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Moranino.Pdf LUIGI MORANINO Il primo inverno dei partigiani biellesi Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli” La riedizione del volume è stata realizzata con il contributo della 1a edizione: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Vercelli e Associazione nazionale partigiani d’Italia. Comitato zona “Cossato - Valle Strona”, 1994 2a edizione, in formato elettronico: Istituto per la storia della Resistenza e della società con- temporanea nelle province di Biella e Vercelli, 2010 Varallo, via D’Adda, 6 Sito web: http://www.storia900bivc.it E-mail: [email protected] In copertina: Il distaccamento “Bandiera” in regione Pratetto (Tavigliano) nel gennaio 1944 Prefazione alla seconda edizione Siamo nati per leggere. Non è soltanto lo slogan, felice e fortunato, di un program- ma promosso dall’alleanza tra bibliotecari e pediatri e proposto alle scuole italiane a partire dagli asili nido, è l’affermazione di una funzione che è propria di quanto di più prezioso e complesso possediamo come specie, cioè la mente. Non si vive per leggere, ma si legge per vivere consapevolmente: la lettura è ciò che serve per conoscere, per arric- chirci interiormente, per alimentare con il pane della sapienza il nostro bisogno di ele- varci oltre la semplice vita animale. L’avvento delle nuove tecnologie ha cambiato profondamente i modi di scrivere: la matita o la penna, dopo aver subito la concorrenza delle macchine per scrivere, hanno quasi definitivamente capitolato; e le stesse macchine per scrivere sono ormai oggetti d’antiquariato, soppiantate dai personal computer con programmi che diventano obso- leti dopo pochi mesi dalla loro uscita. Nemmeno più la parola “antiquariato” regge il ritmo, tanto che si è coniato il termine “modernariato” per indicare tutti gli strumenti escogitati dal progresso tecnologico negli ultimi decenni che sembravano l’ultimo pro- dotto possibile della ricerca e che invece appartengono ad un passato cui si guarda con indulgenza e nostalgia. Sono cambiati i tempi e i modi di scrivere e pubblicare i libri, sono scomparse le vecchie figure professionali delle tipografie di un tempo e quasi tutti oggi, purché dotati di un minimo di tecnologia, possono diventare editori di testi. Ma il modo di leggere, è cambiato anche quello? Romanticamente potremmo rispondere in negativo, idealizzando il caro e vecchio libro che ti puoi portare ovunque, la gioia per i sensi che ti dà un volume fresco di stampa, dal profumo della carta al fruscio delle pagine, dalla suggestione delle immagini alla piacevole sensazione tattile. Il lettore più idealista dovrebbe tuttavia considerare che per ogni libro fortunato che trova un letto- re, montagne di altri libri finiscono per giacere, invenduti, in magazzini desolati e polve- rosi; altri libri, che conobbero momenti di grande richiesta, hanno esaurito il loro appeal e sono finiti fuori catalogo per ragioni legate all’economia editoriale e difficilmente sa- ranno reperibili, se non su qualche bancarella ambulante e solo grazie ad un colpo di fortuna; altri ancora hanno felicemente esaurito il loro ciclo economico e gli editori non ne prevedono più la ristampa, lasciando i potenziali acquirenti nell’impossibilità di sod- disfare le proprie esigenze. Oggi è possibile considerare tutti questi problemi in una prospettiva nuova: basta conservare su un server un file di testo, adeguatamente impaginato, e il libro può essere replicato quante volte si vuole, risparmiando sugli spazi ed eliminando il problema della difficile reperibilità e dei costi di ristampa. I benefici pratici sono evidenti, altrettanto evidenti i benefici culturali: è un modo per rendere immortale un testo, almeno fino a quando il sole risplenderà sulle sciagure umane, per eludere i tentativi di distruggerne l’esistenza con il fuoco, che periodicamente ricorrono nelle vicende storiche dell’uma- nità, per garantirne la possibilità di diffusione oltre la dimensione spaziale e temporale contingente. Da quando è nato, il 7 ottobre del 1974, l’Istituto ha pubblicato, oltre alla rivista III “l’impegno”, giunta al ventinovesimo anno e all’ottantatreesimo numero, settantaquat- tro volumi. Abbiamo in programma la pubblicazione di numerosi altri volumi in forma- to tradizionale, alcuni titoli sono ancora sul mercato editoriale, di altri è prevedibile una ristampa, molti sono ormai esauriti e senza prospettive di ripubblicazione per ragioni economiche, anche se ancora validi e interessanti. Per questi ultimi abbiamo scelto di avviare un programma di editoria digitale, che consentirà di mantenere, gratuitamente, la disponibilità del testo per i potenziali lettori e di divulgarlo presso il pubblico che fre- quenta il nostro sito internet, che si è attestato negli ultimi tempi su una media superiore ai duecentomila visitatori all’anno. Un modo per valorizzare la nostra produzione edito- riale del passato, per venire incontro ad alcune richieste diversamente non evadibili, per conservare in via definitiva opere significative di storia locale. Inauguriamo questo nuovo settore editoriale con la riedizione de “Il primo inverno dei partigiani biellesi”, che l’Istituto pubblicò nel 1994 in collaborazione con l’Anpi “Cossato - Valle Strona”, autore Luigi Moranino “Pic”, partigiano del distaccamento e poi vicecommissario della 2ª brigata Garibaldi “Ermanno Angiono Pensiero”. Il volume ricostruisce i primi sei mesi della Resistenza partigiana nel Biellese orien- tale, caratterizzati innanzitutto dalla difficoltà di definire in senso militarmente attivo il carattere della scelta della montagna come luogo di rifiuto della continuazione della guerra sotto le insegne della Repubblica sociale neofascista e con gli ex alleati nazisti. La costitu- zione dei primi distaccamenti biellesi, che si chiamavano “Bandiera”, “Bixio”, “Mame- li”, “Pisacane”, incamerando la tradizione risorgimentale e garibaldina, “Matteotti”, ispi- randosi alla più emblematica vittima della violenza politica fascista, “Piave”, rifacendo- si alla cultura della difesa del suolo patrio risalente alla prima guerra mondiale, i rapporti tra l’organizzazione resistenziale e gli scioperi nelle fabbriche tessili, i tentativi di re- pressione del movimento partigiano da parte di tedeschi e fascisti del 63o battaglione “Tagliamento” e del 115o battaglione “Montebello” occupano la prima parte dell’opera, la meno originale, in cui Moranino propone un quadro d’insieme ricostruito principal- mente su fonti già edite. Nella struttura complessiva del volume questa sezione si legge come preludio indispensabile per conoscere la parte più interessante e tragica, in cui si descrive l’occupazione partigiana di Rassa e il tormento della successiva ritirata: qui la scrupolosa ricostruzione storica del Moranino autore, attenta al dettaglio, si sovrappo- ne, senza offuscarlo, al racconto del Moranino testimone e protagonista. Si produce così una lucida testimonianza storiografica sulle conseguenze del rastrellamento avvia- to dai nazifascisti nel febbraio ’44 sul versante alpino biellese, che negli ultimi giorni del mese obbliga i partigiani a riparare in Valsesia, nella valletta di Rassa, dove, agli inizi del Trecento trovarono rifugio Dolcino e i suoi seguaci. La suggestione del parallelo storico, proposta efficacemente da Alessandro Orsi nel suo “Un paese in guerra”, non tocca la pragmatica narrazione di Moranino, tesa a spie- gare senza indugi retorici l’accoglienza della popolazione di Rassa verso i partigiani, solidale o diffidente ma non ostile, i limiti organizzativi sul piano militare, le difficoltà psicologiche e pratiche, gli errori strategici che portarono all’eccidio del 12 e 13 mar- zo, in cui persero la vita diciassette partigiani, undici dei quali catturati durante il tenta- tivo di fuga e fucilati nei pressi del cimitero (tra loro anche una ragazza che, secondo alcune testimonianze, era incinta), gli altri caduti in combattimento; alla triste contabi- lità dell’episodio sono da aggiungere un altro partigiano, deceduto nei giorni successivi per le conseguenze del congelamento di un arto, e un civile; inoltre, dopo la ritirata da IV Rassa verso l’alta valle del Cervo, un altro partigiano fu arrestato e fucilato ad Andorno e un civile fu colpito a morte a Montesinaro. Gli eventi che produssero una simile carneficina sono indagati con scrupolo, senza tacere l’errore fatale commesso al momento della ritirata da parte del gruppo dei disar- mati che, disattendendo le istruzioni impartite, si incamminarono lungo la mulattiera che porta in val Gronda anziché avviarsi in val Sorba, provocando il ritardo fatale nella marcia verso il bocchetto del Croso da cui sarebbe avvenuto il rientro nel meglio cono- sciuto versante biellese. L’inesperienza e l’approssimazione organizzativa si intreccia- rono con un’altra circostanza negativa, che fu determinante per il tragico finale del- l’esperienza di Rassa, cioè la neve, rara per tutto l’inverno e caduta invece abbondan- temente negli ultimi giorni di febbraio, che rallentò la marcia dei partigiani in ritirata e rese evidenti le loro tracce, favorendo gli inseguitori. Il finale del libro si concentra sulla testimonianza del parroco del paese, don Alfio Cristina, che si sforzò inutilmente di evitare le fucilazioni, ottenendo soltanto che non avvenissero al centro del paese, ma nel più defilato cimitero, sito all’inizio di Rassa. L’eccidio di Rassa cadde in un momento di crisi dell’intero movimento partigiano biellese: agli inizi della primavera,
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