Tom Krause, barítono

Irwin Gage, pianoforte

In collaborazione con l’Unione Musicale di Torino

Nato a Helsinki, Tom Krause ha compiuto la propria prepara­ zione artistica all’ Accademia Musicale di Vienna, tornando poi nella sua città natale nel 1957 in occasione del debutto, avvenu­ to con un concerto liederistico. Avviata nel 1959 la collabora­ zione con l’Opera di Berlino, nel 1962 è entrato a far parte dell’ Opera di Stato di Amburgo e nel 1967 ha compiuto una tour­ née negli Stati Uniti culminata con un’esibizione al Metropoli­ tan di New York. Del 1968 è l’interpretazione del “ Don Giovanni” di Mozart al Festival di Salisburgo, che gli è valsa l’affermazione a livello europeo e l’inizio della carriera che lo ha portato nei maggiori teatri e festival internazionali. Impegna­ to, inoltre, in campo discografico (ha al suo attivo oltre 50 inci­ sioni) e radio - televisivo, negli ultimi tempi Tom Krause è particolarmente interessato alla divulgazione del repertorio lie­ deristico.

Irwin Gage è nato negli Stati Uniti, a Cleveland. Compiuti gli studi in pianoforte, letteratura e musicologia presso le Univer­ sità di Yale e del Michigan, si è poi trasferito a Vienna per fre­ quentare l’Accademia di Musica e Arti Figurative, dove ha seguito i corsi di . Intensa è la sua attività in veste di accompagnatore di prestigiosi cantanti, nel corso della quale ha collaborato, tra gli altri, con , Christa Lud­ wig, , Dietrich Fischer - Diskau e . Molteplici anche i suoi impegni nel campo della didattica, che vanno dai corsi di specializzazione per insegnanti alla formazione di interpreti liederistici, scopo quest’ultimo, per il quale nel 1979 ha istituito un’ apposita classe presso il Conservatorio di Zurigo. Franz Schubert (1797-1828)

l An die Musik D. 547 > 7 Ganymed D. 544 Wanderers Nachtlied D. 224 da “ Die Winterreise” D. 911 1 Der Lindenbaum j fo Der Musensohn D. 764

Richard Strauss (1864-1949)

¿Breit’ über mein Haupt, op. 19 n. 3 G^VAch, weh mir unglückhaftem, Mann, op. 21 n. 4 t ('¿Morgen, op. 27 n. 4 4i£Allerseelen, op. 10 n. 8 SwRuhe, meine Seele, op. 27 n. 1 /¿’ Zueignung, op. 10 n. 1

Jan Sibelius (1865-1957)

fl Demanten pa marssnön f li Den första kyssen ?l^Vilse 4 WTeodora ^TtVaren flyktar hastigt

Modest Musorgskij (1839-1881)

' Canti e danze della morte: Ninna nanna Serenata Trepak Il generale Non cessa di stupirci la sordità di Johann Wolfgang Goethe verso i grandi musicisti che misero in musica i suoi versi; fu crudele per Beethoven, forse solo amara per Schubert, assuefatto a con­ siderarsi marginale. Peraltro la natura di Schubert, in apparen­ za così levigata ma a ben considerare velata di impressionanti turbamenti, inquietudini, nere coscienze, non poteva non esse­ re irresistibilmente attratta da Goethe, altra natura d’artista sot­ tilmente iridato; la consapevolezza della predilezione va comunque più in là: “non si può negare che il genio poetico di Goethe ha contribuito molto al successo ” dice il compositore dopo una esecuzione felice. La resa perfetta e di una superiore semplicità dei Lieder su testi di Goethe divide con il poeta an­ che l’estetico desiderio di misurare il presente con la misura eterna degli antichi: così è la pregnante e frivola simmetria del Figlio delle Muse, così la corrispondenza fra contenuto e musica in Ga- nymed - necessariamente un po’ paludata, forse meno felice che nello stupendo Schwager Kronos - che non è affatto descrizione pittorica con nebbie e uccelletti ma più, è come se la musica vo­ lesse nominare la cosa stessa, secondo uno spasmo ben noto: il traforarsi dell’ accompagnamento irregolare dopo l’anelito ad un panico abbraccio, l’accordo sull’invocazione wohinl, e non si finirebbe. L’inverosimile forza espressiva diventa enorme nel Wanderers Nachtlied (Canto notturno del viandante), che into­ nato come un semplice canto popolare dallo Zelter, sì stimato da Goethe, diventa in Schubert l’impietrita dolcezza del distac­ co, si noti, tutto in tonalità maggiore. Fuori dal mondo goethiano il Lindenbaum (Il tiglio), dal ciclo Die Winterreise (Viaggio d’inverno), entrò immediatamente nel patrimonio culturale imperituro del popolo tedesco, per quella tenera e intima melodia che risulta - e lo fu fra gli impervi Lie­ der del ciclo al primo ascolto, per gli amici di Schubert - imme­ diatamente indimenticabile. La dilatata sollecitazione del ritornello si attua definitivamente in quei casi in cui, nel finale, una nuova idea musicale viene ad allargare improvvisamente i confini o inaspettatamente a colmarli, come anche in An die Mu­ sile, su testo dell’amico Schober. Certo, in confronto con la schubertiana capacità di cogliere in poche note il respiro del mondo, la estroversa munificenza so­ nora di Richard Strauss può apparire sospetta e pletorica: non ancora calata nel dubbio linguistico dell’ avanguardia storica, ap­ parentemente immune dalla temperie tardoromantica più sof­ ferente, e diversamente corrotta - appunto nel verso del sontuoso, del rutilante - fu a lungo tacciata di fasto superficiale e facil­ mente accattivante. Se ci si accosta invece alla musica di Strauss senza itinerari precostituiti e intenzioni, allora lo splendore non sottoposto a vaglio morale si rivela per ottima fattura, la ridon­ danza essendo a volte un’ottima qualità del retore. Nei Lieder come nelle opere si rintraccia un denso itinerario che molto dice sul mestiere di questo artista del primo ’900 ma ancora fin de siècle; nella prima raccolta op. 10 c’è ancora un’osservanza brahmsiana, ma tanto più effusiva, come nel delizioso Zuei- gnung, dolcemente perorante, o ne\V Allerseelen impregnato di sentimentalismo. Non molto si discosta l’ op. 19, in cui Breit iiber mein Haupt opera però rispetto a quel sentimentalismo una certa chiarificazione, decantazione. La prima raccolta che veramente introduce Strauss ad una più vasta e meritata rinomanza come liederista è l’ op. 27, che contiene alcuni dei suoi Lieder più riu­ sciti: Ruhe meìne seele con quel pesante e vischioso addugiare in rassegnazione di pesanti accordi pianistici e l’ovvio accento - ozioso trovarlo pedante - posto sull’aggettivo “ wild” , selvag­ gio, riferito alle tempeste dell’ anima; altro è il perfetto Morgen, cui un preludio e un postludio incorniciano - e agognano l’or­ chestra - la luce della spiaggia vagheggiata e il canto se ne inebria. Più giovane di Richard Strauss di nove anni, più di lui soprav­ vissuto a se stesso, è Jan Sibelius, compositore finlandese ap­ partenente in realtà ad una minoranza svedese; la sua personale osservanza tonale, il suo concetto di forma, un po’ fuori del tem­ po quando non ai margini dell’impero, lo portarono ad abdica­ re alla composizione trent’ anni circa prima della morte, intorno all’inizio degli anni trenta, nel pieno di un’attività di relativo successo non solo nazionale. Personaggio strano, Sibelius, se­ gnato da bizzarrie e repentini mutamenti d’umore nel carattere come nella musica, che è fatta di ossessive felici ripetizioni e ac­ costamenti, un modo lapidario di avvicinare soffici frammenti e brusche cesure; appariva un “ capriccioso colosso”, “ violen­ temente appassionato ” , “ un vichingo che non conoscesse esi­ tazioni né tenerezza e neppure un barlume di umorismo”. La sua proclamata naturalità - ma quanti paralleli più a Nord di un altro “ naturale” da lui amato, Bruckner - dovrebbe tro­ varsi a proprio agio nel Lied, in realtà meglio rappresentato in Finlandia da Kilpinen; fu forse, come per altre cose, un’ adesio­ ne di circostanza e forse una ricerca di immediato pubblico. I testi da lui scelti sono perlopiù di lingua svedese: il poeta Rune- berg, di una corrente romantica un po’ sentimentale e leziosa, che corrisponde comunque ad un suo certo sentimento del mon­ do: il Varen flyktar hastigt, scritto nel 1891, è una aneddotica variante del “ chi vuol esser lieto sia” , con il “ compianto” in tonalità minore e la risposta in maggiore su simile e diversa li­ nea melodica. La ripetizione testimonia una sostanziale sempli­ cità senza ricorso al folklore, i progetti descrittivi più ambiziosi - come nel Denfòrsta kyssen - ma la scelta è di una prevedibile ingenuità senza vergogna, com’è la “ rozza verginità dei canti runici” (Tammaro). Il senso della natura di Sibelius - che tra­ spare perennemente dai diari - è precisamente quello del Deman­ ten pa marssnòn (Il diamante sulla neve di marzo), semplicemente strofico, che fa capire come i suoi Lieder piacessero ad un altro liederista un po’ periferico rispetto ai grandi esiti del genere, Brahms. Infine Teodora ne è il contraltare, incursione in un mon­ do sensuale e cromatico raro, anche per l’instabile sensibilità ar­ monica del compositore. Non è peregrino vedere in queste romanze di Musorgskji - che tali sono i Canti e danze della morte, più che Lieder, per l’as­ sunto drammatico che il compositore focalizzò insieme con il poeta Kutusov, all’epoca suo convivente oltre che amico - una corrispondenza autobiografica, un pensare, che taluno vuole os­ sessivo, alla morte: morti due intimi amici negli ultimi due an­ ni, il pittore Hartmann dei Quadri di un ’esposizione e Nadezda Opocinina, il più profondo dei suoi legami affettivi, e sciolto il Gruppo dei Cinque nello stesso anno 1875, cosa che fu vissu­ ta dalla tormentosa sensibilità di Musorgskij non come il natu­ rale divergere di strade, ma come un tradimento alla causa, di cui lui fu personale interprete per la ricerca di materico e grezzo realismo nell’espressione dell’anima russa. Musorgskij ottenne dal poeta quella struttura di introduzione seguita dal monologo della morte sotto diversi ruoli che è co­ mune alle quattro liriche - solo nella prima, Ninna nanna, la se­ conda parte è in realtà un dialogo fra la madre e la morte -; le varianti fra il testo musicato dal compositore e quello pubblica­ to autonomamente dal poeta ci precisano la volontà espressiva di Musorgskij. A sottolineare il carattere beffardo, assurdo del- l’irruzione della morte nella vita, il carattere delle musiche scel­ te non è nient’affatto funebre: una ninna nanna, una serenata, una gaia danza russa, una marcia; la morte interviene sempre a colmare delle incapacità umane e, tranne che nel caso dell’ in­ tromissione della madre, c’è sempre un abbandono, quasi un desiderio di morte. Ma non si tratta della schubertiana sorella consolatrice: la musica ci dice, spettrale, il tradimento perpetrato da questa figura mascherata. Ma infine si tratta dell’unica pa­ cificazione consentita se pur livida: c’è un che di benevolente nel come la morte danza il trepak con il muzik, e la cullante me­ lodia finale è chiusa da un accordo di serenità; nel brano che ora è l’ultimo del ciclo, che fu in realtà aggiunto più di due anni dopo, il Comandante morte si presenta come pace, come bra­ mata - ironia musorgskijana - conclusione di una devastante bat­ taglia; nella Ninna nanna la sollecitudine della madre sembra quasi più rivolta verso se stessa, straziata dalla perdita, e l’ab­ braccio finale con cui la morte cavaliere conclude la sua Serena­ ta non è affatto estorto. Nelle asimmetrie della forma delle romanze il canto della morte è tuttavia intessuto di intervalli ricorrenti, di formule melodi­ che, mosse solo da varianti ritmiche per l’attenzione all’ accen­ to della parola. In tutte poi è inserita, ulteriore oggetto di quel realismo intenzionalmente cercato dal compositore, una melo­ dia se non popolare fortemente interiorizzata: il Dies Irae, uno stralcio dai Quadri, una melodia funebre della Chiesa ortodos­ sa, un inno dell’insurrezione polacca del 1863. Luciana Galliano Franz Schubert

An die Musik

Du holde Kunst, in wieviel grauen Stunden, Wo mich des Lebens wilder Kreis umstrickt, Hast du mein Herz zu warmer Lieb entzünden, Hast mich in eine beßre Welt entrückt!

Oft hat ein Seufzer, deiner Harf entflossen, Ein süßer, heiliger Akkord von dir Den Himmel beßrer Zeiten mir erschlossen. Du holde Kunst, ich danke dir dafür!

(Franz Schober)

Ganymed

Wie im Morgenglanze Du rings mich anglühst, Frühling, Geliebter! Mit tausendfacher Liebeswonne Sich an mein Herz dränght Deiner ewigen Wärme Heilig Gefühl, Unendliche Schöne! Daß ich dich fassen möcht In diesen Arm!

Ach, an deinem Busen Lieg ich, schmachte, Und deine Blumen, dein Gras Drängen sich an mein Herz. Du kühlst den brennenden Durst meines Busens, Lieblicher Morgenwind! Ruft drein die Nachtigall Liebend nach mir aus dem Nebeltal.

Ich komm, ich komme! Wohin? Ach, wohin?

Hinauf! Hinauf strebt’s. Es schweben die Wolken Abwärts, die Wolken Neigen sich der sehnenden Liebe. Mir! Mir! Alla musica

O arte sublime, in quante ore grigie, quando mi soffocavano le tristi vicende della vita m’hai acceso il cuore di caldo amore, m’hai rapito in un mondo migliore!

Sovente un sospiro del tuo salterio, un tuo divino dolce accordo m’ha schiuso un celeste mondo migliore; o arte sublime, io ti ringrazio!

(Trad. P. Soresina)

Ganimede

Nel fulgido mattino come ardi a me d’intorno, tempo di primavera, mio amato! Con voluttà dai mille modi preme sul mio cuore del tuo calore eterno il sacro senso, infinita bellezza! Oh, ti potessi stringere fra queste braccia!

Ahimè, sul tuo petto mi giaccio anelante e i tuoi fiori, la tua erba premono il mio cuore. Tu sopisci l’ardente sete del mio petto, gentile vento dell’alba! E mi porti il tenero richiamo dell’usignolo dalla valle nebbiosa.

Eccomi, vengo! Ma dove? Oh, dove?

In alto! In alto mi spinge una forza. Le nubi si librano in giù, le nubi piegano al desioso amore. A me! A me! In euerm Schoße Aufwärts! Umfangend umfangen! Aufwärts an deinen Busen, Alliebender Vater!

(Johann Wolfgang Goethe)

Wanderers Nachtlied

Der du von dem Himmel bist, Alles Leid und Schmerzen stillest, Den, der doppelt elend ist, Doppelt mit Erquickung füllest, Ach, ich bin des Treibens müde! Was soll all der Schmerz und Lust? Süßer Freide, Komm, ach komm in meine Brust!

(Johann Wolfgang Goethe)

Der Lindenbaum (da “ Die Winterreise”)

A m Brunnen vor dem Tore Da steht ein Lindenbaum; Ich träumt’in seinem Schatten So manchen süßen Traum. Ich schnitt in seine Rinde So manches liebe Wort; Es zog in Freud’und Leide Zu ihm mich immer fort.

Ich mußt’ auch heute wandern Vorbei in tiefer Nacht, Da hab’ ich noch im Dunkeln Die Augen zu ge macht. Und seine Zweige rauschten, Als riefen sie mir zu: Komm her zu mir, Geselle, Hier fin d ’st du deine R uh’! Nel vostro grembo in alto! Abbracciato e abbracciarne! In alto verso il tuo seno, padre, infinito amore!

(Trad. E. Castellani)

Canto del viandante notturno

O tu che sei del cielo, e ogni pena, ogni dolore acqueti, e chi è doppiamente misero, di doppia consolazione ricolmi, ah, io sono stanco di tutto questo affannarci! A che tanto dolore e tanta gioia? Dolce pace, vieni, deh, vieni nel mio petto!

(Trad. B. Tecchi)

Il tiglio (da “Il viaggio d ’inverno”)

Alla fonte, davanti al portone, vi è un tiglio; disteso alla sua ombra, facevo sogni d’oro. Nella corteccia incidevo tante dolci parole; lieto o triste che fossi, sempre la pianta m’attirava.

Oggi vi sono passato davanti nella notte oscura, al buio ho chiuso ancora gli occhi. E i suoi rami mormoravano, come per dirmi: vieni da me, amico: qui troverai la pace! Die kalten Winde bliesen Mir grad ins Angesicht; Der Hut flog mir vom Kopfe, Ich wendete mich nicht. Nun bin ich manche Stunde Entfernt von jenem Ort, Und immer hör’ ich’s rauschen: Du fandest Ruhe dort!

(Wilhelm Müller)

Der Musensohn

Durch Feld und Wald zu schweifen, Mein Liedchen weg zu pfeifen, So geht’s von Ort zu Ort! Und nach dem Takte reget Und nach dem Maß beweget Sich alles an mir fort.

Ich kann sie kaum erwarten, Die erste Blum’im Garten, Die erste Blüt’am Baum. Sie grüßen meine Lieder, Und kommt der Winter wieder, Sing ich noch jenen Traum.

Ich sing ihn in der Weite, A u f Eises Läng’und Breite, Da blüht der Winter schön! Auch diese Blüte schwindet, Und neue Freude findet Sich auf bebauten Höhn.

Denn wie ich bei der Linde Das junge Völkchen finde, Sogleich erreg ich sie. Der stumpfe Bursche bläht sich, Das steife Mädchen dreht sich Nach meiner Melodie.

Ihr gebt den Sohlen Flügel Und treibt durch Tal und Hügel Den Liebling weit vom Haus. Ihr lieben, holden Musen, Wann ruh ich ihr am Busen Auch endlich wieder aus?

(Johann Wolfgang Goethe) Il vento freddo mi soffiava in faccia, mi volò il cappello dalla testa; non mi voltai. Ora, varie ore di cammino mi separano; e ancora lo sento mormorare: là troveresti la pace!

(Trad. P. Soresina)

Il figlio delle Muse

Per campi e per boschi, fischiando la mia canzone, erro di luogo in luogo! E alla cadenza si anima e al ritmo si muove tutto l’essere mio.

Lo attendo con ansia il primo fiore in giardino, il primo fiore sull’ albero. È un saluto ai miei canti, e se l’inverno torna ricanto questo sogno.

Lo canto nello spazio, sulle distese di ghiaccio, l’inverno è tutto in fiore! Passa anche questo fiore e nuova gioia appare sui campi delle alture.

E non appena i giovani trovo vicino al tiglio, io li ravvivo. Il torpido garzone inorgoglisce e la fanciulla scontrosa danza alla mia melodia.

Voi date le ali ai piedi e per valle e colle spingete l’amato lungi da casa. O care leggiadre Muse, quando potrò di nuovo riposare sul suo seno?

(Trad. R. Fertonani) Richard Strauss

Breit’ über mein Haupt

Breit’ über mein Haupt dein schwarzes Haar, neig’ zu mir dein Angesicht, da strömt in die Seele so hell und klar mir deiner Augen Licht. Ich will nicht droben der Sonne Pracht, noch der Sterne leuchtenden Kranz, Ich will nur deiner Locken Nacht und deiner Blicke Glanz.

(Adolf Fiedrich von Schack)

Ach weh mir unglückhaftem Mann

Ach weh mir unglückhaftem Mann, Daß ich Geld und Gut nicht habe, Sonst spannt’ ich gleich vier Schimmel an Und fü h r’ zu dir im Trabe. Ich putzte sie mit Schellen aus, Daß du mich hört’st von weitem, Ich steckt’ein’n großen Rosenstrauß An meine linke Seiten. Und kän’ich an dein kleines Haus, Tat’ich mit der Peitsche schlagen, Da gucktest du zum Fenster’naus: Was willst du? Tät’st du fragen. Was soll der große Rosenstrauß, Die Schimmel an dem Wagen? Dich will ich, rief ich, komm heraus! Da tät’st du nimmer fragen. Nun, Vater, Mutter, seht sie an Und küßt sie rasch zum Scheiden, Weil ich nicht lange warten kann, Meine Schimmel woll’ns nicht leiden. Ach weh mir unglückhaftem Mann, Daß ich Geld und Gut nicht habe.

(Felix Dahn) Richard Strauss

Sparsi sul mio capo

Sparsi sul mio capo i tuoi neri capelli, chino su di me il tuo viso, nella mia anima si irradia così luminosa e limpida la luce dei tuoi occhi. Non desidero lassù lo splendore del sole, nemmeno la splendente ghirlanda delle stelle, io desidero soltanto la notte dei tuoi riccioli e il fulgore del tuo sguardo.

(Trad. L. Galliano)

Ah, guai a me infelice

Ah, guai a me infelice, senza soldi, senza terra; se no attaccherei quattro bianchi destrieri per correre al trotto da te. Li adornerei di campanelli, così mi sentiresti da lontano, e poserei un gran mazzo di rose a cassetta, accanto a me. Giunto alla tua piccola casa farei schioccare la frusta tu, affacciata alla finestra, chiederesti: Che cosa vuoi? Che significa il grande mazzo di rose? Come mai i destrieri alla carrozza? È te che voglio, griderei, vieni! E tu non chiederesti più nulla. Su babbo, mamma, guardatela, datele svelti il bacio dell’addio, ché io non posso attendere, non vogliono, i miei destrieri. Ah, guai a me infelice, senza soldi, senza terra.

(Trad. A. Casalegno) Morgen

Und morgen wird die Sonne wieder scheinen Und auf dem Wege, den ich gehen werde, Wird uns, die Glücklichen, sie wieder einen Immitten dieser sonnenatmenden Erde...

Und zu dem Strand, dem weiten, wogenblauen, Werden wir still und langsam niedersteigen, Stumm werden wir uns in die A ugen schauen, Und auf uns sinkt des Glückes stummes Schweigen...

(John Henry Mackay)

Allerseelen

Stell auf den Tisch die duftenden Reseden. Die letzten roten Astern trag herbei, Und laß uns wieder von der Liebe reden Wie einst im Mai.

Gib mir die Hand, daß ich sie heimlich drücke Und wenn man’s sieht, mir ist es einerlei Gib mir nur einen deiner süßen Bücke, Wie einst im Mai.

Es blüht und duftet heut auf jedem Grabe, Ein Tag im Jahr ist ja den Toten frei, Komm an mein Herz, daß ich dich wieder habe. Wie einst im Mai.

(Hermann von Gilm)

Ruhe, meine Seele

Nicht ein Lüftchen regt sich leise, Sanft entschlummert ruht der Hain; Durch der Blätter dunkle Hülle Stiehlt sich lichter Sonnenschein. Domani

Domani il sole brillerà di nuovo e sul cammino che percorrerò ci riunirà di nuovo, felici, in questa terra che respira il sole...

E scenderemo silenziosi e lenti verso la spiaggia larga e le onde azzurre, ci guarderemo, muti, negli occhi: muto silenzio di felicità...

(Trad. A. Casalegno)

Il giorno dei morti

Metti qui le resede profumate, porta qui gli ultimi astri rossi, e parliamo di nuovo dell’amore, come una volta, in maggio.

Dammi la mano, che io di nascosto la stringa; e se vedono, che fa? Dammi uno solo dei tuoi dolci sguardi, come una volta, in maggio.

Fiorisce oggi e profuma ogni sepolcro; un giorno all’anno è dedicato ai morti; Vienmi sul cuore, che io t’abbia di nuovo, come una volta, in maggio.

(Trad. A. Casalegno)

Riposa, anima mia

Non si muove neppure un lieve soffio; riposa il bosco in un dolce sopore; sotto la volta scura delle foglie scivola chiaro un raggio di sole. Ruhe, ruhe, meine Seele, Deine Stürme gingen wild, Hast getobt und hast gezittert, Wie die Brandung, wenn sie schwillt.

Diese Zeiten sind gewaltig, Bringen Herz und Hirn in Not- Ruhe, ruhe, meine Seele, Und vergiß, was dich bedroht!

(Karl Henckell)

Zueignung

Ja, du weißt es, teure Seele, daß ich fern von dir mich quäle, Liebe macht die Herzen krank, habe Dank.

Einst hielt ich, der Freiheit Zecher, hoch den Amethysten-Becher und du segnetest den Trank, habe Dank.

Und beschworst darin die Bösen, bis ich, was ich nie gewesen, heilig, heilig an ’s Herz dir sank habe Dank!

(Hermann von Gilm) Risposa, anima mia, riposa; tempeste selvagge ti hanno scosso, furori e tremiti ti agitarono, come la marea quando si gonfia.

Violenti sono i tempi, sconvolgono la mente e il cuore- riposa, anima mia, riposa, dimentica quel che ti minacciò!

(Trad. A. Casalegno)

Dedica

Sì, lo sai, anima cara, quanto soffro lontano da te; l’amore fa ammalare il cuore; abbi grazia.

Un giorno io, franco bevitore, levai alta la coppa d’ametista, e tu benedicesti la bevanda; abbi grazia.

E scacciasti l’influsso dei malvagi; finché io, per la prima volta, caddi senza peccato sul tuo cuore; abbi grazia!

(Trad. A. Casalegno) Jan Sibelius

Demanten pa marssnón (Il diamante sulla neve di marzo)

Sulla neve caduta un diamante scintilla luminoso. Mai ci fu una lacrima, un perla dal bagliore così radioso. Spinto da un misterioso desiderio scintilla così divino; contempla il sole non appena si alza. Ai piedi di un suo raggio rimane adorante, lo bacia con devozione e si dissolve in una lacrima. Oh felice destino amare l’alto lassù che sostiene la vita, scintillare alla luce del sole e morire quando sorride nel suo maggior splendore.

(J. L. Runeberg)

Den fòrsta kyssen (Il primo bacio)

Sull’orlo di una nuvola d’argento sedeva la stella del vespro. Dal crepuscolo del boschetto una ragazza le chiese: “ Dimmi, stella vespertina, cosa pensano in cielo se si da il primo bacio ad un innamorato?” . E la figlia dell’ombra del cielo fu udita rispondere: “ L’intera moltitudine degli angeli guarda giù alla terra e vede riflessa la propria beatitudine. Solo la morte volge via gli occhi e piange” . Teodora

Fruscii di seta, balenìi di rubino, onde di broccato d’oro, splendono. La notte è calma, la luna piena brilla splendente sulla fiera città dell’imperatore.

Le ombre cadono immense sulle lastre di levigato marmo delle strade. Ella viene, Fimperatrice, s’approssima nella tremula luce lunare.

Nella notte, ecco, Teodora s’avvicina al mio luogo di piacere, dove le rose d’oriente sono rosse come sangue e lieve sussurra l’acqua della fontana e il plenilunio avvolge carezzevole la statua d’Astarté.

Scivola lentamente lentamente, il suo passo geme sulla sabbia dei viali, protende le membra frementi all’insaziabile fuoco di ardenti desideri.

Teodora, voglio baciare le tue labbra padrone, che al contempo rispondono e sorridono, imperatrice, voglio baciare le tue labbra sdegnose, gelide e assetate, perfide e calde.

Voglio bere nei tuoi sguardi che travolgenti attirano, carezzare i tuoi capelli, d’oro profumati Teodora, voglio credere alle menzogne dei tuoi giuramenti, dimenticare le rovine del tuo passaggio.

(Bertil Gripenberg)

Varen flyktar hastigt (Veloce vola la primavera)

Veloce vola la primavera l’estate ancora più veloce. L’autunno indugia a lungo, l’inverno ancora più a lungo. Presto, voi splendide guance appassirete e non fiorirete più. Il giovane replica: “ Anche in autunno il ricordo della primavera può portare gioia, anche in inverno sono sufficienti i covoni dell’estate. Lascia che voli via la primavera, che le guance appassiscano come devono, ma adesso semplicemente amiamoci, semplicemente diamoci un bacio” .

Modest Musorgskij

Canti e danze della morte

Ninna nanna

Geme il bambino... La candela, cara, tremola fiocamente intorno. Dondolando tutta la notte la culla, la madre non si è assopita. Troppo presto la morte pietosa bussa con cautela alla porta! Sussulta la madre, volge lo sguardo indietro con ansia... “ Non aver paura, amico mio! Il pallido mattino già appare alla finestrella... Piangendo, struggendoti, pregando, ti sei affaticata. Suvvia, fai un sonnellino, io resterò per te. Tu non sei riuscita a placare il bambino. Io canterò più dolcemente di te ” . - “ Zitta! Il mio bambino si agita, combatte, straziando la mia anima! ” “ Ma certo presto con me si calmerà. Ninnananna, ninnananna” . - “ Le guancine impallidiscono, il respiro s’indebolisce... Ma taci dunque, ti supplico! ” - “ Buon segno, cesserà la sofferenza. Ninnananna, ninnananna.” “ Via tu, maledetta! Con la tua dolcezza tu distruggerai la mia gioia! ” “ No, io farò addormentare di un placido sonno il bimbo. Ninnananna, ninnananna. “ Abbi pietà, aspetta almeno un istante a finire la tua triste canzone! - “ Vedi, Si è addormentato al dolce canto. Ninnananna, ninnananna” . Serenata

Carezza incantata, notte profonda Oscurità ansiosa della primavera... Si illanguidisce, chinando la testa, la malata Sussurro del silenzio notturno. Il sonno non chiude gli splendidi occhi, La vita richiama al piacere, Ma sotto la finestrella nel silenzio di mezzanotte La morte canta una serenata. “ Nelle tenebre della schiavitù dura e stretta La tua giovinezza avvizzisce; Cavaliere sconosciuto, con forza miracolosa 10 ti libererò. Alzati, guardati, di bellezza La tua immagine splende diafana. Le guance rosee, il tuo corpo, La treccia ondulata come nuvole avvolgerà. Degli occhi attenti il profondo splendore È più chiaro delle nuvole e del fuoco; Per l’afa del mezzodì il respiro è pesante... Tu mi hai sedotto. 11 tuo orecchio è rimasto incantato dalla mia serenata. Il cavaliere è giunto per l’ultima ricompensa: È arrivata l’ora dell’estasi. È delicato il tuo corpo, incantevole la trepidazione... Oh, io ti soffocherò In stretti abbracci, il mio mormorio amoroso Ascolta!... taci!... Tu sei mia!”

Trepak

Bosco e radura, non c’ è gente intorno La tormenta di neve piange e geme, Sente come nelle tenebre notturne, Cattiva, nasconde qualcuno; Quand’ecco, infatti! Nell’oscurità la morte Abbraccia e accarezza un contadino, Con l’ubriaco balla il trepak, Canta nell’orecchio una canzone: Ohi, contadinello, misero vecchietto, L’ubriaco si è dissetato, si è trascinato per la strada, Ma la tormenta, la strega, si è sollevata, si è agitata, Dal campo nel fitto bosco per caso l’ha costretto ad entrare. Per dolore, angoscia e necessità uomo afflitto, Sdraiati, schiaccia un pisolino e addormentati profondamente, Mio caro! Io, mio caro, con la neve ti riscalderò, Intorno a te organizzerò un grande gioco. Sprimaccia dunque il letto, tempesta-cigno! Ehi, inizia tempaccio! Una fiaba tale che si protragga per tutta la notte, Affinché l’ubriaco si addormenti! Oh, voi boschi, cieli e nuvole, Tenebre, venticello e neve leggera! Crescete, con un velo di soffice piumino; Con esso, come con un bambino, ricoprirò il vecchietto... Dormi, amico mio, contadinello felice, È giunta l’estate, è fiorita! Sul campo il solicello ride e le falci riposano La canzoncina si diffonde, i colombi volano...

Il generale

Risuona la battaglia, risplendono le corazze, Stridono le avide armi, Corrono i reggimenti, corrono i cavalli E scorrono i rossi fiumi. Arde il mezzogiorno, gli uomini combattono; Declina il sole, aspra è la battaglia; Impallidisce il tramonto, ma si battono I nemici con furore e violenza. E scende la notte sul campo delle imprecazioni Le squadre nelle tenebre si sono disperse... Tutto si è calmato, e nella nebbia notturna Lamenti si sollevano verso il cielo. Allora, rischiarata dalla luna, sul suo cavallo da battaglia, Facendo biancheggiare le ossa, Appare la Morte e nel silenzio, Ascoltando i gemiti e le preghiere, Piena di altera soddisfazione, Come un condottiero sul luogo di battaglia Compie un giro tutt’intorno. Salita sulla collina, volge lo sguardo indietro, Si ferma, sorride... E sulla piana di guerra Risuona una voce nefasta: “ La battaglia è finità! Io ho vinto tutti! Soldati, tutti voi siete rassegnati davanti a me! La vita vi ha messi in discordia, io vi ho riappacificati! In armonia levatevi per la rassegna, morti! Con marcia solenne sfilate, Io voglio contare il mio esercito; Poi deponete in terra le vostre ossa, È soave riposare in terra lontano dalla vita! Gli anni si susseguono senza lasciar traccia, Nella gente svanirà anche il ricordo di voi. Io non dimenticherò ed ad alta voce su di voi Dirigerò un banchetto a mezzanotte! In una danza grave l’umida terra Io pesterò, affinché le ossa non possano abbandonare l’ombra sepolcrale per 1 eternità, Affinché voi non vi solleviate mai più dalla terra! ”

Le traduzioni di P. Soresina, E. Castellani, B. Pecchi, R. Fer- tonanieA. Casalegno sono tratte dal volume “Lieder”, edito da Vali ardi. leggere di musica

Il numero delle opere monografiche su Schubert disponibili per il letto­ re italiano è esiguo. Le biografie migliori a tutt’oggi reperibili, visto che quelle vecchie di Mary Tibaldi Chiesa (I) e di Edoardo Roggeri (2) han­ no segnato il passo dal punto di vista critico-metodologico, sono tra­ duzioni: quella affettuosa e delicata di Bernhard Paumgartner (3) e quella di un musicologo sempre affidabile come Alfred Einstein (4). Per stu­ diare il contesto storico e culturale in cui va collocato Schubert si potrà ricorrere ancora alt’Einstein (5) e all’ottimo libro di Renato Di Bene­ detto (6). Volumetto straordinario, unico e irripetibile, denso di intui­ zioni la cui fecondità oltrepassa i limiti del genere studiato, è quello di Mario Bortolotto (7). Riguardo Richard Strauss sempre a! Bortolotto il lettore può affiancare lo studio stimolante, condotto con piglio origi­ nale, di Vito Levi (8) e la biografia scorrevole alla lettura, ben docu­ mentata ma un p o ’ invecchiata di Otto Erhardt (9). Ricordiamo ancora un libretto asciutto e essenziale di Claude Rostand (IO) e una monogra­ fia corposa, minuziosa in tutto fuorché nelle analisi delle musiche, di Ernst Krause (11). Circa Sibelius è sufficiente citare il recente libro di Ferruccio Tammaro frutto di meticolose ricerche, strumento di studio completo e affidabile (12). Lettura distensiva sono gli aneddoti raccolti da un allievo del compositore, Bengt von Tòme (13). Su Musorgskij so­ no disponibili due vecchie biografie, affettuose e accurate, scritte da Mary Tibaldi Chiesa (14) e Oskar von Riesemann (15). Un volume di Gianan- drea Gavazzeni offre una panoramica spaziata sulla musica russa d ’Ot­ tocento (16); di grande interesse è l’originalissimo epistolario del musicista (17). Angelo Chiarie

(1) M. TIBALDI CHIESA, Schubert (la vita-l’opera), Treves- Treccani, Milano-Roma 1932 (792.E.6) (2) E. ROGGERI, Schubert. La vita-le opere, F.lli Bocca, Tori­ no 1928 (790.L.2) (3) B. PAUMGARTNER, Schubert, Mondadori, Milano 1981 (800.G.74/341.C.62) (4) A. EINSTEIN, Schubert, Sansoni, Milano 1970 (797.G.33) (5) A. EINSTEIN, La musica nel periodo romantico, Sansoni, Firenze 1952, pp. 123-144 (Civica Centrale 214.C. 18) (6) R. DI BENEDETTO, L’Ottocento I, EDT, Torino 1983, pp. 58-71 (803.G.19) (7) M. BORTOLOTTO, Introduzione al Lied romantico, Adel- phi, Milano 1984 (798.L.33) (8) V. LEVI, Richard Strauss, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1984 (803.E.87) (9) O. ERHARDT, Richard Strauss. La vita e l’opera, Ricordi, Milano 1957 (790.D.39) (10) C. ROSTAND, Richard Strauss, Editions Seghers, Paris 1964 (792.L.22) (11) E. KRAUSE, Richard Strauss. The man and his work, Col­ let’s Ltd., London 1964 (797.F.5) (12) F. TAMMARO, Jean Sibelius, Edizioni ERI, Torino 1984 (802.D.44) (13) B. von TÒRNE, Conversazioni con Sibelius, Monsalvato, Fi­ renze 1943 (792.E.20) (14) M. TIBALDI CHIESA, Mussorgsky, F.lli Treves, Milano 1935 (791.E.15) (15) O. von RIESEMANN, Mussorgski. La vita e le opere, Para- via, Torino 1938 (790.G.2) (16) G. GAVAZZENI, Musorgskij e la musica russa dell 800, San­ soni, Firenze 1943 (791.E. 13) (17) M.P. MUSORGSKIJ, Musica e verità nell’epistolario com­ mentato da A.N. Rimskij - Korsakov. A cura diF. D’Amico, Il Saggiatore, Milano 1981 (800.G.71) Completa l’indicazione bibliografica il numero di collocazione dei libri presso la Civica Biblioteca Musicale “ Andrea Della Corte , Villa 1 e- soriera, corso Francia 192. POZZO GROS MONTI S.pA - TORINO