NUMERO/241 in edizione telematica 4 MARZO 2017 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

…. come disse Matusalemme degli A zzurri il giorno dopo gli “Europei” di Belgrado

Così come all’inizio di ogni quadriennio stessa gara non significano una medaglia, olimpico si ripete l’allocuzione “ci vuole neppure in una rassegna di dimensione tempo”. D’altronde c’era da aspettarselo, al ridotta quale sono gli Europei indoor. di là delle esaltazioni umorali che può Nessuna sorpresa, sia chiaro, perché generare il singolo risultato positivo, che la nell’atletica contano le cifre. Ossia se gestione di Elio Locatelli non potesse iniziare abbiamo un centometrista che in nove gare a suon di medaglie. Così le certezze che ci corre in 10” netti è possibile che nella decima accompagnano dopo i campionati continentali riesca a fare 9”90, perché quel giorno tutto al coperto, disputati a Belgrado dal 3 al 5 gira dritto. E questo significa che, nelle prove marzo, sono soltanto due: la prima è che successive, tornerà a correre in 10” netti, ha compiuto l’ennesimo salvo nuove una tantum… E’ così da sempre miracolo in una carriera che, tra mille e soltanto la distorta filosofia di questi anni, infortuni, gli ha comunque riservato delle che porta a repentine esaltazioni oppure ad significative soddisfazioni e la seconda è che altrettanto rapide sentenze di condanna, la “il Direttore Tecnico dell’Alto Livello” (ci pensa diversamente. Il tutto nel segno della atteniamo alla pom superficialità, quella posa definizione stessa che alimenta i dei comunicati cosiddetti talk-show e federali) nella la loro ampia platea di capitale serba ha ascoltatori. preso atto in prima persona dello stato Sul dettaglio degli di salute del Euroindoor di Belgrado l’atletica italiana. siamo certi che, chi ha la bontà di leggere E con stato di queste note, sia salute definiamo ampiamente informato: anche l’animus nessuna sorpresa che pugnandi della anche la tivù di stato, maggior parte dei con i suoi canali sportivi nostri atleti se è ridotti ad uno solo, vero che in tre abbia trascurato giorni di gare, con l’evento, dedicandogli 22 atleti in pista o pedana, sono stati una programmazione minima. Un peccato, davvero pochini a migliorare, come dimostra intanto perché l’atletica ed i suoi risultati la tabella in coda, il limite personale o anche vanno per gli appassionati ben al di là dei solo quello stagionale. patrii confini (anche se vedere una maglia azzurra protagonista fa sempre piacere), ma Parafrasando la saggezza constatativa dei anche perché la coppia Franco Bragagna- nostri avi che hanno coniato il proverbio “una Guido Alessandrini sta trovando buon ritmo e rondine non fa primavera” si può dire che tre buona intesa, tralasciando quelle tiritere che saltatori in lungo oltre gli otto metri in una contraddistinguevano altri commentatori, con

SPIRIDON/2 esasperato tecnicismo valido probabilmente potrà anche essere differente, ma rimane la solo per pochi addetti ai lavori oppure vocazione ad impossersi in maniera ridicole argomentazioni di angoli di uscita, fraudolenta di ciò che non ti appartiene. Ci nei salti e nei lanci. piacerebbe a questo punto offrire un ipotesi Piuttosto – e qualcuno ha fatto bene a di soluzione, ma non ne abbiamo. Se non la ricordarlo nei commenti del dopo-gare – la certezza di provare disagio di fronte a certe gestione Locatelli ha già suscitato una prima performances – così come ci capitò anche ai polemica con quella scelta di impedire ad tempi di Pistorius e delle sue protesi artificiali di disputare la gara – che generano legittimi dubbi. individuale dei 400 – dove quanto meno avrebbe potuto maturare una significativa Doveroso chiudere queste righe con un esperienza – per preservarla per la staffetta, ringraziamento ad : se lo è inseguendo il sogno di un podio che non è guadagnato con una carriera da arrivato. E non tragga in inganno la protagonista, cui non è mai venuto meno un potenziale medaglia di legno del quarto atteggiamento di umiltà. Mai una parola fuori posto, visto che le nazioni in gara erano posto, mai una polemica, mai una giusto sei ed è stato mancato anche recriminazione se a batterla erano avversarie l’obbiettivo di ripiego del record italiano. che sarebbero poi cadute al controllo antidoping. Eppure Elisa ha regalato Parliamo d’altro. Scoprire che anche nella tantissimo all’atletica italiana e non soltanto pallavolo c’è il problema di chi ha in buona alla marcia, raccogliendo un’eredità pesante dose cromosomi maschili e sceglie, magari visto che prima di lei c’erano state fior di con un’operazione ad hoc, il sesso degli campionesse nostrane a far parlare del avversari con cui misurarsi, è ben poco “tacco-punta”. Ed anche nel momento che ha consolante ed apre l’ennesimo fronte di una annunciato il suo ritiro dall’agonismo, la matassa ben difficile da dipanarsi. Un po’ Rigaudo si è impegnata prima di tutto a come la storia dell’ematocrito che non deve ringraziare – a partire dal marito – chi superare quota 50: se uno è a 49 va tutto l’aveva assistita nella sua carriera. Brava bene, se è a 51 lo si considera dopato. Non ci Elisa, ci mancherai non soltanto come sentiamo neppure d’accordo con chi sostiene campionessa e ci auguriamo che chi verrà che il male minore sia quello di stabilire dei dopo di te riesca a far tesoro del tuo modo limiti ai quali attenersi, così come viene d’essere. fatto. Perchè, parafrasando il discorso, ci pare che se uno è ladro, lo è tanto che rubi una mela quanto un milione. Il peso del furto Giorgio Barberis

MEDAGLIE (1): l’argento di Fabrizio Donato (triplo). ALTRI FINALISTI (7): quarto posto per la 4x400 femminile (Lucia Pasquale, , , Ayomide Folorunso); sesto per Marouan Razine (3000) e (alto); settimo per Yeman Crippa (3000), Filippo Randazzo (lungo) e Giulia Viola (3000); ottavo per Yassin Bouih (1500). PRIMATI PERSONALI: Simone Cairoli nell’eptathlon con limite migliorato in due specialità, lungo e asta, e Giulia Viola sui 3000. PRIMATI STAGIONALI: Silvano Chesani (alto), Fabrizio Donato (triplo), Simone Cairoli (60 hs) e (60).

Si è disputata a Londra sulla Torre 42 la seconda tappa del Vertical World Circuit. Dopo la tappa d’esordio a Dubai della scorsa settimana la Vertical Rush ha visto al via un numero record di oltre 1300 atleti. Diversi gli italiani presenti al via che hanno ben figurato, su tutti Fabio Ruga 4’18” (La Recastello) che da specialista delle gare , ha colto un prestigioso terzo posto, superato solo da due “mostri sacri” della disciplina come il polacco Piotr Lobodinski, primo in 3’58” e il tedesco Tomas Dold secondo in 4’13”. Quarta piazza per Emanuele Manzi (Us Malonno – Team La sportiva) che sopravanza lo spagnolo Ignacio Cardona 4’33” il belga Bekkali e il britannico Sims. Buona prestazione anche degli altri azzurri al via con Davide De Maria (Atletica Centro Lario) tredicesimo in 5’15” e Antonio Zanella (Wittur Elevators Team) In campo femminile pronostici rispettati con Lenka Sbavikova che si impone con il tempo di 5’46”. Positivo quarto posto per Cristina Bonacina (Gp Talamona) che chiude la sua fatica in 6’20” e buona anche la prova dell’italiana “di stanza” a Londra Chiara Cristoni che chiude al tredicesimo posto in 7’02. Ora il circuito si prende una pausa in vista della prossima tappa di Parigi il prossimo 18 maggio.

SPIRIDON/3 fuori tema di Augusto Frasca

A margine dei campionati europei di Belgrado e delle analisi sull'evento continentale apparse all'indomani sui fogli, protagonista di un'eccellente frazione nella 4x400, Ayomide Folorunso ha giustamente diviso le attenzioni dei commentatori in compagnia con Fabrizio Donato, l'atleta definitivamente destinato a far parte di diritto dell'albo degli intramontabili nella storia dello sport nazionale. Tra le righe di un'intervista rilasciata per la Gazzetta ad Andrea Bongiovanni dall'estrosa studentessa di medicina, un dato, su tutti, ha incuriosito. Non un residuo polemico legato alla mancata iscrizione dell'atleta anche alla gara individuale, come nelle legittime premesse di Maurizio Pratizzoli, allenatore, e della stessa Ayomide, ma la citazione, nel corpo dell'articolo, del nome di una 'manager' cui presumibilmente sono affidate l'organizzazione della vita di società e le operazioni di trattativa e di ingaggio della ventenne tesserata per le Fiamme Oro. Stupisce l'apparente formalizzazione e la scontata normalità di un rapporto del genere in un comparto istituzionale, quale quello della Polizia di Stato, dove si riterrebbe rituale vedere affidata ad altri, tiro a caso, ad un assistente, un sovrintendente, un ispettore, la gestione di un'atleta in divisa. Accenno appena all'irrisione che Michel Platini era solito riservare ai calciatori incapaci di gestire autonomamente i propri affari, felici di lasciare fasce consistenti dei loro introiti al procuratore di turno. Resta lo stupore per una realtà dei gruppi sportivi militari che il semplice buon senso, prima ancora che elementari risvolti regolamentari, avrebbe impedito di nascere, e ancor più di crescere, in misure francamente imbarazzanti.

Continua frattanto il silenzio sulla cancellazione del secondo canale RAI dedicato allo sport, e su una impostazione aziendale, eticamente corrotta ed antropologicamente perversa, che ha quale scopo primo ed ultimo la consacrazione di quell'oppio dei popoli contemporaneo chiamato calcio. Mentre sul versante radiofonico, lasciando per limiti d'età la responsabilità dei servizi sportivi, Riccardo Cucchi affidava idealmente all'immaginazione collettiva, identitaria del massimo sogno professionale, la cronaca del 1908 dell'arrivo di Dorando sul traguardo londinese di White City, di tale scelte sciagurate di viale Mazzini e delle inevitabili conseguenze puntuale conferma è venuta da Belgrado: un ridicolo palinsesto messo in piedi dal cerebro di un contabile è stato peggiorato dall'assenza sul posto di Franco Bragagna e Guido Alessandrini, reclusi nello studio d'una sede Rai e in pratica impossibilitati a seguire e commentare correttamente l'evento, e da una scellerata regia televisiva – consuetudine da tempo ricorrente secondo piani editoriali internazionali che confliggono con la ragione – che nelle tre giornate ha prodotto il massimo sforzo per elevare il tasso d'ipertensione degli utenti non in condizione di raggiungere le immagini rilanciate dalla BBC o da Eurosport. D'altra parte, cosa attendersi da dirigenze che senza distinzione di rete e di orari hanno per tre giorni consecutivi aperto tele e radiogiornali aggiornandoci sulle vicende dello stadio della Roma, come se alle decisioni legate all'edificazione di un campo di calcio restassero appese le sorti e le esistenze di un paese doppiamente disgraziato, considerato che le belle notizie, come tali rare e sottratte alla normalità, diventano fatalmente notizia. Ѐ il caso di Mauro Felicori e di Massimo Osanna. Il primo è Direttore della Reggia di Caserta, il secondo Sovrintendente speciale della zona archeologica di Pompei. In zone di solito lasciate all'efficienza della malavita, all'inefficienza degli amministratori e alla cancrena, senza distinzioni di colore, delle peggiori componenti sindacali, con chiarezza d'idee e rispetto del prossimo questi due signori sono in poco tempo riusciti a ridare dignità a realtà culturali invidiateci dal mondo intero. Al punto, quando l'opportunità s'è fatta impulso fisico e obbligo morale, di strappare dalle mani di un custode impegnato in un'assemblea sindacale a sorpresa le chiavi necessarie per aprire cancelli sbarrati dinanzi a visitatori e turisti sbalorditi o indignati secondo temperamento, comunque impotenti. [email protected]

SPIRIDON/4

Salta chi zompa (e chi può) di Vanni Lòriga

Lascio ad altri il compito di giudicare il comportamento della squadra italiana ai recenti campionati europei indoor di atletica (diciottesima nel medagliere) e siccome amo la vita facile mi dedico ad esaminare il solo settore salti. Che ha salvato la spedizione con l’argento di Fabrizio Donato e che ha portato qualche punticino nella classifica a punti (decima l’Italia) con il sesto posto di Silvano Chesani nell’alto (2.27 in finale con 2.28 in fase di qualificazione) ed il settimo di Filippo Randazzo nel lungo (7.77 dopo il 7.89 che lo ha qualificato). Tutti attendevano di più da Jacobs e Howe, fuori dei giochi per pochi centimetri, ma siamo sicuri che i due hanno ancora buone frecce nel loro arco. Aggiungerò, per rimanere in tema salti, che il “multiplo” Sandro Cairoli si è migliorato (5841) con buoni lungo (7.55), alto (2.04) ed asta (4.70). Naturalmente chi non era a Belgrado ed è abituato a seguire “Mamma Rai” (con abbonamento prelevato alla fonte) poco ha visto delle gare più importanti, compresa la straordinaria impresa di Donato che avrebbe meritato ben altra attenzione. In compenso, sia pur di straforo, abbiamo seguito con vera simpatia il successo della lituana Airine Palsyte, al suo record di 2.01. Si è naturalmente ricordato che la prima donna a superare la misura fu , con i primati mondiali di Brescia e di Praga nell’ormai lontano agosto del 1978. Forse, nell’onda della memoria. non sarebbe stato superfluo rammentare che il primo italiano a volare a quella altezza fu, nel 1956, Gianmario Roveraro. Trattando di tempi passati non è mancato un cenno dedicato all’ultimo dei ventralisti, quel Vladimir Jashenko che fu dominatore nel 1978 dell’Europeo indoor di Milano vinto con 2.35, dopo una serie infinita di salti. Nella cronaca televisiva si è affermato che il suo prematuro ritiro dall’agonismo (incidenti, carichi di lavoro, alcolismo) abbia decretato la fine anticipata dello stile ventrale. Ma lo stesso Jashenko dichiarò, in una intervista esclusiva rilasciata al Corriere dello Sport (che ripubblichiamo), che lui non abbandonava il ventrale non per scelta ma per necessità. Una forma di grave scoliosi gli vietava lo stile dorsale. Tanto per la cronaca, senza dimenticare che (consultare gli studi di Carrozza e Villani) il Fosbury dona indubbi vantaggi, al punto che l’attuale record mondiale e situato dieci centimetri più in alto e che un centinaio di dorsalisti ha superato quello che fu il primato mondiale del grande e sfortunato Vladimir. .

SPIRIDON/5

Le interviste di Pino Clemente

Filippo Randazzo e l'atletica ‘divertimento'

Primo Nebiolo, in gioventù saltatore il lungo del Cus Torino e negli anni '70 ideatore dell'atletica spettacolo, si sarebbe entusiasmato ai salti nel 'salotto’ di del trio, Jacobs, Randazzo, Howe, 3 oltre gli 8 metri, un record nazionale all time. Filippo Randazzo è atterrato a metri 8,05, primato siciliano ed una delle migliori misure italiane di sempre. "Per me l'allenamento è un divertimento". Anni fa Totò Borgese (1), allievo dell'Isef, e comico nascente, borbottava a lezione: "Atletica Leggera? Quando vedo gli atleti allo Stadio delle Palme, 'assammarati' (inzuppati) di sudore e ubriachi di acido lattico, vorrei capire perché l'Atletica è Leggera. Chi rende leggeri gli allenamenti a Filippo è Carmelo Giarrizzo, il mentore di Valguarnera, in gioventù saltatore, metri 14,65 nel triplo (1981 a Messina), organizzatore con il fratello Filippo del Golden Jump, una giornata di salti in estensione nella pedana di Valgurnera, dove ancora si allena Randazzo. I Giarrizzo hanno fondato nel 1985 la Pro Sport Valguarnera 85 che ha festeggiato L’atletica va a Scuola con la presenza di Sara Simeoni. Il ciclo del Golden Jump è stato lungo, ricordiamo l’apporto del compianto Alberto Madella, marito e allenatore della triplista Luisa Celesia, di Luciano Mica, di Salvatore Mazzara, con l’allievo Salvatore Morello, di Giovanni Iucolano e del figlio Ferdinando Iucolano, di Sebastiano Roccaforte. Da Siracusa a Catania, a Palermo la ‘corda saltatoria’ sottesa anche da Nino Bertolino (Partinico-Palermo), maestro dei salti in estensione e in elevazione. Carmelo ha chiarito al suo allievo il senso del libro L'Atletica È Leggera, di Pino Clemente? C'è, in negativo, il riferimento a una gara di salto in lungo, il salto 'truccato' (2) di Evangelisti, metri 8,38, nel fatidico anno 1987 dei Mondiali a Roma. In positivo l'insostenibile leggerezza dell'atletica. L’atletica e la corsa, che ne è il fattore unificante può sollevare oltre la banalità del quotidiano, chi ne pratica il culto con animo puro, ma può anche - con la sua pesantezza reale (la meritocrazia impietosa, la relatività della conquista, la dura legge degli allenamenti, l’apparente latitanza dell’elemento ludico, la solitudine…) – far schiantare al suolo, oppure scostare da sé ed emarginare. C’è un misto di limpidezza e di mercenarismo settario; la cortesia dei «cavalieri antiqui», la gran bontà ariostesca, si va a mescolare – e in talune circostanze si incanaglisce – con il cinismo di chi vuole essere sempre vincente, a qualsiasi costo.Ma tutto il marcio passato, presente, futuro, tutte le brutture – sommerse ed emerse – non debbono far dimenticare che: il consolidamento e l’affinamento degli schemi motori di base; l’agonismo rivolto al miglioramento di sé stessi – oltre che alla competizione - l’esattezza delle valutazioni; la presenza di un codice morale rigoroso, sono altrettanti fattori di una insostituibile educazione alla vita. (L'Atletica È Leggera, Pino Clemente, editore Rosa D'Angelo, 1988).

(1) Salvatore Totò Borgese, Villabate, matrice Isef, master in Scienze Motorie, management, la sua vena umoristica. Dal 1980 è stato autore canoro (musica partenopea e italiana). Cantautore dell’album Gigi e la Maestra, canzoni e cabaret. 1998 Gigi e la Maestra ha riscosso un successo in tutta l’Isola. Il suo modello è stato Aldo Fabrizzi. Nel cast dei film: la Piovra 1995, I Giudici 1998, Malena 1999 ed altri film. Nel più recente ha interpretato il ruolo dell’Onorevole Salvo Lima. Il suo motivo dominante: “Ho sempre avuto la voglia di mettermi in mostra e ho capito che, usando la risata, facevo felice molte persone più sfortunate. (2) Il salto di fu allungato con una fraudolenta misurazione da metri 8,18 a metri 8,38. In tanti notarono l'errore, fra questi Elio Locatelli, attuale C.t. della nazionale. Furono coinvolti alcuni giudici di gara siciliani. Il 'trucco', la misura pre registrata nel prisma ottico posizionato sulla sabbia nell'impronta dell'atleta, era stato architettato dal C.t Enzo Rossi. Era la vendetta contro l'americano Myriks, che, in una gara indoor negli States, era stato spudoratamente favorito nella misurazione a danno dell'atleta italiano.

Filippo Randazzo, l'allenatore e la famiglia "Con Carmelo ci siamo incontrati per la prima volta nel 2010 a Valguarnera, ero stato avviato a San Cono, (a 46 km da Enna, a 20 da Caltagirone, 2774 abitanti) città natale dal mio prof di Educazione Fisica. Le prime gare non sono state di altissimo livello, anche se l'anno dopo nel 2011 ho conquistato l'argento nei Campionati Italiani di categoria.In famiglia siamo Cinque. I miei genitori, Antonino e Maria, mio fratello Carmelo (22) e mia sorella Carola (7). Il merito va anche ai miei genitori, che da sempre mi incoraggiano in tutto. Sono Fiamma Gialla e studierò per progredire nei gradi. Con Carmelo abbiamo un ottimo rapporto. Ripeto: le corse, i salti, le fatiche non sono un peso, ma un divertimento, perché attendo le emozioni che regala la Regina”.

SPIRIDON/6

Carmelo Giarrizzo, triplista in gioventù e 'calciatore' nel senso non solo metaforico.

Il dottor Carmelo aveva ultimato il lavoro di dirigente dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna e, a tarda sera, si è dedicato a noi.

-Quando ha capito che Filippo era un talento. ”Già da cadetto saltando 6,53 (2° al Criterium nazionale) e correndo in 9"0 gli 80 metri lasciava intravedere qualità non comuni. ma il primo vero segnale è stato a Jesolo quando, ai Campionati Italiani Allievi tirò fuori un inaspettato anche per me 7,56 che lo proiettava verso mete ed aspettative forse anche troppo (al momento) ambiziose. Infatti ho dovuto fargli comprendere che ogni ulteriore passettino in avanti avrebbe dovuto essere conquistato con impegno e dedizione”.

- È stato avviato con la polivalenza e la multilateralità? ”Ho sempre cercato di far praticare ai miei atleti più discipline. ma vuoi per la carenza delle nostre strutture e vuoi per il fatto che i primi due anni vedevo Filippo al massimo due volte a settimana, ho dovuto restringere spesso il campo di azione a specialità di salto e velocità. ma i miei atleti comunque utilizzano spesso (tuttora lo stesso Filippo ) esercitazioni analitiche e globali con over e ostacoli”.

-Gli piace studiare, diploma in… ”Filippo ha il diploma in Scienze Umane ed è iscritto al 1° anno di Economia alla Kore di Enna. lo studio non è in cima alle sue priorità ma confido che almeno un paio di esami quest’anno li sostenga”. La Kore, Università privata di Enna ha il corso di laurea in Scienze Motorie, chiediamo all'allievo e al maestro perché si è scelta l'Economia.Filippo: "Sono scarsi gli sbocchi professionali a Scienze Motorie, nella carriera in Finanza, Fiamme Gialle, la mia società, è importante apprendere le nozioni dell'Economia". Il maestro concorda.

-La velocità di base, come migliorarla "Spiace sentire da tanti osservatori ‘disattenti’ che Filippo sia lento o entri piano allo stacco. Nel lungo conta entrare veloci allo stacco e lui sviluppa VX di circa 10,2-10,3 mt/sec negli ultimi sei appoggi. La velocità é senz’altro migliorabile ma nelle rare uscite sui 100 ha corso in 10"79 (e in 10"88 con 3 metri di vento in faccia in piena rimonta e ad una spanna da Ragunì che non mi pare l'ultimo arrivato). E nei 200 ha corso in 21"68 due anni fa. Il tutto senza preparazione specifica e con la fase di partenza di un principiante"

- Come ha preso la decisione della Federazione di non convocarlo per Belgrado. "La Federazione non ha ritenuto di portarmi a Belgrado, ma Filippo ha acquisito una maturità e una capacità di gestione delle proprie sensazioni che la cosa non mi preoccupa minimamente. Altra cosa è invece saltare la misura di qualifica alle 9,40 del mattino. Per questo gli ultimi allenamenti di rifinitura li stiamo facendo proprio a quell’ora". Abbiamo lasciato la domanda e la risposta retro datate per mettere in luce la professionalità dell’allenatore e la maturità agonistica dell’allievo.

-Il pregio e il difetto più rilevante, tuo e di Filippo "Non saprei autovalutarmi; forse la pazienza è un mio pregio che spesso si rivela un difetto. dato che un bel calcio nel sedere dovrei darlo (solo in senso metaforico) a qualche atleta, così come se lo meriterebbe (fuor di metafora) qualche amministratore sordo ai bisogni dello sport e dell’atletica in particolare.

Il pregio di Filippo sta nella capacità di focalizzarsi su degli obiettivi e di perseguirli con accanimento. Il difetto nell’incapacità di gestire serenamente le inevitabili controprestazioni che possono capitare nella carriera di uno sportivo. ma se non fosse così cosa ci starei a fare io? Prof, spero di aver risposto come un buon allievo dell'Isef che non ho frequentato" . Approvato con il massimo dei voti e la lode!

SPIRIDON/7

Animula vagula, blandula... scelti da Frasca

Deve essere stata una terribile via crucis la cena di gala che, il 17 maggio 1999, Massimo D'Alema ha offerto al suo collega Gerhard Schroeder. Parlare della pace del Kossovo ingoiando una zuppa di fave e cicoria + un carpione di alici + lasagne dei due mari Ionio e Adriatico è stato infatti come officiare una cerimonia per esorcizzare i vivi dal tocco dei morti. Masticare, ancora, il tortino di cicoria ai ricci di mare e poi passare ai ravioli di cipolla con salvia e arancia grattugiata più che nutrirsi significa predisporsi al rigonfiamento eoliano, preparare una tempesta di vento. Il menu, culminato nell'aragosta di Gallipoli al rosmarino, sfarzosamente appesantita da pancotto di Altamura, aglio fresco e olive nere, è firmato dal cuoco di corte Gianfranco Vissani che lo ha realizzato portandosi dietro ben diciassette assistenti di cucina. Alcuni giorni prima della cena, le materie prime erano state caricate su un aereo e trasportate da Bari a Baschi, in Umbria, dove Vissani ha il suo ristorante. Qui il prodotto era stato lavorato e quindi ricaricato sull'aereo e rispedito a Bari dove è stato <> e servito alle delegazioni, tedesca e italiana, nei locali del ristorante Kursaal. Francesco Merlo (Catania 1951), L'Espresso, maggio 1999. Nel secondo secolo dell'era cristiana, l'impero romano comprendeva le parti più belle della terra e le regioni più civilizzate del genere umano. Antica fama, disciplina e valore proteggevano i confini di quella vastissima monarchia. Il mite ma possente influsso delle leggi e dei costumi aveva a poco a poco cementato l'unione delle province. I loro pacifici abitanti godevano e abusavano dei benefici della ricchezza e del lusso. Si conservava con il conveniente rispetto l'immagine di una libera costituzione: il senato romano sembrava possedere l'autorità sovrana, mentre agli imperatori erano affidate tutte le cure del governo. Dal 98 al 180 d.C. la pubblica amministrazione fu retta dalla virtù e dall'abilità di Nerva, Traiano, Adriano e dei due Antonini. Dalla morte di Marc'Aurelio, decadenza e caduta. Da Storia della decadenza e caduta dell'Impero Romano di Edward Gibbon (Putney 1737 – Londra 1794), Editrice <>, Roma 1981.

Io mi meraviglio che si possa polemizzare intorno allo sport femminile, circa la sua utilità e le sue conseguenze per la donna. Per conto mio dichiaro che dopo essere stata atleta e campione oggi sento di essere madre felice che non ha nulla da invidiare alle altre madri, sia per il mio stato di salute sia per i miei bambini, che sono nati e cresciuti sani e robusti. Posso anche dire che quasi tutte le mie colleghe di Aosta si sono sposate ed hanno avuto prole bella e sana senza inconvenienti. Lettera di Vittorina Vivenza Devoti - <> - ad Atletica Leggera, Rivista mensile illustrata della FIDAL, Anno II - N. I, 15 gennaio 1934 – XII, Direzione e Amministrazione: Roma - Stadio Nazionale, cent. 60.

Sherlock Holmes prese il suo flacone dall'angolo della mensola del caminetto e la sua siringa ipodermica da un elegante astuccio di marocchino. Con le dita lunghe e nervose infilò l'ago sottile e arrotolò la manica sinistra della camicia. Per un po' osservò pensoso l'avambraccio muscoloso e il polso, costellati di innumerevoli segni di punture. Alla fine, infilò con gesto deciso la siringa, premette il pistone e si abbandonò nella poltrona di velluto con un lungo sospiro di soddisfazione. Da Il segno dei quattro di Arthur Conan Doyle (Edimburgo 1859 – Crowborough 1930), Newton&Compton editori, Roma 2006.

Per quanto fallace e inesatta sia la definizione cristiana del teismo, è più vicina alla verità che non il credo di certi agnostici che non concepiscono alcun principio unificante del mondo. Thomas Henry Huxley (Ealing 1825 – Eastbourne 1895), da la variabile Dio di Riccardo Chiaberge (Torino 1947), Longanesi 2009.

Ma, se Dio non esiste, allora tutto è permesso. Da I fratelli Karamazov, di Fёdor Dostoevskij (Mosca 1821 – San Pietroburgo 1881). Mondadori editore, Milano 2001.

SPIRIDON/8

Paolo del Vaglio e l’angioletto Pigy

Appassionato di sport, è stato valente portiere giocando a pallone nel campetto oratoriano del Vomero; ove ha conosciuto soprattutto lo spiccato senso della gioia e dell’ottimismo ideati da Don Bosco. Ci riferiamo a Paolo del Vaglio, protagonista del disegno umoristico italiano; nato nel 1928, lo stesso anno di Topolino come amava ricordare. Attraverso le sue strisce umoristiche, artista, intellettuale e uomo di fede, in oltre settant’anni di carriera ha portato sulle pagine di quotidiani, settimanali e mensili angeli e diavoli, frati, poeti e comuni mortali. «Il mio è un umorismo esistenziale ispirato al cristianesimo – spiegava –. L’umorismo fa intravedere un altro punto di vista spiazzante, fa ridimensionare il vissuto, rendendolo più leggero, più soave. L’umorismo cristiano apre uno spiraglio di speranza. Vengo dall’Azione Cattolica, ove si è alimentata inizialmente la mia vena. Negli anni Cinquanta per l’umorista non c’è spazio. Quel poco che viene stampato è opera di un gruppo, i “disegnatori riuniti”, come Coco, Danilo, Morosetti, Manni e Carnevale che, ovviamente, non consentono ad altri di inserirsi. Mi restavano i giornali sportivi e fu proprio lì che incominciai». I personaggi? «Era una notte buia e tempestosa del 1965 e non riuscivo a dormire. Mi alzai e disegnai figure geometriche, ovali, triangoli... finché non mi venne fuori un angioletto, Pigy». Nome breve e calzante, ispirato a Pierluigi, cuginetto dei suoi tre figli; un biondino dall’aria angelica. «L’angelo buono e sagace che porta la saggezza in tasca, come una buona novella, con la fantasia del bimbo che sorprende e incanta, che non si può che amare. Perché è nato l’angelo? Semplicissimo, perché prima è nato un diavolo che avrebbe dovuto apparire sul Corriere dello Sport al tempo di Antonio Ghirelli. Non se ne fece niente e pubblicai le prime immagini di Pigy – che allora aveva le braccia – sulla Tribuna Illustrata diretta da Alfredo Pigna. Poi conobbi Avvenire al tempo di Valente e Narducci; quelle strisce, raccolte in volume (Pigy, Visual, Torino 1974), mi fecero vincere il “Dattero d’oro” a Bordighera e per il quale Il Corriere della Sera scrisse che “erano, per chiarezza di comprensione, il Charly Brown mediterraneo”». Il segreto di Paolo del Vaglio si è racchiuso nella capacità di comunicare. Un esempio? «Oggi è facile comunicare con gli altri» dice a Pigy l’angioletto-collega, che da Pigy si differenzia solo per il ricciolino in fronte. «Puoi servirti del telefono, del treno, dell’aereo, ci sono mille mezzi di comunicazione... Non è meraviglioso?» insiste l’angioletto-collega. «Cos’è allora che ti rende triste?». «L’incomunicabilità» risponde accorato Pigy. Grazie ai missionari salesiani Pigy viene conosciuto in tutto il mondo: «L’ho visto parlare in giapponese; chissà cosa diceva?» confidava del Vaglio. Una produzione sterminata. C’è il Dante Alighieri che dialoga con il capellone, realizzato per la Fiera letteraria; Frate Angelico, protagonista spassoso sul Messaggero di sant’Antonio; Tailù, un angioletto nero su Nigrizia; Gabriel, angelo teologo su Madre di Dio; il biblico Gerico su Jesus. E poi collaborazioni con Famiglia Cristiana, Il Giornalino, La Domenica del Corriere, Bollettino Salesiano, Il Mattino. Per trent’anni una sua vignetta ha accompagnato la pagina sportiva del lunedì presso la redazione Rai di Napoli. Gli esordi, giovanissimo, sull’indimenticabile Vittorioso, che aveva allora il mitico Domenico Volpi nelle vesti di caporedattore. Proprio Volpi, che mi ha onorato più volte della sua collaborazione ad “In Cordata DB”, la Rivista degli Exallievi di Don Bosco che ho diretto per un decennio, mi presentò Paolo del Vaglio con queste parole: «Un grosso teologo, ma in molti non lo comprendono. Un “teologo della battuta”, che allieta i lettori con un humour semplice ma immediato. Il suo “umorismo cristiano” consiste nel colpire il male senza offendere la persona». Rideva anzitutto di se stesso. La battuta «Nacqui, senza saperlo, a Napoli nel 1928» è divenuta il titolo di un suo libro (ediz. Il pennino, pp. 80, € 15). Quel signore distinto, sempre accompagnato dalla moglie Bruna «era un uomo vero e tutte le sue battute, come le sue vignette, hanno sempre avuto un sapore delicato, un tocco leggero, degli spunti per riflettere con un sorriso». È un brano estrapolato dalla prefazione scritta da Dino Aloi proprio per “Nacqui senza saperlo”. Paolo del Vaglio ci ha lasciato a 86 anni e riposa sull’Altopiano di Asiago. Non si è mai dimenticato quel... campetto oratoriano al Vomero. Guarda caso, il suo formidabile archivio, scatoloni di originali e ritagli, è finito proprio ai Salesiani. I custodi sono loro... PIERLUIGI LAZZARINI Exallievo e storico di Don Bosco

SPIRIDON/9

Il nostro collaboratore ed amico Daniele Poto ha pubblicato “Penultima spiaggia” (L’Erudita editore, 180 pagg.), una piccola guida alla sopravvivenza nella società contemporanea, un utile ripasso di educazione civica politicamente corretta in 121 voci. Una piccola guida ma soprattutto uno straordinario strumento per capire la situazione attuale della nostra Italia. Nel volumetto si alternano infatti voci alte (mafia, corruzione) e basse (parcheggiatore abusivo, moda) in un mix di consigli di tutti i giorni nel mare magnum di una società italiana in perenne emergenza. Il libro, scritto in maniere leggera ed accattivante nello stesso tempo, cerca di individuare una bussola che ci consenta un cammino meno precario e spinoso. Il volumetto è disponibile sulle principali piattaforme librarie (Amazon, Ibs), richiedibile nelle librerie indipendenti o direttamente all’autore ( alla mail : [email protected])

COMPLIMENTI GUSTAVO E’ stata conferita a Gustavo Pallicca la “Quercia di 3° grado”, la massima onorificenza conferita da Federatletica. Un riconoscimento meritatissimo che riconosce la lunga attività svolta nel corso degli anni nell’ambito dell’atletica leggera. Nato a Torino, cresciuto a Pistoia, vive da anni a Firenze. Dal 1962 è giudice di gara della Federazione Italiana di Atletica Leggera e dal 1971 è starter nazionale. Nel 1976 è stato nominato giudice di partenza internazionale. Ricca la sua produzione libraria per la quale ci piace ricordare : “Ai Vostri posti, pronti, via”, una biografia di anche se ‘opera più importante sono i tre volumi sulla “Storia dei 100 metri ai Giochi Olimpici” usciti nel 2006, nel 2009 e 2015.Un lavoro di mole ed importanza notevolissime. E’ stato inoltre coautore con Roberto Quercetani di un libro sulla storia della velocità, scritto per conto della I.A.F. (International Athletic Foundation). Nel 2014 il CONI gli ha conferito la Stella d’Oro al merito sportivo

Questo non è un Paese povero, è un povero paese

L’altra notte nel lodigiano quattro malviventi, probabilmente slavi (chi lo avrebbe mai detto) hanno cercato di entrare nel ristorante “Osteria dei amis”, che è anche bar e tabaccheria, per rubare. Il titolare, Mario Cattaneo, 67 anni, che vive sopra il locale, dopo aver sentito divellere una saracinesca, si è alzato, è sceso e ha scoperto i ladri. C'è stata una colluttazione nel corso della quale dal fucile da caccia (regolarmente denunciato) è partito un colpo che ha colpito uno dei malviventi. I complici avrebbero cercato di portare via il ferito ma poi lo hanno lasciato nei pressi del locale. Come hanno abbandonato sul retro un sacco pieno di sigarette che sarebbe dovuto essere il provento del furto. Cattaneo si trova ora ricoverato all'ospedale Maggiore di Lodi con lesioni a un braccio e a una gamba. Sarà molto probabilmente sentito nelle prossime ore dagli inquirenti. Stia tranquillo perché in questo povero paese cleptofilo bene che gli vada si beccherà una esemplare condanna da una giustizia bigotta..

“Scarpinata i' Granocchio” a Agliana (Pt)

Un buon numero di podisti si è dato appuntamento e nella gara competitiva di 13Km. vinta in 44'08” da Andrea Tobaldini (Atletica Firenze) che preceduto di 2'50” Ascanio Andreotti (Silvano Fedi) e a 3'07” Andrea Brachi (Bradipi di Migliana) seguito da Alessio Bonacchi (Toscana Atletica ) ed Alessio Gai. Fra le donne 1° Veronica Vannucci (Atletica Castello) in 51'03” terminando 3' prima di Stefania Bargiacchi (Silvano Fedi). Fra i veterani successo di Stefano Costagli in 49?57” seguito da Giorgio Santoni e Alessandro Giovannetti mentre nella Categoria Argento si è imposto Claudi Chiti.

SPIRIDON/ 10

Il racconto del mese

Stavo seduto sopra una panchina con il cuore in tumulto. L'oggetto della mia agitazione era una donna dai capelli biondi in maglietta e jeans che sorreggeva una bicicletta rosso fiammante e porgeva del denaro alla commessa della gelateria. Esitai ancora qualche secondo poi mi alzai, così finimmo sulla stessa panchina a parlare. Quel che ricordo non furono certo le banalità che ci scambiammo, ma piuttosto gli sguardi furtivi sui nostri volti segnati dal tempo, sui miei capelli candidi e sui suoi biondo tinto. Prima di lasciarci, mentre mi scoccava il bacio di rito sulla guancia, lei sussurrò: «Oh... Io e te...». Ignorai quello che si era lasciata sfuggire e rimasi lì a guardarla, impalato sotto il sole, in un angolo di quella piazza dalla grande fontana. Anche lei mi fissava, immobile, come si aspettasse da me un'iniziativa, un gesto qualsiasi. Mi diede ancora un po' di tempo aggiustandosi gli occhiali da sole. Infine non le rimase che montare in sella, ma prima di partire, con una smorfia indecifrabile, aggiunse lapidaria: «Non sei cambiato...». Rimasi lì a guardarla, incapace di ribattere. Il passato è alle spalle, superato, irripetibile, tuttavia non potevo nascondere a me stesso la stranezza di quel momento: quella scena io l'avevo già vissuta. Intanto la osservavo allontanarsi sulla sua bicicletta rossa.

L’ufficio, situato all'ultimo piano della divisione tecnico - amministrativa, era pieno di mobili accatastati. Quello spazio, un tempo archivio, era diventato, dopo la rivoluzione informatica dell'azienda, un deposito fatiscente. Conteneva scrivanie, armadi ricolmi di pratiche superate, un gigantesco divano in pelle beige e alcuni tecnigrafi. Due vecchie fotocopiatrici giacevano sopra ad una macchina cianografica dismessa e altre cianfrusaglie, di cui non si capiva la passata utilità, stavano le une sopra le altre alla rinfusa. Una parete del locale testimoniava i segni dell'abbandono attraverso alcune macchie d'umidità, dovute a probabili infiltrazioni nel solaio, che ne stavano intaccando l'intonaco. Gli infissi non se la passavano meglio e le tende erano state addirittura tolte. Eppure, in quell'ambiente buio, inerte e polveroso, qualcosa si stava agitando sull'enorme divano. C'era un temporale in arrivo. La tempesta, preannunciata sin dal mattino da cumuli nembi e brontolii, era sempre più vicina. Dalle ampie finestre con le imposte chiuse la luce vivida dei lampi riusciva a illuminare brevemente i nostri corpi avvinghiati. Come fossimo arrivati a quel punto non l'ho mai capito. Quello che ricordo con chiarezza è che in quel periodo avremmo potuto farlo anche sopra una panchina dei giardini pubblici. A volte le passioni sono incontrollabili, oltre che incomprensibili. Prima ci incalzano, poi ci afferrano annullando la nostra volontà e alla fine ci trascinano con veemenza verso sogni fatui e destini inimmaginabili. Ci stavamo baciando quando tolsi le mani dal suo seno per continuare lungo i fianchi. L'atmosfera da tragedia gotica, suggerita dall'estemporaneo arredo e dal tempo infame, non era il massimo per quello che stavamo facendo. Chiari di luna o sottofondi musicali non avrebbero certamente guastato in quei momenti, ma, in una storia del genere, tali romanticherie non erano previste. Alla fine, esausti, ci ricomponemmo ai lati opposti del divano, chiusi nei nostri pensieri. Lei si alzò per prima e si diresse verso un armadio metallico. Io, invece, dopo aver acceso l'ennesima sigaretta della giornata, mi distesi nuovamente. Supino, con le mani dietro nuca, la osservavo con calma nella penombra, tra una voluta di fumo e l'altra, a sua insaputa. La chioma bionda e ondulata le cadeva graziosamente sulle spalle mentre l'ampia camicia e la gonna, attillata ai fianchi, delineavano la sua linea squisita. Avrei voluto afferrarla, stringerla ancora tra le braccia ma non c'era più tempo, neanche per un bacio. Abbandonai quindi l’insano proposito e mi alzai. Con gesti decisi lei estrasse i due raccoglitori che avrebbero costituito il nostro alibi per la prolungata assenza. Si trattava di pratiche obsolete che avremmo fatto finta di consultare nei nostri uffici. La trovata funzionava, almeno fino a quel momento. Poi, come al solito, lei sarebbe uscita per prima e io avrei aspettato qualche minuto prima di imitarla. Quel giorno non andò esattamente così. Lei si fermò sulla porta... Mi parve indecisa... Pensai avesse dimenticato qualcosa, invece sbottò con una sorta di grido soffocato: «Ma tu, quanto mi ami?». Non me l’aspettavo, completamente spiazzato presi tempo. La sua espressione, normalmente assorta, era repentinamente mutata. I suoi occhi castano chiaro, in quel momento serissimi, avevano smarrito gli abituali riflessi dorati e mi stavano incalzando. Mi sentii con le spalle al muro. Lei aveva un marito e io una moglie, santo cielo! Un senso di soffocamento, come un nodo alla gola, mi impedì di articolare alcunché e così persi altro tempo prezioso La mia esitazione fu fatale, perché lei abbassò lo sguardo, volse le spalle e uscì. Sentii, nel corridoio, il ticchettio dei suoi tacchi confondersi con lo scrosciare impetuoso della pioggia. La luna di miele era finita. Quella domanda senza risposta avrebbe creato, nel tempo, un solco insuperabile e tra di noi niente sarebbe stato più come prima.

SPIRIDON/ 11

Ritornai in me, sotto il sole, in un angolo di quella piazza dalla grande fontana, incurante dei passanti che mi sfioravano con sferzante indifferenza. Mi domandai perché mai non avessi pensato di chiederle un numero di telefono oppure una mail. Non mi venne in mente alcuna risposta, tanto per cambiare. Ad ogni modo, era troppo tardi per qualsiasi cosa: la sua sagoma, ridotta ad una macchia indistinta, stava per svanire in fondo al viale affollato. Infine, l’esile traccia scomparve definitivamente e con essa quel dolce frammento della mia giovinezza.

Ermanno Gelati

CALCIO «Si sono portati via il cuore di tutti» Così il cuorgnatese Carlin Bergoglio raccontava, sul Tuttosport, il funerale del «Grande Torino»

Oggi, 4 maggio, si ricorda la tragedia di Superga, dove nel 1949, perì, a seguito di un incidente aereo, la squadra del «Grande Torino». Una delle squadre di calcio più forti al mondo che ha scritto pagine di storia indelebili per tutti gli amanti di questo sport. Anche per chi non ha mai tifato per i granata. Affidiamo il ricordo del Grande Torino all'articolo che Carlin Bergoglio, giornalista e pittore di Cuorgnè,ex allievo salesiano, scrisse il giorno dopo i funerali sul Tuttosport, giornale che lo nominò direttore in seguito alla scomparsa di Renato Casalbore, fondatore del quotidiano, perito proprio nella tragedia di Superga insieme alla squadra del Grande Torino.

«Li abbiamo visti venir giù dallo scalone del Juvarra nell’atrio di Palazzo Madama. E come non mai abbiamo avuto contezza dell’immensità della catastrofe. Interminabile ci è parsa a un certo momento la fila. Venivano giù racchiusi nelle bare di legno chiaro (come brillava il Crocifisso sul tricolore!) portati solennemente a spalla dai compagni, dagli amici, dai colleghi, Mazzola, il gran capitano del Torino e della Nazionale, era esclusivamente portato dai nazionali ed ex nazionali (Baloncieri, Rossetti, Campatelli, Lorenzi, Becattini... azzurri d'ogni età e d'ogni paese) e davanti veniva Vittorio Pozzo, facendo largo. Una bara, forse quella del più giovane giocatore della Squadra campione, era portata religiosamente dai ragazzi del Torino in maglia granata; e ci parve di sentire, lontana, la marcia funebre di Sigfrid. Casalbore era sulle spalle dei colleghi e dei collaboratori che per trent'anni avevano lavorato con lui e che per ciò più l'adoravano. La bandiera ungherese e la bandiera inglese, oltre quella italiana, era sulle casse di Erbstein e di Lievesley... PUBBLICITÀ

Scendevano ad uno ad uno, lentamente, tra i cordoni d'onore degli ufficiali dei carabinieri in alta uniforme; e dietro ciascuno venivano i parenti in lacrime, coi primi fiori, e davanti a tutti il lavaro della più anziana società d'Italia, il dai nove scudetti. Un corteo che pareva non finir più. Dall'alto dello scalone opposto, tutti ci segnammo per trenta e una volta; trentun anno ci parve quella mezz'ora, tanto fu angosciosa.

Prima, nella vasta camera ardente erano stati salutati dai discorsi delle autorità governative e municipali, dei rappresentanti della Federazione, del Torino, della stampa. Commovente era stato quallo di Barassi. Egli aveva parlato agli atleti racchiusi tutt'intorno (sorridevano i loro ritratti sulle bare) come se sentissero, e ci

SPIRIDON/12 era parso veramente che sentissero. Aveva assegnato ad essi, ufficialmente, il quinto scudetto consecutivo, li aveva premiati simbolicamente per nome, uno per uno, chiamando anche i giornalisti, i dirigenti, gli uomini dell'equipaggio, infine aveva chiamato Mazzola: «La vedi questa bella coppa? La vedi com'è bella? E' per te, è per voi. E' molto grande, è più grande di questa stanza, è grande come il mondo: e dentro ci sono i nostri cuori».

Fuori tutta Torino attendeva. Assiepata in doppie profondissime file lungo tutto il percorso del funerale, aveva reso deserte le altre strade, le altre case. Aveva pianto all'ultima premiazione di Barassi diffusa dagli altoparlanti, ora attendeva i suoi campioni per l'estremo saluto; e quelli in prima fila avevano i fiori pronti in mano. Nella gran piazza Castello, gremita e silenziosa, la gente si sporgeva dai davanzali, dagli abbaini, dalla torre, dagli alti balconi di San Lorenzo; era sui cornicioni, sulle armature della pubblicità sui tetti, ovunque era possibile stare in piedi.

Quando son comparse le salme un lungo brivido ha pervaso gli astanti. Giovani e vecchi singhiozzavano, molti son caduti in ginocchio, mentre le bare si susseguivano e venivano caricate sugli autocarri verniciati di nuovo. Poi i fiori le hanno ricoperte, le innumerevoli corone sono state caricate sulle vetture al seguito, il corteo si è formato facendo il giro della piazza. In testa venivano subito i "ragazzi" del Torino e della Juventus nelle loro divise di gioco, coi loro vessilli. Poi le autorità e tutte le società italiane. Tutti avevano voluto essere presenti per l'ultimo saluto. I giovani, i ragazzi, i bimbi erano in prima fila, nelle strade dove il corteo passava. E quanti operai, quanti in ginocchio al passaggio! E quanti fiori dalle finestre e dai balconi, quante lacrime!

I Caduti si sono portati via, al passaggio, il cuore di Torino. Uno spettacolo indimenticabile. Siamo vecchi torinesi, ma non ricordiamo di aver mai visto nulla di simile, una unanimità così commossa, una vibrazione così profonda. E' stato come un grande abbraccio collettivo. E il simbolo l'hanno offerto gli stessi ragazzi del Torino e della Juventus, al termine del corteo, in piazza del Duomo. Si è visto allora il piccolo alfiere granata e il piccolo alfiere bianconero abbracciarsi spontaneamente piangendo, confondendo i gagliardetti. Oh, i cari ragazzi! Ora le salme, benedette, riposano in pace. Torino aveva questa gloria e in un attimo l'ha perduta. Cercherà di ricostruirla perché è citta salda e tenace. Ma sia il sacrificio, oltre che incitamento per noi, monito per tutti. Solo così non sarà stato vano...». (Carlin Bergoglio)

FOTO D’EPOCA - riceve posta da casa nel ritiro di Berlino 1936