Letteratura e cinema 2. Fogazzaro e Tomasi di Lampedusa
Lezioni d'Autore
Antonio Fogazzaro e Mario Soldati
Mario Soldati ha tratto dai romanzi di Antonio Fogazzaro tre film: Piccolo mondo antico (1941), Malombra (1942), Daniele Cortis (1947). Sono pellicole riconducibili al filone del calligrafismo cinematografico degli anni Quaranta, nato in opposizione al “cinema dei telefoni bianchi”. Caratteristiche di questo filone sono: accuratezza formale, volontà di armonizzare linguaggi espressivi differenti, attenzione alle
suggestioni culturali provenienti dall’Europa e, soprattutto, il forte legame con la narrativa ottocentesca.
Piccolo mondo antico - SCHEDA DEL FILM
Produzione: Italia, 1941, B/N, sonoro
Regia: Mario Soldati
Interpreti: Alida Valli, Massimo Serato, Ada Dondini, Annibale Bertone, Mariù Pascoli
Soggetto: Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro
Sceneggiatura: Mario Bonfantini, Emilio
Cecchi, Alberto Lattuada, Mario Soldati
Durata: 106’
Malombra - SCHEDA DEL FILM
Produzione: Italia, 1942, B/N, sonoro
Regia: Mario Soldati
Interpreti: Isa Miranda, Andrea Checchi, Irasema Dilian, Gualtiero Tumiati
Soggetto: Malombra di A. Fogazzaro
Sceneggiatura: Mario Bonfantini, Renato Castellani, Ettore Maria Margadonna, Agostino
Richelmy, Mario Soldati
Durata: 140’
Piccolo mondo antico: Il giudizio della critica
La rivista Cinema: apprezza la decisione del regista di effettuare le riprese proprio nei luoghi del romanzo, non condivide la scelta di un autore decadente. La rivista indica per il rinnovamento della cinematografia italiana il recupero della narrativa ottocentesca, ma privilegia la produzione verista, aprendo la strada alla stagione del Neorealismo. Lo stesso termine ‘calligrafismo’ ha
inizialmente un’accezione negativa, e sottolinea l’interesse eccessivo per gli aspetti formali rispetto ai contenuti.
Il Gattopardo: un caso editoriale
La pubblicazione del Gattopardo è un vero e proprio caso letterario. Inizialmente criticato da Vittorini e rifiutato per questo sia da Einaudi sia da Mondadori, viene pubblicato postumo nel 1958 da Feltrinelli su interessamento di Giorgio Bassani.
Il libro ha un enorme successo di vendite e vince il Premio Strega nel 1959. Giuseppe Tomasi di Lampedusa, morto un
anno prima dell’uscita del romanzo, aveva iniziato la sua stesura nel 1955.
L’ambientazione storica come metafora
L’opera ha l’apparente struttura di un romanzo storico ottocentesco e segue le vicende della famiglia dei Principi di Salina, dallo sbarco dei garibaldini al primo decennio del nuovo secolo. Il carattere naturalistico del romanzo, tuttavia, si limita all’ambientazione storica che, più che essere descritta e indagata, funge da metafora di una condizione esistenziale. La Sicilia, immobile nel processo risorgimentale, diventa il simbolo del fluire inesorabile
del tempo, di un senso incombente di declino e di morte.
La voce narrante
Il fulcro del romanzo non sono le vicende storiche, ma il percorso interiore del protagonista.
Il punto di vista della narrazione non è oggettivo, ma soggettivo e coincide con quello di don Fabrizio, principe di Salina, che osserva con occhio ironico e disincantato la fine di un mondo, quello dell’aristocrazia ottocentesca, e vede in questa fine un inesorabile presagio della propria stessa caducità.
Il Gattopardo segna la crisi del Neorealismo
Le caratteristiche del romanzo, vicine per sensibilità più a Man e a Proust che a Verga o Zola, inseriscono Il Gattopardo all’interno del filone del grande Decadentismo europeo. La critica inevitabile di Vittorini è indicativa di come il romanzo segni la crisi e la fine della stagione del Neorealismo.
Il Gattopardo - SCHEDA DEL FILM
Titolo originale: Il Gattopardo Produzione: Italia/Francia, 1963, colore, sonoro Regia: Luchino Visconti Interpreti: Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli Soggetto: Il Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa Sceneggiatura: Enrico Medioli, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Luchino Visconti
Musiche: Nino Rota Fotografia: Giuseppe Rotunno Durata: 205’
Le scelte di Visconti
Visconti opera dei tagli, discostandosi dalla trama del romanzo, ma mantenendo intatte le atmosfere di declino e morte. Utilizza tutti gli elementi del linguaggio filmico (inquadrature e montaggio, dialoghi e silenzi) per tradurre il tempo narrativo e il monologo interiore del romanzo. Contrae i tempi delle vicende narrate da Lampedusa (il romanzo abbraccia un arco temporale di mezzo secolo: dall’agosto 1860 al maggio 1910, il film dall’agosto del ‘60 al
novembre del ‘62) ed espande i tempi di alcuni episodi.
La macrosequenza finale
Molte riflessioni e suggestioni presenti delle parti ‘tagliate’ sono recuperate nella macrosequenza finale del ballo a palazzo Ponteleone, cui Visconti assegna un ruolo maggiore sia per durata sia per collocazione. La morte del Principe di Salina che nel romanzo avviene venti anni più tardi, attraversa simbolicamente tutta la macrosequenza. Lo sfarzo e la ricchezza della ricostruzione scenica sono utilizzate dal regista in chiave
espressionista e simbolica.
La morte di don Fabrizio
Nella scena in cui don Fabrizio cerca riposo e tranquillità nella biblioteca, contemplando il quadro di Greuze, La morte del giusto, vede riflessa la propria stessa morte e il senso di disfacimento. Poco dopo viene raggiunto da Tancredi e Angelica la cui bellezza e giovinezza viene a trovarsi così in contrasto e opposizione all’immagine della morte. L’ambiguo corteggiamento tra il Principe e la ragazza anticipa poi la scena del valzer: don
Fabrizio balla con Angelica, ma è come se ballasse con la sua stessa morte.
FINE
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