COMUNE DI Piazza Martiri d’Ungheria - 89900 www.comune.vibovalentia.vv.it

CONTRATTO ISTITUZIONALE DI SVILUPPO PER IL TERRITORIO DELLA CITTA’ DI VIBO VALENTIA

PROPOSTA PROGETTUALE N.3

“Dal Waterfront di Vibo Marina al Porto Archeologico Sommerso di Trainiti“

SEZIONE 1. SOGGETTO PROPONENTE

Titolo dell’intervento:

“Dal Waterfront di Vibo Marina al Porto Archeologico Sommerso di Trainiti“

Comune di VIBO VALENTIA Piazza Martiri d’Ungheria - 89900

Provincia di appartenenza: VIBO VALENTIA

Regione di appartenenza:

SEZIONE 2. OGGETTO DELLA PROPOSTA PROGETTUALE - LOCALIZZAZIONE E DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO

In epoca recente, molte città di mare italiane hanno investito cospicue risorse nella cura architettonica, nell’effetto scenico e nella funzionalità dei Lungomari cittadini. Basti pensare ai casi di Salerno, Cagliari, Catanzaro, Rimini, che hanno affidato la progettazioni dei Waterfront a nomi dell’architettura di calibro nazionale e internazionale. Si ricorda anche che con il suo “km” più bello sta facendo rivivere questa città. Lo stesso obiettivo cercheremo di raggiungerlo noi, realizzando un Waterfront che va da Vibo Marina a Trainiti, dove si cela un porto archeologico sommerso degno di grande interesse storico-culturale ed archeologico, che favorirà sicuramente lo sviluppo del turismo della città di Vibo Valentia. A tal proposito, lo studio di fattibilità per la riqualificazione del lungomare da Vibo Marina a Trainiti, si inquadra in un contesto di ampio respiro legato allo sviluppo e alla trasformazione urbanistica di tutta l’area. Tale area, infatti, destinata in passato a vocazione industriale (nello specifico Vibo Marina), nel tempo ha visto svilupparsi diffusi fenomeni di abusivismo edilizio che hanno progressivamente interessato per la quasi totalità le aree demaniali fino ad invadere le aree a ridosso della linea di costa e in alcuni casi la spiaggia stessa. Inoltre nell’ultimo periodo storico, l’azione erosiva del mare ha innescato un progressivo fenomeno di arretramento della linea di costa, a spese delle spiagge e di buona parte delle strutture realizzate in passato, fino, in alcuni casi, a lambire le pertinenze antistanti i fabbricati. L’area oggetto di studio si colloca ai bordi Sud del Golfo di S. Eufemia, in corrispondenza del promontorio sul quale sorge il Centro Abitato di Vibo Marina, frazione del Comune di Vibo Valentia.

Il Golfo di S. Eufemia è un’ampia area situata nella porzione Centro- Occidentale della Calabria e termina a Sud, con il promontorio su cui sorge l’area oggetto di studio. Tale zona è caratterizzata da un ambiente costiero particolarmente dinamico per via delle intense correnti marine che provengono dal mar Tirreno. In tale zona si individua, infatti, un ambiente costiero composto da un promontorio costiero poco sviluppato che si frappone tra le pendici collinari che bordano il sistema montuoso delle Serre Calabre e la linea di costa tirrenica.

L’ area in esame è caratterizzata da una morfologia di tipo costiera e la quota altimetrica media è compresa tra il livello del mare e circa 4 m s.l.m.

Le caratteristiche morfologiche dell’area sono chiaramente derivanti dalla natura dei terreni che vi affiorano e dal loro assetto stratigrafico in relazione alle forti e persistenti attività morfodinamiche evolutive esercitate dal mare e dalle attività antropiche. Infatti, i gradienti clivometrici sono caratterizzati da valori generalmente bassi e da morfologie blande e piuttosto regolari, rese stabili anche grazie agli interventi antropici. Localmente, l’area oggetto di studio si colloca in una zona prospiciente la linea di costa, dove si riconosce una tipica morfologia di coste basse e strette separate dalla linea di costa da un leggero innalzamento topografico dall’andamento longitudinale rispetto alla costa, derivante dalla presenza di antiche strutture dunaree oggi stabilizzate e non più attive. Verso Est, rispetto tali strutture il livello topografico diminuisce fino a circa 1,5 metri per poi aumentare repentinamente in corrispondenza dei vicini sistemi collinari. Infatti, la natura dei terreni che affiorano nell’area, condizionano fortemente l’assetto morfologico del paesaggio. Essi sono caratterizzati da una scarsa resistenza all’erosione e da una elevata propensione al dilavamento. Ne consegue, pertanto, un tipico paesaggio caratterizzato da spianate morfologiche allungate in direzione prevalente N-S, interrotta però, bruscamente a Sud, per via di una brusca rientranza della linea di costa. La particolarità di tale morfologia deriva anche dalle condizioni tettoniche che caratterizzano il sito. Ne risulta, quindi, un andamento frastagliato della linea di costa con la formazione di promontori interrotti da brusche rientranze morfologiche. Per quanto riguarda la linea di costa si può affermare che, nell’area oggetto di studio, si riscontra un litorale ad andamento poco lineare, per via di una pronunciata curvatura della linea di costa a tratti bruscamente interrotta e a tratti frastagliata che forma un accenno di promontorio sul quale si sviluppa il Centro Abitato di Vibo Marina. Tale interruzione si esplica, quindi, attraverso un prospiciente promontorio che si protrae verso il mare per alcune decine di metri. A Sud l’andamento del litorale riprendere in modo all’incirca regolare, poco o tendenzialmente arcuato. Quindi, in definitiva si ha un litorale nel complesso poco regolare, stretto e caratterizzato da diversi livelli di quota per via dell’intensa attività tettonica. Nei pressi dell’area in progetto il litorale appare stabile ed impostato su un arenile granulare a tessitura medio-grossa, indice di un tendenziale regime energetico medio-elevato. L’area in interesse, viste le aerofotogrammetrie di varie epoche storiche, non appare sottoposto all’azione battente del moto ondoso. Inoltre, le attuali opere di stabilizzazioni prevalentemente artificiali rendono l’area al di fuori della portata del frangente delle onde marine. Dalla ricerca storica effettuata, grazie alla visione delle fotografie aeree di varie epoche si evince, quindi, che negl’ultimi decenni l’area non è stata interessata da arretramento della linea di costa ad opera dell’erosione costiera. Tale stato, oggi appare abbastanza buono essendovi una progradazione lenta ma continua della linea di costa. La restante porzione di area appare morfologicamente stabile priva quindi di fenomeni morfologici in atto o evolutivi, tranne che alcune zone attraversata da piccoli corsi d’acqua segnalati, quindi, come zone d’attenzione per rischio idraulico dall’ABR Calabria. Tali zone dovranno essere tenute in debito conto in riferimento al loro grado di pericolosità idraulica.

POTENZIALITA’ DELL’AREA Questa area ha un grande potenziale attrattivo rappresentato dalla posizione strategica dell’area interessata dagli studi. Sarebbe importante, delocalizzazione e razionalizzazione degli impianti petroliferi ed industriali che insistono a tergo del tessuto urbano e dalla conseguente realizzazione di una nuova centralità urbana in prossimità della Stazione Ferroviaria. In tale contesto si inserisce la scelta, da parte dell’Amministrazione, di realizzare un “lungoLungomare”, caratterizzato dall’organizzazione di un percorso ciclo-pedonale che consentirà certamente di ottenere non trascurabili benefici in termini di attrazione turistica della zona. Tale opera rappresenterà, indubbiamente, una sorta di elemento trainante nei confronti delle proprietà degli edifici che insistono sul Lungomare che, in ragione di una maggiore richiesta in termini di domanda di residenza stagionale, si sentirebbe incentivata ad investire sulle strutture e sulle finiture architettoniche, ottenendo quei risultati attesi in termini di effettiva e completa riqualificazione urbana di tutta l’area. Le indicazioni riportate nelle Norme Tecniche di Attuazione del Nuovo Piano Comunale di Spiaggia (PCS), in relazione al fatto che è in itinere la realizzazione della variante al Piano Regolatore Portuale (PRP), e che è in fase di definizione il Nuovo Piano Strutturale Comunale (PSC), raccomandano particolare cura e attenzione nella predisposizione di qualsiasi intervento di riqualificazione della fascia costiera demaniale. Ciò, soprattutto, in relazione alle creazione di adeguati spazi di interconnessione tra il tessuto urbano e le aree di spiaggia destinate alla balneazione. L’intervento proposto nel presente studio è stato ideato nel pieno rispetto di tali indirizzi, minimizzando il più possibile sia l’invasione della già esigua fascia di spiaggia, sia la realizzazione di estese aree lastricate.

DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Appare evidente come, qualsiasi tipologia di intervento si intenda applicare alla stretta riqualificazione della linea di costa, esso debba essere strettamente valutato e dimensionato in maniera complementare a interventi di protezione di tipo squisitamente marittimo. Questi possono essere costituiti, in via del tutto esemplificativa e non esaustiva, dalla realizzazione di massicciate, pennelli, dighe di sovra flutto, barriere di tipo sommerso. Un vincolo stringente alla progettazione degli interventi è certamente costituito sia dall’ubicazione dell’abitato, sia soprattutto dalle quote di imposta dei piani inferiori delle abitazioni che affacciano sul mare. Detti parametri, di fatto, limitano l’impostazione di adeguati interventi di protezione dal moto ondoso, che, per il relativo posizionamento plano- altimetrico, ostruirebbero di fatto l’accesso alle pertinenze inferiori dei fabbricati o, quantomeno ne limiterebbero fortemente sia gli spazi a disposizione e la stessa visuale esterna.

Ciò, appare quanto più evidente nella zona centrale del tratto di Lungomare inserito nello studio, laddove l’attuale configurazione dell’agglomerato urbano si presenta particolarmente invasiva nei confronti della linea costiera e dei lembi di spiaggia risparmiati dai fenomeni di erosione marittima. Tale configurazione impone, quindi, spazi residui piuttosto limitati e certamente non ideali per l’ubicazione di percorsi ciclo- pedonali di ampiezza adeguata. Il disordine urbanistico dei fabbricati causa, inoltre, la formazione di interferenze con gli spazi da adibire a percorso ciclo-pedonale, arredo urbano e verde attrezzato. Tali incompatibilità risulterebbero senza dubbio difficilmente risolvibili senza apportare modifiche sostanziali ai manufatti esistenti e alle relative pertinenze o, in alternativa, invadendo pesantemente i già limitati spazi risparmiati dall’erosione da destinare, in particolare nel tratto sud del Lungomare, esclusivamente alla balneazione, come per esempio è stato già fatto con successo per alcuni tratti del lungoirmare di marina di Ragusa.

L’obiettivo è quello di creare adeguata continuità al percorso ciclo- pedonale di creare adeguati spazi di servizio e di relazione a servizio delle spiagge. Importante è ripristinare le zona dissestate, in modo da procedere con la sistemazione dei marciapiedi e della aree da arredare con una sistemazione mista di parcheggi e aiuole dove mettere a dimora specie arboree e/o arbustive autoctone. Le finiture scelte per le pavimentazioni e gli arredi saranno quanto più simili possibili a quelle esistenti nel tratto di lungomare esistente. In tale zona è stato ubicato l’inizio del percorso ciclo-pedonale in modo da creare una sorta di snodo funzionale nei confronti del flusso di utenti che avrebbero modo di parcheggiare gli auto veicoli ed approcciare alla fruizione dei percorsi pedonali e ciclabili, oltre che ai nuovi spazi da destinare a verde attrezzato. Il percorso ciclabile avrà un’ampiezza pari a 2.80 m e verrà pavimentato in cemento colorato e stampato, onde conferire maggiore attrattiva all’imbocco della pista ciclabile si è scelto di organizzare il tracciato con una serie di curve e controcurve. A seconda della quota, del lungo tratto di Waterfront, il percorso a valle della zona in cui sarà realizzato il tratto sopraelevato di lungomare, superata la criticità legata ai fenomeni di erosione costiera, si è scelto di proseguire il percorso ciclo-pedonale alla quota attuale della spiaggia esistente. Tale scelta consentirà di ottenere un adeguata infrastruttura di servizio e di accesso alle spiagge; tale area, inoltre, sarà ideata e organizzata come un vera e propria area svago dove ubicare piccoli giochi ludici, panchine e verde attrezzato. La struttura di pavimentazione prevista per tale area sarà costituita da plotte amovibili in calcestruzzo armato di spessore pari a 15 cm da posare previa bonifica e livellamento del sottofondo esistente. Tale struttura, cosi come concepita, consentirà di garantire la possibile rimozione futura così come previsto per la realizzazione di zone pavimentante nelle aree degli arenili, oltre che garantire la relativa permeabilità alle acque meteoriche, come previsto dal Piano Comunale di Spiaggia vigente. Tale area sarà protetta a monte da un muro di sottoscarpa in c.a. ad altezza variabile disposto secondo l’allineamento di valle della viabilità esistente. La pavimentazione di finitura sarà realizzata con medesimi materiali previsti per la parte rialzata, cioè i listoni in legno composito (WPC). Tutta la fascia di spiaggia antistante la cosiddetta area svago verrà adeguatamente sottoposta a ripascimento con sabbie di natura silicea calcarea a granulometria media - grossa di caratteristiche compatibili con quelle in sito. Verranno creati dei percorsi di ampiezza e caratteristiche spazio- funzionali adeguate ad accogliere senza soluzione di continuità e/o adattamenti, gli spazi pedonali, le aree ciclabili, nonché le aree dedicati all’arredo urbano e al verde attrezzato. Verranno realizzate aree dove ubicare diverse attività come ad esempio spazi di incontro e relazione. Tale scelta, si è certi, conferirà all’opera un carattere architettonico di particolare suggestione. L’opera si prefigge, inoltre, di creare un diversivo funzionale alla tradizionale balneazione, che per l’area in oggetto non risulta particolarmente sviluppata, vuoi per lo stato di generale degrado in cui versa l’area, vuoi per la presenza dei fossi a cielo aperto che recapitano a mare a ridosso degli arenili fruibili. La struttura architettonica della Piattaforma si prefigge di conferire al waterfront dell’area Pennello un segnale formale forte, come un vero e proprio “biglietto da visita” in grado di conferire un’immagine di vera e propria città di mare. Essa infatti è stata pensata in linea con le più aggiornate tendenze dell’architettura moderna in tema di riqualificazione del waterfront e di linea di litorale. Il Mare, riveste il significato di abbinamento di un’attività sportiva ecologica per eccellenza con l’ambiente – il mare – sede, per definizione, di cicli biologici vitali, che sono alla radice dello stesso sviluppo del genere umano, l’invito ad avvicinarsi con sentimento alla pittoresca passeggiata ciclabile, cedendo ad una minima tentazione di sano Romanticismo e tenerezza di cui la società odierna mostra di avere alquanto bisogno. Vedi il bellissimo Waterfront di Reggio Calabria, la passeggiata più bella.

I nostri punti strategici: 1. incrementare il valore del territorio, aumentando la capacità del territorio stesso di produrre valore; 2. rafforzare il ruolo della città marina, come "polo di servizio" per l'area vasta, in grado di supportare i diversi settori produttivi presenti sul territorio, fornendo gli strumenti per il loro sviluppo; 3. rafforzare il senso di identità collettiva della comunità, favorendo l'integrazione tra Vibo Marina, Trainiti e Vibo Centro, riequilibrando i livelli di qualità insediativa e ridefinendo pesi e ruoli reciproci. La scelta di tale intervento è finalizzata e fortemente orientata sia a creare un polo di attrazione per i flussi turistici, sia ad incrementare la qualità della vita della comunità cittadina, coinvolta nell’identificare il “lungoLungomare” come luogo di pratica di attività sportive e ricreative - jogging, bike, - oppure semplicemente per passeggiare apprezzando il mare durante tutte le stagioni dell’anno.

Il progetto prevederà la realizzazione di marciapiedi pavimentati di ampiezza pari a 1.50 m onde garantire facile accessibilità ai flussi pedonali generati sia dagli abitanti del quartiere quindi direttamente di pertinenza delle abitazioni del quartiere, sia per gli auspicati flussi turistici previsti per lo sviluppo futuro dell’area. I marciapiedi saranno adeguati secondo le normative vigenti in termini di utilizzo nei confronti dei diversamente abili. Verranno previste adeguate rampe di accesso agli spazi pedonali sia lungo le strade laterali di accesso che negli spazi del lungomare. La larghezza delle discese per diversamente abili sarà di 1.50 m. I parcheggi a raso si svilupperanno in superficie su aree pavimentate all’uopo sistemate garantendo un elevato numero di posti auto e organizzando la sosta delle autovetture in conformità al Codice della strada. Le dimensioni previste per gli stalli paralleli al senso di marcia saranno di 2.0 m x 5.0 m. Per i parcheggi in linea sono state previste dimensioni di 2.5 m x 6.0 m. Tale scelta consentirà di ricavare configurazione di soste ordinate di cui L’Amministrazione Comunale potrà definire le varie modalità di attuazione e gestione. Visto l’elevato grado di cementificazione di tutta l’area si prevede di ri- progettare il verde, inserendo aiuole opportunamente rinverdite con alberi ad alto fusto per la riqualificazione dell’immagine urbana. Le zone a verde pubblico ricomprese nell’ambito del Lungomare attrezzato dovranno essere sistemate a parco ovvero con suolo sistemato a prato e messa a dimora di specie arboree ed arbustive indicate nello studio botanico seguente, in conformità con il Piano Spiagge Comunale. In tali ambiti è possibile installare elementi di arredo urbano quali panchine, fontane, cestini segnaletica e giochi, realizzare impianti di pubblica illuminazione e camminamenti. La creazione di strutture ricreative, per la cura e la salute della persona, di servizio, mireranno ad integrare e migliorare l’offerta ricettiva e i servizi.

Il Porto Archeologico Sommerso Il visitatore che oggi arrivi nell’area costiera vibonese, in realtà scorge ben poco di quello che anticamente fu uno tra i più importanti approdi marittimi sul Tirreno. Quello che era il suo bacino è oggi completamente interrato ed occupato da nuovi e dismessi capannoni industriali che ormai nascondono ai più anche i ruderi del castello di Bivona. Gli ultimi studi archeologici confermano che in tutta l’area costiera compresa tra l’Angitola, Vibo Valentia e Capo Zambrone esistevano sin dal Neolitico insediamenti umani che fondavano la loro economia sul traffico marittimo legato al trasporto ed alla commercializzazione dell’ossidiana proveniente dalle Isole Eolie. La frequentazione dell’area del castello di Bivona è documentata da molte fonti storiche e bibliografiche che la fanno risalire alla fondazione della subcolonia locrese di Hipponion, intorno alla fine del VII sec. a. C., ed all’estensione della sua chora nei pianori sottostanti. Esistevano all’epoca piccoli insediamenti umani legati al controllo del territorio ed alle attività agricolo-marinare che gravitavano intorno all’area del porto ipponiate che Strabone indica costruito agli inizi del III sec. a. C. ad opera di Agatocle, Tiranno di Siracusa. L’antico geografo definisce il porto epineon della città ipponiate, e ciò porterebbe a supporre che l’insediamento greco posto lungo la costa, seppur legato “burocraticamente” alla città, fosse in realtà dotato di un’organizzazione amministrativa autonoma. Nel periodo in cui si consolidò la presenza greca nel territorio compreso tra la collina ed il litorale, l’asse distributivo che venne a crearsi tra l’epineon e la polis dovette rappresentare un grosso polo d’attrazione e di smercio per le produzioni agricole, peschereccie ed artigianali dell’intera comunità coloniale, oltre che divenire ben presto snodo commerciale con le poleis siciliane e calabresi e polo d’attrazione per ogni insediamento abitativo compreso tra le città greche di Terina e Medma. E’ nell’antica area portuale che il tiranno siracusano Agatocle stabilì un primo avamposto militare ed il ricovero della sua flotta prima di sferrare il suo definitivo attacco alla città greca nel 294 a. C. Comunque sia, negli anni del dominio siracusano, lo scalo marittimo doveva essere necessariamente in grado di rendere facile l’approdo alla flotta siracusana ed allo sbarco di fanti, cavalieri e delle numerose macchine da guerra utilizzate per l’assedio della polis. L’analisi sul ruolo dell’approdo costiero nella complessiva organizzazione del territorio, seppur le prime fonti storiche la legano alla presenza agatoclea, obbliga a compiere per un attimo un passo indietro nella storia. Nella città di Hipponion, intorno al IV sec. a. C., praticamente due secoli dopo la sua fondazione, venne coniata una serie monetale in bronzo con impresso sul dritto un particolare tipo di anfora vinaria da trasporto, nota agli esperti come “grecoitalica”, ed ampiamente diffusa in tutto il Mediterraneo per un ampio arco cronologico compreso tra il IV ed la fine del II sec.a.C. La simbologia adottata in quella che risulta essere una delle più tarde coniazioni della polis ipponiate rivela, non solo quanto fosse determinante nell’economia complessiva della città ipponiate la coltivazione della vite e la produzione del vino ma, ancor più, indica inconfutabilmente quanto il commercio marittimo fosse in quei secoli il vero tratto caratterizzante della sub-colonia locrese24 rispetto alle altre poleis magnogreche. Considerando la valenza economica della produzione vinaria, attestata dalla serie monetale, nonche la produzione di quel particolare tipo di anfore utilizzate per il suo trasporto, è possibile ipotizzare che già nei primi anni dell’organizzazione territoriale della polis ipponiate, il ruolo del “borgo marittimo” sia stato tutt’altro che secondario nella crescita economica della città magno-greca. Le tante e ricche opportunità di scambio offerte dall’emporium, citato da Strabone solo in relazione alla conquista agatoclea, in realtà possono avere un’origine ben più antica, legate certamente ad un preesistente scalo portuale dove far confluire tutte quelle attività legate allo scambio ed alla compravendita delle mercanzie. Che lo scalo di “Vibona”, fosse ben inserito nelle principali rotte del commercio marittimo romano è dimostrato dal ruolo assunto dal porto nello smercio del legname e della pece proveniente dai boschi calabresi, che portarono negli anni alla creazione di un vero e proprio asse viario-distributivo tra la Sila e le Serre, aree per eccellenza destinate alla produzione di legname, tavolati e pece, ed il porto di Vibona, tramite il quale tali prodotti raggiungevano i principali porti dell’Impero. Difatti lo smercio del legname e della pece costituiva all’epoca una delle maggiori entrate per stato e per i privati che ne gestivano gli appalti. Le vicende militari legate all’utilizzo del porto Vibona, che sembrano confermare la presenza romana precedente alla fondazione della colonia del 192 a.C., testimoniano come lo scalo divenne un’importante base strategica per la flotta navale romana sin dal 218 a.C. circa, epoca in cui la presenza di una flotta navale romana viene segnalata nelle acque del “Viboniesem agrum maritimanque” da Tito Livio, in preparazione della guerra di Roma contro Filippo di Macedonia. Del resto, con il progressivo aumento delle sue conquiste, Roma dispose in quegli anni di un numero sempre maggiore di città marinare, che si rivelarono utilissime nell’impianto di cantieri per le costruzioni navali, per la fornitura degli equipagginecessari alla sua flotta e per il controllo delle popolazioni del Bruzio Secondo quanto tramandatoci da Tito Livio è facile supporre come l’area costiera vibonese costituì, ancor prima della deduzione coloniale, un punto di riferimento navale per la flotta romana, ed in cui agiva Sesto Sempronio, legato del console romano Tito Sempronio, al comando di una spedizione navale che aveva lo scopo di difendere il territorio costiero brettio durante lo svolgimento delle guerre puniche, nel 201 a.C. Il materiale ceramico rinvenuto nei saggi archeologici dell’area costiera, testimonia un intenso flusso commerciale con l’Africa Settentrionale, ma anche con le provincie romane dell’Europa meridionale e delle isole del Mediterraneo. Ma è per la guerra civile tra Cesare e Pompeo, che il porto di Vibona viene ricordato dalle fonti storiche, a proposito dell’audacia dei veterani romani che vi erano stanziati. E’ infatti nel 48 a. C. che, nello specchio di mare antistante la rada ipponiate, avvenne una furiosa battaglia navale tra la flotta dei veterani fedeli a Cesare e quella di Pompeo che, dopo aver assalito e distrutto la formazione stanziata a Messina, venne ad assalire anche quella in sosta nel porto vibonese. In epoca romana il porto vibonese risulta inserito in un contesto territoriale ben definito, molto diffuso nell’Italia romana, organizzato secondo il modello delle fattorie-ville; ville che, allo stato attuale della ricerca, risultano disposte quasi a corona del vitale scalo portuale. I loro siti sono stati archeologicamente individuati in località S.Venere di Vibo Marina, nell’area del Castello di Bivona ed a Punta Scrugli di Briatico. E’ facile supporre che, proprio per la loro localizzazione, tali ville costituissero i limiti interni dell’approdo romano, su cui basavano l’attività di scambio e di smercio delle loro produzioni agricole, compresa quella derivante dalla pesca e dalla coltivazione ittica, con un pescato che veniva descritto dall’antico geografo Aeliano di grande qualità, ed in particolare, secondo la testimonianza di Atheneo, del tipo di pesce appartenente alla famiglia dei tunnidi, del quale il porto di Vibona risultava ricchissimo. Anche Cicerone fa riferimento al porto in occasione dei suoi viaggi, sempre effettuati via mare, visto che Vibona, posta com’era tra i porti di Velia e Rhegium risultava allora uno degli scali principali sulla linea di navigazione per la Sicilia, sede della sua questura nel 75 a. C. L’importanza del Porto di Bivona per gli scambi commerciali con gli altri paesi del Mediterraneo non diminuì nonostante lo spostamento della Diocesi nell’entroterra militese e l’aumento delle incursioni saracene lungo le coste certamente perchè i nuovi dominatori normanni prima, e gli svevi successivamente, non intesero rinunciare ai vantaggi economici e militari derivavanti dalla presenza di un valido approdo su demanio marittimo. L’area portuale infatti venne dotata dei necessari appostamenti difensivi, in grado di proteggere i centri costieri e, cosa importante, a non scoraggiare il commercio marittimo e le attività economiche che nel territorio costiero ancora si esercitavano, che al contrario si intendevano incentivare per un determinante contributo alla crescita della nuova realtà urbana di Montis Leonis. Da un diploma normanno del 15.2.1091 si evince che ancora in quegli anni l’attività portuale e di pesca che si svolgeva nell’area portuale forniva cespiti degni di rilievo se, la giurisdizione e le rendite del porto di Vibona e della antica attività della pesca del tonno, vengono specificamente “donate”, o meglio ancora “lasciate” sotto la giurisdizione amministrativa dell’Abbazia della SS. Trinità di Mileto, e ciò non solo per un formale gesto di riverenza al potere ecclesiale dei principi normanni ma certamente per un significativo segno di riconoscimento dei diritti amministrativi e giurisdizionali dell’Abbazia sull’area costiera. Interessante, per la nostra ricerca sulla fortificazione dell’area portuale, risulta un successivo diploma normanno del 1101, il quale, oltre a rilevare la presenza nell’area portuale di una tonnara, testimonia la presenza in Bibona di una struttura incastellata, nell’atto meglio definita come “monasterio castellarium”. Difatti nell’ottobre del 1239, mentre nella nuova città collinare viene rafforzata la struttura di fortificazione normanna, l’imperatore Federico II, a cui certamente non sfuggì l’importanza di mantenere un valido sbocco sul mare per lo sviluppo politico-militare dell’area monteleonese, ordina la riorganizzazione del porto assegnandone la gestione amministrativa ad un guardiano che tutelasse la sicurezza e l’efficienza. Altre notizie, riferite alla metà del XIII secolo, sullo scalo marittimo di Bivona le ritroviamo nel “Compasso da Navigare”, che rappresenta la prima descrizione dei porti italiani, quasi un moderno portolano, redatta secondo le indicazioni delle carte di navigazione più antiche, aggiornate dai comandanti che di volta in volta le utilizzavano. Lo stesso approdo e con lo stesso toponimo è segnato nel mappamondo che si conserva nella chiesa madre della città di Hereford, dipinto nel 1313 da Richard Haldigam confermando pienamente la tesi della sua continuità d’uso, per tutto il XIII secolo. Tesi tra l’altro confortata da decine di atti notarili redatti a Palermo ed a Corleone tra il XIII ed il XIV secolo, che documentano ulteriormente l’utilizzo dello scalo L’attività portuale continuò negli anni successivi grazie al movimento di merci creato dalla attività dei mercanti genovesi e senesi, per lo più in iniziative legate all’esportazione dello zucchero, della seta, del legname e delle derrate alimentari, così come degli imprenditori calabresi, tra i quali si distinguono le famiglie dei Tagliaferri, dei Cafaro, dei Ciscovio, dei Ronchi e dei Ruffa. elle carte nautiche redatte tra gli inizi del XVI secolo ed il 1646, del resto, il porto viene ripetutamente segnalato dai cartografi veneziani, genovesi e spagnoli, per lo più posto tra quelli di Sant’Eufemia e , mentre soltanto dal 1646 viene inserito tra quello di Pizzo e Tropea, con una colorazione del toponimo alcune volte rosso altre nero, secondo l’importanza o meno data allo scalo dagli stessi cartografi. La scelta quindi di non investire un solo ducato per il ripristino delle strutture portuali, unito al continuo interramento del suo bacino, nonchè gli effetti nefasti dei violenti terremoti del 1638 e del 1783, furono le principali cause della fine dello scalo bivonese. Non sappiamo quali e quante strutture sopravvissero a tale concorso di eventi, ma certo i pochi resti consentirono ancora per anni l’utilizzo dell’approdo costiero, anche se probabilmente solo per le attività legate al piccolo cabotaggio costiero, visto che il movimento mercantile viene confermato dal fitto della Dogana e dalle stesse esazioni doganali effettuate fino al 1754. L’attività portuale è quindi documentata da atti doganali fino al 1754, anno questo che sembra essere l’ultimo della sua esistenza. Nella piantina, oltre al lago di Bivona viene descritto un altro laghetto d’acqua salsa “formatosi dalle grandi burrasche di mare ed alluvioni nell’anno 1767 nel lido di mare vicino al Castello di Bivona”. Tale accurata descrizione potrebbe confermare l’ipotesi, avanzata in questi ultimi anni, che un’improvviso quanto violento evento metereologico abbia potuto provocare la formazione di un’alta duna sabbiosa, che causò l’insabbiamento delle strutture portuali ed il repentino avanzamento della linea costiera. Questo evento spiegherebbe la ragione delle limitate informazioni sul porto negli anni successivi al ‘700.

Il Molo sommerso

Grazie alle nuove tecniche di indagine archeologica, ed in particolare alla fotointerpretazione unita agli studi geomorfologici del territorio, i primi resti sommersi dell’antico porto furono trovati nel 1966, a poca distanza dall’attuale foce del torrente Trainiti. Tale scoperta, unita alla recente indagine subacquea condotta da Stefano Mariottini, ha permesso di rilevare proprio quelli che, con tutta probabilità, rappresentavano i due antemurali della struttura portuale, entrambi costruiti con massi squadrati e ciottoli, a poca distanza l’uno dall’altro. Gli ultimi studi e scavi archeologici hanno fornito un ulteriore contributo nel delineare l’estensione del bacino portuale verso terra, grazie al ritrovamento, a breve distanza dal Castello di Bivona, di una struttura interrata lunga più di cento metri e larga quasi cinque, costituita da mattoni cementati con malta idraulica, che viene interpretata dagli studiosi come un’opera di banchinaggio. La cronologia dei materiali archeologici rinvenuti nell’area del Castello in questi ultimi anni, rivela inoltre la notevole continuità di frequentazione del sito, che possono essere riassunte in almeno tre principali fasi cronologiche: 1) una fase greco-ellenistica, documentata dalla presenza di materiali datanti in stratigrafia e da quelli provenienti dallo scavo di una stipe votiva (IV sec. a.C.); 2) una fase di età romano-imperiale, di cui sono relativi ambienti di lavorazione e pubblici, oltre ad altri ambienti abitativi, forse appartenenti ad un insediamento, rivelando inoltre la presenza di una struttura rettilinea interpretabile come un’opera di banchinaggio (dal II al VI sec. d .C.); 3) una fase basso medievale, databile tra il X ed il XIV secolo d. C., documentata dalla presenza di un edificio di culto nella cui fase di abbandono furono messe in opera alcune sepolture. Tali rinvenimenti e fasi cronologiche testimoniano, confermando pienamente le fonti antiche, come il porto ed il borgo marittimo ad esso collegato rivestirono un importante ruolo nella gestione delle risorse economiche del territorio, non soltanto nell’epoca della polis greca o in quella del municipium romano, ma anche epoche più tarde.

LA TUTELA DEL PORTO SOMMERSO Sottacqua si vede chiaramente il molo sommerso. E’ necessario procedere a dei rilievi topografici, seguirà poi la fase della tutela, della salvaguardia ed infine giungerà l’ora delle visite turistiche con immersioni guidate, osservazione dei fondali su barche dallo scafo trasparente che porteranno ad un’altra importante crescita culturale ed economica di Vibo Valentia. A seguito delle ultime scoperte, si è presentata l’esigenza di tutelare e valorizzare il patrimonio subacqueo di Vibo Valentia, oltre che quello in superficie, tema al centro del Waterfront, lo scopo sarebbe quello di mappare il tratto di costa Vibonese e creare in futuro dei percorsi turistici subacquei. Sarebbe, uno dei pochi casi al mondo di un “lungolungomare” che si collega ad un’esperienza suggestiva per chi potrebbe “passeggiare” in un’area sottomarina, catapultato nell’epoca dell’antica polis greca o in quella del municipium romano, ma anche epoche più tarde.

IN CONCLUSIONE PER TALI MOTIVI E RAGIONI SOCIO ECONOMICHE E FINANZIARE SI RICHIEDE L’ACCESSO AI FONDI DI FINANZIAMENTO ATTRAVERSO PROGETTI CIS.

SEZIONE 3. COSTO DELL’INTERVENTO

SEZIONE 4. LIVELLO PROGETTUALE DISPONIBILE

Studio di fattibilità

IL “lungoLungoMare” circa 6 km

IL “lungoLungoMare”

ESEMPI DI SISTEMAZIONE DEI DIVERSI TRATTI

profili

VISTE TRIDIMENSIONALI DI ALCUNI TRATTI

REALIZZAZIONE DI UN ANFITEATRO

IDEA PROGETTUALE DELLA PISTA CICLABILE

IL PARCO ARCHEOLOGICO SOMMERSO

Il fascino dell’attrazione