è evidente che la miglior difesa contro la contaminazione del virus del to talitarismo risiede nel benessere economico e sociale). Ibidem. 113

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tuttavia , non sarebbero stati realizzabili se non fossero stati accompagnati “ da un costante aumento e sviluppo della produttività continentale”. Tale condizi one, a sua volta, sarebbe stata impossibile da metter e in atto in un contesto di piccoli mercati, peraltro divisi da un’infinità di barriere tariffarie, nonché in uno scenario di forti perturbazioni monetarie. Ne conseguiva che la salvaguardia della civilt à europea dipendeva non soltanto dal benessere econom ico e sociale, ma anche da un’integrazione economica che tenesse pure conto degli aspetti sociali e monetari, cioè, in altre parole, da un “marché unique” costruito secondo i precetti dell’integrazione e conomica orizzontale 97 . Per la prima volta, la prospe ttiva di costruire un “mercato unico europeo”, da tempo nell’orizzonte concettuale dell’ex direttore del Fmi e della Banca mondiale, il quale, peraltro, aveva ben in mente il modello americano 98 , veniva p recisata in un documento ufficiale, ad uso dapprima d el solo governo olandese e poi delle cancellerie degli stati membri della Ceca. Quanto alla minaccia dall’esterno, lo schema di Beyen individuava nell’integrazione militare dell’Europa e nella cooperazio ne del mondo democratico sul terreno della difesa 99 le risposte più efficaci da dare al problema. Tale integrazione – aveva cura di puntualizzare il ministro olandese – non doveva però essere percepita come una soluzione circoscritta a un’emergenza continge nte. Viceversa, la consapevolezza dell’esistenza di u n nemico comune, vale a dire la presa di coscienza di un destino condiviso, doveva agire come suggestivo catalizzatore per accelerare la formazione di una solida “coscienza unitaria” ( bewustzijn der Euro pese saamhorigheid ) 100 . D’altra parte, era questo il pr esupposto su cui era stato avviato il percorso comunitario. La Dichiarazione Schuman , infatti, aveva sollecitato le coscienze europee sull’esigenza di risolvere definitivamente un problema comune, ovvero l’antagonismo franco - tedesco, collettivamente ricono sciuto come minaccia alla stabilità politica e allo sviluppo

97 Ibidem . 98 “De gedachte, dat het Europese probleem zou moeten - en alleen zou kunnen worden - opgelost door een Verenigd Europa op te bouwen, dat economisch en sociaal werkt als de Verenigde Staten, berust in meer dan één opzicht op een misvatting. Bij de bespreking van het vraagstuk van de "marché unique" hoede Europa zich zorgvuldig voor deze misvatting. De o plossing van dat vraagstuk is zowel ingewikkelder als gemakkelijker dan het zou zij n, ware deze Amerikaanse conceptie juist”. (L’idea che il problema europeo dovrebbe – e potrebbe soltanto - essere risolto con la costruzione di un’Europa Unita, che economi camente e socialmente funzioni secondo il modello statunitense, è fondata in più di un aspetto su un malinteso. Discutendo sulla questione del “mercato unico” l’Europa eviterebbe questo malinteso. La soluzione della questione è tanto più complicata quanto sarebbe più semplice se si ritenesse giusta l’impostazione americana). Ibidem. 99 Iv i, p. 3. 100 Ibidem . 114

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economico. Da qui, come pronosticato dal ministro francese, la crescita di una solidarietà reciproca tra gli stati del Vecchio continente. E quella stessa solidarietà, concludeva Beyen, avrebbe spinto gli stati ad accettare “quei sacrifici senza i quali nessuna integrazione, in nessun ambito, potrebbe essere reali zzata” 101 . Indicate le soluzioni alle problematiche contingenti, restava in sospeso la spinosa questione della struttura politica di cui dotare la Comunità . La quale – riferiva il ministro europeista, ben consapevole di essere giunto al nodo più complesso d el proprio rapporto – era divenuta ormai improcrastinabile, se non urgente. “ U na cooperazione sul terreno militare scissa dall’integraz ione politica” , infatti, non avrebbe dotato l’Europa di una forza adeguata all’entità della “minaccia attuale”, come pure alla fisionomia della “guerra attuale” 102 . L’Olanda, pertanto, proprio perché chiamata a recuperare il suo ruolo di “ medearchitect ” del la civiltà europea, doveva impegnarsi a dare il suo contributo originale alla costruzione della Comunità politica , anziché continuare ad interrogarsi sull’opportunità o meno di prendervi parte. Ora, poste tali premesse, Beyen passava ad illustrare il suo piano per l’integrazione, elaborato sulla base di una logica che ambiva ad es sere ineccepibile e con una struttura assimilabile al sillogismo. Nel dettaglio , il documento presentava l’integrazione economica, politica e militare “come tre aspetti di uno ste sso problema, che è l’unificazione europea” 103 , essendo tra loro del tutto interdipendenti . Beyen aveva già reso nota, in effetti, la sua concezione secondo cui “l’integrazione politica senza integrazione economica” non avrebbe avuto “senso” ( zinvol is ) 104 , ma aggiungeva ora che anche l’integrazione militare sarebbe stata impossi bile (“ onbestaanbaar ”) senza integrazione economica. E quest’ultima a sua volta, se intesa nel suo significato più ampio, cioè come condizione necessaria per la conservazione e l’innalz amento degli standard di vita europei, sarebbe stata “impraticabile” ( onuitvoerbaar ) senza integrazione politica. A questo punto, il sillogismo poteva ritenersi chiuso. Ma c’era un altro aspetto che l’estensore del piano riteneva essenziale per rendere ta le ragionamento ancora più coerente e che soprattutt o risultava parti colarmente cal zante al dibattito coevo . Ed era la considerazione che un’integrazione politica con compiti limitati al coordinamento dell’esercito comune avrebbe generato una solidarietà e uropea molto limitata, laddove un obiettivo non certo secondario che si tentava di conseguire c on la Cpe era lo

101 Ibidem . 102 Ibidem . 103 ”… economische, militaire en politieke integratie zien als drie aspecten van een en hetzelfde probleem, dat der Europese integratie ”. Ivi, p. 4. 104 Ivi, p. 3 . 115

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sviluppo di una autentica coscienza europea. La quale, peraltro, nel breve come nel lungo periodo, poteva ritenersi un presupposto indispensabil e (insieme alla garanzia di benefici importanti) per persuadere gli s tati, e “ soprattutto i piccoli paesi ” ( m et name voor de kleine landen ) , ad andare avanti sulla via della “cessione della sovranità” ( s ouvereiniteitsoverdracht ) 105 . Il documento metteva qui ndi a segno l’ affondo decisivo. E sorta va cioè, senza mezzi termini, i l governo e il p arlamento ad assumere l’iniziativa promuovendo di estendere l’integrazione anche alle politiche sociali e monetarie. Tale misura, infatti, stando alle considerazioni sopra esposte, sarebbe stata determina nt e per favorire un rapido miglioramento dei livelli di vita dei cittadini e creare, contestualmente, un’ampia base di consenso popolare e fiducia nella Comunità. In altre parole, l’Olanda doveva farsi promotrice di un aute ntico “processo di crescita”, basat o sulla costruzione dell’uniformità e dell’armonizzazione e finalizzato alla formazione di una solida coscienza europea 106 . A differenza di quanto prospettato dalla versione definitiva del Piano Beyen (la qua le, come si ve drà, sarebbe stata presentata nel d icembre del 1952), e prendendo anche le distanze dalle posizioni assunte dal rappresentante dell’Aja a Lussemburgo, la concept - nota riteneva superflua l’unione doganale. Più precisamente:

Het heeft ge e n zijn energie en tijd te verspillen aan het opheffin g van handelsbelemmeringen, waar deze voor productieverhoging niet noodzakelijk is. 107

Pertanto, l’idea di Beyen era quella di accantonare , almeno momentaneamente , il gradualismo per puntare dritti all’obiettivo del merca to comune. Cosa che , peraltro, avrebbe avuto un impatto forte e positivo anche sulla posizione del l’Olanda nel contesto dei Sei. A ccettando di diventare capofila de ll’integrazione economica generale , infatti, il governo dell’Aja avrebbe non soltanto guadag nato credibilità e prestigio a livello internazionale, ma avrebbe altresì messo a tacere le insinuazioni francesi – divenute ormai vere e proprie accuse – secondo cui i nederlandesi avrebbero accett ato di entrare a far parte della Comunità soltanto per blo ccare l’integrazione sovranazionale. Che poi tali voci, piuttosto che spegnersi, avrebbero acquisito sonorità durante il decennio gollista era una previsione difficile da centrare anche per un osser vatore lucido come Beyen.

105 Ivi, p. 4. 106 Ivi, p. 6. 107 Ibidem. (Non ci sono energie né tempo da perdere. L’eliminazione delle barriere commerciali è necessaria perché ostacola l’aumento della produttività). 116

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Ora, analizzati i contenuti dell a prima proposta organica sull’integrazione europea presentata da Beyen al proprio governo, occorre precisare che i principi che vi si enunciavano, per quanto in parte derivati dal modello “Benelux” 108 , traducevano in progetti concreti le convinzioni maturat e dal ministro olandese già a partire dagli anni Trenta 109 . All’epoca, come direttore della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, egli aveva avuto esperienza diretta di quanto un’organizzaz ione internazionale fosse impotente di fronte a una crisi , se non supportata da una struttura di cooperazione solida e ben funzionante. E una struttura di questo tipo, insegnava al banchiere la storia successiva, poteva esistere, almeno in Europa, soltanto in un contesto di sovrananzionalità 110 . Ma quest’ ultimo , a sua volta , andava costruito sulla base di esigenze di ordine pratico, giacché il puro ideale, per quanto affascinante, non aveva la forza necessaria per scardinare la convinzione, ben più potente e radicata , del primato dell’interesse nazionale. “La lotta per l’integrazione europea”, affermava ostentando un peculiare pragmatismo da banchiere ed economista, “è stata tale, fin dall’inizio, perché ha assunto le sembianze di un confli tto tra differenti linee di pensiero” 111 . Viceversa, nel secondo dopoguerra, l’ evoluzione della politica nazionale e dei rapporti interstatali, e soprattutto l’acquisizione del welfare nella sfera delle competenze dei governi, aveva di fatto obbligato gli st ati ad abbandonare le diatribe teoriche per impegnarsi in una integrazione so vranazionale positiva e progressiva . Era stata questa, del resto, l’essenza della Dichiarazione Schuman . Ed era su questa strada che il ministro olandese immaginava potesse proseg uire il cammino europeo. A patto però che i governi fossero disposti ad abban donare il settorialismo , il quale, benché necessario per superare le resistenze iniziali, stava già rivelando tutti i suoi limiti nel lungo periodo, primo fra i quali, nell’ottica beyeniana, la frammentazione delle economie. Con ciò non si vuole certo all udere ad una possibile acquisizione del banchiere appassionato di violino e letteratura alla causa del federalismo europeo. Tutt’altro. In più di un’occasione, infatti, Beyen defi nì utopico l’obiettivo della Federazione europea , così come criticò il progra mma

108 Per la precisione, il modello di riferimento di Beyen era la cosiddetta “Convenzione di Ouchy”, la quale, già nel 1932, ave va previsto una riduzione progressiva dei diritti di dogana e l’applicazione del regime della nazione più favorita tra l’Unione economica belgo - lussemburghese (Uebl) e i Paesi Bass i. L ’Olanda aderì all’iniziativa nell’intento sia di sviluppare il proprio c ommercio, sia di trovare nuovi sbocchi europei per le sue merci”. Cfr. www.ena.lu 109 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld…, cit., pp. 318 - 319. Beyen fu direttore della Banca dei r egolamenti internazionali di Basilea dal 1935 al 1939. 110 Cfr. J. W. Brouwer, “Jan - Willem Beyen, Européen…, cit., p. 261. 111 Cfr. J.W. Beyen, Het spel… , cit., p. 219. 117

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eccessivamente radicale e il carattere militante dell’europeismo federalista 112 . La sua impostazione poteva invece ritenersi una sintesi tra funzionalismo e federalismo, una sor ta di “terza via”, che sapeva contemplare le accelerazioni del percorso comun itario in senso federale, ma che allo stesso tempo non perdeva mai di vista la disponibilità (ovvero la maturità) dei governi, nonché della società civile, ad accogliere tali tras formazioni. Sia come sia, resta il fatto che Jan Beyen non era certo il tipo di personalità che avrebbe sottratto tempo ai suoi interessi personali per soffermarsi su quelli che riteneva sterili cavilli teorici. In quasi vent’anni di frequentazione del di battito sulla cooperazione internazionale (benché circoscritt a agli aspetti e conomico - finanziari) , egli aveva invece maturato la consapevolezza che ciò che maggiormente contava nella politica era l’aderenza alla realtà ( w erkelijkheid ) , la quale “ rendeva impossibile la realizzazione di alcune idee, come pure l’attuazione di alcuni s ogni“ ( het doorvoeren van bepaalde ideeën, het verwezenlijken van bepaalde dromen onmogelijk maakt ) 113 . Viceversa, riteneva che “una strategia politica di successo ” fosse, di fatto, “pensiero applicabile alla realtà” 114 , sicché, nel redigere il suo primo Pian o per l’integrazione economica generale, il banchiere convertito alla politica cercò di tener conto sia della wenselijkheid , “auspicabilità”, sia della possibilità di immediata attuazione delle proposte in esso contenute . Il Memorandum che fu il prodotto di tale impegno , non solo creativo ma anche di mediazione, terminato a i primi di dicembre del 1952, puntava in effetti sia a suscitare l’interesse dei governi , soprattutto di quelli dei piccoli paesi, ai quali prospettava un metodo efficace per raggiungere in tempi brevi buoni liv elli di sviluppo e produttività; sia a creare i presupposti più idonei per completare, in un futuro non ancora precisato, l’unità sovranazionale del Vecchio continente 115 . Come sottolinea Harryvan, inoltre, il Piano Beyen offriva all ’Olanda la propria linea ufficiale di politica europea, destinata a rimanere inalterata fino alla realizzazione del Mercato comune europeo, nel 1957 116 .

112 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld…, cit., p. 319. 113 Cfr. J.W. Beyen, Het spel… , cit., p. 219. 114 “Een successvolle politiek is niet denkbaar, die niet me t de werkelijkheid rekening houdt”. Ibidem . 115 Cfr. M. Wolters, “Scrutinizing Dutch EC Membership”, in Menno Wolters and Peter Coffey (eds.), The Netherlands and EC Membership Evaluated, Pi nter Publishing, London, 1990, pp. 10 - 21. 116 A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence ..., cit., pp. 45 - 46. 118

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Il Piano Beyen al vaglio dei Sei Ottenuto l’avallo del Ministerraad , l’11 dicembre 1952, il Memorandum che passò a lla storia come “primo Piano Beyen” 117 , partiva dalle cancellerie dei Paesi Bassi per raggiungere i tavoli dei ministri degli Esteri della Comunità . L’idea, come precisato nella lettera di Beyen che accompagnava il documento , era quella di discute rne i conte nuti in una riunione formale, da tenersi prima della plenaria dell’Assemblea ad hoc , prevista per il gennaio successivo. E certo i l fatto che la presidenza del Consiglio fosse stata assunta allora da l belga Van Zeeland lasciava all’ideatore del Piano più d i qualche speranza che la sua richiesta fosse accolta positivamente 118 . Il testo ricalcava quasi fedelmente lo schema presentato al governo olandese un mese prima, fatta eccezione per il riferimento all’unione doganale. Come infatti si ricorderà d al paragraf o precedente, Beyen aveva ritenuto superfluo, vista l’impellenza dell’integrazione politica, seguire il modello del Benelux e far quindi precedere l’ integrazione economica generale dalla completa armonizzazione tariffaria. Tuttavia, già il 12 di cembre, l’i llustre funzionario del Buitenlandse Zaken Ernst H. Van der Beugel 119 aveva sollecitato il proprio superiore a ritoccare il Piano in modo più conforme all’esperienza del Benelux. Anche perché, per dirla con le parole di Van der Beugel, l’unione do ganale rappresentava “uno dei pochi obiettivi concreti” immediatamente raggiungibili, nonché “una questione pratica, facilmente comprensibi le anche per la società civile”. Senza contare infine che, sempre facendo riferimento al Benelux, l’armonizzazione ta riffaria poteva considerarsi l’effettivo “motore ” di quell’integrazione economica generale che, a sua volta, costituiva il traguardo princi pale della politica europea olandese 120 . Beyen recepì i suggerimenti del proprio collaboratore come un invito, benché indiretto, ad ammorbidire i toni e a recuperare, seppur parzialmente, la lezione del settorialismo. Sicché il Memorandum , anziché prospetta re un elenco dettagliato delle misure da introdurre per la realizzazione tempestiva del mercato comune, alludeva ad u n ben più contenuto “ minimum de stipulations à convenir dans le domaine de l'intégration économique ” 121 . Tra le quali, non a caso,

117 Il testo integrale del Memorandum è disponibile on line al seguente link http://resources.huygens.knaw.nl/watermarker/pdf/europa/S00465.pdf 118 http:// resources.huygens.knaw.nl/watermarker/pdf/e uropa/D00316.pdf 119 Per la precisione, nel 1952 Van der Beugel aveva l’incarico di Direttore generale per gli Affari militari ed economici con riferimento all’Oece, alla Nato e ai problem dell’integrazione europea. Quanto ai suggerimenti a Beyen sull’unione doganale si veda NA, L’Aja , 2.05.117, Buiten landse Zaken, blok 1, 1945 - 1954, inv.nr. 22913 , Van der Beugel aan Beyen , Brief , 12.11.1952. 120 Ivi, p. 2. 121 http://resources.huygens.knaw.nl/watermarker/pdf/europa/S004 65.pdf 119

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figurava a l primo posto “ la réalisatio n graduelle de l a Communauté tarifaire ” 122 . Non soltanto, quindi, veniva ripresa l’idea del l’unione doganale come prima tappa dell’integrazione economica generale, ma la stessa “Comunità tariffaria” veniva presentata come un obiet tivo da conseguire secondo i precetti del gradualismo funzionalista . Per il resto, come accennato, i temi erano quell i trattati nella concept - nota , dal riferimento alla Risoluzione di Lussemburgo sulla ricerca di basi comuni di sviluppo economico e fusione degli interessi essenziali come obiettivo da perseguire parallelamente alla costruzione della struttura politica com unitaria; all’attenzione allo sviluppo di una coscienza europea; alla partecipazione dei governi al processo di integrazione; alle competenze delle nuove istituzioni comuni, nonché all’idea cardine della Dichiarazione Schuman , vale a dire la costruzione de ll’unità continentale attrave rso “réalisations concrète créant d’abord une solidarité de fait” 123 . Il destino del Memorandum dipendeva, ora, dall’abilità dei negoziatori olandesi nel convincere i partner comunitari a recepire i contenuti della proposta nel trattato sulla Cpe . Segnali positivi, in realtà, giunsero già alla fine di dicembre , prima da Bonn 124 e poi da llo stesso De Gasperi . Quest’ultimo, in particolare, comunicò a Beyen , in una lettera del 24 dicembre, che le preoccupazioni italiane rispetto all’ integrazione economica erano pressappoco le stesse evidenziate dal documento olandese 125 . T ant’è che il Primo ministro proponeva al collega di individuare “ certes identités de points de vue ” tra i due governi, le quali sarebbero state “ particulièrement utile s dans le cadre des travaux e n question ” 126 . Anche Belgio e Lussemburgo avevano espresso pareri favorevoli 127 . E ancor più positivo era stato il riscontro ottenuto nell e Conclusioni della Commissione costituzionale dell’A s semblea ad hoc , ove si leggeva , a prop osito dei principi generali, al punto 4 :

La Communauté a pour mission et buts généraux… de contribuer, en harmonie avec l 'économie générale des Etats membre s, à l'expansion économique, au développement de l'emploi et au

122 Ibidem . 123 Ivi, p. 46. 124 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van wereld…, cit., p. 329. 125 Cfr. NA, L’Aja, Federale Overheidsdienst Buitenlandse Zaken (Brussel), inv.nr. 14603/7, De Gasperi aan Be yen, Brief , 24.12.1952. 126 Ibidem . 127 Cfr. NA, L’Aja, 2.02.05.0 2, MR, inv.nr. 398, Notulen , 05.01.1953, p. 2. 120

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relèvement du niveau de vie dans l es Etats membres, n otamment grâce à l'établissement progressif d’un marché commun . 128

E ancora, nella parte dedicata alle questioni economiche e, in particolare, in materia doganale, si stabiliva che la Comunità avrebbe avuto il potere: a) de prendre les mesures assurant l' instauration progressive d'un régime douanier commun à l'égard des pays tiers, mesures qui doivent être de nature à favoriser le développem ent des échanges internationaux ; b) de décider la réduction graduelle et la suppression finale de s droits de douane entre le s pays membres. 129

Chi invece tardava a pronunciarsi in maniera chiara , come del resto era prevedibile, era la Francia. In realtà , almeno sulle prime, Beyen aveva ritenuto che, essendo il Quai d’Orsay il “regno” dell’europeista S chuman, non sarebbe stato difficile aprire un dialogo con i francesi e giungere ad un accordo sulle proposte elaborate al Plein 1813 No.2 . Nel gennaio 1953, tuttavia, un radicale avvicendamento ai vertic i del ministero degli Esteri francese schierò davant i al Memorandum un antagonista imprevisto. Con l’entrata in funzione del nuovo governo, infatti, in larga parte composto da gollisti, a sostituire Schuman venne chiamato Georges Bidault, sensibilmente più tiepido del predecessore quanto a vocazione europei sta. Figura carismatica della Resistenza francese e fondatore del Movimento repubblicano popolare (MRP), il nuovo ministro francese entrava in scena proprio in quanto interprete dell’esigenza, trasversalm ente condivisa nel paese, di tutelare gli interessi nazionali anche in ambito europeo (tematica riportata in auge dalla crisi economica che andava imperversando sul territorio transalpino). Alla luce di questi cambiamenti, le probabilità di successo del P iano Beyen si assottigliavano vistosamente, giacché si profilava l’ipotesi che Bidault non soltanto avrebbe ostacolato qualsiasi proposta di avanzamento dell’integrazione cui la Francia non fosse direttamente interessata , cosa che, almeno per il momento, l imitava il campo alla sola Ced. M a ancor più era pla usibile che il nuovo ministro si sarebbe apertamente opposto a l progetto di unione doganale, visto che Parigi, per contrastare gli effetti della crisi economica di cui sopra, sembrava ormai del tutto deci sa a cedere alla tentazione del protezionismo 130 .

128 Cfr. CONCLUSIONS ADOPTEES PAR LA COMMISSION CONSTITUTIONNELLE au cours de sa troisième session (Paris , 15 - 20 décembre 1952) . http://resources.huygens.knaw.nl/watermarker/pdf/europa/G01184.pdf 129 Ibidem . 130 Cf r. R.T. Griffiths, Europe’s First Constitution: The European Political Community 1952 - 1954, in S. Martin (ed.), The Construction of Europe . Essays in Honour of Emile Noël , Kluwer Academic Publishers, Dordrecht, 1994, pp. 19 - 39, qui p. 32. 121

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Nel tentativo di eludere lo scontro frontale con i transalpini e, contestualmente, di mettere al sicuro i contenuti del suo Piano , il 28 gennaio Beyen consegnava a Drees una versione ritoccata del Memorandum dell’11 dicembre. Sulla scelta di revisione, in ve rità, aveva pesato non poco la marcia indietro effettuata dai tedeschi intorno alla metà di gennaio, di cui Beyen aveva avu to notizia in via confidenziale 131 . L’intento sotteso al l’improvvisa sortita teutonica – stando almeno a quanto riferiva l’informatore del ministro - era quello di mandare implicitamente un messaggio ai francesi circa la priorità accordata dalla Germania al buon esito delle trattative sulla Ced. Con buona pace delle rivendicazioni olandesi sulla marcia parallela dell’integrazione politica ed economica. Beyen temeva soprattutto che le reticenze tedesche convincessero anche gli altri partner a distogliere l’attenzione dai contenuti del Memorandum . Sicché, il 14 f ebbraio 1953 , procedeva ad inoltrare agli omologhi della Ceca la sua nuova prop osta per una “Comunità europea a carattere economico” , per mezzo di una lettera 132 . Nella missiva , in particolare, Beyen precisava che la versione aggiornata del Memorandum era s tata concepita per rendere più chiari e negoziabili i concetti già esposti nell o schema dell’ 11 dicembre. Ma con una differenza fondamentale sul piano de ll ’impostazione. Laddove infatti il primo esemplare riteneva che la ragion d’essere di una Comunità politica fosse la necessità di una solidari età reale dei popoli europei, ad ispira re il nuovo documento era stata l’importante considerazione che tale solidarietà non si sarebbe comunque sviluppata qualora la suddetta Comunità politica non avesse realmente e concretamente contribuito ad una fusione delle economie. Cosa che non sarebbe s tata possibile se, come previsto, alle nuove istituzioni non fosse stato conferito fin da subito un mandato preciso in tal senso. Beyen, infatti, a nome del governo olandese, esprimeva forti perplessità circa la capacità di tali istituzioni di acquisire au tonomamente l’autorità necessaria per ottenere competenze così ampie a livello economico. Senza contare poi “ des incertitudes et des conflits ” 133 che sarebbero sicuram ente sorti tra i governi nazionali e gli organi comunitari , qualora questi ultimi avessero cercato di prendere decisioni in materie di competenza esclusiva degli stati. Con la conseguenza che “ le renforcement et l’élargissement ” della nuova Comunità sarebb ero stati inevitabilmente compromessi 134 .

131 Cfr. NA, L’Aja , 2.05.117, Buitenlandse Zaken, blok 1, 1945 - 1954, inv.nr. 16827, De Duitse regering en het Nederlandse plan voor Europese economische integratie , 21.01.1953. 132 Cfr. Ivi, in v.nr. 16828, Brief, 14.02.1953. 133 Ivi, p. 3. 134 Ibidem . 122

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Era quindi necessario un progetto concreto e pruden te. E Beyen era convinto di averlo elaborato e di poterlo mettere a disposizione dell’Assemblea ad hoc perché lo includesse nel trattato sulla Cpe . La nuova proposta olandese prevedeva infatti di attribuire alle istituzioni della Comunità politica poteri e ffettivi in ambito economico, ben più ampi di quelli affidati agli organi della Ceca e della Ced. Cioè, per dirla con le parole del Memorandum , prospettava “ expressément la création d’un marché commun ” 135 dell’Europa occidentale, da costruire attrav erso la “ constitution d’une Communauté Tarifaire ” 136 . Il gradualismo del primo progetto era , perta nto , def initivamente accantonato . E il ministro partijloze spiegava chiaramente il motivo di tale scelta:

En procédan t de l a faço n indiqué e les ajustement s d éfavorabl e s dan s un secteur détermin é peuven t êtr e compenses par les aju stemen t s favorables dans un autr e secteur, ce qu i peut contribuer à l'eff e t désir é que l'ensemble de s ajustement s néces saire s ne provoqu e poin t de grave s perturbations sociales e t économiques d ans les économie s nationales. 137

Come misura cautelativa, e anche allo scopo di arginare almeno in parte le presumibili rimostranze dei governi, Beyen suggeriva altresì di istituire alcune “ clauses de sauvegarde ” , di cui gli stati si sarebbero potuti avval ere in caso di “ troubles fondamentaux ” . Sarebbe stata la Comunità politica, ad ogni modo, a decidere tempi e modi di applicazione, nonché ad accordare o meno al singolo paese la possibilità di ricorrere a tale strumento 138 . D’altra parte, l’introduzione del le clausole di salvaguardia avrebbe reso anche più semplice individuare gli ambiti di maggior criticità nel processo di armonizzazione economica, per i quali non era da escludersi la creazione di comunità “speciali”. Beyen aveva in mente, in primo luogo, i l settore agricolo 139 , ma contemplava anche la possibilità di interventi ad hoc in materia fiscale, sociale e monetaria. L’obiettivo di fondo, precisava ancora la lettera, era quello di conferire alla Comunità politica “ une tache positive et constructive ”, nonché un approccio pragmatico ai problemi dell’integrazione economica. Entrambi elementi essenziali, nell’ottica beyeni ana, per alimentare la solidarietà e cementare il legame tra i paesi comunitari.

135 Ivi, p. 5. 136 Ibidem . 137 Iv i, p. 3. 138 Cfr. NA, L’Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 486, Ontwerp van een memorandum bestemd voor de regeringen , 28.1.1953. Cfr. anche J.W. Beyen, Het spel ..., cit., pp. 227 - 229. 139 NA, L’Aja, 2.05.117, Buitenlandse Zaken, blok 1, 1945 - 1954, inv.nr. 16828, Br ief van Beyen aan Min. des Affaires Etrangères, Luxembourg ..., cit., p. 8. Su questo tema si veda anche A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 49. 123

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Quanto agli aspetti istituzionali, che venivano comunq ue ritenuti marginali, Beyen proponeva, in un allegato del 18 febbraio, redatto in seguito a un colloquio con gli ambasc iatori belgi, di mantenere per il Parlamento della Cpe la stessa struttura dell’Assemblea della Ceca , ovvero di posticipare sia l’elezio ne a suffragio universale diretto dei componenti , sia l’introduzione del sistema bicamerale 140 . “ Il ne s'avère g uère poss ible de concevoi r de s programme s pouvan t ser vi r de base a la formatio n de parti s politiques sur le pla n internati onal ” ammoniva Beyen, i nvitando peraltro i destinatari a tener conto delle difficoltà che si riscontravano già a livello nazionale nel trovare una convergenza di propettive tra i diversi partiti sulle questioni di politica internazionale. Se invece , come auspicato, l’intento fos se realmente stato quello di conferire a l Parlamento della Cpe il ruolo di effettivo rappresentante dei popoli europei, si sarebbe dovut o creare preventivamente quel sentimento di solidarità essenziale a far sì che il nuovo collegio democraticamente eletto non finisse per riflettere a livello europeo “ una somma di idee nazionali ” 141 . Le medesime considerazioni venivano espresse in merito alla proposta di istituire un sistema bicamerale. Beyen riteneva cioè che quest’ultimo e, in particolare, la “Camera alta”, avrebbe avuto senso soltanto nell’am b ito di un apparato istituzionale “ ent ièrement fédéral ”. Era chiaro che – come del resto il ministro olandese avrebbe successivamente chiarito al proprio governo – al fondo di tale resistenza nei confronti di un Parlam ento comune, bicamerale e democraticamente eletto, c’erano le ragioni di un rappresentante di un piccolo stato e, più precisamente, la preoccupazione di veder calpestato il principio della “base paritaria” nella rappresentanza in Senato per tutti i membri comunitari 142 . La versione ritoccata del Piano Beyen veniva discussa per la prima volta a Roma, il 24 - 25 febbraio 1953 , in occasione della riunione del Consiglio dei ministri della Ceca e riceveva commenti positivi sia da parte italiana che dai belgo - lussem burghesi 143 . I francesi, viceversa, rumoreggiavano con scetticismo . Beyen tornò quindi ad illustrare il Memorandum al successivo incontro dei sei ministri, a Strasburgo, ma senza successo . Stando ai verbali della riunione , Bidault oppose una “resistenza tag liente” ( scherp stelling ) all’ampliamento delle competenze della Cp e al settore economico 144 . Non solo. Beyen ebbe addirittura

140 Cfr. NA, L’Aja, 2.03.01, Arch. AZ/KMP, inv.nr. 2688, Annexe , 18.02.1953. 141 Ibidem . 142 Cfr. NA, L ’Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 398, Notulen , 29.04.1953, p. 1 143 Cfr. Considérations d'ordre économique sur le Mémorandum Néerlandais relatif a la création d'une Communauté Politique Européenne, Bruxelles, le 12 février 1953, http://www.inghist.nl/pdf/europa /G01532.pdf 144 Cfr. NA, L’Aja , 2.02.05.02 , MR, inv.nr. 486, Europese Politieke Gemeenschap, 5.02.1953, p. 4. 124

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l’impressione che l’esponente francese fosse intenzionato a fare marcia indietro anche sull’integrazione politica, ben consapevole, peraltro, dell’effetto paralizzante che tale atteggiamento avrebbe avuto sul negoziato 145 . Il primo ad allinearsi sulle posizioni di Parigi, neanche a dirlo, fu Adenauer . Il Cancelliere tedesco, infatti, pur avendo espresso informalmente giudizi più che po sitivi sulle proposte olandesi , avanzò improvvise e apparentemente immotivate obiezioni. Non che la cosa destasse stupore nei delegati dell’Aja, soprattutto in Beyen. Il quale , come si ricorderà, aveva già avuto modo di confrontarsi con i repentini voltafa ccia teutonici, che poi , almeno in questa circostanz a, altro non erano che l’espressione dei timori di Adenauer sul la mancata ratifica del trattato Ced. Al buon esito di quest’ultima , infatti , il Cancelliere vedeva indissolubilmente vincolata la propria ri conferma alla guida della Rft 146 . Un obiettivo che, tu tto sommato, anche nell’ottica del grande “padre” dell’Europa, valeva pur bene il sacrificio delle virtualità del Piano Beyen alla cavillosa sicumera parigina. A giungere inaspettato, di contro, fu il di ssenso più e meno velato degli altri partner 147 , sopra ttutto di Belgio e Lussemburgo. Sottesa a tali opposizioni, riferiva il funzionario degli Esteri Jan Kymmell al suo omologo Enrst H. van der Beugel, era la reticenza dei due governi ad assumersi degli obb lighi precisi, in primo luogo rispetto al la rapida m essa in atto di una unione doganale 148 . Di particolare impatto furono i commenti espressi in tal senso da Paul van Zeeland, il ministro degli Esteri belga, alla seduta del Consiglio dei ministri del 9 marzo , i quali ricevettero peraltro l’immediato supporto del lussemburghese Joseph Bech : “en allant trop vite, on risque de mettre en danger la construction de l’Europe” 149 . Tali obiezioni, ad ogni modo, non determinarono la chiusura definitiva del negoziato sul l’integrazione economica generale. Al contrario, d ue eventi inattesi , ovvero l’esito delle elezioni italiane e tedesche e la nuova crisi di governo in

145 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 398, Notulen, 16.3.1953. 146 A spaventare Adenauer, in particolare, era l’ipotesi che, in caso di falliment o della Ced, il fronte antieuropeista tedesco, capeggiato dai socialisti, guadagnasse consensi nell’elettorato. Cfr. R.T. Griffiths, “The Beyen Plan”, cit., p. 171. 147 Soltanto De Gasperi si dichiarò sostanzialmente d’accordo con il Memorandum olandese. St ando al verbale della riunione, infatti: “ Quant à la proposition de M. Beijen, M. de Gasperi est d'accord sur l e but qu'elle veut atteindre. Il pense que le Secrétariat devrait être chargé de ce travail. M. de Gasperi résume ses propositions en demandant d e fixer une date pour la prochaine réunion des Ministres, de confier au Secrétariat du Conseil de Ministres le travail demandé par M. Beijen. De plus en ce qui concerne les rapports avec l'Assemblée ad Hoc, il est d'avis qu'il ne faudrait pas parler d'asso ciation mais de consultation ou d'échanges de vues ”. Cfr. http://www.inghist.nl/pdf/europa/G01203.pdf 148 Cfr. NA , L'Aja , 2.03.01, AZ/KMP, inv.nr. 2676, Memorandum van Dr. J. Kymmell aan Drs E.H. van der Beugel , 10.03.1953. 149 Cfr. http://www.inghist.nl/pdf/e uropa/G01203.pdf 125

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Francia , incoraggiarono Beyen a ridiscutere i contenuti del suo Piano al Binnenhof e a rilanciarlo succes sivamente, in una forma ancor più coer ente, al successivo incontro dei ministri comunitari. Ciò non deve lasciar pensare che il ministro olandese si trovasse ora , tanto all’Aja quanto tra i Sei, di fronte a interlocutori più concilianti e disponibili ad a ccogliere senza eccessive riserve le s ue proposte . Anzi, caso mai il contrario. Sul versante interno, il paladino del “ marché unique ” dovette fare i conti con un clima che si era andato progressivamente arroventando intorno alla questione dell’integrazion e politica. Sfumati i primi entusiasmi , peraltro mai eccessivamente marcati, per l’avanzamento dell’integrazione, e di fronte alle difficoltà riscontrate da Beyen nel trovare sostegno tra gli omologhi, nel Ministerraad aveva preso sempre più piede la convi nzione secondo cui la Cpe si sarebbe rivelata, in ultima analisi, un’arma a doppio taglio per i piccoli paesi. In effetti, l’esclusione dei governi dal processo decisionale del Parlamento bicamerale e democraticamente eletto, se non accompagnata da opportu ne gar anzie di parità di rappresentanza per tutti gli stati, avrebbe lasciato i piccoli completamente in balia dell’influenza dei grandi. Su questo punto convergevano le opinioni del vicepremier Beel, di Staf e di Willem J.A. Kernkamp, rispettivamente ai v ertici della Marina e delle Colonie 150 . Ancor più fosca era poi la prospettiva di Drees. Il Primo ministro infatti - il quale, come si è visto più volte , non aveva mai nascosto il proprio disappunto circa l’i n dirizzo federale intrapreso dai Sei – riteneva c he il nuovo edificio avrebbe avuto scarsissime probabilità di tenuta. Sia perché composto da paesi politicamente instabili, come la Francia e l’Italia, in cui era forte e radicata la presenza comunista, sia perché il numero di stati coinvolti era eccessiva mente ridotto . Cosa che – e questo era l’aspetto più allarmante per i piccoli paesi – avrebbe verosimilmente ( waarschijnlijk ) comportato un maggiore affiatamento tra Francia e Germania , ovvero un ulteriore rafforzamento della special relationship già esist ente t ra i due governi nell’ambito della Ceca 151 . A cementare indirettamente tale sodalizio, peraltro, sarebbe stato proprio l’atteggiamento degli altri partner, i quali si mostravano incapaci di trovare un’unità di posizioni, soprattutto in merito all’integ razion e economica (con implicito rimando al mancato sostegno di belgi e lussemburghesi al Memorandum di Beyen) 152 . E in assenza di un accordo chiaro e definito in materia economica – insisteva Drees – l’Olanda avrebbe rischiato di dover accettare importanti limitazioni nelle esportazioni verso i paesi terzi, senza ottenere compensazioni di sorta negli scambi con gli st ati comunitari. In conclusione , il Primo ministro esortava il

150 Cfr. NA, L’Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 398, Notulen , 29.04.1953, p. 2. 151 Ivi, p. 3 . 152 Ibidem . 126

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governo ad attendere gli esiti della ratifica della Ced prima di offrire un appog gio incondizionato alla Comunità politica. Beyen, appoggiato da Mansholt, replicò stizzito che l’intervento del Premier evidenziava un’assoluta mancanza di coerenza. Se infatti il governo olandese riteneva che l’integrazione sovranazionale non avesse avut o, in ultima analisi, alcuna possibilità di successo, non soltanto non avrebbe dovuto approvare i piani per l’app rofondimento della cooperazione economica, ma ancor più, anziché prendere parte ai colloqui sulla Ced e sulla Cpe, avrebbe dovuto fin da subito intraprendere un cammino alternativo, per esempio puntando al rafforzamento della propria posizione all’interno dell’Oece. “Nel momento in cui si opera una scelta” - concludeva il ministro europeista – “se ne devono accettare tutte le conseguenze” 153 . Le af fermazioni di Beyen fecero breccia nell’assemblea. Drees, infatti, acconsentì a procedere sulla linea indicata da l Memorandum , non mancando però di ribadire il proprio personale scetticismo circa le possibilità di successo della proposta presso gli altri g overni 154 . Di più. Precisava che, qualora il trattato Cpe non avesse garantito all’Olanda i benefici attesi sul pia no economico e avesse dato vita, di contro, ad una struttura istituzionale eccesivamente complessa, egli si sarebbe sentito libero di richieder e il ritiro dei rappresentanti del proprio governo dalla nuova Comunità 155 .

La versione del maggio 1953

A questo punto, l’onere (e l’onore) del futuro europeo olandese ricadeva interamente su Beyen . I l 5 maggio 1953, pertanto, il “ bankier van de wereld ” 156 (b anchiere del mondo), inviava all’attenzione degli omologhi della Ceca un nuovo Memorandum , accompagnato anche questa volta da una lettera scritta di proprio pugno, “in cui veniva presentato un resoconto più dettagliato delle proposte olandesi in campo econ omico” 157 .

153 “ Als men een grotere samenwerking in Europa mogelijk acht, zal men moeten nagaan welke gevolgen dit zal kunnen hebben”. Ivi, p. 4. A tale pr oposito, occorre precisare, anche sulla base della testimonianza di Charles Rutten, che Beyen assumeva spesso atteggiamenti “scomodi e impopolari”, tanto da ritrovarsi il più delle volte isolato nel promuovere le proprie iniziative all’interno del Minister raad . Gli stessi ministri Mansholt e Zijlstra, solitamente solidali con il banchiere europeist a, nei moment i di maggiore tensione finivano in molte occasioni per rifluire su posizioni più caute . Cfr. ASUE, COL, European Oral History, INT, INT656 , Rutten Ch arles , Interviewed by Anjo G. Harryvan and Jan van der Harst, ‘s - Gravenhage, 2.06.1988, pp. 6 - 8. 154 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 398, Notulen... , cit., p. 6. 155 Ibidem . 156 L’espressione è mutuata dal titolo del volume a cura di W.H. Weenink , Banki er van de wereld …, cit. 157 Cfr. NA, L'Aja , 2.0 2.05.02 , MR , inv.nr. 489, Nederlandse voorstellen betreffende de economische bevoegdheden van een Europese Gemeenschap, 07.05. 1953. 127

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In tale, ulteriore proposta per la costruzione di un mercato comune europeo , il pervicace min istro dell’Aja tornava ad insistere sulla necessità di offrire garanzie sufficienti, in termini di attribuzione delle competenze e di metodo applicato , a ffinché la nuova Comunità potesse realizzare i propri obiettivi economici “ d’une façon efficace et avec l’élan nécessaire ” 158 . Il che significava, innanzitutto, riconoscere che la modernizzazione dell’economia europea – intrinsecamente vincolata alla istituz ione del mercato comune - passava attraverso la risoluzione di non poche difficoltà, peraltro tra loro strettamente interconnesse , di armonizzazione dei diversi sistemi produttivi nazionali . Cosa che rendeva indispensabile la messa a punto di una politica economica “ délibérément coordonnée ” , soprattutto in tema di costi di produzione, come ha giustamente evidenziato Harryvan 159 . E ra ormai chiaro, infatti, che la ragione principale per cui i paesi del l’Europa occidentale non aveva no ancora migliorato e rinforz a to adeguatamente le rispettive strutture economiche era la tendenza generale a sottovalu tare l’importanza di un coordinamento delle politiche nazionali . Tale misura, apparentemente fin troppo ambiziosa, ma in realtà essenziale , avrebbe altresì consentito alla nuova Comunità sia di affrontare con più sicurezza e dinamismo la concorrenza ester na, laddove forte era il rischio – e così almeno appariva, come si è visto, alla gran parte della dirigenza olandese – che il nuovo mercato comune rimanesse soffocato entro un “ mur de protection contre la concurrence extérieure ” 160 ; sia di accogliere nuovi partecipanti “ à tout temps possible ” , o, quanto meno, di stringere accordi di associazione con gli stati non comunitari. Il riferimento all’Inghilterra, come di consuet o, era evidente, ancorché implicito. Il Memorandum olandese – si leggeva più avanti - s i poneva come itinerario concreto e immediatamente praticabile sulla via verso il pieno coordinamento delle economie nazionali, ovvero come strumento efficace per giung ere alla modernizzazione decisiva della struttura economica dell’Europa occidentale. La proposta principale – che ampliava quella avanzata fin dal dicembre 1952 - era quella di costituire una Comunità tariffaria, la quale, tuttavia, non fosse limitata semp licemente a una tariffa esterna comune, ma al contrario si estendesse anche alle restriz ioni quantitative e al coordinamento dei regolamenti sugli scambi commerciali con i paesi terzi 161 . In piena sintonia con gli interessi primari del governo olandese, il d ocumento mirava quindi a impedire che i Sei, la Francia in

158 Ivi, p. 1. 159 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 54. 160 NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 489, Nederlandse voorstellen... , cit., p. 3. Su questo punto si veda anche A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 53. 161 NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 489, Nederlandse voorstellen... , cit., p. 4. 128

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primis , decidessero di innalz are barriere commerciali di altra natura (ad esempio restrizioni quantitative) per proteggere le proprie economie dagli effetti negativi dell’unione doganale, i quali, soprattutto nella fase iniziale, erano quanto meno attesi. L’impianto del nuovo Memoran dum , di fatto, ricalcava quello delle due precedenti versioni, già presentate e discusse dai ministri dei Sei. Gli approfondimenti riguardavano per lo più il sistema di clausole di salvaguardia , per le quali veniva introdotta la possibilità di ricorso alla Corte di Giustizia 162 , e la creazione di un F ondo europeo , già contemplato dal progetto di trattato sulla Cpe , il quale aveva lo scopo principale di “ faciliter l’adaptat ion aux conditions du marché commun ”, nonché di “ renfonrcer la solidarité économique entre les pays participants ” 163 Tali precisazioni, presumibilmente, erano finalizzate a infondere nei governi la consapevolezza della responsabilità comune per il bene comu ne, il quale, almeno sul momento, era rappresentato dalla costruzione di u n nuovo assetto economico europeo, improntato alla modernizzazione e finalizzato a creare le condizioni per l’implementazione di una “ coopération internazionale sur le terrain de l’é conomie mondiale ” 164 . Per raggiungere tale obiettivo, tuttavia, che - sottol ineava accortamente Beyen - aveva il carattere più della necessità che della pur condivisibile tensione ideale all’Europa federale , la conditio sine qua non sarebbe stata l’abbandono definitivo dell’approccio settoriale. Il metodo ideato da Monnet - ar gome ntava il Memorandum – aveva evidentemente portato a termine la sua missione, giacché aveva evidenziato la propria insufficienza di fronte a una realtà economica postbellica in cui “ c haque secteur particulier est très intimement lié à tous les autres secteu rs ” 165 . In sintesi, nella sua formulazione definitiva, il Piano Beyen combinava gli obiettivi essenziali della politica europea dell’Aja con la prospettiva pragmatica , ma non imperme abile ai richiami alla sovranazionalità, propria del suo ideatore e promotore . Ragion per cui, nella pratica, nel Memorandum si trovavano a coesistere sia i riferimenti all’abbandono del metodo settoriale e all’approfondimento del carattere sovranazionale , pur l imitatamente al terreno economico, della nuova Comunità – che erano elementi distintivi della riflessione beyeniana sull’integrazione europea – sia la prospettiva di armonizzazione dei costi di produzione, nonché il coordinamento delle politiche comm ercial i nei rapporti con i paesi terzi e la spinta alla liberalizzazione , i quali rappresentavano invece i cardini della vocazione olandese a guadagnare e mantenere una

162 Ivi, p. 6. 163 Ibidem. 164 Ivi, p. 7. 165 Ivi, p. 8. 129

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posizione competitiva sul mercato mondiale , oltre a un solido rapporto commerciale con Londra . Era naturale, pertanto, che il Ministerraad finisse per accogliere, pressoché nella sua totalità, e nonostante i malumori del solito Drees 166 , la strategia di politica europea sapientemente messa a punto da Beyen. La questione che si sarebbe posta n el pro ssimo futuro, diversamente, come lo stesso ministro avrebbe rilevato, era quella di far convergere le istanze dell’Aja con gli orientamenti dei partner comunitari.

Cronaca di un naufragio Tra il settembre e l’ottobre del 1953 , le sedute delle Commi ssioni incaricate di discutere del trattato Ced/Cpe , che impegnarono i delegati dei Sei per ben due settimane consecutive, a Roma e a Parigi, si risolsero in un fiasco assoluto. Germania, Italia e belgo - lussemburghesi, che pure condivi devano i principi enu nciati nel Piano Beyen, non vollero compromettere ulteriormente il già traballante esito della Cpe e sostennero Parigi nel predicare che la nuova Comunità altro non fosse che “una cornice” della Ceca e della Ced 167 . Sul versante opposto, gli olandesi si irri gidirono nel sostenere il Piano Beyen , ben consapevoli che all’approfondimento dell’integrazione economica era intrinsecamente vincolato il futuro comunitario dell’Olanda 168 . In effetti, all’Aja il clima politico intorno alle questioni europee , il quale, co me si è visto, già da tempo dava segnali di instabilità, tornava ad arroventarsi . Beel soprattutto, il ministro degli Interni che insieme a Drees rappresentava la frangia euroscettica del Kabinet olandese, giungeva a promette re scontro a viso

166 Riferisce, in proposito, Anjo G. Harryvan: “… as the Prime Minister Drees pointed out, it [the proposed system, ndr.] still did not contain a watertight guarantee that such a custom union would in fact materialize. The refore, it was to be feared, he commented, that it would be imp ossible to realise the tariff and quotas elimination programme. The point was that because of the opposition to economic integration scheme in the various countries, a majority for any integrat ion scheme in the European Parliament seemed implausible. Essen tial, therefore, was a clause, which would automatically lead to the extinction of all internal Western European tariffs and quantitative restrictions, had the customs union come into being aft er a period of for instance 5 or 10 years subsequent to the sig ning of the Treaty. Also, in view of this opposition to economic integration, the Dutch would need to have certainty on their economic issues in general before acquiescing to the resolution of the institutional problems”. Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., pp. 55 - 56. 167 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 495 , Brief - Beyen aan Luns en Drees , 23.10.1953. Stando peraltro a quanto dichiarato da Beyen al Ministerraad del 26 otto bre 1953. Alla lettera: “ Minister Bidault zou in de besloten kring van de Commissie van Buitenlandse Zaken uit het Franse Parlement gezegd hebben, dat hij alleen bereid is een Europese Gemeenschap te aanvaarden, die uitsluitend een overko epeling is van de KSG en de EDG”. 168 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 398, Ministerraad , 26.10.1953. 130

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aperto con Bi dault , giacché – riteneva – accettare le condizioni dei francesi equivaleva a cedere parte della propria sovranità per ottenere in cambio niente più che “un guscio vuoto” ( een lege huis ) 169 . Di fronte a una chiusura tanto nett a, a nulla valsero i tentativi di conciliazione perpetrati da Beyen, Mansholt e Zijlstra, dai più europeisti, cioè, tra i membri del Ministerraad . Tant’è che il verbale della riunione del 23 novembre 1953 si chiuse , lapidario, con la dichiarazione che l’at teggiamento olandese nei confro nti della Francia, da allora in avanti, si sarebbe ispirato alle indicazioni di Beel: nessuna concessione in termini di sovranazionalità senza garanzie precise in materia di integrazione economica. Lo scontro diretto tra Par igi e l’Aja, pertanto, era uffi cialmente annunciato, restando in attesa di consumarsi, in un crescendo costante, nelle settimane a venire. E difatti, t ra il 26 e il 28 novembre, proprio nella capitale istituzionale dei Paesi Bassi , la conferenza dei ministri dei Sei - che avrebbe dovuto chiudere il ciclo di discussioni sulla Ced e sulla Cpe anche sulla base dei risultati prodotti dall’Assemblea ad hoc - fu teatro di un primo confronto su questioni di principio tra Beyen e l’ambasciatore Parodi, segret ario generale del ministero degli Est eri francese , incaricato di rappresentare Bidault all’incontro, quest’ultimo essendo stato trattenuto in patria da “complicazioni” politiche 170 . Nell’occasione, fu B eyen ad aprire il dibattito , ponendo a chiare lettere s ul tavolo i nodi della contesa. Ribad ì infatti con forza la necessità di includere nel nuovo trattato disposizioni specifiche circa l’integrazione economica generale . Ma non solo. Cercò di forzare la mano invocando la creazione di una nuova Commissione di studio espressamente incaricata di di scutere sia sulle competenze della nuova Comunità in materia economica, sia sulla necessità di un controllo democratico sull’operato di quest’ultima. La replica di Parodi non si fece attendere e, come prevedibile, fu is pirata alla più rigida intransigenza . In sostanza, Parigi rifiutava in blocco le proposte dei partner nederlandesi 171 . Al termine dell’incontro, tuttavia, il ministro partijloze riuscì comunque a strappare ai transalpini il consenso sulla convocazione della Commissione di studio, sebbene a cost o di ulteriori, estenuanti discussioni circa la composizione di quest’ultima, giacché il rappresentante olandese premeva perché fosse fo rmata da esperti indipendenti, mentre Parodi insisteva affinché riunisse i rapprese ntanti degli stati 172 .

169 Ivi, p. 21. 170 Cfr. NA, L'Aja , 2.05.117, Buitenlandse Zaken, blok 1, 1945 - 1954, inv.nr. 16839 , Conferentie van Ministers van Buitenlandse zaken gehouden te Den Haag, van 26 t/m 28 November 1953, p. 1. 171 Ivi, pp. 4 - 6. 172 Ibidem . 131

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F u proprio la C ommissione di studio (composta alla fine secondo le indicazioni di Beyen , sebbene gli esperti fosero autorizzati a ricevere istruzioni dai rispettivi governi ) a costituire la cornice in cui si produsse l’insanabile frat tura tra i campioni del protezionismo e dell’Europa “europea” , da affidare alla guida prestigiosa di Parigi , e i paladini della liberalizzazione e dell’atlantismo, tenaci sostenitori dell’ equal partnership comunitaria tra grandi e piccoli paesi e di un’Eur opa allargata in primo luogo oltreman ica. Senza addentrarsi nel dettaglio dei singoli argomenti oggetto di dibattito in Commissione , per cui comunque si rimanda al rapporto inviato da Beyen e Luns al Primo ministro olandese il 2 aprile 1954 173 , occorre qui precisare che a collidere furono sost anzialmente due impianti concettuali antitetici, quello di Parigi , che, come ha sottolineato con efficacia Bino Olivi, era intessuto di riferimenti alla “primazia francese nel Conti n ente” e alla “riduzione ‘strutturale’ delle capacità di armamento della Ge rmania” 174 , e quello dell’Aja, arricchito degli apporti di J oh an Beyen, costruito intorno all’idea di una solidarietà europea formatasi in virtù di realizzazioni concrete in campo economico e sul ripristino dello spalto tedesco, nonché del mercato della Rft, come garanzia per i piccoli paesi, sia nei confronti dell’egemonia parigina, sia rispetto alla minaccia sovietica. Ad ogni modo, benché, col senno di poi, possa apparire del tutto acquisito il dato che, tra le due, sarebbe stata la visione olandese ad imp orsi nel lungo periodo, all’apertura dei lavori della Commissione, il 12 dicembre 1953, nella capitale francese, l’esito delle discussioni era tutt’altro che scontato. Al punto che i delegati olandesi che vi pre sero parte stilarono un rapporto in cui veniv a più volte sottolineata, con sorpresa e non certo senza soddisfazione, la difficoltà diplomatica dei transalpini, ritrovatisi spesso isolati a portare avanti i propri tentativi di limitare il più possibile le c ompetenze e il ruolo dell’esecutivo sovranazi onale 175 . I rappresentanti dell’Aja, in particolare, ritennero di aver conseguito successi significativi nel dibattito sul mercato comune europeo, laddove, rispetto alle trattative precedenti, erano riusciti non s oltanto a conquistarsi il sostegno degli altr i due paesi del Benelux “su molte questioni fondamentali” 176 , ma addirittura a vevano saputo costituire un fronte compatto di

173 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 500, Overzicht besprekingen studiecommissie E.P.G. Parijs, 12 December – 8 Maart 1954 , 2.4.1954. 174 Cfr. B. Olivi, L’Europa difficile , cit., pp. 21 e 32 . 175 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 500 1954 apr., Overzicht besprekingen studiecommissie E.P.G. Parijs, 12 December – 8 Maart 1954 , 2.4.1954, p. 10. 176 Ivi, p. 14. 132

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opposizione “a cinque” rispetto ai tentativi francesi di ridurre la proposta sul mercato a “ de s clauses économiques très générales ” 177 . In sintesi, l’esperienza della Commissione di studio - la quale chiudeva i battenti l’8 marzo 1954 - decretava non soltanto un primo, importante successo olandese sui pur influenti avversari d’oltralpe , ma aff ermava altresì la ripresa del cammino congiun to dei partner del Benelux, peraltro nella direzione indicata da Beyen, sul terreno comunitario. Che si trattasse di una vittoria più formale che reale, o, per meglio dire, da raccogliere nel lungo periodo, anz iché nell’immediato, sarebbero stati gli svil uppi successivi a mostrarlo. Nel frattempo, all’Aja si faceva strada un forte sentimento di inquietudine rispetto alla sorte che Parigi, isolata e fortemente ridimensionata nelle sue aspirazioni di deus ex machi na del dibattito comunitario, avrebbe riserva to alla Ced e alla Cpe. Il ministro della G iustizia, Leendert A. Donker, più degli altri, chiedeva a Beyen rassicurazioni precise circa gli orientamenti francesi, visto che, nell’ambito della Commissione di stud io, i delegati transalpini avevano più volte minacciato di “strappare in due” il trattato Ced 178 . Ma, come è logico pensare, lo stesso Beyen non era in grado di soddisfare tale richiesta. Anzi, si mostrava egli stesso sempre più preoccupato per i rivolgimen ti politici che scuotevano Francia , i quali n on soltanto avevano rallentato il lavoro della Commissione di studio, ma soprattutto stavano condizionando il buon esito del processo di ratifica parlamentare del trattato Ced , peraltro già concluso con esito po sitivo, in cinque dei sei paesi membri della Ceca, nella prima metà del 1954 179 . Nel giugno di quell’anno, tuttavia, l’elezione alla Presidenza del Consiglio francese di Pierre Mendès - France - che peraltro Beyen aveva conosciuto personalmente a Bretton Woods , nel 1944 – dipanò al ministro olandese uno scenario molto più chiaro, benché tutt’altro che incoraggiante. Il pragmatico economista di Utrecht comprese infatti che il trattato Ced sarebbe stata la vittima sacrificale che il governo antieuropeista del nuovo Primo ministro francese avrebbe offerto ai propri cittadini per riparare, anche se soltanto parzialmente, alle proprie, disastrose scelte di politica coloniale. Non solo. La mancata ratifica del trattato sarebbe stata anche la nece ssaria

177 Reci ta in proposito il rapporto: “… zij hier echter onmiddelijk opgemerkt, dat - met name in de laatste fase dezer studiebesprekingen - een toenemende neiging tot onderlinge aan een sluiting van de standpunten der vijf andere delegaties tegenover Frankrijk mer kbaar werd ” ( . … è sembrato anche innegabile che – soprattutto nell’ultima fa se di queste discussioni – si sia manifestata una crescente tendenza a far convergere le posizioni delle altre cinque delegazioni contro la Francia). Cfr. Ivi, p. 11. 178 Cfr. NA, L' Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 399 , Notulen , 13.04.1954, p. 2. 179 Cfr. J.W. Be yen, Het spel en de knikkers …, cit., pp. 229 - 230. 133

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contropartita da offrire alla rumorosa frangia gollista dell ’ Assemblée n ationale , al fine di placarne l’impeto nazionalista con la garanzia che nessuna progettualità europeista avrebbe minato la tutela dell’integrità difensiva nazionale, tanto meno uno schema elaborato allo scopo, sottaciuto ma non per questo imper scrutabile, di allentare le ansie di Washington attraverso la rimilitarizzazione del “nemico” tedesco 180 . Di fatto, il 31 agosto 1954, si concretizzarono contestualmente sia gli allarmi lanci ati dal ministro guardasigilli dell’Aja, sia le lucide previsioni d i Beyen. I l destino condiviso dei progetti Ced, Cpe e del mercato comune , che dei primi due era diretta propaggine, si compì infatti con la decisione del Parlamento francese di rinviare sin e die la ratifica del trattato Ced. Un “ non ” , peraltro, che spezzò bruscamente il robusto filo di speranze con il quale gli europeisti più convinti avevano legato insieme la nascita dell’esercito europeo e della cornice politica entro cui quest’ultimo si s arebbe insciritto e l’approdo decisivo verso la grande Federazione continentale, l’effettiva terza via al mondo bipolare, nonché la lapide dei particolarismi e degli egoismi nazionali, come pure dei conflitti da essi derivanti 181 . Beyen, neanche a dirlo, si ritrov ò schierato tra le fila dei disillusi. E certo con un senso d’amarezza molto più accentuato rispetto ad altri coevi appassionati europeisti, giacché non soltanto vedeva tramontare le proprie aspirazioni a cambiare strutturalmente il corso dell’integ razione, riorientandolo lungo la via dell’approccio “orizzontale” d i cui si pregiava di essere l’ispiratore, ma anche e soprattutto perché assisteva alla vanificazione di tre anni di impegno costante e sistematico per la promozione del suo Piano. Non solta nto all’Aja, ove, come si è visto, aveva faticato non poco – anche e soprattutto in quanto neofita della politica e “ partijloze ” - a convincere dei vantaggi dell’integrazione sovranazionale l’ostinata frangia euroscettica del Ministerraad 182 . Ma anche nell’a mbito dei Sei,

180 Ivi, p. 230. 181 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers …, cit., p. 234. L’analisi di questo delicatissimo frangente della storia comunitaria è stata condotta a vari livelli e da diverse prospettive, come testimonia l’ampia e variegata mole di pubblicazioni disponibili in argomento, sia in Italia che in Europa. Mancano tuttavia studi recenti in argomento. In ogni caso, per un approfondimento dell’intricata questione, la quale tenga conto anche della posizio ne olandese al riguardo, m eritano di essere citati: Pierre Gerbet, “La ‘Relance’ Européenne jusqu’a la conference de Messine ”, in E. Serra, Il r ilancio dell’Europa… , cit., pp. 66 - 70; R. Massigli, Une comédie des erreurs …, cit.; Jean Ch. Snoy et d’Oppuers, Un témoin raconte: Du plan Schuman aux traités de Rome , in «30 jours d’Europe», n. 285, 1982, pp. 23 - 24; Richard Mayne, The Recovery of Europe, from Devastation to Unity , Harper and Row, New York, 1970; Arnold J. Zurcher, The struggle to Unite Europe 1940 - 1958 , New York University Press, New York, 1958. 182 Ricorda in proposito lo stesso Beyen, nelle sue memorie: “De figuur van een partijloze Minister van Buitenlandse Zaken was geenszins nieuw in onze politieke geschiedenis, maar in de vroegere gevallen ging het vaak om carrière - diplomaten in een tijd waarin het Parlement zich nauwelijks 134

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d ove, come ricorda il capostipite del federalismo eu r opeo olandese, Hendrik Brugmans “ Beyen était allé… sacrifiant ses vacances, afin de faire un dernier effort pour persuader tel Radical ou tel Gaulliste ” 183 . Eppure, citando ancora Brugmans, all’indomani del voto francese, Beyen fu “ probablement le seul à en visager une alternative ” 184 . Già il 24 settembre 1954, infatti, in un discorso pronunciato in occasione del “ Rotterdamse Internationale Havendag ” – che risuonò per molti come un’a utentica professione di fede europeista 185 - , il finanziere di Utrecht mostrò di non aver esaurito il proprio slancio propositivo in tema di integrazione sovranazionale . Anzi, al contrario, diede prova di aver maturato ulterior e consapevolezza circa la virtu alità del proprio progetto. Pure i n un ambiente sensibilmente scettico , quale si mostrava quello dei grandi commercianti olandesi – preoccupati dagli effetti negativi dell’unione doganale e da un’Euorpa potenzialmente soggetta al dominio francese 186 - Beyen rilanciò con forza l’idea della necessità di una soluzione sovranazionale ai g randi problemi economici dell’epoca. Non solo. Convinto dell’inutilità di riprendere in mano il discorso sull’integrazione politica – almeno fino a quando non si fossero verifica ti cambiamenti significativi in Francia - , presentava un invito al proprio gov erno , velato ma deciso, a ffinché si assumesse la responsabilità di riaprire le discussioni sull’integrazione economica, riesumando dalle macerie della Ced l’unico, fecondo superstite, ovvero il progetto sul mercato comune 187 .

L’Aja e l’Ueo Di là dalle prosp ettive incoraggianti aperte da Beyen, era innegabile che i l fallimento della Ced avesse avuto ricadute drammatiche e profonde , nonché trasversalmente condivise, negli animi degli europei . Oltre a generare un dilagante sentimento di sfiducia sulla capacità di tenuta del sistema comunitario , enige bemoeienis met de buitenlandse polit iek aanmatigde... Het partij - loos - zijn had zeker zijn bezwaren kunnen hebben. Tegenover het niet te versmaden voordeel dat alle eenz aamheid medebrengt stond het nadeel dat er tussen de leden van de Kamer en mij geen persoonlijk contact bestond”. (La figura di un ministro degli Esteri senza partito non era del tutto nuova nella nostra storia politica, ma nei casi precedenti essa veniva spesso ricoperta da una personalità che avesse fatto carriera diplomatica in un momento in cui il Parlamento non si era rise rvato praticamente nessuna influenza in politica estera… Il fatto di essere un “senza partito” aveva certo i suoi svantaggi. Benché non vada sottovalutato il vantaggio che comporta la solitudine c’è comunque la difficoltà di non avere nessun contatto perso nale con gli altri membri della Camera). Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers …, cit., p. 208. 183 Cfr. H. Brugmans, L’idée europée nne 1920 - 1970 , De Tempel, Bruges, 1970, p. 289. 184 Ibidem . 185 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld …, cit., p. 341. 186 Ibidem . 187 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers …, cit., p. 234. 135

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di cui era emersa con fin troppa evidenza l’intrinseca vulnerabilità, la scabrosa vicenda dell’esercito comune aveva fatto sì che la solu zione delle problematiche più cogenti sull’agenda internazionale, prima fra tutte la questione del riarmo tedesco, continuasse ro a soggiacere agli umori dei governi. Sicché, all’indomani del verdetto francese, i Sei non soltanto si ritrovarono a dover rifo rmulare in tempi strettissimi un piano per il ripristino dell’apparato difensivo del la Rft, cercando al contempo di contenere alla bene e meglio l’insopportabile pressione di Washington, ma dovettero anche fare i conti con un’assenza pressoché totale di sp unti creativi, che era l’inevitabile conseguenza dell’insuccesso appena raccolto. N on fu un caso, pertanto, che la risposta al problema della sicurezza – di cui il riarmo della Germania appariva l’ elemento dirimente – fu trovata al di fuori del suolo comu nitario, cioè, nella fattispecie, a Londra. Più precisamente, fu Anthony Eden , il s egretario del Foreign Office britannico, a formulare un corpo coerente di proposte che, nel corso di una serie di conferenze tenutesi rispettivamente nella capitale del Reg no Unito e a Parigi, tra il settembre e l’ottobre del 1954, fu presentato ai governi perché divenisse la base di un protocollo di intesa per la difesa dell’Europa occidentale. Meglio noto come Piano Eden, lo schema prevedeva sia di includere Germania e Ita lia nella Nato, con l’obiettivo implicito sia di allentare le preoccupazioni america ne sul vuoto difensivo nel territorio della Rft, sia di sottoporre il riarmo tedesco a ben precise restrizioni, nell’evidente intenzione di rassicurare i francesi 188 . Al l’Aj a, il Piano Eden, u no schema pratico , efficace e immediatamente applicabile, nonché concepito a Londra, fu percepito come una sorta di panacea per la sicurezza dell’O ccidente europeo . Senza considerare, peraltro, che tale progetto, oltre ad indicare la str ada più rapida , almeno nel breve periodo, per superare l’impasse del coordinamento d ifensivo europeo , lasciava intravedere una concreta possibilità di effettivo coinvolgimento britannico negli affari continentali, cosa che, come si ricorderà, rappresentava un’antica e intensamente coltivata aspirazione degli olandesi 189 . Beyen salutò con s oddisfazione il nuovo progetto , al quale dedicò una “ Nota ” per il governo olandese ( Het beleid der Nederlandse regering ten opzichte van de Europese samenwerking – La politica del governo olandese con riguardo alla cooperazione europea) , presentata il 19 n ovembre 1954. Il documento evidenziava l’importanza del legame strategico - militare tra i Sei e la Gran Bretagna, il quale – a detta del ministro olan dese - valeva bene la rinuncia a

188 A.G. Harryvan, The Netherlands, Benelux… , cit., p. 5. 189 Cfr. ASUE, C OL, JMDS - 125, 1979, Rutten Document , “Het Nederlandse aandeel in de totstandkoming van de Gemenschappelijke Markt inzon derheid in de periode maart - juni 1955”, p. 28. 136

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metodi di cooperazione , obiettivi e vincoli “nei quali il Regno Unito non vuole sentirsi strett o ” ( bindingen, die het V.K. niet mede wil aangaan ) . Non solo. Se l’Ueo, come auspicato, avesse soddisfatto le aspettative, avreb be potuto, di lì a breve, incoraggiare anche altre forme di cooperazione tra la Comunità e gli inglesi, mag ari sul terreno economico e monetario, e magari in un ambito più vasto, come quello dell’Oece, anche qui con la partecipazione garantita dei britanni ci . Tutto ciò senza minare l’integrazione sovranazionale , la quale continuava la sua marcia parallela, benc hé a tratti vacillante , e alla quale l’Olanda avrebbe dovuto continuare ad offrire il proprio sostegno 190 . E a tal fine, puntualizzava Beyen, sarebbe s tato necessario mettere a punto quanto prima una strategia comune del Benelux , anche e soprattutto per cont rastare l’approccio “nazionalista” della politica europea di Mendès - France 191 . In altre parole, stando a ll’ex direttore del Fmi, la Ueo costituiva un o straordinario collante per rafforzare il vincolo bilaterale anglo - olandese, apparentemente allentatosi a c ausa dell’autoesclusione di Londra dalla Comunità. In tale quadro, tuttavia, al governo dell’Aja, che allora più che mai avrebbe dovuto puntare sulla collaborazione con i partner del Benelux, spettava il difficile compito di farsi garante del mantenimento degli equilibri, certo delicatissimi, sui quali si reggeva la coeva cooperazione internazionale. Ovverossia, sul versante dei rapporti multilaterali, era chiamato ad ostacolare le inutili forzature sull’ establishment britannico affinché accettasse di intro durre contenuti sovranazionali nell ’impianto statutario dell’Ueo, cosa che, oltre a provocare quasi inevitabilmente un irrigidimento di Londra nei confronti della cooperazione con gli alleati continentali, avrebbe creato t ensioni nell’ambito della Nato. S u l versante più prettamente europeo, avrebbe dovuto continuare a promuovere le iniziative di approfondimento dell’integrazione economica , principalmente allo scopo di impedire che la Francia trovasse campo libero per riprendere saldamente in mano le redini della Comunità, magari offrendo una non così improbabile leadership congiunta ai “grandi” della Rtf 192 . Di fronte a tale prospettiva, rib adiva il ministro olandese, diventava ancor più importante che il Ministerraad avesse ben chiara in mente la distinzione tra il concetto di “integrazione” e quello di “cooperazione”, cioè tra il percorso di unificazione ispirato al principio della sovranaz ionalità e un’organizzazione internazionale di natura confederale. Se , infatti , i Sei non avessero tenuto costantemente s eparate le due sfere, a livello concettuale oltre che pratico, la Francia di Mendès - France avrebbe avuto gioco facile nel condizionare il cammino della Comunità verso il

190 Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld …, cit., pp. 342 - 343. 191 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05. 02, MR, inv.nr. 506, Nota betreffende het beleid der Nederlandse Regering t.o.v. de Europese samenwerking , 19.11.1954, p. 5. 192 Ibidem. 137

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più sicuro approdo della sua politica del “ nationaal reveil ” 193 . Ammoniva il ministro:

The well intended efforts to prevent “Little Europe” from stagnation bear the risk that France – by a dialectic of its own, already skilfully applied by Mendès France – will see its chance to render void the notion of “supranationality” and transform it i nto a political slogan serving the various needs of French foreign policy. 194

Le considerazioni espresse nella “ Nota ” finiron o col comporre la premessa teorica del Memorandum del Benelux, nonché l’invito ufficiale de ll’Aja a ricompattare il fronte dei “pic coli” , nell’intento dichiarato di tutelare non soltanto l’integrazione sovranazionale, ma anche i reciproci interessi economi co - commerciali 195 .

Per un rilancio europeo

Va precisato che Beyen era ben consapevole che l’invito di cui sopra avre bbe trovato ter reno fertile nei suoi destinatari e, se non di entrambi, almeno da parte di Spaak. Il suo omologo belga, infatti, non soltanto apparteneva notoriamente alla schiera degli europeisti della prima ora, ma già all’indomani del naufragio della Ce d si era messo al lavoro con Monnet per rilanciare la Comunità sulla base di un progetto “solido e suggestivo”, ancorché a carattere prettamente settoriale, come quello dell’integrazione dell’energia atomica 196 .

193 “...en men moet Mendè s - France niet de kans te geven een zodanige stampot van alle mogelijke met elkaar in strijd zijnde concepties te maken, dat daaruit slechts een voor de Franse eetbaar hapje te voorschijn komt” (e non si deve offrire l’opportunità a Mendè s - France di fare un minestrone di tutti i tipi di concezioni fra loro contrastanti, cosa che risulterebbe uno spuntin o commestibile soltanto per i francesi). Cfr. NA, L'Aja , 2.21.183.08, Collectie Van der Beugel, inv.nr 6, Memorandum, 2 .11.1 954 , p. 2 . 194 Ibidem. La traduzione in inglese è d i A.G. Harryvan . Cfr. Id., The Netherlands, Benelux …, cit., p. 8. 195 È opportuno pr ecisare - stando a quanto si apprende dal telegramma inviato da Beyen e Luns ai ministri degli Esteri dei Sei, nonché, per conoscenza, anche a Washin gton e a Londra – che i colloqui separati tra i tre ministri del Benelux erano iniziati già qualche mese pr ima, per la precisione nel giugno del 1954, sotto forma di scambio reciproco di vedute circa l’esito delle ratifiche del trattato Ced. Fu in quella c ircostanza, presumibilmente, che emerse con maggiore chiarezza la sintonia di orientamenti dei tre governi in materia di integrazione, nonché la condivisa insofferenza ne i confronti della politica di Mendè s - France. Cfr. NA, L'Aja, 2.03.01, AZ/KMP, inv.nr. 6487, Codetelegram , 23.6.1954. Anche Weenink sottolinea che, al momento di discutere il Piano Eden, il cons ueto “Benelux - verband”si era già ampiamente ricostituito. Cfr. W.H. Weenink, Bankier van de wereld …, cit., p. 343. 196 La vicenda della collaborazione tra Spaak e Monnet per lo sviluppo dell’Euratom è stata ampiamente analizzata dagli studiosi dell’integrazi one europea. In questa sede si è fatto particolare riferimento, oltre che al più volte lavoro di Weenink, Bankier van wereld …, cit., pp. 343 - 138

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Come più volte ricordato, però, il ministro o landese non nut riva grandi speranze nelle potenzialità del funzionalismo come catalizzatore della solidarietà europea e, più nel concreto, di un’integrazione economica sovranazionale. Pertanto, egli preferiva tenersi a distanza dalla progettualità di matri ce monnetiana. Ciononostante, era deciso a conquistare alla propria causa Paul - Henri Spaak, il quale avrebbe verosimilmente coinvolto nell’iniziativa anche l’omologo lussemburghese Joseph Bech. Occorreva quindi trovare un movente capace di competere con lo spessore sugge stivo del progetto sulla Comunità dell’atomo. Beyen decise quindi di puntare su un tema di sicuro interesse per i tre paesi, nonché eccezionale collante finanche sul piano psicologico: tutela e futuro dei “piccoli” stati. Più precisamente, come si legge n ella già ricordata “ Nota ” del novembre 1954, il ministro olandese – che nell’occasione sembrò aver dato ampiamente fondo alla sua incontestabile abilità persuasiva – richiamò l’attenzione de i partner del Benelux sui tentativi francesi di avv iare un dialogo separato con la Rtf. Sebbene non fossero ancora percepibili segnali inequivocabili di questo orientamento, e benché non ci fosse stato alcun riscontro da parte dei tedesc hi , la prospettiva in sé imponeva a i piccoli paesi di predisporre una strategia di di fesa , rafforzando la collaborazione “anche sul piano della politica estera, qualora si fosse ritenuto necessario” 197 . Detto altrimenti , fu il d isagio provocato nei piccoli stati dalle velleità egemoniche dei grandi partner con tinentali, della Francia in par ticolare, a costituire il sostrato sul quale prese forma il Memorandum del 1955 (del quale si parlerà diffusamente in appresso) , destinato a diventare , in breve tempo, non soltanto lo strumento più efficace per rilanciare il processo di unificazione sovran azionale, ma una vera e propria pietra angolare della storia dell’integrazione europea . Confortato dalla garanzia del sostegno belgo - lussemburghese , Beyen , in linea con le sue ben radicate convinzioni e prendendo a modello i l percorso che aveva condotto a lla nascita del Benelux, iniziò innanzitutto a riformulare la politica europea dei Paesi Bassi secondo una linea più moderata, cioè puntando

345, anc he al recente volume di Andrew Moravksick, The Choice for Europe: Social Purpose and State Power from Messi na to Maastricht , Routledge, London 2013, pp. 139 - 143. 197 Nota betreffende het beleid ... , cit., p. 3. Precisa a tale proposito la Note de Travail sur quelques "Plans" d'Integration Economique Europeenne redatta dal ministero degli Esteri e del Commercio es tero belga: "Après avoir marqué ce temps d'arrêt, l'idée de l' intégration européenne devait être Repr ise à la fin de 1954, notamment à la suite des inquiétudes que provoquèrent dans les pays de Bénélux et en Italie, les projets de rapprochement franco - all emand (accord sur la Sarre et communiqué franco - allemand d'octobre 1954)". Cfr. http://resources.huyge ns.knaw.nl/watermarker/pdf/europa/G01526.pdf 139

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a traguardi di minore portata, quali la realizzazione di un’ unione doganale a livell o dell’Oece, cosa che gli assic urava, se non altro, l’avallo incondizionato del proprio governo 198 . Non soltanto, infatti, la liberalizzazione commerciale, come si è detto più volte, rappresentava il principale obiettivo di politica economica ed europea dell ’Aja , ma ancor più, in quel pre ciso frangente storico, sarebbe stata apprezzata una proposta “pessimistic a e difensiv a ” 199 , senza allusioni di sorta alla sovranazionalità . Ottenuto , come previsto, il sonoro " ja " dal Binnenhof , il ministro degli Esteri “ passionnément européen ”, come lo av rebbe definito Hendrik Brugmans qualche anno più tardi 200 , il 23 novembre partì per Bruxelles, ove era atteso da Spaak e Bech per tracciare insieme una linea di condotta comune da adottare nei due contesti dell'Ueo e della Ceca. Nell’occasione, quello tra Be yen e Spaak, fu di fatto un confronto ad ampio raggio tra due prospettive sensibilmente divergenti , per quanto entrambe facenti capo al grande filone europeista, mentre Bech si limitava a sostenere ora l’uno, ora l’altro punto di vista. In particolare, l'i mpostazione di Beyen, come si ricorderà , si fondava sulla critica del metodo monnetiano e sulla convinzione che soltanto un'integrazione economica generale avrebbe costituito la giusta premessa per lo sviluppo di un'auten tica e condivisa solidarietà contin entale. Spaak, di contro, si presentava come un devoto discepolo del burocrate francese , col quale condivideva soprattutto l’idea che l’unica via percorribile per il rilancio della Comunità sarebbe stata l’estensione dell e competenze della Ceca, giacché il perseguimento di “ plus vastes projets ” avrebbe prodotto nient’altro che “ un novel échec ” 201 . Ad ogni modo, c ome avrebbe peraltro riferito il ministro olandese al suo governo, di là dalle divergenze interpretative su quel la o quell’altra questione, le prem esse per la formulazione di una strategia comune erano concrete e riconoscibili fin dalle primissime battute del colloquio. C’era, innanzitutto, la comune avversione al “ réveil nationaliste ” di Mendès - France e alla sua te ndenza a privilegiare le relazioni bilaterali. Tale atteggiamento, affermavano i tre:

198 Ibidem . Cfr. anche A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 74. 199 Cfr. Rutten Document , cit. , p. 3 0. Precisa Harryvan in proposito: “As a possible course of action Beyen mentioned the idea recently la unched by Baron Snoy et d’Oppuers, the Secretary General of the Belgian Ministry of Economic Affairs, that the Benelux countries might take the initiative to start discussions in the OEEC on the formation of a Free Trade Area”. Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 74 e Id., The Netherlands, Benelux …, cit., p. 11. Sull’atteggiamento del governo olandese negli anni questione cfr. Albert E. K ersten, Maken drie kleinen een grote? De politieke invloed van de Benelux, 1945 – 1955 , Van Holkema & Warendorf , Bussum, 1982, pp. 10 – 15. 200 Cfr. H. Brugmans, L’idée européenne… , cit., p. 289. 201 Rutten Document , cit. , p. 30. 140

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… s’oppose, non seulement à l’idée supranationale mais … au “ multilateralisme ” qui est à la base des efforts de l’O.E.C.E, et de l’U.P.E. Faute d’un organe supranational, responsable pour l’intérêt commun , le but bien défini de ces organisations n’en est pas moins de servir l’in t érêt commun dans leur politique nationale. C’est pourq uoi l’Europe s’est pu libérer du bilatéralisme, qui avait commencé à corrompre la vie économique après 1930 sous l’égide de M. Schacht, et qui menaçait d’étrangler la réconstruction de l’Europe après la guerre. C’est presque un miracle de sagesse, que l’Eu rope est parvenu à se distancier de cette tendance dangereuse, qui condui t à une protection industrielle… et à la dscriminatio n dans les relations économiques et monétaires… Nous ne voulons pas être alarmistes. Nous ne nous préoccuperons pas encore d’un dé veloppement très proche dans cette direction … Mais il ne faut pas oublier que… le bilatéralisme, comme d’ailleurs le nationali sme, est infectueux. S’il prend de l’envergure en France, il se développera aussi en Allemagne. 202

Sotto questo profilo, la posizi one comune fu facilmente individuata: protester le moment venu et à l’endroit le plus approprié, contre le tendance bilatéra liste comme telle . 203

Tale protesta, precisava Beyen, avrebbe dovuto essere condotta non soltanto sotto forma di attacco polemico, anche pungente, portato avanti attraverso gli organi d’informazione e i discorsi ufficiali, ma soprattutto a livello istituzi onale, sia nella Ceca che nelle altre organizzazioni internazionali. La prima ad essere chiamata in causa, neanche a dirlo, fu l’U eo, che per molti “ antisupranationalistes " rappresentava l’alternativa alla Ced per costruire una cooperazione europea sul ter reno della difesa. In tale contesto, i tre “ petits ” del Benelux avrebbero dovuto sì offrire la massima collaborazione e anche contributi importanti per accrescere le potenzialità dell’organizzazione, ma soprattutto si sarebbero dovuti impegnare a sollecita re i partner sulla necessità di riprendere il perc orso dell’unificazione sovranazionale nell’unica realtà deputata ad accoglierlo, la Ceca. 204 In altre parole:

Il va sans dire qu’il n’est pas question de s’opposer en principe contr e toute extension du ter rain de la W.E.U. en dehors du domain de la défens e, si, par des développements naturels, une telle extension se p résenterait comme utile et pratiquable. Il est certainement point nécessaire d’interrompre le travail actuel de l’organisation de Bruxelles su r les terrains social et culturel. Mais il serati déavantageux pour la coopération européenne de tâcher de faire la W.E.U. le noyau de cette coopération dans d’autres domaines que celle de la défense, au détriment des formes existantes de coopération europ éenne… La C.E.C.A. est la seule “tête de pont” de l’idée supran ationale, la seule “ Communauté ” qui possède un organe exécutif avec une responsabilité propre pour le bien commun, et responsable devant un parlement pourvu de pouvoirs réels. 205

202 Cfr. NA, L'Aja , 2.05.81, Bewind slieden van het Ministerie van Buitenlandse Zaken 1952 - 1998, inv.nr. 2, Brief en instructie , Beye n a an Drees, 27.12.1954, p. 3. 203 Ivi, p. 4. 204 Ivi, pp. 4 - 6. 205 Ivi, pp. 6 - 7. 141

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Ora, i ndicati gli aspetti “negativi” della posizione comune, val e a dire le resi s tenze che i tre stati avrebbero dovuto opporre ai tentativi di distorsione dell’unificazione europea perpetrati dai governi “ antisupranationalistes ”, occorreva individuare gli elementi “pos itivi” che il Benelux avrebbe dovuto introdurre nel dibattito comunitario “ pour défendre le principe du multilatéralisme et pou développer la réalisation de l’idée supranationale ” 206 . Nessun dubbio, in tal senso, da parte di Beyen, il quale, come si è detto, aveva già da tempo maturato il propo sito di rilanciare l’idea del mercato comune partendo dalla realizzazione dell’unione doganale 207 . Alla lettera:

La question se pose en pr e mier lieu, s’il ne sera pas nécessaire d’engager de nouveau la bataille pour l’ét ablissement d’un marché commun en Europe. Il faut distinguer entre, d’une part, les efforts pour obtenir un abaissement des tarifs douaniers et des restrictions quantitatives, et, d’autre part, les plans pour créer un marché européen commun (soit de caract ère général, soit pour des secteurs de l’économie)… Je me permete de rappeler que le gouvernement néerlandais avait soumis une proposition – connue comme le plan Beyen – qui s ervait comme base de discussion. Cette discussion a mené à des propositions assez élaborées sur laquelle, parmi les experts des six gouvernements, s’était établie une entent assez large. Toutefois, ces propositions supposaient la création d’un organisme su pranational suquel incombera la coordination de la politique économique et monéta ire et l’application de certaines mesures pour atténuer les répercussions de l’intégration des marchée. 208

Considerat i , tuttavia, i profondi cambiamenti che aveva subito lo s cenario comunitario nei pur pochi anni intercorsi dalla presentazione del primo M emorandum dell’Aja, era evidente che l’idea originaria dovesse essere sensibilmente ritoccata e ampiamente ridimensionata nei suoi obiettivi a breve termine. Si decise, pertan to, anche tenendo conto delle riflessioni del duo Spaak - Monnet più sopra menziona te, di prevedere un’estensione delle competenze della Ceca, la quale, in virtù della sua “ tendance naturelle de s’étendre sur d’autre domaines économiques ” sarebbe diventata u na “ base de nos efforts de réaliser l’idée supranationale ” 209 . I tre ministri del B enelux ribadirono inoltre la reciproca volontà di presentare il nuovo piano come iniziativa collettiva, anche e soprattutto al fine di guadagnare maggiore peso nel contrastare le possibili opposizioni 210 . Per quanto ,

206 Ibidem . 207 Cfr. P. - H. Spaak, Combats Inachevés, de l’espoir aux déceptions , s.l. , 1969, pp. 61 – 62; R. Mayne, The Recovery of Europe, from Devastation to Unity, New York, 1970, p. 220; J.W. Beyen, Het spel. .., cit., pp. 223 - 230. 208 Brief en instructie... , cit., p. 9. 209 Ivi, p. 10. 210 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 400, Beneluxov erleg inzake beleid ten aanzien van WEU en KSG , 29.11.1954, p. 8. 142

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viceversa , riguardava i tempi di presenta zione del progetto, si stabilì di atten dere l’ allontanamento di Mendès - France dal vertice del governo francese, cosa che Beyen aveva già anticipato e pronosticato nell’ambito di una dichiarazione alla Tweede Kamer 211 . Il lavorio dei “tre piccoli” poteva per tanto dirsi avviato, certo in sordina ma con a mbizioni dirompenti. Come Beyen avrebbe più tardi dichiarato nella sua autobiografia, il prestigioso trio era accomunato dalla condivisa appartenenza a “una razza ormai quasi estinta” ( het thans vrijwel uitgest orven ras ), quella dei ministri “informali”, v olutamente lontani dai riflettori. I quali , proprio in virtù della loro originalità, ma anche grazie alla lunga esperienza maturata nella concertazione internazionale, si sentivano liberi di abbandonare la tatt ica politica per ispirarsi alla “forza creatri ce del pensiero costruttivo” , nonché ad una concezione della politica intesa come “l’arte del possibile”, capace di rendere “accessibile il desiderabile” 212 .

La Nota inzake de Europese integratie

Frattanto, in E uropa, e soprattutto nel contesto del Benelux, i piani per il rilancio europeo “spuntavano come funghi” 213 . Tra i più accreditati, oltre al noto progetto del barone belga Charles Snoy et d’Oppuers per la creazione di una zona di libero scambio nell'ambito de ll'Oece, si ricordano le iniziative per la coo perazione intereuropea promosse dai belgi Larock 214 e Van Houtte 215 e il “ pre - integration

211 J.W. Beyen , Het spel …, cit., p. 236. 212 Ibidem . Sul tenore dei colloqui a tre si veda anche W.H. Weenink, Bankier van de wereld …, cit., pp. 343 - 344. 213 Cfr. “als paddestoelen uit de grond sp ringen”. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 509 , Nota inzake de Europese integratie , 24.3.1955. 214 Egli presentava una serie di “propositions d’ordre économique", le quali avrebbero potuto costituire la base per "une action politique à entreprendre par des pays de Benelux”, col fine ultimo di innescare il “rélance de l ’intégration Européenne”. La proposta di Larock era originariamente datata novembre 1954; nel marzo del 1955, egli ottenne una sorta di offerta ufficiale di sostegno da parte di Bruxelles, al punto che il piano Larock prese ad essere definito, nel gergo co evo, come “la proposta del Belgio”. Larock suggeriva la creazione di un’area di libero commercio - caratterizzata dall'assenza sia di barriere tariffarie, sia di restrizioni quantitative - per quei prodotti - per lo più manifatturieri – con gli stessi cost i di produzione in tutti i paesi dell'Europa occidentale. Cfr. A.G. Harryvan, The Netherlands, Benelux …, cit., p. 20. 215 Il piano di Van Houtte, lanciato il 17 marzo 1955, riprendeva a grandi l inee la proposta di Snoy. Nel dettaglio, Van Houtte esortava i p aesi del Benelux a lanciare nell’ambito dell’Oece un un’iniziativa, estesa a un gruppo limitato di paesi, per la graduale riduzione tariffaria in un periodo da dieci a quindici anni e per la s imultanea abolizione totale delle restrizioni quantitative. Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen , pp. 3 - 4. 143

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programme ” dell’olandese Blaisse 216 , tutti a carattere spiccatamente intergovernativo. Tali soluzioni, che pure avevano suscit ato l’attenzione di alcuni noti europeisti - t ra i quali Beyen 217 e Spaak - e che dovevano in larga parte il proprio successo al fatto di aver saputo interpretare la sfiducia dell’opinione pubblica europea circa le effettive virtualità del metodo comunitario , erano percepite dal ministro olandese come un’autentica minac cia all’idea sovranazionale, nonché al proprio, personale proposito di rilanciarla attraverso l’iniziativa del Benelux. Quest’ultima, viceversa, riuscì a ritrovare vigore grazie alla repentina trasformazione dello scenario internazionale. Il 5 febbraio del 195 5, infatti, il governo di Mendès - France venne rimpiazzato da una nuova maggioranza guidata da l radicale , cosa che comportò un a notevole riduzione della presenza gollista nell’ As semblée Nationale e lasciò germogliare concrete speranze di una possibile ripresa della partecipazione attiva di Parigi alla costruzione dell’edificio europeo 218 . All’Aja, tuttavia, neanche l’uscita di scena di Mendès - France seppe allentare gli scetticismi, né convincere il Ministerraad a conferire alla propria politic a europea un più elevato profilo . Pertanto, ancora una volta, toccò a Beyen sedersi sul trono vacante dell’iniziativa europea, e non soltanto in ambito nazionale. L’abbrivio in tal senso venne dato dai colloqui “a tre” , del 10 marzo 1955, in

216 Pubblicato a ridosso del progetto di Larock, nel febbraio 1955, il programma di Blaisse ricevette apprezzamenti significativi, sia in patria, sia a livello internazionale. Fondato sulla constataz ione della sostanziale immaturità dei Sei per procedere alla creazione di un’integrazione economica effettiva, il “ pre - integration programme ” suggeriva una serie di misure preliminari, dirette alla rimozione simultanea delle barriere economiche e psicologi che all’integrazione. Tra le altre cose, questo programma introduceva anche un piano intergovernativo per lo sviluppo dell’Italia meridionale, un progetto comune per la produttività agricola e uno per la costruzione gli impianti di energia atomica e gas na turale, nonché una cooperazione tecnico - finanziaria nel campo dell’edilizia. Nell’ottica di Blaisse, peraltro, il Consiglio d’Europa avrebbe costituito la cornice istituzionale più adeguata pe r la realizzazione di tali obiettivi. Cfr. NA, L'Aja , 2.03.81, B Z , inv.nr. 11, Memorandum , 19.2.1955. 217 Quanto all’ideatore del mercato comune, Harryvan sostiene che il nuovo progetto di unione doganale elaborato da Beyen si rifaceva in larghissima parte a llo schema elaborato da Snoy et d’Oppuers per un’iniziativa del Benelux nell’ambito dell’Oece volta all a creazione di un’area di libero commercio. Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 74. 218 Il discorso inaugurale di Faure al Conseil de la République lasciava intendere che il nuovo governo francese avrebbe assunto un atteggiamento più posit ivo rispetto al suo predecessore, anche e soprattutto in ambito comunitario. Faure dichiarò infatti che i francesi avrebbero preso iniziative importanti per la cooperazione nel campo dell’elettricità, dei trasporti e dell’energia atomica. In altre parole, Faure avrebbe accolto le indicazioni di Monnet per un rilancio dell’integrazione settoriale. Ciononostante, restava incerta la posizione di Faure rispett o alla sovranazionalità e al rafforzamento delle istituzioni comunitarie. Cfr. A.G. Harryvan, The Nethe rlands, Benelux …, cit., p. 22 e, sulla reazione olandese alle dichiarazioni di Faure, NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen, p. 9. 144

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occasione dei quali i ministri del Benelux stabilirono di promuovere un incontro con gli omologhi della Ceca per discutere sulla successione di Monnet , – dimissionario , com’è noto, dalla presidenza dell’Alta Autorità 219 . La riunione, tuttavia, aveva principalmente lo scopo di spronare i governi europei , quello francese in particolare , a svelare i propri effettivi orientamenti in tema di integrazione . Tali dichiarazioni esplicite sarebbero state infatti essenzia li affinché “ le trois petits ” formulassero la loro propo sta di rilancio con qualche speranza di successo 220 . Era stato Spaak, più degli altri, a volere questo incontro . E non a caso. Sperava infatti, d’intesa con lo stesso Jean Monnet 221 , che da esso scaturis se una mozione congiunta all’indirizzo del presidente di missionario dell’Alta Autorità, per convincerlo a riconsiderare la propria posizione. Cosa che, nell’ottica del mini stro di Bruxelles, equivaleva ad ottenere l’avallo degli altri stati su una ripresa del cammino europeo lungo la linea tracciata a suo tempo dall’ideatore della Comunità 222 . Di fronte a tale prospettiva , per la verità molto lontana dai piani di Beyen , quest’ultimo decise di ricorrere alla prudenza diplomatica, che pure non gli era congenia le, ma che aveva appreso, quasi involontariamente, con l a prolungata frequentazione dei negoziati internazionali , fin dagli anni Trenta . Anziché opporsi con fermezza ai propositi del collega brussellese – e implicitamente creare una frattura in quel proces so di riavvicinamento tra i partner del Benelux che egli stesso aveva caldeggiato – offrì il proprio sostegno, limitandosi a

219 Già nei d ue mesi precedenti l’incontro, in verità, Spaak aveva tentato di promuovere la nomina di Schuman alla p residenza dell’Alta Autorità della Ceca. Tuttavia, il cambio di guardia a Parigi, come pure le discussioni con Monnet, lo avevano indotto a cambiare idea e ad attendere di conoscere meglio le intenzioni di Faure in materia di integrazione europea. Cfr. P. - H. Spaak, Combats Inachevés ..., cit . ; e anche J. Monnet, Mémoires , cit., p. 47. 220 Monnet, all’atto di presentare le dimissioni, aveva dichiarato che la s ua era un’azione di protesta nei confronti della condotta di Parigi nel contesto comunitario. Senza mancare però, al contempo, di comunicare a i suoi più stretti collaboratori ( vrienden ) che avrebbe riassunto la presidenza dell’Alta Autorità qualora il gove rno francese avesse cambiato atteggiamento. Subito dopo la cadut a di Mendès - France, peraltro, l’illustre commis d’État si era dichiarato disposto a restare in carica ancora un mese, ne lla speranza di ottenere l’appoggio sufficiente alla realizzazione delle sue proposte per la “comunitarizzazione” del settore energetico. (Cfr. Rutten Document , cit., p. 30). Spaak era perfettamente al corrente delle reali intenzioni del suo mentore. E gli aveva offerto il suo appoggio incondizionato. Pertanto, dando seguito a lla propria profferta, era entrato in contatto con il neoeletto ministro degli Esteri francese, Pinay, insieme al quale aveva discusso e approvato il nuovo progetto di integrazione set toriale elaborato da Jean Monnet . Cfr. P.H. Spaak, Combats Inachevés… , c it., p. 62. 221 Cfr. NA, L'Aja , 2.05.81, BZ , inv.nr. 11, Memorandum en notitie , 19.2.1955. Sulla collaborazione tra Spaak e Monnet che condusse alla formulazione dell’iniziativa si veda W. Loth, Building Europe: A History of European Unification , De Gruyter , Berlin/Boston 2015. 222 Ibidem . 145

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precisare il proprio disaccordo con i “piani per l’in tegrazione ” ( integratieplannen ) coltivati dal duo franco - belga 223 . Con l’implici ta promessa, però, che una volta ottenuta la riconferma del presidente dell’Alta Autorità, il ministro olandese avrebbe continuato a promuovere il suo disegno di integrazione eur opea “orizzontale” , contando al contempo di beneficiare di un supporto analogo da parte di Spaak e Monnet . Occorreva, a questo punto, confezionare una proposta che eguagliasse , in termini di efficacia e di applicabilità immediata, l’attraente idea monneti ana sull’estensione delle competenze della Ceca. Sicché , sulla base delle conv inzioni maturate in anni di impegno europeista, nonché forte del sostegno accordatogli dalla quasi totalità dei suoi collaboratori al Buitenlandse Zaken 224 , come pure da molti coll eghi nell’ambito del Ministerraad 225 , in meno di due settimane Beyen elaborò la Nota inzake de Europese integratie, un programma dettagliato sulle prospettive dell’integrazione economica europea e sul contributo che alla sua realizzazione avrebbe potuto offr ire l’Olanda 226 . Il 24 marzo 1955, il documento raggiungeva i tavoli del Binnenh of per la discussione ufficiale 227 . Il Piano Beyen, araba fenice, rinasceva così dalle sue ceneri, sotto una nuova veste, sapientemente calibrata nei suoi elementi di “opportunismo nazionale” e di “idealismo europeista”, nonché predisposta per essere present ata come iniziativa congiunta dei paesi del Benelux, ed essenzialmente finalizzata a proporre un’Europa a dimensione dei “ petits ” 228 .

223 Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02 , MR, inv.nr. 401, Bespreki ng tussen Beneluxministers van Buitenlandse Zaken , 11.3.1955, p. 12; e anche Rutten Document , cit. , p. 31. 224 In particolare , in vista dell’incontro di marzo tra i min istri del Benelux, la Direzione per la Cooperazione Occidentale e l’Integrazione Europea (DWS/IE) del Buitenlandse Zaken aveva stilato un rapporto nel quale sosteneva ampiamente – e sulla base di valutazioni pragmatiche – la maggior efficacia del metodo or izzontale rispetto all’approccio monnetiano. Rutten Document , cit. , p. 31 . 225 Questo risu ltò già dalla relazione inviata alla Camera il 9 marzo 1955, relativa alla discussione degli Accordi di Parigi ( Memoire van Antwoord bij het wetsontwerp tot goedkeurin g van de Parijs Verdragen, in ibidem ). Nella relazione provvisoria, datata 23 febbraio 19 55, e firmata, tra gli altri, da Drees, Beyen, Staf e Zijlstra, si leggeva a chiare lettere che “il governo, soprattutto riguardo alla sfera economica ” , aspirava ad un a integrazione europea “ molto più profonda ” , ovverosia affidata a “ istituzioni sovranazionali ” dotate di ben precise “ competenze ” e “ responsabilità ” . Per tanto, i ministri firmatari si dichiaravano “sempre disposti a riprendere le discussioni… interrotte ne lla primavera del 1954 ” . Nel frattempo, garantivano che non si sarebbero oppost i “ ai tentativi di integrazione d i aree limitate, soprattutto se… formulat i nel quadro della Ceca e relativi a i settori affini al carbone e all’acciaio”. Ibidem . 226 Cfr. NA, L’A ja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 509, Nota inzake de Europese integratie , 24.3.1955, p. 2. 227 Rutten Document , cit. , p. 34. 228 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 84. 146

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Nella Nota , il ministro olandese poneva l’accento sull’eccezionalità del momento storico che stava attraversando l’Europa. Il “bisogno di riprendere in mano i fili improvvisamente recisi dell’integrazione europea ” 229 rendeva infatti più permeabili gli stati a recepire nuove proposte, ancorché caut e o di portata limitata. Per non dire dell’us cita di scena di Mendès - France, che ap riva prospettive importanti sulla ripresa di un atteggiamento costruittivo dei francesi nell’ambito del condominio a Sei. Nondimeno , la delusione e la confusione provocate dal fallimento della Ced aveva no favorito, anche tra i sostenitori più convinti del l’integrazione europea , un radicamento di concezioni molto più pessimistiche di quanto non fosse prevedibile all’indomani del naufragio dell’esercito comune 230 . All’Olanda si presentava pertanto l’opportunità irrinunciabile di indirizzare verso traguardi imp ortanti il percorso comunitario, anziché limitarsi a commentare , più e meno positivamente, iniziative altrui. In una miscela ben equilibrata di slancio europeistico e pragm atismo, Beyen passava quindi ad illustrare gli obiettivi cui avrebbe dovuto punt are l’azione olandese in Europa - i quali , in larghissima parte, coincidevano con quelli già illustrati nel Memorandum del maggio 1954 - , ferma restando l’idea dell’insufficienza del metodo settoriale . Di più. C’era l’idea che l ’integrazione economica general e potesse assumere ora, all’indomani del fallimento della Ced , un chiaro significato politico 231 . Si presentava infatti l’occasione per svincolare il processo di unificazione politica dalla costruzione dell’esercito europeo, e di inquadrarlo, viceversa, in u n più ampio disegno avente come base la realizzazione dell’unità economica. Non che Beyen stesse con ciò sottovalutando il clima di sfiducia – che coinvolgev a anche i sostenitori più accesi dell’integrazione europea – alimentato dal “no” francese. Tuttavia rifiutava di liquidare la questione accodandosi al coro di chi, lapidariamente, attribuiva all’immaturità dei tempi e degli animi la pesante battuta d’arres to del cammino comune. Riteneva invece necessario cambiare prospettiva. Proponeva pertanto al prop rio governo di promuovere l’espansione e la stabilizzazione del mercato europeo as a whole , cosa che significava anche e soprattutto guardare ai reali intere ssi dell’economia olandese , la cui crescita , com’è noto, si affidava essenzialmente alle esportazio ni . Detto con le parole di Beyen:

229 Ibidem. 230 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 509, Nota inzake …, cit., p. 2. 231 Alla lettera: “heeft de algemene economische integratie als doelstelling aan politieke betekenis gewonnen”. Ibidem . 147

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Wij streven naar een werkelijke verinniging in de samenwerking tussen de Europese landen en naar een uitbreiding en stabilisering van de Europese markt (voor onze export). 232

La Nota proseguiva lanciando l’allarme sulla confusione generata dal proliferare di iniziative più o meno simili (come quell e, già ricordate, di Larock, Van Houtte e Blaisse) e di impostazione intergovernativ a , cui faceva da contraltare la campagna monnetiana a favore dell’integrazione settoriale . La mancanza di un progetto chiaro e condiviso – ammoniva Beyen – esponeva l’Europ a al rischio della paralisi. In tale contesto, una ben congegnata ( weldoordacht ) iniziativa del Benelux si sarebbe pertanto imposta quasi naturalmente come fiore all’occhiello d ella coeva progettualità europea , giungendo a rappresentare il punto di svolta dell’impasse comunitaria. L’idea era quella di recuperare il lavoro svolto dall’Assemblea ad hoc e di istituire una Comunità dotata della stessa architettura istituzionale prefi gurata per la Cpe (soprattutto con riferimento alla responsabilità dell’esecuti vo nei confronti di un Parlamento comune), ma con competenze di carattere esclusivamente economico, incaricata cioè di favorire la nascita di una “Unione economica europea” a pa rtire dalla creazione di un’unione doganale 233 . In tale quadro, precisava Beyen, sarebbero state comprese anche le proposte di Monnet - Spaak sull’estensione delle competenze della Ceca ai terreni dei trasporti e dell’energia. Infine, p er eludere le resistenz e francesi, il piano avrebbe prospettato a Parigi la possibilit à di usufruire sia di uno speciale regime transitorio nell’arco del quale procedere alla modernizzazione dell’apparato produttivo nazionale, sia di clausole particolari per il settore agricolo 234 . In estrema sintesi, il 27 marzo del 1955, all’apertura della seduta del Ministerrad che avrebbe discusso la sua Nota , Beyen riportava la questione europea al centro del dibattito politico olandese, inaugurando, seppure inconsapevolmente 235 , la fase di mag gior successo dell’iniziativa nazionale per l’ integrazione cont inentale.

232 Noi aspiriamo a un reale cambiamento nella cooperazione tra i paesi europei e a un ampliamento e a una stabilizzazione del mercato europe o (per le nostre esportazioni). Ivi, p. 3. 233 “ Door het wegvallen van de E.D.G. zou de taak der Politieke Gemeenschap een zuiver economische moeten zijn, n.1 tot stand brengen van de Europese Economische Unie na het scheppen van een Douane Unie” (A c ausa de l fallimento della Ced il compito della Comunità politica sarebbe esclusivamente di carattere economico, n.1 la realizzazione dell’Unione economica europea dopo la formazione di una Unione doganale). Ivi, p. 4. 234 Ibidem. 235 Beyen chiudeva la Nota all udendo – non senza strategia - alla propr ia “mancanza di esperienza” ( mijn gebrek aan deskundigheid ), la quale non gli consentiva di fare ulteriori previsioni circa il recepimento della sua proposta. Ibidem . 148

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Il Memorandum del Benelux Prima di quel 27 marzo , Beyen ricevette un commento scritto del ministro Mansholt, il quale – nell’impossibil ità di partecipare alla riunione del Ministerraad convocata in via eccezionale per discutere la Nota – comunicava il proprio aperto sostegno al collega del Buitenlandse Zaken e a l suo nuovo schema 236 . Acceso federalista qual e era, Sicco Mansholt si congratul ò con Beyen per aver ridato impulso al la riflessione europeista olandese e per aver elaborato un corpo concreto e coerente di proposte per rilanciare la Comunità. Inoltre, come ministro dell’Agricoltura, si dichiarò piename nte concorde con i suggerimenti p rospettati dalla Nota per il settore primario. Non che Mansholt fosse l’unico entusiasta del tentativo di Beyen di risvegliare lo spirito d’iniziativa nazionale per porlo al servizio della causa europea. Al contrario, la N ota ricevette commenti positivi a nche da buona parte del Consiglio dei ministri , fatta eccezione per Drees , Beel e Zijlstra 237 . Il primo a esprimere le proprie perplessità fu il ministro dell’Interno, Beel, il quale, pur dichiarandosi sostanzialmente in acc ordo con gli obiettivi indicati n el documento , non si mostrò favorevole ad accettare la ripresa delle discussioni sulla Cpe, puntualizzando che, essendo in gioco questioni esclusivamente economiche, non sarebbe stato necessario prospettare una cornice isti tuzionale diversa da quella già e sistente. Alla quale, semmai, si sarebbero potute apportare delle modifiche, soprattutto in termini di ampliamento delle competenze, ma senza che questo inducesse a coltivare aspirazioni – tanto inopportune quanto infondate – di imminente unità federale 238 . A far eco a Beel intervenne, puntuale, il Primo ministro, il quale si dichiarò fortemente scettico in merito alle possibilità di successo dell’iniziativa, considerate le tendenz e protezionistic he che si andavano progressivamente affermando in Europa e sopr attutto a livello dei Sei . Senza contare che – come già rilevato dal ministro dell’Interno - le istituzioni sovranazionali non erano necessarie per ottenere risultati importanti sul terreno economico 239 . V iceversa, considerato il clima non certo favorevole a lla ripartenza dell’integrazione sovranazionale, sarebbe stato più opportuno prospettare sì un’iniziativa congiunta del Benelux , ma a carattere intergovernativo, sul modello dello schema proposto da Van Houtte o da Snoy et d’Oppuers 240 . Senz’altro più morbid i i commenti d i Jelle Zijlstra, il ministro dell’Economia notoriamente europeista. Quest’ultimo, piuttosto che formulare obiezioni di principio, tornava

236 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 509, B rief Mi nister Mansholt aan Beyen , 26.3.1955. 237 Rutten Document , cit. , p. 36. Si veda anche NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen , 28.3.1955. 238 NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen , cit., p. 12. 239 Ibidem . 240 Cfr. A.G. Harryvan, The Neth erlands, Benelux …, cit., p. 30. 149

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al tema dell’impreparazione psicologica e politica . E riteneva pertanto più opportuno concentrare gli s forzi verso il raggiungimento di obiettivi limitati, ma concreti, come quelli prospettati nel piano elaborato da Larock 241 . Beyen rispose alle critiche con un atteggiamento conciliante, dichiarandosi pron to ad espungere dal testo ogni riferimento alla Comun ità politica, ma insisté sul la necessità di dotare l’unione economica europea di una cornice istituzionale di coordinamento , imperniata sul principio della sovranazionalità e del controllo parlamentare s ull’operato dell’esecutivo . Il Consiglio si chiuse c on la decisione di accordare a Beyen il sostegno per un’iniziativa congiunta coi partner del Benelux destinata al “rafforzamento dell’integrazione economica europea” , ma senza espliciti riferimenti alle tematiche istituzionali 242 . A due giorni di distanza d al dibattito a livello di governo , Beyen passò a d illustrare i suoi propositi alla Camera, la quale, a sua volta, era impegnata con l’approvazione dei protocolli di Parigi , istitutivi dell’Ueo 243 . Il ministro degli Esteri, in prima istanza, cercò di attirare l ’attenzione dei deputati europeisti, esprimendo la propria preoccupazione nei confronti del diffuso pessimismo che aveva riscontrato, non soltanto tra i Sei ma soprattutto in seno al Ministerrad , intorno all’idea di Europa sovranazionale. Cosa che lo spi ng eva a chiedersi se non fosse giunto il momento di destarsi dal “torpore contemplativo” ( contemplatie rust ) in cui si sentiva sprofondato e di presentarsi davanti al Consiglio dei ministri della Ceca richiedendo esplicitamente la disponibilità dei governi a “prendere in considerazione” ( overwegen ) un’integrazione economica generale a carattere sovranazionale . Tale apertura da parte dei partner europei sarebbe stata infatti essenziale per consentire ai “tre” del Benelux di intraprendere una fase prettamente “operativa” e giungere alla formulazione di una proposta concreta e ufficiale 244 .

241 Rutten Document , cit. , p. 36. 242 Ibidem. S u quest’ultima decisione aveva pesato molto l’atteggiamento di Drees, il quale aveva offerto il proprio pieno sostegno ai contenuti “concreti” della pr oposta di Beyen, così come, a nni prima, aveva appoggiato l’idea di Monnet - Schuman. Quanto alle questioni istituzionali, invece, era restio ad appoggiare un progetto che avrebbe anche potuto prospettare la creazione di organi sovranazionali, ma che poi sare bbe rimasto lettera morta per le divergenze sorte in merito alle competenze da affidare a tali organi. Cfr NA, L’Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen , 28.3.1955, p. 16. Sulla reazione dell’Aja alla Nota di Beyen si veda anche A.G. Harryvan, The Netherlands, Benelux …, cit., p. 32. 243 I Protocolli di Parigi erano stati approvati dal senato francese il 27 marzo, il che aveva dissipato le incertezze degli altri governi sul possibile fallimento dell’iniziativ a. Cfr. ASUE, COL, JMDS - 125, 1979, Rutten Document , cit., p. 37. 244 Ibidem . 150

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L’ottimismo del ministro olandese, appassionato dell’Europa come del violino , nasceva dalla consapevolezza che il terreno fosse effettivamente fertile per gettare il seme del rilancio europeo 245 . Il suo entusiasmo e le sue convinzioni si scontravano però con lo scetticismo dilagante , lo stesso che costringeva il cammino europeo in una morsa di incertezza , capace di soffocare sul nascere qualsiasi tipo di ambizione . Pe rtanto, Bey en fu costretto ad ingoiare anche il “ nee ” della Tweede Kamer , sul cui sostegno aveva peraltro fortemente sperato 246 , e a presentarsi a Bech e Spaak con una proposta fortemente ridimensionata rispetto a quella descritta dalla Nota . Il 4 aprile 19 55, il docu ment de travail raggiungeva gli uffici dei ministri degli Esteri del Benelux. Al testo era accluso un invito ad un incontro , da tenersi a Bruxelles, per discutere i termini di un’iniziativa congiunta “ relative à la relance de l'idée européenne ” , da present are alla successiva riunione del Consiglio della Ceca 247 . Sintetizzava Couvreur, ambasciatore belga all’Aja:

La note de M. Beyen reproduit le plan d'int egration économique dont i l est l 'auteur avec quelques légères modifications a f in de tenir co mpte de l'op position française (intégration de certains sect eu rs limitrophes à la CECA) - Critique de l’intégration fonctionnelle c. a. d . par secteurs et de la collaboration entre gouvernements, ces deux procédures ne sont guère à même de réaliser l 'intég ration écono mique globale .. . 248

Guardando ora ai contenuti principali del “ document de travail ”, esso si apriva – e certo non a caso - con l’elemento chiave della riflessione beyeniana sull’Europa, vale a dire con la critica al funzionalismo . La cui principale lacuna , come più volte il ministro olandese aveva messo in evidenza, era quella di non dare rilievo al l’interdipendenza tra i settori economici. Sicché le misure introdotte per risolvere le problematiche di un determinato settore , proprio per il loro carattere fo rtemente circoscritto, finivano per ripercuotersi negativamente su “ d'autres secteurs ”, o sugli “ intérêts des consommateurs ”, o vvero conducevano “ à l'exclusion de la concurrence étrangère ” . E tutto ciò non avrebbe certo portato ad un aumento della produtti vità europea. Senza contare poi che l’approccio settoriale mancava “ d'appel psychologique ” 249 , non possedeva cioè quella carica di ideali e quella componente

245 Cfr. J.W. Beyen, Het spel en de knikkers …, cit., p. 237. 246 Cfr. ASUE, COL, European Oral History, INT, INT658, Spierenburg Dirk Pieter , cit. e ivi, INT519, Rutten Charles , cit. 247 Cfr. Monsieur L. Couvreur, Chargé d'Affaires de Belgique à La Haye à Monsie ur P.H. Spaak, Ministre des Affaires Etrangères - à Bruxelles - , 6.4.1955 , http://www.inghist.nl/pdf/europa/G01496.pdf , p. 1. 248 Ibidem . 249 Nell’interpretazione che Beyen dà del funzionalismo si può rilevare più di qualche somiglianza con quanto espresso, anni più tardi, da Altiero Spinelli. Cfr. A. Spinelli, “Europeismo”, in Enciclopedia del Novecento , vol. II, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1977. 151

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suggestiva che pure sarebbero state essenziali, sia nell’immediato - per reagire alle “ conséquences politiques du rejet de la CED (regain des tendances nationalistes en France et en Allemagne) ” - , sia per condurre il processo di integrazione verso il suo scopo essenziale , vale a dire “ renforcer le sentiment de solidarité et l'unité de l'Europe ” 250 . Per r aggiungere un obiettivo di tale portata – si leggeva ancora nel document – era invece necessar io alimentare la convinzione di una responsabilità comune degli stati europei “per il bene comune”. Cosa che si sarebbe potuta realizzare soltanto all’interno di un’organizzazione espressamente incaricata di perseguire l’interesse comune e il cui esecutivo fosse responsabile “ non pas aux gouvernements nationaux mais à un parlement supranational ” 251 . Ciò non escludeva - precisava comunque Beyen - che i progetti di int egrazione “dans des domaines spéciaux”, cioè energia trasporti , dovesse ro essere “ rejetée par principe ” 252 . Purché la “ intégration économique générale de caractère supranational ” restasse il fondamento indispensabile dell’unità europea, ivi compresa l’unità politica 253 . Era quindi giunto il momento che i governi del Benelux, da sempre sostenitori accesi dell’integrazione economica generale, prendessero una posizione comune “ nettement définie ” , cioè concepissero un’inziativa “ bien ordonnée ” per la creazione di una comunità sovranazionale “ ayant pour tâche de réaliser l'intégration économ ique de l’Europe au sens général en passant par la voie d'une Union Douanière à la réalisation d'une Union Economique ” . Tale iniziativa non soltanto avrebbe posto fine alla confu sione e allo scoraggiamento cui già da troppo tempo erano preda gli stati euro pei, ma soprattutto avrebbe rappresentanto un passo decisivo per l’avvenire comune. Il quale, almeno per il moment o, riguardava esclusivamente i s ei stati della Ceca, benché null a impedisse ad altri paesi di fare domanda di adesione, né al Regno Unito - “ v u sa position spéciale ” – di mantenere con la nuova organizzazione gli stessi rapporti di associazione in vigore col pool del carbone e dell’acciaio 254 . Le sollecitazioni di Beyen dovettero evidentemente produrre l’effetto desiderato se Spaak, già 7 aprile, definiva “ excellentes ” le idee del collega e si dichiara va “ fondamentalement ” d’accordo con la proposta di discuterle e rielaborarle perché fossero formalmente presentate al Con siglio della Ceca . Tuttavia , come evidenziato anche da Harryvan , la risposta di Sp aak fu positiva

250 Ivi, “Note”, p. 2. 251 Ibidem . 252 Ivi, p . 3. 253 Ibidem . 254 Ivi, pp. 2 - 3. 152

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ma pessimistica , soprattutto con riguardo all’eventuale r eazione del governo di Parigi . Alla lettera :

… je me demande si la politique que vous préconisez a q uelque chance de succés. Je me demande, notamment, si le Gouvernement français peut l’accepter… On peut mener à la fois la lutte pour obtenir un grand marc hé européen et en même temp tâcher de régler certains problèmes par secteur. 255

E ancora, rilanciando l’idea che aveva a suo tempo concepito insieme a Monnet:

Il faudrait que les M inistres des Affaires Étrangères faisant connaitre publiquement leur volonté de relancer l’idée européenne en étendant les compétences de la C.E.C.A. Cette extension de la C.E .C.A. parait s’appliquer à l’ensemble de forces d’énergie et aux moyens de transport. La mise en commun des efforts pour le développ ement de l’énergie atomique à de fins pacifique parait également être confiée à une organisation qui dépendrait de la C.E.C. A. 256

Altrettanto pronta la replica di Beyen, la quale, pur con le accortezze del caso , si soffermava sul le insufficienze di un’azio ne condotta puntando esclusivamente a l rafforzamento delle competenze della Ceca, sia sotto il profilo del “ renforcement rée l de l’économie européenne ”, sia con riguardo all’ “ effet psychologique ”, dacché l’intento era quello di produrre una effettiva “ soli darité politique de l’Europe ”. Argomentava il ministro olandese il 14 aprile :

Pour donner un exemple: en ce qui concerne l’ intégration des sources d’énergie autres que le charbon, il n’est pas sûr que l’élecrticité a be soin d’une organisation supranationa le, tandis que l’intégration du marché de pétrole ne m’apparait pas tout à fait simple à réaliser. Pour rapport à l’intégrat ion du transport quoique d’une urgence indéniable, il n’est pas sûr que cette intégration devrait se faire dans la cadre de la C.E.C .A. Si alors on se limiterait à étudier l’intégration dans des domaines voisins de la C.E.C.A. on risque de se trouver devan t des difficultés, qu’on ne pourra résoudre que dans un cadre plus large. 257

In sintesi, benché le premesse fossero positive (anche Bech, infatti, che pure tardava a rispondere, aveva sempre manifestato una propensione ad offrire massimo sostegno a qualsia si iniziativa congiunta del Benelux), la stesura di un piano ufficiale si prospettava diplomaticamente faticosa. In effetti, s tando anche al rapporto inviato da Beyen all’Aja, il 29 aprile, le discussioni “ a tre ” non furono del tutto esenti da tensioni e confronti anche accesi

255 NA, L'Aja, 2.05.118, BZ, blok II 1955 - 1964, inv.nr. 18704, Memoranda van de Benelux en West - Duitsland, 1955 - 1962 , “Note”, 7.4.1955. Cfr. anche A.G. Harryvan, The Netherlands, Benelux… , cit., p. 34. 256 Ibidem . 257 Cfr. ASMAE, AP/1950 - 1957, Questioni internazionali, b. 255, Rispo sta di Spaak alla lettera di Beyen del 4 aprile , Bijlage 6 , 14.4.1955. 153

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su alcuni aspetti “sensibili” della proposta, tra i quali, in particolare, il capitolo relativo all’el ezione diretta dell’Assemblea parlamentare. A tale proposito , è doveroso precisare che il suddetto rapporto illustra va con partico lare efficacia due aspetti non sempre segnalati con adeguato rilievo dalla letteratura in argomento . In primo luogo, il fatto che , nel corso dei colloqui, Beyen si trovò spesso in una posizione a dir poco scomoda, stretto, cioè, nella dicotomia tra il desi derio di procedere quanto prima alla messa a punto di quella che riteneva un’iniziativa determinante per il salvataggio dell’ Europa sovranazionale , e la necessità di tener conto delle opposizioni del proprio governo, il cui euroscetticismo andava contenuto con robuste contropartite sul piano della soddisfazione degli interessi spiccatamente nazionali. Senza contare , in secondo l uogo, che, volendo i Paesi Bassi esercitare un ruolo guida nella contrattazione collettiva a livello del Benelux, qualsiasi decisio ne fosse stata presa avrebbe dovuto rispecchiare, almeno agli occhi degli esigenti componenti del Ministerraad , il frutto di un compromesso strappato ai belgo - lussemburghesi in virtù della maggiore influenza dei cugini dell’Aja 258 . Tenuto conto della comple ssità del panorama in cui si trovò ad operare, risulta quindi ancor più prezioso il lavoro svolto da Beyen nella fase di elab orazione del testo programmatico che, a partire dal 18 maggio 1955, sarebbe passato alla storia come Memorandum del Benelux 259 . I n li nea con i suggerimenti di Jean Monnet, il quale continuava ad operare nelle retrovie, il testo si apriva esortando i paesi dell’Europa occidentale a ridare impulso all’integrazione sul terreno che fino a quel momento si era rivelato il più consono a so sten erla, quello economico, e sul fondamento teorico che, nel 1950, aveva ispirato la nascita dell’Europa comunitaria, il funzionalismo . P recisate le premesse concettuali e individuato l’ambito in cui promuovere l’azione, il Memorandum passava all’esame pi ù de ttagliato delle due piattaforme per il rilancio della Comunità. La prima, ispirata al disegno di Beyen, consisteva nella realizzazione di un’unione economica generale, costruita sui due capisaldi dell’unione doganale e del mercato comune, nonché coordi nata da “un’Autorità

258 “Zo vind ik de passage over de directe verkiezingen, gezien de Nederlandse bezwaren, en ondanks de dilatoire formulering, in dit stadium niet gelukkig en ook niet nodig. Dit is echter een stokpaardje van de Heer Spaak en de Heer Bech.” (Pertanto, in questa fase, non ritengo né positivo, né necessario il passaggio sulle elezioni dirette, tenendo conto delle obiezioni olandesi e nonos tante la formula dilatoria. Ma si tratta di un piccolo progetto di Spaak e Bech). Cfr. NA, L'Aja , 2.02.05.02, MR, inv.nr. 510, Brief , 29.4.1955, p. 1. 259 In questa sede non sembra opportuno illustrare dettagliatamente i contenuti del Memorandum , i quali son o stati peraltro parzialmente anticipati nei paragrafi precedenti. Per una visione completa del documento si rimanda ad ogni modo a www.ena.lu/ benelux _ memorandum - 020102540.html 154

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sovranazionale dotata di propri poteri” 260 . La seconda, di matrice monnetiana e, pertanto, introdotta essenzialmente da Spaak, promuoveva l’estensione delle competenze della Ceca al terreno dei trasporti e delle fonti energetiche, con pa rtic olare riferimento ai programmi per l’utilizzo dell’energia atomica per fini pacifici, che nell’ottica spaak - monnetiana rappresentavano il maggior punto di forza dello schema. Illustrato il contenuto essenziale dell’iniziativa dei “tre piccoli”, il Mem oran dum proponeva di convocare una Conferenza dei Sei – aperta alla partecipazione dei paesi membri dell’Oece e degli stati associati alla Comunità – incaricata di discutere le proposte e procedere alla stesura dei trattati, nonché alla compilazione di un cale ndario dettagliato per il completamento dell’unione doganale, indicata, per espressa volontà di Beyen, quale premessa imprescindibile per la realizzazione di un mercato comune propriamente detto 261 . La stessa conferenza avrebbe avuto il compito di stilar e un profilo delle politiche da adottare in comune sul terreno sociale, dei trasporti e dell’energia nucleare. Giunto sul tavolo del Consiglio dei ministri della Ceca, il Memorandum del Benelux – che peraltro era stato fortemente criticato dal governo ola ndes e 262 - fu accolto dagli italiani e dai tedeschi con un entusiasmo superiore a qualsiasi previsione. La Repubblica federale soprattutto, che proprio in quel periodo stava attraversando una fase di grande espansione economica, grazie soprattutto all’accres ciut o volume delle esportazioni, prese ad esercitare immediate pressioni affinché la proposta dei “piccoli beneluxiani” venisse immediatamente trascritta nella forma di un nuovo trattato comunitario . La Francia, viceversa, si assestò su un riserbo che sape va d i frustrazione , non soltanto perché consapevole della scarsa attrattiva dell’iniziativa per gli interessi particolari di Parigi - non certo capofila in materia di competitività di produzione industriale, nonché spaventata di subire l’invasione delle me rci tedesche - ma principalmente in quanto vedeva usurpata la propria leadership comunitaria da un gruppetto di neofiti della scena internazionale, di fronte ai quali, tuttavia, non aveva al momento sufficiente prestigio per opporre resistenza. D’altro can to, i transalpini erano fortemente interessati ad un’accelerazione dei propri programmi di sviluppo atomico (per scopi pacifici) e, pertanto, si trovavano costretti a piegare

260 Cfr. E. Bruylant, Pour une Communauté politique européenne , Travaux préparato ires, 1955 - 1957, vol. II, 1955 - 1957, Biblioth è que dela Fondation Paul - Henri Spaak, Bruxelles 1987, pp. 25 - 29. 261 Cfr. R.T. Griffiths (ed.), The Netherlands and the Integration of Europe …, cit., p. 178. 262 Come segnalato da Harryvan, infa tti, il Memorandum fu fortemente criticato dal Ministerr aad per il suo carattere “ibrido” e fu soltanto la considerazione – sollecitata da Beyen – che si trattava di una formula di compromesso tra i partner del Benelux ad evitare che esso fosse sottoposto ad un lungo processo di revisione. Cfr. A.G. Harryvan, T he Netherlands, Benelux …, cit., p. 42. 155

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il capo di fronte alle agevolazioni che la “comunitarizzazione” dell’atomo offriv a , s oprattutto a fronte degli alti costi di tale ramo produttivo 263 . Ad ogni modo, per non rischiare l’ isolamento, alla fine di maggio, il Quai d’Orsay, pur tra le decise rimostranze dei gollisti, approvò il Memorandum in tutte le sue parti. Di conseguenza, com plice la sapienza politica di Gaetano Martino, ministro degli Esteri italiano, i Sei giunsero a Me ssina, il 1 giugno 1955, per avviare i negoziati che, il 25 marzo 1957, avrebbero portato alla firma dei Trattati di Roma. Fin d all’apertura delle discussion i che si tennero in terra siciliana, fu evidente che il timone dell’iniziativa beneluxiana, almeno per quanto atteneva alle trattative ufficiali, era stato progressivamente assunto da Spaak. Quanto a prestigio ed esperienza dell’ambiente comunitario, infat ti, l’imponente figura del leader belga inevitabilmente offuscava la ben più modesta statura polit ica di Beyen, che pure era stato l’ispiratore effettivo del Memorandum del Benelux. Non che l’europeista fedelissimo di Jean Monnet volesse acquisire a se ste sso i meriti del collega olandese. Anzi, al contrario. Dopo aver invano atteso che l’ex direttore del Fmi accettasse l’ offerta di guidare il comitato per il Mercato comune - appositamente istituito a Messina nell’ambito del Comitato intergovernativo presie duto dallo stesso Spaak - insistette perché la presidenza di quel consesso fosse affidata ad un al tro olandese, Verrijn Stuart, capo delegazione dell’Aja alla Conferenza dell'1 - 3 giugno , proprio a voler rimarcare la paternità nederlandse di quel progetto 264 . Tale inversione di ruoli potrebbe essere spiegata sulla base di due ulteriori considerazioni . In primo luogo, partendo dalla constatazione che, durante i lavori di Messina , si impose la convinzione che il punto forte dell’iniziativa del Benelux fosse il capitolo "monnetiano", e in particolare la proposta sull’energia nuclea re. Come riferito da Harryv an, infatti, lo stesso Spaak, nell’occasione, si dichiarò propenso a condurre parallelamente le trattative sulle due Comunità, purché i negoziati sul Mercato comune non ritardassero l’entrata in vigore delle nuove norme in materia di cooperazione settorial e 265 . In secondo luogo, come sottolinea Brouwer, tenendo conto che fu lo stesso Beyen a defilarsi, lascia ndo al collega, politico di razza e abile negoziatore , l’onore – e l’onere – di condurre a

263 Ibidem . 264 Cfr. A.G. Harryvan, In Pursuit of Influence …, cit., p. 123. F u lo stesso Beyen , in verità, a supportare la candidatura di Verrijn Stuart. Testimonia in proposito il verbale del Ministerraad del 13 giugno 1955: “ De Raad verklaart zich vervolgens accoord met het voorstel van Minister Beyen om Verrijn Stuart te polsen” (Il Consiglio si dichiara d’accordo con la proposta del ministro Beyen di tastare il terreno per la candidatura di Verrijn Stuart). Cfr. NA, L 'Aja, 2 .02.05.02, MR, inv.nr. 401, Notulen , 13.6.1955, p. 5. 265 Ibidem . 156

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termine il negoziato sul Mec e sull’Euratom. In effetti, sempre facendo fede alla ricostruzione di Brouwer, Beyen avrebbe declinato l’invito di Adenauer a dirigere il Comitato intergovernativo per evitare di dover pres ie dere, in seguito, ai lavori della Cig incaricata di elaborare i trattati e sentirsi, di conseguenza “troppo legato” 266 . Si trattò pertanto, almeno così sembrerebbe, di una volontà ben precisa del ministro olandese di affidare ad altri l’attuazione delle su e idee. Si domanda ancora Brouwer in proposito: forse che a spingere Beyen in tale direzione sia stata la sua propensione a predere interesse dopo un determinato periodo , indipendentemente dall’attività svolta ? O forse non si sentiva sufficientemente prepa ra to per “elaborare in dettaglio” il progetto sul mercato comune? 267 S ia come sia, sta di fatto che l’ " Utrechtse bankier ", intravedendo già l’esito positivo dell’iniziativa alla quale aveva dedicato ben quattro anni della sua vita, anche privata, era comunqu e persuaso di aver esaurito la propria funzione in Europa e, di conseguenza , nell’ambito del proprio governo . Come si vedrà nel prossimo paragrafo, infatti, l'assoluta fedeltà all’idea sovranazionale (che gli aveva creato non pochi nemici in seno al Minist er raad ) e il sostanziale disinteresse per il dibattito squisitamente politico (cosa che lo portava spesso ad assumere atteggiamenti di sufficienza tali da renderlo non soltanto “ scomodo ” , ma del tutto inadeguato al ruolo di rilievo che gli era stato confer it o), come pure per gli intrighi di palazzo, avrebbero fatto sì che egli divenisse il capro espiatorio di un vero e proprio “ affaire ” nazionale e fosse definitivamente allontanato dalla scena politica olandese. Ciò non deve tuttavia indurre a ridimensiona re l'importanza del ruolo in Europa, né de l lascito originale, in termini di idee e di contributi concreti, di questo ministro “ partijloze ” , poco olandese e molto europeo (come lo definisce Brugmans 268 ). Se, infatti, Drees non avesse commesso “il grosso sbagli o” 269 di incaricarlo agli Esteri , proprio in coincidenza con uno fra i tornanti più delicati della storia comunitaria, l’Unione europea che tutti conosciamo avrebbe, forse, ad oggi, un volto diverso.

Crisi di governo ed esautorazione di Beyen I l successo co nseguito in Europa, anziché rafforzare il prestigio di Beyen, in patria e all’estero, rappresentò per il ministro olandese l’apice di una parabola che, dal 1956, avrebbe iniziato la sua fase discendente.

266 Cfr. J. - W. Brouwer, “Jan - Willem Beyen…, cit., p. 265. 267 Ibidem . 268 Cfr. H. Brugmans, L’idée européenne …, cit., p. 289. 269 Cfr. nel testo il capitolo III., p. 11. 157

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A pesare sul declino dell’uomo che, pi ù di qualunqu e altro, aveva e avrebbe ritagliato all’Olanda uno spazio di rilievo nel contesto comunitario furono essenzialmente ragioni di equilibrio politico interno. A partire dai primi mesi del 1956, infatti, il governo olandese fu attraversato da una crescente ten sione, la quale produsse effetti paralizzanti sulla politica nazionale. Ad aggravare la situazione sopraggiunsero le allarmanti dichiarazioni di alcuni ministri, i quali si dissero intenzionati a ritirarsi dalla scena politica a prescindere da ll’esito dell a crisi. Cosa che contribuì ulteriormente ad alimentare l’apprensione dell’opinione pubblica, come pure dei vertici di governo, i quali avevano già iniziato a paventare il ritorno di una lunga e difficile fase di instabilità. Esplicite, in tal senso, le co municazioni alla Farnesina dell’ambasciatore italiano all’Aja, Carlo Benzoni, il quale aggiungeva, non senza sorpresa, che il primo a pagare il prezzo della crisi, con l’allontanamento dal proprio incarico, sarebbe stato il ministro degli Este ri, Beyen: a cquista sempre maggior credito la voce che egli non farà più parte della futura combinazione ministeriale; gli verrebbe invece offerto il posto di Delegato permanente alla NATO, carica che, nella gerarchia olandese, è considerata subito dopo l ’Ambasciata a Washington 270

Un’ipotesi tanto più accreditata allorché, il 26 giugno, al termine della tornata elettorale che aveva visto i laburisti imporsi sui cattolici 271 , la regina affidò l’incarico di formatore al noto euroscettico Willem Drees. I contrasti tra quest ’ultimo e Beye n, che avevano animato le riunioni del Ministerraad nei precedenti quattro anni, lasciavano infatti presupporre che il leader socialista non avrebbe certo perso l’occasione di liberarsi del pur prestigioso antagonista, tanto più che il banchi ere “senza par tito” non aveva mai espresso il desiderio di concludere al Binnenhof la propria, multiforme carriera professionale, né aveva tentato di assicurare continuità al proprio mandato costruendo attorno a sé una solida rete di amicizie politiche, pi ù e meno influ enti. La crisi si protrasse, di fatto, fino all’11 ottobr e, fin quando cioè la regina J iuliana – la cui immagine era stat a peraltro profondamente danneggiata dal

270 Cfr. ASMAE, AP/1956, Olanda, b. 467, Elezioni politiche nei Paesi Bassi , 11 maggio 1956. Ancor prima, tuttavia, l’11 maggio 1956, il ministro degli esteri italiano Martino fece un viaggio in Olanda, durante il quale ebbe modo di discutere ampiamente con B eyen. Benzoni, in un altro rapporto inviato a Roma, il 17 maggio, affermò che “in un momento di effusione post - conviale Beyen confidò ad un piccolo gruppo di persone, tra cui il sottoscritto (Benzoni, ndr.), che molto probabilmente i suoi giorni di Ministr o degli Esteri erano contati”. Ibidem . 271 Il 13 giugno, al termine delle elezioni, Benzoni affermò che “l’unico e inaspettato vincitore” era il partito socialista, nel quale erano confluiti anche diversi elementi dei cristiano - storici e degli antirivoluzion ari. Cfr. ivi, Elezio ni olandesi, Rapporto, Benzoni al Ministero degli Affari Esteri di Roma, 16 giugno 1956. 158

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cosiddetto “ Greet Hof mans Affaire ” 272 forzò la mano del formatore affinché sciogl iesse le riserve e componesse un esecutivo che, quanto meno, rispecchiasse la volontà dell’elettorato. La novità più rilevante interessò il ministero degli Esteri, che venne affidato alla guida di un unico vertice, Joseph Luns. Come previsto da Benzo ni qua lche mese prima 273 , pertanto, a pagare il prezzo della sua “spregiudicatezza e del suo anticonformismo”, caratteristiche che lo facevano apparire un “originale” agli occhi degli olandesi, assuefatti invece al “conformismo imperante” 274 , fu il solo Beyen, il qu ale rassegnava le dimissioni in quello stesso ottobre 1956. Commentava ancora Benzoni:

Con la scomparsa di Beyen questo Paese perde una personalità di primo piano e la politica europeista un convinto, tenace ed anche, sotto taluni aspetti, dogmatico asser tore. 275

Il nuovo governo, di fatto, sarebbe apparso come una ricostruzione fedele della vecchia dirigenza nazionale. Non furono poche le critiche che si sollevarono, in tutti gli ambienti, sulla lungaggine dei tempi intercorsi per la formazione di u n esec utivo che, alla luce dei fatti, avrebbe potuto essere composto poco più di qualche giorno . Cominciò addirittura a circolare la voce che fossero stati i cattolici e, più in generale, i partiti confessionali ad aver rallentato lo svolgimento delle oper azioni , al fine di allontanare i laburisti dalla direzione politica del paese . Pertanto, l'ondata di dissenso interno che aveva travolto il III governo Drees, anziché spegnersi di fronte a una coalizione cattolico - laburista finalmente ricompattata, trovò n uovo v igore nel progressivo deterioramento dei rapporti tra i partiti di maggioranza . S icché l’ormai abituale convivenza tra Kvp e PvdA, avviata con successo all’indomani della liberazione , si trasformò repentinamente in “faticoso condominio” 276 , lasciando a ddensa re sul la scena politica olandese fosche prospettive di rinnovata instabilità .

272 Così chiamato dal nome dell’influente guida spiritual e della regina, Margaretha Hofmans, la quale condizionò a tal punto Giuliana – in particol are inducendola a pro clamare, in nome del pacifismo, l’uscita dell’Olanda dalla Nato – da condurre i regnanti ad un passo dal divorzio. La scabrosa vicenda – che la Casa d’Orange - Nassau tentò inutilmente di coprire per un lungo periodo – divenne, nell’autu nno del 1956, oggetto di una velenosa campagna diffamatoria condotta dalla stampa estera nei confronti dei sovrani olandesi. Per ulteriori notizie cfr. G. Vassallo, W. Weenink, Bankier van de wereld …, cit., p. 364 e ss e G. Vassallo, Johan Willem Beyen, un costruttore (ancora poco noto) dell’Unione europea , in «Eurostudium 3w », n. 40, aprile - giugno 2016, pp. 68 - 91. 273 L’ufficializzazione delle dimissioni di Beyen fu definita da Benzoni un “ open secret ”. Cfr. ASMAE, AP/1955, Olanda, b. 394, Rapporto …, cit. 274 Ibidem. 275 Ibidem . 276 I vi, p. 2. 159

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L’accento beneluxiano dei Trattati di Roma Come accennato, t ra le due proposte contenute n el Memorandum del Benelux , fu il piano per l’energia atomica, elaborato dal tandem Spa ak - Monnet, a registrare, almeno inizialmente, il più ampio successo 277 . Non che Beyen non l’avesse previsto. Anzi, già nella “ Nota ” ai suoi omologhi belgo - lussemburghesi il ministro olandese aveva chiarito che – al di là de lle personali reticenze nei confron t i dell’approccio settoriale - l’introduzione di un capitolo sulla cooperazione nel campo dei trasporti e dell’ energia sarebbe stata essenziale per assicurare al progetto di integrazione economic a generale il consenso di Parigi 278 . Aggiungendo poi, in un int ervento Tweede Kamer , che tale concessione sarebbe stata “la carota che farà muovere l’asino” 279 . An che il governo olandese, tra l’altro, si mostrava interessato al lo sviluppo di questo settore, c ome testimoniavano gli accordi bilaterali per la ricerca nel nucleare da poco stipulati con Stati Uniti e Gran Bretagna 280 . Quello che semmai si temeva era il pericolo che, una volta affidato alla gestione comune, lo sviluppo dell’energia atomica diventasse questione di esclusivo appannaggio franco - tedesco. Preoccupaz ione trasversalmente nutrita nel Ministerraad uscito dalla crisi del 1956, sia dai sempre presenti elementi euros cettici, Drees capofila, sia dalla , pur risicata , frangia europeista : da Mansholt a Marga Klompé, ministro degli Affari sociali, a Ivo Samkalde n, ministro della Giustizia. L’atteggiamento assunto da Francia 281 e Germania 282 già alla conferenza di Messina, che pure, è

277 NA, L’Aja, 2.05.118, BZ, inv.nr. 18711, Codetelegram , 8.6.1955. 278 Cfr. NA, L’Aja, 2.05.118 , BZ , blok II (1955 - 1964), inv.nr. 18704, Note , 4.4.1955. 279 Cfr. E. Serra (a cura di), Il rilancio europeo …, cit., pp. 482 – 483. 280 I Paesi Bassi, per la precisione, avevano offerto il pieno sostegno alla campagna statunitense “ Athom for Peace ”, inaugurata a Washington allo scopo di promuovere un più largo utilizzo dell’energia atomica per scopi pacifici. Richard T. Griffiths, in particolare, informa che la maggior parte della dirigenza olandese ( da Drees a Beyen, da Zijlstra a Mansholt e molti altr i) mostrava grande entusiasmo nei confronti delle prospettive che sembravano aprirsi in questo settore. Mansholt , più degli altri, sosteneva a gran voce l’avvio d ella cooperazione europea sovranazionale nel campo dell’energia nucleare, anche e sopratt utto nella consapevolezza degli importanti benefici che avrebbe potuto trarne il settore primario. “Se l’Olanda avesse voluto mantenere un qualche primato nella produz ione agricola” ammoniva Mansholt “sarebbe stato necessario creare un istituto per lo stud io delle applicazioni del l ’energia nucleare nel settore agricolo. I risultati prodotti dall’istituto avrebbero per di più consentito all’Olanda di di guadagnare un pri mato internazionale in questo campo, con implicito rafforzamento della posizione olandese n ell'Euratom, come nelle altre organizzazioni internazionali”. Cfr. R.T. Griffiths, “The Beyen Plan”, cit., p. 211. 281 Cfr. NA, L'Aja , 2.05.118, BZ, blok II, 1955 - 1964 , inv.nr. 18711, Projet de Proces - Verbal de la réunion des Ministres des Affaires Etrangè res des Etats membres de la C.E.C.A., Messine, 1 er et 2 juin 1955 , pp. 25 - 28. 282 Ivi, pp. 18 - 19. 160

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opportuno precisare, aveva dato risultati “molto soddisfacent i” 283 , spingeva a credere che i due paesi fossero effettivamente intenzionat i ad esercitare un “controllo privilegiato” sulla Comunità dell’atomo. Il governo francese, infatti , non aveva fatto mistero dell’ostilità che nutriva nei riguardi dell’integrazione economica generale 284 , mentre aveva espresso pieno consenso per la futura c omunità atomica. La Germania, allo stesso modo, si era dichiarata interessata alla gestione comune del nucleare, concepita come unico strumento elemento su cui puntare per costruire concretamente una solidarietà europea e giungere, di conseguenza, all’unif icazione continentale 285 . Fu Luns, di fatto, ad intervenire con decisione, forzando la mano de l proprio governo affinché tornasse a sostenere la rapida approvazione di entrambe le prop oste. Se non altro per non rischiare di dover rinunciare ai vantaggi del M ercato comune , come pure per non dar di sé un’immagine di massima incoerenza, come era accaduto ai francesi con la vicenda della Ced . Alla luce di queste considerazioni, il governo olandese , chiamato ad inviare i propri rappresentanti alla Cig di Venezia che si sarebbe aperta il 29 maggio 1956, decise di sostenere il Rapporto Spaak – cioè il testo elaborato dal Comitato intergovernativo che di fatto fu la base dei Trattati di Roma – adattandosi a riconoscervi il risultato di un ragionevole compromesso tra le pressioni franco - tedesche sul primato soluzione “ monnetiana ” e l’idea di unione economica europea sostenuta dal Benelux . La scelta definitiva sembrò effettuata nel momento in cui anche la regina, nel discorso pronunciato davanti al Binnenhof il 18 nonv embre 1956, espresse pieno sostegno all’Europa sovranazionale prefigurata dal Rapporto Spaak 286 . Il riferimento all’auspicata nascita del mercato comune, anche da parte dell’autorità simbolo del paese, poteva ritenersi una conquista per gli assertori dell’in iziativa , i quali ben sapevano l’impatto che tali dichiarazioni avrebbero avuto sull’opinione pubblica nazionale . Il pur suggestivo appello della regina, tuttavia, no n avrebbe tranquillizzato gli animi di governo e parlamento , né evitato le possibili frat ture interne ad essi .

283 Così Beyen e Luns nel sopracitato telegramma: “Als achtergrond van di t document diene, dat dezerzijds de resultaten van genoemde conferentie onder de gegeven omsatndigheden z eer bevredigend worden geacht” (Si tenga conto che, sottesa a questo documento, sta la considerazione che i risultati di questa conferenza, tenendo pre senti le circostanze, sono stati molto soddisfacenti). Cfr . NA, L'Aja, 2.05.118, BZ, inv. nr. 18711, Codetelegram , 8.6.1955. 284 “M. Pinay precise donc que le Gouvernement français est d’accord avec les mémoranda, qui ont présentés, en les considérent comme l a définition du but à atteindre. Toutefois, il va de soi que certaines conditions devraient être remplies de manière à ce que le progrès de l’integration suive une cadence qui serait acceptable pour les diverses économies nationales”. Ivi, p. 26. 285 Cfr. “M émorandum du Gouvernement Fédéral sur la poursuite de l’intégration”, ivi, p. 2. 286 Cfr. ASMAE, AP/1956, Olanda, b. 467, Elezi oni politiche nei Paesi Bassi , cit., 161

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E, in effetti, di lì a breve, più precisamente il 14 gennaio 1957, Linthorst Homan e Van der Beugel, rispettivamente presidente della Commissione di coordinamento per l’integrazione e capo - delegazione olandese a Bruxelles , avrebbero p osto la dirigenza dell’Aja di fronte ad una serie di interrogativi che rischiarono concretamente di pregiudicare il cammino compiuto fino ad allora sulla via verso il rilancio europeo . In effetti, p ur rilevando l’urgenza della ratifica dei due trattati, c onsiderata l’eccezionalità della situazione, che vedeva francesi e tedeschi apparentemente favorevoli non soltanto all’Euratom, ma anche al Mercato comune 287 , i due funz ionari del Buitenlandse Zaken marcavano l’accento sulla forte delusione che, con tutta pr obabilità, avrebbe fatto seguito alla firma. Per quanto concerneva il mercato comune, in particolare, Homan e van der Beugel riconoscevano che il Rapporto Spaak aveva indebolito la proposta originale del Benelux, ridimensionando in maniera significativa gl i obiettivi di lungo periodo, sia quelli di carattere economico, sia quelli politici 288 . In tale quadro, l’Olanda avrebbero dovuto fare i conti con le ricadute che tale fomula di compromesso – perché di questo si trattava – in favore dei grandi stati avrebbe comportato in diversi ambiti. I n campo agricolo, ove era prevalsa la volontà francese di tenere il settore primario al di fuori del trattato sul Mercato comune 289 . S ott o il profilo commerciale, con la decisione di introdurre una tariffa esterna comune molto più alta di quanto inizialmente previsto 290 . S ul piano istituzionale, laddove al Consiglio dei ministri venivano attribuite gran parte del le competenze che l’Aja auspic ava si riservassero alla Commissione 291 . Senza contare, infine, che gli svantaggi inizialme nte previsti dagli stessi estensori del Memorandum restavano sostanzialmente inalterati, giacché il livello dei prezzi sarebbe comunque cresciuto per effetto dell’introduzione del le misure di armonizzazione sociale e, d’altra parte, sarebbero rimaste invar iate le problematiche legate ai rapporti commerciali con i territori d’oltremare . Ancora una volta, in conclusione, si poneva il problema della maggior influ enza dei grandi stati, cioè degli squilibri di peso diplomatico nel contesto dei Sei, ove , stando alla chiosa velenosa del Primo ministro Drees, “alla fine, le decisioni spettavano alla Francia e alla Germania” 292 . Il 1 marzo 1957, Luns dichiarava al govern o che, seppur con l’amaro in bocca, l’Olanda avrebbe comunque dovuto accettare il suo status di “p iccolo fra i

287 Cfr. NA, L'Aja , 2.03.01, AZ/KMP, inv.nr. 2849, Nota betreffende de integratie , 14.1.1957, p. 1. 288 Ivi, p. 3. 289 Ivi, p. 5. 290 Ibidem. 291 Ivi, p. 6. 292 Cfr. NA, L'Aja, 2.02.05.02, MR, inv.nr. 404, Notulen , 19.11.1956, p. 1 8. 162

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grandi” stati e concentrarsi, diversamente, sui vantaggi che comunque avrebbe tratto dalla firma del trattato. Con ciò non si intendeva certo sot tovalutare , come lo stesso ministro degli Esteri avrebbe affermato nel corso del Ministerraad del 22 marzo 1957, l’esito complessivamente fallimentare del la battaglia diplomatica con i francesi, drammaticamente messo in luce da una bozza di trattato rimast a priva di molti tra i principi più evocativi e più innovatori recepiti dalla Conferenza di Messin a. Ma la posta in gioco era troppo alta per lasciarsi trascinare in un inutile braccio di ferro con un avversario già vincente sulla carta. Era opportuno, vic eversa, puntare a rivendicare ciò che appariva effettivamente essenziale per il futuro europeo. Co mmentava sinteticamente Ernst van der Beugel:

Het gevecht zal ongetwijfeld zwaar zijn, maar het is ten volle waard om het u it te vechten, want de toekomst... stat op het spel . 293

La scelta, pertanto, era obbligata . Il governo dell’Aja aveva ottenuto, dopo tutto, l’irreversibilità della liberalizzazione commerciale intereuropea e l’introduzione di un trattato quadro per la realizzazione dell’unione economica. Un risultato modesto, considerando le energie messe in campo in quel tormentato quinquennio, ma su fficiente perché i plenipo tenziari olandesi , Joseph Luns e J ohannes Linthorst Homan , firmassero a Roma , il 25 marzo 1957, i trattati istitutivi della Comunità Economica Europea (Cee) e del la Comunità Europea per l’Energia Atomica (Euratom). In soli tre mes i tutti e se i governi avre bbero provveduto a ratificarli.

293 “La battaglia sarà dura, senza dubbio, ma vale comunque la pena di lottare, perché è in gioco il futuro”. Cfr. NA, L'Aja , 2.21 .183.08, Collectie van der Beugel, inv.nr. 6, Memorandum , 12.3.1957, p. 2. 163

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Il conflitto irrisolto del Nagorno Karabakh di Giorgia Pilar

Il conflitto per il controllo del territorio del Nagorno - Karabakh è un conflitto che dura da oltre un trentennio. Nato all ’interno dell’Unione Sovietica , esso è divenuto un conflitto interstatale a seguito della proclamazione d’indipendenza di Armenia e Azerbaigian, rispettivamente il 21 settembre e il 18 ottobre 1991. Per essere adeguatamente compreso lo scontro va inqua dra to all’interno della politica russa del divide et impera nell’ estero vicino 1 . Il federalismo russo nella regione del Caucaso disegnò i confini delle repubbliche includendovi distretti e province autonome dalla forte connotazione etnica. Questo fu all’origi ne di tensioni e tentativi di secessione intrapresi dalle minoranze etniche situate all’interno dei diversi stati. Il Nagorno - Karabakh è un esempio della presenza, nel medesimo territorio, di una popolazione mista, azerbaigiana, armena e di altre etnie 2 . Dall’inizio del XVIII secolo la Russia zarista guardò con interesse alla prospettiva di espandersi nell’area del Caucaso e di aprirsi uno sbocco verso il Mediterraneo. Nella realizzazione dei suoi piani di conquista, l’Impero russo intuì l’importa nza strat egica di creare nella regione una zona cuscinetto abitata da una popolazione cristiana. A tal fine , lo zar Nicola conquistò la collaborazione del popolo armeno mediante la promessa della futura riunione di tutti i fratelli armeni sotto la sua prot ezione e la creazione di uno s tato nazionale autonomo sul territorio del Caucaso e delle vilayet orientali dell’Impero ottomano 3 .

1 P. Calzini, La Russia grande potenza regionale , La Russia, grande potenza regionale , in «Quaderni di Relazioni Internazionali», 2011 , p. 33. 2 A. Carteny, “Dalle origini al XIX se colo”, in G. Motta (a cura di), Azerbaigian una lunga storia , Passigli, Firenze, 2012, p. 81. 3 I. Mammadov, T. Musayev, Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Storia, diritto, mediazione , Passigli, Firenze, 2015, p. 37.

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Da quel momento l’Impero russo procedette al trasferimento in massa degli armeni, che vivevano nei territori dell’Iran e dell ’Impero O ttomano, nelle terre dell’Azerbaigian settentrionale, in particolare nei khanati di Ierevan, Nakhichevan, Garabagh, e nei territori dell’attuale Georgia occupati dagli azerbaigiani. 4 In questo modo la Russia zarista operò uno stravolgimento del tr adizional e panorama etno - politico e confessionale della regione del Caucaso meridionale dal momento che, nelle terre dell’Azerbaigian del nord confinanti con l’Iran e la Turchia, fu trapiantata una nazione cristiana fino al quel momento estranea al Caucaso meridion ale 5 . Dopo aver visto fallire la promessa di creare un proprio s tato sul territorio dell’Impero ottomano , gli armeni, ormai numerosi nella regione , rivolsero la loro attenzione alle regioni del Caucaso meridionale 6 , soprattutto quelle azerbaigiane . In seg uito al la Rivoluzione di f ebbraio , la lotta tra armeni e azerbaigiani per stabilire la propria egemonia su gran parte del Caucaso Meridionale si fece più intensa , così come la disputa relativa al controllo del territorio del Nagorno - Karabakh 7 . Dop o la conq uista sovietica degli anni Venti e la creazione della Repubblica Transaucasica , composta da Armenia, Azerbaigian e Georgia, il territorio del Nagorno - Karabakh fu mantenuto come parte dell’Azerbaigian con il nome di Oblast Autonomo del Nagorno Kara bakh (7 l uglio 1923) 8 . La questione dello status del Nagorno - Karabakh venne posta in termini critici nel 1988. Seguendo la strategia di Irevan , il Soviet del Nagorno - Karabakh, con la sola presenza dei dirigenti armeni, chiese di entrare a far parte dell’Ar menia, un a richiesta respinta sia dall’Azerbaigian che dall’Urss. Da questo momento gli scontri per il controllo del territorio conteso seguirono un’impetuosa escalation , formalmente terminata con il cessate il fuoco del 12 maggio 1994 , che non impedì il ripresenta rsi di sporadici ritorni di tensione e incidenti di frontiera 9 . La fase democratica inaugurata da Gorbaciov negli anni Novanta e il declino dell’Urss diedero nuovo impulso al risveglio dei movimenti separatisti, anche di quello armeno. In un momento di tr asformazioni democratiche

4 Y. Mahmudov, Il Khanato di Ireva n: la conquista russa e la migrazione degli armeni nelle terre dell’Azerbaigian settentrionale, Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaigian, Istituto di Storia “A.A. Bakikanov”, Baku, 2010, p. 24. 5 Ivi, p. 27. 6 J. Rau, Il Nagorno - Karabakh nella st oria dell’Azerbaigian , a cura di A. Biagini e D. Pommier Vincelli, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012, p. 318. 7 A. Vagnini, “L’epoca sovietica (1920 - 1991), in Azerbaigian. Una lunga storia …, cit., p. 47. 8 N. Ronzitti, Il conflitto del Nagorno - Karabakh e il diritto internazionale , Giappichelli, Torino, 2014, p. 2. 9 Ibidem .

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nell’Urss gli armeni rivendicarono con forza la riunificazione del Nagorno - Karabakh all’Armenia 10 . A seguito della dissoluzione dell’Unione Sovieti ca, la violenza degli scontri assunse una deriva tragica e nel 1992 venne realizzat o il massacro di Kojiali 11 , città azerbaigiana divenuta il simbolo del conflitto dove, nella notte del 26 febbraio, venero uccisi 613 civili tra cui 106 donne e 83 bambini. Do po i fallimentari tentativi di mediazione inaugurati nello stesso anno in ambito OS CE attraverso la formazione del Gruppo di Minsk, nel 1993 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha emanato quattro risoluzioni, nn. 822 (1993), 853 (1993), 874 (1993 ) e 884 (1993) per intimare il ritiro delle truppe di occupazione armene. Queste ri soluzioni non hanno però prodotto i risultati sperati e il Nagorno - Ka rabakh e le altre sette provinc e azerbaigiane sono tuttora occupate. Quello tra Armenia e Azerbaigian è un conflitto tra il principio dell’integrità territoriale rivendicato dall’Azerbai gian e il principio dell’autodeterminazione dei popoli rivendicato dall’Armenia. A oggi qualunque tentativo di negoziato è naufragato a causa dell’attestazione delle parti sulle proprie posizioni. In particolare l’Armenia sostiene che l’Azerbaigian non ab bia alcun diritto di avanzare pretese sui confini dell’epoca sovietica in considerazione della sua rinuncia alla successione statale risultata dal periodo sovietico. Questa affermazione si scontra però con il principio dell’ “utis possidetis juris” , secondo il quale, al momento della conquista dell’indipendenza da parte dell’Azerbaigian , valgono i confini amministrativi precedenti quali confini internazionali protetti dal diri tto internazionale 12 . Alcuni studiosi e propagandisti hanno cercato di presentare i l conflitto tra Armenia e Azerbaigian come un conflitto religioso e quindi come uno scontro di civiltà, cristiana e musulmana. La realtà però tradisce queste considerazioni dal momento che sia l’Azerbaigian che l’Armenia intrattengono relazioni con Paesi d i diversa religione. In questo senso, dal 1992 l’Azerbaigian e la Georgia sono legati da un solido rapporto di cooperazione energetica, economica, scientifica , tecnica e culturale , così come dalla realizzazione congiunta di importanti progetti come l'oleod otto Baku - Tbilisi - Ceyhan e la ferrovia Kars – Tbilisi – Baku. L ’Azerbaigian è storicamente un p aese in cui l’Islam convive pacificamente con le altre religioni, i ncluso il Cristianesimo , e la cui Costituzione favorisce la libertà di culto. L’Armenia cristiana invece intrattiene una stretta relazione con l’Iran della Repubblica teocratica degli ayatollah sciiti e con Mosca.

10 J. Rau, I l Nagorno - Karabakh… , cit., p. 244. 11 Ivi, p. 258. 12 Ivi, p. 324.

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Per favorire la risoluzione pacifica del conflitto non dovrebbe mancare la collaborazione di ambo le parti. Baku dovrebbe riconoscere al Nag orno - Karabakh lo statuto di repubblica autonoma all’interno dell’Azerbaigian e favorire i contatti tra Nagorno - Karab akh, armeni e armeni della diaspora. Gli armeni dal canto loro dovrebbero riconoscere lo status particolare del Nagorno - Karabakh come Oblast entro i confini dell’Azerbaigian e approvare lo sgombero delle regioni occupate. La soluzione pacifica del conflitt o dovrebbe poi essere accompagnata da un processo di ricostruzione della fiducia tra le parti. Un grande significato rivestirebbe in questo senso la previsione di misure atte a favorire il ritorno dei profughi e di coloro che sono stati espulsi dai loro te rritori con la garanzia di poter vivere una vita normale e sicura. Anche la restituzione dei territori occupati in Azerbaigian da parte dell ’Armenia sarebbe un buon passo per il rafforzamento della fiducia 13 . Indipendentemente da ogni ideologia l’obiettivo della pace riveste un valore fondamentale in particolare per l’Occidente e la sua industria petrolifera e per gl i approvvigionamenti energe tici 14 . Il negoziato politico dovrebbe concentrarsi su un qui pro quo incentrato sul riconoscimento della sovranità a zerbaigiana sul Nagorno - Karabakh e sulla restituzione dei territori occupati in cambio della concessione di uno status di autonomia del Nago rno che potrebbe essere negoziata con l’Armenia. Dopo aver fallito nei ripetuti tentativi di risoluzione del conflit to, l’ OSCE potrebbe comunque svolgere un ruolo di mediazione al fine di mettere in contatto le parti.

13 Ivi, p. 285. 14 N. Ronzitti, Il conflitto del Nagorno - Karabakh… , cit., p. 59.

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“Giovà, accucciati e cammi na carponi che queste s o ’ pallottole e no mosconi”. I l diario di guerra del Capitano Riccardo Di Giulio. Estratti (1915 - 18)

Presentazione I brani che seguono costituiscono un estratto dal corposo diario di guerra metodicamente redatto per tutta la du rata del primo conflitto mondiale dal Capitano di Artiglieria, poi Maggiore, Tenente Colonnello e più tardi Generale di Brigata, Riccardo Di Giu lio (Popoli - PE, 1881 - Roma, 1936) 1 . Di proprietà del nipote dell’autore, Umberto Buccheri, che li ha trascri tti e che in questa sede si ringrazia vivamente , i diari sono stati affidati alla prof.ssa Silvana Cirillo, la quale curerà l'edizione integrale del volume. S empre a cura della prof. Cirillo, usciranno a breve, per i tipi di Bulzoni, gli atti del convegno internazionale “ La Grande Guerra nella letteratura e nelle arti", (3 - 4 dicembre 2015, “Sapienza” Università di Roma), i quali contengono alcuni brani del diario. Il quadro che il circa trentacinquenne Di Giulio ci consegna è quello di una patriottica lotta armata vissuta in prima persona dal 22 maggio 1915 fino al 10

1 Per ulteriori informazioni s i riporta il curriculum del Generale di Brigata Riccardo Di Giulio gentilmente con cesso da Umberto Buccheri. Nato a Popoli (Pescara), nel 1881. Morto a Roma, a soli 55 anni, nel settembre 1936. Sviluppo carriera: Accademia Militare di Torino dal 1898 al 19 01. Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio di Torino dal 1901 al 1902. Capi tano Comandante di Batteria da Campagna del I Gruppo del 12° Rgt. a Capua dal 1915 al 1916. Maggiore addetto al comando Artiglieria del 2° Corpo di armata nel 1917. Tenente C olonnello Comandante del II gruppo Autobatterie da 102 nel biennio 1917 - 1919. Coma ndante del 12° Rgt. Artiglieria da campagna a Capua nel 1922. Comandante della Scuola Allievi Ufficiali di complemento di Artiglieria a Pola (1929 - 1932). Comandante del 3° Rg t. Artiglieria Pesante Campale , a Reggio Emilia nel 1935. Nel 1936 fu a disposizio ne del Comando di Difesa territoriale a Roma in qualità di Generale di Brigata.

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gennaio 1919. È in tale scenario che l’ufficiale di origine abruzzese, che vive però a Capua ed ha fortemente assorbito la cultura campana , scrive “giorno dopo giorno”, “al lapis” e per lo più “ in mez zo al fragore delle battaglie” le proprie memorie. Ci sono mille fatti, descrizioni di paesaggi, giudizi sulle persone e sugli eventi politici, ricostruzioni delle manovre, percezioni del sangue che scorre. C’è il cannone, c’è la trincea. Ma non so lo. L’i ntento, come precisa l’autore nell’accingersi a intraprendere, dopo una breve licenza, la stesura del secondo anno di guerra, è quello di lasciare “un ricordo” ai figli del loro padre, una testimonianza del suo affetto, in una tacita, ma palpabile p rospett iva di un suo possibile mancato ritorno dal fronte. C’è soprattutto l’uomo, quindi, nelle sue molteplici sfumature. Lo scritto, come precisa lo stesso Di Giulio, ha “carattere strettamente personale”. Ciò gli consente di dedicare ampio spazio al ra pporto con i colleghi e con i superiori (nei confronti dei quali non vengono risparmiati giudizi graffianti), nonché alle difficoltà di adattamento alla vita di trincea, come pure a una condizione emotiva di angosciosa, persistente precarietà. Per non dire dell’a ttesa tormentata di notizie e delle invettive nei confronti del Ministero della Guerra, respon sabile di un sistema di comunicazioni oltremodo irregolare Ma soprattutto, ancora una volta, il rimando agli affetti e il colloquio solitario con i famili ari irr ompono quasi di continuo, in modo prepotente, anche al centro di descrizioni quanto mai precise e puntuali delle operazioni belliche 2 . Tutto questo è racchiuso in una serrata e rigorosamente avvincente cronaca di arrivi, partenze, preparativi, inef ficienz e e incertezze – spesso anche di carattere sanitario 3 - col rombo dei cannoni sempre echeggiante sullo sfondo, ché, anzi, il più delle volte assai da presso. Del Capitano Di Giulio, così tenace e coscienzioso da portare ovunque con sé, anche nelle situazi oni più pericolose, quei suoi quadernini di annotazioni tanto minuscole quanto nitide e fittissime, colpisce peraltro la colta capacità di scrittura, dallo stile misurato, sobrio, mai disponibile alle volgarità e alle

2 La famiglia di Di Giulio è numerosa. Quest’ultimo, stando alle informazioni di Umberto Bucc heri, ebbe 2 mogli e complessivamente 7 figli. La prima moglie, Nina, morì di “spa gnola” poco dopo la fine della guerra. Dal secondo matrimonio nacquero un maschio e una femmina. Matilde, 101 anni, è l’unica ancora vivente. Quanto invece alla famiglia d’or igine, “mammà” è citata più volte e molto presente nella quotidianità del nucleo f amiliare dell’autore. Ricorre anche la figura del fratello Umberto. 3 Buccheri riferisce che l’epidemia di “spagnola” fece la comparsa tra le truppe alla fine del secondo anno di guerra. Lo si apprende dal diario, nelle pagine in cui Di Giulio racconta – certo ignaro della strage che l’epidemia avrebbe fatto in seguito - di alcuni suoi uomini ricoverati in o spedale a causa dell’influenza spagnola.

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trasgressioni. In effetti, le s cuole e d accademie dell’epoca di meriti e di serietà ne avevano parecchi… Quanto, infine, ai criteri di selezione dei brani più sotto trascritti, sono stati scelti i passi che maggiormente mettono in evidenza 1) la cultura del personaggio 2) il suo rapp orto co n la famiglia 3) la condizione della trincea 4) il giudizio sui superiori 5) il rapporto con i colleghi.

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Lunedì 7 giugno 1915

Ho dormito maluccio sotto la tenda, perché lì sotto si soffocava. Fuori grande umido. Di sera il paese è quasi completam ente al l ’ oscuro per tema delle aeronavi nemiche. E ’ giunta anche la 2^ Batteria (Capitano Pallotta). Ieri, se non avessimo avuto le scatole di carne in conserva, saremmo rimasti digiuni. Oggi incomincia a funzionare il vivandiere. Ero rimasto d ’ intesa con Nina ch e mi avrebbe scritto il giorno 5, finora niente. Stamattina le ho scritto in lettera aperta. Ho paura che con questo rigore postale, con tante coercizioni, molte lettere andranno disperse. Cara la mia Nina, bimbi miei adorati, pregate per me!

Gioved ì 10 giugno 1915

Alle 8 ½ si partirà con la fanteria ed a 3 chilometri circa da Palmanova oltrepasseremo la frontiera …. Vecchia. Ricciardiello farà una fotografia. E ’ arrivata la corrispondenza ma niente per me. Alle 9 ½ abbiamo passato il confine. Si odon o abbastanza vicini i colpi di cannone. Ninuccia, bimbi miei pregate per me. Il Ten. Ricciardiello mi ha fatto una fotografia proprio nel momento in cui, a cavallo, passavo la barriera. Per Visco siamo diretti a Grauglio. Ore14 : Siamo dalle 10 ½ a Gra ugli o dove abbiamo fatto colazione in casa del Sindaco. Sfilano, sfilano tante truppe ed il cannone romba sempre poco lontano. Ci siamo!

Giovedì 8 luglio 1915

Stamattina ho avuto un telegramma di Nina mia che è in pensiero per mancanza di notizie. Io scriv o og ni giorno: dove vanno a finire le mie cartoline? E ’ stato ferito al fianco il Capitano Sosso, Comandante la 1^ Batteria del 24° Artiglieria in posizione vicino a me, da una delle solite pallottole di fucile che, ad intervalli, ci piovono addosso. Ho ri spos to a Nina che sto benone ed è la verità. Ma starò lo stesso più tardi, domani? Dio mio aiutatemi, anime care di Papà e Mammà proteggetemi, e Nina adorata, figli miei diletti, pregate per me! Stasera incomincerà la musica di una batteria di obici da 149 in posizione giù, al passaggio a livello della stazione di Sagrado. Emozionante caccia ad un nostro aeroplano, da parte delle artiglierie austriache. Tutti i paesi sulle sponde dell ’ Isonzo sono stati abbandonati ed ora giacciono mezzi diroccati dalle gros se p illole! I nemici prima di andar via hanno fatto man bassa di tutti i valori, lasciando solo le masserizie: ma in quale stato! Di queste si sono largamente serviti i nostri soldati: sedie, bacinelle, materassi, cuscini, etc. Io preferisco dormire sopra un p oco di fieno: ho una sveglia ed una caldaietta per lavarmi i piedi. Seguitano a funzionare le spie: una granata nemica è caduta nella piazza

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di San Pietro un secondo dopo che il Duca d ’ Aosta erasi allontanato in automobile. Vi devono essere telegrafi s otte rranei. Dio mio fate che io presto possa chiudere questo diario e ritornare tra i miei cari!

Lunedì 9 agosto 1915

Ore 7 ½. Mentre ero intento a sparare contro un uccellaccio bicipite che contaminava con la sua presenza il bel cielo d’Italia, ho avuto una b ella, grande, gradita sorpresa! È venuto a trovarmi mio cognato Ciccillo. Mi ha raccontato quello che han fatto loro (35° Artiglieria) lì sotto Gradisca. Anche essi hanno passato dei brutti quarti d’ora, o meglio delle brutte giornate. Ora sono in riposo a Campolongo e forse domani si sposteranno a Crauglio o ad Aiello. Mi ha promesso di ritornare ed intanto abbiamo telegrafato a Mammà ed a Nina del nostro incontro. È venuto anche a trovarmi il Tenente Colonnello Sasso del 24° Artiglieria e da es so ho saput o che probabilmente tutto il nostro Corpo d’Armata (X) andrà per qualche tempo a riposo. Ma andare a riposo senza la possibilità di riabbracciare i miei cari, mi alletta poco! Quando sfonderemo questa formidabile resistenza austriaca? Anche il n ostro Stato Maggiore – ne sono sicuro – non immaginava una resistenza simile: resistenza certo affidata a truppe meno numerose delle nostre, ma formidabilmente appoggiate a fortificazioni, con mitragliatrici in numero rilevante e con artiglierie di tutti i calibri; m itragliatrici e cannoni che giudiziosamente impiegati fanno un largo vuoto tra le nostre file! Dio mio, proteggi l’Italia! Serpeggia per giunta anche il colera! Mi diceva Ciccillo che a Sagrado vi è addirittura un lazzaretto. Intanto proprio sta mani un mio soldato è entrato all’ospedale con dolori di ventre e conati di vomito e mi viene comunicato che lo ritengono sospetto! Non sia mai!

Martedì 21 settembre 1915

Oggi tregua laggiù! Quanta gente vuol essere ammessa a frequentare il nuovo corso all ievi uffici ali! Stamattina a quelli del 1° Gruppo ho fatto svolgere un piccolo tema scritto, per sincerarmi della loro cultura letteraria e farmi un’idea della più o meno idoneità di ciascuno a frequentare il corso. Con la connivenza del Capitano Gerolamo Pallotta, A iutante Maggiore in 1^ del Reggimento, ho potuto di nascosto non solo leggere, ma anche farne copia, del rapporto informativo compilato a mio riguardo dal Pizzoni, prima di andare via. È un rapporto in verità molto lusinghiero, ma è sempre un se mplice pezz o di carta… al quale non è annessa nessuna prova più tangibile in rimunerazione del mio operato. Ad ogni modo è un rapporto che resterà nel mio libretto personale. Eccolo:

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«Rapporto informativo sul Capitano Di Giulio Sig. Riccardo «Resistentiss imo alle fa tiche, di carattere sempre eguale – sereno, gioviale, autorevole, energico – Molto attaccato all’Arma ed al suo reparto – Molto intelligente, di risorse, di molto buonsenso – Buon conoscitore dei vari materiali da campagna ed esperto maneggiator e degli str umenti di precisione pel puntamento. Nelle ricognizioni eseguite verso le estreme trincee e nell’avanzata della propria Batteria sull’Altopiano Carsico, sotto il fuoco nemico, si dimostrò calmo e coraggioso, esemplare al fuoco, preciso e pratico nel tiro. Conosce bene il personale e ne ottiene ottimo rendimento. È molto amato ed è molto stimato; inspira molta fiducia. È meritevole di speciale considerazione. Sevigliano 27 agosto 1915 Il Tenente Colonnello Com.te il gruppo f.to Paolo P izzoni »

Il Comandante del Reggimento Colonnello Muricchio Cav. Vincenzo, nell’annotare il suo riportato rapporto, si associa al giudizio espresso dal Comandante il Gruppo e conferma la calma, il coraggio, la perizia del Capitano Di Giulio e aggiunge c he «anche n elle giornate del 23, 24, 25 giugno detto Capitano si comportò con coraggio e sangue freddo ammirabili, rivelandosi ottimo comandante di batteria in guerra. È veramente meritevole di speciale considerazione». Dopo trascritto sul mio taccuino di guerra quan to sopra, aggiunsi: E spero che detta speciale considerazione – come padre di famiglia – l’abbia il cielo, rimandandomi a casa sano e salvo.

Mercoledì 29 settembre 1915

Alle 6 ¼ ricevo l’ordine scritto, riservato, urgente di trovarmi per le ore 7 ½ nell’uf ficio del Signor Colonnello. Leggendo l’indirizzo: <> che trattasi della nostra partenza pel fronte. Infatti, convenuto col Capitano Mangiacapra della 2^ Batteria dal Colonnello r iceviamo l’ordine di andare in giornata sull’altopiano a riconoscere le posizioni occupate dalla 3^ e 6^ Batteria e di dire al Maggiore Bogliolo che alle 16 si faccia trovare a Turriaco. Verso le 8 partiamo con i rispettivi seguiti, e ci dirigiamo a Polazz o. Giunti a San Pietro, lasciam o la strada carreggiabile volendo seguire una via coperta e ci impantaniamo presso la riva dell’Isonzo! Come Dio vuole riusciamo alfine a sbucare in Fogliano per la stessa strada che percorsi il 1° luglio. Al casello ferrovia rio di Polazzo (ove ha sede il Comando di Gruppo) ci dicono che il Maggiore Bogliolo è su alle batterie. Intanto, essendo pronta la colazione, il

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Tenente Caterini ci invita a mangiare. Terminato il modesto pasto ci mettiamo in cammino per l’aspra salita ch e, dal distrutto paese di Polaz zo, s’inerpica sull’altopiano. Ben presto le nostre orecchie incominciano a percepire il ronzio delle pallottole di fucile. Il povero Mangiacapra, vergine del Carso, non sa cosa siano e mi fa: “ Né Digiù ce ne stanno tanti mos coni quan coppa ?” ed io: “ Giovà , accucciati e cammina carponi che queste so pallottole e no mosconi ”. Rivedo poco lungi quota 92 e Castelnuovo! Arriviamo finalmente alle batterie che sono infamemente collocate l’una accanto all’altra a sinistra del famoso boschetto, che costituiva il mi o falso scopo nel luglio scorso, boschetto ormai tutto bucherellato e sfrondato. In un profondo ricovero, proprio accanto al pezzo di sinistra della batteria di destra, troviamo il Maggiore Bogliolo, il Capitano Dessimone, il Tenente Regazzi e tutti gli al tri ufficiali. Bogliolo è cambiato! Scherzoso, motteggiatore e critico maligno un tempo; ora taciturno ed arrabbiato. Mi chiede subito se, con la venuta quassù della 1^ e 2^ Batteria, cambiano anche lui col personale di grupp o. Avendogli io risposto che se condo ogni verosimiglianza dovrebbe restare e che del resto ciò sarà oggetto del colloquio che alle 16 avrà in Turriaco col Colonnello Muricchio, esso si acciglia e non parla più. Com’è diventato impressionabile! La paura fa… novanta! Non basta esser corag giosi solo a chiacchiere…da lontano, come ha fatto lui prima di avere il battesimo del fuoco! Mentre siamo così a discorrere, ecco che vengono feriti da pallottole di fucile due soldati per loro imprudenza, essendosi recati a raccogliere non so che cosa su l davanti dei pezzi. Mi coopero per far loro la prima medicazione. Dessimone e Regazzi, taccuini alla mano, ci danno le consegne circa gli obiettivi, i tiri da fare ecc…. dopo di che di comune accordo (Bogliolo è come se foss e… assente!) riteniamo opportun o di recarci all’osservatorio per osservare materialmente pochi colpi su diversi bersagli. Ci fa strada l’esploratore Caporal Maggiore Guarini, poi vengo io, seguito (poco volentieri!) a distanza da Mangiacapra. L’osservatori o è sulle prime linee della fan teria. Vediamo pel cammino numerosi morti austriaci insepolti, uno addirittura mummificato, con mezza calotta cranica aperta. Si potrebbe fare uno studio di anatomia! Si percorre il terreno, quasi sempre scoperto, di corsa, a gran distanza l’uno dall’altro , riparandosi ogni tanto, per riprender fiato, dietro vecchie trincee o nelle buche numerose onde è cosparso il terreno carsico (doline). Ad un certo punto pare che ci piglino di mira, tanto è vicino e rabbioso il sibilo dell e pallottole intorno a noi! Fin almente dopo una lunga corsa emozionante, sbuffanti, sudati, col cuore in tumulto arriviamo all’osservatorio, in una delle nostre più avanzate trincee, a soli 25 passi dalla opposta trincea austriaca, da una feritoia della qu ale vediamo sbucare la canna di un fucile. Questa trincea nemica, caratterizzata dalla presenza sul suo parapetto, di un albero sfrondato e spezzato, viene, nella toponomastica delle nostre truppe, chiamata: “La trincea dell’albero spezzato”. Osserviamo

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al cuni colpi delle nostre retrost anti batterie su San Martino del Carso, su Marcottini e su trincea, su Doberdò, ecc. Ritorno in batteria altrettanto emozionante in mezzo al fango rossastro del Carso ed ai pantani. Precedo sempre Mangiacapra, tra il sibilo d elle pallottole. Ad un tratto s civolo e cado disteso nella mota, mentre sento Mangiacapra che grida: “Dio mio! Hanno f ------Di Giulio!”. Mi alzo subito, così egli che mi credeva raggiunto da una Pallottola nemica, si rassicura e… proseguiamo. Facciamo una piccola sosta presso le batter ie per riposarci ed indi discendiamo a Polazzo, ove troviamo i nostri cavalli. Durante il ritorno passando per Turriaco, vediamo in posa tragica, nella piazza, il Colonnello Muricchio, il maggiore Bogliolo ed il Capitano Aiut ante Maggiore Pallotta. Quali l e conseguenze del colloquio? Bogliolo resta su in posizione o viene sostituito? A Pieris piovono granate sul ponte. Siamo costretti a fermarci essendo intanto vietato il transito. Finalmente cessato il bombardamento, poco all a volta, a piccoli gruppi ed a grande distanza è ripreso il passaggio del ponte. Alle 18 siamo di ritorno a San Nicolò. Dio mio ti ringrazio!

Venerdì 4 febbraio 1916

Ieri sera tardi, il mio ciclista tornando da Brazzano mi portò quattro cartoline di Ninucc ia mia finalmente! Apprendo che Vittorio e Maria vanno benino col morbillo, che Angeluccio non si è contagiato. Sia lode il Cielo! In una cartolina Nina però manifesta un poco di sconforto. Le ho risposto esortandola ad avere pazienza, a fidare in Dio e sp erare in un prossimo radioso av venire. Non abbiamo ancora sparato e non spareremo per ora. L'ordine è di non sparare se non in caso di assoluto bisogno. Intanto i miei uomini fanno un lavoro immane per mettere le piazzuole in modo da servire per i nostri p ezzi. Abbiamo resa alquanto abi tabile la nostra catapecchia requisendo in giro delle sedie e due tavolini. Le finestre, specie la sera, sono completamente coperte in modo che non trasparisca il più piccolo filo di luce. Con quel maledetto Sabotino sul fian co sinistro che ci domina così bene, guai a dare parvenza di vita! Mangiamo il rancio dei soldati con qualche piccola variante. Questa regione è tutta colina, sparsa di villaggi a casette che un tempo dovevano essere ridenti, ma che oggi sono l'immagine pe rfetta dello squallore della fu ria degli uomini, peggiore della furia degli elementi. La penna non può descrivere, in tutta la sua imponenza spaventevole, questi luoghi. Una descrizione bella e veritiera è quella fatta da Luigi Barbini sul Corriere della S era in un articolo intitolato " Oslavia" e che per caso mi è venuto tra le mani (portato da Cormons). Qui siamo ancora più isolati dal mondo. Rancio e cannonate, nient'altro. Di giornali neppure l'ombra. Cormons non è lontana, ma la strada è orribile per i ciclisti. Nina mia, figli miei, pregate per me!

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Domenica 9 aprile 1916

Solito passeggio di aeroplani e nostri e nemici nella mattinata. Dopo colazione sono chiamato al telefono dal Pascià il quale vuole sapere su quale bersaglio ho tirato stanotte. Glielo spiego ed egli allora mi dice che la fanteria di Monte Sabotino ha fatto noto al Comando della Divisione che il tiro non era aggiustato perché gli austriaci hanno tranquillamente continuato a lavorare. Io protesto ed invito il Pascià a salire sulla collin etta di Quisca da dove potrà os servare il mio tiro che son pronto a ripetere. Tutto tace e non vi può essere equivoco di sorta. Viene anche informato il Colonnello di Fanteria Badoglio che trovasi a quota 513 d'osservare il tiro. Sparo solo 15 granate ed i n un momento aggiusto il tiro e d ottengo colpi giusti, mostrando così a quei messeri che io non mi ero affatto ingannato. Il brutto però è che, dopo questi pochi colpi, la batteria è fatta segno di forte fuoco nemico di fronte e specialmente di fianco dal Sabotino e dal Vodige: numerose granate da montagna scoppiano presso il 1° pezzo e forano la botte alloggio di Mangiarotti e serventi. Una granata scoppia nell'interno della nostra mensa e riduce a mal partito le nostre misere masserizie e quel po ’ di prov viste. Tutto giace ancora per t erra, rotto alla rinfusa; le pareti sono forate. Aspettiamo che scenda la sera per constatare i danni. Reclamerò l'indennità per gli effetti mangerecci perduti. Sono seccatissimo, si espone la vita ogni minuto secondo, e si è trattati male. Ma pare che a t utti abbia dato di volta il cervello. Ninuccia mia, figli miei, pregate per me! Siamo andati a rimuovere le macerie della nostra mensa e vi abbiamo trovato – sotto al pavimento – un grosso proietto da 149 non scoppiato. Il mi o Caporal Maggiore operaio Cami ciottoli Guglielmo, dietro promessa di due fiaschi di vino, delicatamente se l'è caricato sulle spalle ed è andato a depositarlo nella buca dove la truppa fa i bisogni. Il ricovero del pezzo Mangiarotti è stato colpito in pie no sul fianco da un grosso proi ettile che ha squassato le due botti piene di terra. Ed intanto proprio ora giunge l' ordine che stanotte bisogna continuare la musica per disturbare il nemico nei suoi lavori. Iddio ce la mandi buona. Alle 8 ho aperto il fuo co. Poco dopo incominciano a si bilare i grossi proietti nemici. Mentre mi trovavo nella mia baracca uno è scoppiato poco distante ed una pioggia di terra, pietre e schegge si è abbattuta sul mio ricovero. Io mi sono addossato alla parete presso il lettucci o, con lo sguardo rivolto alle fotografie dei miei cari, appese lì, in testa alla branda! Poi mi son recato all'osservatorio. I miei pezzi han continuato a far fuoco. Dopo la nutrita scarica (un colpo è scoppiato tra la botte di Mangiarotti ed il pezzo) il nemico si è taciuto. Sono le 1 2. Piove, i pezzi sparano. Mi butto vestito sulla branda. Alle 12,50 fonogramma del Comando che ordina di fare raffiche di 6 granate. Alle 4 mi sento chiamare da Ruberti il quale mi dice che sono arrivati due colpi presso la mia baracca e quindi non è prud ente restarvi. Mi butto giù ed andiamo nella caverna ricovero proprio in tempo, perché incominciano a fioccare le granate

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nemiche.

Domenica 16 luglio 1916

Scrivo in fretta queste note con 5 giorni di ritardo poiché gli eventi si sono succeduti con una rapi dità fulminea da non darmi tempo per scrivere. É finita la tranquilla vita di Primolano, la vita di eremitaggio di San Vito e Punta Sorist! Ma procediamo con ordine. Oggi (cioè il 16) ho avuto molto da fare perché son g iunti i complementi pel 12° e pel 35° ed ho dovuto riceverli, provvedere a vettovagliarli ed indi inviarli su ai loro reggimenti. Continua la processione dei carri delle batterie che vengono a prendere il fieno a Primolano, fieno che io debbo far trovare p ronto. Non ricevo notizie da casa. La mensa della Croce Rossa funziona sempre bene ed il Capitano Andrea Baroni, i dottori Monti e Bruno, il Commissario Cavaliere Campese (di Napoli cugino di Federico Rendina) sono tutti gentili con me.

Lunedì 17 luglio 19 16

Seguito a scrivere queste mie note con ritardo sotto ad una tenda. E pensare che in questi giorni presi in compagnia di Campese e Monti un bel bagno nel Brenta, alle 6 di sera, e mi ripromettevo di farne degli altri! Invece sto qui sotto una tenda e sib ilano i proietti!

Venerdì 28 luglio 1 916

Stanotte non ha fatto altro che piovere. Sono le sette, la pioggia continua a cadere lenta e monotona; la nebbia avvolge queste foreste di pini. Giornali non se ne leggono più essendo difficile che un foglio arrivi fino a noi. Però le notizie sensazion ali non mancano: corre voce che i russi siano finalmente sbucati nella pianura ungherese ed avanzati per 50 chilometri. Se così fosse: Evviva la Santa Russia! Se poi anche la Romania si movesse una buona volta potremmo sperare la pace in quest ’ anno. Questi dannati austriaci sono inesauribili e pieni di risorse! Quante tombe austriache presso di noi! La tomba però che si dovrebbe scoperchiare per raccogliere l ’ eletto, dovrebbe essere quella di Cecco Beppe. La mensa del 35° Artiglieria, cui noi siamo aggreg ati, funziona discretamente, ma sempre carne a tutto passo! Me ne è venuta la nausea. La mia Ninuccia ha avuto un pensiero gentile, quello di richiedermi la misura del colletto della camicia e della cintura delle mutand e, perché vuole apparecchiarmi un pic colo corredo pel mio ritorno. Con questo tempaccio bisogna passare quasi tutta la giornata sotto tenda. Meno male che abbiamo dei romanzi. Molta truppa, molte batterie sono andate via dal Trentino, d ’ ora in avanti qui n on si farà altro che fronteggiare

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sem plicemente il nemico, mentre altrove certamente si sta preparando un fiero colpo. Dove, se non sul Carso, ed intorno a Gorizia?

Presa di Gorizia – Martedì 8 agosto 1916

Ieri sera aspettavo notizie da Nina ed invece ho avuta una cartolina di Margherita, una dell ’ Avv. Montefredini ed una di Guido. Mia sorella mi assicura che i miei stanno bene e che Vittorio ha fatto tali progressi a scuola tanto che al mio ritorno troverò un piccolo professore! Fosse vero! Cecchino Montefredini mi scrive chiedendomi come me la passo e dandomi nuove di suo figlio Giacomino, Sottotenente nel 10° Artiglieria. Infine Guido mi scrive che è stato fatto abile alla visita e che oggi proprio deve pr esentarsi alle armi da semplice soldato, in attesa della nomina ad ufficiale della terr itoriale. Con cuore dolorante per le tristissime condizioni in cui lascia la sua famiglia, egli mi dice d ’ altra parte che va incontro serenamente al suo destino, poiché il primo di tutti i suoi pensieri è la grandezza di Patria nostra! E non poteva essere diversamente in chi come lui, come me, come tutti i figli di Vittorio Di Giulio, è stato educato al culto delle cose sacre e nobili. Anche Umberto è stato richiamato ed egli, quantunque un po ’ scapato, non sarà di meno dei suoi fratelli. E così tutti e qua ttro noi fratelli siamo sotto le armi ed accompagnati dalle benedizioni delle anime sante di Papà e Mammà, dal pensiero affettuoso e dalle preghiere delle persone a noi care, compiremo sempre e dovunque il nostro dovere, con nel cuore la speranza di poter un giorno raccontare alle nostre famiglie, ai nostri figli le epiche gesta di questa immane guerra. Nell ’ ultima dispensa del Bollettino Militare delle ricompense al valo re (comunicatomi ieri sera dal Comando del Reggimento) si legge Encomio solenne al Capi tano Di Giulio Signor Riccardo perché: «Per meglio dirigere l ’ azione delle sue dipendenti batterie, arditamente e con frequenza, si recava nei più esposti osservatori de lla vicina Divisione, attraversando zone mal protette e molto pericolose » Carso 21 otto bre – 5 novembre 1915 . E così resta chiuso l ’ argomento della proposta del Colonnello Ferrario! Corre voce di una nostra brillante azione nella zona di Monfalcone.

1° Ge nnaio 1917

Prima di lasciare questo opuscolo e relegarlo tra i cimeli ed i ricordi di g uerra, mi piace rivolgere un saluto al nuovo anno che sorge in una gloria di sole. Salve 1917! Tu segnerai certamente la data della soluzione definitiva di questo immane conflitto, tu potrai finalmente registrare la parola pace !

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Da Venerdì 16 marzo [1917] in avanti

Ed intanto = i ciucci si appiccicano ed i barili si scassano = tra la Zona di Gorizia da una parte ed il Comando della 2^ Armata dall’altra noi non sappiamo a chi dar retta. Che caos edificante! Il povero nostro Comandante Colonnello Brigadiere Francesco Garnier se non è una cima è però un uomo di buon senso, ed in mezzo allo scatenarsi di tanta furia, tra tanto dilaniarsi a vicenda per “pervenire”, d ice spesso: «Io sono tranquillo, il maggior male che possono farmi è quello di mandarmi a casa, m a per me non sarebbe un male, anzi una liberazione». Croce di ferro a destra, croce di ferro a sinistra! È una gazzarra dello Stato Maggiore e dei suoi affilia ti. Medaglie inglesi! Meno male che quelle russe dell’ordine di San Stanislao, San Cosimo o che s o io, ormai non hanno più valore! Con la rivoluzione e la caduta della dominazione degli Czar, tutte le precedenti decorazioni regalate non valgono più! Che gu sto! Wilson brontola da una parte ed arma le sue navi, la Cina rompe le relazioni diplomatiche co n la Germania, il Messico si sommuove alle mire tedesche, Bagdad cade in mano agli inglesi, li tedeschi sul fronte occidentale compiono la più bella ritirata s trategica, li russi pensano a nominare l’Assemblea Costituente e non si preoccupano della guerra, li socialisti tedeschi si commuovono allo spettacolo della rivoluzione russa, la Spagna dà delle manifestazioni repubblicane, la subdola Grecia tace, i turchi si pigliano sempre batoste, i sottomarini tedeschi allegramente funzionano in barba ad ogni dett ame di civiltà e ad ogni sentimento di umanità, affondando navi innocue e persino navi ospedale, in tutte le nazioni si pensa a razionare i consumi e da noi l’ Onorevole Canepa svolge opera indefessa a circoscrivere od impedire i consumi di lusso, il mondo rimbomba di fragore d’armi, la terra s’arrossa di sangue, l’atmosfera è sempre perturbata dal rombo dei cannoni, i pesci si rallegrano ad ogni affondamento, le vie del cielo rimbombano del rumore degli aeroplani… in Trentino, come servono i miei vecchi can nonieri, soldati e cannoni sono sotto 6 metri di neve, e tra tanta rovina, tanto disastro, tra tanti vuoti lasciati dalla guerra, tante miserie e disgrazie occ ulte (nonostante li comitati di beneficenza e le provvide leggi dello Stato)… in mezzo a tanto ca taclisma i vampiri della società e dell’Esercito, gli Ufficiali della nobil casta dello Stato Maggiore non pensano che all’avanzamento. Quello sgobbone di Tort ora (del corso dopo il mio) è venuto qui al Comando del 2° Corpo in qualità di Sottocapo di Stato Maggiore. Puah !! Per fortuna Ninuccia ed i bambini stanno bene ed in vista un quinto marmocchio!

Da Domenica 1 aprile [1917] in avanti

Dei fatti nuovi sono s opraggiunti che lasciano sperare l’avviamento di questo caos sanguinoso alla sua definitiva risol uzione, col ritorno della tranquillità nel

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mondo. Il più importante è la dichiarazione di guerra alla Germania fatta dagli Stati Uniti. Il Presidente Wilson do po lunghe veglie d’elucubrazioni, alla Casa Bianca, è venuto alla gran decisione ed ha potuto ott enere l’approvazione del Congresso. D’altra parte abbiamo la rivoluzione russa, con detronizzazione e relativo arresto dello Czar, Czarina e di tutti i membri della famiglia imperiale, nonché delle diverse camarille di traditori che finora han diretto gli affari esteri ed interni del disgraziato paese. Ma continuerà il paese della rivoluzione a portare un valido contributo alla cosiddetta guerra della civiltà co ntro la barbarie teutonica? Ne ho i miei dubbi stante il fatto che oltre il governo provvisorio, riconosciuto dalle potenze e che ha promesso di non venir meno al patto di Londra, son sorti numerosi comitati rivoluzionari di operai e di soldati ed il duali smo è grande. La Germania e l’Austria, coi loro modi subdolamente insinuanti, hanno avanzate dell e proposte di pace separata alla Russia, visto che le aspirazioni del libero popolo russo collimano perfettamente con quelle delle popolazioni degli imperi cen trali! Ci vuole una bella dose di faccia tosta! Ma la mano punitrice di Dio sta per schiacciare i colpevoli che hanno insanguinato il mondo.

Da Martedì 1 maggio [1917] in avanti

Oggi è il 22 maggio! Quante cose ed avvenimenti nuovi si son succeduti nel lun go intervallo nel quale non ho scritto su questo taccuino. Per fortuna mi son liberato di una for te preoccupazione che nutrivo per Guido, accusato nientemeno di diserzione innanzi al Tribunale Militare di Tappa della III Armata (Palmanova). La causa si è d iscussa il 14 maggio ed il poverino dopo tante trepidazioni ha avuto la gioia di sentirsi assolto per inesistenza di reato. Teste a carico, Generale Mola, il più grande mascalzone! Manco male, vi è ancora un pò di giustizia a questo mondo! Io non ho potuto recarmi quel giorno a Palmanova, come gli avevo promesso, perché si stava preparando la grande o ffensiva dal Doblar a Gorizia. È stato un lavoro lungo, ingrato di giorno e di notte. Sul nostro fronte hanno schierato oltre 120 batterie di assedio senza ten er conto della campagna, montagna e bombarde. L’ineffabile Onorevole Montù, Comandante il 9° Regg imento Bombarde, è quello che mi ha dato più da fare con le sue innumerevoli lettere, con i telegrammi e fonogrammi e crittogrammi che si avvicendavano con rid da infernale. La maggior parte delle batterie nuove giunte erano sprovviste degli oggetti più ess enziali per far fuoco, prive di tutto e ci è voluto il bello ed il buono per provveder loro il minimo indispensabile per metterle in efficienza. Si sono costit uiti cinque Raggruppamenti d’assedio. Procedendo da Nord a Sud il 22° Globokek col Colonnello Bai strocchi, il 18° Kostanievica col Colonnello Nuzzolese, il 6° Debenje col Colonnello Cannoniere,

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il 31° Senico col Colonnello Guidotti ed il 3°Verhorlji col Co lonnello Garrone. A Nord nel settore della 47^ Divisione vi erano inoltre il 9°bis bombarde col C olonnello Renzi, il 46° da Campagna col Colonnello Calcagno che aveva alle sue dipendenze un Gruppo del 40° ed un Gruppo del 34° Artiglieria (una arcibatteria comandata dal figlio del Duca d’Aosta) nonché due Gruppi da montagna. A Sud nel settore della 3^ Divisione il 23° da Campagna col Colonnello Porro con un Gruppo da montagna. Sulla destra della 3^ Divisione han dislocato la 60^ col 43° da Campagna (Colonnel lo Marchesi) ed infine la 53^ Divisione era di riserva. Il povero Garnier, il Comandante l’Artigl ieria del 2° Corpo, ha lavorato come un cane e per tutta ricompensa è stato poi indegnamente silurato. Quante cose e belle e brutte avrei da raccontare; ma sic come le seconde superano di gran lunga le prime per carità di patria mi astengo dal metterle in r ilievo. D’altra parte lo stato di apatia in cui vivo mi toglie la voglia di compilare un diario dettagliato come ho fatto l’anno scorso. Viviamo in momenti ass ai critici in cui non so se si debba temere più il nemico che abbiamo di fronte o quello interno. Siluramenti su tutta la linea! De Battini, Garnier e S.E. Gariani. In quanto a Sua Eccellenza Gariani, me ne importa proprio poco, anzi, dato il tipo, ne son quasi contento. Egli ha contribuito al siluramento di tanta gente (Morabito informa) finché egli pure ci è capitato. “Chi di coltello fere, di coltello pere” . Per l’azione si è costituito il Settore cosiddetto della Zona di Gorizia, cioè un’Armata agli ord ini di S.E. Capello, il terribile uomo fecondo che combatte anche gli « eufemismi » e gli « aggruppa menti » (vedi Circolari) e che ha come Capo di Stato Maggiore il Maggior Generale Badoglio che ha incominciato la guerra da Maggiore di Artiglieria. Al Comando di Artiglieria di Armata sta quel toscano, e quindi bagalone, del Generale Ricci che ha come tira piedi il Colonnello Sircana. Per farla breve, dopo lunghi studi, ordini, contrordini, ecc. si è maturato il piano di operazione. La 47^ Divisione a Nord con azione eminentemente offensiva deve forzare l’Isonzo da Bodrez ad Auzza ed ascendendo al Summer ed al Fratta, occupare questa linea di cresta per ricongiungersi poi alla 3^ Divisione ch e opera a Plava e che deve occupare l’orrido sperone del Kuk (quota 535 e quota 611). La 60^ Divisione per Dolganiva deve tendere al Vodige e finalmente il 6° Corpo ha pe r obiettivo Monte Santo. L’azione è cominciata per noi con una ridda di carte, telegra mmi, telegrammi… fonogrammi e fonogrammi… telefoni squillanti ogni minuto secondo; quell’Orlando furioso del Capitano Agostino, addetto alle munizioni, con la sua voce ch ioccia e fessa rompe il timpano degli altri da mane a sera… Conferenze alle truppe ten ute da deputati sotto le armi … e da martinetti, ecc. ecc. ecc. Finalmente la sera dell’11 viene l’ordine che l’indomani mattina alle 4,30 incomincia la musica. Il Comand o del Corpo di Armata si trasferisce a Planina, il nostro Comando (Colonnello Brigadie re Garnier, Tenente Colonnello Fontana, Maggiore Bellerio, Capitano Di Leone, Capitano Binda,

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Tenente Frattini, Tenente Tagliati) si trasferisce all’osservatorio dello Sl opek. Io, il Tenente Ordioni, l’orco Agostani, il Tenente Frattini restiamo a Villa Ce rnazai. Alle 4,30 del 12 tutte le batterie aprono il fuoco ed incomincia l’opera di distruzione delle difese avversarie e dell’apertura dei varchi, mentre le batterie di controbatteria tentano neutralizzare le batterie avversarie con le granate a liquidi s peciali. A mezzogiorno del 13 ci giunge notizia che S.E. Gariani e Garnier sono stati liquidati, che Badoglio ha preso l’interim del Comando del Corpo di Armata, che il G enerale Ricci ha preso quello del Comando Artiglieria II Corpo. Verso le 16 vedo giung ere a Cernazai mogio mogio il povero Garnier. Pare che l’azione di artiglieria a Nord non sia andata bene, che i varchi non sono stati aperti a sufficienza ecc. ecc. Ci v olevano dei capri espiatori e li hanno subito trovati, ed il buon Badoglio assurge e l o Stato Maggiore gongola e si spianano il terreno! L’azione continua. Conquista del Kuk 535 e 611, di quota 592 e del Vodige. Lotte inaudite, massacri spaventosi! La 47^ Divisione ha passato l’Isonzo ed occupato Bodrez. Il VI Corpo ha occupato Monte Santo ma alla prima ondata non si sono susseguite le altre a tempo ed i nostri sono rimasti sotto alle case e la prima ondata è stata fatta prigioniera. Nuovo capro espiatorio il Generale Lo Curcio liquidato! Il Generale Badoglio invece viene promosso Tenente Ge nerale. Zompa chi può! Il nuovo Capo di Stato Maggiore del II Corpo Colonnello Mercalli, il Sottocapo Maggiore Tortora anch’essi silurati! Altro che inasprimento della gu erra dei sottomarini! Il Colonnello Brigadiere Mori ha preso il posto di Garnier, ma a llo Slopek vi è anche il Generale Ricci. Chi comanda? Non se ne capisce proprio niente! È la più grande baraonda che si sia mai vista. Stellone d’Italia proteggici tu! Il Colonnello De Vecchi, presentendo il vento infido, è rimasto a Villa Rubini ed aspett a tranquillo il termine dell’azione per andare ad assumere il comando di una Brigata. Sono stato una vota su allo Slopek ed ho constatato che vi regna la massima confusio ne. Vi ho trovato il Generale Ricci, il Colonnello Brigadiere Mori, ma non ho ben capi to chi comanda. Ricci mi ha subito chiamato a sé affinché gli riferissi circa i danni al materiale ed allora Mori se ne è andato a spasso. Io, al solito, tiro avanti per inerzia in mezzo a tanta confusione, fedele sempre alla massima di seguire la mia sort e, senza chieder niente. In cuor mio però desidererei esser fuori da questi ambienti mefitici e mi auguro che quando il destino me ne svincolerà io possa far ritorno alle belle batterie da campagna, al comando di un Gruppo di 4 batterie. L’artiglieria d’as sedio non posso digerirla. Ma più che altro desidero che questo infame macello abbia a cessare e che possa al più presto ricongiungermi ai miei per non lasciarli più. Dal lo Slopek assistei ad un contrattacco nemico diretto su quota 652 del Vodige. Che gran dine di colpi di tutti i calibri! E come rintronava la lugubre incassata valle dell’Isonzo tra Monte Santo e Sabotino! Come faceva a resistere quella gente lassù? Dalle p endici aspre del monte il sangue sarà sceso a rigagnoli

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nell’orrido Isonzo! Il possess o di Monte Santo non è ancora definitivo, intanto moltissime batterie vanno via dal nostro fronte per andare a rinforzare la 3^ Armata che dovrà tentare la conquista del massiccio dell’Ermada, del fortissimo bastione sentinella avanzata di Trieste. Corre v oce che tutto il Comando artiglieria debba trasferirsi allo Slopek e che quindi anche io col Capitano Agostini e Capitano Ordesini e Tenente Nardini si debba trasferirsi lassù, lasciando definitivamente Villa Cernazai. I miei son già in campagna alla masse ria del nonno da parecchi giorni e le notizie che Nina mi dà sono oltremodo rassicuranti. Tutti godono ottima salute. Vittorio e Maria al mattino vanno a scuola a Revigli one. I bambini si divertono un mondo con l’asinello e tutti gli altri animali volatili e quadrupedi di cui è ricca la masseria. Nina ormai maneggia bene la macchina fotografica che le portai quando mi recai in licenza e mi ha inviate delle belle fotografie . Nel pomeriggio sono stato ad Udine.

Giovedì 17 gennaio 1918

Continua il lungo doloro so viaggio di ritorno in Alessandria. Il bel sole che sorge alla partenza da Roma mi pare di buon augurio, tanto più che oggi è il mio 37° compleanno.

Venerdì 18 gennaio 1918

Alle 6.15 del mattino arrivo ad Alessandria. Solito freddo, nebbia con l ’ aggiunta della pioggia. Ricomincio il solito tran - tran della caserma tra le mille difficoltà che le Superiori Autorità mi mettono davanti nell ’ espletazione del mio compito, anzic hé fa cilitarlo come sarebbe loro dovere. Non sono ancora definite tutte le questioni relative al materiale e tra le discordanti disposizioni del Comando Supremo da una parte e del Ministero per le Armi e le Munizioni dall ’ altra, tra la Ditta Ansaldo e la D irezi one Tecnica Automobilistica Militare di Torino, non so che pesci pigliare. E sì che dopo tutto il responsabile sono io ed in seguito, se non sto bene attento adesso, tutto ricadrà sulle mie spalle!

Lunedì 13 – Domenica 19 maggio 1918

Dopo una notte i nsonne alle 6,30 parto con i miei Capitani. Verso Cittadella incontriamo la Batteria in marcia. Son parecchi giorni che non scrivo queste memorie pel gran lavoro che ho trovato da fare quassù. Ora cercherò di riepilogare quello che è trascorso fino ad ogg i (giorno 21). Se non fosse stata la cortesia del Maggiore De Castro (Comandante il 44° Gruppo Assedio) e quella dei suoi ufficiali, noi avremmo dovuto adattarci a vivere peggio degli zingari, sulla nuda terra. Io ho trovato alloggio presso la 132^ Batteri a d’Assedio di quel

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Gruppo (Capitano Nicelli) e sono anche in sussistenza alla mensa della batteria. I miei Ufficiali sono distribuiti tra gli altri reparti. Piove in continuazione. Anche quando abbiamo portati su i tre pezzi ci siamo inzuppati bene. Siamo in un fondovalle presso l’Osteria del Poise, posizioni che mi preoccupano nei riguardi di probabili tiri a gas o ad iprite nemici. Il mio Aiutante Maggiore Tenente Dagasso sta ancora giù girando da un Comando all’altro, da un ufficio all’altro per ottener e almeno l’indispensabile. Marinoni pure trovasi al parco di Rosà. Ma è mia intenzione chiamare tutti gli Ufficiali su e tutto il Comando di Gruppo. Il parco di Rosà resta affidato al Tenente Boggiano, Ufficiale Automobilista della 18^ Batteria, il quale d e ve pensare a tutti i rifornimenti, specie a quello delle munizioni prelevandole a San Eulalia, a Rossano Veneto o San Pietro in Gù. Siamo già stati in un osservatorio di Monte Grappa per fare la studio del terreno. La visione di tanti luoghi nostri a me s p ecialmente famigliari ed ora nelle mani del barbaro nemico, mi ha commosso. Si vede l’incassata Val Sugana, e sotto al Forte di Cima Campo quasi quasi distinguo le piazzole della mia sezione antiaerea di Punta San Just. Nel fondo della valle biancheggia G r igno. A sinistra il Lisser, la Forcellona, la Caldiera (ne vedo bene la cima ed indovino la mia posizione dell’ottobre - novembre 1916), Cima Undici, Cima dodici. Conforta il cuore però lo spettacolo di forza e di volontà indomita che il massiccio del Grapp a offre agli occhi attoniti. Fra l’altro vi è una galleria lunga oltre tre chilometri che si svolge sotto cresta ed arriva al Pertica, con lunghi sbocchi laterali, tutta illuminata a luce elettrica. Batterie dappertutto! Il fante tranquillo ed impassibile a gli spren – granaten che di tanto in tanto piovono come gragnola ride, scherza, mangia e dorme sotto la tenda addossata alle rocce … in attesa! Per arrivare al Grappa ci vuole un’ora e mezzo di automobile, si scende davanti l’imbocco della galleria e si pro c ede oltre in galleria o per la strada esterna. La strada magnifica si svolge lungo le balze, vi è un famoso girotondo detto il “cerchio della morte”, ove il terreno pare sia stato in convulsione tante sono state le buche onde è costellato. Faccio alcuni t i ri di aggiustamento ma ben poco vedo degli ovuli assegnati al mio Gruppo (Aspersorio, Anguilla, Catena Boccale, Briglia, Bomba, Borsa, Cucchiaio, Calorifero e Cartiera). Mi occorre assolutamente il concorso dell’osservazione aerea. Intanto, mentre credeva m o dopo pochi tiri di tornarcene a Sabbion ecco che proprio questa sera, alle 19, discendendo dall’osservatorio ricevo ordine dal Comando di Artiglieria 6° Corpo di portarmi subito, assieme ai Capitani, alla sede del Gruppo lasciando il rimanente sul posto . A voce il Colonnello Santangelo di quel Comando mi spiega che dobbiamo condurre sulle posizioni le batterie al completo. Mangio appena un boccone, alle 21 ci mettiamo in moto, col cuore palpitante nel fare in mezzo alla nebbia la ripida discesa del Grapp a fino a Romans Alto. Cessato il pericolo e la visione degli orridi salti di rocce, mi addormento. Sotto Vicenza incominciamo

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ad incontrare gli altri Gruppi e poco dopo incontro anche il mio. Non mi resta altro che cambiare vettura e fare dietrofront. Inso m ma una fatica inutile (una delle tante) che i Superiori Comandi potevano risparmiarci. Il guaio è che incomincia a piovere. Filo su Rosà ove aspetto le batterie e riesco a dormire un paio di orette in vettura. Dispongo il parco a Rosà, faccio avanzare le B atterie verso Romans Alto ed io vado a prendere ordini al Comando artiglieria 6° Corpo (Villa Armeni). Raggiungo le Batterie che son già molto avanti sulla salita del Grappa. Per fortuna il tempo è tornato bello ed arriviamo di giorno all’Osteria di Piose , ove possiamo prendere una prima provvisoria sistemazione. Io seguito ad approfittare della ospitalità del Capitano Nielli (132^ Batteria d’Assedio, 44° Gruppo Maggiore Castro), ma la totalità degli Ufficiali è sotto la tenda. Ricevo un po’ di posta arret r ata di casa. Le notizie son buone e mi confortano: mi sento sicuro sotto l’usbergo delle preghiere dei miei cari. È venuta dal Deposito 7° l’autorizzazione di percepire l’indennità bagaglio; così fra breve riscuoterò 700 lire e farò una sorpresa a Ninucci a mia. Dio dei giusti, Dio di misericordia noi padri, figli, fratelli siamo a te affidati. Proteggici tu!

Domenica 29 settembre 1918

Il tempo si è rimesso. Ottima visibilità. Il cannonissimo (cannone da 149 A) spara per rompere le scatole all ’ inimico. Stab i lisco di non scendere e mi occupo del tiro di controbatteria, ma sono di continuo col monofono all ’ orecchio per parlare ora con Dagasso ora con i Comandanti di batteria. Vi sono altri ammalati della 17^ e 18^ che entrano all ’ ospedale. Non so più come anda r e avanti con tanti lavori in corso. Mancato arrivo di posta da casa: mio incazzamento e relativa scritturazione acro dolce a Ninuccia. Una cartolina e tre lettere in un mese!!!Verso le 13 ½ batterie nemiche di medio ed una di grosso calibro hanno aperto u n fuoco cadenzato nella regione Fornaci di Cornuda con la speranza di vendicarsi del cannonissimo che stamani ha arrecato disturbo ad un loro draken. Sono sempre annoiato e se non fossero le buone notizie della guerra sulle altre fronti sarei molto depress o . Ho finito di leggere qui all ’ osservatorio «La Riscossa» discorsi di Gabriele D ’ Annunzio. Belli non c ’ è che dire ma saturi di esagerazioni in tutti i versi!

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