Ida Irene Dalser Di: Ludovica Micalizzi

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Ida Irene Dalser Di: Ludovica Micalizzi Ida Irene Dalser di: Ludovica Micalizzi Nel 2009 esce per le sale cinematografiche italiane il film Vincere sceneggiato e diretto da Marco Bellocchio((Vincere è stato l’unico film italiano in concorso al Festival di Cannes del 2009 ed è stata la pellicola più premiata al David di Donatello nel 2010 (Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Ida_Dalser).)). Un film storico il cui obiettivo è quello di raccontare una figura femminile marginale e alquanto controversa che, come spesso accade alle donne che hanno attraversato la storia, è stata del tutto dimenticata. Lei è Ida Irene Dalser, nata a Sopramonte (una frazione del comune di Trento) il 20 agosto 1880, e la sua vita si intreccia inesorabilmente e drammaticamente con quella di Benito Mussolini. Il regista definisce così l’intento del proprio film: [Il film] racconta la vita eroica di questa donna […] che innamorandosi perdutamente di Mussolini in qualche modo si annulla in questo amore; a questo amore dedica tutto: se stessa, i propri averi, la propria identità sociale, proprio perché è una donna totalmente radicale; in questo è una eroina della passione amorosa. Naturalmente, una volta che verrà abbandonata da Mussolini, incomincia una resistenza, una non accettazione di questo abbandono da parte di lui e, in qualche modo continuando in questa sua azione eroica, riesce a non farsi dimenticare, a non farsi annullare almeno dalla storia. La tenacia con cui Ida combatterà per sé e per il figlio Benito Albino al fine di ottenere il giusto riconoscimento da parte del Duce e della legge la rendono, senza alcun dubbio, uno dei personaggi più interessanti del secolo scorso sia da una prospettiva di analisi storica, soprattutto dal punto di vista della lotta per l’emancipazione, non solo politica ma anche esistenziale (volendo intendere con questa espressione l’affermazione dello statuto ontologico della parte femminile della società), delle donne nel nostro paese. La biografia di Dalser è costellata di momenti felici ai quali fa purtroppo eco una sequela di accadimenti spiacevoli e di sofferenze profonde che culmineranno nel suo internamento in manicomio. Come si è accennato, Ida nasce in una frazione di Trento, città che all’epoca apparteneva all’Impero austro-ungarico; si laurea a Parigi in Medicina estetica e nel 1913 decide di trasferirsi a Milano dove apre un salone di bellezza ispirato ai modelli della sale estetiche francesi e denominato Salone orientale di igiene e bellezza Mademoiselle Ida((Roberto Festorazzi, Mussolini e le sue donne, Varese, Pietro Macchione Editore 2013, p. 84.)). In questi anni vi sono testimonianze di una già intrapresa relazione con Mussolini che, secondo le fonti, sarebbe iniziata nel 1909, anno in cui i due si incontrano per la prima volta a Trento ove il futuro Duce scrive per il locale periodico socialista diretto da Cesare Battisti. Mussolini sposerà Rachele Guidi (da cui aveva già avuto una figlia, Edda) con rito civile nel dicembre del 1915, prima di partire per la guerra. Tuttavia da alcuni documenti conservati nella chiesa parrocchiale di Sopramonte si attesta che nel 1914 Benito Mussolini e 1 / 3 Ida Dalser convogliarono a nozze. Ida, trovandosi nella necessità di dover dimostrare la veridicità delle proprie affermazioni circa un legame coniugale con Mussolini, si appellerà più volte a tali certificazioni le quali, come è possibile intuire, erano prontamente state fatte sparire (per correttezza storica, però, bisogna precisare che nell’allora impero austriaco il matrimonio religioso non aveva valore legale). A tal proposito, Marco Zeni, giornalista che si è occupato di ricostruire la vicenda di Dalser, riporta che don Luigi Pedrolli, prete a Sopramonte, negli anni Cinquanta avrebbe confessato ad Antonio Zieger, bibliotecario al comune di Trento, che l’atto del matrimonio tra il Duce e Ida, annotato a margine dell’attestato di nascita della stessa Dalser, venne richiesto e distrutto nel 1925 da “gente interessata”. Alcuni studiosi hanno sostenuto che certamente la Chiesa e il Pontefice dovevano essere a conoscenza dell’evento dal momento che un semplice parroco avrà con ogni probabilità informato i propri superiori di un tale accaduto i quali, dunque, sarebbero stati complici dell’eliminazione dell’atto matrimoniale tra Mussolini e la giovane donna((Cfr. http://www.zam.it/biografia_Ida_Dalser.)). Tornando alla narrazione biografica, sappiamo che l’anno seguente, esattamente un mese prima del matrimonio tra Benito e Rachele Guidi ossia il 16 novembre (secondo altre fonti l’11 novembre), Ida dà alla luce un bambino al quale impone i nomi dell’amante e del padre: Benito Albino. Mussolini riconoscerà il figlio nel gennaio del 1916 e inizierà a versare a favore di Dalser e del piccolo un assegno mensile di duecento lire((Roberto Festorazzi, Mussolini e le sue donne, Varese, Pietro Macchione Editore 2013, p. 83.)). Ma dal carattere focoso e decisa a non rassegnarsi alla perdita dell’amato, Ida va a trovare Mussolini nel 1917 all’ospedale di Milano nel quale è ricoverato in seguito alle ferite riportate durante un’esercitazione. Giunta sul luogo trova accanto all’amato Rachele e in preda alla rabbia e alla gelosia si scaglia contro la donna rivendicando per sé il titolo di signora Mussolini. Le due donne arrivano ad aggredirsi fisicamente mentre Mussolini, impossibilitato a muoversi, le guarda giacendo sul letto((Roberto Festorazzi, Mussolini e le sue donne, Varese, Pietro Macchione Editore 2013, p. 86.)). Ed è precisamente in seguito a questo episodio che cominciano i provvedimenti nei confronti di Ida e di Benito Albino((«Mestiere di storico: rivista della Società italiana per lo studio della storia contemporanea»: III, 1, 2011, p. 79.)). In un primo momento venne accusata dal decreto prefettizio di essere “un grave pericolo per il turbamento dell’ordine pubblico”((R. Festorazzi, Mussolini e le sue donne, Varese, Pietro Macchione Editore, 2013, p. 87.)). In seguito a tali accuse, Dalser fu arrestata e rinchiusa nel manicomio di Pergine Valsugana. Come è ovvio le tolsero la tutela del figlio del quale lei non avrà più notizie. Sappiamo da alcuni resoconti che nel 1925 il piccolo Benito Albino venne affidato a un tutore, il sindaco di Sopramonte Giulio Bernardi. Ida venne trasferita nel nosocomio di San Clemente in Venezia. Da qui la donna spedirà numerose lettere ai familiari e, ovviamente, all’uomo più potente d’Italia di cui continuava a essere innamorata. La scrittura è infatti, almeno in un primo momento, l’unico modo che ha per non impazzire mentre è reclusa in una camera d’ospedale. Purtroppo le sue missive, cariche di amore e di sconforto, non giungeranno mai a destinazione ma saranno eliminate prima che possano uscire dal manicomio. Instancabile eroina della passione, come l’ha definita Marco Bellocchio nel passo riportato, Ida scappa durante un trasferimento nel 1934 dall’ospedale in cui era rinchiusa al precedente manicomio di Pergine. Venne dispiegato un numero ingente di poliziotti per setacciare la zone e ritrovare l’indomabile e instancabile donna la quale fu rintracciata qualche 2 / 3 giorno dopo e riportata all’ospedale psichiatrico di Venezia ove morirà nel 1937 a causa di un’emorragia cerebrale((Richard Owen, Power-mad Mussolini sacrificed wife and son, «The Times», 29 giugno 2011.)). Stando a quanto ritengono alcuni storici, la sua morte fu un vero e proprio “delitto di regime” soprattutto alla luce del fatto che non è mai stato reso noto il luogo in cui Ida è stata sepolta((Mussolini e due morti sospette, «La Repubblica», 19 gennaio 2006.)). Durante la sua vita Ida lottò senza sosta per ottenere ciò che riteneva spettasse a sé e al proprio figliolo, ma purtroppo nessuno era disposto a mettersi contro una figura come quella di Mussolini che da lì a breve sarebbe divenuto il capo del paese. Il tribunale di Milano, presieduto da Giovanni Maria Antonioli, e con giudici Luigi Serra e Vincenzo Porro, in conclusione al processo aperto in seguito alla denuncia di Ida Dalser nei confronti di Benito Mussolini per essere stata sedotta e abbandonata, sentenzierà che, stando ai dati presenti, non avvenne mai il matrimonio tra i due come, invece, dichiarava Dalser((Cfr. http://www.zam.it/biografia_Ida_Dalser.)). La storia di questa giovane donna, nata sotto una stella sfortunata e che ebbe la sorte di innamorarsi nel momento sbagliato di un uomo che poneva le proprie ambizioni prima di ogni forma di rispetto per il prossimo, fosse anche la madre del proprio figlio, ha in qualche misura un risvolto positivo. La vicenda di Ida ci lascia, infatti, un insegnamento che vale quale monito per tutte le donne presenti e future che vengono a conoscenza della sua triste storia: ovvero che non bisogna cedere in nessun modo ad alcuna forma di pressione e di sopruso; la sua è stata una storia di vera e propria violenza che, anche se non ha lasciato segni sul corpo, ha di certo inciso profondamente sulla stabilità mentale ed emotiva della donna. Pur avendo il mondo contro, l’energica Ida, alla pari di una moderna valchiria, ha tentato il tutto per tutto con il solo obiettivo di farsi spazio all’interno dello scenario politico e sociale angusto (soprattutto per una donna sola) di quegli anni e far trionfare la verità. Non curante del fatto di venir additata come folle e isterica, Dalser si pone come modello di riferimento per tutte noi donne che ancora oggi siamo spesso, coscientemente o meno, vittime di violenza psicologica ed emotiva alla quale reagiamo con il silenzio e la condiscendenza. Al contrario, seguendo le orme di Ida Dalser, dobbiamo avere il coraggio di combattere per ottenere quel rispetto che non può né deve esserci in alcun modo negato. A Ida in vita non è stata riconosciuto ciò per cui ha lottato ed è morta, ma adesso la storia, consapevole delle proprie colpe, sta iniziando a renderle la giustizia a cui tanto aspirava.
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