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LE ORIGINI DELLA RESISTENZA ARMATA NELLA ZONA DEL GRAPPA E DI CASTELFRANCO

La presente relazione tenuta in il 10 mar­ zo 1968 al Convegno di studio « La resistenza nella zona del Grap­ pa » indetto dall’Istituto per la storia della Resistenza nelle Tre Vene­ zie presso l’Università di Padova e dal di Castelfranco Veneto () è stata svolta oralmente dal prof. Teodolfo Tessari, già mem­ bro del comando provinciale di Treviso del CVL, sulla base di alcune cartelle di appunti e registrata integralmente. La trascrizione è depositata presso l’Istituto di Padova. Il relatore ne ha tratto personalmente il seguente testo, adottando in parte la forma indiretta per sveltirlo ai fini di una maggiore sinte­ ticità e concisione, sunteggiandolo ampiamente in alcuni punti ed inte­ grandolo con alcuni schizzi e note bibliografiche ed esplicative. Oltre il contenuto in se va posta in luce la tecnica impiegata dall’A., che di continuo pone ai convenuti, tutti suoi antichi compagni d’arme e di lotta, dei quesiti, tentando di operare una verifica ed un arric­ chimento dei dati in suo possesso o comunque segnalati, ed insieme di allargare ed approfondire la problematica dell’argomento inserendolo in una prospettiva la più ampia possibile. Ciò anche perchè la sua rela­ zione costituiva in un certo senso l’anticipazione e l’inquadramento del­ le altre, successivamente svolte nello stesso convegno, ed aventi tutte per tema « Dalla costituzione delle formazioni al grande rastrellamento del 1944 ». Il Tessari ha dunque applicato alla relazione il metodo del con­ fronto e dell’apporto diretto tra i protagonisti della vicenda, lo stesso di tutti i Convegni dell’Istituto Veneto dell’Università di Padova e quello che già egli, in forme ovviamente diverse ma con gli stessi intendimenti, usò raccogliendo le testimonianze dei protagonisti per stendere il suo saggio su Le origini della Resistenza militare nel Veneto (Venezia, Neri Pozza, 1958). Per gli interventi successivi, integrativi o a risposta dei quesiti posti dal relatore, si rimanda agli Atti del Convegno che serviranno, insie­ me con quelli dell’analogo incontro di dell’ottobbre 1966 sul « Rastrellamento del Cansiglio del 1944 », come materia di studio anche per il volume che il Tessari ha in preparazione appunto su que- Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 51 sti due grandi eventi del ciclo operativo del settembre 1944 nella regione veneta. Pubblicando questo contributo, la rassegna intende anche richia­ mare l’attenzione sull’intera serie di convegni organizzati dall’Istituto di Padova. Ai due già citati si è infatti aggiunto recentemente quello de­ dicato al « Gruppo Divisioni Garibaldi Garemi » (Schio, 25 maggio 1969), che ha avuto anch’esso, soprattutto, il fine di acquisire nuovo mate­ riale documentario e nuove testimonianze.

Il prof. Tessari ha introdotto la sua relazione con una premessa di carattere metodologico. Egli ha precisato che, data la complessità ed insieme l’incertezza di tracciare un panorama adeguato, di condurre una analisi il più possibile esauriente degli elementi concorrenti a confi­ gurare una vera e propria organizzazione della Resistenza militare nella zona del Grappa e del Castelfranchese, la sua relazione costituirà so­ prattutto una traccia, un filo conduttore per l’assemblea dei parteci­ panti al fine di sollecitarne il più possibile gli interventi. Cioè l’assem­ blea e lo stesso Convegno, per quanto riguarda la sua relazione, si devono intendere a suo avviso come un gruppo di ricerca e di studio guidato: a) per la raccolta di notizie specifiche su uomini fatti tempi situazioni dall’8 settembre 1943 alla primavera del 1944; b) per l’ana­ lisi di quanti elementi saranno raccolti ed emergeranno; c) per la defi­ nizione dei fenomeni caratterizzanti quel momento e quella forma della Resistenza militare nella zona oggetto di studio. Pertanto il prof. Tessari avverte che come relatore e come stu­ dioso porrà direttamente durante la stessa relazione molti quesiti agli intervenuti. Egli poi ricorda che quando diede alle stampe il suo sag­ gio sulle Origini della Resistenza militare nel Veneto \ sia l’Istituto di Padova che l’autore sollecitarono gli amici ed i lettori a far perve­ nire correzioni, rettifiche, precisazioni, aggiunte e quanto potesse co­ stituire una integrazione del lavoro e delle relazioni dirette, intervi­ ste, documenti ed ogni altro elemento su cui il prof. Tessari, molto spesso col metodo dell’intervento presso i protagonisti ed i superstiti di quegli eventi, si era basato. Purtroppo però queste note correttive o aggiuntive mancarono qua­ si del tutto. Il relatore prega quindi gli intervenuti di interpretare nel modo migliore e del tutto fuori di ogni spirito o spunto polemico quanto verrà chiedendo anche nominativamente di volta in volta a cia­ scuno; nè alcuno si senta sminuito da ignoranza di elementi, da dimen­ ticanze e da quanto altro potrà sfuggirgli, data la varietà, la comples- 1

1 T eodolfo Tessari, Le origini della Resistenza militare nel Veneto, Venezia. Neri Pozza, 1959, « Quaderni dell’Istituto storico della Resistenza nelle Tre Venezie ». 52 Teodolfo T es sari sita, la tumultuosità delle origini di un grande movimento militare. Egli stesso, pur avendovi partecipato sin dall’inizio e direttamente, non può possedere molte notizie come del resto tutti i cosidetti protagonisti di allora, che lavoravano in un mare di difficoltà e di provvisorietà e in settori diversi e lontani. Quindi si rivolge in modo particolare ai co­ mandanti delle unità, che si delinearono in prosieguo di tempo, perchè ricordino il più possibile degli apporti multipli da cui vennero le loro successive, grosse formazioni, i loro nuclei polarizzatori e propulsori. Il relatore, entrando nel vivo dell’argomento, si rifà in parte, rias­ sumendo brevemente, a quanto ha già scritto appunto nel saggio sopra­ citato per puntualizzare la situazione che ha generato o almeno favorito la genesi della lotta armata liberatrice anche tra Brenta e Piave e Gi- smon. Dopo aver accennato al collasso dell’esercito regio, ha analizzato la reazione delle popolazioni pedemontane trivigiane, bassanesi e delle sottostanti campagne ivi compresi i grossi centri urbani. Tale reazione era anzitutto psicologica, per la grandiosità dello choc degli eventi e la loro rapidità, la paurosa dissoluzione delle forze armate, anche le più amate e stimate nella zona, come gli alpini, cui il patriottismo delle popolazioni aveva sempre guardato con nobile tradizionale affetto, fidu­ cia e confidenza, anche per la duplice tradizione di prestarvi servizio militare e di averne condiviso il gagliardo eroismo nel 1917-18. Detta reazione era attonita ed insieme di sdegno e di disgusto, nel clima gene­ ralizzato di sfiducia nello svolgimento positivo di un conflitto che non era mai stato veramente sentito. L’8 settembre e nei giorni immediatamente successivi questa reazio­ ne si può dire fosse così generale che nemmeno gli stessi superstiti fa­ scisti ne andavano immuni. Il primo coefficiente del successo, sul quale non è necessario dilun­ garsi, del nemico tedesco fu il collasso dell’esercito regio. Ad esso cor­ rispondeva la inerzia e la paresi delle autorità civili, specie delle pre­ fetture che non risulta abbiano, nè a Treviso nè a Vicenza, esercitato tutti i poteri conferiti loro dalla legge, nei confronti delle forze arma­ te, in situazione di eccezionalità2 3. Successivamente ripete il giudizio storico-militare per cui il successo contingente della azione militare tedesca sul piano operativo nei primi giorni successivi all’armistizio fu « dovuto al sapiente impiego di qual­ che colonna mobile blindata o corazzata che aveva agito contro forze italiane quasi tutte di fanteria o di artiglieria, ad organizzazione di depo­ sito e presidiaria, di armamento antiquato ed ingombrante e, soprat­

2 II relatore chiede se qualcosa risulti in proposito ed inoltre se siano note iniziative di antifascisti e di partiti specie nei confronti delle autorità civili, oltre a quanto già da lui raccolto in rapporto a quelle militari (T. T essari, o p . cit., p. 7). 3 T. Tessari, o p . cit ., p. 7. Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 53

tutto, mal comandate o abbandonate a se stesse o immobilizzate da al­ cuni Comandi superiori. Lo stato di collasso dell’esercito regio fu an­ che nel Veneto il coefficiente primario del successo nemico cui corri­ spondeva la inerzia e la paralisi delle autorità civili, soprattutto le prefetture » 3. Obbiettivamente le forze impiegate dal nemico nella zona non erano numericamente di grande entità, nè, forse, tranne qualche reparto, ec­ cellenti 4. Comunque la loro azione va valutata nel quadro generale ope­ rativo dell’Alta Italia ed in particolare dell’attacco iniziale violento e di sorpresa, portato subito, tra l’8 ed il 9 settembre, nei tre scacchieri strategicamente determinanti di Mantova-, di Bolzano-Trento e di Udine-Tarvisio. La loro ripercussione risolutiva nell’asta media del Brenta e sugli assi Bassano-Castelfranco e quindi Castelfranco-Montebel- luna non poteva essere che questione di tempo. Il nemico dunque prevalse per la tempestività della sua azione e la concentrazione delle sue forze su obbiettivi primari, certamente presta­ biliti; quanto a dire per buona azione operativa di comando. Il pro­ blema generale strategico invece era in altre mani in più alto loco (la decisione di Hitler di tenere l’Italia e quella subordinata di Kesserling di « fino a dove » e « come » tenerla ). Il problema tattico, in questa azione operativa in zona, non presenta particolari interrogativi nè merita particolare attenzione perchè i pochi veri e propri scontri, rarissimi tra truppe regolari italiane e tedesche, si ridussero a banali azioni di sor­ presa o di intimidazione ed a qualche sparatoria. Anche a questo pro­ posito il Tessari chiede comunque notizie precise agli intervenuti. Inve­ ce insiste molto nell’indicare tra gli altri coefficienti di scarsa tenuta delle truppe regolari anche il mito « della invincibilità del soldato tede­ sco e la attribuzione della sua sconfitta del ’18 al solo collasso econo­ mico degli Imperi Centrali. Questa fola, largamente diffusa ad arte in tutta Europa da una Germania che aveva ogni interesse a presentarsi militarmente invitta, era stata accolta ed ampliata tra noi da libellisti e conferenzieri del regime, in odio gli ex alleati » 5. Essa era senz’altro di origine borghese conservatrice e trovava esca in risentimenti e illusioni del recente passato e perfino nel vecchio triplicismo: ma aveva operato un contagio anche tra elementi proletari che avevano esperienze di emigrazione. Infine non si deve sottovalutare il fatto che molti degli elementi della zona, specie soldati veterani esperti e capaci, erano assenti da anni nei più lontani fronti di guerra o zone militari6.

4 II relatore pone il quesito se di queste forze si conoscano dislocazione iniziale, unità, reparti con comandi, forza, armamento, mezzi di trasporto. 5 T. T essari, op. cit., p. 8. 6 II relatore chiede se vi fu a Castelfranco ed a Bassano, intorno all’8-12 settembre, "54 Teodolfo Tessari

Concludendo così la sua premessa, il relatore crede di poter en- tarre ormai nel vivo dell’argomento affermando che la natura militare di quanto egli riferisce o indaga è chiara, ma che però i limiti di essa, cioè la netta distinzione rispetto alla natura politica del fenomeno, non è intrinsecamente sempre possibile stabilirla: nè scientificamente ciò sarebbe del tutto valido. Ecco perchè egli cercherà di definirla via via meglio che sia possibile. Ciò anche in relazione alla contiguità territo­ riale di questa zona con altre di altrettanto peso e valore determinante agli effetti del movimento militare di Liberazione; e ad una certa co­ munità o affinità di svolgimenti o di problematica della lotta data dalla corregionalità con altre parti del Veneto che, come si vedrà, arri­ varono prestissimo a darsi una unità strutturale militare7. Il territorio su cui si svolgono i fatti oggetto di studio del convegno, è costituito geograficamente nella parte superiore da una porzione ben defi­ nita di Prealpi Venete (zona prealpina); nella inferiore da una parte di pianura (Pianura Alta via via decrescente di altitudine) che, mediante una serie ininterrotta di colline (zona subalpina), si salda al margine meridio­ nale della prima. Nel complesso i limiti della intera zona prealpina sono: a nord il solco vallivo plurimo o depressione Fonzaso- che si collega a levante col corso del Piave; ad est dalla foce del torrente Sonna in esso tra Anzù e Carpén fino alla Grave di Ciano, che sfiorano il dorso nordoccidentale del . Il solco invece si salda a ponente attraverso la sella di Artèn al corso del torrente Cismon affluente del fiume Brenta aprendo così le due vie della Valsugana nel Trentino e di Passo Rolle. Ad ovest quindi il limite è il duplice corso del torrente da Fonzaso fino alla confluenza nel Brenta (appunto nel omonimo)8 e di questo fiume fino a Bassano. un qualche spunto o situazione che potesse aver fatto balenare la possibilità, per i sol­ dati italiani, del cosiddetto « attimo fuggente » in cui sarebbe stato possibile conseguire un positivo risultato operativo. 7 Ad integrazione della relazione, il prof. Tessari ha introdotto qui una breve de­ scrizione geotopografica del Massiccio del Grappa e della pianura di Castelfranco. Questi elementi erano stati omessi in sede di Convegno in quanto i partecipanti co­ noscevano bene il territorio avendovi operato nel corso della Resistenza. Chi volesse approfondire lo studio della zona, può trovare una descrizione più completa nelle seguenti opere: T ouring Club I taliano, Sui Campi di Battaglia. Il monte Grappa. Guida storico-turistica (redatta dal prof. Plinio Fraccaro e dal col. Giunio Ruggiero), Milano, 1928; A. F. Celotto, Monte Grappa, Bassano del Grappa, Tipogr. Minchio, 1966; T. T aramelli, Il massiccio del Grappa. Novara, Istituto Geo­ grafico De Agostini, 1918; Le Regioni d’Italia (diretta da R. Almagià), Vol. IV: Il Veneto, di E. Migliorini, Torino, UTET, 1962. Si segnalano inoltre molte pubblica­ zioni geografiche sulla provincia di Treviso, specie quelle del prof. G. Zaniol. Ottime le riproduzioni cartografiche dello S.M. dell’Esercito e dellTstituto Geo­ grafico Militare di Firenze. Il lavoro citato del Celotto contiene una buona biblio­ grafia sull’argomento. 8 Agli effetti della valutazione militare della zona si deve considerare come appendice del Massiccio del Grappa il piccolo triangolo di alta collina che con vertici ad Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 55

A sud la rotabile pedemontana Bassano- della Valcavasia col­ lega i due grandi fiumi veneti fra queste due località. Essa stessa costituisce il margine nord della zona di pianura la cui fa­ scia superiore pedemontana collinare è più larga verso il Piave che non verso il Brenta. La porzione del territorio castelfranchese vero e proprio che la continua a sud-ovest della rotabile Bassano- è tutta pianeg­

giante. Mentre a ponente è delimitata press’a poco dalla linea Bassano-Cas- sola-Galliera Veneta-S. Martino di Lupari-; a sud lo è invece da quella Loreggia--; ad est da qui a Fanzolo-Riese-Spineda la­ sciandosi verso levante le terre anch’esse piane, sotto l’Asolano, del Monte­ bellunese e del Trivigiano. Così, grosso modo9, ad un’area ellittica di circa km2 400 montuosi e di km. 80 e più di periplo, fa seguito a sud un triangolo collinare di poco più di km. 50 di periplo e di km2 300 di area; ed un quadrilatero irregolare di pianura invece di km. 110 di periplo di cui il Castelfranchese rappre­ senta la porzione occidentale di circa km2 600. Tutto il territorio che inte­ ressa la relazione è dunque un comprensorio che sale rapidamente alla parte montuosa quasi di colpo a quote tra i m. 800 ed i m. 1200 (tali sono quelle del ciglione meridionale, con forme spesso aspre e tormentate, dove i monti scoscendono quasi all’improvviso, ma anche ad est e ad ovest) da una pianura la cui quota media sale dai m. 40 ad un massimo di m. 100; passando per una pedemontana collinare con quote modeste dai m. 200 ai m. 300, al massimo di m. 400 di qualche cocuzzolo. Il Grappa, come viene comunemente chiamata la porzione prealpina vera e propria, è un massiccio approssimativamente con orientamento NE.SO (asse maggiore di 28 km. dell’ellissi e asse minore da S. ad O. di km. 23).

Arsiè, Primolano, Cismon estende verso nord-ovest le possibilità di controllo del Grappa sulle strade che si inoltrano nella Valsugana e, per Arsiè, collegano questo al Feltrino. 9 Agli effetti del presente studio si ritiene possano bastare delle misure approssi­ mative. 56 Teodolfo Tessari

È a forma di polipo, e i suoi contrafforti a raggiera si incentrano come ad un nodo intorno alla Cima Grappa (m. 1776), la più alta di tante altre vette. Esso risulta quindi organico ed unitario, e insieme variato ed articolatissimo. La parte superiore del massiccio invece si estende in forme più dolci con cime a dosso arrotondato dai fondovalle feltrini di quota media fra i m. 330 ed i m. 210 circa. A nord quindi la salita è più dolce con pro­ gressione più distesa verso quote elevantesi meno rapidamente. Difatti è su questo lato che si sviluppa la più ampia delle valli del massiccio, detta Val di Seren o dello Stizzon (dal torrente che la percorre tutta) servita da una

1“ strada di km. 27 a macadam sullo sprone montuoso fino a Cima Grap­ pa; e da una IIa che percorre per intero il fondovalle. Questi ha parecchie vailette immissarie, ma solo con alcuni tratti di strade laterali. La 1“ è la continuazione verso il Feltrino dell’altra che dal versante opposto, non per valle o per sprone ma per costa, da Romano alto sopra Bassano porta alla stessa cima da sud, lunga circa km. 29 ed oggi asfaltata: la famosa Ca­ dorna, con alcune importanti digressioni verso la Val Brenta. Sostanzial­ mente dunque una sola lunga strada di km. 56 per il Grappa dal Bassanese al Feltrino. Ad essa si aggiunga la strada militare di arroccamento trasversale Cam­ po di Solagna-M. Tomba, che percorre tutto il versante meridionale del mas­ siccio, fronte alla pianura. Questi ha anche sette vie d’accesso da sud, car­ teggiatili o mulattiere ripidissime per le anguste piccole valli meridionali. Sui due lati invece del Canal (valle) del Brenta o della Val Piave poche Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 57 mulattiere soltanto aggrediscono le scoscese fiancate di ancor più ripide vallete. II versante sud è molto più ripido in confronto di quello nord ma con la maggior rete di vie, costruitevi soprattutto dall’esercito italiano tra il 1916 e il 1918. Però tutte sono a forte pendenza e facilmente controllabili militarmente per la natura a strapiombo del terreno e per la molteplicità dei passaggi obbligati. Il versante nord permette un paio soltanto di veri e propri accessi ma più leni e per di più coperti per lungo tratto fino a m. 1000 da boscaglia che (come i prati) manca quasi del tutto nell’altro versante o supera di poco i 500-600 m. della soglia di base in qualche punto. Il quadro della situazione del massiccio si completa con alcuni cenni geoantropici ricordando che gli insediamenti umani vi sono scarsissimi: cir­ ca 2000 unità nel Feltrino e verso il Piave, 300 sulle pendici del Canal del Brenta, una trentina verso la pianura trivigiana. Ciò contro ad agglo­ merati fittissimi soprattutto nella pedemontana, dovunque ma eminentemente nella Marca trivigiana e nella propaggine bassanese. Le dimore sparse sui monti sono casere soltanto o malghe e non fre­ quenti, data la povertà dei pascoli. Analogamente le risorse economiche sono praticamente nulle tranne l’alpeggio. Poche le sorgenti e distribuite un po’ dovunque, esigui i torrentelli perenni, due o tre in tutto. Esistono residuati impianti idrici dei militari del 1918, spesso rovinati, di raccolta dell’acqua piovana. La piovosità è minima in luglio ed agosto, in coincidenza con un clima molto caldo e forte è l’incidenza diretta del sole sull’immensa parte superiore del sistema, sostanzialmente brulla. L’inverno è lungo, piovoso e nevoso, con venti aspri. Di contro a tale esiguità di disponibilità naturale di risorse e di comuni­ cazioni, sembra perfino inutile sottolineare la situazione del tutto diversa delle pedemontane bassanese e trivigiana della Valcavasia e della piana bassanese e castelfranchese abitate, ricche, agibili di comunicazioni e di scambi. La Val Piave, nel tratto che interessa il Grappa, è modesta o povera e quasi altrettanto il Feltrino. Il Canal del Brenta è in situazione un po’ più favorevole. PREALPI VENETE Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 59

Il prof. Tessari, a conclusione di queste considerazioni e prima di passare all’esame analitico delle origini della Resistenza nella zona, fa presente che, stante la importanza strategica del Grappa in ordine alle grandi vie di comunicazione transalpine verso nord delle valli del Brenta e del Piave e delle loro trasversali superiore ed inferiore dal Trentino al Bellunese e dal Vicentino al Trevigiano; e stante ancora l’isolamento totale del Grappa, ricostruendo la storia della Resistenza in esso ci si deve cominciare a chiedere, magari in prospettiva lontana: come e perchè fu scelto il Grappa come zona di concentrazione o di av­ viamento partigiano; se si vide in esso, per istinto, un rifugio nella speranza di un breve ciclo di svolgimenti e di una rapida soluzione della lotta di liberazione; oppure se c’era, in chi salì sul Grappa per costituirvi formazioni partigiane organiche, l’intenzione di assumere su­ bito un atteggiamento offensivo; quali probabilità effettive operative esistevano sia offensive che difensive e quali possibilità organizzative e per quanti uomini; e se infine fin dalle origini dei primi nuclei di montagna ci si rendeva conto di tutta questa problematica militare vera e propria. Fissati così i limiti geo-topografici della zona di interesse, il Tes­ sari riprende l’esame dalla situazione di dissoluzione delle forze regolari all’indomani dell’8 settembre. « A mio parere nella terribilità della catastrofe che abbattendo d’un colpo le strutture tutte del vecchio stato non solo fascista ma anche liberal-piemontese privava l’Italia occupata dai tedeschi di qualsiasi struttura anche elementare difensiva ( se si eccettuano i carabinieri però rimasti in servizio per l’ordinaria ammini­ strazione dei loro compiti di istituto e non come militari), si ravvisa anche un certo aspetto positivo etico-politico della tragica e tristissima vicenda » 10. Con la sua dissoluzione totale l’esercito rientra nel popolo, nelle singolarità dei suoi soldati. È un dualismo, nel senso di assoluta distin­ zione se non di autenticità, che crolla ed una unità che nasce, quasi in una primordialità di società nuova nascente, ricca di possibilità crea­ tive. Dall’8 settembre non si può più parlare di popolo e di truppe co­ me di unità distinte. Questa considerazione di natura essenzialmente ed istituzionalmente politica reintroduce il problema dei limiti cronologici delle origini della Resistenza militare, qui nella zona Grappa come altrove; bisogna farvi cenno sia pur di sfuggita per valutare in tutta la sua ampiezza la grandiosità e la permanenza del fenomeno e quindi trarre da esso i primi elementi valutativi in ordine alla considerazione dell’apporto che esso diede al movimento di liberazione, su come esso fu impiegato e

10 T. Tessari, o p . cit ., p p . 7-9. 60 Teodolfo Tessari con quale grado di pericolosità per l’avversario e quindi con quale in­ cidenza sulla sua sorte futura e sull’andamento del conflitto. Almeno per quei primi elementi di orientamento e di valutazione che è possi­ bile trarre in questa occasione ed in questa sede. Per tutta la Resistenza il problema del tempo è dei più importanti per definire la natura e la portata del movimento. Certo è che quando si viene a trattare di essa per singoli settori o aspetti è più facile indi­ viduare dei veri e propri limiti cronologici. Per la Resistenza militare nella zona Grappa-Castelfranco nel pe­ riodo 25 luglio - 8 settembre non si può parlare che di fermenti, di premesse, di sviluppi di rapporti tra persone e piccoli gruppi e di tendenze di opinione pubblica scontenta. Dal 9 al 15 settembre il fer­ mento si accentua e prende a configurarsi in collegamenti febbrili ed in raccolte di armi, da parte di singoli e di nuclei embrionali di par­ tito: popolari o in genere cattolici, comunisti o filocomunisti, democra­ tico-repubblicani, azionisti e socialisti. Questo mentre si delinea la reazione istintiva delle masse popolari, di sdegno e disgusto, ed il riassorbimento dell’esercito da parte del popolo. Successivamente, quando le masse di sbandati transitano per il ter­ ritorio, specie sulle grandi rotabili e sulla pedemontana Pederobba-Ro- mano d’Ezzelino (allora più discosta dai grandi centri e più sicura); quando transitano sempre più frequenti i convogli di deportazione, que­ sta forza istintiva popolare di rottura che non ha potuto manifestarsi col combattimento contro i tedeschi diventa vera e propria forza di sentimento nell’opera di assistenza e di salvataggio degli ex soldati ri­ diventati singolarità popolari. La resistenza civile, così si può definire questo primo atteggiamento, si può dire assoluta al punto che, come s’è ac­ cennato, nemmeno i fascisti se ne estraniano. In questo momento nessuno di essi pensa di collaborare coi tedeschi nè di rifiutarsi di aiutare i depor­ tati nell’assistenza e addirittura nella fuga. Si potrebbe persino parlare di una resistenza civile di massa. Ma le masse non sono se non somma di individui, cioè apporti e convergenze di singolarità. Sotto questo pro­ filo, in tutta la zona che ci interessa, non si notano in questa fase at­ teggiamenti differenziati di classe o di ceti sia nelle iniziative intraprese che nella sostanziale concordia e solidarietà con la quale vengono condotte. Successivamente, nel giro di pochi giorni, la brutalità sempre più accentuata dell’occupazione, il sistema nemico del terrore instaurato ed esteso con i bandi di presentazione di sbandati e renitenti, la ricosti­ tuzione ad opera di pochissimi elementi del Fascio repubblicano, l’illu­ sione della prossima liberazione ad opera delle armate avanzanti o ef­ fettuanti (si vociferava) imo sbarco in Alto Adriatico, furono stimo­ lanti non tanto della riconversione di questo stato di resistenza civile Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 61 totale che rimase come atteggiamento fondamentale comune di base, quanto per lo sviluppo in essa (grazie ad essa e sopra di essa) di un attivismo combattivo extrasentimentale che sarà l’elemento costitutivo, con il catalizzatore dell’azione dei partiti e di alcuni militari, di una vera e propria Resistenza militare che sta appunto per nascere, nel giro di po­ chi giorni, tra il 13 ed il 18 settembre. Altre componenti di questo accrescimento ed insieme diversificazio­ ne di atteggiamento sono l’incidenza che sulla popolazione locale hanno i precedenti ed i fatti di un patriottismo, qui naturale proprio perchè tra­ dizionale nel senso di radicato alla terra ed alla gente. Gli abitanti della zona non sono certo inclini allo spirito militarista, ma proprio per questo hanno il senso di cosa significhi l’indipendenza e di quanto essa sia costata a loro stessi, ai loro paesi ed a tutta la nazione. Siamo tra Grappa e Piave, e qui tutti hanno visto la nazione e l’esercito come cosa concreta; la guerra del ’15-’18 non è un ricordo brutto e lontano, ma doloroso e glorioso insieme. Veramente il monte è stato visto e vis­ suto dalle generazioni come baluardo della patria ed i cimiteri di guerra che vi conservano i caduti di allora sono un qualcosa di vivo e non di morto che vale sempre ed ancora nella coscienza di ciascuno. Inoltre, il ritmo sempre più accentuato, dopo i primi giorni, dei soldati nostrani che rientrano, amareggiati tutti, molti sdegnati, ridà energie combattive alle popolazioni. Cosicché le prime iniziative indivi­ duali sparse e spontanee vi ricevono conforto almeno di tacita in­ tesa, di convinzione che solo il concorso di sciagurate circostanze, più che la potenza dell’avversario, poterono determinare la tragedia del •crollo militare italiano. Tutti testimoniano che l’avversario non è l’in­ vincibile che si disse. Anzi lo è sempre meno in quanto diluisce la sua massa in occupazioni con distaccamenti, comandi, presidi che si decen­ trano necessariamente in un vastissimo popoloso territorio, tutto ostile. Nè tale massa d’altronde cresce di rinforzi e di nuovi contingenti. La resistenza diventa psicologicamente militare intorno alla metà del mese, al concludersi della seconda decade di esso. Naturalmente essa si configura nei più svariati modi ed è ancora, in genere, a titolo personale o non esce dal ristretto ambito di picco­ le cerehie che però si sentono sicure dell’universale consenso. Un altro fatto psicologico vi contribuisce favorevolmente: ed è che fra una po­ polazione come quella della zona, sostanzialmente semplice e buona, è radicata l’ammirazione per chi osa, per chi abbia una fede. Una prima conclusione, che conferma già quanto scritto in proposito per tutta la Resistenza veneta n, cui si può pervenire dalla prima analisi di questo stadio elementare della resistenza tra Grappa e Castellana, è 11

11 T. T essari, op. cit., pp. 9, 11, 12 e 29. 62 Teodolfo Tessari che l’elemento naturale primario di essa è stato il popolo, non una fra­ zione od una organizzazione di esso. Ne consegue che i partiti politici svolgono nell’ambito del popolo tutto la loro funzione che è quella di lievitazione e di elaborazione delle masse, aiutandole a passare dalla coscienza istintiva della resistenza alla coscienza politica, dallo stadio elementare di difesa morale personale fisica a quello di difesa organiz­ zata. Costituendo, per così dire, un elemento chiarificatore e polarizza­ tore della lotta, di cui vengono precisando sempre più i fini, le forme, i tempi ed i modi. E determinando contatti multipli sempre più approfon­ diti ed estesi. Se ne vedrà l’influenza via via che ci si addentrerà nella parte più analitica della relazione; in cui troverà un posto adeguato anche l’ope­ ra di alcuni militari, capaci di iniziativa e desiderosi d’operare, che av­ viarono la lotta o si immisero in essa. Come pure una menzione spe­ ciale, più accentuatamente nel Castelfranchese e nel Bassanese, si deve fare dell’opera del clero mai qui, in genere, filofascista, anche perchè continuatore delle tradizioni e di lotta delle Leghe bianche, del partito popolare e dell’Azione catolica. Essa fu preziosa nell’attività che anda­ va dalla assistenza (frenetica inizialmente e poi via via più ordinata) all’incitamento ed alla difesa. Fu anche in ragione di questo atteggiamento del clero che, più o meno intenzionalmente, si vennero a stabilire con­ tatti sempre più stretti e frequenti fra centro e centro, gruppo e gruppo, persone ed ambienti. La carenza dell’autorità civile favoriva — con un fenomeno che ricorda per certi aspetti, fatte le debite proporzioni, la funzione del clero romano nelle età barbariche — il rivolgersi delle popolazioni e dei singoli agli ecclesiastici come a naturali e locali elementi di difesa e di orientamento. Il qual compito — che d’altronde è mansione evan­ gelica — essi assolsero nel migliore dei modi senza mai tradire la fidu­ cia che le popolazioni, ed anche gli stessi avversari politici, con molta naturalezza riposero in essi. È bene avvertire però che la netta distinzione di attività politiche e militari e quella di apporti differenziati rispettivamente di uomini di partito, di clero, di ex soldati vale più indicativamente ed a posteriori, quasi didatticamente, che non intrinsecamente, dato che proprio per quell’unità di base del popolo, in cui esse operano e sono valide, esse si fondono e si confondono in un unico vasto moto generalizzato di avvio della Resistenza militare. Il quadro d’insieme di essa non può essere concreto se le grandi linee componenti del movimento non si inverano di tutti gli elementi contigenti positivi che ci sia possibile individuare nelle persone, nei luoghi, nei momenti e con la più grande esattezza possibile. Sarà neccesario pertanto a questo punto scendere a delle specifica- Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 63 zioni analitiche seguendo il criterio della individuazione settore per settore. A Castelfranco e dintorni nel periodo posteriore al 9-15 settembre esistono già quattro gruppi potenziali di orientamento politico: a) uno è quello democristiano e cristiano sociale (la distinzione allora non era nettamente delineata nè sempre possibile), con grandi ramificazioni politiche ovunque ma ruotante intorno alla grande personalità del pur giovane avv. Domenico Sartor, collegato da sempre con l’opposizione antifascista cattolica ed anche di altri partiti a Treviso, Padova, Vene­ zia, Vicenza ed addirittura su di un piano extraregionale; b) un buon nucleo socialista è vitale intorno a Pacifico Guidolin (personalmente però di tendenza anarchica) con il Turcato e altri (si appoggiano al Monico); c) il pei, praticamente, fa capo a Pasquale Cappato ed ha ramificazioni politiche specie nelle fabbriche. È visitato già ed ancora in quei primi giorni dal Ghidetti e dal Dal Pozzo di Treviso che propugnano la estensione della organizzazione per cellule. Suoi elementi compiono anche un colpo di mano alla casa del Fascio, non risulta se per sottrarvi ma­ teriali utili alla lotta o per compiervi distruzioni a titolo dimostrati­ vo; d) un nucleo del partito d’azione esiste allo stato potenziale con vive ramificazioni ideologiche e personali. Già allora vi emergono, fra gli elementi demoradicali o repubblicani che lo costituiscono, attivi nei contatti, Primo Visentin reduce dal servizio militare, l’avv. A. M. Bossum e la signora Franceschini. Vi sono già pervenute indicazioni di G.L. con l’influenza chiara di Silvio Trentin, pur senza che si riesca a datare esattamente queste influenze e questi contatti. Nella intera zona castelfranchese e bassanese esistevano due soli gros­ si centri con presidi militari consistenti. Di queste guarnigioni, oltre la rapida dissoluzione dei primissimi giorni dopo l’8 settembre, si sa ben poco quanto alla iniziale volontà di resistenza armata di nuclei di militari superstiti. Dei militari della zona di Castelfranco si deve ricordare che, nella dissoluzione, gli alpini lasciarono qualche elemento combattivo, di cui sfugge il nome, e soprattutto armi sparse, in parte ricuperate da ele­ menti volonterosi delle varie tendenze o dalla popolazione. A Bassano, con lo sbandamento degli allievi ufficiali alpini qualche gruppetto si è portato in montagna; tra essi il s.ten. Ludovico Todesco da Solagna. Non si può dire esattamente dove. Il cap. Tramet nei primi giorni è ad , poi ai Colli Alti sulle pendici del Grappa. Verso Col Mo- schin si ha l’impressione che ci sia da parte di molti, di cui questo sarebbe un esempio, un moto vagante o in cerca di rifugio o in cerca di luogo idoneo per consolidarsi; ma probabilmente ancora senza idee nè mete precise e solo con la volontà di non arrendersi e di attendere lo svolgimento degli avvenimenti. 64 Teodolfo T e ssari

Ma su Bassano si dovrà ritornare almeno per porre alcuni quesiti importanti e per farvi convergere dati ed osservazioni che si ricaveran­ no dall’esame dell’intero territorio traendone alcune deduzioni. Estendendo la raccolta di dati alla fascia di pianura e poi pedemon­ tana tra Piave e Brenta, si deve segnalare un nucleo di giovani volonterosi di agire a Rosà, intorno a don Anseimo Riello, con armamento occasionale. A Cassola un altro nucleo più consistente e con armamento discreto, anche se sempre individuale, si è riunito intorno al ten. Gildo Moro de­ gli alpini, deciso e capace. Questi è collegato con i primi tre CLN costi­ tuiti nella zona o nella provincia: quelli di Bassano, di Vicenza e di Cit­ tadella. Se ne deduce che esso gravita piuttosto verso il Vicentino ed il Bas- sanese, a differenza del Trivigiano che si orienta tra Piave e Livenza. La Castellana (che sta appunto alla convergenza di Bassanese e Trivigiano) partecipa di entrambi, ma più nettamente della vita di questo e della corrispondente pedemontana. è il centro più importante e più sensibile della Valcavasia, di cui rappresenta anche la convergenza geografica ed il punto di incontro delle strade che vengono dalla pianura di Castelfranco e dal- l’Asolano, oltreché da due tratti del fondo valle da Brenta e da Piave. Su Crespano sembra gravitare lo stesso massiccio del Grappa, protendendosi verso la pianura. Il centro (in cui l’animatore è il primario medico dott. Mantovani Orsetti del pda, il quale dispone di gruppi di aderenti del suo partito e sim­ patizzanti di tutti gli altri orientamenti e solidarietà di repubblicani) è ben ramificato e collegato con Treviso, con Vicenza, con Padova direttamente tramite il Mantovani con il prof. E. Meneghetti di quell’università. La vallata intera, compreso il suo bordo collinare asolano, pullula di nuclei ed elementi che godono seguito fra le popolazioni in tutti i paesi. Ad Asolo ci sono i socialisti rappresentati dagli avv. Pasini e Biadene e si hanno in quei primi giorni tracce del passaggio del cap. Tramet. A Caerano troviamo Puppo Corradi del pda e suo padre, aderente al pri. A Cavaso il dott. Dalla Favera ed il prof. V. Zanesco di orientamento cristiano sociale cappellóttiano; a l’arciprete don Agnoletto col nipote pur esso cristiano sociale ed il cognato di questi Capit. Altri ancora a Borso, a , a Pederobba nell’ambito dell’Ospedale e dell’Asilo, vicini al magg. Pierotti ed alla sua famiglia (in prevalenza fi­ losocialisti e filoazionisti). Da queste notizie si può trarre una prima conclusione panoramica che conferma le linee generali di gravitazione naturale della Resistenza nella zona: la tendenza della fascia ovest di essa, verso il Brenta, ad orientarsi su Bassano - - Vicenza; quella centrale ed est, verso Treviso e Padova. Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 65

Sartor e Mantovani, col proprio ascendente personale e con la propria opera, riuniscono e collegano le prime iniziative. L’avvicinamento del ten. Gildo Moro a Mantovani a Crespano garantisce anche la saldatura mi­ litare delle due fascie I2 13. Proseguendo nella esposizione analitica degli elementi raccolti centro per centro il relatore ricorda: « A Loria don Menegon polarizza a metà settembre militari del settore da Castelfranco verso Padova fino a Cam- posampiero. Della zona egli è il primo carcerato a Treviso, poi a Padova. Liberato, egli sarà prezioso per gli sviluppi delle vicende delle carcera­ zioni degli uomini delle FADP B, carcerazioni susseguitesi fino all’inizio del ’44 14. Le nostre campagne castellane da Albaredo a Campigo, Riese, Vede- lago, Castel di Godego, sono in questo primo momento soprattutto centri di assistenza. Perdurano delle lacune di informazione per il settore verso Fanzolo ed , anche per il periodo successivo, degli ultimi mesi del 1943 ed i primi del ’44 » 15. Fino alla seconda decade di settembre non si possono fornire altri dati precisi. Il graduale rientro dei militari, che intorno a quella data ha fornito le maggiori possibilità di ricupero degli ex soldati, comincia a pesare favorevolmente sulla consistenza della Resistenza militare. A Castel­ franco sono rientrati Bressan, Gino Sartor, Filippetti e tanti altri. Cono­ scendone l’opera immediata e fattiva, organizzativa e di orientamento, se ne può segnare una seconda conclusione come dato d’insieme orientativo. A Castelfranco si delineano due iniziative militari distinte ma con­ vergenti: a) quella del Patronato Pio X con Gino Sartor, che controlla 11 settore verso Pinzolo, Campigo, Castel di Godego; b) l’altra di Primo Visentin 16, che si protende verso Loria, Bessica, Ramon, Riese 17.

12 II relatore ritiene che sia utile una testimonianza diretta del ten. Moro, per sa­ pere se e quando si fosse avvicinato al dott. Mantovani e con quali accordi ed in­ tenzioni concrete. 13 Per le FADP (Forze Armate della Patria) la prima organizzazione militare uni­ taria d’Italia, realizzata per il Veneto a seguito del convegno sul Momtello a Ba­ varia (Treviso) si veda quanto ne scrisse il Tessari (op .cit., p. 14) che vi prese parte. Secondo la relazione del comandante U. Pizzinato (anch’esso tra i promotori dell’ini­ ziativa), tenuta al Convegno di Padova del 1957, essa ebbe luogo il 7 ottobre 1943. 14 G ianranco Corletto, Masaccio e la Resistenza tra il Brenta e il Piave, Venezia, Neri Pozza, 1965, pp. 28-30; 32-35; 43-44 ed altre segnate nell’Indice dei nomi alla voce Menegon Giuseppe. 15 II relatore ritiene utili testimonianze dirette, anche se basate su semplici indizi, su quanti fra la popolazione abbiano operato per la Resistenza. 16 Primo Visentin, nato a Riese nel 1913 da umile famiglia, laureato in lettere a Padova nel 1940, ex caporale di artiglieria, azionista e di ispirazione mazziniana, è il leggendario comandante Masaccio, caduto vicino a Ramon di Loria il 29 aprile 1945. Medaglia d’oro al VM. 11 II relatore ritiene utile una testimonianza diretta di Gino Sartor, per sapere come e quando si fosse inteso con Primo Visentin e se vi fosse un vero e proprio accordo anche su precise basi operative ed organizzative.

5 66 Teodolfo Tessari

Si nota comunque la attrazione esercitata da questi primi gruppi di uomini combattivi e volonterosi. Erano, ciascuno nella sua pur modesta consistenza iniziale, dei gruppi di elementi affini ma non ancora chia­ ramente partiticizzati, ancorché, come nel caso di Castelfranco, l’uno fosse filodemocristiano o cattolico, l’altro laicista di tipo azionista. Senz’altro nettamente politicizzate (pur senza entrar in merito al grado della loro preparazione) le squadre del pei a Salvatronda, Cà Rossa, con Bresolin, Bovolato, Bernardi, Tonolo ed altri18. A Castelfranco, progressivamente, col passare dal settembre all’otto­ bre, si veniva svolgendo un lavoro più ampio di politicizzazione nel senso di sintesi e convergenza di forze ed attività sempre meglio organizzate ed armonizzate nel locale CLN, di cui fu animatore principale Pacifico Gui- dolin e che, col loro inserimento, Gino Sartor e Primo Visentin contribui­ rono sensibilmente a potenziare. Risulta che Gino Sartor fu nominato « addetto militare della zona » 19 da quel CLN. Qual è l’esatto significato di questa decisione? Essa fu assunta prima o dopo il convegno di Ba­ varia 20 ? Verso la fine di settembre un lavoro sempre più ampio ed armoniz­ zato si va svolgendo in tutta la Pedemontana del Grappa e nelle zone cir­ costanti. Nel Monfenera, sopra Pederobba, si stabilisce Rizzo, in Valca- vasia Pierotti press’a poco fin sopra Crespano, Angelo Pasini lavora sem­ pre in Asolo. Puppo Corradi di Caerano è con un gruppetto di uomini a Casere dell’Aria. C’è in tutti la tendenza a « salire » verso il massiccio 21. Alle Fosse di Alano si stabilisce un gruppo con Armando Panno e Toni Colognese di Montebelluna. Toaldo di Venezia ha gruppi a Quero e nella sua conca. Tutti questi si riuniscono a fine settembre22 e il rela­ tore ritiene che vi si debba in parte vedere un naturale fenomeno di polarizzazione ed in parte l’opera eminente del Pierotti, ritenuto la per­ sonalità più spiccata e sperimentata di tutti quei valorosi iniziatori. In questo stesso periodo il Grappa si avvicina a Sartor fino a Castel­ franco. Così pure i gruppi entrano in rapporti più regolari col CLN di Montebelluna di cui sono elementi di punta e direzionali l’avv. Lino Sanson e Romolo Pellizzari. Una analoga polarizzazione si manifesta nella zona collinare: i gruppi di Castelli di Asolo e , di Cavaso, di Possagno, quello di Cen­ cio Torresan di Montebelluna. Tramet è segnalato in Cima Grappa. Rap

18 II relatore ritiene utile una testimonianza diretta di Pietro Dal Pozzo per sa­ pere se quando si recò al convegno di Bavaria e dichiarò di disporre di squadre ar­ mate intendesse parlare di quelle sopra citate (cfr. n. 13). 19 G. F. Corletto, op. cit., pp. 38 e 43. 20 II relatore pone a Gino Sartor ed a Guidolin questi quesiti e chiede inoltre in che data si può dire si sia effettivamente costituito il CLN castellano. 21 II relatore chiede se si abbiano notizie sul cap. Frisacco e su Guadagnin. 22 G. F. Cqrletto, op. cit., p. 40. Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 67 porti si intessono con Giavi e Cesare Lombroso di Venezia e recipro­ camente tra la zona Grappa, Montebelluna Treviso e Venezia. Si esten­ de il controllo ai limiti della pianura, alle zone più basse di Maser, cioè sulla rotabile Caselle d’Asolo-Caerano S. Marco-Montebelluna. Il relatore Tessari a questo punto fa rilevare che nell’accrescimento continuo dei nuclei di resistenza militare operanti nella zona è in atto un preciso moto di dilatazione tanto verso l’alto, la montagna, quanto verso il basso, la campagna, geograficamente intesi. L’estensione del moto, dunque, la tendenza a portarsi almeno sui dossi della base e talvolta anche sulle montagne del Massiccio, l’avvio almeno embrionale verso una strutturazione di collegamenti e ad una precisazione dei criteri direzionali caratterizzano adesso la larga fascia trivigiana di territorio che interessa l’argomento del convegno. Il prof. Tessari pone a questo punto un quesito molto ampio, che può condizionare (a seconda dei chiarimenti e delle notizie che si po­ tranno avere in ordine ad esso) tutto l’andamento del convegno e degli studi che ne deriveranno. Egli dichiara che allo stato attuale della letteratura e dei docu­ menti di cui ha potuto prendere visione, si ignora quasi tutto della situazione del versante Nord del Grappa (Cismon - Serèn - Artèn - Fon- zaso tra i centri più notevoli) e non solo per questo periodo iniziale. Le opere del Cessi, del Mione, di Antonino Radice e di Bortolotti23 non riferiscono assolutamente nulla su questa parte importantissima di cui già si disse nelle note geotopografiche di introduzione della presente relazione e che grosso modo è delimitata dall’asse Feltre-Primolano; o meglio dalla spezzata poligonale di segmenti: S. Maria di Quero o Quero, Feltre, Primolano, Arsiè, Cismon.

23 Alberto Mione, Il duro cammino della libertà, Edizioni SNEIETAMPES, 1964 (edizione in italiano); Roberto Cessi, La Resistenza nel Bellunese, Roma, Editori ■68 Teodolfo Tessari

Si sa solamente che più tardi comparirà sulla parte nord del Mas­ siccio un distaccamento Gramsci Garibaldi-, che il Capit. Tramet ha con­ tatti con Arsiè, che sul Col Moschin c’è un gruppo di ufficiali attendi­ sti 24. E basta. Accantonato per il momento questo grosso quesito, su cui Tessari si ripromette di ritornare ancora, in occasione anche delle altre relazioni, egli continua nella esposizione dei dati e degli elementi riguardanti l’in­ tera zona. Il relatore ricorda anzitutto la riunione che ITI novembre 1943 si tenne presso il parroco di S. Pietro di Rosa don Anseimo Riello (che, come si disse, disponeva già di un gruppo di combattenti arm ati)25. Essa ebbe luogo su tre elementi già ben distinti: a) partigiani di pianura, b) partigiani di montagna, c) CLN di Bassano. Interessante per questa caratterizzazione già ben definita è che essa sia di molto posteriore a quella del 7 ottobre di Bavaria dove si costituirono le FADP. Si ignora se ci sia stata anche una riunione a Varago26. Comunque essa non ha nulla a che fare con quella appunto di Bavaria, costitutiva del corpo veneto dei volon­ tari della libertà. Si può pervenire così ad un terza conclusione tratta dalle prime due e da tutto questo ordine di rilievi e note precedentemente esposti. Ed è che la Resistenza veneta avverte quasi subito e spontaneamente l’esi­ genza di una unità, per lo meno di una cooperazione tra le varie forze; non solo sul piano politico, ma anche e soprattutto su quello militare organizzativo ed operativo, mano a mano che venivano configurandosi i comitati di città ed i nuclei armati di resistenza e prendendo corpo ed ordine i contatti. Esigenza dunque di vertice e di base che le FADP con­ fermano e che attesta come quello che è appunto il criterio base per una condotta positiva di operazioni militari fosse chiaramente sentito o al­ meno istintivamente intuito dai combattenti della libertà del Veneto.

A questo punto il relatore ricorda alcune tappe successive alla co­ stituzione delle FADP già da lui ampiamente esposte nel suo saggio sulle Origini della Resistenza militare nel Veneto. E precisamente le iniziative che presero corpo dalla riunione del CLN regionale a Padova del 13 ottobre 1943, con la prima impostazione politica del problema del

Riuniti, 1960; Antonino Radice, La Resistenza nel Trentino, Rovereto, Artigrafiche Manfrini, 1960; Arcanelo Bortolotti, Ricordi nella costituzione delle forze di re­ sistenza delle Bande armate alpine venete nelle Alpi e Prealpi Bellunesi e Feltrine nel 1943, in II movimento di liberazione in Italia, 1955, n. 34-35, pp. 3743. 24 T. T essari, op. cit., pp. 25 e 32. Utili notizie si possono trarre, fra altri scritti e relazioni, dal voluminoso dattiloscritto del comandante garibaldino (Div. A Ga- remi) O rfeo Vangelista, Guerriglia a Nord. Episodi e cenni storici sulla Resistenza nel Veneto, steso a Bologna nel 1951. 25 G. F. Corletto, op. cit., p. 39. 26 G. F. Corletto, op. cit., p. 41. Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 69 comando militare unico regionale, fino al novembre successivo, quando l’accordo dei politici sancì le decisioni assunte dai primi esponenti dei combattenti della libertà. Anche in questo settore il Veneto si era venuto quasi subito unificando da sè 21. Il relatore rivolge poi un quesito di ordine generale a tutti i presenti: « Bassano, per il gran numero di esecuzioni capitali di partigiani che vi ebbero luogo (era il punto di concentramento delle linee operative essendo allo sbocco della Valsugana) nel settembre 1944, fu ed è consi­ derata la capitale morale della zona. Lascia in ombra di conseguenza, almeno in parte, altri luoghi ed eventi, forse in sè e per sè allora più importanti agli effetti della impostazione e conclusione della nostra lotta. Molti lavori e documentazioni fotografiche possono contribuire a chia­ rire ed a dare le proporzioni della reale storia della Resistenza militare della zona. Certo è che il CLN di Bassano risulta già I’l l novembre 1943, alla riunione di Rosà27 28, in pieno collegamento con gruppi armati del Grappa vero e proprio. Come considerano Bassano gli amici ed i com­ pagni d’arme della zona? Ci fu un centro direttivo di pianura per il Grappa, magari anche senza una designazione specifica, o, meglio, per naturale funzione di concentrazione, organizzazione, collegamento e di­ stribuzione delle iniziative locali? Oppure era Crespano il vero centro direttivo della Pedemontana? Può darsi che il problema in tutta la sua chiarezza e necessità fosse in quei primi mesi prematuro. E che d’altra parte l’importanza sempre crescente del Pierotti convogliasse intorno a lui una pluralità di apporti diversi dalla pianura alla Pedemontana; ma è bene domandarsi se si pose mai la questione di un comando base unico di pianura in funzione del massiccio, come nel Castelfranchese per Sartor ». Il relatore, che già si interessò del problema ricostruendo le ori­ gini della Resistenza militare veneta, ha l’impressione, sulla base della « Relazione Vangelista » 29 e della ricognizione della attività dell’espo­ nente comunista di Bassano Domenico Marchioro, che questa città, nel grosso delle sue forze, propendesse in prevalenza per i futuri garibaldini, gravitasse piuttosto verso Vicenza ed il nucleo iniziale di quella che sarebbe stata la divisione Garibaldi « Garemi » dell’Alto Vicentino. Comunque l’organizzazione delle FADP si estendeva ai primi nuclei delle formazioni del Grappa e della sua pedemontana investendo anche il Castelfranchese, almeno per quel che riguarda Gino Sartor ed i suoi gruppi. Questa la situazione nel novembre 1943.

27 T. T essari, op. cit., pp. 14-22. Il relatore chiede a Sartor se e quando entrò nelle FADP, e in quale data fu no­ minato capozona militare castelfranchese dal CLN di Castelfranco. Se Gino Sartor non avesse fatto parte delle FADP, almeno prima di allora, ciò dimostrerebbe una condizione di notevole autosufficienza di questo CLN. 28 G. F. Corletto, op. cit., p. 38. 29 Cfr. n. 24. 70 Teodolfo Tessavi

Avanzandosi l’inverno, l’incidente cospirativo di casa Arrivabene a Venezia, il 12 dicembre del ’43, mise in crisi tutte le FADP come orga­ nizzazione unitaria costringendo lo stato maggiore a disperdersi ed il comandante regionale Sassi Ducceschi a trasferirsi definitivamente fuori dalla regione30. È certo che del gravissimo fatto — a prescindere dalla fine delle FADP come organizzazione unica militare del CLNR Veneto — risentì più il Trivigiano vero e proprio, lungo il Piave fino a S. Dona ed oltre verso il Friuli occidentale, e verso Mestre e Padova (cioè nel territorio in cui era nata e dove si era maggiormente affermata). Nel Castelfranchese come nella zona Grappa o nella loro pedemon­ tana le forze erano bene avviate all’unità. Sul Grappa Pierotti, cui allora si avvicinavano sempre più elementi come, ad esempio, Panno, Toaldo, ed altri; nell’Asolano Giavi e Pasini con collegamenti con lo stesso Pierotti; a Castelfranco Veneto Sartor e Visentin. Esse sostanzialmen­ te non risentirono della crisi delle FADP e continuarono a vivere di vita propria, collegate con i sostenitori della zona o con i CLN locali oppure con quelli dei grossi centri fino a Padova, sviluppando le loro strutture nel senso che si verrà illustrando più avanti. Intanto nella parte nord del Massiccio a fine dicembre fa una rapida comparsa il gruppo Ferdiani, allora mobile, primo nucleo della futura Divisione Garibaldi « Nino Nannetti ». Esso proviene per trasferimento dal Bellunese e la sua genesi è legata a tutto un gruppo di quesiti di altra natura. Il principale di questi è se e quando cercasse di stabilire attraverso la montagna sopra Primolano un suo gruppo nel basso Trentino; e se in tutto ciò si debba ravvisare un tentativo garibaldino di estendersi stabil­ mente con nuclei articolati (per il momento generati da un gruppo mo­ bile di passaggio) tra il Cansiglio, il Bellunese, l’Alto Trivigiano, il Fel­ trino e la media Valsugana fino al Trentino, per sistemarvi i primi ele­ menti di una catena di schieramento medio-alpino tra Livenza, Brenta ed oltre verso l’Adige. È significativo l’arrivo, che è press’a poco di questo periodo, di organizzatori emiliani in Cansiglio e nel Bellunese e manto­ vani nel Vicentino31.

30_ Per l’incidente cospirativo si veda, pur in breve, T. Tessari, op. cit., p. 28. Il cap. di fregata Sassi Ducceschi (la grafia esatta del nome è Jerzi Sas Kulczyncky, essendo di origine polacca) già direttore di tiro della corazzata Littorio e poi primo comandante regionale veneto dei Volontari della Libertà, passato in Liguria dove assunse il co­ mando di tutte le forze partigane della regione, venne successivamente catturato, por­ tato a Fossoli e fucilato il 14 luglio 1944 dai tedeschi. Medaglia d’oro al V.M. alla memoria. È il personaggio di cui andava in cerca il « falso generale della Rovere » sul quale tanto si è scritto e dibattuto. La documentazione del Sassi è presso il partigiano Toni Colognese di Montebelluna, che fu suo aiutante nel Veneto e che ne trarrà una pubblicazione in accordo col Tessari. 31 T. T essari, op. cit., p. 59. Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 71

A proposito di questi interrogativi, il relatore avanza considerazioni legate anche ad una diversa prospettiva. Anzitutto richiama brevemente le nozioni elementari di geografia mi­ litare interessanti la parte superiore del Massiccio: l’importanza del Canal del Brenta come via di scorrimento, di rilevanza strategica fondamen­ tale, e tangenziale del massiccio a ponente; quella della copertura da parte nostra del nodo stradale di Seren e della valle, addentrantesi nel Massiccio con andamento nord-sud, dello Stizzon (la celebre Toden-Wald dei germanici del novembre-dicembre 1917). E ancora quella della coper­ tura di tutto il versante nord dal perimetro del Tomatico per il passo di Anzù, nella stretta sotto il santuario dei santi Vittore e Corona, per il nodo stradale di Artèn-Fonzaso in cui il Cismon si volge ad occidente se­ guendo l’asse Arsiè-Cismon e in cui l’asta del fiume è nell’ultimo tratto tangenziale del Massiccio verso nord-ovest quando si immette nel Bren­ ta. E proseguendo la copertura del piccolo rilievo montuoso che sta ap­ punto ancora ad occidente di esso e quindi controlla tutte le intercomu­ nicazioni tra le vie del Brenta e del Cismon, gli accessi diretti o indiretti al Trentino, al Bassanese, al margine orientale dell’altopiano di Asiago, gli accessi occidentali del Grappa e qui il passo di Primolano, di impor­ tanza primaria (perimetro Arsiè-Primolano-Cismon-Arsiè). Detto rilievo è un antemurale verso nord-ovest, se non geograficamen­ te un prolungamento, dell’intero Massiccio. Il relatore coglie l’occasione per allargare l’orizzonte della problema­ tica della operazioni della zona: vuole rendersi conto se questo problema delle coperture delle vie d’accesso e d’intercomunicazione fra la regione veneta ed il Trentino e le valli del Brenta e del Piave a nord del Grappa venne debitamente preso in considerazione sul piano difensivo dai par­ tigiani che vi si stabilirono o si preparavano a farlo; e dai nazi-fascisti quando ebbero i primi allarmi per il delinearsi di una occupazione parti- giana del Massiccio. Da questi ultimi sia sul piano offensivo, per l’eve­ nienza di un rastrellamento dei monti, sia su quello difensivo, per la possibilità di attacchi partigiani all’importantissimo fascio stradale tra­ sversale, sopra citato, di intercomunicazione. Certamente il problema nella sua concretezza e totalità è prematuro negli ultimi mesi del 1943, ma sarebbe interessante esaminare se, almeno nei suoi termini generali, si sia mai venuto ponendo fin da allora per la scelta di una zona operativa così importante. Anticipando la visione dello svolgimento delle altre relazioni e pro­ prio perchè quella sulle origini è concepita ed impostata in funzione di esse, il relatore sfiora tutta una serie di interrogativi che riguardano il mese cruciale del settembre 1944: ci furono attacchi da nord nel corso del rastrellamento di settembre? Ci sono piani relativi o carte o schizzi od ordini di operazione del nemico od anche semplici disposizioni? Il re- 72 Teodolfo Tessari latore conosce solo uno schizzo ben preciso degli sbarramenti delle stra­ de e dei fondovalle del versante sud operati dalle Brigate Nere; e quello della rete telefonica del comando generale dell’esercito della RSI a Maser (entrambi della seconda metà del 1944) 32. Riprendendo poi il tema centrale, il relatore prosegue: « Quanto al tipo delle formazioni che in questo periodo si sono ve­ nute configurando si può rilevare che dai gruppi iniziali, sorti caotica­ mente, caratteristici di una guerra di bande che si imposta inizialmente spesso anche per sopravvivere, si è passati con le FADP alla struttura di grosse organizzazioni ad estensione territoriale vasta e per settori, che tende ad assorbire e controllare ogni iniziativa locale e a rendere uni­ forme lo sforzo bellico di tutto il territorio. È ovvio che quanto il mo­ vimento guadagna in estensione non presenta, almeno per regola, un cor- rispetivo in combattività. Specie nelle condizioni dell’autunno inverno 1943-1944; in quelle condizioni psicologiche in cui si risaliva da una tremenda depressione, stante la particolare situazione geotopografica, dato che il Grappa è disabitato specie in quei mesi, senza piccoli paesi e senza quel formicolio di greggi sparse con pastori che contraddistinguono inve­ ce, ad esempio, le montagne dei massicci interni della Jugoslavia. Difatti i comandanti agili e sensibili organizzativamente, come fu il Sassi-Ducceschi, non si ancorano e fossilizzano nelle grosse formazioni territoriali statiche (pur raccomandando ai capi delle FADP di curare i territoriali); ma sentono il bisogno di differenziarle creando, oltre e sopra i territoriali, dei gruppi d’urto e d’iniziativa. Quelli che, col nome a lui caro come marinaio, chiamò di ’ sommozzatori ’33. Due strutture quindi per potenziare e favorire il più possibile l’inserimento di masse nella lotta ed insieme non appesantire l’organizzazione nè cedere al pericolo o alla ten­ tazione dell’attendismo. In questo senso si muovevano le direttive del Sas­ si34. E su di esse si configurano le prime azioni di ottobre e novembre nella zona di Caerano, di Montebelluna dove era Toni Colognese, di Gae­ tano S. Marco dove operava il ten. Pedalino e sulle strade della Val- cavasia, dov’erano i nuclei di Pierotti. Una grossa azione di sabotaggio alla Marnati Larizza di Castelfranco fu compiuta dai comunisti con stile gappistico; azione sulla quale sarà bene fare ulteriori ricerche per accer-

32 II relatore raccomanda vivamente agli altri relatori ed a tutti gli intervenuti di tener presenti queste sue esigenze di accertamento e ne precisa altre ancora, riferite, in prospettiva, alle vicende successive: nell’agosto del 1944 erano previsti attacchi da nord?, ci si provvide e come? Ed anteriormente, quali legami esistevano anche fra i primi gruppi partigiani del Grappa ed il Feltrino e la Media Valsugana? Consta che il fantomatico cap. Tramet avesse relazioni con Arsiè già fin dal settembre-ot­ tobre 1943? Ma quali e con chi? 33 T. Tessari, op. cit., p. 21. 24 II relatore Tessari le ha riassunte brevemente rimandando per una ampia illu­ strazione al suo già citato saggio (parte I). Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 73 tarne la genesi, la portata, i riflessi nell’unico grosso complesso industriale e quindi operaio della zona in esame. Si iniziò così un atteggiamento attivistico quale era possibile allora, in quelle condizioni obbiettive; cioè non ancora in termini di massa. Del resto nessun orientamento, pur auspicandolo, potè per allora conferire dimensioni di massa al movimento ed ancora per lungo tempo si operò allo stadio di nuclei, talvolta ben collegati tra loro. Un caso di attendi­ smo può essere stato quello già segnalato dal relatore nel suo saggio sulle Origini35 : un gruppo di ufficiali rifugiatosi sui Colli Alti vicino al Col Moschin e che nemmeno il dirigente comunista Roiatti (Spartaco), pre­ sente in zona, riesce a smuovere. Ma è da escludere si possano identificare col cap. Tramet che, per la verità un po’ fantomatico, appare sempre qua e là nella Pedemontana delle tre provincie contermini. Le azioni di guerra di questo primo periodo prendono la forma di at­ tentati, di atti di sabotaggio più che di azioni sull’uomo o su reparti, e cioè sabotaggi alle linee di energia elettrica ed agli impianti di produ­ zione che ormai forniscono i tedeschi e la cui produzione viene così notevolmente ritardata (Sade, Cartiere di Vas, Stabilimento Marnati e Larizza, ecc.). Esse danno subito al nemico ed alle popolazioni il senso della presen­ za di una resistenza combattiva ed agguerrita, ingigantendone anche le proporzioni sull’onda dell’affetto psicologico. Un attacco vero e proprio fu condotto in dicembre alla Caserma fascista costituitasi — anche que­ sto è un dato significativo per valutare dalla reazione del nemico l’im­ portanza che viene assumendo il movimento partigiano — a , piccolo villaggio, ma nodo stradale della Valcavasia importantis­ simo anche per il controllo verso l’Asolano, la zona di Fonte e la sotto­ stante campagna ed il Bassanese36. Esso è il coronamento di precedenti azioni sparse qua e là, nel territorio oggetto dello studio, quali disarmi, prelievi di armi, trasferimento di prigionieri alleati (alcuni dei quali en­ trano volontariamente, inquadrandovisi con viva fiducia ed apprezzamen­ to, nella formazione Italia Libera di Pierotti sul Grappa, la prima a defi­ nirsi organicamente nel settore). Nello stesso periodo questa formazione rivelava anche una acuta sensibilità morale per i temi della lotta di libe­ razione, sia nella selezione oculata che faceva degli elementi da arruolare, sia per l’attenzione posta al problema dei rapporti con le popolazioni. Difatti essa cominciò ad affrontare anche il problema della giustizia militare nei confronti di alcuni pseudo partigiani grassatori e profittatori della oscura situazione. Qualche cenno di presa di posizione si ebbe nel Trentino e nel Feltrino, ma soprattutto nella Valcavasia: il Pierotti a Onigo di Piave — zona sotto il suo controllo operativo — affrontò con i suoi uomini

35 T. Tessari, o p . cit ., p. 25. 36 T. T essari, o p . cit ., p. 31. 74 Teodolfo T e ssari un gruppo di predatori che giudicò col codice militare alla mano e fece fucilare. L’atto, risoluto nella sua durezza, diede alto prestigio a quel comandante ed alla resistenza tutta, che nella zona fu sempre molto soste­ nuta dai civili e non offerse il destro a critiche negative interessate, a tutto favore dell’avversario. Comunque è da escludere che in questi primissimi mesi la problema­ tica dell’orientamento operativo e dei metodi di lotta sia stata impostata in tutta la sua ampiezza ed in tutte le sue implicazioni riguardanti il tipo di azioni di guerra e di organizzazione coerente di reparti. La fase opera­ tiva della lotta era cominciata nettamente in ottobre, cioè quasi subito, anche se limitata nelle forze e nei mezzi. Ma obbediva alla ferrea legge della guerra per cui l’azione è direttamente proporzionale, nel suo tipo e nel suo fine, al rapporto forze-mezzi di cui si dispone. Non consta che nemmeno in sede di comando regionale, del resto, in questi mesi si sia impostato un dibattito esauriente sia sul problema della lotta in generale, che, specificatamente, sulla preparazione di una insur­ rezione generale risolutiva. Ancorché ci si avvìi necessariamente ad offrire spunti di diverso criterio e di diverso temperamento sia operativo che organizzativo. Occorre avere senso realistico nel valutare la nostra lotta, e non di­ menticare che la sua validità è tanto maggiore in quanto è il risultato di uno sforzo di esperienze e di tentativi, di un apporto crescente e diver­ sificato di forze. Cioè un farsi ed un porsi da sè di un popolo che man mano scende in lotta. Le soluzioni bell’è pronte e pensate, le strutture concepite ed i criteri orientati a priori, non solo non rispondono alla realtà di questa dinamica della guerra di liberazione dell’intero popolo italiano, ma anche e soprattutto rendono ben poco onore alle sue capacità intrinseche ed autonome. Analogamente rischia di essere controproducen­ te la gonfiatura di certe azioni soprattutto se ben riuscite. La deformazio­ ne delle proporzioni dei fatti e degli uomini della nostra lotta la altera nel suo complesso e nel suo significato. I futuri battaglioni, poi brigate, del CVL nasceranno tutti nel 1944. Nonostante la spolarizzazione, sul piano generale, delle FADP nel dicem­ bre 1943, nella zona Castelfranchese e del Grappa i nuclei che vi avevano aderito continuano a vivere di vita propria e pian piano a progredire; proprio perchè venivano da iniziative di base e non da sforzi creativi esclusivamente di vertice; cioè venivano da alcuni validi iniziatori salda­ mente inseriti in un popolo di lavoratori ex soldati e non da équipes di partito o di altre organizzazioni. In effetti il Veneto fece allora (come farà molto anche dopo, se non tutto) soprattutto da sè, con nessuno o quasi impulso extraregionale a livello degli organismi direttivi nazionali. Così, trascorrendo l’inverno 1943-1944, Pierotti continua a tenere, Le origini della resistenza armata sul Grappa e a Castelfranco V. 75 con le sue formazioni in sempre più accentuata fase di organizzazione, spe­ cie la parte meridionale del massiccio del Grappa. Gravita sulla Valcavasia fino a Semonzo ed a Romano verso il Brenta e Bassano, partendo dal lato opposto ad oriente dall’asta del medio Piave nel tratto Quero-Onigo e portandosi con puntate verso la strada di San Marco del basso Asolano a sud fino a Caerano ed oltre. Lo affianca sul Grappa il futuro nucleo di una Matteotti di montagna in cui si concretizza l’iniziativa asolana (Pasini e Giavi), e lo continua il nucleo della futura Brigata Battisti Sartor, de­ mocristiano, e Masaccio (Primo Visentin) giellista da Castel di Godego, in giù nella pianura verso ed oltre Castelfranco. I fratelli Todesco ed il ten. Gildo Moro coi loro nuclei sono solidamente stabiliti tra Borso e Semonzo verso Bassano e più a sud. Morello, socialista, ha un altro nucleo della futura Matteotti a Maser, Pupo Corradi, giellista, quello di una Nuova Italia a Caerano. Sono questi i gruppi d’iniziativa: sarà il bando mussoliniano del mag­ gio del 1944 a rimpolparli delle giovani reclute renitenti, divenute volon­ tari della Libertà nei nuovi reparti partigiani regolarizzati nel CNL ». Avvicinandosi così alla conclusione della sua relazione Tessari pone una ulteriore serie di quesiti ai convenuti augurandosi che essi non restino senza risposta o almeno che si possano avere, al riguardo, spunti per even­ tuali, ulteriori ricerche. Essi si riassumono brevemente nei seguenti punti: a) quale fosse la situazione organizzativa iniziale (dal settembre ’43 all’aprile ’44) nel Ca­ nal del Brenta nel tratto dell’asta del fiume press’a poco da Pove a Ci- smon o, meglio ancora, fino a Primolano, specie per quel che riguarda la riva sinistra del fiume cioè verso il Grappa; b) analogamente quale fosse la situazione nello stesso periodo a Serèn del Grappa e se si pensò mai da parte dei primi nostri comandi e nuclei partigiani del Massiccio al pro­ blema della copertura delle valli con andamento ascensionale sud-nord dal Feltrino, quali quella dello Stizzon ed altre del versante nord del Massiccio; c) quale fosse la copertura nemica specie in questo settore, (oc­ correrebbe interpellare gli amici feltrini specialmente); d) quale fosse la situazione organizzativa partigiana e quali problemi di sicurezza nostri ed avversari si ponessero magari solo per accenni e inizialmente sul Mas­ siccio del Tomatico, alla stretta dei Santi Vittore e Corona di Feltre ad Anzù, alle scale di Primolano, al nodo stradale di Artèn, nell’asse deri­ vativo delle grandi arterie di comunicazione Arsiè-Cismon (essenziale per la copertura del Grappa perchè ne rasenta il bordo nord-nord-ovest); e) quale fosse (o fosse considerata da noi e dal nemico) la situazione e l ’importanza strategica come base di operazione del rilievo montuoso triangolare (cui si accennò più sopra) che sta fra questo paese preso come vertice e la strada Arsiè-Primolano costituente schematicamente un trian­ golo isoscele avente appunto un lato Cismon-Primolano, un altro Cismon- 76 Teodolfo Tessari

Arsiè ed un terzo Arsiè-Primolano; f) a che cosa mirasse il cap. Tramet con le relazioni organizzative che già tra l’autunno e l’inverno del 1943 aveva stabilito con Arsiè 37. Tutti questi quesiti hanno la funzione di rendere ragione di quanto l’organizzazione partigiana, ivi compreso anche il periodo iniziale, preve­ desse o volesse prevenire un attacco probabile da nord risalente per le valli settentrionali dal Feltrino verso sud contro il Massiccio38. Concludendo il relatore riassume brevemente il periodo delle origini nella zona Grappa-Castelfranchese, caratterizzato dalla prevalenza delle iniziative organizzative locali spontanee, dal tentativo generalizzato delle FADP di strutturrle e coordinarle e da un abbozzo di disegno garibaldino di estendere una trama attraverso la montagna prealpina dal Livenza oltre il Brenta. Si possono compendiare queste prime esperienze nei seguenti aspetti: a) la guerra di bande è da alcuni elementi iniziata per combattere, da altri per sopravvivere; b) si nota una certa propensione, dopo il primo mese, ad organizzazioni estese, ma con gruppi scelti d’urto ridottissimi numeri­ camente (cioè di territoriali e di assaltatori); c) ciò corrisponde alla fase di orientamento, agli inizi, politico-morale del paese: avversione totale al nemico e nessuna collaborazione, disorientamento organizzativo, inespe­ rienza di guerriglia, ma progressiva riduzione di carenza di iniziative non collegate che via via vengono sempre più rannodandosi; d) le stesse FADP, primo esperimento di organizzazione unitaria regionale, prevedevano i due tipi di organizzazione e quindi l’inserimento delle masse nella lotta; ma non si sapeva ancora bene quale forma questi propositi avrebbero as­ sunto a livello politico al di là del nobile slancio di reazione positiva, ma non ancora definita, dell’intero paese; si rileva ancora: c) l’accentuarsi dell’attivismo col perfezionarsi delle organizzazioni; f) il persistere delle formazioni locali e il loro irrobustirsi alla vigilia di inserirsi via via nel CVL; g) l’accrescimento numerico delle formazioni permanenti in monta­ gna con i bandi fascisti di primavera. Con questa attivizzazione sempre crescente e con questo fissaggio sta­ bile al terreno montuoso si può dire che cessi il vero periodo delle origini e della prima definizione delle unità partigiane nella zona considerata.

Teodolfo Tessari

37 T. Tessari, op. cit., p. 25. 38 II relatore chiede quindi che siano compiuti ulteriori sforzi per acquisire all’Isti­ tuto per la storia della Resistenza nelle Tre Venezie presso l’Università di Padova il più possibile di disposizioni operative, schizzi, carte topografiche e comunque mate­ riale documentario partigiano e avversario.