ARMONIE

IL MITO E IL CULTO DELLA GRANDE DEA TRANSITI, METAMORFOSI, PERMANENZE

ATTI Convegno 24-25 novembre 2000 Oratorio e Museo di Santa Maria della Vita Bologna © Copyright Associazione Armonie Joan Marler Emanuel Anati Luisella Veroli M.A. Fugazzola - V. Tinè Fausto Bosi Harald Haarmann Fabio Scialpi Elettra Ingravallo Gianluca Bocchi Caterina Arcidiacono Antonella Barina Tilde Giani Gallino Raffaella Lamberti

Fotocomposizione: Belle Arti s.r.l. - Bologna Stampa: Publistampa - Gaspari Edizioni s.r.l. - Bologna

In copertina: Idolo di tara, terracotta 2000 a.C. neolitico recente, Museo Canario ARMONIE

IL MITO E IL CULTO DELLA GRANDE DEA TRANSITI, METAMORFOSI, PERMANENZE

ATTI Convegno 24-25 novembre 2000 Oratorio e Museo di Santa Maria della Vita Bologna Comitato Promotore Cura e coordinamento redazione Maria Panza - Maria Teresa Ganzerla Milli Violante Associazione Armonie Trascodifica e traduzione testi Micaela Boarini

Comitato Scientifico Fotocomposizione e Fotolito Caterina Arcidiacono Belle Arti s.r.l. - Bologna Psicoanalita, Fondazione del Mediterraneo, Napoli L’Associazione Armonie ringrazia per la Dede Auregli preziosa collaborazione data alla realizzazione Critica d’arte, Galleria d’Arte Moderna, Bologna del Progetto «Convegno e Mostra sul Mito e il Culto della Grande Dea nell’Europa Neolitica: Antonella Barina per riscrivere la storia» Direttrice rivista «Istar», Venezia Gianluca Bocchi in particolare: Filosofo e Storico delle Idee, Milano Milli Violante, Ideatrice del progetto Annamaria Brizzolara Daniela Facchinato, i membri del comitato scientifico, i Ricercatrice, Dip. di Archeologia, relatori e tutti coloro che hanno contribuito alla Università degli Studi di Bologna realizzazione di questa iniziativa. Mauro Ceruti Preside, Dip. Scienze della Formazione, Il nostro ringraziamento va inoltre agli enti che Università degli di Milano Bicocca hanno concorso con il patrocinio: Daniela Facchinato Università degli Studi, Bologna Giornalista e fotografa, Bologna Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli Istituto Gramsci Emilia Romagna Laura Faranda I.r.r.s.a.e. Emilia Romagna Docente di Etnologia, Università degli Studi La Sapienza di Roma Si ringraziano inoltre: Raffaella Lamberti il Comitato Bologna 2000, Presidente Centro Documentazione delle Donne, Bologna l’Agenzia Noema, Marino Niola il Centro di Documentazione delle Donne, Docente di Antropologia Culturale, il Dipartimento di Archeologia dell’Università degli Università degli Studi, Trieste Studi di Bologna, Milli Violante il Museo di Paleontologia di Terra Amata (Nizza), Ideatrice del progetto, Bologna l’Associazione Culturale Melusine di Milano, l’Agenzia Millenia, Supervisione di Oratorio e Museo di Santa Maria della Vita, Cristiana Govi Morigi l’ASL della città di Bologna, Direttrice Museo Civico Archeologico, Bologna Comune di Bologna, Quartiere Savena, Fotocomposizione Belle Arti s.r.l., Matilde Callari Galli Publistampa - Gaspari Edizioni s.r.l. Docente di Antropologia Culturale, Università degli Studi di Bologna che con la loro collaborazione hanno reso possibile la realizzazione di questo progetto.

Segreteria Scientifica Un grazie particolare a Marco Poli della Milli Violante Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Daniela Facchinato Indice

Presentazione ...... Pag. 5

Prima sessione GENEALOGIE ...... » 7 - Joan Marler THE BODY OF WOMAN AS SACRED METAPHOR ...... » 9 - Emanuel Anati IL CULTO DELLA MADRE GENITRICE: LA RICERCA DELLE ORIGINI ...... » 25 - Luisella Veroli LUOGHI DI CULTO, CULTO DEI LUOGHI ...... » 37

Seconda sessione SEGNI ...... » 43 - M.A. Fugazzola - V. Tinè RAPPRESENTAZIONE DELLA GRANDE MADRE NELLA PREISTORIA MEDITERRANEA ...... » 45 - Fausto Bosi CERAMICA DIPINTA E MITOLOGIA DELL’EUROPA ENEOLITICA ...... » 51 - Harald Haarmann LA GRANDE DEA E L’ANTICA SCRITTURA EUROPEA ...... » 59 - Fabio Scialpi LA GRANDE DEA NELLA CULTURA INDIANA. DALLE PICCOLE TRADIZIONI LOCALI ALLA GRANDE TRADIZIONE SANSCRITISTICA ...... » 65 - Elettra Ingravallo IL NEOLITICO ITALIANO E I SUOI CULTI ...... » 77

Terza sessione METAMORFOSI ...... » 83 - Gianluca Bocchi GENESI DELLE IDENTITÀ EUROPEE ...... » 85 - Marino Niola TEORIA DI MADRI ...... » 103 - Laura Faranda NASCERE DUE VOLTE. L’AMBIGUO DESTINO DELLA GRANDE MADRE NELLA GRECIA CLASSICA . . . . . » 103 - Lucietta Scaraffia LA VERGINE COME CONTENITORE DEL SACRO ...... » 103

Quarta sessione TRANSITI ...... » 105 - Caterina Arcidiacono SULLE TRACCE DELLA GRANDE MADRE MEDITERRANEA: IMMAGINI E ATTRIBUTI ...... » 107 - Antonella Barina VIAGGIO NEI LUOGHI SACRI DEL MEDITERRANEO INSULARE (1988-1998) ...... » 117 - Tilde Giani Gallino DEE, DONNE, DRAGHI: L’INCONSCIO COLLETTIVO È (SOLO) MASCHILE E NON LO SA ...... » 125 - Raffaella Lamberti DESIDERI E RAGIONI DI DIFFERENZA E PROPORZIONE TRA DONNE E UOMINI, IERI E OGGI ...... » 131

Mostra fotografica «PRIMA DI EVA» a cura di Daniela Facchinato ...... » 135 PRESENTAZIONE

Come Presidente dell’Associazione Armonie sento il dovere innanzitutto di ringraziare Milli Violante, ideatrice del progetto, per la cui piena realizzazione tanto si è impegnata, sia nella fase di progettazione che in quella di gestione operativa, in ogni fase del percorso. Un grazie sentito inoltre al Comitato Scientifico e all’Associazione Culturale Melusine di Milano che, sotto la direzione di Luisella Veroli, ha collaborato arricchendo il dibattito con ricerche sulle tematiche del Convegno. Un particolare riconoscimento inoltre va a Daniela Facchinato che ha curato la realizzazione della Mostra «Prima di Eva» allestita durante il Convegno. Si ringraziano le relatrici e i relatori i cui interventi hanno fortemente valorizzato le giornate del Convegno, fornendo elementi di grande interesse scientifico e culturale. Ci onora poter presentare gli Atti del Convegno, dimostrando così l’impegno costante dell’Associazione Armonie a partecipare in ogni momento della propria attività alla diffusione della cultura di genere e un’attenzione viva e aperta all’indagine archeologica e storica sulle problematiche femminili. Infine, poche parole sull’Associazione Armonie: Il nucleo originario che ha dato vita a questa associazione, risale al 1989, quando un gruppo di donne del quartiere Savena, svolse azioni per contrastare l’ondata di violenza, di aggressioni e stupri accaduti nel giro di pochi mesi nelle varie zone del Quartiere, esprimendo alle donne colpite solidarietà e impegno socia- le con iniziative varie e differenziate: incontri con i cittadini, autorità, dibattiti culturali in cui tutta la città veniva coinvolta. Nel 1994 il gruppo delle donne impegnate aumenta e si costituisce l’Associazione Armonie, dandosi un proprio statuto, ispirandosi a precisi principî di solidarietà umana contro ogni tipo di violenza. Le nostre finalità erano e sono quelle di sconfiggere la paura, rivitalizzare l’area urbana con iniziati- ve culturali, sociali e ricreative. Organizziamo incontri in cui si affrontano problemi nelle relazioni fra donne e uomini, nel rispetto della diversità di genere e secondo i principi delle pari opportunità e del rispetto reciproco. La pace è in pericolo. La violenza continua e colpisce soprattutto donne e bambini. Un maggiore benessere non è sempre segno di civiltà, ma esprime spesso povertà di ideali. Oggi contiamo 133 associate, donne di tutte le età la cui maggioranza partecipa a varie iniziative da loro scelte (lettura collettiva, atelier di scrittura, corsi di autostima). Altre attività sono estese alla salute, al rapporto genitori e figli, con la partecipazione di esperti. Il nostro rapporto con le donne del territorio ha dato luogo ad una iniziativa culturale importante: la raccolta di testimonianze sul vissuto delle donne durante la seconda guerra mondiale, e si è realizzato con la pubblicazione di un libro dal titolo «I colori della memoria». Gli studi sulle passate civiltà pacifiche siano di stimolo per il presente e per un futuro in cui al benes- sere si accompagni una società più ricca di umanità, di fratellanza e di solidarietà: non più guerre ma pace fra i popoli. Un ringraziamento particolare al «Comitato Bologna 2000 Città Europea della Cultura» che ha dato fiducia alla nostra Associazione approvando il progetto per cui si è potuto realizzare il Convegno e una mostra che ha interessato studiose/i e tante donne italiane e straniere.

Amedea Zanarini Presidente Associazione Armonie PRIMA SESSIONE GENEALOGIE

Venerdi 24 novembre 2000 Coordinatrice Maria Antonietta Fugazzola Delpino Museo Pigorini, Roma JOAN MARLER California Institute of Integral Studies, San Francisco THE BODY OF WOMAN AS SACRED METAPHOR Il corpo della donna come metafora sacra

Introduction Introduzione This presentation is drawn from the archaeo- Questa presentazione è ispirata alla ricerca archeomito- mythological research of Lithuanian-American logica dell’archeologa lituano-americana Marija Gimbu- archaeologist Marija Gimbutas (1921-1994) who tas (1921-1994), che dedicò gli ultimi trent’anni della devoted the last 30 years of her life to a pio- sua vita a uno studio pionieristico del simbolismo delle neering investigation of the symbolism of the culture pre-indoeuropee dell’antica Europa, dell’antica pre-Indo-European cultures of Old Europe. Anatolia e del Mediterraneo. The presence of thousands of anthropomor- La presenza di migliaia di sculture antropomorfiche e phic and zoomorphic sculptures, elegant ves- zoomorfiche, eleganti vasi, altari, modelli di templi e og- sels, altars, temple models, and cult equip- getti cultuali in tutte queste regioni indica attività rituali ment throughout these regions indicates per- continuative collegate alle realtà stagionali della vita sistent ritual activities related to the seasonal neolitica. realities of life. The majority of an- La maggior parte delle immagini antropomorfiche è thropomorphic imagery is female, indicating femminile, il che riflette la centralità delle attività della the centrality of women’s activities within the donna nell’ambito domestico e agricolo (1). domestic and horticultural realms (1). In Secondo il punto di vista di Gimbutas, una grande parte Gimbutas’ view, a vast body of Neolithic sym- del simbolismo neolitico riflette «un sistema ideologico bolism reflects «a cohesive and persistent ide- coerente e continuativo» che esprime la religione della ological system» expressing the religion of the Grande Dea. Questi simboli devono essere studiati «nei Great Goddess. These symbols must be stud- loro piani di relazione, raggruppati secondo la loro coe- ied «on their own planes of reference, grouped renza interna» (2). according to their inner coherence» (2). As Come Gimbutas afferma in The Language of the Gimbutas states in The Language of the Goddess, Goddess, «i simboli sono raramente astratti in senso «Symbols are seldom abstract in any genuine autentico; i loro legami con la natura persistono e posso- sense; their ties with nature persist, to be dis- no essere scoperti attraverso lo studio del contesto e l’as- covered through the study of context and asso- sociazione. In questo modo possiamo sperare di decifrare ciation. In this way we can hope to decipher il pensiero mitico che è la raison d’etre di quest’arte e the mythical thought which is the raison d’être of il fondamento delle forme che essa assume» (3). this art and basis of its form» (3). In the absence of written texts, an adequate In assenza di testi scritti, un’adeguata comprensione understanding of the nonmaterial aspects of degli aspetti non materiali di una cultura non è possibile culture is not possible through the description attraverso la sola descrizione dei manufatti. of artifacts alone. Therefore, Gimbutas devel- Quindi, Gimbutas ha sviluppato la «Archeomitologia», oped «Archaeomythology», an interdiscipli- un approccio interdisciplinare alla conoscenza che combi- nary approach to scholarship that combines ar- na archeologia, mitologia, etnologia, folklore, paleontolo- chaeology, mythology, ethnology, folklore, lin- gia linguistica e studio di documenti storici (4). guistic paleontology, and the study of histori- Questa metodologia si fonda sui seguenti presupposti: le cal documents (4). This methodology is in- cosmologie sacre sono centrali nel tessuto culturale di formed by the following assumptions: Sacred tutte le società arcaiche; le credenze e i rituali che espri- cosmologies are central to the cultural fabric of mono concezioni del mondo sacro tendono a conservarsi, all early societies; beliefs and rituals express- e molti modelli arcaici sopravvivono come elementi di ing sacred world views are conservative, and substrato in fasi culturali successive. many archaic patterns have survived as sub- stratum elements into later cultural phases. The term «Great Goddess» does not refer Il termine «Grande Dea» non si riferisce a una ver- to a female version of the transcendent sione femminile del Dio monoteistico trascendente. monotheistic God. Gimbutas defines «God- Gimbutas definisce la «Dea», in tutte le sue manifesta- dess», in all her manifestations, as a symbol of zioni, come il simbolo dell’unità di tutte le forme di vita

(1) Hodder 1990: 61-3. (2) Gimbutas 1989: xv. (3) Gimbutas 1989: xv. (4) See Gimbutas 1989, 1991; Marler 1997, 2000. 10 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze the unity of all life in Nature. «Her power was in natura. «Il suo potere era nell’acqua e nella pietra, in water and stone, in tomb and cave, in ani- nella tomba e nella caverna, negli animali e negli uccel- mals and birds, snakes and fish, hills, trees, li, nei serpenti e nei pesci, nelle colline, negli alberi e nei and flowers. Hence the holistic and mythopo- fiori. Da qui la percezione olistica e mitopoietica della sa- etic perception of the sacredness and mystery cralità e del mistero di tutto ciò che è sulla Terra» (5). of all there is on Earth» (5). The cosmogonic La Dea cosmogonica è in definitiva una metafora, un’i- Goddess is ultimately a metaphor, a sacred dea sacra della Sorgente immanente di tutto ciò che esi- concept of the immanent Source of all exis- ste, rappresentata, per migliaia di anni, in forme fem- tence rendered, for thousands of years, in fe- minili. male forms. Gli essere umani hanno sempre cercato di trovare Humans have always tried to make sense of un senso nel mondo e di coltivare una relazione con ciò the world and to cultivate a relationship with che è percepito come sacro. In questo caso, La Sorgente what is perceived to be Sacred. In this case, Sacra è l’intero mondo naturale, che si genera da sé e the Sacred Source is the entire natural world, riassorbe se stesso nella morte. Immaginare questa Sor- giving birth to itself, and absorbing itself in gente come femminile crea un’intimità primaria con ciò death. To imagine the Source as female, cre- che sarebbe altrimenti infinitamente vasto. La Sorgente ates a primal intimacy with what is otherwise Sacra è Una così come l’universo è Uno, pullulante di infinitely vast. The Sacred Source is One as the molteplicità. universe is One, teeming with multiplicity. Lungi dal rappresentare una categoria monolitica, i Far from representing a monolithic catego- poteri della Dea non si limitano alla fertilità e alla ma- ry, the Goddess’ functions are not limited to ternità, ma comprendono la certezza della morte e la fertility and motherhood, but include the cer- possibilità della rigenerazione all’interno dei cicli del tainty of death and the possibility of regenera- tempo. Questa metafora ha dato origine a un’ampia tion within the cycles of time. This metaphor gamma di espressioni umane in svariati contesti am- has given rise to a broad range of human ex- bientali, culturali e temporali. pressions in varied ecological, cultural, and temporal contexts. Questo studio presenta un repertorio di immagini This paper introduces anthropomorphic antropomorfiche e zoomorfiche provenienti dall’antica and zoomorphic imagery from Old Europe, Old Europa, dall’antica Anatolia (6) e dal Mediterraneo, Anatolia (6), and the Mediterranean that re- immagini che riflettono l’antica venerazione per i poteri flects ancient veneration of the life-giving, propri del mondo naturale di dare la vita, causare la death-wielding, and regenerative powers of morte e produrre la rigenerazione. the natural world. Le sculture raffiguranti il corpo femminile che funzio- Sculptural expressions of the female body nano come metafore sacre non hanno avuto inizio con la functioning as sacred metaphors did not begin transizione alle economie agricole del Neolitico, ma han- with the transition to Neolithic horticultural no origine nell’Era Glaciale del Paleolitico Superiore. economies, but had roots in the Ice Age of the Upper Paleolithic.

Paleolithic Beginnings Origini paleolitiche Twenty-five thousand years ago, an image of a Venticinquemila anni fa, sopra l’ingresso di una grotta a woman pointing to her womb and holding a bi- Laussel, in Dordogna, nella Francia meridionale, è stata son horn aloft in the shape of the crescent scolpita l’immagine di una donna che indica il proprio moon, was carved over the entrance to a cave grembo e regge in alto un corno di bisonte a forma di lu- at Laussel, in the Dordogne region of southern na crescente. Il suo corpo, dipinto con ocra rossa, potreb- . Her body, stained with red ochre, be aver preso sia la luce del sole sia quella della luna. would have caught the light of both sun and Questa incisione molto probabilmente raccontava una moon. This engraving quite possibly told a sto- storia che funzionava come uno strumento mnemonico o ry that functioned as a mnemonic or instruc- di istruzioni, espresso nei codici della conoscenza ance- tional device, encoded with ancestral knowl- strale. edge. Thirteen vertical marks were cut on the Sul corno a mezzaluna sono stati incisi tredici segni ver- crescent horn which may represent thirteen lu- ticali che potrebbero rappresentare le tredici lunazioni di nations within a solar year, or the lunar rhythm un anno solare, oppure il ritmo lunare dell’ovulazione - of ovulation-suggesting cosmic and human cy- a suggerire cicli cosmici e umani in sintonia con il corpo cles aligned within the female body. Alexander femminile. Marshack (7) notes that the symbolism within Alexander Marschack (7) osserva che il simbolismo di

(5) Ibid: 321. (6) «Old Europe» and «Old Anatolia» refer to the pre-Indo-European Neolithic cultures of these areas. (7) Marshack 1972. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 11 the cave, which may have been utilized for questa caverna, che potrebbe essere stata utilizzata per thousands of years for ritual purposes, associ- migliaia di anni a scopi rituali, associa la gravidanza di ates the pregnancy of both women and ani- entrambi, donne ed animali. mals. The gestation of bison, typically born in La gestazione del bisonte, che di solito nasce in primave- the spring, is the same as humans, nine ra, ha la stessa durata di quella umana, nove mesi. months. This image may have communicated Questa immagine potrebbe aver comunicato il messag- the message that when the bison are rutting, it gio che quando il bisonte è in calore, è tempo di concepi- is time to become pregnant in order to give re, in modo da partorire in primavera. birth in the spring. Under Ice Age conditions, Durante l’Era Glaciale, partorire in inverno poteva si- to give birth in winter could mean death. Such gnificare la morte. a figure might simultaneously represent an in- Una figura come questa poteva rappresentare simulta- dividual woman, a great cosmic presence, a neamente una singola donna, una grande presenza co- message from the ancestors-both practical and smica, un messaggio da parte degli antenati – sia prati- spiritual-a relational bond between the human co sia spirituale – un legame di parentela fra la comu- and animal communities, the finite and the in- nità umana e quella animale, il finito e l’infinito, senza finite, with no contradiction. contraddizione. The predominance of female mobilary art in La prevalenza delle piccole sculture femminili nel- Upper Paleolithic Eurasia has puzzled re- l’Eurasia del Paleolitico Superiore ha reso perplessi i ri- searchers for decades. Thousands of Paleolithic cercatori per decenni. female sculptures in various styles, small Migliaia di sculture femminili paleolitiche in vari stili, enough to nestle in the hand, were created and abbastanza piccole da potersi tenere in mano, sono state carried along the big-game corridor between create e trasportate lungo i percorsi di caccia grossa fra i the Pyrenees and Siberia. Some have been Pirenei e la Siberia. found in situ near the hearths of mammoth Alcune sono state rinvenute in situ vicino ai ripari dei hunters, or in special niches, suggesting a ritual cacciatori di mammut, o in nicchie speciali, il che fa pen- or protective function. Attempts to explain sare a una funzione rituale o protettiva. these sculptures have produced theories about I tentativi di spiegare queste sculture hanno prodotto fertility cults, worship of a Mother Goddess, as teorie sui culti della fertilità, sull’adorazione della Dea well as Stone Age sexuality (implied by the Madre e anche sulla sessualità nell’Età della Pietra term «Venus»), and pornography. According to (implicita nel termine «Venere») e sulla pornografia. Gimbutas, «To conclude that these Paleolithic Secondo Gimbutas, «Concludere che questi simboli pa- symbols were objects created for the erotic leolitici fossero oggetti creati per la stimolazione erotica stimulation of males completely ignores their dei maschi significa ignorare completamente il loro con- religious and social context. Attention must be testo religioso e sociale. Bisogna considerare attenta- paid to how they are rendered, with what other mente come essi sono rappresentati, a quali altri simboli symbols they are associated, and whether their sono associati, e se la loro raffigurazione continua per depiction extends over long ages» (8). lunghi periodi» (8). It has been suggested that small female im- ages may simply have been dolls or toys with- Si è ipotizzato che le piccole immagini femminili fos- out any particular sacred significance (9). While sero semplicemente bambole o giocattoli senza nessun dolls and toys may certainly have been made, particolare significato sacro (9). Ma, mentre bambole e miniature sculptures do have the capacity to giocattoli possono certamente essere stati costruiti, le represent complex symbolism linked with ritu- sculture in miniatura possiedono la capacità di rappre- al behavior and oral narratives. Hopi kachinas, sentare un simbolismo complesso collegato al comporta- for example, rendered in the form of «dolls» mento rituale e alle narrazioni orali. Le kachinas Ho- represent formidable cosmic powers. pi, ad esempio, che hanno forma di «bambole», rappre- The disappearance of female mobilary art sentano formidabili poteri cosmici. in Europe at the end of the Ice Age does not La scomparsa delle piccole sculture femminili in Eu- necessarily signify an abandonment of earlier ropa alla fine dell’Era Glaciale non significa necessaria- beliefs. Mammoth ivory, the preferred sculp- mente un abbandono delle credenze precedenti. L’avorio tural medium, became scarce and figurines di mammut, il materiale preferito per le sculture, era di- produced in perishable materials would have ventato scarso e statuine prodotte con materiali più de- decayed (10). peribili potrebbero essere andate distrutte (10). Palaeolithic traditions lasted longer in Siberia than in Europe because the ice-shield Le tradizioni paleolitiche sono durate più a lungo in melted more slowly, fostering a continuity of Siberia che in Europa perché lo scudo di ghiaccio si è socioeconomic patterns in local populations. It sciolto più lentamente, favorendo la continuità dei mo-

(8) Gimbutas 1991: 223. (9) Ucko 1963. (10) Haarmann 2000: 8. 12 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze is significant that various Siberian peoples still delli socio-economici nelle popolazioni locali. È significa- associate the natural world with female spirits tivo che vari popoli siberiani associno ancora il mondo (11). In the mythology of the Finno-Ugrians, for naturale con gli spiriti femminili (11). instance, the earth, forests, water, wind, and Nella mitologia dei popoli ugro-finnici, per esempio, si fire are believed to contain the living presence ritiene che la terra, le foreste, l’acqua, il vento e il fuoco of female deities. The Siberian Evenki people racchiudano la presenza vivente di divinità femminili. traditionally keep a female sculpture in every Il popolo siberiano degli Evenki tradizionalmente conser- tent, symbolizing the spirit of a female ances- va in ogni tenda una scultura femminile, che simboleg- tor guardian who protects the fireplace and is gia lo spirito guardiano di un antenato femminile che responsible for the well-being and shelter of protegge il fuoco ed è responsabile del benessere e della the family. The Chukchee people of the Siber- sicurezza della famiglia. Presso il popolo Chukchee del ian northeast have a custom of giving a doll to nord est siberiano vige l’usanza di dare alla sposa una the bride, symbolizing a protective female an- bambola, che simboleggia un antenato protettore fem- cestor. Moreover, in these cultures, the roles of minile. prominent women, such as female shamans, Inoltre, in queste culture, il ruolo delle donne influenti, have been preserved (12). come le donne sciamano, è stato conservato (12). Evidence of the veneration of female pow- ers is not dependent on the presence of a La prova della venerazione dei poteri femminili non sculptural tradition. In Wales and throughout dipende solo dalla presenza di una tradizione scultorea. the British Isles, the Goddess is evoked Nel Galles e su tutto il territorio delle Isole Britanniche, through a richly poetic oral tradition in which la Dea è evocata attraverso una tradizione orale ricca- the entire natural world is imbued with her mente poetica nella quale l’intero mondo naturale è per- essence. Don, the Magna Mater, is said to have meato della sua essenza. Si ritiene che Don, la Magna given birth to Wales, and to the power of Mater, abbia dato i natali al Galles, e si attribuisce a speech there. According to Michael Dames lei anche il potere della parola. Come afferma Michael «The chatter and slurp of Welsh streams ... Dames, «I borbottii e i mormorii dei torrenti del Galles were formerly regarded as the bubbling proto- ...erano un tempo considerati come le gorgoglianti proto words of a river goddess». Her presence is - parole di una dea del fiume». Si ritrova traccia della found in the Welsh verb donio, ‘to endow, bless, sua presenza nel verbo gallese donio, «dotare, benedi- give, present’ (13). In Ireland (Éire, derived re, dare, offrire in dono» (13). from the Goddess Éiru), rivers such as the In Irlanda (Éire, che deriva dalla Dea Éiru), fiumi come Boyne, Liffey, Shannon, Braint and Brent are il Boyne, il Liffey, lo Shannon, il Braint e il Brent named after the goddesses Bóand, Lífe, Sin- prendono i loro nomi dalle dee Bóand, Lífe, Sinnann e nann, and Brigit (14). Springs, sacred wells, Brigit (14). rivers, and lakes are associated mythically with Sorgenti, fonti sacre, fiumi e laghi sono associati mitica- the womb’s watery realm, places of gestation mente con il regno acquatico dell’utero, luoghi di gesta- and nurturance. The River Kennet that flows zione e nutrimento. through the ceremonial landscape of Britain’s Il fiume Kennet che scorre attraverso il paesaggio ceri- Marlborough downs takes its name from the moniale delle colline britanniche di Marlborough prende Goddess’ genitalia (15). The landscape is the il suo nome dai genitali della Dea (15). body of the Goddess, as indicated by the lore Il paesaggio è il corpo della Dea, come è indicato dalle of place names, such as the «Paps of Anu», denominazioni tradizionali delle località, come le «Mam- mountains in the shape of breasts in County melle di Anu» montagne a forma di seni nella County Kerry, Ireland. Kerry, in Irlanda.

Womb of the Goddess as Sacred Source Il grembo della Dea come sorgente sacra Some of the earliest female symbols engraved Alcuni dei più antichi simboli femminili incisi sulle pare- on Paleolithic cave walls from southern France, ti delle grotte del Paleolitico nella Francia del sud, data- c. 30,000 BC and later, are traditionally interpret- bili al 30000 a.C. circa e più tardi, sono tradizional- ed as figurative and symbolic vulvas, pars pro toto mente interpretati come vulve figurative e simboliche, of the Goddess as the Sacred Source of life. pars pro toto della Dea come sorgente sacra della vi- Many of these abstract images seem analogous ta. Molte di queste immagini astratte assomigliano a se- to seeds or buds, establishing an early connec- mi o germogli, e stabiliscono una connessone primordia- tion between women’s reproductive organs and le fra gli organi riproduttivi della donna e il mondo vege- the vegetable world [Fig. 1, 4] (16). tale [Fig. 1, 4] (16).

(11) Ibid. (12) Ibid: 13, 8. (13) Dames 1999: 15. (14) Condren 1989: 26-7. (15) Michael Dames, personal communication. (16) Gimbutas 1989: 99. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 13

Fig. 1 - 1 and 2, Natufian engraved pebbles resembling vulvas or seeds, Mallaha, Israel, c. 10,000 BC (H. 1.4 cm/ 3.9 cm.); 3, Clay seal, Çatal Hüyük, mid-7th mill. BC (2.9 cm.); 4, Upper Paleolithic rock engravings of vulva/ seed/bud motifs, S. France (H. c. 1.9 cm.). Fig. 1 - 1 e 2, incisioni natufiane su ciottoli, a forma di vulve o di semi, Mallaha, Israele, 10000 a.C. circa (H. 1.4 cm/ 3.9 cm.); 3, sigillo di creta, Çatal Hüyük, metà del VII mill. a.C. (2.9 cm.); 4, incisioni su pietre di motivi di vulve, semi e germogli, Paleolitico Superiore, Francia meridionale (H. cir- ca 1.9 cm.).

As the climate warmed and vegetation flour- Quando il clima si fece più caldo e la vegetazione rigo- ished, some Mesolithic peoples became semi- gliosa, alcuni popoli del Mesolitico divennero semi seden- sedentary during the gradual transition to food tari nel corso della graduale transizione verso economie di producing economies. The greater reliance on produzione del cibo. La maggior fiducia nel nutrimento nourishment from gathered plants and woman’s proveniente dalle piante e il ruolo della donna come rac- role as forager are reflected in patterns of fe- coglitrice, si riflettono in modelli di simbolismo femminile male symbolism in which the womb/vulva is in- nei quali l’utero/vulva è sempre più frequentemente asso- creasingly associated with vegetation. The semi- ciato con la vegetazione. I Natufi, un popolo semi-seden- sedentary Natufians from the Levant (c. 10,000- tario del Medio Oriente (10000-9000 a.C. circa), che 9,000 BC), who gathered wild wheat and barley, raccoglievano grano selvatico e orzo, incidevano un incavo engraved flat oval stones with a central groove centrale su piatte pietre ovali che rassomigliano a semi o resembling seeds or stylized vulvas [Fig. 1, 1 vulve stilizzate [Fig. 1, 1 e 2] (17). La forma e il simboli- and 2] (17). The form and symbolism of the smo delle pietre ricordano le conchiglie cauri, anch’esse stones are reminiscent of cowry associate con il simbolismo della vul- shells, also associated with vul- va, che si ritrovano nei depositi neo- val symbolism, found in Levan- litici del Mediterraneo. I livelli più tine Neolithic deposits. The low- bassi delle abitazioni del periodo pre- est pre-ceramic habitation levels ceramico in Anatolia potrebbero an- in Anatolia may also have been che essere stati natufiani (18). Natufian (18). Una scultura in osso del Mesoli- A Mesolithic bone carving of tico, trovata in un sito semi sedenta- a woman’s torso found at a se- rio nella regione delle Porte di Fer- mi-sedentary site in the Iron ro, nella Romania sud occidentale Gate region of southwestern Ro- (8000 a.C. circa), raffigura un mania (c. 8000 BC), shows her tronco di donna con il grembo a for- lozenge-shaped womb sprout- ma di losanga che germoglia come ing like a vigorous plant [Fig. una pianta vigorosa [Fig. 2] (19). 2] (19). Across the Danube in Al di là del Danubio, in Serbia, nel Serbia, at the ceremonial site of sito cerimoniale di Lepenski Vir Lepenski Vir (c. 6000 BC), a red- (6000 a.C. circa), su una pietra dish womb- or egg-shaped tondeggiante di colore rossastro a boulder stone (H. 20 cm) was forma di utero o di uovo (H. 20 engraved with a vulva shape Fig. 2 - Bone engraving from Cuina Turcului, Iron cm.) è stata incisa la forma di una that also seems to be sprouting. Gate region, SW Romania, c. 8000 BC (H. 17 vulva che sembra anch’essa fiorire. It was found at the head of the cm.). Questa pietra è stata ritrovata sul- Fig. 2 - Incisione su osso da Cuina Turcului, altar at the center of a triangular regione delle Porte di Ferro, Romania sud l’altare al centro di un tempio trian- shrine (20). occidentale, 8000 a.C. circa (H. 17 cm.). golare (20).

(17) Gimbutas 1991: 2; Gimbutas 1989: 100. (18) Mellaart et al. 1989: 8; Gimbutas 1991: 5. (19) Gimbutas 1989: 5. (20) See Gimbutas 1999: 58. 14 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

It is commonly assumed that Si ritiene comunemente che le women played a primary role donne avessero un ruolo fondamen- in plant cultivation (21). Thou- tale nella coltivazione delle pian- sands of years of gathering wild te (21). Migliaia di anni dedicati grains and keen observation of alla raccolta dei cereali selvatici e plant behavior through long tri- all’attenta osservazione del compor- als and errors resulted in an in- tamento delle piante attraverso lun- timate relationship between ghe prove ed errori hanno creato humans and cultivated plants. una relazione intima fra gli esseri A 7th millennium clay seal from umani e le piante coltivate. Un si- Çatal Hüyük is composed of a gillo di creta del VII millennio pro- vulval cleft surrounded by veniente da Çatal Hüyük è compo- seed impressions with roots or sto da una fessura vulvare circonda- leaves [Fig. 1, 3], while other ta da impronte di semi con radici o seals from Çatal Hüyük resem- foglie. [Fig.1, 3], mentre altri sigilli ble vulvas with seeds and un- sempre provenienti Çatal Hüyük Fig.3 - Early Vincˇa terracotta torso, Jela, N. Yu- coiling sprouts. This motif con- goslavia, c. 5200 BC (H. 5.3 cm.). assomigliano a vulve con semi e tinues on seals as late as the Fig.3 - Tronco in terracotta, Prima cultura germogli dispiegati. Questo motivo Middle Minoan period on Vincˇa, Jela, Yugoslavia del nord, 5200 a.C. si ritrova sui sigilli per molto tempo, circa (H. 5.3 cm.). (2nd millennium BC). fino al periodo Minoico Medio a A tiny Neolithic bone figurine Creta (II millennio a.C.). Su una (H. 5.3 cm) found in a cave near Trento, north- figurina in osso del Neolitico (H. 5.3 cm.), trovata in ern Italy, is engraved with a plant growing from una grotta vicino a Trento, nell’Italia del nord, è incisa the womb (22). una pianta che cresce dal grembo (22). As ceramic technology was adopted by set- tled food producing cultures, a tremendous Quando la tecnica della ceramica fu adottata dalle outpouring of anthropomorphic sculptures be- culture stanziali basate sulla produzione del cibo, iniziò gan that continued and elaborated earlier mo- una straordinaria diffusione di sculture antropomorfiche, tifs. An Early Vincˇa terracotta torso from Jela, che continuavano ed elaboravano motivi più antichi. Un northern Yugoslavia, (c. 5200 BC), has a branch- tronco di terracotta della Prima cultura Vincˇa, prove- ing plant in place of the womb [Fig. 3]. Triangu- niente da Jela, nella Yugoslavia del nord (5200 a.C. cir- lar vulvas, stalks of grain and interconnecting ca), presenta una rigogliosa pianta al posto del grembo spirals, were engraved on clay «platters» dur- [Fig. 3]. Vulve triangolari, spighe di grano e spirali in- ing the Early Cycladic period (mid-3rd millenni- trecciate sono state incise su «piatti» di argilla durante um BC) (23). il Primo periodo Cicladico (metà del III millennio A famous clay sculpture from Çatal Hüyük (c. a.C.) (23). 6000 BC, H. 11.8 cm.), depicts an enthroned Great Mother, possibly seated on a birthing Una famosa scultura di creta proveniente da Çatal chair, flanked by leopards. Her hands are on Hüyük (6000 a.C.circa, H. 11.8 cm.), raffigura una the leopards’ heads, their tails wrap around her Grande Madre in trono, forse seduta su una sedia da shoulders, suggesting an intimacy and circula- parto, circondata da leopardi. Le sue mani sono posate tion of powers between the realm of wild na- sulle teste dei leopardi, le loro code le avvolgono le spal- ture and the domestic sphere. This regal image le, a suggerire familiarità e circolazione dei poteri fra il is the prototype of many later goddesses ac- regno della natura selvaggia e la sfera domestica. Que- companied by lions, or seated on claw-footed sta immagine regale è il prototipo di molte dee di epo- thrones, known by such names as Cybele, Potnia che più tarde accompagnate da leoni, o assise su troni Theron, Mistress of Wild Animals, and con piedi ad artiglio, conosciute come Cibele, Potnia , the incarnation of the life-giving Theron, Signora degli Animali Selvaggi, e Artemis powers of nature. The heavily pregnant Mother Eileithyia, incarnazione del potere generativo della na- from Çatal Hüyük was found in a grain bin, tura. Questa Madre di Çatal Hüyük, così significativa, which associates her birth-giving and nurturing è stata trovata in un recipiente per cereali, il che asso- capacities with the newly domesticated grain. cia le sue capacità generative e di nutrimento con il A rectangular vessel in female form, painted grano da poco reso coltivabile. Lo stesso simbolismo si with spirals, zigzags, and a supernatural face, ritrova su un vaso rettangolare a forma di donna, di- continues this symbolism. This find, from the pinto con spirali, zigzag, e una faccia soprannaturale. Neolithic site of Toptepe near the Sea of Mar- Questo reperto, proveniente dal sito neolitico di Toptepe mara (5th millennium BC), functioned as a grain vicino al Mar di Marmara (V millennio a.C.), era usa-

(23) Ibid:102-3. (21) Ehrenberg 78. (24) I am grateful to Mehmet Özdogan for information on this ar- (22) Gimbutas 1989: 100-3. tifact. See also Gimbutas 1999: 78. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 15 storage container [Fig. 4] (24). to come recipiente per il grano [Fig. The wide-spread identification of 4] (24). the body of the Goddess as the L’identificazione largamente diffusa source of plants and grain is further del corpo della Dea come fonte delle verified by Sumerian texts from c. piante e del grano, è comprovata 2000 BC inscribed on clay tablets in inoltre da testi sumerici risalenti al cuneiform script. In the verses con- 2000 a.C. circa, incisi su tavolette cerning the Courtship of Inanna, the di argilla in caratteri cuneiformi. Goddess’ consort Dumuzi exclaims, Nei versi che riguardano la corte di «Oh Lady, your breast is your field... Inanna, il consorte della Dea Du- Your broad field pours out plants, muzi esclama, «Oh Signora, il tuo your broad field pours out grain». petto è il tuo campo... Il tuo grande Inanna responds by saying, campo elargisce frutti, il tuo grande Before my lord Dumuzi campo elargisce grano». Inanna ri- I poured out plants from my womb. sponde dicendo: I placed plants before him, Prima del mio signore Dumuzi I placed grain before him, Ho elargito frutti dal mio grembo. I poured out grain before him, Ho seminato piante prima di lui, I poured out grain from my womb (25). Fig. 4 - Rectangular terracotta grain stora- Ho seminato grano prima di lui, ge container, Toptepe, E. Thrace, near Sea of Marmara, 5th mill. BC (H. 85 cm.). Ho elargito grano prima di lui, The Pregnant Goddess Fig. 4 - Contenitore rettangolare in Ho elargito grano dal mio ventre (25). terracotta per l’immagazzinamento One of the most prevalent anthropo- del grano, Toptepe, Tracia orienta- morphic images found in Old Euro- le, vicino al Mar di Marmara, V mill. pean sites is identified by Gimbutas a.C. (H. 85 cm.). as the Pregnant Vegetation Goddess. The analogy between seeds germinating in the La Dea gravida earth and new life gestating in the womb was Una delle più frequenti immagini antropomorfiche tro- not lost on the early horticulturalists. From ear- vate nei siti dell’antica Europa è identificata da Gimbu- ly symbolism and existing folklore, it can be tas come la Dea Gravida della Vegetazione. surmised that the pregnancy of both earth and L’analogia fra i semi che germinano nella terra e la woman was associated and honored. A survival nuova vita in gestazione nel grembo non è andata per- of this attitude is preserved in a Slavic belief duta con le prime culture agricole. Sulla base del simbo- that the earth must be protected for new life to lismo arcaico e del folclore attuale, si può supporre che la be encouraged. One must never strike or spit gravidanza di entrambe, terra e donna, fosse associata e on her, especially in Spring when she is preg- venerata. Una traccia di questo modo di pensare si ritro- nant (26). va in una credenza slava secondo la quale la terra deve Gimbutas’ excavation at Achilleion, south- essere protetta per incoraggiare la nuova vita. Non biso- ern Thessaly, Greece (mid-7th to mid-6th mil- gna mai colpirla o sputare su di essa, specialmente in lennium BC), provided a rich opportunity to primavera quando è gravida (26). study the context and association of various Gli scavi di Gimbutas ad Achilleion, nella Tessaglia types of deities (27). Anthropomorphic sculp- del sud, in Grecia (dalla metà del VII fino alla metà del tures with either bird or snake attributes, and VI millennio a.C.), hanno fornito un’eccellente occasione those in birth-giving postures, were found on di studiare il contesto e l’associazione fra vari tipi di divi- altars within house shrines. In contrast, one nità (27). Sculture antropomorfe femminili con attributi hundred pregnant figurines-some enthroned, sia di uccello sia di serpente, e altre in posture di parto, others with huge buttocks and enormous pubic sono state trovate su altari all’interno di santuari dome- triangles-were found in courtyard areas where stici. All’opposto, un centinaio di statuette raffiguranti grain was ground into flour and baked into donne incinte – alcune in trono, altre con enormi nati- bread, confirming the connection between che e grandissimi triangoli pubici – sono state trovate grain that sustains the community and the fruit nelle aree destinate a macinare il grano e a cuocere il of the womb. The Sesklo site of Achilleion fea- pane, il che conferma il nesso fra il grano che sostenta la tured clay-lined hearths, bread ovens, altars, comunità e il frutto del ventre. Nel sito Sesklo di Achil- platforms with offering pits, grinding stones, leion sono stati ritrovati forni per il pane, altari, piat- figurine necks with removable masks, and an taforme con incavi per le offerte, macine a pietra, colli di

(25) Wolkstein and Kramer 1983: 39-40. (26) Gimbutas 1991: 228; personal communication with Marija Gimbutas 1991. (27) See Gimbutas et al. 1989: 179-221. 16 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze anthropomorphic vase with upraised arms in- figurine con maschere amovibili e un vaso antropomorfo dicating that domestic work and ritual practice con le braccia alzate, a testimoniare il fatto che il lavoro were intertwined. It appears that women’s domestico e la pratica rituale erano strettamente legati. work was sacred work-grinding grain, baking Sembra evidente che il lavoro delle donne fosse lavoro bread, birthing and caring for children, as well sacro – macinare il grano, cuocere il pane, partorire e as weaving, pottery making and other cultural allevare i bambini, così come l’arte della tessitura e della activities (28). ceramica e le altre attività culturali (28). The typical bread oven with its rounded Il tipico forno da pane con la sua forma rotonda, usa- form, used throughout Old Europe, is analo- to in tutta l’antica Europa, è simile al ventre gravido. Un gous to the pregnant belly. A miniature oven forno in miniatura proveniente dalla cultura Tisza, in from the Tisza culture, Hungary (c. 6000 BC, H. Ungheria (6000 a.C. circa, H. 6.2 cm), presenta il dise- 6.2 cm.) is portrayed with a navel. The expres- gno di un ombelico. L’espressione «ha un panino nel for- sion of a pregnant woman having «a bun in the no» è usata tuttora per indicare una donna incinta. Inol- oven» has continued to the present day. More- tre, la consuetudine di impastare il pane in forme che ri- over, the practice of baking dough in vulva-like cordano la vulva si ritrova nei Balcani, in Turchia, in shapes is found in the Balkans, Turkey, Sar- Sardegna, a Malta e in tutta la zona del Mediterraneo. dinia, Malta, and throughout the Mediter- ranean region. Partorire e nutrire Il bambino che si muove nel grembo è talvolta parago- Birth-giving and Nurturing nato a un pesce o una rana. A Çatal Hüyük, la Dea The child moving in the womb is sometimes della nascita stessa è raffigurata come una rana sui ri- likened to a fish or frog. At Çatal Hüyük, the lievi scultorei e sulle pitture parietali (29). Nel sito di Birth-giving Goddess herself is depicted as a Hacilar, Anatolia centrale (fine del VI millennio a.C.), frog on sculptural reliefs and wall paint- una rana di terracotta con testa e seni di donna è raffi- ings (29). At the central Anatolian site of gurata in forma di M aperta, tipica della posizione del Hacilar (end of 6th millennium BC), a terracotta parto. Una rana in pietra nera proveniente da Achil- frog with the head and breasts of a woman is in leion (6300 a.C. circa, H. 3.2 cm), è raffigurata nella an open M shape, typical of the birthing posi- stessa posizione. Questa scultura, che presenta una vul- tion. A blackstone frog from Achilleion (c. 6300 va dentellata, era stata forata per essere indossata come BC, H. 3.2 cm), is in the same posture. This un amuleto. L’usanza di scolpire rane, e ibridi donna- carving, with a notched vulva, was perforated rana, in marmo, pietra, argilla e altri materiali, sempre to be worn as an amulet. Frogs, and frog- in associazione con la nascita e con la rigenerazione, women hybrids created in marble, stone, clay continua a lungo anche in epoca storica. In un ex-voto and other media continue late into the histori- d’argento proveniente dalla Baviera, datato AD 1811, cal period in association with birth as well as ritroviamo una rana con un’apertura vulvare nel corpo regeneration. An ex voto silver plate from associata con la Madonna e il Bambino (30). Bavaria, dated AD 1811, has a frog with a vulval La somiglianza delle immagini riguardanti il parto e opening on its body in association with the la nascita lungo un periodo di più di tremila anni nel- Madonna and child (30). l’antica Europa è veramente degna di nota. Una sta- The similarity of birth-giving imagery over tuetta in terracotta appartenente alla Prima cultura Se- three thousand years in Old Europe is remark- sklo ad Achilleion (6300-6200 a.C. circa, H. 7.1 cm), able. A terracotta figurine of a pregnant woman raffigura una donna incinta con le ginocchia sollevate a from the Early Sesklo culture at Achilleion (c. mostrare la grande vulva turgida. Tre linee parallele so- 6300-6200 BC, H. 7.1 cm.), is depicted with no incise su entrambi i lati della parte inferiore della knees drawn up revealing her large swollen schiena. La faccia è una maschera dall’espressione do- vulva. She has three parallel lines on each side lente, che si ritrova anche in altre sculture di donne in- of her lower back. Her face is reconstructed cinte di questo sito (31). La natura grave di queste ma- with a sorrowful mask, as found on other preg- schere potrebbe indicare le dimensioni sciamaniche del- nant sculptures at the site (31). The sober na- l’atto di partorire. Partorire significava varcare la soglia ture of these masks may indicate the shamanic fra la morte e la vita, e molte donne morivano dando al- dimensions of birth-giving. A threshold must la luce i figli. Anche una statuetta Vincˇa, proveniente be crossed between death and life, and many dalla Yugoslavia centrale (metà del V millennio a.C.), è women died in childbirth. A Vincˇa figurine raffigurata in una posa rannicchiata con le ginocchia from central Yugoslavia (mid-5th millennium sollevate. Sulle natiche e sulle cosce sono incise linee on- BC), also has her knees drawn up into a curled, dulate parallele e circoli con un punto al centro. Una sitting posture. Her buttocks and thighs are in- scultura proveniente dal tempio megalitico di Hagar

(28) Gimbutas 1991: 17-8, 251-5; 1999: 15-16. (29) See Mellaart 1967; Mellaart et al. 1989, v. 1. (30) Gimbutas 1989: 251-54. (31) See Gimbutas et al. 1989: 189, 196-7. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 17

cised with swirling, parallel lines and circles Qim sull’isola di Malta (IV millennio a.C., H. 6.6 cm), with a dot in the center. A sculpture from Hagar è in una posizione simile, con le corte gambe sollevate Qim megalithic temple on the island of Malta dritte. La sua mano destra tocca la vulva turgida e la (4th millennium BC, H. 6.6 cm.), is in a similar mano sinistra è alzata dietro la testa. Nove linee paral- posture with her short legs pulled straight up. lele sono incise sulla schiena. Possiamo supporre che le Her right hand is touching her swollen vulva donne non partorissero da sole, ma fossero assistite da and her left hand is raised to the back of her altre donne. Queste sculture rappresentano il fulcro dei head. Nine parallel lines are incised on the più antichi rituali delle donne, far nascere e sostentare back of the torso. It can be assumed that birth- la nuova vita nel mondo. giving was not accomplished alone, but in the Sculture di madri con i bambini sono presenti ovun- company of women attendants. These sculp- que. La scultura di una madre in trono che regge il suo tures represent the central focus of the most bambino, proveniente dalla cultura Dimini in Tessaglia ancient women’s rituals, birthing and sustain- (5500 a.C. circa), è dipinta con linee rosse parallele che ing new life into the world. avvolgono entrambi i corpi, arrotolandosi in spire nella zo- Sculptures of mothers and babies are ubiq- na del grembo. Questo abbraccio materno sta a significa- uitous. An enthroned mother holding her baby re la trasmissione iniziale della cultura da madre a figlio. from the Dimini culture in Thessaly (c. 5500 La scultura Vincˇa di una madre che allatta il suo BC), is painted with red parallel lines that coil bambino, conosciuta come «Madonna di Rast» (Roma- around their bodies, swirling at the womb nia occidentale, 5000 a.C. circa), è coperta di iscrizioni area. The initial transmission of culture be- in bande diagonali. Questa figura costituisce la prova tween mother and child is implied by this ma- dell’esistenza della scrittura nell’antica Europa e può ternal embrace. aver avuto la funzione di mezzo di comunicazione con la A Vincˇa mother nursing her child, known as divinità, o di ex-voto [Fig. 5] (32). the «Madonna from Rast» (western Romania, c. Numerose sculture zoomorfe esprimono un legame di 5000 BC), is covered with inscriptions in diago- parentela fra il regno animale e quello dell’uomo. Nella nal registers. This figure carries evidence of scultura Vincˇa di una madre con bambino proveniente Old European writing and may have func- dal Kosovo (metà del V millennio a.C.), le creature raffi- tioned as a communication to the deity, or ex gurate sono entrambe orsi, oppure esseri umani che in- voto [Fig. 5] (32). dossano maschere da Numerous zoomor- orso. La venerazione phic sculptures ex- dell’orso come antenato press a kinship be- è diffusa in tutto l’emi- tween the human and sfero nord, e l’associa- animal realms. A Vincˇa zione dell’orso (bear) mother and baby from con la donna che parto- Kosovo (mid-5th mil- risce è avvalorata dalla lennium BC), are ei- radice bher – «to bear ther bears or humans children» – partorire wearing bear masks. bambini (33). The veneration of the Porphyry, che scriveva bear as an ancestor is nel III secolo d.C., de- found throughout the scrive una nonna che northern hemisphere, posa un neonato sopra and the association of Fig. 5 - «Madonna from Rast» with diagonal inscriptions, Vincˇa culture, W. Roma- nia, c. 5000 BC (H. 12 cm.). una pelle d’orso. Que- the bear with the Fig. 5 - «Madonna di Rast» con iscrizioni diagonali, cultura Vincˇa, Roma- sta usanza è continua- birth-giving mother is nia occidentale, 5000 a.C. circa (H. 12 cm.). ta nei territori slavi fino corroborated by the al XX secolo. Nella Li- root bher - ‘to bear tuania orientale la neo- children’ (33). Porphyry, who wrote in the 3rd mamma è chiamata Meska, «Orsa» (34). century AD, describes a grandmother placing a La «Madonna di Gradac» (Vincˇa, Yugoslavia del newborn baby on a bearskin. This practice has sud, 5000 a.C. circa), assisa, allatta un bambino che continued in Slavic lands to the 20th century. In indossa la maschera triangolare di un uccello. La testa eastern Lithuania the new mother is called Mes- della madre è andata perduta, ma la sua schiena è inci- ka, ‘Bear’ (34). sa con ornamenti a V, che si ritrovano spesso nelle im-

(32) A sacred script developed in Old Europe, 2000 years before purposes. See Gimbutas 1991: 308-21; 1999: 48-54; and Haar- writing appeared in Mesopotamia. It was inscribed on votive ob- mann 1996. jects, temple models, spindle whorls, ceremonial vases and an- (33) Gimbutas 1989: 116-7. thropomorphic sculptures - not for economic, but for religious (34) Ibid: 116. 18 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

The seated «Madonna from Gradac» (Vincˇa, magini della donna-uccello. I suoi fianchi sono coperti da S. Yugoslavia, c. 5000 BC) nurses a human baby un disegno a rete, che Gimbutas associa alle acque della that wears the triangular mask of a bird. The vita (35). mother’s head has been lost, but her back is Un vaso a forma di donna proveniente da Myrtos, nel incised with chevrons, often found on the bird- sud dell’isola di Creta (2900- woman image. Her hips are 2600 a.C.), è dipinto con un di- covered with a net design, segno a rete rosso che copre il which Gimbutas associates grande triangolo pubico e altre with the waters of life (35). zone del corpo davanti e dietro. An anthropomorphic vessel Questa figura ha collo di serpen- from Myrtos, southern Crete te, faccia umana e mammelle (2900-2600 BC), has a red provviste di fori dai quali versare net pattern covering her il liquido rituale. Le sue lunghe large pubic triangle and oth- braccia, sinuose come serpenti, er areas front and back. She reggono un vaso più piccolo che si has a snake-like neck with a apre verso il suo interno [Fig. 6]. human face and perforated Una figura di terracotta prove- breasts for ritually pouring niente da Micene (XIV sec. a.C. liquid. Her long snaky arms circa), che indossa una veste or- hold a baby vase that opens nata di linee sinuose, regge un to her interior [Fig. 6]. A ter- bambino che assomiglia a un ser- racotta figure from Mycenae pente. (c. 14th century BC), wearing a costume covered with ser- Fig. 6 - Anthropomorphic vessel from Myrtos, S. Crete, 2900-2600 BC (H. 18.8 cm.). La Dea Uccello come nutrice pentine lines, holds a baby Fig. 6 - Vaso antropomorfo da Myrtos, Creta meri- Nel sito di Achilleion sono stati that resembles a snake. dionale, 2900-2600 a.C. (H. 18.8 cm.). ritrovati numerosi frammenti di sculture di uccelli acquatici dal The Bird Goddess as Nurturer lungo collo e con un becco caratteristico , in alcuni casi The Achilleion site yielded numerous fragments ancora attaccati a un corpo di donna. (I lunghi colli sono of long necked water fowl with a distinctive stati spesso trovati rotti.) Ma alcune statuette sono in- beak, in some cases still attached to a woman’s tatte e sono raffigurate sedute in trono con ordinate ac- body. (The long necks were often found bro- conciature e grandi seni umani (36). Una Dea Uccello ken.) Some intact figurines are seated on meravigliosamente conservata proveniente da un altro thrones with tidy hairdos and large human sito Sesklo in Tessaglia (Megali Vrisi, inizi del VI mil- breasts (36). A beautifully preserved Bird God- lennio a.C.), indossa una maschera con un grande bec- dess from another Sesklo site in Thessaly co, ha un lungo collo da uccello acquatico e capelli accu- (Megali Vrisi, early 6th millennium BC), has a ratamente pettinati. large beaked mask, the long neck of the water Essa offre con en- bird and carefully combed hair. She presents trambe le mani i suoi her breasts in both hands as sources of nourish- seni come fonte di nu- ment, while on her arm multiple Vs, or chevrons trimento, mentre sul are engraved which Gimbutas identifies as the suo braccio sono incisi sign of the Bird Goddess [Fig. 7] (37). V multiple o orna- The prevalence of these bird-woman sculp- menti a zig-zag, sim- tures suggests that they may have been familiar boli che Gimbutas characters in stories, songs or legends. Their hy- identifica come i segni brid features imply an intimacy between the della Dea Uccello human and avian worlds. Breasts as sources of [Fig. 7] (37). life-giving moisture are found on vases from La larga diffusione the Neolithic through the . Many di queste sculture di have attributes of the bird, such as the nip- donne-uccello fa pen- pled vases from the Vincˇa culture (c. 5000 BC), sare che esse potreb- and Baden vases with breasts, wings, and bero essere state per- chevrons (Hungary, c. 3000 BC). An Early Mi- sonaggi familiari in noan anthropomorphic vessel from the ceme- storie, canzoni e leg-

Fig. 7 - Bird-woman, Sesklo culture, (35) Ibid: 36-37. For a discussion of the net motif, see Gimbutas Megali Vrisi, Tirnavos, Thessaly, 1989: 81-7. 5900-5700 BC. (36) See Gimbutas et al. 1989: 179-92. Fig. 7 - Donna-uccello, cultura (37) Gimbutas 1989: 34-5. It is interesting to note that wild geese Sesklo, Megali Vrisi, Tirnavos, fly through the air in a V formation. Tessaglia, 5900-5700 a.C. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 19 tery in Mallia, eastern Crete (end of 3rd millen- gende. Le loro fattezze ibride denotano intimità fra il nium BC, H.16.4 cm.) held liquid that was ritu- mondo degli uomini e quello degli uccelli. I seni come sor- ally poured as a libation through the open gente del liquido che dà la vita si ritrovano scolpiti sui va- breasts. This Bird Goddess wears an elegant si nel corso di un periodo che va dal Neolitico fino all’Età robe painted with watery lines, multiple neck- del Bronzo. Molti presentano gli attributi dell’uccello, co- laces, an elaborate turban, and has enormous me i vasi con capezzoli appartenenti alla cultura Vincˇa bird eyes and beak (38). (5000 a.C. circa), e i vasi con seni, ali e ornamenti a zig- Breasted ewers in the shape of water birds, zag provenienti dall’Ungheria (3000 a.C. circa). Un va- with multiple necklaces, were common in so antropomorfo del Primo Periodo Minoico proveniente western Anatolia, the Cycladic islands and dal cimitero di Mallia, Creta orientale (fine del III mil- Crete during the mid-2nd millennium BC. The lennio a.C., H. 16.4 cm) conteneva del liquido che veni- nipples were usually encircled with a dotted va versato attraverso i fori delle mammelle durante le li- pattern, and their wide eyes were carefully bagioni rituali. La Dea Uccello raffigurata in questo vaso painted. Liquid contained in the body was indossa una elegante veste dipinta con linee ondulate, poured through the open beak. molte collane, un elaborato turbante ed ha enormi occhi Hundreds of terracotta women wearing bird da uccello e un grande becco (38). masks, loose fitting costumes covered with wa- Brocche a forma di uccelli acquatici, dotate di seni e tery lines, often with up-raised arms resem- con molti giri di collane, erano oggetti comuni nell’Ana- bling wings, were created during the Myce- tolia occidentale, nelle isole Cicladi e a Creta alla metà naean period. These figurines may represent del II millennio a.C. I capezzoli erano solitamente attor- the ceremonial activities of women costumed niati da un disegno a punti, e i grandi occhi erano di- as water birds. pinti con cura. Si versava il liquido contenuto nella broc- ca attraverso il becco aperto. Snake Goddess Durante il periodo Miceneo furono scolpite centinaia Sculptures with snake-like appendages, some di statuette in terracotta di donne che indossano masche- sitting in a «yogic» posture, were created in re da uccello e larghe vesti ornate di linee ondulate, spes- Thessaly, western Anatolia, the Aegean islands so raffigurate con le braccia alzate, simili ad ali. Queste and Neolithic Crete during the 6th millennium statuette potrebbero rappresentare le attività cerimoniali BC [Fig. 8]. Groups of terracotta snake-women, di donne abbigliate con costumi da uccelli acquatici. usually with no arms, were placed on altars in house shrines of the Cu- La Dea Serpente cuteni-Tripolye culture in the Sculture con attributi di serpente, Ukraine and Romania during alcune sedute in posizione «yogi- the 5th millennium BC, sug- ca», furono prodotte in Tessaglia, in gesting councils of women in Anatolia occidentale, nelle isole ritual. Snakes were venerated Egee e a Creta durante il VI mil- in Minoan Crete and into the lennio a.C. [Fig. 8]. Nel V millen- historic period as vehicles of nio a.C., in Ucraina e in Romania, chthonic powers, spirits of sugli altari dei santuari domestici the ancestors, protectors of della cultura Cucuteni-Tripolye, ve- sacred areas, and as nivano collocati gruppi di sculture metaphoric of the cosmic re- in terracotta di donne-serpente, di alities of death and regenera- solito senza braccia, il che suggeri- tion (39). sce l’idea di assemblee rituali di Both birds and snakes are donne. I serpenti erano venerati a accompanied by aquatic Creta nell’età minoica e fino al pe- symbols in Neolithic iconog- riodo storico come veicoli dei poteri raphy, both lay eggs, and are ctonii, spiriti degli antenati, protet- purveyors of life, as well as tori delle aree sacre e come metafo- death and rebirth. Their ra delle realtà cosmiche della morte mythological relationship e della rigenerazione (39). continued into historic times. Entrambi, uccelli e serpenti, ’s attributes of both sono accompagnati da simboli ac- bird and snake, for instance, Fig. 8 - Burnished clay sculpture with snake-like neck and quatici nell’iconografia neolitica, combine as the plumed ser- legs, Kato Ierapetra, S. Crete, 6th mill. BC (H. 14.2 cm.). entrambi depongono le uova e sono Fig. 8 - Scultura di argilla brunita con collo di ser- pent in the form of her alter pente, Kato Ierapetra, Creta meridionale, VI mill. coloro che procurano la vita, ma ego, the Gorgon. a.C. (H. 14.2 cm.). anche la morte e la rinascita. La

(38) See Gimbutas 1989: 38-40. (39) See Gimbutas 1989: 121-37. 20 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Death and Regeneration loro relazione mitologica continua fino all’epoca storica. With the development of food producing Gli attributi di Atena, ad esempio, che sono sia di uccel- economies, and the seasonal activities of plant- lo sia di serpente, si combinano nel serpente piumato ing, harvesting, and working the soil, concepts nella figura del suo alter ego, la Gorgone. of the sacred became analogous to the life cy- cle of the vegetable world. Central to the prac- Morte e rigenerazione tice of horticulture is the observation that the Con lo sviluppo delle economie basate sulla produzione fertility of the earth depends upon the decom- del cibo e delle relative attività stagionali di piantare, position of previously living matter. Seeds raccogliere e lavorare la terra, i concetti del sacro si mo- buried in the earth await germination as though dellarono sul ciclo vitale del mondo vegetale. Centrale from the grave. In mythic terms, the Goddess of nella pratica dell’agricoltura è l’osservazione che la fer- Death presides over the generation of life with- tilità della terra dipende dalla decomposizione della pre- in the great cycles of becoming. She is also the cedente materia vivente. I semi sepolti nella terra at- Goddess of Regeneration who appears as a tendono di germinare come dalla tomba. In termini mi- bird of prey, and as a scavenger or corpse eater, tici, la Dea della Morte presiede alla generazione della such as the vulture, wild boar and dog. These vita all’interno dei grandi cicli del divenire. Essa è an- creatures are engaged in the vital process of che la Dea della Rigenerazione, che si manifesta come breaking down once living matter to be recy- uccello da preda e come animale che si nutre si immon- cled into new forms within the web of life. dizia o di cadaveri, ad esempio come avvoltoio, cinghiale At the Old Anatolian site of Çatal Hüyük, o cane. Queste creature sono impegnate nel processo huge stylized vultures are depicted on wall vitale di distruggere ciò che una volta era vivo, per tra- paintings from the early 7th millennium BC. sformarlo in nuove forme all’interno della trama della They are shown swooping down on headless vita. corpses to consume the bodies in the excarna- A Çatal Hüyük, sito dell’antica Anatolia, sono state tion phase of a two-stage burial process. The ritrovate pitture parietali risalenti all’inizio del VII mil- clean bones were gathered and buried under lennio a.C. che raffigurano enormi avvoltoi stilizzati, di- the sleeping platforms in the houses. Some pinti nell’atto di avventarsi su cadaveri senza testa per vultures are shown with human feet and ap- consumarne le carni. pear to be pregnant, as though the corpse Questo rappresenta la fase di scarnificazione di un pro- flesh they are devouring is being transformed cesso di sepoltura a due stadi: una volta pulite, le ossa si within their bodies into new life. The maternal raccoglievano e si seppellivano nelle case sotto le piat- symbolism of the vulture continued in Egypt taforme usate per dormire. Alcuni avvoltoi hanno piedi where the hieroglyph of the vulture means umani e sembrano gravidi, come se la carne del cadave- ‘mother’. There, the goddesses Mut, Neith, re che stanno divorando si trasformasse all’interno del and Isis all have vulture aspects. Moreover, loro corpo in nuova vita. Il simbolismo materno dell’av- among the Siberian Yakuts the word ‘vulture’ voltoio si ritrova in Egitto dove il geroglifico dell’avvoltoio and ‘mother’ are equated (40). significa «madre». Là, le dee Mut, Neith e Iside hanno In northern Europe, the crow, raven, hawk, tutte l’aspetto di avvoltoio. Inoltre, presso gli Yakuts si- and cuckoo are associated with death and re- beriani, le parole «avvoltoio» e «madre» sono equiva- generation. In Ireland, the goddesses Macha, lenti (40). Badb, and Morrígan are shape-shifters who can Nell’Europa del nord, la cornacchia, il corvo, il falco be young beauties, old hags, crows, or ravens, e il cuculo sono associati con la morte e la rigenerazione. carrying the dead to the underworld. Badb can In Irlanda, le dee Macha, Badb e Morrígan hanno for- also be a serpent goddess with a huge vulva, ma mutevole e possono apparire come belle fanciulle, associated with rituals of childbirth, while the vecchie streghe, cornacchie o corvi che conducono il mor- German Valkyrie is the «corpse-choosing» to al mondo sotterraneo. Badb può anche essere una raven. The Baltic witch Ragana is a shape-shift- dea serpente con una grande vulva, associata ai rituali ing Goddess who appears as a crow as well as del parto, mentre la Valchiria germanica è il corvo che a snake. Her name derives from the Lithuanian «sceglie il cadavere». La strega baltica Ragana è una verb regèti, ‘to see’ or to ‘forsee’. She is also re- Dea di forma mutevole che si manifesta sia come cor- lated to the moon, and to transformation (41). nacchia sia come serpente. Il suo nome deriva dal verbo The hooked nose of the witch from European regèti, «vedere». Essa è in relazione anche con la luna folklore is derived from the bird of prey. e con la trasformazione (41). In southern Europe the main bird of prey, as- Il naso a uncino della strega del folklore europeo deriva sociated with death and regeneration, is the dal becco dell’uccello da preda. owl. While the vulture is interested only in Nell’Europa meridionale il principale uccello da pre-

(40) Ibid: 187-9. (41) Gimbutas 1999: 205. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 21 corpses, the owl swoops down and attacks its da associato con la morte e la rigenerazione è il gufo. prey in the midst of life. An anthropomorphic Mentre l’avvoltoio è interessato solo ai cadaveri, il gufo sculpture from the Vincˇa culture (northwest Bul- attacca prede vive. garia, 5000-4500 BC), has the typical round mask Una scultura antropomorfica della cultura Vincˇa (Bul- of the owl. A white encrusted labyrinth en- garia nord-occidentale, 5000-4500 a.C.), presenta la graved beneath her breasts coils around the tipica maschera rotonda del gufo. womb area. Un disegno labirintico ornato di incrostazioni bianche è The owl, with its all-seeing eyes, often with inciso fra i suoi seni e si avvolge tutt’intorno all’area del breasts and vulva, is typically associated with grembo. the megalithic tombs of western Europe. A tall Il gufo, con i suoi occhi che vedono tutto, spesso raffi- figure (127.5 cm.) wearing an owl mask, with a gurato con seni e vulva, è un simbolo tipicamente asso- necklace above her breasts, stands watch at ciato con le tombe megalitiche dell’Europa occidentale. the entrance to a hypogeum in the Paris basin Una statua piuttosto grande (127.5 cm) che indossa (3rd millennium BC) (42). Stylized owls are una maschera da gufo, con una collana sul petto, sta di carved on stelae and on burial chambers in guardia all’entrata di un ipogeo nei dintorni di Parigi Spain, Portugal, Brittany, and Ireland during (III millennio a.C.) (42). Gufi stilizzati sono stati scolpiti the 3rd millennium BC. Owl urns in various sulle stele funerarie e nelle camere di sepoltura in Spa- styles were used for burials during the same gna, Portogallo, Bretagna e Irlanda nel corso del III mil- period in western Anatolia, lennio a.C. Durante lo stesso perio- the Cycladic islands, and do nell’Anatolia occidentale, nelle Old Europe [Fig. 9] (43). The isole Cicladi e in Europa si usavano body of the bird functioned urne a forma di gufo, in vari stili, as a vehicle for rebirth. per le sepolture [Fig. 9] (43). Il The eyes of the owl, en- corpo dell’uccello funzionava come graved on schist plaques veicolo di rinascita. and cow bones, accompa- Gli occhi del gufo, incisi su placche nied by triangles and zigzag di scisto e su ossa di bovini, accom- patterns, were placed in pagnati da triangoli e da motivi a megalithic passage graves in zigzag, si ritrovano nelle tombe a Spain and Portugal (c. 3000 corridoio megalitiche in Spagna e BC). The owl later became a Portogallo (3000 a.C. circa). Più symbol of prophesy and wis- tardi il gufo divenne simbolo di pre- dom as the epiphany of veggenza e saggezza in quanto epi- Athena, as well as , fania di Atena e anche di Ecate, la the Primordial Mother who Madre Primordiale che distrugge le consumes her own creation. sue stesse creature. Ancora oggi, le To this day, the rocky crags balze rocciose presso Corinto, in near Corinth, Greece, called Fig. 9 - Owl-shaped burial urn, Aegean island of Lem- Grecia, sono chiamate Kakia Ska- Kakia Skala (‘evil stares’), car- nos, c. 3000-2500 BC (H. 24.3 cm.). la (occhi malefici), il che implica ry an association with the Fig. 9 - Urna funeraria a forma di gufo, isola di un’associazione con la funzione apo- Lemnos, 3000-2500 a.C. circa (H. 24.3 cm.). apotropaic staring eyes of tropaica degli occhi sbarrati del gu- the owl (44). fo (44). During the Greek classical period, women Durante il periodo greco classico, donne con corpi di with the bodies of birds were imagined as uccello erano immaginate come sirene ammaliatrici che Sirens who lured men to their deaths, and as spingevano gli uomini alla morte, e come Arpie, demoni Harpies, death-demons, carrying all things to della morte, che portavano ogni cosa alla distruzione. Il destruction. Their more ancient, beneficent as- loro aspetto benefico, più antico, è ritratto sulla «Tomba pect is portrayed on the «Harpy Tomb» from delle Arpie» proveniente dalla Licia, Asia Minore meri- Lycia, southern Asia Minor, c. 1000 BC (now in dionale, 1000 a.C. circa (ora al ), dove the British Museum) where beautiful bird- belle donne uccello, con i seni gonfi di latte, gentilmente women, with full, nurturing beasts gently cra- cullano il morto fra le braccia mentre volano in cielo. dle the dead in their arms as they fly into the Sculture femminili che indossano la maschera stiliz- sky. zata di un uccello si ritrovano nelle tombe delle culture Female sculptures wearing the stylized dell’età neolitica, dell’età del Rame e della Prima età del mask of a bird, were placed in graves of Ne- Bronzo nelle isole Cicladi, nell’Anatolia occidentale, a olithic, Copper Age and Early Bronze Age cul- Creta, in Sicilia, in Sardegna e più lontano fino alla

(42) Gimbutas 1989: 192. (43) Ibid: 190-4. (44) Personal communication, Nanos Valaaritis. 22 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze tures in the Cycladic islands, western Anatolia, Spagna e al Portogallo. Gimbutas si riferisce a queste Crete, Sicily, Sardinia, and as far west as Spain immagini, che si presentano vari stili, scolpite in pietra and Portugal. Gimbutas refers to these images, leggermente colorata, in osso oppure in argilla, come in various styles, rendered in light colored «Stiff Nudes» o «Stiff White Ladies» Quelle con grandi stone, bone, or clay, as Stiff Nudes, or Stiff maschere e denti stilizzati appartenenti alle culture di White Ladies. Those with broad masks and Karanovo e Hamangia intorno al Mar Nero (V millen- stylized teeth from the Karanovo and Haman- nio a.C.), sono associate da Gimbutas al serpente vele- gia cultures along the Black Sea (5th millenni- noso. Il triangolo pubico è spesso enfatizzato, a suggerire um BC), are associated by Gimbutas with the rigenerazione. Queste sculture che accompagnavano il poisonous snake. The pubic triangle is often morto potrebbero essere prototipi della Dea della Morte emphasized, suggesting regeneration. Those del folklore europeo, descritta come magra, ossuta e ve- sculptures that accompanied the dead may be stita di bianco, il colore della morte (45). prototypes of the Death Goddess of European folklore described as thin, bony, and dressed in white, the color of death (45). Tomba come grembo Tomb as Womb Mentre i particolari dei riti funerari dell’antica Europa While the details of Old European funerary rit- sono difficili da ricostruire, le forme delle tombe e dei se- uals are difficult to reconstruct, the designs of polcri e i simboli e i manufatti ad essi correlati ci dicono tombs and graves and their related symbols molto sui principali elementi delle credenze dell’Età della and artifacts say a great deal about the broad Pietra. La realtà che la vita dipende dalle decomposizione outlines of Stone Age beliefs. The reality that della precedente materia vivente, infonde nel regno della life depends upon the decomposition of previ- morte la potenza dei nuovi inizi. Il simbolismo primario ously living matter, infuses the realm of death dei sepolcri dell’antica Europa centra l’attenzione sulla with the potency of new beginnings. The pri- tomba intesa come grembo che rigenera la vita. L’uovo, il mary symbolism of Old European burials fo- triangolo pubico, la vulva e l’ombelico – come simboli di cuses on the tomb as the womb for the regen- rigenerazione – ispirano le forme delle tombe dell’antica eration of life. The egg, pubic triangle, vulva, Europa. and belly-as symbols of regeneration-inspire the shapes of Old European graves. Nella necropoli del sito di Lepenski Vir sulla riva At the burial site of Lepenski Vir on the Ser- serba del Danubio (6500-5500 a.C. circa), sono state bian bank of the Danube (c. 6500-5500 BC), ritrovate più di cinquanta fondazioni in pietra rossiccia more than fifty reddish limestone foundations di strutture triangolari che sembrano essere state usate of triangular structures were found that appear per rituali di morte/rigenerazione. In ogni caso, l’ingres- to have been used for death/regeneration ritu- so è fiancheggiato da pietre che conducono a un focolare als. In each case, the entrance was lined with centrale circondato da pietre triangolari. Un altare a for- stones which led to a central hearth surrounded ma di uovo con un incavo circolare in cima era collocato by triangular stones. An egg-shaped altar with a nel centro esatto della fondazione sul focolare. Pietre circular recess on top was placed in the exact tondeggianti, collocate nei pressi, erano incise con figure center of the foundation at the head of the di pesci, donne, disegni labirintici e motivi di uccelli da hearth. Boulder stones, placed nearby, were preda. I morti erano sepolti all’interno dei santuari, die- carved with fish, woman, labyrinthine designs tro o di fronte ai focolari in direzione nord/sud. Le ossa and bird of prey motifs. The dead were buried di pesci, cervi rossi, cani e cinghiali erano sepolte an- within the sanctuaries, behind or in front of the ch’esse. Più tardi le testimonianze del mito ci permetto- hearths in a north-south direction. The bones of no di identificare queste creature come simboli della fish, red deer, dogs, and wild boars were buried morte e della rinascita (46). as well. Later mythic evidence identifies these creatures with the symbolism of death and re- Centinaia di tombe scolpite nella roccia in Sardegna birth (46). risalgono al periodo Ozieri (fine del V, inizi del IV mil- Hundreds of rock cut tombs in Sardinia lennio a.C.). Ipogei a più camere si sono sviluppati da date from the Ozieri period (end of the 5th and più semplici strutture a uovo o a utero che potrebbero early 4th millennium BC). Multi-chambered hy- essere state sepolcri secondari (depositi di ossa scarnifi- pogea developed from simpler egg- or womb- cate). I simboli che vi si ritrovano comprendono bucrani, shaped forms which may have held secondary triangoli singoli e multipli, spire di serpenti, spirali e burials (deposits of defleshed bones). Sym- cerchi concentrici, l’uso di ocra rossa e le sculture delle bolic imagery includes bucrania, single and «Stiff White Ladies». Le tombe della Sardegna sono

(45) Gimbutas:1989: 198-205; 1999: 21-4. (46) Srejovic 1972: 45-118; Gimbutas 1991: 284-6. Joan Marler - The body of woman as sacred metaphor 23 multiple triangles, snake coils, spirals and con- chiamate domus de Janas «case delle streghe» dalla po- centric circles, the use of red ochre, as well as polazione locale (47). sculptures of the Stiff White Ladies. The Sar- L’ipogeo di Hal Saflieni nell’isola mediterranea di dinian tombs are called domus de Janas, ‘witches Malta (4000-2500 a.C. circa), è formato da trentatré houses’ by the local people (47). camere rotonde e corridoi su tre livelli sotterranei scavati The Hal Saflieni Hypogeum on the Mediter- nella pietra calcarea con strumenti di corno e selce. ranean island of Malta (c. 4000-2500 BC), con- Questa elaborata tomba/tempio fu usata per circa 1500 sists of thirty-three rounded chambers and pas- anni dalle popolazioni neolitiche di Malta per sepolture e sageways on three subterranean levels carved rituali collettivi. I corpi erano sepolti in camere a forma out of the living limestone with antler and flint di uovo riempite di terra rossa. Dopo la decomposizione, tools. This elaborate temple-tomb was used for le ossa erano riesumate e collocate in urne dipinte di nearly 1500 years by the Neolithic people of ocra rossa, simbolo del sangue della vita. Le camere ce- Malta for communal burials and rituals. Bodies rimoniali elegantemente decorate dell’ipogeo assomiglia- were buried in egg-shaped chambers filled no intenzionalmente ai templi megalitici soprastanti, with red field soil. After the flesh decayed, the ancora visibili a Malta. L’acustica in questo labirinto bones were exhumed and placed in ossuary sotterraneo è straordinaria, specialmente nella cosiddet- niches painted with red ochre, symbolic of the ta «stanza dell’oracolo», con il suo soffitto a volta dipinto blood of life. The elegantly carved ceremonial con spirali di ocra rossa. La famosa scultura della «Don- chambers of the Hypogeum intentionally re- na che dorme», che potrebbe essere un’offerta votiva, è semble the above-ground megalithic temples stata trovata dormiente nel regno della morte. Gimbu- that still survive on Malta. The acoustics in this tas suggerisce che «dormire nel grembo della dea signi- underground labyrinth are phenomenal, espe- ficava morire e tornare a nuova vita» (48). cially in the «oracle room» with its curved ceil- Le tombe megalitiche dell’Europa occidentale conte- ing painted with red ochre spirals. The famous nevano le ossa degli antenati in sepolture collettive e co- sculpture of «The Sleeping Lady», which may stituivano centri cerimoniali per i riti stagionali di morte have been a votive offering, was found slum- e rinascita. Queste magnifiche strutture di terra e pie- bering in the realm of death. Gimbutas sug- tre, che siano tombe a corte, tombe a portale, tombe a gests that «to sleep within the Goddess’s corridoio o tombe a tumulo, sono considerate da Gimbu- womb was to die and come to life anew» (48). tas strutture che simboleggiano il grembo della Dea del- The megalithic tombs of western Europe la Morte e della Rigenerazione. Un esempio schematico held the bones of the ancestors in collective di questa analogia è la tomba a corridoio, che rappre- burials and functioned as ceremonial centers senta una lunga entrata vaginale, rivestita e coperta da for seasonal rituals of death and rebirth. These grandi pietre piatte, che sfocia in una camera sepolcrale magnificent structures of earth and stone, a forma di utero. L’intera costruzione è coperta da un whether court tombs, portal tombs, passage tumulo di terra che ha l’aspetto di una pancia gravida graves, chambered mounds, or long barrows, che sorge dal suolo. La tomba a corridoio di Île Longue, are considered by Gimbutas to symbolize the in Bretagna (inizi del IV millennio a.C.), presenta una womb of the Goddess of Death and Regenera- camera centrale a forma di alveare, coperta da una pie- tion. A schematic example of this analogy is tra piatta che può essere vista come una metafora del- the passage tomb, which features a long vagi- l’ombelico della terra, l’omphalos [Fig. 10]. nal entry, lined and covered with large, flat stones, that opens into a womb-like burial chamber. The entire construction is covered with an earthen mound that has the appear- ance of a pregnant belly arising from the earth. The passage tomb of Île Longue, in Brittany (early 4th millennium BC) features a beehive- shaped central chamber, capped with a flat stone that can be seen as metaphoric of the Earth’s navel, the omphalos [Fig. 10].

Fig. 10 - Île Long passage tomb, Larmor Baden, Brittany, early 4th mill. BC (L. of grave 14.5 m.). Fig. 10 - Tomba a corridoio di Île Longue, Larmor Baden, Breta- gna, inizi del IV mill. a.C. (L. della tomba, 14.5 m.).

(47) Gimbutas 1991: 290-2. (48) Ibid: 289. 24 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

At the magnificent passage tomb of New- Nella magnifica tomba a corridoio di Newgrange grange in the Boyne Valley, Ireland (4th millen- nella Boyne Valley, in Irlanda (IV millennio a.C.), una nium BC), an entrance stone is elegantly carved pietra di ingresso è elegantemente incisa con spirali in- with interconnected spirals, multiple lozenges terconnesse, losanghe multiple e decorazioni a V. Una and chevrons. A triple spiral is also engraved spirale tripla è incisa anche sul muro posteriore della ca- on the back wall of the central chamber. The mera centrale. L’entrata, che guarda a est, è allineata entrance, facing east, is aligned to the sunrise con il punto in cui sorge il sole il giorno del solstizio d’in- on winter solstice, as are the passage tombs of verno, come nelle tombe a corridoio di in Bre- Gavrinis in Brittany, and Maes Howe in the tagna e di Maes Howe nelle isole Orkney in Scozia. Orkney Islands of Scotland. As the first light of Quando la prima luce del giorno più corto dell’anno en- the shortest day of the year floods into the in- tra nella camera interna, la tomba si rianima, nel mo- ner chamber, the tomb of death is quickened, mento della massima oscurità, per diventare il grembo during the time of greatest darkness, to be- mitico della nuova vita (49). Feste, danze e celebrazioni come the mythic womb of new life (49). Feast- collettive devono aver accompagnato questo fondamenta- ing, dancing, and communal celebration must le evento sacro. have accompanied this sacred and pivotal event.

Conclusion Conclusioni An abundance of anthropomorphic and Dalle culture dell’antica Europa, dell’antica Anatolia e zoomorphic imagery has survived from the cul- delle regioni del Mediterraneo è giunta fino a noi una tures of Old Europe, Old Anatolia and the grande quantità di immagini antropomorfiche e zoomor- Mediterranean region that reflects persistent fiche che testimoniano attività rituali continuative colle- ritual activities related to the seasonal realities gate alle realtà stagionali della vita neolitica. of Neolithic life. The cosmogonic Goddess, in La dea cosmogonica, in molteplici forme, ha funzionato multiple forms, functioned for millennia as a per millenni come una metafora multidimensionale della multi-dimensional metaphor of the Sacred Sorgente Sacra della vita, dell’inevitabilità della morte e Source of life, the inevitability of death, and della promessa della rinascita entro i grandi cicli ricor- the promise of rebirth within the great recur- renti della natura. ring cycles of the natural world.

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(49) See Gimbutas 1991: 296-305. EMMANUEL ANATI Centro Camuno di Studi Preistorici - Capo di Ponte, Brescia IL CULTO DELLA MADRE GENITRICE: LA RICERCA DELLE ORIGINI

Lo studio dell’arte preistorica era tradizional- elemento che affiorò già nel primo rapporto e mente una disciplina a carattere regionale. Fi- che fu ulteriormente approfondito nel secondo no a qualche anno fa, in varie parti del mondo, è quello di una presenza dell’arte a livello dove l’argomento riscuoteva un certo interes- mondiale. Vi sono alcune manifestazioni isola- se, il tema interessava in primo luogo l’area te che vengono fatte risalire ad epoche assai geografica specifica. Gli studiosi francesi e remote, ma nessuna delle quali ha delle data- spagnoli concentravano il loro interesse nel- zioni definitive e sicure. l’Europa occidentale, in sud Africa l’accento ri- L’arte come fenomeno sociale e come mani- guardava il sud Africa in Australia riguardava festazione culturale ripetitiva risale a circa l’Australia. Si trattava quasi di compartimenti 50.000 anni fa. Dai due rapporti emerse che le stagno, privi o quasi di ricerca globale o com- varie manifestazioni in Africa, Asia, Europa e parativa. Oceania, dalle fasi più antiche mostrano sor- Nel 1983 ebbi l’incarico dall’UNESCO di prendenti somiglianze. La più antica arte che preparare un rapporto mondiale sullo stato attualmente si conosce nel continente ameri- dell’arte preistorica e ciò mi costrinse ad usci- cano risale ad un’epoca più tarda. Le differen- re dall’ambiente ristretto al quale mi ero pre- ziazioni regionali delle caratteristiche dell’arte valentemente dedicato e che riguardava l’Eu- si sono sviluppate negli ultimi 25.000 anni, ropa ed il Medio Oriente. Dieci anni più tardi mentre le manifestazioni precedenti sembrano (1993) ebbi l’incarico di produrre un secondo indicare una matrice tipologica, stilistica e con- rapporto mondiale e ciò permise di mettere cettuale unica. Si è così sviluppata l’ipotesi in atto un inventario mondiale dell’arte prei- che l’arte visuale fosse legata all’Homo sa- storica che si è sviluppato con il nome di pro- piens e alla sua diffusione sul pianeta; ne deri- getto WARA (World Archives of Rock Art). Un va che l’arte sia nata prima della dispersione

Fig. 1 - Laussel, Marquay, Dordogne, Francia. Arte dei Cacciatori Arcaici. Rilievo del- l’altorilievo che rappresenta una donna matura, con un corno in mano sul quale sono incise tredici tacche eseguite con tre strumenti diversi, ri- spettivamente in gruppi di sei, quattro e tre. Sull’anca destra della donna è inciso un segno a bâtonnet . Sul lato sinistro, in basso, si vede una parte del ri- lievo obliterata o danneggiata, dove sembra vi sia stata una fi- gura animale posta vertical- mente. (Rilievo CCSP; Archi- vio WARA W00725). (Da E. Anati, 1989, p. 171). 26 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 2 - Mal’ta, Irkutsk, Siberia. Fi- gurina femminile in avorio con foro da pendente e 27 tacche che separano 28 spazi. Le prime cinque tacche sono sulla testa, le tacche da 14 a 17 se- gnano l’area del pube. Probabilmente questo oggetto, al collo di una ragazza, serviva a memorizzare le fasi del ciclo (rilievo CCSP; Archivio WARA W00006). (Da E. Anati, 1989, p. 13).

Fig. 3 - Savignano, Modena, Italia. Statuetta a schema femminile paleoliti- ca in pietra serpentinosa proveniente dai depositi alluvionali del fiume Panaro denominata «Venere di Savignano». Altezza cm. 22. (Rilievo CCSP; Archi- vio WARA W01132). dell’Homo sapiens e che abbia fatto parte del smo e il monoteismo, si sono sviluppate pres- bagaglio culturale che l’uomo si portò seco ne- so società complesse e sedentarie. Le conce- gli altri continenti dalla sua terra d’origine in zioni religiose dei primordi, da quanto ci mo- Africa. stra l’arte, erano di carattere animistico, si in- L’arte dei primordi esprime un linguaggio centravano sulla ricerca di armonia con la natu- articolato, una logica di base e delle credenze ra e l’ambiente, la simbiosi con il mondo ani- che implicano la presenza di tali elementi nel- male. Dominava la ricerca di equilibrio e di si- la cultura primaria dell’Homo sapiens e quindi nergia, tra mondo terreno e aldilà, tra mondo nella nostra cultura primaria, rivelandoci degli delle tenebre nelle grotte oscure e mondo archetipi del pensiero filosofico e della con- della luce sulla terra, tra mondo animale e cettualità che sono alle radici della cultura. Co- mondo umano, tra valenze femminili e valenze me ebbi l’occasione di illustrare su La religione maschili. Questi confronti illustrano un partico- delle origini (1995), la concettualità di base delle lare aspetto della concettualità del Paleolitico: credenze primarie espresse dall’arte preistori- la concezione dualistica del mondo, della so- ca permette di risalire ad alcuni miti di origine cietà e dell’uomo. Anche il concetto di divinità comuni, tra cui quello della grande migrazione non sembra esser esistito nelle prime fasi; vi primordiale, il mito di una terra di origine pri- era però la credenza in un mondo dei morti maria che alcune mitologie definiscono Giardi- che vedeva e controllava il mondo dei vivi e no dell’Eden, la credenza nell’oltretomba e nel quale i padri e le madri ancestrali proteg- quindi nella sopravvivenza dell’anima al corpo gevano o punivano i propri discendenti e il e nel mondo dell’aldilà. proprio clan. Da questi elementi primari si è successiva- Per quanto concerne il concetto ripetuto in mente sviluppata la diversificazione concet- questo convegno, che riguarda la Dea Madre, tuale che si è poi cristallizzata nelle religioni di sembra poter ricostruire attraverso l’arte prei- epoca storica. Alcuni degli elementi che si rite- storica un processo formativo di questo con- nevano primari si sono sviluppati invece stra- cetto, dalla venerazione di uno spirito ance- da facendo e non fanno parte del bagaglio pri- strale femminile, che si può identificare con mordiale della concettualità delle origini. l’archetipo, di una matrona che è la madre Esempio classico è la concettualità dello scia- concettuale e spirituale del clan. manismo, con lo sciamano che funge da me- Tale concetto primario è diffuso nel Paleoli- dium tra il mondo dei vivi e il mondo dei mor- tico; assume la forma di divinità con l’inizio ti. Non è diffuso a livello mondiale; in alcune dell’agricoltura e della produzione del cibo regioni come l’Australia o come l’America si quando si attribuiscono a queste entità dei palesa in epoche molto tarde e non fa parte di poteri soprannaturali di fecondazione delle quel bagaglio primario che riscontriamo nelle terre coltivate e di fecondità delle donne desi- più antiche manifestazioni artistiche. derose di avere dei figli. Tali desideri non Ancora più tardo nell’evoluzione concettua- sembra rientrino nelle ambizioni dei popoli le riflessa dall’arte preistorica è il concetto di cacciatori, specie se nomadi e costantemente divinità. Tutte le religioni teistiche, il politei- alla ricerca di cacciagione. Emmanuel Anati - Il culto della madre genitrice: la ricerca delle origini 27

Nell’arte preistorica si sono riconosciuti cin- que grandi orizzonti definiti in base alla tipo- logia, allo stile e alla tematica che li caratteriz- zano e che coincidono con le attività economi- che del gruppo. I primi produttori di arte erano i Cacciatori Arcaici, ovvero popolazioni carnivore che non conoscono l’uso dell’arco e della freccia e che cacciano prevalentemente con l’uso della lan- a b c cia. Questa categoria solitamente non conosce la scena, ma solo associazioni e sequenze di grafemi e le immagini, ovvero pittogrammi, so- no abbinate a simboli o ideogrammi e a slanci di sensazioni definiti psicogrammi. Nelle categorie successive uno di questi tre elementi prende il sopravvento sugli altri, per g h cui vi sono stili dove vi è una prevalenza di pittogrammi e ve ne sono altri dove prevalgo- no ideogrammi o psicogrammi. Si riconoscono due tendenze di questa cate- goria, una delle quali ha figure, ovvero pitto- grammi in prevalenza di animali, l’altra invece f concentra il proprio interesse sulla figura uma- na. La prima di queste tendenze ha l’arte rupe- d e i stre e parietale come principale mezzo di Fig. 5 - Statuette femminili da: espressione, la seconda invece ha in prevalenza a-b-c) Nebra, Germania. (Rilievo M. Otte & J.K. Kozlowski; Archivio WA- l’arte mobiliare caratterizzata da statuette e RA W05513). placchette decorate. Fino a 25.000 anni fa esiste- d-e) Andernach, Germania. (Rilievo M. Otte & J.K. Kozlowski; Archivio va solo l’arte dei Cacciatori Arcaici che si espri- WARA W05514). f) Andernach, Germania. (Rilievo M. Otte & J.K. Kozlowski; Archivio WA- meva secondo le due tendenze menzionate. RA W05515). Questa categoria ha persistito ed in pratica g-h) Gönnersdorf, Germania. (Rilievo M. Otte & J.K. Kozlowski; Archivio persiste ancora presso alcune popolazioni WARA W05516). marginali del Pianeta. Però si sono sviluppate i) Gönnersdorf, Germania. (Rilievo M. Otte & J.K. Kozlowski; Archivio anche altre categorie con loro caratteristiche WARA W05517). proprie. La categoria di Raccoglitori riflette un’eco- nomia prevalentemente vegetariana ed è tra economico. Le immagini principali concernono l’altro caratterizzata da un ampio uso di so- figure antropomorfe, probabilmente a caratte- stanze allucinogene e dall’esecuzione di arte re mitologico e soprannaturale. visuale in stato di allucinazione. Un tratto par- Sia nell’arte dei Cacciatori Arcaici sia in ticolare di queste categorie è che l’arte non quella dei Raccoglitori non si riscontrano im- sembra illustrare preoccupazioni di carattere magini che possano essere definite come divi- nità. Come si è detto, vi sono immagini ma- schili e femminili attribuibili a patriarchi e ma- trone ancestrali. Nell’arte dei Raccoglitori vi sono anche esseri mitologici muniti di corna e di altri attributi soprannaturali. Sono conside- rati spiriti ancestrali connessi a narrazioni mi- tologiche e ve ne sono di tipi diversi e di am- bo i sessi. La terza categoria è quella dei Cacciatori Evoluti, la cui principale attività è la caccia con l’uso dell’arco e della freccia. In contrasto con le precedenti due categorie, qui il metodo sin- tattico dominante è la scena. Vi sono descri- zioni di caccia, di guerra, di cerimonie, di feste Fig. 4 - Totes Gebirge, Austria. Immagine femminile profondamente incisa e di relazioni con entità soprannaturali. In que- con seni e triangolo pubico fortemente evidenziati. Le braccia e la testa sono sta categoria sono raffigurati degli esseri che invece trascurate. Evidentemente sono enfatizzati alcuni attributi ritenuti es- senziali ai fini dell’identificazione del pittogramma. (Rilievo CCSP; Archivio potrebbero rappresentare delle divinità: sono WARA W01857). (Da E. Anati, 1979, p. 149). raffigurati in scene di adorazione e sono preva- 28 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 6 - Roc-aux-Sorciers, Angles-sur-Anglin, Vienne, Francia. Parte di un Fig. 7 - Gönnersdorf, Germania. Frammento di placchetta ain pietra incisa grande pannello in rilievo. Si vedono tre corpi femminili e sulla destra, due fi- con figure femminili di profilo. Periodo maddaleniano, Paleolitico superiore. gure animali, probabilmente bisonti l’uno sopra l’altro sotto il corpo femmini- (Rilievo G. Bosinski; Archivio WARA W003299. (Da G. Bosinski in BCSP, le. La sovrapposizione è sicuramente intenzionale. Paleolitico superiore. (Ri- vol. V, 1970, p. 78). lievo CCSP; Archivio WARA W00190). (Da E. Anati, 1989, p. 51). lentemente di sesso maschile. La rappresenta- Mentre per i Cacciatori Arcaici le associazio- zione di divinità diventa un argomento domi- ni comprendono pittogrammi, ideogrammi, nante solo successivamente. In varie parti del psicogrammi, presso i Raccoglitori pittogrammi mondo i Cacciatori Evoluti sono presenti negli e ideogrammi sono ben distinti, mentre il ruo- ultimi 12.000 anni. Casi sporadici leggermente lo di psicogramma è ricoperto dai dettagli più antichi sono riferibili all’Azerbaijan e al stessi dei pittogrammi. Presso i Cacciatori Evo- Sud Africa, mentre fuori dall’area del Vecchio luti, invece, la forma grammaticale dominante Mondo (Africa, Europa, Asia) questa categoria è il pittogramma; l’ideogramma è più raro e lo è assai più tarda. psicogramma pressoché assente.

Fig. 8 - Bujuk Dash, Gobustan, Azerbaijan. Incisioni rupestri di figure an- tropomorfe, presumibilmente femminili, con oggetti sulla spalla e motivi deco- rativi di abbigliamento, si sovrappongono ad una grande figura di bovide in uno stile tardo dei Cacciatori Arcaici. La figura antropomorfa in basso misura circa cm. 150. A fasi dove prevalgono le figure antropomorfe seguono fasi do- ve prevalgono le figure zoomorfe come se due tipi diversi di popolazioni si fos- sero alternati nel territorio. (Rilievo I.M. Djafarsade, Archivio WARA W02052; foto E. Anati, Archivio WARA W05583). Emmanuel Anati - Il culto della madre genitrice: la ricerca delle origini 29

La categoria successiva è quella delle po- polazioni di Pastori e di Allevatori del bestia- me. Salvo qualche raro caso, questa categoria è circoscritta al Nord Africa, al Medio Oriente e all’Asia Centrale. Le più antiche manifestazioni che si conoscono provengono dalla penisola arabica e dalla Valle del Nilo e sono riferibili circa a 8000 anni a.C. Il tema dominante è l’ani- male domestico, la sintassi è caratterizzata dalla scena che in pratica ha una tematica ri- stretta alle grandi mandrie, a storie di vita quotidiana, sentimentale ed erotica e al mon- do immaginario degli spiriti e dei folletti che popolano la savana e il deserto. Qui il tema grammaticale principale è il pittogramma con Fig. 9 - Oued Mertoutek, Hoggar, Algeria. Ragazze che danzano. (Rilievo di figure antropomorfe e zoomorfe pressoché in E. Anati da fotografia; Archivio WARA W00235). (Da E. Anati, 1994, egual misura. Gli ideogrammi sono pochi e di p. 105). carattere ripetitivo e gli psicogrammi sono pra- ticamente assenti. In questa categoria, in parti- colare in Arabia, vi sono delle immagini fem- minili che vengono adorate alle quali sembra ruolo fondamentale nell’economia vi siano si possa attribuire il titolo di divinità. maggiori probabilità dello svilupparsi di una La più tarda delle categorie è quella che ri- ideologia con divinità femminili, dove invece guarda le popolazioni ad Economia Complessa domina la caccia, così come il commercio o la che appare in Europa e nel Medio Oriente at- pesca, vi sia una chiara prevalenza di divinità torno a 6000 anni a.C. Si diffonde più tardi nel maschili. La presenza di una divinità unica pa- Nord Africa, specie lungo la fascia costiera e re essere una caratteristica delle società con poi si espande a tutta l’Asia e ad alcune zone struttura politica centralizzata e con organizza- specifiche delle grandi pianure nord america- zione sociale piramidale. Anche il monoteismo ne del Meso-America e dell’area andina. La riflette aspetti della vita delle società che lo scena è la forma grammaticale fondamentale, professano. cinque temi dominanti sono: antropomorfi, Questa ricerca sulle origini della divinità ci zoomorfi, oggetti, figurazioni topografiche e porta ad ipotizzare una fase «pre-divinità» nel- simboli. la quale prendono piede le tradizioni di spiriti Tra le figure antropomorfe e zoomorfe si ri- ancestrali, femminili e maschili, che riflettono conoscono divinità sia maschili sia femminili. l’identità del clan e la ricerca delle origini del- In alcune zone dominano figure di divinità l’etnia, nel quadro di una concettualità animi- femminili, in altre di divinità maschili. stica. Vi sono rappresentazioni di entità che Nel complesso si ha l’impressione che nelle potrebbero essere divinità, presso i popoli al- ere e nei periodi nei quali l’agricoltura ha un levatori e pastori. Alcune di queste si riferisco-

Fig. 10 - Gruppo di quattro donne in corsa. Pittura rupestre in rosso di Unbalanja (Australia) (Da C.P. Mountfotrd, 1956, p. 115: Archivio WARA W020227. 30 La Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze ➧ Fig. 11 - Gora Beiokdash, Gobustan, Azerbaijan. Roccia n. 42. Incisioni ru- pestri di popolazioni ad Economia Complessa, Agricoltori Incipienti; conserva- no ideogrammi dei Cacciatori Arcaici Simboli per maschile e femminile: il simbolo «arbôlet» o «ramo» indica il sesso maschile mentre le due linee pa- Fig. 12 - Bujuk Dash, Grotta Ana Zaga, Gobustan, Azerbaijan. Sequenza rallele sul fianco della donna, o «labbra», indicano il sesso femminile. Questa di incisioni di epoche diverse. Rilievo sommario delle incisioni della Grotta potrebbe essere un’indicazione dei nomi dati da quelle genti agli organi ses- di Ana Zaga con indicazione delle sovrapposizioni. (Rilievo CCSP, Archivio suali. Altezza della figura maschile circa cm. 110. (Rilievo I.M. Djafarsade, WARA W05729). in E. Anati, 1992; Archivio WARA W00287). ➧ Emmanuel Anati - Il culto della madre genitrice: la ricerca delle origini 31

no ad esseri antropomorfi femminili. Divinità vere e proprie, dei due sessi, si sviluppano presso popolazioni sedentarie ad economia complessa. Alcune di tali popolazioni hanno particolarmente a cuore le divinità femminili. Altri hanno divinità maschili o anche asessua- Fig. 13 - Kimberley, te. Nei pantheon di tutte le popolazioni poli- Nord dell’Australia. teistiche vi sono divinità dei due sessi. In tale Pitture rupestri che contesto però, come si è detto, lo spirito della raffigurano esseri umani splendidamente matrona o madre ancestrale sembra essere abbigliati e adornati in presente assai prima dello svilupparsi del con- un’area dove, fino al contatto con gli Euro- cetto di divinità. pei, gli Aborigeni vive- vano nudi. La figura centrale (alta m. 1,25) Nota: Il presente testo è una sintesi di alcu- ha una treccia che fa ni capitoli di tre precedenti opere dello stesso pensare a capelli di po- autore: Origini dell’arte e della concettualità (1989), polazioni eurosiatiche e un abbigliamento pie- La religione delle origini (1995), Les racines de la cul- no di fantasia. (Rilievo ture (1995). Le illustrazioni sono copyright Ar- Welch; Archivio WA- RA W06813). chivio WARA ed ogni riproduzione non autoriz- (Da D. Welch, 1993, zata per iscritto è vietata. p. 18). 32 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 14 - Pozzi di Al-Ain, Arabia. Incisione rupestre di figura femminile in Fig. 15 - Kaukab Hill, Arabia Centrale. Figura mitologica di divinità fem- stile «Long Haired». Età del Ferro. (Rilievo CCSP; Archivio WARA minile guerriera con arco e frecce affiancata da un piccolo personaggio con W00114). (Da E. Anati, 1974b, vol. IV, p. 141). scudo e arma, probabilmente mascherato. (Rilievo CCSP; Archivio WARA W01984). (Da E. Anati, 1968c, vol. I, p. 116).

Fig. 16 - Dakhala Oasis, Egitto. Abiti elaborati degli abitanti delle oasi. Due donne vestite elegantemente sono assistite da altre due vestite più mode- stamente. Su entrambi i lati della scena è ripetuto lo stesso ideogramma: due esseri umani vicini a significare «unione». Le due donne sembrano preparar- si ad una cerimonia (matrimonio?). Le figure possono essere attribuite al Neolitico antico mentre una figura umana con un bovino sulla destra sembra un’aggiunta successiva. (Rilievo CCSP; Archivio WARA W02018). (Da E. Anati, 1994, p. 138). Emmanuel Anati - Il culto della madre genitrice: la ricerca delle origini 33

Fig. 17 - Kaukab Hill, Arabia Centrale. Figure femminili idealiz- zate ed estetizzate del periodo pasto- rale. (Rilievo CCSP; Archivio WA- RA W00108). (Da E. Anati, 1968c, vol. I, p. 144). 34 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 18 - Rished, Askun, Bohuslän, Norvegia. Uomo e donna con grandi mani. (Ri- Fig. 19 - Fossum, Tanum, Svezia. Sintesi di figura femminile. La lievo E. Anati; Archivio WARA W02023). (Da E. Anati, 1995, p. 276). coppella fra le gambe indica il sesso, che è ulteriormente evidenziato dai capelli lunghi, già allora elemento distintivo della figura femmi- nile. (Rilievo CCSP; Archivio WARA W07099). (Da E. Anati, 1995, p. 280).

Fig. 20 - Tanum, Bohuslan, Svezia. Scena di unione sessuale tra personag- gi maschili mascherati e femminili dalla testa di uccello. (Rilievo Brand; Archivio WARA W070100). (Da Brand, 1919). Emmanuel Anati - Il culto della madre genitrice: la ricerca delle origini 35

Fig. 21 - Hagar Qim, Malta. Statuetta dell’essere pingue. Divinità erma- Fig. 22 - Hagar Qim, Malta. Figurina femminile. (Da A. Fradkin Anati & frodita. (Da A. Fradkin Anati & E. Anati, 1988; Archivio WARA W05124). E. Anati, 1988; Archivio WARA W05004).

Fig. 23 - Vitlycke, Tanum, Svezia. Incisioni rupestri di un gruppo ad Econo- «copulare», mentre quello vicino al piede dell’essere più grande sembra signi- mia Complessa. Una coppia copula sotto la protezione di un dio itifallico che ficare «andare», quello vicino all’ascia sembra enfatizzare la metafora della regge un’ascia sopra di loro. Il punto, in tre differenti posti della scena, ha il testa perforata dell’ascia penetrata dal manico. (Da E. Anati, 1995, Archivio significato di «fare». Il punto vicino al piede della coppia potrebbe voler dire WARA W01385). LUISELLA VEROLI Melusine, Milano LUOGHI DI CULTO, CULTO DEI LUOGHI

Come fondatrice dell’Associazione Melusine di luogo comune che considera l’arte pre-classica Milano, che ha preparato il percorso scientifico misera e non presentabile, da riseppellire sot- della mostra di oggetti di culto della Grande to terra o negli scantinati dei musei. Dea nell’arte preistorica, ringrazio Monique Ma, vi chiederete, che cosa è Melusine? Chi Goudet, conservatore capo del Museo di Terra sono queste donne di Milano che appassiona- Amata di Nizza. È grazie alla collezione da lei tamente si dedicano all’Archeomitologia? realizzata, con la collaborazione di una trenti- Con le parole della poetessa Cristina Cam- na di organismi scientifici internazionali, che po, noi diciamo: «Maturità è districare ciò che potrete vedere riunite, per la prima volta in è nostro dalle origini». E così riveliamo il no- Italia, un centinaio di cosiddette Veneri della stro desiderio, che non è quello di cullarsi nel- preistoria. la nostalgia delle origini, ma di intraprendere Monique Goudet, prima ancora di conosce- un viaggio verso le sorgenti dimenticate della re l’opera di Marija Gimbutas, era stata spinta creatività femminile per reimmetterla nella a documentare le rappresentazioni femminili cultura e nelle nostre vite. nell’arte preistorica dall’osservazione dei bam- Nasce così quindici anni fa un gruppo di bini che, seguendo le visite guidate al Museo, studio interdisciplinare su miti, riti, simboli an- dicevano: «Si parla sempre solo di uomini cestrali che Silvia Vegetti Finzi chiamò «Ar- preistorici. Allora, le donne non esistevano»? cheologia dell’immaginario femminile». A distanza di una decina di anni dalla prima Nel 1987 avevamo scelto Melusine come esposizione a Nizza, che Monique Goudet inti- nome da dare al nostro progetto che prevede- tolò Eves et rêves, oggi, grazie anche a Milli Vio- va di promuovere, tra l’altro, la ricerca della lante, all’Associazione Armonie e a Daniela soggettività femminile e della creatività indivi- Facchinato, la mostra ha varcato i confini, che duale a partire dalla poesia. La poesia a volte sono una invenzione storica e non certo prei- salva la vita. È il caso di Alda Merini che non storica, e porta il titolo del mio recente libro, ebbe altri mezzi che la propria voce per uscire Prima di Eva. dall’inferno psichiatrico, e mi affidò il racconto Nei pannelli e nelle didascalie ho cauta- della sua vita affinché venisse trascritto in quel mente introdotto intuizioni, immaginario e lin- nostro libro dal titolo significativo: Reato di Vita. guaggio poetico. Per esempio, nelle sezioni Perché abitare poeticamente il mondo oggi Paleolitico e Neolitico troverete anche la defi- sembra un reato. nizione «età della Roccia Madre» e «età della Melusine è una fata del mondo celtico e, Terra Madre» come nei primi due capitoli del come gran parte delle fate medievali, è una di- mio libro così introdotti: vinità detronizzata. Mère Lusine (dal latino Mater Lucina) era uno dei tanti nomi della Dea Chiamo età della Roccia Madre il Paleolitico, il tempo delle origi- della luce lunare, protettrice del parto. Le me- ni, quando la caverna era sentita, dal popolo dei cacciatori e delle raccoglitrici, come utero materno da cui tutto nasce e a cui tutto tamorfosi di una Dea sono numerose: uccello, ritorna. serpente, cinghiale, ma soprattutto si presenta nell’aspetto di donna, più spesso di tre donne. Chiamo età della Terra Madre il Neolitico, dei primi agricoltori e Secondo la leggenda, raccolta in due ro- delle prime vasaie, nell’immaginario il tempo in cui il divino non manzi della fine del 1300, Melusine appare, era più simbolizzato dall’utero roccioso della caverna ma dall’umi- do grembo della terra lavorata da cui si nasce e a cui si ritorna. accanto a una fonte, insieme ad altre due da- me, alla vista incantata di un cacciatore che si Si spera così di contribuire a stimolare l’ar- era smarrito nel bosco. cheologia a uscire dalla fase descrittiva per La triade femminile è sempre un indizio cercare di intravvedere, di ipotizzare, come ha che siamo alla presenza della Grande Dea e la fatto Marija Gimbutas, il messaggio esistenzia- fonte ne è il luogo di culto privilegiato. le e gli interrogativi che, in quanto genere Melusine promette al cacciatore ricchezze e umano, ci accomunano ai nostri ancestrali fra- prosperità in cambio dell’impegno, in un patto telli e sorelle dell’età della pietra che conside- nuziale, a non cercare di sapere cosa lei faces- ravano il femminile una presenza sacra con cui se il sabato, che riservava come giornata tutta dialogare. per sé. Si spera anche di contribuire a superare il Il giovane accetta e il matrimonio funziona. 38 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Melusine partorisce dal degli iniziati e se guar- suo grembo divino non diamo le statuette del- solo figli segnati da stig- l’età del bronzo a Creta mate, come denti di cin- vediamo che a maneg- ghiale o occhi sulla fronte giarli erano sacerdotes- – simboli dell’iniziazione se. Nonostante l’incalza- alla religione della Terra – re delle invasioni in- ma anche castelli, chiese, doeuropee con la loro abbazie. nuova ideologia patriar- Ma un sabato, spinto cale, nelle isole del Me- dalla gelosia e dalla curio- diterraneo si manterrà sità, il Principe spia attra- più a lungo la cultura verso il buco della serra- precedente. tura e scopre che la sua Il segreto dell’iniziazio- sposa, mentre sta facendo ne alla religione della il bagno, si metamorfizza Terra fu a lungo tenuto in serpente. ben custodito, ma a un Questo tradimento del certo punto andò perdu- patto provocherà la defi- to. La perdita del mi- Fig. 1 - Statuette in ceramica trovate nei depositi del tempio del palaz- nitiva trasformazione di zo di Cnosso a Creta. Sono del 1700 a.C. circa. Il serpente presto si stero del serpente e Melusine in uccello not- trasformerà nelle mani di Zeus in fulmine e in quelle degli uomini in dell’utilizzazione delle turno che tormenterà, co- armi di metallo. Si esce così dall’età della pietra. Si entra nella «civiltà». energie psichiche ine- me un incubo, il sonno degli umani. renti la sua simbologia determinò nel corso Nel linguaggio della religione della Dea ciò della storia equivoci e persecuzioni nei con- significa che non bisogna rivelare, a chi non ha fronti delle donne e del serpente, entrambi ricevuto una completa iniziazione, i segreti demonizzati. Persino il gatto, che era un aiu- delle metamorfosi del corpo femminile e della tante magico della Dea – come vedete nella Terra, che erano dei Misteri religiosi custoditi statuetta di Creta, era sulla testa della sacer- e amministrati dalla sapienza femminile della dotessa – verrà considerato diabolico e brucia- ciclicità lunare. to insieme alle «streghe». Nei nostri miti mediterranei le tre età della Ben prima dell’Inquisizione, comunque, donna corrispondono ai tre aspetti della Dea con la formazione delle prime città a dominan- come figlia, come madre di figli divini, come za maschile, la donna progressivamente cessa vecchia e Madre dei morti. Le metamorfosi del di essere considerata una iniziatrice alla sa- corpo femminile venivano proiettate in cielo e pienza e alla spiritualità. A Delo, l’isola greca rappresentate nell’immaginario dalla falce del- dedicata ad , non si poteva nascere né la luna crescente, dalla luna piena e dal corno morire. Le puerpere venivano trasportate su della luna calante. La Dea come Luna era ma- un’isola vicina perché non contaminassero con dre dei tre mondi: celeste, sotterraneo e terre- la materialità del parto la creatività dello spiri- stre. Era cioè sovrana universale, immagine vi- to. Invece in Anatolia, a Çatal Hüyük, le donne vente della fecondità della Terra, delle acque dell’età della pietra partorivano all’interno del e del cosmo. loro villaggio in un santuario dipinto con ocra Il bagno di Melusine non è un fatto igienico rossa e con affreschi che celebravano la nascita ma allude a un bagno rituale. Il sabato, in segui- come evento sacro di comunione con il divino. to dedicato alla Madonna, secondo le antiche Veniamo ora agli oggetti di culto dell’età della tradizioni era il giorno in cui le donne ridiventa- Roccia Madre. vano Dee-serpente rigenerando se stesse. Ci siamo chieste perché mai i nostri proge- La sacralità si esprime per simboli che sono nitori sapiens-sapiens, capaci di dipingere e sempre oscuri per i non iniziati. scolpire animali dalle forme proporzionate, na- I devoti all’antica religione della Terra cono- turalistiche, di stupefacente realismo, rappre- scevano il serpente come simbolo dell’energia sentarono anche donne obese, sproporziona- vitale, della saggezza, della guarigione e della te, scolpite in osso, pietra, avorio, in Moravia trasformazione spirituale. persino in terracotta. Naturalmente il serpente non poteva esse- La terracotta è un’arte che implica cono- re avvicinato da chi non sapeva trasformare il scenze tecniche sino ad ora non riconosciute al veleno in farmaco o da chi non aveva ricevuto popolo di cacciatori di mammuth del Paleoliti- una iniziazione, rispettando tutte le tappe di co superiore. Invece ai piedi dei monti Pavlov, avvicinamento ai Misteri delle trasformazioni a nord del confine tra Moravia e Austria, è sta- dei frutti della donna e della Terra. to trovato un forno con un grande numero di Maneggiare i serpenti era una prerogativa frammenti di statuette. Luisella Veroli - Luogo di culto, culto dei luoghi 39

La struttura adibita a forno per ceramica è Eva era uno dei nomi della Grande Dea e stata trovata in posizione isolata rispetto al resto nei miti del Mediterraneo orientale Adamo è dell’abitato. È stata interpretata come l’abitazio- una creatura formata dalla Dea Terra, cioè dal- ne dello sciamano. la sua stessa argilla inumidita di sangue. Adom Ma non potrebbe essere stata una donna in ebraico significa rosso e Adamah è la terra. l’inventrice della terracotta? Perché, ci siamo Nel dizionario biblico (Brown Driver Briggs) si chieste, nel nostro attuale immaginario se c’è legge che Eva viene da Chava, radice connessa una invenzione pensiamo, anche per la prei- con la parola vita. storia, a una creatività solo maschile? Se a un Le testimonianze mitologiche e linguistiche certo punto della storia la società si dà una suggeriscono che fu Eva a creare Adamo. L’evi- struttura androcentrica, confinando la donna denza biologica del corpo femminile che cre- nella casa e tagliandola fuori da tutti i processi sce, genera e nutre era interpretata come una conoscitivi, non è detto che sia sempre e magia delle donne. ovunque stato così. Forse la potenza magica generativa era invi- Nella tradizione andina, ad esempio, alla diata dagli uomini, ma saggiamente era presa sacra e misteriosa arte della ceramica poteva a modello per altri tipi di esperienza sapien- consacrarsi unicamente la donna che ne impa- ziale. Ad esempio, il percorso del materno era rava i segreti, gelosamente custoditi e traman- con enfasi ritualmente simbolizzato nel fare ar- dati di madre in figlia. Ne La vasaia gelosa Lévy- tistico: le opere d’arte della preistoria veniva- Strauss riferisce che le donne costruivano, lon- no ricoperte di ocra rossa, simbolo del sangue tano dal villaggio, una capanna per celebrare il del parto, il sangue della vita. rito di plasmare e cuocere la creta, nel più as- Il versetto 2,7 della Genesi: «Il Signore Dio soluto silenzio, comunicando tra loro solo per formò l’uomo dal fango della terra e gli inspirò in faccia mezzo di segni. un soffio di vita; e l’uomo fu fatto in anima vivente» è Se nella mitologia andina è la Signora della stato letto come storia delle origini dell’uo- ceramica a plasmare per prima gli organi geni- mo. tali femminili, in altre mitologie fu una Dea a Ma mi chiedo e vi chiedo: non potrebbe es- plasmare nella terra i primi esseri viventi. Nel- sere letto come la narrazione del mistero della la mitologia europea l’agricoltura, la tessitura, terracotta? la filatura, la medicina, la poesia sono doni fat- La modellatura dell’argilla che diventa ros- ti all’umanità dalla Grande Dea o da tre donne sa con la cottura non era solo una tecnica, ma divinizzate: le Parche, le Ore, le Tre Grazie. un’esperienza mistica e misterica. L’inconscio custodisce la rappresentazione La nascita di Eva dalla costola di Adamo del femminile come tre donne, spiega Sig- potrebbe essere il racconto dell’esperienza mund Freud ne Il motivo della scelta degli scrigni. mistica dell’incisione e della scultura nell’osso. Perché le statuette maschili sono rarissime La nascita di Adamo dal fango potrebbe esse- nella preistoria? re il racconto della modellatura e della cottura A giudicare dall’archeologia e dalla mitolo- nel forno in cui si era scoperto che bisognava gia, non c’è dubbio che a essere creata dall’a- insufflare aria: il soffio della vita. Fissate dalla vorio, dal corno, dall’osso e dalla terra fu dap- cottura, le opere diventavano immutabili ed prima Eva. eterne, diventavano cultura. Imporre una forma alla materia, strappan- dola al campo illimitato del possibile, diven- tava atto simbolico, comunicazione, la prima forma di sacra scrittura. Miti sumeri e indiani raccontano che l’inventrice della scrittura fu una Dea. L’atto di incidere, di scolpire, di di- pingere, di impastare la terra non potrebbe essere stato un rito misterico, sapienziale, ini- ziatico al quale le donne partecipavano attiva- mente? Maneggiando le statuette per decidere co- me esporle per la mostra, abbiamo potuto constatare che alcune hanno degli incavi o dei buchetti intenzionali sul capo o sul corpo, pra- ticati forse per fissare ornamenti come erbe, piume, fiori. Mi piace pensare che le statuette non erano Veneri o il ritratto di donne preisto- riche adipose, ma oggetti da preghiera cui si Fig. 2 - Statuetta in argilla mescolata a polvere d’osso per favorirne la tenuta durante la cottura a 500 gradi; da Vestonice (Moravia meridionale), 24500 a.C. rivolgevano invocazioni come questa contenu- 40 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze ta nel Devi-Mahatmya (400 a.C.) e diretta alla alle metamorfosi fisiche e spirituali di cui il cor- Grande Madre Durga: po femminile è crogiuolo e segreto testimone. Le donne non hanno fondato religioni uffi- «Quelle tue forme amorose nei Tre Mondi ciali né gerarchie sacerdotali, ma da sempre e quelle tue forme furiose, sono le custodi di una esperienza soggettiva salvaci in ciascuna di esse» del divino che unisce corpo e spiritualità. Il lo- In alcune case dei primi villaggi neolitici so- ro immaginario epico non esalta la morte eroi- no stati trovati degli altarini e dei tempietti co- ca, ma la preservazione e la perpetuazione me questi del 5000 a.C. fotografati nel Museo della vita, in sintonia con la vita eterna del delle antichità nazionali di Bucarest. creato. E ora cercherò di illustrare il mio viaggio nell’età della Roccia Madre (Paleolitico supe- riore: 30000-10000 a.C.) alla ricerca dei primor- diali luoghi di culto della Dea. Nell’immaginario contemporaneo il tempio, il santuario è una armoniosa costruzione archi- tettonica separata dagli insediamenti residen- ziali. Il prototipo, il tempio archetipico è di- ventato il Partenone, un luogo sacro cui si ascende, per tendere verso la luce, verso l’alto dei cieli. Fig. 3 - Tempietto con finestrelle tonde (h. 24 cm; l. 51 cm). Invece i luoghi di culto paleolitici erano nel- la natura selvaggia, nelle caverne naturali, nei ripari sotto roccia. In Prima di Eva (inteso come libro, non come mostra) ho cercato di descrivere come un per- corso iniziatico al femminile la mia discesa nel- le caverne dove i nostri progenitori rivivevano i misteri della nascita, dell’amore e della morte, eternando sulle pareti dell’utero della Roccia Madre le primissime sacre rappresentazioni. Ora vi descriverò come ho ricostruito la possibile topografia fisica e spirituale del culto più antico della Dea. Il riparo sotto roccia di Laussel, in Dordo- gna, è quello che ha restituito i reperti più an- tichi (30000-25000 a.C.) di nudi femminili di Fig. 4 - Altare di terracotta con due figure umane, forse la Dea come madre una certa grandezza. Sono bassorilievi alti cir- e come figlia, con al collo pendaglietti a forma di violino (h. 1 m; l. 1 m). ca mezzo metro, uno era su un masso intra- sportabile. La Venere di Laus- sel (Figura 6) si accinge a bere da un corno con 13 tacche incise (un ca- lendario basato sulle fasi lunari e mestruali, dicono alcuni studiosi) e porta una sottilissi- ma cintura incisa intor- no alla vita che ha atti- rato la mia attenzione. Ancora oggi di una donna in gravidanza Fig. 5 - Tempietto a forma di Dea-uccello con collana; sul retro si apre un Fig. 6 foro tondo (h. 40 cm). diciamo incinta (dal la- tino incingere = cingere intorno). Chi si consacra a una religione si met- Mi piace pensare che le donne introduces- te una cintura. sero nel tempietto domestico statuette simbo- Ci siamo chieste: «Possibile che la cintura, cui lo del corpo della Dea per celebrare riti legati l’inno omerico ad Afrodite attribuisce divino Luisella Veroli - Luogo di culto, culto dei luoghi 41

ne di una nuova percezione di sé in rapporto alla natura, il trionfo dell’io sulla materia? E se la rappresentazione mitoarcheologica del femminile come tre donne fosse un arche- tipo? Come sapete, per Jung l’archetipo è un sim- bolo dell’inconscio che condensa in sé molti significati, è una specie di sogno originario dell’umanità. In quanto archetipo è immutabi- le e appartiene al genere umano da sempre. Quello che possiamo cam- biare nel tempo è la sua lettura indi- viduale e collettiva. La Dea non si presenta con una for- ma fissa, né con un unico nome. Si b presenta come tre donne in conti- nua trasformazione. Oggi potremmo leggerle come una a c figura proveniente dalla profondità della terra e delle nostre anime per Fig. 7 - Questa è la mia ipotetica ricostruzione della sequenza della rappre- sentazione della Triplice Dea di Laussel che lancia come un boomerang le fal- invitarci a correggere le pretese onnipotenti ci lunari in cielo. Se così fosse, sarebbero corpi in menopausa, non più erotici dell’io unico che vuole capire tutto, spiegare e e generativi sul piano umano, a simbolizzare la fecondità sul piano cosmico. manipolare ogni cosa. La triade femminile invi- ta a correggere l’immagine onnipotente del Dio potere seduttivo, fosse già rappresentata – più originario pensato come maschile, unico, uni- di ventimila anni prima dell’invenzione dell’al- versale. Ci invita a sfuggire all’eventuale onni- fabeto – con intenzioni simboliche?» potenza speculare di chi pensa di sostituire Quando lessi le relazioni di scavo del 1911, Dio con una Dea altrettanto unica e universale un’altra cosa che mi colpì è che lo scopritore che cancella e ingloba le differenze. Ci invita a racconta di tre bassorilievi femminili trovati a entrare in contatto con il sacro che è in noi e a pochi metri uno dall’altro, simili nelle fattezze, rinunciare al linguaggio solo intellettuale, nelle dimensioni e nel fatto di recare tracce di astratto (tratto fuori dal corpo) per fondare un ocra rossa. nuovo sapere «animato», capace di integrare Mi metto a cercarle tutte e tre nei musei. In- corpo e mente. traprendo un avventuroso viaggio per cercare L’Eros, la potenza generativa primordiale che il luogo, ormai abbandonato, dove erano origi- appariva sotto sembianze femminili, non è un nariamente collocate. Riporto foto, sensazioni potere su qualcuno ma un potere di (come dice Ria- e intuizioni nel gruppo di ricerca con cui mi ne Eisler), potere di illuminare e trasformare. confronto. Propongo una possibile sequenza Se riusciremo a mantenere lo stupore per le della collocazione originaria. molteplici possibilità creative che l’umanità Ulteriori ricerche successive alla pubblica- zione di Prima di Eva mi hanno portata a scopri- Fig. 8 - Bassorilievo scoperto nel 1950 in una caverna a Angles sur Anglin re che anche nelle altre due grotte che conten- (Vienne). Una è vista di fronte, una di tre quarti e l’altra di profilo. L’altezza di questi busti è di 120 cm. Se fossero stati corpi interi, sarebbero stati a gono bassorilievi femminili paleolitici sono tre grandezza naturale. Siamo nel 12200 a.C. e, sebbene siano passati quindici- i corpi femmini rappresentati. Non mi risulta mila anni dalla Venere di Laussel (siamo ancora nell’età della Roccia Ma- dre), mi sembra si rappresenti ancora una forza primordiale fecondante pre- sia mai stata sottolineata questa strana coinci- sente nel corpo femminile e nella Luna che crescendo favorisce, per stimola- denza. zione simpatica, ogni nuova nascita. Possibile che già nel Paleolitico si rappre- sentasse il femminile come tre donne diviniz- zate? Sta di fatto che chi ha fatto sorgere dalle pareti tutte queste «Veneri» ha sempre rispet- tato le forme naturali della roccia limitandosi a sottolinearne certe forme. Le figure non si se- parano totalmente dalla Roccia Madre, come se la psiche si sentisse un tutt’uno con la matrice originaria: la madre-materia cosmica. Ci vorran- no migliaia di anni perché le Veneri del classici- smo greco e romano, completamente levigate, si separino dalla roccia per diventare naturali- stiche statue a tutto tondo. Saranno l’espressio- 42 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 9 - Passano altri tremila anni, ma anche nella grotta di Magdeleine des Albis (Penne-Tarn) i bassorilievi femminili sono tre. Sono stati talmente deli- catamente modellati da eludere l’occhio di generazioni di studiosi che scavava- no all’entrata della caverna. Fu un ingegnere abituato a lavorare nel deserto che le vide sorgere dalla roc- cia, illuminata a sprazzi dai raggi del sole. Del resto era con la luce vacillante delle lucerne di pietra riempite di grasso che i nostri progenitori animavano le incisioni e le pitture nelle caverne più oscure. Faceva probabilmente parte di una iniziazione arrivare, spesso attra- versando cunicoli fangosi e bui, a veder sorgere dallo sfondo roccioso le figure che si animavano.

può ancora far nascere, se non di- sta junghiana, nel «Dialogo sull’e- menticheremo le nostre radici, se nigma della bellezza»: Nel racconta- torneremo a rispettare la Terra e il re la propria storia, le donne in analisi femminile e a separarci psicologi- mutano anche lo sguardo. Percepisco a camente dal materno senza rinne- tratti il riemergere dei volti che si aveva- garlo, se, dentro e fuori di noi, ma- no nei primi mesi di vita: lo sguardo del- schile e femminile torneranno a l’innocenza, una cosa talmente forte che dialogare in modo fecondo, allora si capisce che si era messa lì molta prote- Cielo e Terra ri/celebreranno le zione per coprire la bellezza dello sguardo nozze sacre, il Cielo tornerà a di- innocente, come se ci fosse un continuo stendersi ad arco sopra la Terra tentativo da parte del mondo di annulla- per proteggerla e non per domi- re e tenere sotto controllo. Proteggerla, narla. ricostruirla è il compito (in Prima di Per concludere, vi mostro questa Eva, p. 173). statuetta del 3000 a.C. da Olbia. Ci Se questo secolo bambino, ap- piace pensare che si tratti del sor- pena nato, comincerà a sorriderci riso di una iniziata al culto della dipenderà dagli iniziati e dalle Dea. Fig. 10 iniziate che da sempre continua- È il sorriso dell’innocenza, del- no a scombinare le carte dei gio- lo sguardo senza possesso, comune tanto ai chi di potere, a celebrare i misteri delle meta- bambini quanto all’infanzia dell’umanità. morfosi e, speriamo, ad avere per sempre vo- Racconta Lella Ravasi Bellocchio, psicoanali- glia di ridere.

Riferimenti bibliografici

– Cristina Campo, La Tigre assenza, Adelphi, Milano 1991. – Marija Gimbutas, The civilization of the Goddess, Harper, San – Cristina Campo, Fiaba e mistero (prosa), Vallecchi, Firenze Francisco 1991. 1962. – Marija Gimbutas, The Living Goddess, University of Ca- – Dee fuori dal tempio. Vivere e pensare la relazione madre-figlia. lifornia Press, Berkeley-Los Angeles-London 1999. Dialogo di Melusine con Silvia Vegetti Finzi, Lella Ravasi – Claude Lévi-Strauss, La vasaia gelosa, Einaudi, Torino 1987. Bellocchio, Tiziana Villani, Melusine, Milano 1992. – Alda Merini, La Terra Santa, Scheiwiller, Milano 1996. – Riane Eisler, Il calice e la spada, Pratiche Editrice, Milano – Alda Merini, Reato di vita, Autobiografia e poesia, a cura di 1987. Luisella Veroli, Melusine, Milano 1994. – Riane Eisler, Il piacere è sacro, Frassinelli, Milano 1995. – Luisella Veroli, Prima di Eva. Viaggio alle origini dell’eros, Me- – Sigmund Freud, Il motivo della scelta degli scrigni (1913), in lusine (Edizioni la Vita Felice), Milano 2000. OSF, VII, Boringhieri, Torino, pp. 207-218. – Marija Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Longanesi, Milano 1990. SECONDA SESSIONE SEGNI

Venerdi 24 novembre 2000 Coordinatore Marino Niola Università degli Studi, Trieste

M. ANTONIETTA FUGAZZOLA DELPINO / VINCENZO TINÈ Soprintendenza Speciale al Museo Naz. Preistorico Etnografico «L.Pigorini», Roma RAPPRESENTAZIONI DELLA GRANDE MADRE NELLA PREISTORIA MEDITERRANEA

Introduzione storica l’archeologia finisca oggi per concorda- Con queste note vorremmo brevemente pas- re sostanzialmente con la psicanalisi. Possia- sare in rassegna le principali testimonianze fi- mo ad esempio ricordare la recente definizio- gurative di quello che potrebbe essere inter- ne del Guilaine (1994, 363), secondo cui: «La pretato come un culto monogamico femminile dea-madre è di norma interpretata come rap- nell’ambito delle più antiche culture preistori- presentazione diversificata di un culto della che europee. fertilità che è generalmente espresso, a di- È necessario circoscrivere preliminarmente spetto della varietà dei canoni, con i tratti di il campo di indagine della nostra esposizione e una dea obesa (caratteristico sviluppo del ba- premettere che, essendo noi due archeologi e cino, del sesso, del seno)». come tali essendo stati interpellati per un con- Pare quindi effettivamente possibile enu- tributo alla discussione sulla ‘Grande Dea’, re- cleare una tipologia precisa nell’articolato re- steremo nel campo ermeneutico caratteristico pertorio della plastica e della piccola statuaria della nostra disciplina. Concordiamo con Jean preistorica e tentare di ricondurla ad un campo Guilaine, quando scrive (1994, 361) che: «Mor- semantico specifico, a cui può ancora adattarsi fologia, canoni artistici e prospettiva storica co- la vecchia etichetta di ‘Dea madre’. Questa ap- stituiscono un buon campo di indagine, nella parente significatività espressiva negli esem- misura in cui consentono di apprezzare le va- plari da noi selezionati si accompagna ad una rianti geografiche e la loro evoluzione sulla lun- ampia rappresentatività relativamente all’oriz- ga durata; un tal punto di vista evitando gli zonte culturale di pertinenza, in modo da po- anacronismi permette anche di sgomberare il ter operare deduzioni funzionali non casuali. campo da ipotesi generiche, fondate su di un Il principale strumento dell’archeologo per facile comparativismo». definire l’ambito funzionale di una certa cate- Il nostro obiettivo finale sarà compreso, goria di reperti è l’analisi contestuale, come sinte- quindi, nell’ambito di una ‘middle range tizza efficacemente la Marangou (1998, 148): theory’, come raccomandato da Binford (1976) «In quanto parte di un sistema socio-culturale per ogni possibile inferenza archeologica in re- e come funzione di condizioni materiali e di lazione all’ambito cultuale. Lasceremo ad altri organizzazione spaziale, le statuine acquistano con specifiche competenze lo sviluppo di te- senso solo se collegate ai particolari contesti matiche antropologiche e psicanalitiche, men- d’uso. Indicazioni di questi contesti sono offer- tre cercheremo di offrire al dibattito agganci te dalla ricorrenza di determinate situazioni di concreti per ulteriori approcci, definendone scavo che non possono essere fortuite» . meglio i possibili campi di applicazione. Sull’importanza del ‘contesto’ per l’inter- Oggetto della nostra analisi sono alcuni ele- pretazione dei paraphernalia rituali insisteva già menti dell’arte mobiliare che presentano in Flannery nel 1963 e ormai tutti concordiamo modo inequivocabile i caratteri fisici di una fi- con Renfrew (1985, 13-14) sul fatto che: «la gura femminile e quindi si prestano meno ad possibilità di interpretare i simboli in archeo- un’ambiguità interpretativa. In questa serie logia dipende dai seguenti fattori: abbiamo ulteriormente selezionato alcune sta- – che la relazione tra simbolo e significato sia tuine che più nettamente enfatizzano i caratte- convenzionale (ripetuta regolarmente nella ri sessuali e quelli legati alla riproduzione e al stessa forma); nutrimento e che perciò sembrano meglio adattarsi alla classica definizione del Neu- – che i medesimi simboli siano utilizzati ripe- mann (1981, 99) delle figurazioni preistoriche tutamente in contesto analogo; della Grande Madre come: «rappresentazioni – che la forma del simbolo non sia arbitraria della dea della fertilità, incinta, considerata ma collegata graficamente al concetto rap- ovunque signora della gravidanza e della na- presentato». scita… simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, Se la ridondanza del simbolo è dunque l’indi- nutriente». ce principale per l’individuazione di un’e- È interessante notare come su questa spe- spressione cultuale, per la sua decifrazione è cifica tipologia di figurazione femminile prei- fondamentale il contesto. 46 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Modalità e contesto di rinvenimento sono mente mutilata e successiva- stati quindi al centro della nostra attenzione, mente reintegrata da dodici anche perché non sempre di facile ricostruzio- frammenti. Caratteristici sono il ne (1). ventre prominente ed i fianchi sviluppati, mentre gli ampi seni Le ‘Veneri’ del Paleolitico Superiore e tutta la parte superiore del in Europa corpo sono frutto della fantasia Statuine femminili di età paleolitica, in pietra, del restauratore, compresa l’ap- in osso e in avorio, sono state rinvenute su di plicazione (arbitraria) della te- una vasta area d’Europa che comprende una sta della ‘Dama col Cappuccio’. fascia territoriale di circa 3.000 x 300 km estesa, Anche la celebre Venere di Lespu- tra i Pirenei e il Don, lungo questo asse, duran- gue (avorio; h. 15 cm., fig. 2) non te le fasi avanzate e terminali del Paleolitico è stata raccolta nel corso di uno Superiore, circa 500 evidenze si distribuiscono scavo regolare ma in condizioni in cinque sub-areali ben definiti: quello pire- quasi altrettanto drammatiche. neo-aquitanico, quello reno-danubiano, quello «Chance de la derniér heure», mediterraneo, quello russo e quello siberiano come la definisce Delporte (cfr. Delporte 1989). (1989, 34), questa statuina è sta- Le testimonianze provenienti dal più noto e Fig. 2 - Venere di ta individuata e distrutta da un più studiato di questi gruppi, quello pireneo- Lespugue,Francia. colpo di piccone casuale dato aquitanico, si collocano alla fine dell’Aurignazia- ‘per scrupolo di coscienza’ al termine della no-Perigordiano (ca. 27.000-20.000 a.C.; stile II campagna di scavo del 1922. Ricomposta da di Leroi-Gourhan) e nel corso del Maddalenia- dodici frammenti (anche in questo caso i seni no medio e superiore (ca. 15.000-8.000 a.C.; sti- sono totalmente di ricostruzione) questa sta- le IV di Leroi-Gourhan), rimanendo in tal modo tuetta rappresenta per Leroi-Gourhan «quasi privo di questo tipo di evidenza un lungo pe- un’eresia anatomica» a causa della concentra- riodo intermedio coincidente con il Solutreano. zione delle parti molli, seni, fianchi e pube, Alla prima fase del gruppo pireneo-aquitanico nella parte mediana della figura (ma all’interno sono stati riferiti alcuni degli esemplari più ce- di una struttura corporea correttamente pro- lebri della piccola statuaria preistorica euro- porzionata, come segnala Pales 1972). pea; esaminiamone alcuni brevemente, con particolare attenzione al contesto e alle moda- lità di rinvenimento. La stazione di Brassempouy, nella Chalosse, ha restituito una serie molto importante di sta- tuine, ma… non esattamente nel corso di uno scavo stratigrafico, per quanto ‘d’epoca’. La Grotte du Pape, scoperta nel 1880 e subito og- getto di scavi, nel 1892 fu scelta come meta di un’escursione del Congresso dell’Associazione Francese per l’Avan- zamento della Scien- za. In evidente spre- Fig. 3-4 - Veneri di Tursac e di Sireuil, Freancia. gio dei principi statu- tari dell’Associazione Completamente diverse appaiono le Veneri i componenti del fol- di Sireuil (calcite; h. 9 cm.) e di Tursac (calcite; h. to gruppo di escursio- 8 cm., figg. 3-4) rinvenute entrambe in Dordo- nisti si dedicarono ad gna, che presentano, in una visione non fronta- uno sterro estempo- le ma laterale, un atteggiamento che pare col- raneo del deposito, legabile al parto; della seconda, rinvenuta nel- mettendo in luce vari lo scavo del livello Perigordiano V di Tursac ‘tesori’, tra cui la più nel 1959, si conoscono esattamente le condi- nota delle statuine di zioni di giacitura, in relazione a due ossa in questo sito: la Venere connessione di giovane bovide in una posizio- di Brassempouy (avorio; ne periferica della grotta. La Venere di Sireuil Fig. 1 - Venere di Brassempouy, h. 8 cm, fig. 1), ampia- sarebbe invece apparsa sotto le ruote di un Francia. carro in un viottolo di campagna, e la sua asso- ciazione culturale può essere garantita solo (1) Nello specifico del problema del ‘contesto’ per l’interpre- dallo stringente confronto con la Venere di tazione delle statuine aderiamo totalmente alle preoccupazioni circostanziate dal Joice (1996) in un recente articolo sull’argo- Tursac. mento. Una tecnica di realizzazione diversa si ri- M. Antonietta Fugazzola Delpino / Vincenzo Tinè - Rappresentazioni della Grande Madre nella preistoria mediterranea 47 scontra nelle placchette figurate rinvenute, scoperta nel 1925 tra le ceneri di un focolare e sempre in Dordogna, a Laussel, tra il 1908 e il rivelatasi, come altre della numerosa serie di 1914: la più famosa di queste placche calcaree Vestonice, realizzata in argilla cotta a bassa lavorate a bassorilievo reca la figura della cd. temperatura, è la prima, precocissima attesta- ‘dama del corno’ (h. 42 cm.). Il viso, perduto, zione di una tecnologia fittile nel nostro conti- era parzialmente di profilo, mentre il corpo è nente. Era associata ad un’industria gravettia- visto frontalmente. Questa donna guarda un na con qualche aspetto maddaleniano, dell’o- corno inciso (da qualcuno ritenuto un calenda- rizzonte definito dal Klima: ‘Pavloviano’. rio ostretrico), che regge con la destra, mentre la sinistra è, come sovente, posta sul ventre; Al gruppo russo appartiene la serie di statuet- caratteristica anche di questa immagine come te di Kostienki (avorio o calcare; h. media 12 della Venere di Lespugue è la steatomeria, cm.), rinvenuta nel corso degli scavi sovietici cioè un’adiposità localizzata sui fianchi (invece succedutisi in questo sito dagli anni ’20 agli che sui glutei come accade nella steatopigia), anni ’80. Queste statuine sono accompagnate particolarmente enfatizzata qui dalle particola- da utili indizi circa il contesto di utilizzo, dato ri necessità di resa plastica legate alla tecnica che sono state rinvenute all’interno di fosse, del bassorilievo. probabilmente di fondazione, collegate ad una Completamente differente dalle precedenti grande struttura abitativa del tipo con ossa di è la statuetta nota come Venere impudica (avorio; mammuth. Tutta la serie di Kostienki mostra h. 7,7 cm.) da Laugerie Basse. Rinvenuta, natu- una notevole unità stilistica e iconografica, tan- ralmente fuori contesto, dal marchese de Vi- to da poter essere inquadrata in quello che il braye nel 1869 e pri- Delporte chiama un portrait-robot. ma della serie delle Vicina alla serie di Kostienki, sia in termini Veneri di cui è epo- croonologici (intorno a 20.000 anni a.C.) sia ico- nima, questa sta- nografici è l’altra nota serie russa di Gagarino tuetta costituisce un (avorio; h. 7,5 cm.). Anche qui le statuine pro- significativo esem- vengono da contesti abitativi caratterizzati da pio del mutamento strutture in ossa di mammuth. delle norme icono- L’area siberiana è rappresentata dalle 29 grafiche avvenuto statuine rinvenute dagli scavi Gerasimov nel periodo madda- (1928-1958) nel sito di Mal’ta, datate intorno al leniano (vedi oltre). 21.000 a.C. Anche questa serie (avorio; h. me- dia 7,2 cm.) mostra una sostanziale omoge- Al gruppo reno-danu- neità con caratteri peculiari – grossa testa, as- biano appartiene senza di collo e di seni, bacino non steatopigi- quella che è forse la co né steatomerico – che si Venere gravettiana discostano notevolmente dai più famosa. Rinve- canoni europei; le figure ri- nuta nel 1908 nell’o- sultano inserite in una co- monimo sito sulla ri- struzione rettangolare e non va destra del Danu- Fig. 5 - Venere I di Willendorf, Austria. losangica, la nudità è atte- nuata dall’enfasi posta sul bio la Venere I di Willendorf vestiario e gli accessori. (calcare; h. 11 cm, fig. 5) Nel gruppo italiano delle Ve- proviene, come la Venere II neri rileviamo come il pro- (avorio; h. 23 cm.), da livelli blema del contesto sia parti- gravettiani dello strato 9, colarmente grave dato che, datato da recenti analisi come diceva P. Graziosi, le C14 al 24.000 a.C.. È questa statuette paleolitiche italia- certamente la più obesa fi- ne sono quasi sempre sprov- gura femminile della sta- viste di ‘stato civile’. tuaria paleolitica, piuttosto Iniziamo dalla più famosa: steatomerica che steatopi- la Venere di Savignano (serpen- gica; la testa è completa- tino; h. 22,5 cm., fig. 7), pezzo mente coperta da una capi- forte e simbolo del Museo gliatura a tortillon. Nazionale Preistorico Etno- Altrettanto evocativa Fig. 7 - Venere di Savi- grafico «Luigi Pigorini» di Ro- gnano, Emilia Romagna. appare la Venere I di Dolni ma. Raccolta nel 1923 presso Vestonice (argilla cotta; h. 11 Savignano sul Panaro (RE) da operai che sca- cm., fig. 6), altro capolavoro Fig. 6 - Venere I di Dolni vavano le fondamenta di una casa, essa fu mo- dell’area reno-danubiana; Vestonice, Moravia. strata alla scultore Giuseppe Graziosi, padre 48 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze del Paolo che, forse anche per questo ‘imprin- sentati e non proiettati lateralmente su un uni- ting’ infantile, diverrà il massimo esperto ita- co lato, come nella lettura di fig. 8b). liano di arte paleolitica. Riconosciuta l’impor- Altre due Veneri (osso; h. 9 e 6 cm, fig. 9) tanza del manufatto il Graziosi la donò al Mu- sono state rinvenute nel 1966 seo Pigorini, il cui direttore di allora, Ugo Anto- nella Grotta delle Veneri di Para- nielli, fu strenuo e quasi isolato sostenitore bita, presso Lecce, in livelli im- della datazione neolitica e non paleolitica del- precisabili ma piuttosto super- la statuetta. Di fatto i controlli compiuti a Savi- ficiali, in un’area sconvolta da gnano non portarono molti elementi utili per buche neolitiche e storiche. I la datazione della Venere. successivi scavi condotti da Ancor più problematica è la ricostruzione A.M. Radmilli e poi da G. Cre- del contesto di provenienza della Venere di monesi hanno appurato l’esi- stenza nella grotta di una lunga Chiozza (h. 20 cm., su ciotolo), raccolta del De sequenza stratigrafica presso- Buoi nel 1940 in un mucchio di ciottoli estratti ché completa, dal periodo Gra- da una cava di argilla, rivelatisi poi provenienti vettiano all’età del Bronzo. Le da depositi alluvionali di origine olocenica. La due statuette, dapprima riferite prossimità alla cava di un sito del neolitico dal Radmilli al livello Epigra- medio del cosiddetto orizzonte dei Vasi a Boc- vettiano, sono state successiva- ca Quadrata (orizzonte VBQ) ha fatto propen- mente attribute in via ipotetica dere per una datazione neolitica di questo ad una sepoltura cro-magnoide esemplare ma serie riserve su di una sua attri- portata in luce dal Cremonesi e buzione al Paleolitico erano state gia espresse disturbata da una buca scavata dal Delporte (1989, 112) e dal Graziosi (1976, in epoca neolitica. In tal modo 20) (che lasciava aperta però la possibilità di Fig. 9 - Venere di la loro attribuzione cronologica una giacitura secondaria, di un’origine cioè pa- Parabita, Puglia. al Gravettiano verrebbe a coin- leolitica e di un riutilizzo durante il Neolitico). cidere con quella di altre veneri europee e La Venere del Trasimeno (steatite; h. 3,7 cm; figg. asiatiche (cfr. Radmilli 1992). A livello stilistico 8a-b) fu acquistata da Alerino Palma di Cesnola e di postura (mani al pube e non sul ventre) il – padre di un altro noto studioso del Paleolitico Radmilli (1966), seguito dal Graziosi (1973), se- italiano – insieme a molti altri materiali archeo- gnalava correttamente una logici di varie epoche contenuti in una cassa re- maggiore prossimità di que- ste due statuette a quelle dell’Est europeo. La loro at- tribuzione cronologica è in- vece ancora estremamente incerta e non è assoluta- mente da escludere una lo- ro appartenenza ai più anti- chi livelli neolitici della grotta. Lo scarno e confuso re- pertorio italiano dell’arte mobiliare italiana ipotetica- mente attribuita al Paleoli- Fig. 8a-b - Venere del Trasimeno, Lazio. tico si è recentemente arric- cante la dicitura ‘da Castelsecco’ (presso Arez- chito di nuove evidenze zo). Identificata molto ipoteticamente da L. Car- che si aggiungono ad una dini come «probabilmente» proveniente dall’a- serie già parzialmente nota: rea del Trasimeno soltanto sulla scorta della ri- quella delle Veneri dei Balzi Fig. 10 - Venere dei Bal- costruzione dell’attività del primo proprietario Rossi o di Grimaldi (fig. 10); zi Rossi, Liguria. della cassa, questa figura si presta ad una visio- anche la storia di queste statuette è contro- ne doppia (alto per basso) come un ‘calembour’ versa, forse addirittura la più emblematica (sic l’abate Breuil), associando un significato fal- della peculiare tipologia di fonti con cui ci lico alla rappresentazione femminile. Proprio a confrontiamo. causa di questa palese ibridazione di caratteri Le statuette, in numero forse di quindici, femminili e maschili a noi pare decisamente più furono rinvenute e/o acquistate dal mercante probabile la visione di fig. 8a, che ha anche il d’arte Louis Jullien tra il 1883 e il 1885 (Del- vantaggio di una più precisa aderenza alla porte 1989, 97 ss.). Dopo che le scoperte di realtà anatomica (glutei correttamente rappre- Brassempouy del 1895 provarono la paleoliti- M. Antonietta Fugazzola Delpino / Vincenzo Tinè - Rappresentazioni della Grande Madre nella preistoria mediterranea 49 cità di queste figure il Jullien si risolse alla acconciature troverebbero confronto con vendita della ‘Venere di steatite gialla’ al Mu- quelle delle Veneri di Lespugue e dell’Euro- sée des Antiquités Nationales di Saint Ger- pa orientale, ancora ignote all’epoca del Jul- main en Laye, dove poi confluirono altre sei lien. Data la problematicità del contesto risul- statuine della stessa serie, tra cui la ‘pulcinel- ta per lo meno prematuro avanzare ipotesi in- la’, la ‘losanga’, l’ ‘ermafrodito’ e la ‘testa ne- terpretative sulla funzionalità di questi parti- groide’. Nel 1981 fu pubblicata la cd. ‘Donna colari modelli figurativi, che potrebbero forse dal collo perforato’, venduta da una delle ere- trovare spiegazione in una loro avanzata re- di del Jullien al Peabody Museum di Harvard ( cenziorità. da considerare una vera e propria miniera di L’assenza di contesto e l’incertezza cronolo- materiali preistorici italiani…). Nel 1990 a gica rappresentano, in conclusione, i caratteri Montreal altre statuine furono rinvenute pres- principali delle evidenze italiane. Datate tutte so un antiquario locale a cui erano state cedu- per confronto generico, queste statuette non te dalle eredi del Jullien (Bisson-Bolduc sono in grado di illuminarci sulle relative mo- 1994). dalità di utilizzo cultuale. La ricostruzione degli interventi del Jul- Sulla scorta delle indicazioni crono-strati- lien orienta al rinvenimento da parte dello grafiche e deposizionali offerte dai pochi con- stesso della ‘Venere in steatite gialla’ e di testi europei sicuri possiamo cercare di focaliz- quella ‘Au goitre’ nella grotta della Barma zare alcuni motivi caratteristici e ricorrenti nel- Grande e all’acquisto presso altri clandestini l’iconografia paleolitica. delle restanti statuette, con provenienza pro- Basandoci sulle conclusioni del Delporte babile dai livelli superiori della Grotta del (1989, 258 ss.) possiamo distinguere in partico- Principe. lare tra il cosiddetto ‘modello gravettiano’ e Le dispute sulla veridicità di tutte o di par- quello ‘maddaleniano’. te delle statuine di questa serie rimonta alla Le statuette dell’orizzonte più antico (cd. querelle di fine secolo tra il De Mortillet e il Ri- «modello gravettiano» ) non presentano carat- viere da una parte (falsi) e gli acquirenti Reina- teri sessualmente indeterminati e identificano ch e Piette dall’altra (autentiche), per appro- nella quasi totalità un personaggio femminile; dare al Breuil, che nel 1929 propende per l’au- esse obbediscono in genere a precise regole tenticità, e arrivare infine ai nostri giorni quan- morfologiche per la rappresentazione femmi- do le nuove scoperte ‘canadesi’ riaccendono il nile, ovvero ai canoni, a suo tempo rilevati dal dibattito. L’atipicità di talune delle nuove sta- Leroi Gourhan (1976) del cerchio addomino- tuette canadesi, come il pendente con figura pelvico che inscrive seni, fianchi e pube e del- umana a doppia testa o la statuetta doppia di la losanga che inscrive i contorni della figura (o donna e animale contrapposti, contrasta forte- piuttosto è iscritta da essi, come argomentava mente con le conoscenze sinora acquisite sul- L. Pales nel 1972). l’iconologia e la sottostante mitologia del Pa- Carattere precipuo delle statuette, con l’ec- leolitico Superiore e in particolare sia con la cezione del gruppo siberiano, sembra essere pretesa opzione femminile del ‘modello gra- quello della nudità, dato che i vestiti quando vettiano’ sia con l’esclusione dell’elemento non sono assenti sono molto ridotti (come a animale e fantastico dal repertorio canonico di Vestonice); sono piuttosto tipiche anche le queste espressioni figurative (vedi oltre). Que- elaborate acconciature. Materiali e dimensio- sti e altri elementi hanno orientato il Delporte ni, infine, sono sempre oggetto di scelta spe- (1993) ad una riserva dell’autenticità alle sole cifica. statuette di Parigi, mentre quelle di Montreal Dal punto di vista del contesto le statuine sarebbero dei falsi realizzati dal Jullien per es- femminili siberiane di Mal’ta fanno gruppo sere vendute ai più sprovveduti collezionisiti con altri oggetti del ‘dominio’ femminile, men- nord-americani. tre le statuine di uccello sono associate ad og- I partigiani dell’autenticità complessiva getti di uso maschile; in genere sono state rin- della serie, come i canadesi Bisson e Bolduc venute sempre in zone separate, periferiche, (1994), obbiettano che il loro numero corri- non coincidenti con quelle di attività primarie. sponde a quello noto da tempo come disper- A Kostienki mentre le statuette intere sono so a Montreal e comprendono il ‘busto’ foto- stata trovate in contesti apparentemente pri- grafato e descritto da Breuil nel 1928. Da un mari (abitazioni), quelle rotte sono state rin- punto di vista stilistico tutta la serie denote- venute in contesti secondari (in fossa, o di- rebbe una forte omogeneità mentre la varia- sperse), come per una deliberata «defunzio- bilità dei modelli iconografici potrebbe esse- nalizzazione». re connessa ad una variabilità funzionale In accordo con il Delporte (1989, 261), (pendenti e appliques piuttosto che vere e sembra possibile riconoscere a queste imma- proprie statuine); in particolare le elaborate gini una connessione con la mitologia della 50 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze femminilità, e precisamente della fecondità caratteristica posizione dell’orante). Diversa- femminile, dalla quale sarebbe da escludere mente da quelle gravettiane inoltre le statuet- una specifica relazione con la fecondità ani- te maddaleniane sono state deposte in coinci- male. denza con le aree primarie, operative e non Il «modello maddaleniano» (Delporte 1989, segregate. 262ss.) si discosta dal precedente non solo In estrema sintesi è possibile notare una si- perché comprende nel suo repertorio l’arte gnificativa «aria di famiglia» tra quasi tutte le parietale (assente nel Gravettiano) e le rap- statuette paleolitiche europee, in particolare presentazioni femminili su ciottolo (anch’esse per quanto riguarda quelle attribuite al perio- assenti nel Gravettiano), ma anche perché da do ‘classico’, cioè al Gravettiano. Sono stati un punto di vista iconografico il Maddaleniano proprio questi aspetti stilistici comuni a rap- prevede sia figurazioni maschili sia figurazioni presentare il principale elemento diagnostico assessuate, e da un punto di vista stilistico nei frequenti casi di totale assenza di eviden- presenta variazioni molto più ampie (come la za contestuale.

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Nella sua opera, e in particolare nei grandi la- vasto territorio che va dalla Romania alla Mol- vori di sintesi (1), Marija Gimbutas ha dimo- davia e all’Ucraina occidentale, fino al Dnepr. strato come al centro delle concezioni religio- Sulla cronologia assoluta non si hanno opinioni se dell’Europa neo-eneolitica fosse la figura di concordi, ma le date al C14 calibrato coprono una Grande Dea, nello stesso tempo ctonia e un periodo di circa due millenni, fra il 4750 e il celeste, legata all’idea della fecondità, datrice 2750 a.C. (3). In ogni caso si tratta di un feno- insieme di vita e di morte, associata nelle raffi- meno di lunga durata, e sicuramente la cultura gurazioni a simboli ricorrenti, che spesso rap- poté svilupparsi, nell’arco di duemila anni, presentavano degli animali. mantenendo vive, almeno fino alle fasi finali, Nella sua lunga indagine archeo-mitologica, le sue tradizioni e i suoi modi di vita (4). L’im- la studiosa lituana ha cercato di ripercorrere la ponente materiale lasciatoci da questa civiltà storia complessa dei simboli grafici (triangolo, arcaica (vasi rituali, dipinti o con figurazioni in meandro, losanga, spirali, etc.), che decorava- rilievo, statuette teriomorfe o antropomorfe, no ceramica, statuette e oggetti di culto, e di modellini di oggetti o di edifici, resti di abita- interpretare il senso via via assunto dalle figu- zioni e di luoghi di culto), ha permesso, a par- re animali in un linguaggio emblematico le cui tire dagli anni ’60, una complessa ricostruzione convenzioni potevano variare da un’epoca al- archeo-mitologica, in cui è stata fondamentale l’altra. E in effetti, se la ricostruzione della l’opera di T.G. Movsha, e soprattutto di B.A. Gimbutas è prevalentemente accentrata su Rybakov, che, partendo dai suoi prevalenti in- quelle civiltà neo-eneolitiche dei Balcani e teressi di slavista, ha cercato nella preistoria le della regione danubiano-carpatica che costi- radici del paganesimo e della ideologia agraria tuivano il nucleo essenziale della sua «Old Eu- degli antichi slavi (5). rope», matrilineare, agricola e sedentaria, ve- Un elemento fondamentale per ricostruire diamo che le origini e lo sviluppo di molti temi la visione del mondo delle antiche popolazio- sono stati seguiti per un lungo arco di millenni, ni di Tripol’e ci è fornito dall’associazione fra dal Paleolitico Superiore fino al folclore conta- ceramica rituale e luoghi di culto. Come è stato dino dell’Europa moderna. notato (6), anche nelle normali abitazioni po- Ora, se questo tipo di ricerca viene circo- teva esserci una sorta di area sacra intorno al scritto all’ambito di una singola cultura archeo- forno in cui si cuoceva il cibo. Lì accanto si tro- logica, possiamo renderci conto che le ideolo- vano a volte degli altari, rettangolari o crucifor- gie religiose delle popolazioni eneolitiche non sono rimaste sempre immutate, ma hanno an- (3) Un quadro della cronologia, calibrata e non calibrata, con che potuto conoscere significative trasforma- riferimenti anche alle altre culture dell’Europa neo-eneolitica, si ha in E.K. C’ernysh, Eneolit pravoberezhnoj Ukrainy i Moldavii, in Ene- zioni, almeno sul piano del simbolo. Particolar- olit SSSR, Moskva 1982, pp. 168-176. mente interessanti in questo senso sono gli (4) I portatori della cultura di Tripol’e praticavano, soprattutto studi condotti da archeologi russi e ucraini sul- nelle fasi iniziali e medie della loro storia, un’agricoltura di zap- pa e abitavano in villaggi stabili, che però spesso dovevano es- la cultura di Cucuteni-Tripol’e, che rappresen- sere abbandonati dopo un paio di generazioni per l’esaurimen- tava la punta avanzata verso l’area delle step- to dei terreni circostanti. Si è per altro notato che vari gruppi pe di quella civiltà paleo-europea che aveva il tribali vivevano, oltre che di agricoltura, anche di allevamento e di caccia, in parte per adattamento ai diversi ambienti, ma forse proprio centro nei Balcani. La cultura Cucute- anche per l’influsso di differenti tradizioni originarie. Vedi: D. ni-Tripol’e (2) è diffusa, in un’epoca che so- Avdusin, Arkeologija SSSR, Moskva 1977, pp. 76/77. stanzialmente corrisponde all’eneolitico, in un (5) Il problema della mitologia di Tripol’e è stato trattato dal Ry- bakov in un saggio pubblicato in due puntate su Sovetskaja Archeologija: B.A. Rybakov, Kosmogonija i mifologija zemledel’cev ene- olita, I e II, in SovArch 1965/1, pp. 24-45, e SovArch 1965/2, pp. 13-33. (1) Fra la vastissima produzione della studiosa lituana, si fa qui Gli stessi temi sono stati rielaborati in un’opera storicoetnografi- riferimento ai seguenti lavori: M. Gimbutas, The Goddesses and ca di più ampio respiro: B.A. Rybakov, Jazyc’estvo drevnikh Slavjan, Gods of Old Europe, Mythes and Images, London 1981; M. Gimbutas, Moskva 1981, di cui esiste anche una parziale traduzione in The Language of the Goddess, San Francisco 1989 (traduzione ital- francese (B. Rybakov, Le paganisme des anciens Slaves, Paris, Presses iana, Il linguaggio della Dea, Milano 1990); M. Gimbutas, The Living Universitaires de France 1994). Goddesses, Berkeley, Los Angeles, London, 1999. Va ricordato qui che l’opera del Rybakov era ben nota alla (2) Cucuteni si trova in Romania, e Tripol’e in Ucraina, nelle vici- Gimbutas che la utilizzò più volte nei suoi lavori, nonostante le nanze di Kiev. Il doppio nome nasce dalla circostanza che la cul- diverse opinioni rispetto allo studioso russo, sulla questione in- tura è stata definita e studiata in modo indipendente dagli stu- deuropea. diosi di due stati diversi, l’Ucraina e l’Unione Sovietica. (6) B.A. Rybakov, Jazyc’estvo..., p. 175. 52 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze mi, figurine d’argilla, tazze sorrette da figure devote della dea di cui si celebrava il culto. antropomorfe, e grossi vasi ornati da spirali Legato al rito era anche un grosso vaso su che dovevano contenere le riserve di cereali. cui erano riprodotte, in rilievo, quattro mam- Ma, accanto a questi santuari domestici, ci melle. Un’ipotesi plausibile è che il santuario sono noti anche luoghi di culto più complessi. fosse destinato a una tipica occupazione fem- Uno di questi è il santuario di Sabatinovka, sul minile, come la preparazione del pane rituale, corso inferiore del Bug, in Ucraina, che risale e del resto nello stesso modo dovrebbe spie- alla fase arcaica, Tripol’e A, le cui datazioni ca- garsi anche il carattere sacro dell’area in cui, librate ci riportano al V millennio a.C. nelle case private, veniva cotto il cibo (7). Quello di Sabatinovka era un edificio in ar- A Sabatinovka, come del resto in tutto il pe- gilla battuta, di circa 70 mq, con una sola gran- riodo iniziale di Tripol’e, la ceramica non è an- de stanza, a cui si poteva accedere da uno cora dipinta. Prevalgono, nelle decorazioni in stretto corridoio. La parte più vicina all’ingres- rilievo dei vasi, dei motivi a spirale, che avvol- so, priva di arredi e suppellettili, doveva esse- gono tutto il corpo del recipiente. Spesso al- re riservata al pubblico che assisteva ai riti. In l’interno delle spire sono riconoscibili dei di- fondo alla stanza, invece, si trovavano un alta- schi, secondo una simbologia cosmica che al- re rettangolare, lungo 6 m, una fornace in argil- lude all’orbita perpetua degli astri nel cielo. In la, e un grande trono rotondo, con ornamenti a alcuni casi, il senso cosmico e mitologico è corna di bue (Fig. 1). confermato da un particolare. Le spirali sono Questo tipo di trono era anche riprodotto in rese con la figura di un rettile: è il serpente ce- piccoli modelli in argilla, che erano deposti sul- leste la cui energia dà il moto agli astri (8). Per l’altare, assieme a statuette femminili caratteriz- altro è noto che il serpente assume nelle ci- zate da grossi seni. È probabile che queste figu- viltà preistoriche, comprese quelle paleo-agri- rine, una delle quali tiene in mano un serpente, cole, molti valori simbolici, quasi sempre posi- volessero rappresentare le sacerdotesse e le tivi: è legato all’idea di fecondità e di immorta-

Fig. 1 - Santuario di Sabatinovka, da B. Rybakov, Jazyc’estvo...

(7) T.G. Movsha, Svjatilishc’a Tripol’skoj kul’tury, in SovArkh 1971/1, pp. 201-205; B.A. Rybakov, Jazyc’estvo..., pp. 175-176. Sul santuario di Sabatinovka, cfr.: M. Gimbutas, The Goddesses..., pp. 72-73. (8) B.A. Rybakov, Kosmogonija..., I, pp. 33-35. Fausto Bosi - Ceramica dipinta e mitologia dell’Europa eneolitica 53

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3 Fig. 2 - Vasi con il motivo del cosmo tripartito, da B. Rybakov, Kosmogonija... lità, perché muta la pelle ogni anno, è il pro- superiori il cielo appare come raddoppiato, tettore della casa, ha rapporti con il cielo e la con le orbite sovrapposte di due astri (Fig. 3). pioggia, anche perché molte biscie si avvicina- In alcuni vasi, come quelli di Shipency e To- no alle case dopo i temporali estivi, e infine è mashovka, è invece evocato il rapporto fra il anche il simbolo del tempo ciclico, dell’anno cielo e la terra. In basso è una pianta schemati- che ritorna sempre su se stesso. ca che sovrasta una forma tondeggiante, forse Nella ceramica rituale di questo periodo una collina o un monticello. Sopra, da dei se- sono frequenti anche i vasi sorretti, alla base, da oranti nude, o più semplicemente da mani umane, mentre le decorazioni mammelliformi possono, in molti casi, suggerire l’idea della pioggia che, come latte della dea celeste, irro- ra e vivifica la terra. È solo molto più tardi, a partire dalle fasi centrali del Medio Tripol’e, che, assieme all’uso di dipingere la ceramica rituale, cominciano a comparire nuovi motivi. Così, alcuni dei simboli ideografici familiari al mondo neo-eneolitico, vengono uniti fra di lo- ro, in composizioni più ampie. Uno degli sche- mi più frequenti vede, sotto il collo del vaso, delle linee ondulate o a zig zag, che, come an- che il meandro, sono il simbolo dell’acqua. Al centro compaiono delle spirali con all’interno dei cerchi, mentre in basso abbiamo due sem- Fig. 3 - Il vaso cosmico di Tîrgu Ocna, da B. Rybakov, Kosmogonija... plici linee parallele (Fig. 2). B.A. Rybakov legge queste rappresentazio- ni come vere e proprie mappe cosmiche: in al- micerchi, o da festoni di linee, che rappresen- to stanno le riserve delle acque celesti, al cen- tano le nuvole, scendono fasci di linee sghem- tro è il firmamento con le orbite degli astri, be: è il motivo della pioggia che vivifica i cam- mentre le due strisce in basso dovrebbero pi. A volte, nella composizione, è presente an- rappresentare la terra (9). A volte la figura è che un cane, stilizzato, e apparentemente so- più complessa: in uno splendido vaso di Tîrgu speso a mezz’aria, forse il custode delle messi Ocna, in Romania, sotto il simbolo delle acque (10) (Fig. 4).

Fig. 4 - Il motivo della pioggia (vasi di Tomashovka e Shipency), da B. Rybakov, Kosmogonija...

1 2

(9) ibid., pp. 37-40. (10) ibid. p. 41. 54 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Di più difficile lettura sembra un altro moti- un paio di corna. Sono i cosiddetti «cervi cele- vo, sempre legato al cielo e ai fenomeni atmo- sti», che B. Rybakov interpreta come costella- sferici. Sul fondo di tazze, probabilmente usa- zioni, o nuvole portatrici di pioggia (11) (Fig. te per la divinazione o per atti rituali, si vedo- 5). Ma spesso, a partire dal Tardo Tripol’e, lo no delle figure cometiformi che terminano con schema della mappa cosmica si modifica. Nel-

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3 2

Fig. 5 - Vasi con il motivo dei «certi celesti», da B. Rybakov, Kosmogonija... la parte superiore del recipiente si trovano an- tevano fungere da naso o da orecchie, girando cora le linee ondulate, le riserve dell’acqua, il vaso si aveva sempre di fronte una specie di con accanto il cane custode, ma al centro, nella maschera, che doveva rappresentare la dea fascia che rappresentava il firmamento, com- del cosmo (12) (Fig. 6). E questo non è l’unico paiono, al posto dei cerchi astrali, quattro oc- esempio di raffigurazione antropomorfica della chi, simili a grosse mammelle. Poiché le anse, divinità nella ceramica del Tardo Tripol’e. In a seconda della posizione di chi guardava, po- altri vasi rituali vediamo delle figure maschili e

Fig. 6 - Vasi di Petreni con la maschera della Dea cosmica, da B. Rybakov, Kosmogonija....

Fig. 7 - Vasi con l’immagine degli «dei na- scenti», da B. Rybakov, Kosmogonija...

femminili (queste ultime 2 caratterizzate da una sil- houette a clessidra) che sembrano fluttuare nel vuo- to, o sono inserite in uno schema ovale. La suggestiva ipotesi del Rybakov è che que- 4 ste scene evochino la nascita di 1 divinità. E il carattere divino, o 3 quanto meno soprannaturale di que- sti personaggi ci può essere confermato da un (11) B.A. Rybakov, Kosmogonija..., II, pp. 14-17. Anche per la particolare significativo: le mani che hanno so- Gimbutas (The Goddesses), pp. 171-174, i cervi delle tazze di lo tre dita, e sono molto simili a zampe di uc- Tripol’e sono legati alla volta celeste, e in particolare alla luna celli (13) (Fig. 7). crescente, e alla pioggia. (12) B.A. Rybakov, Kosmogonija..., II, pp. 17-19; B.A. Rybakov, Ancora a un mito ci riporta un vaso prove- Jazycestvo..., pp. 201-202. niente dall’importante insediamento di Petre- (13) B.A. Rybakov, Kosmogonija..., II, pp. 19-22. Fausto Bosi - Ceramica dipinta e mitologia dell’Europa eneolitica 55

Fig. 8 - I Titani di Petreni, da B. Rybakov, Kosmogonija... ni, in Moldavia. All’interno di un gioco di spira- tologici, troviamo anche scene e immagini che li con figure di astri si vedono due personaggi si riferiscono al rito. In due vasi, provenienti dal mostruosi, con una sola testa, ma con quattro villaggio moldavo di Konshesty, vediamo delle braccia e due busti sovrapposti. L’aspetto e figure femminili che danzano, all’interno di l’atteggiamento di questi esseri giganteschi ci schemi grafici formati da ovali e festoni. In una ricordano evidentemente il motivo dei Titani delle decorazioni (Fig. 9) le donne hanno abiti che danno la scalata al cielo (14) (Fig. 8). a frange e con la superficie scabra, come se fos- Per altro, nella ceramica del Tardo Tripol’e, sero coperti da spine o da erba. B. Rybakov ha oltre alle mappe cosmiche e ai personaggi mi- creduto di riconoscere nella scena un rito agra-

Fig. 9 - Konshesty: la «danza della pioggia», da E. C’ernysh, Eneolit... rio arcaico, di cui rimanevano tracce, fino a non savano dell’acqua sul corpo delle giovani. molto tempo fa, nel folclore balcanico. I conta- Diversa è la scena dell’altro vaso di Kon- dini bulgari usavano vestire, con un abito fatto shesty. Negli ovali si vedono dei piccoli anima- esclusivamente di foglie fronde e altri elementi li, forse caprioli, e una delle donne danzanti vegetali, delle ragazze, che erano chiamate porta le mani in alto sul capo, formando come «dodoly» e rappresentavano la terra riarsa dal due corna (Fig. 10). Qui il senso del rito, che calore dell’estate. Poi, in un rito che doveva doveva favorire la fertilità degli animali, sem- propiziare la pioggia, delle donne anziane ver- bra molto più chiaro.

Fig. 10 - Konshesty: danza con i caprioli, da B. Rybakov, Jazyc’estvo...

0 5 cm

(14) ibid., pp. 22-23. 56 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 11 - Krutoborodincy: il corteo degli animali, da B. Rybakov, Kosmo- gonija...

Allo stretto rapporto fra l’ideologia di Tri- Molte innovazioni, poi, come l’introduzione pol’e e la natura ci porta anche un altro motivo del cavallo e la diffusione dell’aratura, toccano presente nella ceramica tarda. A volte sono a fondo la vita sociale. In questo periodo, an- raffigurati dei cortei di animali: cervi, capridi, che il mondo di Tripol’e conosce quella che or- cani, e, a Krutoborodincy, persino un bruco. mai si definisce come «rivoluzione dei prodot- Dei festoni in alto rappresentano le nuvole. ti secondari» (19), ma il processo non manca di Spesso, gli animali hanno la coda fatta a forma far sentire i suoi effetti anche sulla visione del di spiga, o di fronda (Fig. 11), e questo partico- mondo delle popolazioni eneolitiche. Così ve- lare sottolinea il legame mistico fra il bestia- diamo che si fanno più frequenti le statuette me, la vegetazione, e le nuvole che portano la maschili mentre tende a diventare più rara la pioggia (15). ceramica dipinta. Nelle fasi finali di Tripol’e (16) si assiste a Non sempre la ricostruzione di questi fatti un insieme di fenomeni complessi. In coinci- riesce a fornirci un quadro coerente, ma sem- denza con un incremento della popolazione, la bra di cogliere segni di disgregazione nella cultura si espande verso aree marginali, e si ha vecchia società, probabilmente pacifica, sicu- anche una diversa organizzazione del territo- ramente più egualitaria, che aveva retto, nei rio, con una più forte differenziazione sul pia- suoi modi di vita, per circa due millenni. Nel no economico che si riflette in un sorta di ge- giro di pochi secoli, la cultura di Tirpol’e si rarchia fra gli insediamenti. Prova di questo è frantuma in una serie di gruppi regionali, in un il sorgere di grossi centri abitati, quasi delle processo di diversificazione, su cui possono protocittà, difesi da valli e fossati, e con le ca- aver influito tanto contatti esterni, non solo se disposte in cerchi concentrici, come nel sito con la steppa, ma anche con il Caucaso, quan- di Petreni, in Moldavia (17). to l’accentuarsi di differenze e tradizioni loca- Un altro fatto determinante è l’intensificarsi li (20). dei contatti, del resto già ben documentati per La nuova realtà, in cui convivono mutamen- fasi precedenti, con popolazioni delle steppe, ti sostanziali e persistenze dell’antica cultura, come quelle di Srednij Stog e della cultura si coglie in modo più netto in un gruppo, quel- delle Fosse (Jamnaja) (18). Può trattarsi di infil- lo di Usatovo, localizzato presso la costa del- trazioni, ma anche di semplici migrazioni sta- l’Ucraina sud-occidentale. Alcuni aspetti di gionali dei pastori che, dalle regioni a Est del questa facies, come i vasi con disegni a trifo- Dnepr, attraversavano l’area di Tripol’e per glio e a quadrifoglio, o le statuette femminili raggiungere i pascoli estivi in Podolia o alle schematiche, a paletta e con il capo fungifor- pendici dei Carpazi. me, in cui si può cogliere un riflesso, rispetti- vamente, delle antiche mappe cosmiche e de- (15) Sulla interpretazione dei vasi di Konshesty, v. B.A. Rybakov, gli idoletti usati nei riti di Tripol’e, ci danno l’i- Jazyc’estvo..., pp. 187-189. dea di una tradizione che sopravvive, sia pur (16) Secondo le datazioni al C14 calibrato riportate da C’ernysh in forma degradata e decaduta, mentre ben di- (E.K. C’ernysh, Eneolit pravoberezhnoj..., p. 175), il periodo di Tripol’e CII si porrebbe fra il 3250 e il 2750 a.C. Una cronologia verso è il quadro che emerge dallo studio de- più bassa propone invece Movsha (T.G. Movsha, Pozdnyj etap gli usi funerari. Tripol’skoj kul’tury, in Arkheologija Ukrainskoj SSSR, I, Kiev 1985, pp. 224-225) che situa la stessa fase fra il 2800 e il 2400/2350. (17) Sul sistema gerarchico degli insediamenti del Tardo Tripol’[e, v.: E.K. C’ernysh, Eneolit pravoberezhnoj..., pp. 236-237. (19) Per i problemi legati alla rivoluzione dei prodotti secondari, (18) Per i rapporti di lunga durata di Tripol’e col mondo delle v.: A. Guidi, Preistoria della complessità sociale, Bari Roma 2000, pp. steppe, v.: T.G. Movsha, O severnoj grupp pozdnetripol’skikh pamjat- 112-132. nikov, in SovArch 1971/1, pp. 31-54, e I.V. Palaguta, K probleme svjazej (20) Sui fenomeni socio-economici del Tardo-Tripol’e e la for- Tripol’ja-Kukuteni s kul’turami eneolita stepnoj zony severnogo Pric’er- mazione di gruppi culturali distinti, v. T.G. Movsha, Pozdnij etap..., nomor’ja, in RosArch 1998/1, pp. 5-14. pp. 223-251. Fausto Bosi - Ceramica dipinta e mitologia dell’Europa eneolitica 57

In effetti, nelle necropoli usatoviane compa- corredi, non solo degli adulti ma anche dei re, accanto alla semplice inumazione in fosse, bambini. È forse, questo, un segno della forza anche la sepoltura nei kurgan, ma quest’uso, e del prestigio dei lignaggi patriarcali, a cui fa derivato dal mondo delle steppe, si accompa- riscontro invece la maggior uniformità dei cor- gna a un modello diverso di organizzazione so- redi femminili, che comprendono per lo più ce- ciale. Quasi sempre, al centro del tumulo si tro- ramica e strumenti di lavoro, mentre un aspet- va una sepoltura singola, di un uomo adulto to rituale comune a molte tombe, senza distin- deposto con un corredo ricco in cui sono com- zione di rango, è l’uso dell’ocra, che ricopriva, prese anche armi, di rame o di bronzo arseni- non solo i resti umani, ma anche le offerte (21). cato. Molti particolari ci fanno capire che le ar- Quello di Usatovo sembra quindi un mondo mi, nel mondo di Usatovo, non sono solo og- in profonda trasformazione, in cui si afferma, getti di prestigio o simboli di comando. La per la prima volta in quest’area, una casta pri- guerra, per quelle popolazioni, doveva essere vilegiata di guerrieri. Ma c’è un particolare che un evento abituale. Ce lo testimoniano i fre- colpisce. Alcune delle statuette schematice a quenti cenotafi, monumenti simbolici che do- cui si è accennato sopra hanno un profilo d’uc- vevano ricordare persone scomparse in spedi- cello. Una, dal sepolcreto tumulare di Majaki, zioni lontane, ma anche molti scheletri, che ha occhi di civetta, e porta sul capo un disegno portano segni di traumi o di ferite mortali, so- che ricorda una zampetta d’uccello (22). Ritro- prattutto fratture craniche provocate da colpi viamo così, proprio nel momento in cui nel di asce di pietra. Non mancano poi i casi di mondo di Cucuteni-Tripol’e sta per affermarsi guerrieri sepolti con le loro armi (compresi pu- un patriarcato guerriero, il motivo della dea gnali di rame la cui lama era deposta diretta- dagli occhi di civetta, che nell’Europa arcaica è mente sul palmo della mano). Significativa è legato, come ha dimostrato Marija Gimbutas, pure la forte differenziazione che si nota nei all’idea della morte (23).

Bibliografia – D. Avdusin, Arkheologija SSSR, Moskva 1977. della cultura di Tripol’e), in Arkheologija Ukrainskoj SSSR, – E.K. C’ernysh, Eneolit pravoberezhnoj Ukrainy (L’eneolitico Kiev 1985, pp. 223-263. dell’Ucraina occidentale), in Eneolit SSSR, Moskva 1982, – I.V. Palaguta, K probleme svjazej Tripolja-Kukuteni s kul’turami pp. 168-186. eneolita stepnoj zony severnogo Pric’ernomor’ja (Sul problema – M. Gimbutas, The Goddesses and Gods of Old Europe, Mythes dei legami di Cucuteni-Tripo’e con le culture eneolitiche and Images, London 1981. della zona di steppa della costa settentrionale del Mar – M. Gimbutas, The Language of the Goddess, San Francisco Nero), RosArch 1998/1, pp. 5-14. 1989 (Traduzione italiana, Il linguaggio della Dea, Milano – E.F. Patokova, Usatovskoe poselenie i mogil’niki (L’insedia- 1990). mento e i sepolcreti di Usatovo), Kiev 1979. – M. Gimbutas, The Living Goddesses, Berkeley, Los Ange- – B.A. Rybakov, Kosmogonija i mifologija zemledel’cev eneolita les, London. (Cosmogonia e mitologia degli agricoltori eneolitici), I, – A. Guidi, Preistoria della complessità sociale, Bari-Roma 2000. Sov Arch 1965/1, pp. 24-45; II, SovArch 1965/2, pp. 13-33. – T.G. Movsha, O severnoj gruppe pozdnetripol’skikh pamjatnikov – K.V. Zin’kovskij, V.G. Petrenko, Pogrebenija s okhroj v usa- (Sul gruppo settentrionale degli insediamenti tripol’iani), tovskikh mogil’nikakh (Le tombe ocrate nei sepolcreti di in SovArch 1971/1, pp. 31-54. Usatovo), SovArch 1987/4 pp. 24-39. – T.G. Movsha. Svjatilishc’a Tripol’skoj kul’tury (I santuari della – La sigla SovArch sta per «Sovetskaja Arkheologija». cultura di Tripol’e), SovArch 1971/1, pp. 201-205. – La sigla RosArch sta per «Rossijskaja Arckheologija». – T.G. Movsha, Pozdnij etap Tripol’skoj kul’tury (La fase tarda

(21) Sulla cultura e i riti funerari di Usatovo, v. in particolare: E.F. Patokova, Usatovskoe poselenie i mogil’niki, Kiev 1979; K.V. (22) K.V. Zinkovskij, V.G. Petrenko, Pogrebenija, pp. 32-33. Zin’kovskij, V.G. Petrenko, Pogrebenija s okhroj v usatovskikh (23) Sulla dea dagli occhi di civetta e il suo significato simbolico, mogil’nikakh, in SovArch 1987/4, pp. 24-39. v. in particolare: M. Gimbutas, Il linguaggio della Dea, pp. 190-195.

HARALD HAARMANN Centro Ricerche Plurilinguismo, Bruxelles LA GRANDE DEA E L’ANTICA SCRITTURA EUROPEA

Care signore e pochi signori, perché ne vedo mincia verso il 7000 a.C. nell’Egeo, a Creta, po- soltanto alcuni, desidero ringraziare gli orga- co più tardi nella Grecia continentale e verso il nizzatori di questo convegno per l’invito. Vi 6000 a.C. l’agricoltura già si estende al di là prego di avere pazienza con me perché oggi è della zona balcanica a nord e a ovest. Guardia- la prima volta che parlo di questo specifico te- mo un poco la preistoria di questa regione per ma in italiano. capire qual è l’origine delle forme e dei moti- Quando si parla dell’antica scrittura euro- vi, cioè qual è l’origine del materiale visuale pea, si parla della civiltà balcanica e del perio- dal quale si costruiscono più tardi la cultura e do in cui si diffonde l’agricoltura e emerge una la scrittura neolitiche. società agraria in Europa. Questo periodo co-

Fig. 1 - Motivi naturalistici e geometrici di Lepenski Vir (secondo Kozlowski 1992).

Possiamo osservare nell’Europa del sud- 7000 a.C. circa, e si rinforza poi nell’età neoli- est già nell’età paleolitica una viva attività tica. culturale. Nell’arte figurativa e nel simbolismo Questo repertorio di motivi con una varietà culturale si manifesta un dualismo di motivi di motivi astratti proviene da Lepenski Vir. Le- naturalistici da una parte, e di motivi astratti e penski Vir, sulla riva del Danubio in Serbia, era geometrici dall’altra. Ecco alcuni esempi: al- un centro culturale di grande importanza nel- cuni pensano che questa è la figurina di un l’età mesolitica; questa non è ancora scrittura, uccello, si vedono le ali; secondo altri questa ma io parlo del materiale visuale dal quale più è la parte superiore di una statuina femminile tardi si compone l’inventario dei segni della con tratti di uccello, forse la Dea-Uccello; ci scrittura. In questa carta si vede lo spazio geo- sono tanti motivi astratti, come per esempio il grafico della civiltà balcanica; la parte centrale motivo della forma della lettera V, linee ondu- si estende più o meno nel territorio della Ser- late e un altro motivo che si ripete nell’età bia attuale e poi lo spazio si estende verso mesolitica e poi neolitica: il meandro. Emerge l’Ungheria, verso la Transilvania in Romania, anche un senso astratto nell’alternanza della verso la Bulgaria, verso ovest in Bosnia Erzego- linea ondulata con il meandro su un oggetto vina e verso sud in Macedonia e in Grecia. I specifico, un braccialetto d’avorio. La prefe- nomi sottolineati indicano i luoghi con scoper- renza per l’astrazione e per le forme stilizzate te di oggetti iscritti. I luoghi di maggior impor- continua nell’età mesolitica, cioè fra 11000 e tanza con uso di scrittura sono: 60 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 2 - Regione culturale balcanica con luoghi di scoperte di oggetti iscritti (secondo Gimbutas 1991 e Haarmann 1995).

Vinˇca presso Belgrado nella valle del Danubio; Tartaria in Transilvania; Kökénydomb nell’Ungheria meridionale; Gradeˇsnica in Bulgaria; Anza in Macedonia e Dikilitash nella Grecia settentrionale. L’uso della scrittura comincia prima nel nord della zona balca- nica, a Tartaria e a Kökénydomb, poi l’uso si diffonde nel centro, e verso la fine della civiltà balcani- ca si usa ancora la scrittura nella periferia del sud, in Macedonia e nella Grecia settentrionale. Ve- diamo ora qual è l’orizzonte cro- nologico della civiltà balcanica e dell’uso della scrittura. La fase classica della cultura Vinˇca co- mincia verso il 5500 a.C., poi la cultura continua nel centro fin verso circa il 4300 a.C., fino alla prima incursione degli Indoeuro- pei, delle genti di cultura Kur- gan. Poi a Vinˇca non c’è continua- zione ma nella parte orientale della civiltà balcanica, in Roma- nia e in Bulgaria, la cultura conti- nua e anche la scrittura, la data della fine scrittura nella civiltà balcanica, è cir- oggetti iscritti: ecco qua l’immagine di un san- ca nel 3200 a.C., quando si usa la scrittura an- tuario della Bulgaria: si vedono figurine sedute cora in Dikilitash nella Grecia settentrionale. e poi vari oggetti di culto. In questo ambito si Ho detto che la data dell’origine della scrittura trovano oggetti iscritti. Un altro esempio: un in Europa è circa il 5500 a.C.: cosa significa santuario dell’Ungheria meridionale della cul- questo? Questo vuole dire che l’antica scrittu- tura Tisza. ra europea è la più antica del mondo: 2000 an- ni, ripeto 2000 anni più antica di quella della Mesopotamia. Sappiamo che in Mesopotamia la scrittura emerge in un contesto economico e funziona in un sistema di tassazione. Si scrivo- 1 no inventari di merci su tavolette di argilla, e queste tavolette si trovano negli archivi dei templi. In Mesopotamia la scrittura serve uno scopo burocratico, in Europa invece non c’è una burocrazia amministrativa come in Meso- 2 potamia e la scrittura si usa in un contesto reli- gioso. Si può dire che in Europa la scrittura emerge sotto una pressione particolare, cioè la necessità di stabilire una comunicazione dure- vole con gli antenati e con il divino. Gli oggetti iscritti in Europa si trovano nelle tombe, sono tavolette di tipo votivo, e anche nei santuari: piatti di culto, vasi cerimoniali, ciotole per li- bagione e altri oggetti di questo tipo. Fig. 3 - Oggetti iscritti (1-2) fra 5500 e 5000 a. Cristo (secondo Haarmann Consideriamo ora l’ambito culturale degli 1999). Harald Haarmann - La Grande Dea e l’antica scrittura europea 61

Sopra si vede la pianta del santuario e quaggiù un tentativo di ricostruzione: una ta- vola come altare, oggetti di culto, vasi cerimo- niali e una statuina femminile seduta. Guardia- mo ora alcuni esempi di oggetti iscritti: questi 5 oggetti sono molto antichi, risalgono a un pe- riodo compreso fra il 5500 e il 5000 a.C.; queste sono le famose tavolette di Tartaria e questo è un piatto di culto di Kökénydomb in Ungheria: vedete qua l’incatenamento di segni lineari in una sequenza. Il contenuto delle iscrizioni è costituito da invocazioni alla dea, preghiere, forse formule ritualistiche, ma tutto l’uso della scrittura rimane fuori da un contesto economi- co e il contesto rimane religioso durante tutta 6 l’epoca della civiltà. Altri esempi più recenti: questo oggetto proviene anch’esso dalla Tran- silvania, e risale circa al 4500 a.C.; questo è in-

Fig. 5 - Oggetti iscritti (5-6) fra 4500 e 4000 a. Cristo (secondo Haar- mann 1999). 3

C’è una specie di oggetti iscritti tipica della statuaria sacrale della civiltà balcanica: le figu- rine femminili. Secondo le mie ricerche ci sono quattro categorie fondamentali di figurine: la prima comprende figurine senza nessuna orna- mentazione; la seconda categoria figurine con ornamentazione naturalistica, si vede qua l’in- 4

Fig. 4 - Oggetti iscritti (3-4) fra 5000 e 4500 a. Cristo (secondo Haarmann 1999). vece un vaso cerimoniale da Vinˇca, della stes- sa epoca. Nell’ornamentazione si manifesta e domina un principio di simmetria: si vede qua la simmetria della decorazione, anche qua, e anche all’esterno. Ma perché nella sequenza dei segni non c’è simmetria? I segni di una scrittura dipendono dal significato delle paro- le in un sistema ideografico, o dalla catena fo- netica dei suoni, ma non dipendono, come i motivi ornamentali, dal senso estetico o sim- metrico dell’artigiano: ecco perché nelle iscri- Fig. 6 - Statuina femminile con ornamentazione geometrica (secondo Gim- zioni non c’è simmetria e questo è un criterio butas 1991). molto importante per fare una distinzione fra motivi ornamentali e segni della scrittura. Ma naturalmente ci sono altri criteri. Questo è un tenzione di imitare un vestito. In questa se- piatto di culto di Gradeˇsnica in Bulgaria e que- conda categoria di figurine c’è una grande va- sto è il fondo iscritto di un rocchetto da Dikili- rietà, perché l’ornamentazione può essere an- tash, che si può datare intorno al 4000 a.C. che più astratta, come in questo caso, ma an- 62 La Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Fig. 7 - Statuine femminili iscritte (secondo Gimbutas 1991 e Haarmann 1995).

che qui si vede l’intenzione di imitare un ve- stito e tratti della fisionomia. La terza categoria comprende figurine con ornamentazione astratta e in questa categoria ci sono anche simboli astratti; questo è un altro esempio di ornamentazione astratta e simbolo astratto. La quarta categoria comprende figurine iscritte: qua l’iscrizione comincia sul ventre poi torna e continua fino alla gamba. Le iscrizioni sono corte, ma abbiamo visto un esempio di un’i- scrizione più lunga, quella dell’Ungheria. Os- serviamo ora questa statuina femminile iscrit- ta: assomiglia molto alle altre, potrebbe esse- re una statuina della quarta categoria delle fi- gurine balcaniche, ma non lo è. Questa figurina non viene dall’Europa continentale ma provie- ne da Creta, dall’età minoica. Questo è un bel- l’esempio del fatto che la tradizione di iscrive- re figurine continua oltre la fine della civiltà balcanica e si trasferisce nelle culture successi- ve, cioè la cultura minoica a Creta, la cultura micenea e in parte anche la cultura delle isole dei Cicladi. E inoltre di questa tradizione di iscrivere figurine, tanti altri elementi, ad esem- pio motivi decorativi come la spirale o il meandro, simboli religiosi come il serpente, attributo della dea, o il motivo del bucranio e anche il motivo della doppia ascia continuano e si trasferiscono nelle culture successive del- l’Egeo. Ecco qua alcuni esempi dell’inventario dei segni della scrittura: una terza parte sono se- gni naturalistici, ma la maggior parte sono se- Fig. 8 - Statuina iscritta della cultura minoica nella Creta antica (secondo gni astratti e geometrici; nei segni si possono Haarmann 1995). identificare animali, persone, anche strumenti, Harald Haarmann - La Grande Dea e l’antica scrittura europea 63

Fig. 9 - Segni ideografici dell’antica scrittura europea (secondo Haarmann 1995). costruzioni e fenomeni naturali. A volte è diffi- l’età micenea si vede un santuario presso una cile identificare un segno con precisione, ben- fonte, qua l’altare dal quale scorre l’acqua sa- ché la forma sia naturalistica; ma quando si fa cra della fonte. La maggioranza dei segni della un confronto fra i segni, i simboli e i motivi scrittura balcanica è costituita da segni astratti della cultura balcanica e anche delle culture e geometrici e si manifesta una tecnica specia- successive si possono ottenere buoni risultati. le, sofisticata si può dire, cioè la tecnica di Alcuni esempi: questo segno si può interpreta- produrre derivazioni. Ecco un segno di base a re come un’imbarcazione con baldacchino; in- partire dal quale poi si fanno variazioni sem- fatti negli affreschi di Thera questo motivo del- plici e variazioni complesse. Ho già parlato l’imbarcazione cerimoniale si ripete spesso, dell’eredità culturale balcanica nelle culture anche qua si vede questo motivo e anche su dell’Egeo; a questo proposito Maria Gimbutas un anello dell’epoca micenea c’è questo moti- ha detto che la cultura minoica è come una fi- vo dell’imbarcazione cerimoniale. Un altro mo- glia della civiltà balcanica. Non c’è da meravi- tivo centrale che troviamo come segno nella gliarsi che, con tanti altri motivi e simboli, an- scrittura è questo: un fiume con vegetazione che segni e tecniche della scrittura si sono tra- sulla riva. Il paesaggio rivierasco è un motivo sferite dalla civiltà balcanica nelle culture suc- centrale anche negli affreschi di Thera e si tro- cessive. Qua alcuni esempi: secondo le mie ri- vano varianti naturalistiche ma anche varianti cerche circa la metà dei segni del sistema cre- più o meno astratte di questo motivo: questo tese Lineare A è di origine balcanica, più di qua è molto rassomigliante. sessanta segni, e qua si vedono: ecco qua l’ori- Un altro segno centrale e simbolo religioso: gine balcanica, ecco qua segni del sistema Li- gli occhi della dea, la dea che vede e provve- neare A, si vede chiaramente la rassomiglian- de. Qua vediamo esempi nella statuaria balca- za. C’è ancora una domanda importante da fa- nica degli occhi della dea. E quaggiù un sigillo re: si può pensare che nella memoria culturale con scrittura geroglifica da Creta, ecco qua il della gente balcanica la grande dea, che aveva segno dell’occhio e gli occhi. Qui invece il se- tante funzioni, fosse forse anche la patronessa gno che ha probabilmente il significato di alta- della scrittura? Io penso di sì, ma questa idea re, ed ecco qua il confronto: su un anello del- rimane speculativa, senza prova diretta. Non si 64 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze possono leggere ancora le iscrizioni balcaniche perché la scrittura non è ancora decifrata, non si conosce nemmeno il nome della grande dea balcanica; a Creta si sa che il nome era Asasara- me, ma il nome nella cultura balcanica è scono- sciuto. Ma c’è nel mondo antico il caso di una rela- zione armonica fra la grande dea e la scrittura: vi presento un parallelismo interessante: que- sta è l’immagine della dea sumerica Nisaba. Questa dea era la dea del grano, della ve- getazione e della fecondità. Un attributo ele- mentare della dea è il motivo del bucranio, che era un attributo di tutte le divinità sumeri- che; un altro attributo della dea erano le spi- ghe, e poi piante che crescono dal corpo e ra- mi di piante, e nella mano la dea porta l’attri- buto della fecondità: un ramo di dattero. Ma in questa immagine non si vede un altro attribu- to fondamentale della dea: il gessetto, per scrivere segni cuneiformi. Perché Nisaba era anche la patronessa della scrittura e la dea è stata venerata dagli scrittori sumerici. Nella lingua sumerica c’è una distinzione di base che non c’è in altre lingue della Mesopotamia: la distinzione fra una variante della lingua de- gli uomini, una variante normale, eme-gir, e un’altra variante, la lingua delle donne, eme-sal. E la lingua delle donne era anche la lingua sa- cra, i testi sacri che raccontano la storia del matrimonio sacro sono scritti in eme-sal. La sa- cerdotessa che comunica con la dea parla in Fig. 10 - Confronto fra segni balcanici (Old Europe) e quelli del lineare A crete- eme-sal. Possiamo osservare nell’ambito cultu- se (secondo Haarmann 1995). rale sumerico una relazione intima fra il com- plesso linguistico, cioè fra la lingua parlata, la scrittura e l’uso nei testi sacri, fra il complesso sembra che l’identificazione della grande dea linguistico, dicevo, da una parte, e il divino, balcanica come patronessa della scrittura non particolarmente il divino femminile, dall’altra. sia più speculativa, ma penso che questa sia In considerazione di questo parallelismo mi un’ipotesi molto probabile.

Bibliografia (delle fonti delle immagini)

– Gimbutas, M. (1991). The civilization of the Goddess. breitung des Alphabets, in: Hinrichs 1999: 185-209. The world of Old Europe. San Francisco. – Hinrichs, U. (ed.) (1999). Handbuch der Südosteuropa- – Haarmann, H. (1995). Early civilization and literacy in Linguistik. Wiesbaden. Europe. An inquiry into cultural continuity in the Medi- – Kozlowski, J.K. (1992). L’art de la préhistoire en Europe terranean world. Berlin/New York - (1999). Schriftentwick- orientale. Milano. lung und Schriftgebrauch in Südosteuropa vor der Ver- FABIO SCIALPI Università degli Studi della Basilicata e Università di Roma «La Sapienza». LA GRANDE DEA NELLA CULTURA INDIANA. DALLE PICCOLE TRADIZIONI LOCALI ALLA GRANDE TRADIZIONE SANSCRITISTICA*

1. Vorrei cominciare un breve viaggio di stra cultura (basti pensare al topo e al pesce, scoperta verso la Grande Dea dell’India con il come in questo caso, per non parlare del ser- commento di due immagini, che possono co- pente) – si collocano su uno stesso piano di at- stituire un buon viatico per il cammino che tività, senza distinzioni né gerarchie di livello dobbiamo percorrere: penso, infatti, che il va- gli uni rispetto agli altri. lore ermeneutico del simbolo religioso possa Ma, in Ganes´a, troviamo altre indicazioni si- condurre l’avventuroso viaggiatore che sappia gnificative. Nella mitologia hindu¯, in genere, farsene attento e misurato interprete assai più egli viene considerato come il figlio del dio lontano di un lungo e faticoso discorso. S´ iva e della dea Pa¯rvatı¯; talora, tuttavia, appa- La prima è un’immagine di Ganes´a, una di- re come figlio della sola Pa¯rvatı¯, nato da squa- vinità con la testa di elefante, di solito accom- me, ovvero dal sebo, della sua pelle (1). Ab- pagnato da un topo, che costituisce la sua ca- biamo, quindi, nella sua figura, la traccia di valcatura (Fig. 1). A prima vista, sembra non una credenza più antica e culturalmente signi- ficativa, per cui la generazione viene attribuita esclusivamente alla madre, senza che ad essa partecipi in alcun modo l’elemento maschile. Come vedremo, questo particolare della po- tenza generativa femminile necessaria e suffi- ciente costituisce un tratto caratteristico della Grande Madre dell’India. Il concorso del dio viene culturalmente riconosciuto soltanto in un secondo tempo: certo, quando le cognizioni fisiologiche si perfezionano, ma anche quando l’ortodossia sacerdotale del clero brahmanico sottopone la dea, al pari di tutte le donne, a una prescrizione di natura sociale, per cui essa non potrà mai più essere autonoma, ma dovrà per sempre sottostare a una autorità maschile. Tale fatto mi sembra confermato, del resto, da alcuni particolari del mito, che sembrano del tutto accessori e alquanto stucchevoli, ma che, invece, chiariscono meglio sia alcune fun- zioni dello stesso Ganes´a, sia l’originaria auto- nomia generativa della madre Pa¯rvatı¯. Appren- diamo, infatti, la ragione della sua insolita te- sta di animale, che forse adombra un culto to- Fig. 1 - Ganes´a. Pietra (XVII sec.). Tempio di Mı¯na¯ksi. Madurai, Tamil Nadu. . temico antico e ormai obliterato: egli, in una aver nulla a che vedere con il tema della Gran- versione del mito, ha ancora una testa umana de Dea che stiamo trattando; in realtà, a ben quando viene incaricato dalla madre, in pro- vedere, non è così. cinto di prendere un bagno, di difenderne la L’immagine, intanto, è tratta da una scultura riservatezza. Il compito è così bene assolto dal del tempio di Mı¯na¯ks.i, la dea «che ha gli occhi figlio che questi impedisce allo stesso padre, del pesce», venerata in un grande santuario eccitato da impaziente bramosia, di avvicinarsi che si trova a Madurai in Tamilnadu, nel sud alla dea. Il probabile eccesso di zelo viene dell’India: siamo così introdotti in uno scenario però pagato a caro prezzo, perché S´ iva, infuria- mitologico, come quello induista, in cui divi- to, non esita a decapitare il figlio troppo ligio nità, esseri umani e animali – questi ultimi alla consegna ricevuta; solo in un secondo mo- spesso in grado di evocare sensazioni piutto- sto lontane da quelle che suscitano nella no- (1) J. Dowson, A Classical Dictionary of Hindu Mythology and Religion, Geography, History, and Literature, Ludhiana s.d. (12a ed.), pp.106- 07; A. Getty, Ganes´a. A Monograph on the Elephant-faced God, Oxford * Il presente lavoro è dedicato alla venerata memoria di mia 1936 (rist. New Delhi 1971, pp. 6-7); S. Piano, Sana¯tana-dharma. Un Madre, Marcella Janovitz Scialpi. incontro con l’«induismo», Milano 1996, p. 158. 66 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze mento il dio precipitoso cercherà una pacifica- lui dette, pur se espresse con una colorazione zione con la consorte, rimpiazzando la testa tipicamente indiana – e quindi in ossequio a mancante con la prima che gli capita a tiro: un canone estetico dissonante rispetto a quel- quella, appunto di un elefante (2). lo consueto alla nostra cultura –, forse non so- Ganes´a, dunque, si presenta in questo e in no del tutto sorprendenti, qualora vengano altri dettagli della sua storia, come un dio che collocate nel contesto del lungo itinerario alla protegge l’accesso a un luogo riservato, o a scoperta della Grande Dea, che stiamo percor- una dimora, come anche gli accade con un al- rendo nel tempo e nello spazio, attraverso tro personaggio mitico, Paras´ura¯ma, nel con- molte culture, a partire dalla preistoria per fronto con il quale ci rimette una delle sue giungere fino al tempo presente. zanne. Egli, inoltre – come indica il suo stesso Qui abbiamo una Grande Madre che danza nome –, è a capo di una schiera di spiriti bene- sul corpo inerte del suo consorte S´ iva, e que- voli e malevoli, che governa in virtù di un po- sto ci dà immediatamente la traduzione sim- tere arcano e sfuggente, esercitato in guisa non bolica, in termini potenti e suggestivi, dell’i- sempre prevedibile: si ritiene, quindi, un nu- dea centrale soggiacente a questa rappresen- me capace di rimuovere gli ostacoli, ma in gra- tazione: e cioè che la dea è più importante do altresì, a seconda del proprio genio, di per- dello stesso dio (Fig. 2). mettere il loro verificarsi. Per tale motivo, Ga- nes´a è considerato il dio della sagacia, che va propiziato al cominciare di ogni intrapresa dif- ficoltosa per ottenerne la buona riuscita, e che viene invocato all’inizio delle opere letterarie (3). In definitiva, pare configurarsi come una divinità contraddittoria e ambigua, amata ma anche temuta, non meno di quanto avviene, in misura maggiore o minore, per tutte le Dee Madri dell’India.

2. La seconda immagine credo si possa commentare rapidamente dopo la lettura di un testo molto breve di un poeta bengalese del XVIII secolo, Ra¯mprasa¯d Sen (1718-1775). Questi si rivolge alla dea Ka¯lı¯, che significa «la Nera», in questo modo:

«Sempre tu danzi nella battaglia, o Madre. Mai si vi- de bellezza come la tua; quando con i capelli disciolti tu danzi, nuda guerriera, sul corpo di S´iva. Le teste dei tuoi figli giornalmente recise ti fanno da ghirlanda al collo; moncherini umani sono appesi alla tua cintola; splendide sono le tue labbra, bianchi come gelsomini in fiore i tuoi ´ denti; sfolgorante la tua faccia come fiore di loto, eppure Fig. 2 - Ka¯lı¯ incede sul corpo supino di Siva. Argilla. (tardo XIX sec.). Bengala. British Museum, Londra. terribile nel suo sempiterno sorriso. Eguale a nube tem- poralesca è il colore delle tue membra, e macchiati di sangue sono i tuoi piedi. Dice Râmprasâd: la mia anima è Ciò segna un contrasto enorme con la teolo- come uno che danzi; i miei occhi non reggono più a tanta gia brahmanica, che vuole la paredra sottopo- bellezza» (4). sta al predominio del dio suo sposo, e con la società induista in particolare, che vede la Ho cominciato con questo appassionato donna sempre in posizione subordinata ri- omaggio di un celebre poeta bengalese per- spetto all’uomo. È appena il caso di ricordare ché esso ci dà la fascinosa e inquietante testi- che, nella cultura induista tradizionale, la don- monianza di un gusto molto lontano dal no- na, in materia religiosa non meno che in altri stro; credo, tuttavia, che alcune delle cose da ambiti (patrimoniali, educativi, ecc.), non go- deva degli stessi diritti che invece erano pre- visti per i maschi delle prime tre classi sociali (2) J. Dowson, op. cit., pp.106-08; S. Piano, op. cit., p. 158. Per altre (i cosiddetti «nati due volte»). versioni sull’origine di Ganes´a, si veda A. Getty, op. cit., pp. 6-8; Quindi qui abbiamo un trionfo del femmini- sulla sua probabile derivazione da un culto totemico dravidico, ibid., p. 1. le, ma anche di qualche cosa che è diverso, (3) Monier Williams, Religious Thought and Life in India. Vedism, non fosse altro perché è di colore nero (5), e ri- Bra¯hmanism and Hindu¯ism, London 1883 (rist. Delhi 1974, pp. 211- sulta fortemente sottolineato. Il sangue che 18); S. Piano, op. cit., pp. 157-58. (4) G. Tucci, Forme dello spirito asiatico, Milano-Messina 1940, p. 150. Si veda anche R.C. Zaehner, Hinduism, London 1962, ed. New (5) Questo è un dato oggettivo, del tutto evidente a prima vista. York 1966, p. 146 (tr. it., L’Induismo, Bologna 1972, p. 208). Diversa, tuttavia, può apparire la percezione che risulta agli oc- Fabio Scialpi - La Grande Dea nella cultura indiana. Dalle piccole tradizioni locali alla Grande Tradizione sanscritistica 67 gronda da membra mozzate costituisce uno vata in tutto il Bengala nei primi dieci giorni spettacolo terrificante, estraneo alla cultura oc- della quindicina luminosa del mese di A¯s´vina, cidentale contemporanea, aliena – almeno nel- tra settembre e ottobre (7). le sue più nobili dichiarazioni – dalle rappre- Come si vede, entrambi gli aspetti della sentazioni cruente; ma dobbiamo ricordare che Grande Dea, – quello luminoso e benefico, e l’immagine di Ka¯lı¯ atteggiata in tale guisa ap- quello oscuro e terrifico – vengono esaltati. Es- partiene a una cultura tradizionale, dove il san- si costituiscono due facce inscindibili di una gue ha una valenza, diciamo così, fertilizzante, stessa paradossale realtà: sostanzialmente, vi- vitalistica, che viene in qualche modo consape- ta e morte, sentite come due momenti com- volmente evocata e osservata ancora oggi. plementari di un’esistenza terrena contraddi- Nelle maggiori feste indiane, si celebrano stinta da un ritmo ciclico di ripetuti ritorni, fino riti cruenti con vittime animali; proprio recen- alla liberazione definitiva (moks.a) da questo in- temente, il governo ha vietato il sacrificio del cessante ritmo ciclico (samsa¯ra). Talora, tuttavia, bufalo, ma questa disposizione ha sollevato nel culto popolare, le due sembianze vengono un’ondata di proteste a livello popolare. Co- vissute come le differenti apparenze di due munque sia, io ho personalmente assistito ad distinte divinità, che vengono celebrate in due alcune feste, nel corso delle quali il sangue feste diverse, ma comunque pur sempre conti- della vittima sacrificata viene ancora sparso sul gue e tra loro collegate. terreno, secondo un’usanza molto antica di cui Si potrebbe, inoltre, osservare che, alla guisa abbiamo una documentazione consistente an- di un complesso gioco di specchi, ognuno dei cora nel XIX secolo: in modo particolare, pen- due aspetti della Grande Dea contiene, a sua so ai rapporti di viaggiatori e funzionari del go- volta, in sé la medesima bipolarità di base insi- verno britannico, che ci hanno lasciato descri- ta in questa affascinante e misteriosa figura. zioni spesso piuttosto precise di simili riti. Durga¯ (aspetto positivo), infatti, è, al tempo Quindi, le teste recise stanno a rappresenta- stesso, una divinità di vita e di morte, sicché il re il trionfo della dea su ogni potenziale nemi- sangue del demone Mahis.a¯sura, da lei ucciso co; esse, inoltre, hanno un valore fertilizzante. per difendere l’ordine cosmico, è ben visibile nella rappresentazione del suo exploit, che viene 3. L’immagine di Ka¯lı¯ che qui si presenta si commemorato nel periodo della Durga¯pu¯ja¯. E riferisce ad un superbo pezzo risalente presu- forse il sorriso misterioso con cui viene atteg- mibilmente alla fine del XIX secolo, entrato a giato il suo volto in tante immagini popolari, so- far parte delle collezioni del British Museum prattutto nel corso della festa in Bengala, espri- nel 1894. Il simulacro della dea era oggetto di mono proprio l’ambiguità del suo modo di es- un imponente culto popolare, che le veniva re- sere e l’imperscrutabilità del suo volere (Fig. 3). so con particolare solennità durante una pro- cessione attraverso le strade di Calcutta, nel corso di una celebrazione che si chiama Ka¯lı¯pu¯ja¯. In tale circostanza, che cade nella notte più scura della quindicina oscura del mese di Ka¯rttika, un gran numero di vittime animali (specialmente capre e pecore nere, e bufali) vengono sacrificati alla dea nei santuari ad essa dedicati, soprattutto presso il suo tempio di Ka¯lı¯ Gha¯t. a Calcutta (6). È appena il caso di notare, in questa sede, che la cerimonia in onore di Ka¯lı¯ è in qualche modo connessa a una precedente celebrazio- ne autunnale, questa volta dedicata alla dea dall’aspetto luminoso, Durga¯, che viene onora- ta con una festa grandiosa, la Durga¯pu¯ja¯, osser- chi del devoto, particolarmente se incline all’esperienza mistica. Fig. 3 - Durga¯. Tempietto di Vanadurga¯. Muniguda, Orissa. Così, infatti, un grande maestro bengalese del XIX secolo, Ra¯makrishna Paramahamsa (1836-1886), intensamente devoto alla dea, riesce a vederla: «Kâlî, la Madre, non ha la pelle scura. Ka¯lı¯ (aspetto negativo), d’altra parte, contiene Oh no! Ma Essa è così lontana da noi! Perciò appare di colore cupo. Il cielo, visto da lontano, ha l’aspetto blu, e tuttavia, visto al suo interno sia le connotazioni terrificanti da presso, è incolore. È all’incirca la medesima cosa come con della morte, sia le valenze vitalistiche proprie l’acqua del mare. Così se vi avvicinate a Kâlî, se La realizzate, del sangue. vedrete che Essa è identica a Brahman, al quale non può appli- carsi alcun epiteto.» (L’Enseignement de Râmakrishna, Genève 1949; tr. it., Shrı¯ Ra¯makrishna, Alla Ricerca di Dio. Parole raccolte e annotate da Jean Herbert, Roma 1963, p. 329, n. 1320). (7) Id., Hinduism, London 1877, p. 183; Id., Religious Thought, etc., cit., (6) Monier Williams, op. cit., p. 431. p. 431. 68 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

4. Ma soffermiamoci ancora un momento su territorio al quale la dea presiede e con cui es- altri particolari che risultano in piena evidenza sa viene persino identificata. Ciò è tanto vero dall’immagine di Ka¯lı¯. La dea è incoronata, il che molte città indiane derivano il proprio no- che vuole significare che è una regina. Essa, me da santuari famosi per il culto che vi viene inoltre, è interamente nuda, ma anche ricoper- tributato alla dea. Così Calcutta è legata a Ka¯lı¯, ta di pesanti gioielli in tutte le parti del corpo Ambala è sacra ad Amba¯, e Chandigar è la città che possono portarne (testa, denti, polsi, brac- di Candı¯. cia, collo e petto, fianchi, caviglie, piedi): la Ma non meno che alla terra – e per estensio- sua ricchezza non potrebbe venire più effica- ne all’intero territorio – la dea è anche legata a cemente sottolineata, mentre la sua nudità al- tutto il paesaggio che vi fa corona. Si pensi ai lude a uno stato di naturalità che precede la grandi fiumi indiani, i quali – a cominciare dalla cultura del gruppo umano e il suo modo di Ganga¯ (il Gange), per continuare con la esprimere i propri valori (come appunto la re- Yamuna¯, la Narmada¯, la Krishna¯, la Kaverı¯ – galità e la ricchezza). vengono considerati sacri al punto da essere Una conferma a questa interpretazione pro- oggetto di culto e sono di genere grammaticale viene, del resto, dalle parole di Ra¯mprasa¯d che femminile (Fig. 4) (8). abbiamo prima ricordato, e che, riferendosi in genere a Ka¯lı¯ e alle sensazioni da essa suscita- te nell’animo dei suoi devoti, possiamo fonda- tamente estendere a questa raffigurazione, pur in assenza di un loro esplicito richiamo. Le me- tafore di esaltazione alle quali egli ricorre con- tengono, infatti, alcune notazioni naturalistiche (gelsomini in fiore, i denti; fiore di loto, il viso; nube tempestosa, il colore della persona), che forse non riflettono solo l’immaginazione poeti- ca dell’autore, ma indicano uno stretto rappor- to della dea con l’ambiente circostante. Essa è la vegetazione, la terra, il cielo: in una parola, la natura e tutto l’universo derivano da lei e non sono che una sua manifestazione. 5. Il legame specifico della Grande Dea con il paesaggio che forma lo sfondo naturalistico dei suoi santuari – e particolarmente con la ter- ra, l’acqua e le montagne – costituisce, in effet- ti, una delle caratteristiche principali di questa Fig. 4 - La fiumana Ganga¯ sulla sua cavalcatura Makara, un mostro acqua- figura divina in India, e forse non soltanto in In- tico. Terracotta. Periodo Gupta (V sec.). Ahichhatra, Uttar Pradesh. National dia. Basterebbe ricordare che molte delle im- Museum, New Delhi. magini utilizzate per il suo culto, specialmente quelle impiegate durante le feste celebrate in Quanto alla connessione della dea con le suo onore, sono fatte essenzialmente di terra; montagne, basti qui tenere presente come esse, quindi, al termine della festa, una volta Pa¯rvatı¯, la ricordata madre di Ganes´a, offra una che la dea abbia abbandonato il suo simulacro precisa indicazione in tal senso con il suo stesso visibile, sono restituite in qualche modo alla nome: questo, infatti, significa «figlia della Mon- terra, poiché vengono solennemente portate in tagna» (cioè dell’Hima¯laya) (9), ma anche «la processione presso qualche vicino corso o montana» (10). Ad esso, d’altra parte, fanno ri- specchio d’acqua, per esservi immerse e di- scontro altri epiteti della dea, celebrata in alcu- sciolte. La dea, secondo una intuizione anti- ne sue varianti più specificamente regionali co- chissima, che risale probabilmente alla scoper- me Vindhyava¯sinı¯, «abitatrice del Vindhya», la ta dell’agricoltura o verosimilmente ancor pri- catena montuosa che separa la piana gangetica ma, proviene dalla terra e ad essa effettiva- dall’altopiano del Deccan, ovvero, come Haima- mente ritorna, anche se la credenza religiosa vatı¯, «colei che dimora nell’Hima¯laya» (11). popolare, governata dalla teologia sacerdotale può, invece, collocare la sua residenza stabile, (8) T.R. Blurton, Hindu Art, London 1992, pp. 154-56 e 158; S. Pia- no, op. cit., pp. 163-64 e 90. insieme con le altre divinità del pantheon (9) S. Piano, op. cit., p. 166. hindu¯, in un luogo celeste idealizzato. (10) J. Dowson, op. cit., p. 233, s.v. «Pa¯rvatı¯»; G. Tucci, «Induismo», Si potrebbe aggiungere che la restituzione in Id. (a cura di), Le civiltà dell’Oriente, III, Roma 1958, p. 597. (11) G. Tucci, «Induismo», cit., p. 597. Letteralmente, Haimavatı¯ del simulacro alla terra attraverso l’acqua con- significa «colei che dimora nell’Himavat», la montagna nevosa: figura altresì, in senso più ampio, un ritorno al quindi, per eccellenza, l’Hima¯laya. Fabio Scialpi - La Grande Dea nella cultura indiana. Dalle piccole tradizioni locali alla Grande Tradizione sanscritistica 69

In definitiva, l’immagine di Ka¯lı¯, che, ai no- nazione creatrice di una cultura arcaica, che dà stri occhi, può apparire soltanto terrificante, of- corpo e nome alla forza generativa insita nella fre, invece, anche suggestioni di genere oppo- vegetazione di un ambiente montano ricoper- sto, che noi, ovviamente, riusciamo a intende- to di fitte foreste, ma presente e operante an- re molto meno dei devoti della dea. C’è, co- che a livello animale e umano; in seguito, con munque, in lei qualche cosa di benefico e di il variare delle attività economiche e del con- fascinosamente attraente, che seduce e con- testo sociale del gruppo umano, la sua tipolo- quista. Lo ripeto: notiamo due opposte pola- gia si arricchisce di elementi sempre nuovi, ai rità, che si fondono e si traducono in un senti- quali una lunga elaborazione teologica e dot- mento essenzialmente positivo, che essa ispi- trinale di una classe sacerdotale darà, infine, ra. Chi ha assistito a riti o a feste religiose in sistemazione canonica. onore della Dea Madre in India sa bene come Esaminiamo allora, sia pure in estrema sin- questi simulacri – ove si ritiene che la divinità tesi, le principali tappe della storia di questa prenda stanza nel periodo della festa – evo- figura divina, che comincia in epoca molto an- chino per i fedeli emozioni fortissime, in grado tica e prosegue, con una continuità stupefa- spesso di provocare fenomeni di trance. cente, fino al giorno d’oggi. 6. L’immagine di Ka¯lı¯, su cui ci siamo a lun- 7. Le prime testimonianze di un possibile go soffermati, è servita a introdurci nella varie- culto di un essere sovrumano femminile in In- gata e paradossale costellazione di riflessioni dia risalgono a un periodo tra il V e il IV millen- profonde, valenze culturali e significati esi- nio a.C. e provengono dai siti di Mehrgarh e stenziali che si concentrano nella complessa fi- Sheri Khan Tarakai, oggi in territorio pakistano. gura della Grande Dea dell’India, e che si Qui sono venuti alla luce numerosi esempi di esprimono in modo unificante nel linguaggio figurine di terracotta, caratterizzate dalla inten- metaforico e rivelante del simbolismo religio- zionale accentuazione degli organi riproduttivi, so (12). Questo complesso di elementi muove, così da rendere plausibile la loro identificazio- in India ma anche altrove, da una intuizione ne come raffigurazioni di una Dea Madre (14). A primordiale, che si sostanzia nella consapevo- Mehrgarh, in particolare, statuette di donna ri- lezza della connessione tra la vita e la morte, salenti a un periodo tra il 2800 e il 2600 a.C. considerate come due inscindibili aspetti di tengono un bambino sulle braccia (15). Anche il una realtà apparentemente ineluttabile, quale materiale utilizzato per la loro fabbricazione – all’uomo non resta che subire passivamente. la terra – potrebbe valere a confermare una si- Ma, a ben vedere, la condizione umana non mile ipotesi, tenuto conto della ininterrotta è così disperata: al contrario, l’homo religiosus connessione tra la terra e la divinità madre lun- sembra impegnare ogni sua capacità per supe- go tutta la storia religiosa e culturale dell’India rare tale situazione e trasmutare la morte in di cui siamo a conoscenza (16). una nuova vita, una preannunciata sconfitta in Analoghe evidenze si riscontrano nei reperti un inaspettato trionfo sul dato naturale. La sto- prodotti dai siti di Rehman Dheri e Lak Largai, ria delle credenze e delle idee religiose del- ancora in territorio pakistano e ascrivibili al IV- l’umanità, intesa nella prospettiva di una sto- III millennio (17); successivamente, intorno alla ria profondamente unitaria e indivisibile dello seconda metà del III millennio, figurine femmi- spirito umano (13), rende testimonianza di nili provengono altresì dalle «culture di colli- questo instancabile e multiforme sforzo del- na» di Kulli (Makran) e della valle del fiume l’uomo, attraverso le culture più varie nel tem- Zhob (Balucistan), sempre nella regione paki- po e nello spazio, di dare un senso alla vita e stana. A Kulli si sono rinvenute statuette dagli di andare al di là della morte. ornamenti e dalle acconciature molto accurati, L’India, quindi, non fa eccezione e la figura una delle quali rappresentata con due neonati della Grande Dea offre un vantaggioso punto tra le braccia (18), secondo un modello icono- di vista per l’osservazione del fenomeno. Essa, grafico perpetuatosi fino ai nostri giorni in am- infatti, scaturisce primariamente dall’immagi- biente rurale. Le figurine della cosiddetta «cul- tura Zhob», invece, sono contraddistinte da or- (12) M. Eliade, «Methodological Remarks on the Study of Reli- namenti più schematizzati e da un’espressione gious Symbolism», in M. Eliade, J. Kitagawa (eds), The History of sinistra del volto, che ha indotto qualche stu- Religions. Essays in Methodology, Chicago 1959 (tr. it., Studi di storia delle religioni, Firenze 1985, pp. 114-20). Per una trattazione am- dioso a intravedere in esse oscure personifica- piamente documentata e riccamente illustrata del simbolismo nelle diverse culture e nei vari ambiti di attività umane, nonché (14) T.R. Blurton, op. cit., pp. 22-23. per una storia della sua interpretazione, si veda N. Spineto, I (15) C. Jarrige, «Les figurines humaines au Baluchistan», in Civili- simboli nella storia dell’uomo, Milano 2002, in particolare pp. 7-14 e sations anciennes du Pakistan, Bruxelles, Musées Royaux d’Art et 225-35. d’Histoire, 1989, pp. 100-1; 248 (catalogo, nn. 95 e 98). (13) M. Eliade, Histoire des croyances et des idées religieuses, 1. De l’âge (16) T.R. Blurton, op. cit., pp. 154, 157-58. de la pierre aux mystères d’Éleusis, Paris 1976 (tr. it., Storia delle credenze (17) Ibid., p. 157. e delle idee religiose, I. Dall’età della pietra ai Misteri Eleusini, Firenze (18) S. Piggot, Prehistoric India to 1000 B.C., Harmondsworth 1950 1979, rist. 1984, p. 10). (tr. it., India preistorica fino al 1000 a.C., Milano 1964, pp. 114-17). 70 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze zioni di un essere configurabile come Terra- no a delineare, nei suoi tratti essenziali, il pro- Madre, preposta alla custodia dei morti come totipo di una Dea Madre (22). pure alla maturazione delle sementi, in quanto entrambe affidate al grembo della terra (19). 8. Questo quadro sembra improvvisamente Il valore di fertilità che sembra di potersi ri- scomparire alla vista in un periodo che può si- ferire a tali oggetti viene confermato da altri ri- tuarsi intorno alla metà del II millennio. L’inva- trovamenti, come il reperto proveniente da un sione degli Arii, genti nomadi di stirpe indoeu- altro sito della «cultura Zhob», quello di Peria- ropea che, spinti forse dall’incalzare di altri no Ghundai, che rappresenta in modo assai popoli ancora, penetrano in India dai passi del realistico due cosce e un sesso femminile par- Nord-ovest, reca con sé un radicale mutamen- ticolarmente accentuato (20). to di concezioni e di valori. Gli esseri femmini- Dalle culture di villaggio si passa, tra il III e li perdono d’importanza; al loro posto suben- il II millennio, ai grandi centri urbani della Ci- tra una schiera di divinità maschili, spesso dai viltà dell’Indo, Mohenjo Daro e Harappa (an- forti connotati uranici ed etici, che ben si ac- cora in Pakistan), senza sostanziali soluzioni corda con il nuovo sistema sociale ad impronta di continuità, sia pure nella varietà delle for- patriarcale e la prevalente economia pastorale me, per quanto riguarda questa tipologia fitti- che caratterizzano la cultura aria (23). Anche in le. Anche qui gli scavi hanno fatto riemergere India, quindi, analogamente a quanto accade sia oggetti aniconici, interpretati come simbo- in Europa in seguito all’ondata migratoria di li sessuali di entrambi i generi, sia numerose popoli indoeuropei (24), si assiste a un gene- figurine femminili di ter- rale sconvolgimento culturale che accelera il racotta pressoché ignu- declino delle grandi città della Valle dell’Indo, de, le quali, data la loro e investe le istituzioni sociali, l’attività econo- produzione su vasta mica e la prospettiva religiosa delle comunità scala, lasciano ipotizza- sottomesse dai nuovi dominatori. re il culto, a livello po- Malgrado ciò, nei Veda, i testi sacri degli Arii polare, di un essere so- che costituiscono la nostra principale fonte vrumano femminile con- d’informazione sulla loro cultura, non mancano nesso alla fecondità e accenni a esseri femminili, i cui contorni ap- raffigurato in sembiante paiono, tuttavia, assai sfumati e pressoché pri- antropomorfico (Fig. 5). vi di tratti fisici definiti. Aditi, madre degli ¯ Né mancano, ancora una Aditya – tra cui figurano divinità maschili di volta, le statuette che primaria importanza, quali Mitra, Varuna e rappresentano una don- Aryaman –, è ampiamente estesa, vasta, chia- na con un bambino al ra, luminosa; sostiene le creature e appartiene fianco, o al seno, o tra le a tutti gli uomini. Nirrti, invece, impersona la braccia (21). negazione dell’ordine cosmico fondato sulla Le testimonianze ar- verità (rta) e simboleggia la morte. Il suo profi- cheologiche consentono, larsi sinistro non corrisponde ad altro che un quindi, di stabilire nella aspetto ineludibile della vita umana, la quale regione pakistana, alme- ha un principio e necessariamente una fine; no dalla seconda metà essa è la terra, che genera nuovi frutti e, acco- del III millennio a.C., l’e- gliendo i corpi inumati, racchiude nel suo seno sistenza di un comples- la potenza ctonia, secondo il ciclo perenne della natura. Talora, infatti, è chiamata «Terra so organico, i cui ele- Fig. 5 - Dea Madre. menti strutturali – agri- Terracotta. Civiltà dell’Indo. Madre» (25). Le intuizioni esistenziali che in Mohenjo-daro, Pakistan (2500 Nirrti si esprimono verranno in progresso di coltura, riti di fecondità, a. C. circa). National Museum, culto di un essere fem- New Delhi. tempo trasmesse ad alcune dee terrifiche di minile identificato con la epoca successiva, quali Ka¯lı¯, Karalı¯, Ca¯munda¯, terra e preposto alla nascita, alla morte e alle Chinnamasta¯, Manasa¯ (26). messi coltivate dal gruppo umano – convergo- Altre divinità vediche femminili presentano caratteri che saranno in seguito ripresi e ulte-

(19) Ibid., pp. 135-37. (22) F. Scialpi, «La Grande Madre nella cultura induista», in T. (20) J. Marshall, «Religion» (cap. V), in Id. (ed.), Mohenjo-daro and Giani Gallino (a cura di), Le Grandi Madri, Milano 1989, p. 51. the Indus Civilization, I, London 1931, p. 59; tav. XIII, 7. (23) M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, I, cit., pp. (21) M. Wheeler, The Indus Civilization, Cambridge 19683, p. 91, 209-10. tavv. XXI-XXII; A.L. Basham, The Wonder that was India. A survey of (24) M. Gimbutas, «La “Venere mostruosa” della preistoria. Crea- the history and culture of the Indian sub-continent before the coming of the trice Divina», in J. Campbell e C. Musès (a cura di), I nomi della Muslims, London 19673, rist. 1969, p. 21; A. Ardeleanu-Jansen, «La Dea. Il femminile nella divinità, Roma 1992 (tr. it.), p. 31. sculpture dans l’art harappéen», in Civilisations anciennes du Paki- (25) F. Scialpi, op. cit., pp. 48-49. stan, cit., pp. 178-79, 183, fig. 152; 258 (catalogo, n. 185), 273 (cata- (26) S. Bhattacharji, The Indian Theogony. A Comparative Study of In- logo, nn. 297, 299, 300). dian Mithology from the Vedas to the Puranas, Cambridge 1970, p. 85. Fabio Scialpi - La Grande Dea nella cultura indiana. Dalle piccole tradizioni locali alla Grande Tradizione sanscritistica 71 riormente sviluppati da nuove figure di Grandi ove l’essere sovrumano femminile, detentore Madri, destinate ad assumere straordinario ri- della potenza generativa, poteva venire conce- lievo nella religiosità popolare induista. Sa- pito al di fuori di uno stretto rapporto con una ranyu¯, Sarama¯ e Sarasvatı¯ – quest’ultima un fiu- divinità maschile. Tale caratteristica, invece, sa- me celeste che scorre anche sulla terra – deri- rebbe divenuta ben poco giustificabile nell’or- vano forse il proprio nome da una radice sar, todossia della società brahmanica, che preve- che denota la celerità e riassume nella rapidità deva per la donna una posizione perennemen- di movimento la loro caratteristica comune: te subordinata a quella maschile. In ogni caso, tutte sono leste nell’azione e veementi nella l’autonomia originaria dell’essere femminile si propria potenza (27). sarebbe trasmessa alla mitologia e al culto del- Ma oltre a questi esseri femminili, operanti le Grandi Madri di epoca successiva, come Dur- prevalentemente in una dimensione cosmica e ga¯e Ka¯lı¯; parallelamente, la sua concreta pre- per questo caratterizzati da tratti sfuggenti, il valenza sul dio divenuto suo sposo si sarebbe pantheon vedico conosce una entità che imper- manifestata nella elaborazione dottrinale della sona più specificamente la terra. Prthivı¯ è, ap- s´akti, l’energia mediante la quale il dio inattivo punto, la terra in senso fisico, nella sua esten- opera nell’universo attraverso la sua paredra sione spaziale, che sostiene il peso delle mon- (appunto la S´akti). tagne e porta gli alberi della foresta; grande Rispetto alle Madri delle culture preistori- (mahı¯), ferma (drd.ha¯), splendente (arjunı¯), sono i che e protostoriche a cui si è accennato, Prthivı¯ suoi attributi, che il Rgveda (5.84) (28) documen- sembra imporsi come garante di un regolato ta. Collegata con il Cielo a formare la coppia assetto cosmico e sociale, lasciando così tra- primigenia, la Terra è una Madre benefica (29). sparire la sua appartenenza all’universo di va- Con l’espandersi dell’invasione aria su nuo- lori etici fondato sulla verità, la legge e l’ordi- vi territori e attraverso l’incontro con culture ne (rta) (34), proprio degli Arii indoeuropei diverse, questa rappresentazione della Terra (35). Questo suo aspetto, nonostante il regre- si arricchisce di diversi elementi. Ce lo testi- dire della cultura vedica, verrà comunque con- monia un famoso inno dell’Atharvaveda (12.1), servato e costituirà uno dei molti elementi che una raccolta che conserva tracce consistenti di confluiranno a formare, nel corso del tempo, la concezioni del mondo aborigeno con il quale tipologia stratificata e complessa della Grande gli Arii erano venuti in contatto nella loro con- Dea dell’Induismo. quista dell’India (30). Qui, infatti, Prthivı¯, oltre alle sue già note caratteristiche di ampiezza, 9. I testi vedici riflettono, tuttavia, solo i va- maternità, sostegno di ogni cosa, rifugio legge- lori della élite sacerdotale e dell’aristocrazia ro offerto ai defunti (31), si vede attribuire militare della società aria (36). Inoltre, poco o nuovi aspetti e funzioni: la Terra reca cibo co- nulla – con l’eccezione dell’Atharvaveda – essi ci me una vacca produce il latte; assicura fortuna, dicono sulle forme religiose dei popoli sotto- prosperità e potenza; racchiude tesori nasco- messi, soprattutto di quelle comunità meno sti; protegge dai nemici (32). Ma, soprattutto, esposte all’urto delle ondate degli invasori, essa si scioglie dal suo connubio con il Cielo che poterono resistere e conservare le proprie ed è invocata in splendida solitudine. credenze tradizionali (37). D’altra parte, le Non è un caso che l’Atharvaveda – il cui conte- grandi divinità celesti del pantheon vedico nuto risulta lontano dall’ufficialità della religio- non riescono a mantenere indefinitamente un ne riconosciuta e del rituale osservato dai brah- predominio assoluto in una società che, nel mani – conservi tracce molto consistenti di una frattempo, si espande sempre più sul territorio cultura popolare anteriore a quella vedica (33), e modifica progressivamente i suoi quadri isti- tuzionali e le sue attività economiche (38). La (27) S. Kramrisch, «The Indian Great Goddess», in History of Reli- cultura dominante di un tempo non riesce più gions, 14, May 1975, pp. 235-46. ormai a oscurare concezioni e forme di una re- (28) Per una traduzione italiana, si veda Rgveda. Le strofe della sa- pienza (a cura di S. Sani), Venezia 2000, p. 172. ligiosità popolare molto sentita, perché radica- (29) F. Scialpi, op. cit., p. 49. ta nell’ambiente conchiuso in sé e tradizional- (30) A.T. Embree, F. Wilhelm, Indien. Geschichte des Subkontinents von mente conservatore dei villaggi, ove essa cor- der Induskultur bis zum Beginn der englischen Herrschaft, Frankfurt am Main 1967 (tr. it., India. Dalla civiltà dell’Indo fino all’inizio del dominio in- risponde ad esigenze e valori che l’ideologia glese, Milano 1968, p. 40). (31) Quest’ultimo aspetto di Prthivı¯ è sottolineato anche in Atharvaveda, 18.3. 49-51, ma si trova ancor prima in Rgveda, 10.18. (34) G. Tucci, «Earth in India and Tibet», cit., pp. 537-45. 10-12. (35) R. Boyer, «Il mondo indoeuropeo», in J. Ries (diretto da), (32) G. Tucci, «Earth in India and Tibet», in Eranos Jahrbuch, XXII, Trattato di Antropologia del Sacro, 2. L’uomo indoeuropeo e il sacro, Milano 1954 (rist. in G. Tucci, Opera minora, II, Roma 1971, pp. 539-41); 1991, pp. 15, 21. F. Scialpi, op. cit., p. 49; Id., «Dea (India)», in Dizionario delle religioni (36) L. Renou, Religions of Ancient India, London 1953 (rist. New (diretto da G. Filoramo), Torino 1993, s.v., p. 193. Delhi 1972, p. 6). (33) S. Sani, «Le letterature religiose», in G. Boccali, S. Piano, (37) M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, I, cit., pp. S. Sani, Le letterature dell’India. La civiltà letteraria indiana dai Veda a 146-47. oggi. Principi, metodologie, storia, Torino 2000, pp. 27-28. (38) Ibid., pp. 216-19. 72 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze degli invasori non è mai riuscita sostanzial- mente a spodestare. Data la scarsezza delle fonti documentarie, non siamo in grado di ricostruire il percorso di un siffatto mutamento che, in un arco tempora- le non facilmente determinabile, conduce a uno scenario assai diverso rispetto a quello della religione vedica. Torna ad imporsi, con straordinario rilievo, il tipo della Grande Ma- dre, che aveva preceduto l’avvento delle tribù indoeuropee (39). Questa Dea ha molti nomi, tratti differenziati, connotati contrastanti tra lo- ro e spesso inquietanti, che lasciano intendere derivazioni lontane nel tempo e nello spazio, imprestiti che si accumulano in modo erratico e frammentario. Possiamo arguire, senza tema di eccessive semplificazioni, che gran parte di questo com- plesso di elementi provenga dalla miriade di culture di villaggio disseminate dall’Hima¯laya al Capo Comorin, ove sono stati osservati e descritti sia da viaggiatori e missionari euro- pei, sia da funzionari governativi e antropologi indiani e britannici, e sono spesso rintracciabi- li ancora ai giorni nostri (40). Fig. 6 - Dea dei serpenti. Dipinto su carta eseguito da donne. Madhubani, Sono le innumerevoli divinità femminili di Bihar. villaggio che contribuiscono a formare la com- posita figura panindiana della Dea Madre, tra- smettendole alcune di quelle che appaiono avviene per Durga¯, in occasione della festa au- successivamente le sue funzioni più significati- tunnale in suo onore, la Durga¯pu¯ja¯. ve. Esse esprimono la forza vitale insita nella Ambiguità e bipolarità sono le caratteristi- vegetazione della foresta e del paesaggio na- che essenziali di tali entità, che vanno intese turale; sono collegate al ciclo dei prodotti alla stregua di potenze naturali più che di au- agrari coltivati; proteggono il villaggio dai ne- tentiche dee, nonostante il comune modo di mici esterni e dalle presenze ostili dell’am- riferirsi a loro, appunto come a divinità (devata¯), biente circostante; puniscono con terribili ma- o madri (ma¯ta¯, amba¯, ambika¯, amma¯): esse si confi- lattie se irate, ma ne guariscono se opportuna- gurano piuttosto quali «signore» dispensatrici mente invocate; esaudiscono le aspettative di bene e di male, di vita così come di morte, dei propri devoti, che implorano prosperità e in quanto queste costituiscono i due insepara- progenie numerosa (Fig. 6) (41). bili aspetti del divenire (42). Indifferenziate tra divino e demoniaco, in Anche le culture tribali contribuiscono alla genere non hanno personalità, né forma defini- formazione di questo tipo. Talvolta, è la stessa ta, ma sono indicate con una semplice pietra tradizione indiana classica che conserva il ri- collocata ai piedi di un albero sacro, al riparo cordo di remote origini tribali di certe divinità. di un’edicola rudimentale; a volte, nel corso Il Maha¯bha¯rata, ad esempio, c’informa che del tempo, secondo una peculiare inclinazione Durga¯ – destinata a diventare la Grande Madre dello spirito indiano all’abbellimento e alla de- per eccellenza nell’Induismo – era venerata da corazione, alcuni tratti sommari vengono dipin- tribù selvagge, quali gli S´ abara, i Barbara e i ti, incisi o comunque apposti sulla scabra su- Pulinda; lo stesso poema, inoltre, la definisce perficie per conferirle, a beneficio dei devoti, vindhyava¯sinı¯, «abitatrice dei monti Vindhya», e un vago sembiante umano. Altrimenti, si crede la fa discendere da una famiglia di pastori; infi- che la divinità possa essere evocata e prende- ne, in due inni a lei dedicati, sempre nel re dimora in un albero particolare, ovvero in un Maha¯bha¯rata, Durga¯ viene invocata come sı¯dhu- novero di foglie magicamente ordinate, come ma¯msapas´upriya¯, «amante di bevande inebrianti, di carne e di animali», nonché mahis.a¯srkpriya¯, «amante del sangue di bufalo». Per parte sua, (39) A.L. Basham, op. cit., pp. 22-23. Va¯kpati, un autore dell’VIII sec. d.C., identifica (40) G. Tucci, Forme dello spirito asiatico, cit., pp. 144-45; F. Scialpi, «La Grande Madre, etc.», cit., pp. 51-54. (41) G. Tucci, «Earth in India and Tibet», cit., pp. 543-46; J. Gonda, Die Religionen Indiens, II. Der jüngere Hinduismus, Stuttgart 1963 (tr. fr. (42) G. Tucci, «Earth in India and Tibet», cit., pp. 543-48; J. Gonda, Les religions de l’Inde, II. L’Hindouisme récent, Paris 1965, pp.18-22). op. cit., p. 22. Fabio Scialpi - La Grande Dea nella cultura indiana. Dalle piccole tradizioni locali alla Grande Tradizione sanscritistica 73

Vindhyava¯sinı¯ con l’anaria Ka¯lı¯, che gradisce le speculazione e dalla teologia brahmanica, che offerte di alcool e di sangue umano (43). ne valorizza alcuni aspetti in precedenza cen- surati o quanto meno oscurati. In genere, esse 10. Da un tale variegato concorso di apporti vengono associate e coniugate, in posizione e di stimoli ricavati da piccole tradizioni locali mitologicamente subordinata, a una divinità si forma una Grande Tradizione sanscritistica, maschile, la quale però non esercita un ruolo così chiamata perché nobilitata dal sanscrito, attivo, ma si avvale della loro energia per ope- la lingua sacra per eccellenza, attraverso cui si rare nell’universo. A volte, tuttavia, rimangono esprime il complesso più antico e prestigioso in splendido isolamento, come avviene per dei valori e delle conoscenze della civiltà in- Durga¯; o sono rappresentate in guisa predomi- do-aria. In tale corpo tradizionale, inteso come nante rispetto al dio, come accade alla nostra di origine sovrumana e affidato alla custodia di Ka¯lı¯ nei confronti di S´ iva. una classe sacerdotale ereditaria e professio- Secondo un famoso testo dell’India classi- nale, confluiscono quindi, a poco a poco, ele- ca, la Dea ha mille nomi (Lalita¯sahasrana¯ma). menti periferici di varia provenienza, che ven- Dietro questa imponente varietà di denomina- gono gradualmente omologati e inseriti in un zioni possiamo intravedere – in seguito all’al- complesso organico attraverso la sua elabora- lentarsi dell’egemonia della cultura vedica, zione dottrinale, talora fantasiosa, ma comun- dovuto inevitabilmente allo stesso processo que indiscussa. della sua diffusione su territori sempre più va- I brahmani – personificazione della forza sti – dapprima l’emergere spontaneo e quindi misteriosa che pervade l’universo, il brahman – il consolidarsi del culto di esseri femminili ve- diventano così gli artefici di un arduo processo nerati a livello locale o anche in area tribale. Si di mediazione culturale che contraddistingue tratta, in primo luogo, come abbiamo detto, l’Induismo e gli conferisce quel carattere com- delle dee di villaggio, spesso designate sem- posito che ha indotto qualche studioso a con- plicemente come «madri» (Amma¯, Amba¯), siderarlo (secondo le nostre concezioni occi- quindi con un appellativo apparentemente ge- dentali) non una singola religione, bensì un nerico, che però evoca l’intimità di un rapporto «collettivo di religioni» (44). Essi non rifiutano filiale e contiene gli elementi che agli occhi le credenze e i culti degli strati popolari arii e del devoto sono più importanti: essa nutre, anarii, bensì li integrano nell’ortodossia di cui protegge, accoglie; a lei ci si può rivolgere con sono gli interpreti e i depositari riconosciuti, fiducia per riceverne ascolto e sicurezza. dopo averli adattati e reinterpretati (45). Altrimenti, queste figure portano un nome il Questo clero brahmanico, infatti, a partire cui significato originario, forse legato a un am- dal periodo vedico, ha sempre ispirato gli biente diverso e ormai divenuto estraneo, può orientamenti della cultura indiana, adattando- essere stato dimenticato, senza che per que- ne, a seconda delle circostanze, il modello ori- sto il loro culto sia venuto ad interrompersi o a ginario e includendo all’interno della sua ideo- modificarsi sostanzialmente presso la comu- logia e dei suoi quadri sociali non pochi ele- nità di villaggio. Ciò che esse rappresentano, menti di altre civiltà, che essa incontrava nel infatti, prevale, nella psicologia religiosa dei corso della sua espansione nei nuovi territori devoti, su qualsiasi motivazione di ordine logi- conquistati. Per cui possiamo dire che le Gran- co e di carattere storico. di Dee dell’Induismo, nonostante la loro piena Vi sono, quindi, oltre a queste «madri» accoglienza nel pantheon ufficiale, conservano specificamente legate al territorio del villag- in qualche modo traccia di quei dati di tipo gio, divinità femminili che godono di un pre- agrario, cruento, popolare e persino tribale da stigio più ampio. Esse sono celebrate in gran- cui risultavano contraddistinte nelle culture et- di santuari, spesso di fondazione molto antica, nologiche originarie. E ciò ne spiega, appunto, che il mito, le credenze dei devoti, talvolta il il carattere elaborato e la natura spesso con- favore di qualche dinastia regale hanno con- traddittoria. corso a esaltare nello spazio e nel tempo. Qui Assistiamo, quindi, al progressivo formarsi la fede popolare vuole che si custodiscano di figure di divinità femminili elaborate dalla parti del loro corpo smembrato, che conferi- scono un privilegiato statuto di sacralità al (43) F. Scialpi, «La Grande Madre etc.», cit., pp. 54-55. luogo. S´rı¯ Ma¯ Majhigharianı¯, onorata a Rayaga- (44) H. von Stietencron, «Che cos’è l’induismo? Sulla storia di da in Orissa (Fig. 7) (46), e Ka¯ma¯khya¯, venera- una tradizione religiosa. 1. Prospettive induistiche», in H. Küng et alii, Cristianesimo e religioni universali. Introduzione al dialogo con islami- smo, induismo e buddhismo, Milano 1986, pp. 170-76 (tr. it.). (45) J. Gonda, Die Religionen Indiens, I. Veda und älter Hinduismus, (46) Ho avuto modo di visitare il santuario di questa divinità nei Stuttgart 1960 (tr. fr., Les religions de l’Inde, I. Védisme et Hindouisme an- giorni 30 e 31 dicembre 1998, in occasione di una ricerca sulla cien, Paris 1962, pp. 262-63); M. Eliade, Histoire des croyances et des Grande Dea, condotta in Orissa tra il dicembre 1998 e il gennaio idées religieuses, 2. De Gautama Bouddha au triomphe du christianisme, Pa- 1999 insieme con due studiosi della Utkal University di Bhuba- ris 1978 (tr. it., Storia delle credenze e delle idee religiose, II. Da Gautama neswar, il Prof. Prasanna Kumar Nayak e il Dr Santosh Kumar Buddha al trionfo del cristianesimo, Firenze 1980, rist. 1982, pp. 49-50). Mohapatra. Ad essi desidero esprimere qui stima e profonda 74 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

cole tradizioni locali a cui abbiamo accennato. Questo corrisponde, infatti, a una operazione intellettuale, tendente a raccogliere dati ana- loghi forniti dall’esperienza, a classificarli e quindi a sintetizzarli in una categoria onnicom- prensiva, secondo un procedimento forse uti- le, ma pur sempre astratto e non sempre legit- timamente fondato. In altre parole, i devoti in- duisti vedono e si rivolgono a singole figure concrete, storicamente determinate, come Durga¯, Pa¯rvatı¯, Laks.mı¯, Ka¯lı¯: ognuna, malgrado alcune innegabili somiglianze, differente dalle altre, invocata in circostanze e tempi diversi, e spesso da devoti diversi. Occorre, dunque, non dimenticare che siamo noi interpreti e studiosi (non infallibili) di que- sta cultura a definire, al di là di tutti i dati origi- nari e le singole situazioni di base, una catego- ria di ordine superiore. E diciamo: esse nascono dal basso, si formano in questo modo, possono farsi rientrare in uno schema generale contrad- distinto da tutti questi elementi, che configura- no la tipologia della Grande Madre. Ma, nella sensibilità religiosa individuale e collettiva dei Fig. 7 - Simulacro della dea S´rı¯ Ma¯ Majhigharianı¯ nel tempio a lei dedicato. devoti hindu¯, non esiste una sola Grande Ma- Rayagada, Orissa. dre; ne esistono, invece, tante, corrispondenti a condizioni, credenze, speranze diverse, alle ta a Gauhati in Assam, costituiscono solo due quali, di volta in volta, uomini e donne di que- esempi di culto esteso a livello regionale, ma sta cultura si rivolgono nell’atteggiamento di fi- in grado di richiamare folle di pellegrini anche gli confidenti ispirati dalla convinzione religiosa. da molto più lontano. Il corpo, la testa e i pie- La concezione della Dea come ipostasi del- di della prima, e il sesso della seconda (47) si l’energia o della onniscienza del dio nasce, in- ritengono presenti nei templi ad esse rispetti- vece, nella stessa tradizione indiana, dalla sot- vamente dedicati: ciò conferma l’antico rap- tigliezza speculativa di grandi maestri, e si porto tra la dea e la terra, e consente forse di continua nell’interminabile discussione delle presumere l’esistenza, nello stesso sito, di scuole filosofiche che ad essi si rifanno; ma si una credenza più antica in un essere di tipo tratta, in genere, di speculazioni tanto ardite dema, che con il suo corpo e il suo sangue quanto lontane dalla passione che in questo avrebbe fertilizzato il suolo. Da questo si sa- Paese anima le folle di devoti. rebbe sviluppato, in un momento successivo, il culto alla dea in forme storicamente deter- 12. Sorge, in questo modo, la tradizione co- minate e spesso ancora osservabili al giorno mune della Grande Madre, fondata forse su d’oggi. un’immagine archetipica (48), ma alimentata anche da istanze storicamente determinate e 11. È da sottolineare, tuttavia, che quando aperta ad accessioni potenzialmente sempre si parla di Dea, o Grande Madre, nella Grande nuove (49), fino ai tempi nostri, quando essa Tradizione sanscritistica dobbiamo guardarci diventa il venerato simbolo della madrepatria, dal ritenere che questo Essere vada conside- che ispira il movimento nazionalista indiano rato come una figura tipologica unitaria, in gra- nella lotta per l’indipendenza (50). do di assumere e concentrare nella sua perso- S’impongono così alla devozione popolare, na e nel suo culto tutti i nomi, i tratti e le qua- sin dai primi secoli della nostra era, una vasta lificazioni che potrebbero derivarle dalle pic-

(48) E. Neumann, The Great Mother. An Analysis of the Archetype, gratitudine per la grande messe di informazioni, consigli e os- Princeton 1963, rist. 1991, pp. 21, 147-53 (tr. ingl.). servazioni che hanno avuto la cortesia e la pazienza di darmi nel (49) F Scialpi, «La festa di Gangaur a Udaipur. Studio prelimina- corso di un viaggio che solo la loro assistenza ha reso possibile. re sul culto della Dea-Madre in India», in Perennitas. Studi in onore (47) B.K. Kakati, The Mother Goddess Kamakhya, Or studies in the fusion di Angelo Brelich, promossi dalla Cattedra di Religioni del mondo classico of Aryan and primitive beliefs in Assam, Gauhati 1948, pp. 35-37, 45-46. dell’Università degli Studi di Roma, Roma 1980, pp. 496-501; T.R. Blur- Rinvio, in proposito, a un mio precedente contributo sull’argo- ton, op. cit., pp. 184-85. mento, «La Grande Madre in India. Origine ed evoluzione di una (50) G. Tucci, Forme dello spirito asiatico, cit., pp. 157-58; G. Sofri, figura divina», in E. Leospo e D. Taverna (a cura di), La Grande Dea «Gandhi, tra Oriente e Occidente», in P.C. Bori-G. Sofri, Gandhi e tra passato e presente. Forme di cultura e di sincretismo relative alla Dea Ma- Tolstoj. Un carteggio e dintorni, Bologna 1985, pp. 73-74; T.R. Blurton, dre dall’antichità a oggi, Tropi isiaci, vol. I, Torino 2000, p. 64. op. cit., pp. 155-56. Fabio Scialpi - La Grande Dea nella cultura indiana. Dalle piccole tradizioni locali alla Grande Tradizione sanscritistica 75 schiera di Grandi Dee, con nomi e aspetti dif- ziale dell’uomo, apparentemente nato solo per ferenziati, funzioni specializzate, qualificazioni morire, rinascere e nuovamente morire –, la specifiche, da Durga¯a Ka¯lı¯, da Pa¯rvatı¯ ad An- Grande Dea assume una connotazione specu- napu¯rna¯, da Laks.mı¯ a Sarasvatı¯ (51), distinta- lativa più sottile: come Maha¯ma¯ya¯, ovvero nel mente presenti e rispondenti al filiale senti- suo aspetto di illusione cosmica, presta appa- mento religioso di centinaia di milioni di de- rente consistenza allo spettacolo magico della voti induisti in tutta l’India. vita, in cui s’irretisce l’uomo; come Maha¯vidya¯, Ciò nondimeno, se si abbandona la pro- ossia in quanto conoscenza trascendente, si spettiva partecipante, tipica dell’esperienza trasforma nella sua guida verso la liberazione personale religiosa, e si osservano i fenomeni finale, della quale lei stessa è la causa (59). dall’esterno, rispettosamente, ma senza esser- L’apparente contraddizione del suo duplice ne direttamente coinvolti sul piano emotivo e aspetto nell’unità della figura divina, così co- fideistico, tutte queste figure, sia pure nella me è vissuta nel sentimento religioso dei de- variegata complessità della relativa mitologia voti, sembra felicemente rappresentata e ri- e del particolare culto, sembrano riconducibili composta in un famoso inno a Ka¯lı¯, che si attri- a una stessa concezione fondamentale, che buisce a S´ankara, il grande maestro iniziatore travalica il sentimento religioso e il rapporto di dell’Advaitaveda¯nta (la Scuola del «Non-duali- abbandono filiale. smo»), il quale fu, oltre che sommo ingegno La Grande Madre – come indica il speculativo, anche fervente devoto della Dea. Devı¯ma¯ha¯tmya («Celebrazione della Dea») (52), Egli, infatti, si rivolge dapprima a lei, esal- che vede Durga¯ protagonista di una lotta vitto- tandone la pienezza dell’essenza, come «Colei riosa, a salvaguardia dell’ordine cosmico, con- che prende dimora in tutti gli esseri perituri tro le forze caotiche intese a sconvolgerlo (53) sotto forma di energia». A ciò segue l’afferma- – è la s´akti, l’energia stessa del dio S´ iva, per zione della Dea, che conferma puntualmente mezzo della quale egli interviene nelle vicen- la propria presenza animatrice: chiunque man- de dell’universo (54). gi e chiunque guardi con i propri occhi, e re- Essa è attiva e presente per i suoi devoti, a spiri, e ascolti qualunque cosa venga mai det- fronte del divino consorte, immoto e distante ta, lo fa attraverso di lei. Essa è ricca di cibo, dalle cose terrene (55); appare, di volta in vol- detentrice della coppa dell’abbondanza, da ta, minacciosa e benefica; si rivela ora nera e cui offre a tutti i suoi figli nell’universo un dol- cruenta, ora pura e austera (56). Le sue moda- ce riso al latte. lità di essere e di operare – sempre ispirate al- Tuttavia, della sua persona divina si contem- l’ambivalenza di fondo alla quale si è accenna- pla anche un altro aspetto: sulle quattro brac- to, legata all’intuizione della indissolubilità cia, infatti, la Dea porta i simboli della morte, del rapporto tra vita e morte – si esprimono in della rinuncia e della devozione spirituale, che modo coerente a vari livelli, che corrispondo- sono il laccio, con cui cattura e strangola la vitti- no a diversi gradi di comprensione umana del- ma, l’uncino di ferro che la trascina verso la la realtà cosmica. morte, e infine il rosario e il libro di preghiere. Sul piano mitologico, la Grande Madre crea Così, perciò, le si rivolge il suo fedele: e distrugge il cosmo (57); su quello ontologico, «chi sei tu, o Bellissima! O tu Benaugurante! dà luogo al mondo e lo fa venire meno (58). In- Tu le cui mani reggono entrambi, gioia e dolore? fine, dal punto di vista filosofico – che cerca di entrambi l’ombra della morte e l’elisir d’immortalità dare significato plausibile al dramma esisten- sono la tua grazia, o Madre!» (60).

(51) La letteratura su questo tema è vastissima; ci limitiamo, quin- di, solo a qualche indicazione di carattere generale: N.N. Bhatta- (53) F. Scialpi, «La Grande Madre nella cultura induista», cit., pp. charyya, The Indian Mother Goddess, New Delhi 19772; W.C. Beane, 59-60 e 64. Myth, Cult and Symbols in S´ a¯kta Hinduism. A Study of the Indian Mother (54) G. Tucci, «Induismo», cit., pp. 597-98; J. Gonda, Les religions de Goddess, Leiden 1977; O.P. Misra, Mother Goddess in Central India, l’Inde, II. L’Hindouisme récent, cit., p. 250; T.R. Blurton, op. cit., pp. Delhi 1985; J.N. Tiwari, Goddess Cults in Ancient India (with special refe- 166-68; H. Zimmer, Myths and Symbols in Indian Art and Civilization rence to the first seven centuries A.D.), Delhi 1985; D.R. Kinsley, Hindu (ed. by J. Campbell), New York 1946 (tr. it., Miti e simboli dell’India, a Goddesses. Visions of the Divine Feminine in the Hindu Religious Tradition, cura di J. Campbell, Milano 1993, p. 33). Berkeley 1986; K.M. Erndl, Victory to the Mother. The Hindu Goddess of (55) M. Biardeau, L’Hindouisme. Anthropologie d’une civilisation, Paris Northwest India in Myth, Ritual, and Symbol, New York 1993. 1981 (tr. it., L’Induismo. Antropologia di una civiltà, Milano 1985, pp. (52) Questo testo, che costituisce una sezione del Ma¯rkandeya 167-72). Pura¯na (non successivo al VI sec. d.C.), si configura come la più (56) Ibid., pp. 175-76. antica e famosa opera di esaltazione (ma¯ha¯tmya) della Dea e del- (57) H. Zimmer, op. cit., pp. 189-93. le sue imprese. J.N. Farquhar, An Outline of the Religious Literature of (58) M. Biardeau, op. cit., pp. 171-73. India, Oxford 1920, rist. Delhi 1967, p. 150.; The Ma¯rkandeya Pura¯na (59) H. Zimmer, op. cit., pp. 33-34; S. Kramrisch, «The Indian Great (translated with notes by F. Eden Pargiter), Calcutta 1904 (rist. Goddess», cit., pp. 263-65; F. Scialpi, «Dea (India)», cit., p. 194. Delhi-Varanasi 1969, pp. 465-523). (60) H. Zimmer, op. cit., p. 190.

ELETTRA INGRAVALLO Università degli Studi, Lecce (Dipartimento Beni Culturali) IL NEOLITICO ITALIANO E I SUOI CULTI

Problema arduo se non irrisolvibile quello di bolica degli umani altro non essendo per lui definire i culti del Neolitico iscrivendoli in che l’immedicabile ansia di sconfiggerla la un’architettura dettagliata e precisa che resti- paura e di scampare alle forze irrazionali del tuisca la costruzione del mondo entro la quale male. ai Neolitici piacque abitare. In questo cammino a ritroso che conduce Il Neolitico è quel periodo che, a partire dai alle prime manifestazioni cultuali, di quando 7000 anni BP, investe con il portento delle sue gli esseri umani hanno iniziato ad accompa- innovazioni l’Occidente europeo, facendogli gnare i loro morti e a lasciare scritte su suppor- subito intendere che il suo paesaggio materia- ti di pietra le loro storie e credenze, occorre le e mentale non sarà più quello di prima. farsi guidare dal filo che porta alla tremenda Agricoltura e allevamento ne rimodellano fatica compiuta dall’uomo per uscire dal labi- modi di vivere, di pensare e di mangiare: albe- rinto del caos primigenio, allo stupore di ri, acque, pianure, colline, montagne non più quando ha intuito che «tra le cose di lassù» e quinte immutabili di una scena in cui predati e «le cose di quaggiù» – come voleva la geogra- predatori si rincorrono nell’eterno giro della fia di Platone – era possibile non solo orientar- ruota del mondo ma entità palpitanti da domi- si ma anche autorappresentarsi, di quando – nare e domare secondo la legge non scritta per dare senso e radici alla sua finitudine – ha che vuole la rigenerazione del cosmo. concepito la circolarità del tempo in cui tutto I cacciatori-raccoglitori paleo-mesolitici, pri- muore e tutto rinasce nella perpetua alternan- ma ancora dei neolitici, altro non hanno chie- za di vita e di morte che regola il ciclo. sto per sé alle forze dell’universo: che mai si Di questa immensa fatica cui hanno concor- fermasse la giostra nel cui ingranaggio essi – al so, con moto biunivoco e sincrono, biologia e pari di piante, cose e animali – trovavano cia- cultura, società e natura, facoltà neuronali e scuno la propria ragione, paghi di ciò che la possibilità culturali di volta in volta esperite e natura offriva o negava. acquisite, l’arte paleolitica rappresenta un Nondimeno, bisognava ingraziarsela la na- punto di svolta. Non sapremo mai che cosa ab- tura, stringere un legame solidale con lei che biano voluto dire. Di certo sappiamo che con assicurasse l’inesauribile corso del giorno e la essa il genere Homo inaugura un capitolo nuo- notte e, con esso, la profusione perenne delle vo nella storia delle idee e della trasmissione risorse. delle idee: inizia il racconto della creazione e, A questo bisogno di essere inclusi nell’ordi- con esso, l’eterna interrogazione sulle cose del ne dell’universo, di spiegarlo e tramandarlo mondo, l’incessante ricerca di miti e di riti con con azioni che ne perpetuino il senso, soccorre cui controllare le forze del male, dispensatrici l’arte o, meglio, quella che noi definiamo arte di morte e precarietà. A fronteggiarle e tacitar- preistorica. le sono anche convocate le statuine femminili Si dispiega, così, – a partire dal Paleolitico che, con la sola forza evocativa dei loro fianchi superiore – sulle pareti di grotte e ripari o su seni e ventre, ne scongiurano lo strapotere. ciottoli e pietre il multiforme bestiario paleoli- Passa il tempo, cambia la percezione del tico con il suo intraducibile corteggio di segni, mondo: già alla fine del Paleolitico superiore dietro i quali è facile immaginare pratiche cul- non è più dato ritrovare i grandi animali affre- tuali difficili, però, da decrittare: magia della scati sulle pareti di grotte nell’abbagliante ric- caccia, intermediazione sciamanica, rappre- chezza delle loro forme e colori. sentazione binaria del cosmo, invocazione alla Al loro posto, animali appena sbozzati, inci- fecondità, sono tutte spiegazioni parzialmente si con pochi tratti sommari e una miriade di se- fondate, giacché ognuna di esse affonda nel- gni che ricoprono pareti, ciottoli e ossa con una l’ancestrale bisogno degli esseri umani di ga- sintassi geometrica, talora ordinata e tranquil- rantirsi dalle oscure minacce di una natura che la, talaltra agitata e complessa, entro le cui spi- di tutto dispone secondo imperscrutabili fini e re si impiglia lo spazio irretito e intrappolato. inafferrabili modi. Il Mesolitico, periodo di mezzo, costretto a Le «immagini della memoria» potremmo misurarsi con un cambiamento epocale dovuto dire con Warburg e, con lui, rintracciarvi il al post-glaciale, si attrezza come può e come pathos della primordiale paura, l’attività sim- crede: il suo strumentario e il suo repertorio fi- 78 La Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze gurativo, per quanto filiati dalla tradizione pa- milazione delle nuove tecniche, quando si ma- leolitica, con questa tuttavia avviano una rottu- nifestarono le prime trasformazioni del pae- ra: l’attività artigianale mira ad ottenere stru- saggio sotto l’impatto dell’operare umano. menti che, rispetto a quelli di Paleolitico supe- I primi siti neolitici del Meridione si pre- riore, sono più maneggevoli, più facili da ripa- sentano già padroni dell’economia produttiva: rare, più economici da fare. Strumenti piccoli e allevano capre e pecore, coltivano grano e or- piccolissimi di forma geometrica da immanica- zo, levigano la pietra, fabbricano la ceramica re e da utilizzare nelle consuete attività di cac- decorandola con impressioni sulla pasta anco- cia e raccolta praticate, però, in maniera più ra molle del vaso: la ceramica impressa è, in- selettiva e pronte a sfruttare ogni risorsa spon- fatti, lo stile che caratterizza il primo Neolitico tanea che offre l’ambiente. meridionale. L’attività simbolica si esercita nel decoro di Dalle coste all’interno è un pullulare di cen- oggetti che dal Paleolitico eredita, accentuan- tri grandi e piccoli che si organizzano in villaggi dolo e inflazionandolo, il codice lineare, l’e- dotati di strutture per immagazzinare provvi- spressione di motivi incisi con linee che a vol- ste, di focolari per cuocerci i cibi, di recipienti te si organizzano in moduli ritmati da regolari per contenerli. scansioni, altre volte si perdono seguendo cia- Lungo lo scorrere di due millenni cambiano scuna il proprio percorso. Si aggiungono ciot- gusti e mentalità e con essi gli stili di vita e toletti dipinti di rosso con macchie, con punti, della ceramica, intrecciandosi e spesso so- con linee che, pur essendo anch’essi di ascen- vrapponendosi e solcando l’intera penisola. denza tardo-paleolitica, concorrono a delinea- Nel Meridione alla impressa si affiancherà re una nuova fisionomia culturale. la graffita e la dipinta, finché si affermerà il gu- Questo paesaggio di linee, che tutto com- sto della pittura tricromica. prende in forme astratte e sfuggenti, sembra Ma anche questa dovrà far posto, alla fine tradire l’inquietante tensione a contenere l’or- del Neolitico, all’austera monocromia della ce- rore del vuoto col pieno dei segni, a limitare il ramica Diana. disordine dell’universo con l’ordine di spazi Nel Settentrione, a un iniziale frazionamen- recintati e protetti: presagio di un mondo che to in gruppi territoriali segue una loro unifica- di dì a poco la «rivoluzione neolitica» reinter- zione con la cultura dei VBQ, finché anche qui preterà alla luce di bisogni e valori che mai arriverà la cultura Chassey-Lagozza che, come prima s’erano visti. quella di Diana, prelude all’età dei metalli. Con il Neolitico l’uomo impara a «conoscere Una rete di traffici avviluppa il mondo neo- i segreti che fanno germogliare il grano e ubbi- litico nelle cui maglie si incrociano influssi ana- dire l’animale», impara a manipolare la mate- tolici egei e balcanici, attraverso i quali è anco- ria scoprendone le caratteristiche fisiche e chi- ra possibile udire un dialogo fitto a distanza miche che la trasformeranno in ceramica, im- tra modi di fare comuni e aspetti particolari para a padroneggiare la regolarità dei cicli ve- con tratti stilistici propri, non tutti sincronizza- getazionali e, padroneggiandoli, impara a di- bili ma pur sempre apparentabili. penderne: emancipazione e soggezione fanno Inconfondibile, l’aspetto Fiorano a nord in- l’inseparabile vincolo che lo lega alla Terra. trattiene rapporti con il cardiale francese e l’a- Dal Vicino Oriente sciamano verso occiden- rea centro-europea; al centro-sud la ceramica te idee, cose e persone con le quali i gruppi impressa adriatica guarda alla riva di fronte cui locali vedranno realizzate ben presto aspira- la lega un ponte di isole che riecheggia di fog- zioni aspettative e timori in parte presagiti e ge e di mode in uso in Grecia, Iugoslavia, Alba- intravisti. nia. Sul versante tirrenico, attraverso il cardiale Due furono le vie di propagazione del Neo- si intendono , Sardegna e paesi costieri litico in Europa: l’una continentale attraverso i che dal litorale laziale risalgono fino all’arco li- Balcani, l’altra marittima lungo le rive del me- gure provenzale, mentre il sud è più orientato diterraneo. E il mare, il mediterraneo, sarà il verso la ceramica impressa meridionale. grande protagonista di quello straordinario in- Dal VI millennio a.C., la ceramica dipinta si crocio di rapporti e di scambi che fecero dell’I- incarica, intanto, di guadagnare con una comu- talia neolitica un mosaico di pluralità culturali. nanza di stili ampie regioni, arrivando dall’A- Il sud-est è tra le prime regioni a fare da natolia occidentale fino all’Italia meridionale. sponda al duplice moto voluto dal mare: dare Alla fine del Neolitico si incontreranno a e ricevere con l’inevitabile intreccio di cala- metà strada, nel centro d’Italia con la tarda cul- mità e benefici e l’inarrestabile circolazione di tura di Ripoli, correnti che da nord e da sud beni e problemi. tenderanno a smorzare in un sobrio decoro Sfugge ancora il modo in cui avvenne l’in- geometrico le esuberanze trascorse: ai rigo- contro tra i nuovi venuti e le genti del posto, gliosi ravvolgimenti meandro-spiralici si sosti- quale fu il lasso di tempo necessario all’assi- tuiscono mesti zig zag o composti triangoli. Elettra Ingravallo - Il Neolitico italiano e i suoi culti 79

Due millenni in tutto. Due millenni racchiu- bilmente quelli che hanno subito la trapana- si in frammenti ceramici che, insieme a mace- zione del cranio, duplice nel caso della donna rie di case, di tombe, di grotte sono il muto re- di Catignano, tutti più o meno databili allo taggio di innumerevoli generazioni dei cui culti stesso periodo (V millennio, Catignano, Grotta credenze e speranze resta, quando resta, solo Patrizi, Trasano), e più di tutti speciale l’indivi- l’atto finale come nel caso di testimonianze fu- duo menomato di Grotta Patrizi, isolato rispet- nerarie o la nascosta evidenza come nel caso to ad altri sette inumati e circondato da un cir- di testimonianze che noi definiamo cultuali colo di pietre con ricco corredo. con esplicita ammissione di incomprensione. Con il passare del tempo si edificano mo- Cambiano, dunque, i modi di vivere e di numenti ipogeici (in Puglia durante la fase Ser- edificare non solo nel corso del tempo ma an- ra D’Alto: ipogeo Manfredi, Grotta Pacelli), sca- che nello stesso arco di tempo tra gruppi di vandoli nella roccia o adattando per essi cavità aree diverse e cambia anche il modo di abita- naturali, si organizzano vere e proprie necro- re la morte nel tentativo costante di ammansir- poli (sia all’aperto che in grotta: Scoglio del la nella sua fatale brutalità e implacabile ine- Tonno, Ripoli, Masseria Bellavista, Cala Tra- luttabilità. montana, La Vela di Trento, Arene Candide), si Dei riti escogitati e sperimentati per conci- afferma il rito del seppellimento secondario liare il mondo dei vivi con quello dei morti, che prevede lo scheletro manipolato e smem- per contaminare l’al di là e l’al di qua con reci- brato. proca cessione di senso, per tenersi buona la La diffusione delle necropoli come spazio Terra che nutre e governa, rimane solo l’epilo- destinato ad attività rituali, che richiedono di go: sepolture o altre strutture la cui valenza ritornarvi più volte per lo svolgimento di ceri- simbolica è, per sua natura, ambigua e sfug- monie particolari, può aver avuto il fine di ce- gente. mentare la coesione sociale del gruppo con la Fin dal Neolitico antico varie sono le moda- rassicurante inclusione in una genealogia col- lità di seppellire i defunti: isolati in fosse ovali lettiva: sullo sfondo – siamo ormai alla fine del (Favella, Ripa Tetta) spesso con lastroni (Balsi- Neolitico – appaiono in filigrana società attra- gnano, Torre Sabea, Fonti Rossi di Lama dei versate da mutamenti profondi che prefigura- Peligni) che li contornano confinandoli nel re- no una loro diversificazione e, forse, un’ inci- gno dei morti o aggrumati in piccoli gruppi (Sa- piente gerarchizzazione sociale dovuta, tra le mari) e tutti, inermi, affidati alla Terra rannic- altre cose, alla maggiore incidenza delle atti- chiati o supini, perlopiù senza corredo, talora vità di scambio con comunità anche lontane. negli abitati o poco distanti, quasi che la loro I corredi, in qualche caso (tomba a grotticel- presenza a due passi da casa serva a stabilire la di Arnesano: un individuo giovane con un complicità, ottenendone protezione e consigli. corredo di tre vasi Diana e un idoletto in pie- Al centro del villaggio (Rendina I) o sotto il tra) si fanno più ricchi, per cui si può risalire da pavimento di capanne (Rendina III, Neto -Via essi a differenze di status ma non certo di ruoli Verga), alle volte, bambini: sacrifici infantili e di genere. per implorare la Terra che sia sempre feconda Alle volte, come in Italia meridionale con la di messi e di biade? Riti di fondazione perché cultura di Serra D’Alto (IV millennio a.C.), anti- il villaggio sia sempre avvolto da una nube di chi luoghi abitati dalle genti della ceramica im- prosperità e floridezza? O semplice dato stati- pressa vengono rioccupati per sistemarvi i pro- stico dovuto alla mortalità infantile elevata? pri defunti (Masseria Candelaro, Fondo del Proprio alla luce di quest’ultimo fatto, conver- Giudice) quasi a ritrovare e ripiantare radici, rebbe forse interpretare l’evidenza di bambini non più stranieri in terra straniera, ma di casa inumati in posti immediatamente visibili e/o in una terra appartenuta a lontani antenati. casalinghi come un modo di suggellare l’im- Le grotte continuano a essere visitate per perdibilità di una vita appena iniziata, irrepa- seppellirvi morti e, insieme, per comporre cir- rabile scandalo di una natura che va contro na- coli di pietre che circoscrivano uno spazio in- tura. violabile (Grotta dei Piccioni, Grotta Del Leo- Ancora bambini all’interno di grotte, confusi ne di Agnano, Grotta Cosma), elevare voti per con altri resti, ma quasi sempre un occhio di ri- il perenne fluire di acque (Grotta Scaloria, Poz- guardo per loro: due bambini bruciati e raccol- zi della Piana, Grotta Zinzulusa), accendere ti in due vasi alla Grotta Continenza (Trasacco), fuochi per bruciare offerte di grano e di orzo un cranio di bambino in un circolo di pietre al- (Grotta del Leone) oppure, anche se eccezio- la Grotta di Settecannelle (Ischia di Castro) e, nalmente, ossa umane (Grotta Pavolella nei li- più tardi (IV millennio a.C., cultura dipinta di velli con ceramica dipinta a bande rosse), sca- Ripoli), sempre in circoli, bambini alla Grotta varvi buche (Grotta S. Angelo di Civitella del dei Piccioni di Bolognano. Tronto, grotte del Salento: Veneri, Cavallo, Adulti dalla posizione speciale sono proba- Prazziche, Cipolliane, Morelli; Grotta della Tar- 80 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

taruga-Torre a Mare-Bari) con cui ricongiunger- rossovestiti poi bruni di guano, che inventano si al principio e alla fine di tutto: le tenebrose ogni volta versioni diverse con cui fare e disfa- viscere ctonie detentrici del potere di vita e di re l’ordito di una polisemantica trama che si morte. perde nella notte dei tempi. Si affollano, intanto, oggetti di culto che – Le corde ancestrali del passato di caccia e quando affiancano i morti – a volte non differi- raccolta vibrano nell’atto di arcieri sul punto di scono affatto dai loro corrispettivi domestici: scoccare la freccia verso ignari quadrupedi, macine (Samari, Grotta Settecannelle, Grotta mentre tutt’intorno, con pose assorte e fatate, Tartaruga, Grotta dei Piccioni, Cala Scizzo), cio- croci spirali stelle zig zag ovali arabeschi im- tole e vasi sembrano suggerire, ordinari e di- provvisano scene in nobile gara con l’estro messi, che la vita è la stessa nel mistero del- creativo del cosmo e la sua inesausta vitalità l’oltre. metamorfica. Altre volte, invece, soprattutto in momenti A questa si appellano, infine, le impronte di più tardi (sepolcreto de La Vela di Trento), va- mani per essere anch’esse comprese nella setti ricercati e miniaturizzati insieme a monili straripante abbondanza delle varietà creatura- e ornamenti sembrano voler celebrare con gli li. onori dovuti l’eccezionale passaggio all’altra Vano sarebbe cercare nella caleidoscopica esistenza. scomposizione e fluidificazione di scene, sog- Da contesti abitativi (Favella, Rendina, Pas- getti e figure il dispiegamento di un apparato so di Corvo) e tombali (Cala Scizzo, Arene Can- concettuale che vede la grotta come luogo dide, Cuccuru S’Arriu) spuntano statuine mu- esclusivo di potere maschile, sede di riti ini- liebri (Rendina, Favella, Passo di Corvo, Cala ziatici che vogliono le donne emarginate ed Scizzo, Grotta Pacelli, Gaban, Pollera, Arene escluse. Candide, Rivoli Rocca, Cuccuru S’Arriu, Ponte A impedirlo è la spiazzante potenza del mi- Ghiara, Sammardenchia) a dire di un tempo in to che, ambivalente ed equivoca, come l’ora- cui gli uomini hanno creduto alla signoria della colo di Delfi «non cela e non svela ma accen- Terra e, forse, al prodigio di un corpo di donna na» e, accennando, configura valenze simboli- che ne mimava poteri e saperi. che mai imprigionabili in conchiuse costella- Ma a rammentare che, oltre alla Terra come zioni mentali. entità da temere e venerare, esiste anche il La distribuzione del potere tra i sessi nelle Mare sono i modellini di imbarcazione in cera- società del Neolitico non è cosa che trapeli mica che gli abitanti della Marmotta (lago di neppure dalla documentazione archeologica- Bracciano, VI millennio a.C.) hanno fatto a imi- mente fondata. tazione della piroga monossile con cui naviga- Lungo il cammino anche qui, nella Grotta vano, consapevoli della vita in pericolo. dei Cervi di Badisco, buche riempite con offer- E vita e morte si inseguono e si aggroviglia- te di vasi, muretti che sbarrano l’accesso a cu- no nella contiguità di ambiti rituali in cui il fu- nicoli e vie secondarie, pietre che regolarizza- nerario non si lascia facilmente disgiungere no l’impervio percorso. dall’agrario, in cui fertilità e deperibilità gioca- Rimane impresso su quelle pareti il timbro no all’eterna contesa. di suoni e parole, l’eco di invocazioni e pre- Il racconto di questo indissolubile nodo sta ghiere, il marchio di gesti e movenze che han- scritto sulle pareti di una grotta: il santuario di no fatto i riti e i miti con i quali è impastata la Porto Badisco (Otranto-Lecce) che, al pari di storia del mondo. In massa si accalcano e non quello poco lontano di Grotta Cosma, i Neoliti- cessano di controbattersi e contrariarsi con un ci vollero affacciato sul mare per traghettare rimbalzo di domande e forse risposte che tut- meraviglia e bellezza. te si fermano sull’inaccessibile soglia dell’ere- A narrarlo sono uomini e donne, all’inizio dità immateriale.

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Sabato 25 novembre 2000 Coordinatrice Tilde Giani Gallino Università degli Studi, Torino

GIANLUCA BOCCHI Filosofo e Storico delle idee, Milano GENESI DELLE IDENTITÀ EUROPEE. Le radici prima dell’Europa. Gli intrecci genetici, linguistici, storici

In sostituzione della relazione «Complessità e stratificazioni delle radici della civiltà Europea: Avventure di popoli e di lingue» presentata al convegno, Gianluca Bocchi ha proposto il saggio «Genesi delle identità europee». I temi da lui affrontati nella relazione al convegno «Il mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Me- tamorfosi, Permanenze» sono gli stessi trattati nel saggio «Genesi delle identità europee» pubbli- cato come introduzione al volume: Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti (a cura di) «Le radici prima dell’Eu- ropa. Gli intrecci genetici, linguistici, storici», Bruno Mondadori, Milano, 2001.

Uno degli eventi scientifici e culturali più im- le narrazioni tradizionali, che erano guidate da portanti degli ultimi decenni è l’elaborazione una visione evolutiva semplificata, imperniata di una storia planetaria, e sui tempi lunghi, sull’idea del progresso lineare. della nostra specie, Homo sapiens. Questa storia Altre linee di ricerca, altri punti di vista si consente un ripercorrimento e un ripensamen- stanno connettendo a questi dialoghi interdi- to della sua esperienza complessiva, in spazi e sciplinari: in primo luogo l’archeologia e tutte tempi molteplici, attraverso una prospettiva le discipline che cercano di ricostruire la vita comparata che fa emergere specificità, conver- materiale delle varie età e delle varie civiltà genze e divergenze delle tante storie locali umane, ma anche lo studio comparato dei miti dall’umanità. In questo contesto innovativo e delle forme di spiritualità, nonché quella che iniziamo già a comprendere con una certa pre- possiamo chiamare «archeologia della mente», cisione i processi, i tempi e i percorsi che, par- cioè il tentativo di ricostruzione dei paesaggi tendo dalla savana dell’Africa orientale, hanno mentali e dei nostri avi remoti a partire dai lo- condotto la nostra specie a popolare tutti i ro resti materiali. continenti e tutte le isole maggiori del pianeta, Le implicazioni di questa emergente storia fino a raggiungere ecosistemi dai caratteri as- planetaria possono avere conseguenze di va- sai lontani da quello originario (tundra artica, sto raggio, ben al di là della ristretta cerchia steppe, deserti, foresta pluviale). degli specialisti di questo o di quel settore. In Questa storia planetaria si rivela un caso primo luogo, la cooperazione instaurata fra estremamente interessante di cooperazione e campi disciplinari e metodi di ricerca così vari di ibridazione interdisciplinare. Fra gli ambiti e così differenti riveste un vero valore esem- di ricerca coinvolti, la genetica umana ha as- plare per chiunque aspiri a costruire un punto sunto spesso un ruolo di apripista e di precur- di vista globale sulla specie umana. In secon- sore: dall’esame delle particolarità, delle diffe- do luogo, è una coincidenza significativa che renze e delle concordanze dei patrimoni gene- questa storia planetaria si delinei proprio nel tici delle varie popolazioni umane emergono momento in cui tutti i problemi cruciali del ipotesi significative sulle ramificazioni princi- presente (economici, ecologici, politici, cultu- pali dell’albero genealogico della specie uma- rali, tecnologici) si declinano su una scala glo- na sia su scale globale, planetaria, sia rispetto bale. Forse una storia di questo genere, che va ad ambiti geografici più specifici (singoli conti- in cerca delle radici e dei processi a tempi lun- nenti o singole aree continentali). La linguisti- ghi dell’avventura umana, può rivelarsi un im- ca, da parte sua, sta riaffrontando con metodi portante percorso educativo e formativo, per nuovi le tradizionali e controverse questioni costruire il senso di una cittadinanza planeta- delle parentele e delle classificazioni linguisti- ria di cui oggi si percepisce a un tempo l’as- che, per chiedersi se da tali dibattiti possano senza e il bisogno impellente. scaturire indizi sull’origine del linguaggio uma- Un altro evento di grande importanza cultu- no, o addirittura sull’esistenza di un’antenata rale, in questi ultimi anni, è il ravvivarsi e l’arti- comune a tutte le lingue oggi parlate sul pia- colarsi dei dibattiti e delle ricerche sull’identità neta. Un nuovo sguardo viene inoltre rivolto e sulle identità europee, delle singole nazioni alle grandi discontinuità segnate dapprima come del continente intero. Molti eventi hanno dall’origine dell’agricoltura e dell’allevamento contribuito a questo risveglio d’interesse, in po- animale, e poi dall’emergenza della scrittura, sitivo come in negativo. In positivo: il crollo del della vita urbana, delle burocrazie statali. Que- Muro di Berlino e dei blocchi contrapposti, gli sti eventi si stanno rivelando molto più ricchi e sviluppi e gli allargamenti dell’Unione europea, complessi di quanto ci avevano fatto credere la nascita dell’Euro come fattore di integrazione 86 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze fra le economie e sperabilmente anche fra le sponibilità relativa di informazioni non annulla nazioni e i popoli europei. In negativo: i conflitti affatto le controversie, e forse le moltiplica. I iugoslavi e balcanici, i conflitti ancora più vasti dati della genetica, per esempio, sono più ab- che accerchiano l’Europa da ogni parte (Medi- bondanti per le popolazioni del nostro conti- terraneo, Medio Oriente, Caucaso), più in gene- nente. Non è un caso, d’altra parte, che uno dei rale le rinascite o l’indurimento di localismi, na- primi e più importanti focolai dell’agricoltura si zionalizmi, etnicismi, fondamentalismi. sia sviluppato alle porte dell’Europa, in Anato- Pur nella varietà degli approcci, da queste lia e nel Medio Oriente, e che nel giro di alcuni ricerche sull’indentità e sulle identità europee, millenni abbia investito tutto quanto in nostro che vedono oggi impegnati storici, filosofi, po- continente, in un processo di diffusione e di litologi, sociologi e altri specialisti ancora, stratificazione di gruppi, di popoli, di tecniche, emerge un tratto relativamente costante: l’im- di idee, e anche di nuove creazioni locali. magine di un continente senza confini rigidi, Questi interessi e questi interrogativi spin- che è sempre stato sede di migrazioni, di inte- gono oggi a ripensare e a reinterpretare anche razioni, di ibridazioni, di contrasti, di conflitti i contributi ormai classici della linguistica stori- fra popoli e stirpi differenti, che della diversità ca e comparata che, mette conto ricordarlo, era di radici ha fatto un elemento essenziale (an- nata alla fine del Settecento e agli inizi dell’Ot- che se spesso problematico) per i suoi svilup- tocento per opera di studiosi europei, avendo pi culturali e politici. Questa immagine, che oggetto di studio principale le lingue che furo- vale per il continente nel suo insieme, vale an- no e sono delle «indoeuropee». Le congetture che per i singoli stati e per le singole nazioni: sulle origini, sulle migrazioni e sulle ramifica- tutti quanti emergono come complesse costru- zioni dei popoli indoeuropei, per quanto va- zioni a partire da una molteplicità e da una di- ghe abbiano potuto essere agli esordi, costitui- versità di apporti fondativi. In nessun luogo, rono la base di un metodo che poi venne am- nella storia europea, vi è stata una «purezza» pliato e trasformato per altre aree del mondo. etnica e culturale assoluta e originaria. I primi sviluppi delle linguistica storica e Naturalmente, la gran parte di queste ricer- comparata moderna si ebbero quando si scoprì che sull’identità europea si è concentrata sul no- che quasi tutte le lingue della civiltà classica e stro secolo e sui secoli immediatamente antece- dell’Europa moderna erano tra loro imparenta- denti, dell’Età moderna o del Medioevo. Ma an- te: il greco classico e il greco moderno; il latino che le ricerche sul mondo antico stanno attual- e le lingue neolatine (o romanze) che da esso mente sfociando nella scoperta e nella valoriz- discendono; il gotico e le lingue germaniche zazione di una pluralità di radici e di matrici, moderne; l’antico slavo ecclesiastico e le lin- spesso conflittuali e contrastanti, di quello che gue slave moderne; le lingue baltiche (lettone era stato assunto in modo troppo scontato come e lituano). Si scoprì inoltre che a questo grande un unico mondo classico, in se stesso conchiuso. gruppo di lingue appartenevano anche il san- Paradigmatico il caso della civiltà della Grecia scrito (la lingua di cultura dell’India antica) e «classica»: in tutti i suoi aspetti, dal vocabolario molte lingue moderne dell’India centrosetten- alle istituzioni, dalle idee alla spiritualità, que- trionale, nonché il persiano (antico e moderno) sta si sta rivelando come il risultato di una tor- e molte altre lingue iraniche a esso connesse. mentata ibridazione di apporti culturali delle James Parson fu il primo a rilevare la paren- più diverse origini, che spaziano dall’Europa all’ tela di questo gruppo di lingue che si estende- Africa, dal medio Oriente alle steppe dell’Asia va dall’Irlanda alle pianure dell’Assam, ma il centrale e alla stessa India. Abbiamo dedicato la merito della scoperta di quelle che furono poi quarta parte del presente volume («Le radici mol- definite «lingue indoeuropee» viene attribuito teplici del mondo classico e moderno, fra Euro- a Williams Jones, il fondatore della Royal Asiatic pa, Asia e Africa») ai contributi più innovativi Society di Calcutta. Nel 1786, in una seminale che testimoniano di questo decisivo allarga- conferenza, egli avanzò l’ ipotesi che il sanscrito mento di prospettive sulla civiltà classica. fosse imparentato con il greco, con il latino e Se tali sono alcuni filoni di ricerca di impor- probabilmente anche con il persiano, il gotico e tanza cruciale, particolarmente rilevante si sta il celtico: queste lingue sarebbero derivate tut- rivelando anche e soprattutto quella che pro- te da una fonte comune, probabilmente estinta tremmo definire l’area di intersezione che tutti da molto tempo. Nei decenni successivi furono quanti li connette: cioè una storia dell’Europa confermate le relazioni di parentela che Jones definita da una prospettiva di tempi lunghi, nel riteneva solo probabili, e la famiglia indoeuro- contesto dei metodi e degli approcci di storia pea così stabilita fu ben presto estesa fino a in- planetaria ai quali abbiamo fatto riferimento. cludere le lingue slave e le lingue baltiche, ol- L’Europa, in realtà, è la parte del mondo rispet- tre ad alcuni rami minori (albanese, armeno). Di to alla quale è disponibile n maggior numero fatto, la conferma di queste ipotesi genealogi- di informazioni storiche, anche se questa di- che equivale a sostenere la stretta parentela di Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 87 gran parte delle lingue parlate nell’Europa mo- – del turco: bir iki üç dört bes alti yedi sekiz derna, a loro volta parte di un insieme più am- dokuz on. pio che attraverso il Caucaso, l’Asia centrale, Nel caso del basco, naturalmente, fa ecce- l’altopiano iranico, le valli dell’Indo e del Gange zione «sei» che è un prestito recente. conduceva fino al Golfo del Bengala. Notazioni del genere (ripetute, diversifica- Nella conferenza del 1786, Jones fondava la te, condotte parallelamente sui piani lessicale, sua ipotesi della parentela sulle radici dei verbi morfologico, fonologico, sintattico) condussero e sulle forme della grammatica. In effetti le simi- i linguisti a coniare la nozione di «famiglia» o, litudini morfologiche fra sanscrito, greco e latino come oggi molti preferiscono, di phylum (piano erano stringenti, ed erano state già notate in di organizzazione) linguistico. Una famiglia o precedenza. Ma naturalmente le affinità più co- phylum linguistico comprende dunque tutte le piose, e più adatte a essere scorte anche da un lingue geneticamente connesse, che rinviano a osservatore distratto, erano quelle che riguarda- una lingua antenata comune, e che esibiscono vano il vocabolario delle lingue in questione. tracce di tale connessione nei vari aspetti del- Ancor oggi, basta in effetti riferirsi a molti termi- la loro organizzazione interna. ni di uso quotidiano, per esempio quelli che in- Nei primi decenni del XX secolo, la scoper- dicano le parti del corpo (occhio, orecchio, naso, ta e la decifrazione dell’antico ittita e di altre denti) per avere un quadro abbastanza affidabi- lingue parlate nella penisola anatolica (attuale le delle parentele prossime (romanze) e remote Turchia) nel II e nel 1 millennio a.C. indicò l’e- (indoeuropee) della lingua italiana. Un’espe- sistenza di un nuovo ramo collaterale alle lin- rienza interessante è quella di confrontare i si- gue indoeuropee già note (oggi estinto) che si stemi numerici delle varie lingue, approfittando era staccato dal corpo centrale in un periodo della presenza, su Internet, del sito http://zompi- più antico di quello in cui ebbero luogo le di- st.com/numbers.shtml, che attualmente riporta i nu- versificazioni degli altri rami. È per questo che meri da uno a dieci in più di quattromila lingue, oggi è entrata in uso anche la nozione di «in- e nei principali dialetti e varianti di alcune di doittita», che indicherebbe un’accezione un queste. Anche chi non ha particolari nozioni lin- po’ più ampia (sia su scala temporale che su guistiche, non può non notare la stretta affinità scala tipologica) della tradizionale nozione di dei numerali cardinali italiani con quelli di mol- «indoeuropeo». tissime altre lingue, per esempio: Numerosi sono i rami in cui si sono diffe- – catalano: un dos tres quatre cinc sis set renziate, nel corso del tempo, le lingue indoit- vuit nou deu; tite. Abbiamo tracce, dirette o indirette, di – islandese: einn tveri p´rír fjórir fimm sex molte lingue e di molti rami estinti (tracio, da- sjö átta níu tíu; cio, frigio, veneto, messapico, lusitano ecc.), – bulgaro: edín dva tri cˇétiri pet sˇest sedem sulle cui relazioni con i rami più noti la lettera- osem devet deset; tura è ricca di congetture. Estesa, o addirittura – lituano: vienas du trys keturi penki sˇesˇi sterminata, è invece la testimonianza di dieci septyni asˇtuoni devyni desˇimt; rami o ceppi linguistici, che hanno vissuto mol- – gallese : un dau tri pedwar pump chwech teplici espansioni, contrazioni, migrazioni, a saith wyth naw deg; seconda delle vicende e delle età storiche. – hindi: ek do tı¯n ca¯r pa¯m˙ c chah sa¯t ath nau Due si sono estinti, e otto sono a tutt’oggi par- das; lati da un numero di popoli e di individui più – persiano: yak do se cahar panj shesh haft o meno ampio. I dieci rami in questione sono: hasht noh dah; 1) Lingue anatoliche. È il ramo più divergente; – greco (moderno): énas dhio tris tésseris si è staccato certamente in un periodo molto pénde éksi eftá ochtó enniá dhéka; antico dagli altri rami della famiglia indoeuro- – albanese: nië dy tre katër pesë gjashtë pea. Le lingue che lo compongono (ittita, pa- shtatë tetë nandë dhietë. laico, luvio, lidio, licio) sono tutte estinte. Fu- rono parlate in Anatolia fino al 1 millennio a.C., Solo in pochi casi, sul suolo europeo (alme- e alla fine vennero cancellate dall’ espansione no escludendo il territorio russo), comparazioni della civiltà greca. di questo genere danno invero esiti negativi. 2) Lingue tocarie. È un altro ramo estinto. Ci re- Avviene, per esempio, con le seguenti lingue: stano documentazioni scritte dei primi secoli – basco: bat bi hiru lau bost sei zazpi zortzi della nostra era, quando due varietà di tocario bederatzi hamar; (in realtà, due lingue distinte) erano parlate nel – ungherese: egy kettö három néegy öt hat Turkestan cinese (odierno Sinkiang). A tutt’oggi, hét nyolc kilenc tíz; l’itinerario delle loro migrazioni è un mistero. Il – lappone: (Saami del Nord): okta guokte mistero è reso ancora più fitto dal fatto che talu- golbma njeallje vihtta guhtta chiezhá ni tratti linguistici fanno pensare a una parente- gávcci ovcci logi; la piuttosto stretta con le lingue indoeuropee 88 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze dell’Europa occidentale (come quelle celtiche e le antiche lingue illiriche, che nel I millennio italiche). Un’ipotesi plausibile è che le lingue a.C. e ancora al tempo dei Romani erano parla- tocarie siano un avamposto di un’antica espan- te in una zona molto vasta della costa adriatica sione indoeuropea nella Siberia centrale. (dall’Istria all’Epiro) e della regione balcanica. 3) Lingue celtiche. Nel II e nel I millennio a.C. Un’opinione più minoritaria lo considera inve- le lingue celtiche godettero di un grande svi- ce un discendente del gruppo tracico. Il dibat- luppo nell’Europa occidentale; erano parlate tito, in ogni caso, continua ancora. nella Gallia (odierna Francia), nella penisola 8) Il greco. Anche il greco è oggi una lingua iberica, nell’Italia settentrionale, nella Germa- isolata, e i suoi legami con gli altri rami dell’in- nia meridionale, fino alla Boemia. Oggi sono ri- doeuropeo sono oggetto di forti controversie. A maste soltanto alcune lingue del sottogruppo differenza dell’albanese, siamo però in presen- insulare, caratteristico delle isole britanniche. za di continue testimonianze scritte che risalgo- Le quattro lingue parlate attualmente sono il no addirittura all’epoca micenea (all’incirca gaelico irlandese, il gaelico scozzese, il gallese 3500 anni fa): è quindi possibile studiare in det- e il bretone. Negli ultimi secoli si sono estinti taglio tutte le fasi della sua evoluzione interna. il cornico (parlato, appunto, in Cornovaglia) e il Come è noto, nell’antichità classica il greco era manx (parlato nell’Isola di Man). diviso in molti dialetti, parlati non solo nell’El- 4) Lingue italiche. Nell’antichità classica com- lade vera e propria ma in tutte le colonie del prendevano non solo il latino, ma anche molte bacino del Mediterraneo. La lingua moderna altre lingue parlate nella penisola italica, come deriva tuttavia dalla koiné, la lingua comune ela- l’osco, l’umbro, il sabello, il falisco. Dal latino borata in Età ellenistica. Vi è un’unica eccezio- sono derivate le sedici lingue neolatine parla- ne: lo zaconico, parlato oggi da poche migliaia te attualmente: sardo, romeno, istro-romeno, di persone nel Pelopponeso, discende dal dia- megleno-romeno, macedo-romeno (o arume- letto dorico dell’antica Sparta ed è considerato no), italiano, friulano, ladino, romancio, france- una lingua a sé stante ( la seconda del gruppo se, franco-provenzale, provenzale, catalano, greco). Anche i dialetti greci dell’Italia meridio- spagnolo, galiziano, portoghese. Una lingua nale (di Calabria e del Salento) presentano ca- neolatina estintasi di recente (alla fine del XIX ratteristiche particolari, di notevole arcaismo. secolo) è il dalmatico. 9) L’armeno. Altra lingua isolata, parlata sin 5) Lingue germaniche. Il primo testo scritto dal 1 millennio a.C. nel Caucaso meridionale e che ci è rimasto è la traduzione (incompleta) nella parte orientale della penisola anatolica. della Bibbia in gotico, che il vescovo Ulfila fe- La sua origine è oscura, anche se taluni ipotiz- ce verso il 350 d.C. Il gotico si è estinto, così zano un’antica migrazione dai Balcani. Le vicen- come le altre lingue del ramo orientale. Dai de storiche recenti hanno notevolmente ristret- collaterali rami settentrionale e occidentale to l’area nucleare dell’armeno, che oggi sostan- sono invece derivate le dodici lingue parlate zialmente si riduce al territorio della Repub- attualmente: danese, svedese, norvegese, blica d’Armenia (che apparteneva alla disciolta islandese, faroese, tedesco, yiddish, lussem- Unione Sovietica). L’armeno è tuttavia parlato burghese, olandese (o neerlandese che dir si anche nelle collettività dell’emigrazione, diffuse voglia), afrikaans, frisone, inlgese. sia in Medio Oriente che in Occidente (soprat- 6) Lingue balto-slave. Si dividono in due sotto- tutto in Francia e negli Stati Uniti). gruppi. Due lingue, il lituano e il lettone, com- 10) Lingue indoraniche. Si dividono in tre sot- pongono il sotto-gruppo baltico, altre lingue to-gruppi. Il primo e quello delle lingue india- baltiche si sono estinte negli ultimi due mil- ne, discendenti dal sanscrito o da lingue colla- lenni, ma l’unica di cui abbiamo qualche testi- terali. Attualmente ne sono parlate una cin- monianza rilevante è l’antico persiano. Tredici quantina da quasi un miliardo di persone, in invece sono le lingue slave attualmente parla- India (settentrionale e centrale), Pakistan, Ban- te, divise nei rami orientale, occidentale e me- gladesh, Nepal, Sri Lanka, Maldive. Hindi, ur- ridionale: russo, bieolorusso, ucraino, polacco, du, bengali, nepali, singalese e maldiviano so- casciubo, sorabo superiore, sorabo inferiore, no rispettivamente le lingue ufficiali dei sei ceco, slovacco, sloveno, serbocroato, macedo- stati citati. Molte altre anch’esse milioni di par- ne, bulgaro. Le prime testimonianze scritte lanti, e godono spesso di uno statuto ufficiale delle lingue slave in nostro possesso risalgono nei singoli stati federati di cui si l’India si com- al IX secolo d.C. (antico slavo ecclesiastico). pone: marathi, gujarati, oriya, punjabi, assame- 7) L’albanese. Oggi è una lingua isolata, senza se, kashmiri, sindhi, konkani, bihari, awadhi, parenti prossimi chiaramente identificabili. Le bhili. La quarantina di lingue iraniche oggi esi- testimonianze scritte in nostro possesso non ci stenti, divise in quattro rami, sono parlate so- aiutano a fare chiarezza sulla sua genealogia, prattutto in Iran, in Asia centrale, nel Caucaso, dato che risalgono soltanto al Quattrocento. nel Pamir, in Afganistan e nello stesso Pakistan: Con tutta probabilità, però, esso discende dal- persiano, curdo, beluchi, tagico, pashto. Ma Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 89 nell’antichità l’estensione di questo gruppo era gia, il culto, la divinità… Forse, queste conver- molto più ampia: Sciti, Sarmati, Massageti, Ala- genze possono essere una traccia capace di ri- ni, Sogdiani, Saci popolavano le steppe della velare molti aspetti del mondo politico, sociale, Russia Meridionale, della Siberia occidentale e istituzionale, religioso dei protoindoeuropei. dell’intera Asia centrale, spingendosi fino nel- Ma una forte cautela si impone. La stessa storia l’odierno Turkestan cinese (Sinkiang). Di que- delle lingue indoeuropee, infatti, mostra quanto st’antico predominio, poi arrestato soprattutto possa risultare fuorviante un passaggio mecca- dalla nuova espansione delle lingue turche, ci nico da lingua a a cultura: un medesimo gruppo restano poche tracce: l’osseto, parlato nel Cau- di lingue può essere parlato da popoli diversis- caso occidentale, lo yaghnobi (nel Tagikistan) e simi per origini, caratteri fisici, religione, cultura. alcune lingue parlate nelle vallate del Pamir. La diffusione delle lingue indoeuropee ha fatto Isolate nelle montagne dello Hindu Kush (Paki- sì che oggi siano diventate, fra l’altro, le lingue stan occidentale) sono le cinque lingue del pic- dominanti in Australia, nella Siberia, nella quasi colo sotto-gruppo nuristani, che è distinto sia totalità dei continenti americani, oltre che lin- da quello indiano che da quello iranico. gue di cultura e di comunicazione per vaste re- Fra gli interrogativi di fondo attorno ai quali gioni dell’Africa e dell’Asia. prese corpo il campo della linguistica indoeu- A partire dagli anni trenta del Novecento, ropea, taluni riguardavano le caratteristiche e Georges Dumézil e Émile Benveniste rinnova- le strutte della lingua antenata, della fonte co- rono le basi e le linee di ricerca della sociologia mune dalla quale tutte le altre lingue erano e della mitologia comparate dei popoli indoeu- sorte. Forse, con il procedere della ricerca, si ropei. Dumézil, in particolare, avanzò l’ipotesi sarebbero potuti ricostruire almeno i tratti es- (subito assai dibattuta) per la quale la società, senziali del protoindoeuropeo comune, il suo l’immaginario e la religione dei popoli indoeu- lessico, la sua morfologia, la sua sintassi. Con il ropei sarebbero stati caratterizzati da una strut- passare del tempo, però, alla ricerca di una tura tripartita, dotata di una sua gerarchia inter- lingua statica e unitaria si è sostituito il tentati- na. Le triadi divine presenti nel Pantheon di vo della ricostruzione del divenire storico di molti popoli indoeuropei (come nel caso dei la- un campo di lingue e di dialetti correlati, in tini: Giove, Marte e Quirino) rifletterebbero una continua interazione e in continua evoluzione divisione di funzioni simboliche: la sovranità in ogni fase del loro sviluppo. magico-giuridica; la forza aggressiva e difensiva, Un secondo tipo di interrogativi verteva la fecondità e l’abbondanza. Queste funzioni sulla sede originaria delle popolazioni indoeu- simboliche, a loro volta, avrebbero una corri- ropee. Nel corso del tempo sono state indica- spondenza nelle stratificazioni sociali; una clas- te molte regioni. Alcune ipotesi sono state so- se di preti-sarcerdoti; una classe di guerrieri; stenute da argomentazioni plausibili, anche se una classe di produttori-agricoltori. Oggi il qua- mai del tutto stringenti e conclusive: le coste dro di Dumézil viene considerato dagli speciali- orientali e meridionali del Mar Baltico, la peni- sti come una generalizzazione troppo ardita: sola anatolica (attuale Turchia), le steppe del- appare adatto soltanto a taluni spazi e a taluni l’Asia centrale, le pianure dell’Ucraina e della tempi dell’evoluzione delle culture indoeuro- Russia meridionale, il Caucaso meridionale, i pee, e non può essere considerato rappresen- Balcani… Altre si riferivano a collocazioni più tativo del loro insieme. E tuttavia mantiene il eccentriche, come il Sinai. Altre ancora erano merito di aver attirato l’attenzione sul fatto che i puri oggetti di fantasia, come una fantomatica fenomeni di lingua devono essere inseriti in un regione polare in un’età priva di ghiacci. contesto più generale, fatto di strutture sociali, In terzo luogo, ci si è interrogati anche sulla di paesaggi mentali, di miti e di narrazioni. cultura o sulle culture originarie degli Indoeuro- Nella seconda metà del Novecento, le ricer- pei. Quanto è legittimo un passaggio dall’uni- che dell’archeologa Marija Gimbutas (lituana di verso dei fatti linguistici all’universo dei fatti cultu- origine, e statunitense d’adozione) hanno riela- rali? Fino a che punto può rivelarsi affidabile un borato e ristrutturato radicalmente il modo di tale parallelismo? Le popolazioni che parlavano porre le tradizionali domande sull’origine e lo lingue o dialetti protoindoeuropei condivideva- sviluppo delle lingue, delle culture e delle so- no davvero una cultura o una religione comune? cietà indoeuropee. Gimbutas, in particolare, è Qual era, nel caso di risposta affermativa, que- andata in cerca di nuove tracce che potessero sta cultura o questa religione condivisa? In che consentire ipotesi più plausibili sulla questione modo culture e religioni si sono differenziate, della sede e delle prime migrazioni delle po- con il procedere delle differenziazioni etniche e polazioni protoindoeuropee. A suo parere, la linguistiche? Molte delle lingue in questione, pista decisiva di ricerca sarebbe costituita dai anche se parlate in luoghi lontanissimi, mostra- reperti archeologici della cultura Kurgan, così no interessanti convergenze nel vocabolario ri- chiamata dal termine utilizzato in russo (deriva- guardante la parentela, le istituzioni, la tecnolo- to a sua volta dalle lingue turche) per designare 90 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze una sorta di tumuli sepolcrali dalle pareti di vita urbano avrebbe già caratterizzato l’intera pietra ma ricoperte di terra, risalenti sino al V e penisola balcanica, in un’area che si spingeva al IV millennio a.C. Di questi tumuli sono co- sino all’Ucraina e all’Ungheria attuali. sparse le pianure del basso e del medio corso Una delle tesi più importanti, e più contro- del Volga, in un’area delimitata a Occidente dal verse, delle ricerche di Marija Gimbutas è che Dnepr, a Sud dal Mar Caspio, a Oriente dagli fra i due tipi di civiltà (quella kurganica, o pro- Urali. A quel tempo, queste regioni sarebbero toindoeuropea che dir si voglia, e quella dell’Eu- state abitate da popolazioni nomadi, con un’e- ropa neolitica) si desse una forte diversità, se conomia e un modo di vita imperniati, sull’alle- non proprio una contrapposizione di valori, di vamento, in particolar modo del cavallo. modi di vita, di strutture sociali. In primo luogo L’ipotesi basilare di Marija Gimbutas asseri- questa diversità avrebbe connotato gli atteggia- sce che i proindoeuropei non sarebbero altro menti verso la pace e verso la guerra. Gli inse- che le popolazioni della cultura Kurgan. In se- diamenti neolitici dell’Europa centro-orientale guito, esse si sarebbero espanse verso Occi- sono collocati in luoghi facilmente accessibili, dente, entrando in collisione con civiltà basate sulle rive e nelle valli dei fiumi. In genere, in su modi di vita assai differenti, agricoli e urba- questi luoghi non emergono né armi né fortifica- ni. Le prime migrazioni risalirebbero alla fine zioni difensive. Nella vita quotidiana, inoltre, le del V millennio e al IV millennio a.C., allorché cure maggiori erano dedicate alle tecniche agri- le popolazioni Kurgan irruppero nelle regioni cole, alla fabbricazione di oggetti di consumo, al- delle attuali Romania e Moldova, oltrepassan- la produzione artistica. Gli insediamenti Kurgan, do poi il Danubio e spingendosi più a Occiden- al contrario, contenevano molte armi, ed erano te fino alla pian della Pannonia. In effetti, da al- dominati da fortezze ben difese, edificate su col- cuni siti archeologici dei Balcani proverrebbero line scoscese e circondate da mura ciclopiche. testimonianze di interruzioni degli insedia- Altrettanto divergenti appaiano le rispettive menti più antichi: i luoghi si spopolarono, e fu- strutture sociali, e il ruolo degli individui al loro rono rioccupati soltanto dopo un intervallo di interno. Le società Kurgan erano gerarchizzate: molti secoli da parte di culture assai differenti. al loro vertice si trovava una sorta di re o di capo Le migrazioni proindoeuropee sarebbero tribale, che veniva addirittura accompagnato poi continuate su scala ancor più ampia. Dai nella tomba dai sottoposti, servitori o concubi- Balcani, avrebbero raggiunto da un lato l’Euro- ne. Esse, inoltre, adottavano una linea di di- pa centrale e settentrionale, dall’altro la peni- scendenza patriarcale ed erano caratterizzate da sola anatolica. Tuttavia questo processo di «in- una struttura a dominanza maschile. Al contrario, doeuropeizzazione» dell’Europa sarebbe stato le società dell’Europa antica (Marija Gimbutas di assai lunga durata: sarebbero passati ancora coniò il termine di “Old Europe” per descrivere più di due millenni prima che le ondate di l’Europa degli insediamenti neolitici) sarebbero espansione originatesi nelle steppe dell’Euro- state di tipo molto più egualitario, con una con- pa orientale raggiungessero i margini occiden- sistente classe media dovuta agli sviluppi del tali del continente, la penisola iberica e le iso- commerci. In esse, anche il rapporto fra i sessi le britanniche. Ancora più tardo sarebbe stato sarebbe stato più equilibrato e paritario: le don- l’insediamento di queste popolazioni in alcu- ne potevano svolgere funzioni sociali e profes- ne zone della Grecia, nelle isole dell’Egeo sionali importanti, e soprattutto esercitavano (Thera, Creta) e nelle grandi isole del Mediter- una particolare autorità in ambito religioso. raneo (Malta, Sardegna, Sicilia, Cipro). Le ricerche archeologiche hanno disseppel- Nella concezione di Marija Gimbutas, le ri- lito molte testimonianze relative alla vita ma- cerche sulle origini e sulla diffusione dei po- teriale, ai commerci, all’arte, alla spiritualità poli indoeuropei sono indissociabili dallo stu- dell’Europa e dell’Anatolia neolitiche. A esse dio delle civiltà che avrebbero proceduto i si aggiungono inoltre quelle che possiamo de- Kurgan sul suolo europeo: le civiltà dell’Euro- finire «testimonianze noologiche», corrispon- pa neolitica e dell’Età del rame che popolaro- denti a una memoria della cultura neolitica no il nostro continente (soprattutto la sua par- che è persistita nell’immaginario, nella spiri- te orientale e centrale) e più in generale le ri- tualità, nei miti, nel folclore delle ere successi- ve orientali del Mediterraneo dal VII al IV mil- ve, talvolta fino ai nostri giorni (soprattutto le lennio a.C. Questo mondo è ricco di innovazio- aree più eccentriche e rurali dell’Europa, come ni importanti per gli sviluppi futuri del nostro i Paesi Baschi, la Scandinavia, il Galles, la Li- continente. Gli scavi condotti da James Mel- tuania hanno mantenuto fino all’Età moderna laart nell’Anatolia meridionale, nei siti di Çatal usanze e rituali che affonderebbero le loro ra- Hüyük e di Hacilar, hanno fatto scoprire che la dici in questo mondo dell’Europa antica). storia dei centri urbani risale ad almeno sette- Il patrimonio che proviene a noi da tempi co- mila anni prima di Cristo. E, nei millenni im- sì remoti non è però omogeneo: in esso, l’ere- mediatamente successivi, un analogo modo di dità dei nomadi delle steppe (protoindoeuro- Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 91 pei, secondo l’ipotesi di Gimbutas) e degli agri- tori nomadi; il nero umido del suolo fertile vs. coltori neolitici (pre-indoeuropei, secondo la il bianco splendente degli astri. La seconda stessa ipotesi) si mescolano inestricabilmente, asserzione dice che questa polarità ha avuto perpetuando la memoria di grandi confronti e anche una precisa espressione linguistica: le di grandi scontri che forse furono all’origine del- civiltà degli allevatori nomadi delle steppe la nostra storia e delle nostre identità. Una trac- avrebbero parlato lingue indoeuropeee o pro- cia assai ricca e preziosa di questa mescolanza è toindoeuropee, mentre le civiltà degli agricol- fornita dalla stessa religione della Grecia classi- tori dell’Europa antica avrebbero parlato lin- ca, cioè di un’area che sarebbe stata raggiunta gue non indoeuropee (che in alcuni casi si pos- relativamente tardi dai popoli delle steppe. sono qualificare come pre-indoeuropee). Dietro all’apparente unità religiosa della Grecia È possibile che le lingue parlate in queste classica, si cela una forte dualità. Alle divinità civiltà fossero molteplici, e che appartenessero maschili del cielo (Zeus) e della guerra (Ares), a vari gruppi linguistici. Dalla penisola iberica che posseggono precisi paralleli nel mondo in- all’Anatolia, dall’Italia al mondo germanico ( nel doeuropeo, e alle loro consorti anch’esse ascri- vocabolario delle lingue indoeuropee, come vibili al mondo indoeuropeo (come Hera, con- pure nella toponomastica) emergono alcuni in- sorte di Zeus), si accompagnano le divinità fem- dizi sul tipo dl panorama linguistico ed etnico minili eredi del mondo neolitico, divinità della che avrebbe contraddistinto l’Asia Minore, il Terra, della fecondità e dell’invenzione: Gaia, bacino del Mediterraneo e l’Europa dell’Età Demetra, Persefone, Atene, Artemide, Ecate. neolitica. Alcune lingue oggi parlate da un nu- Queste dee della terra tanto caratteristiche mero relativamente piccolo di abitanti in aree della religione della Grecia classica e preclassi- ristrette e impervie potrebbero essere le ulti- ca trovano a loro volta parallelismi nella religio- me discendenti di gruppi una volta fiorenti, dif- ne dei Latini, dei Germani, degli Slavi, dei Bal- fusi per regioni molto più vaste. Il basco, come tici. Su questa base Gimbutas ha cercato di ri- è noto, è oggi confinato nell’angolo nordorien- costruire il sistema di credenze prevalente nel- tale della penisola iberica, nella regione di Bil- l’Europa antica. Il Pantheon di tale civiltà sa- bao e di San Sebastián: ma, in passato, era par- rebbe stato organizzato intorno a divinità fem- lato in un’area più vasta dei Pirenei, e probabil- minili invece che a divinità maschili, e la va- mente anche nella Francia meridionale (Aquita- rietà delle raffigurazioni locali convergerebbe nia). L’iberico e il tartessico, altre due lingue in un’unità simbolica più profonda. Per questi non indoeuropee (e forse non strettamente im- motivi Marija Gimbutas ha proposto di definire parentate con il basco), erano inoltre parlate la civiltà dell’Europa neolitica come il mondo lungo la costa iberica del Mediterraneo. Le lin- della Dea Madre, o della Grande Dea. La gran- gue berbere sono oggi parlate nelle regioni più de Dea non è solo una dea della Terra nutrice, montagnose del Marocco e dell’Algeria, e nelle della pienezza e dell’abbondanza (aspetti de- oasi del Sahara: in passato furono parlate su cisivi, in una società basata sull’agricoltura) ma, tutta la costa meridionale del Mediterraneo, e soprattutto, esprimerebbe l’ambivalenza di forse anche in grandi isole quali Maiorca, la Si- tutto ciò che ha luogo nella natura. La natura cilia e la Sardegna. Le lingue caucasiche oggi può essere fertile, generosa, dispensatrice di sono parlate da piccoli popoli (fra i quali i Ce- vita, ma anche selvaggia, distruttrice, reggitrice ceni e gli Ingusci) che vivono a cavallo di Rus- di morte. La Grande Dea indicherebbe in defi- sia, Georgia, Azerbaigian: in passato, furono nitiva l’impossibilità, per gli esseri umani, di parlate da popoli della penisola anatolica e controllare, di domare, di sottomettere la natu- dell’alta Mesopotamia, nell’impero ittita (Hat- ra creatrice e distruttrice a un tempo. ti), nel regno di Mitanni (Urriti) e nel regno di Le ricerche, di tipo quanto mai interdisci- Urartu (odierna Armenia). Questi gruppi sono plinare, condotte da Gimbutas per tutta la se- sopravvissuti fino ai nostri giorni in modo mar- conda metà del Novecento (dall’immediato ginale, ma altri si sono del tutto estinti lascian- dopoguerra fino alla sua scomparsa, avvenuta do al più, come detto, tracce lessicali di enig- nel 1994) sono così sfociate in un’ipotesi dupli- matica origine. In rari casi, queste tracce si pro- ce, in cui si intrecciano almeno due asserzioni lungano in attestazioni epigrafiche dell’Età clas- che nel lavoro dell’archeologa lituana sono sica, nel mondo greco o nella penisola italica. strettamente coordinate, ma tuttavia distinte. Abbiamo inoltre l’enigma della lingua dei Su- La prima asserzione dice che le radici profon- meri, la prima lingua di cultura della Mesopota- de della civiltà europea sono segnate da una mia, della mezzaluna fertile» fra Tigri ed Eufra- forte polarità, se non proprio da una contrap- te, che fino a oggi ha sfidato tutti i tentativi di posizione originaria, sul piano noologico (dei va- trovare plausibili parentele linguistiche. lori, dei simboli, delle spiritualità) e su quello Le due asserzioni distinte di Marija Gimbu- delle forme di vita: le dee della Terra vs. gli dèi tas hanno avuto una storia e un destino diffe- del cielo; gli agricoltori sedentari vs. gli alleva- renti, anche se entrambe hanno aperto linee di 92 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze ricerca innovatrice e hanno suscitato dibattiti teri che avrebbe trasmesso alle età successive molto fecondi. La prima linea di ricerca ha con- la civiltà non indoeuropea dell’Europa antica, dotto a vera e propria «archeologia della men- mentre la seconda mette in evidenza come ta- te» europea. Si è concentrata su problemi quali lune radici del successo delle civiltà indoeuro- le relazioni di genere nell’Europa antica e mo- pee dei tempi storici derivassero pur sempre derna, la co-costruzione delle relazioni di gene- da tratti a loro modo originali e innovativi, e co- re e delle strutture sociali, i modi in cui le rela- munque non puramente distruttivi, dei popoli zioni di genere vengono espresse nella spiri- allevatori delle steppe. tualità e nei miti delle varie civiltà, la non ne- La controipotesi più forte alla concezione cessità della prevalenza dei modelli definiti co- linguistica dell’archeologa Gimbutas è venuta me androcratici (cioè i modelli patriarcali che da un altro grande archeologo, Colin Renfrew, subordinano il femminile al maschile), la diffu- il quale aveva fra l’altro condotto insieme a lei sione di modelli più paritari in molti spazi e in alcune campagne di scavi. In realtà c’è un molti tempi della storia del mondo, il significato aspetto stilistico importante che accomuna le di queste scoperte per il presente e per il futu- due visioni di Gimbutas e di Renfrew, ed è ro della specie umana. La maggiore interprete uno stile discontinuista. Per entrambi, la strut- di questa linea di ricerca è stata ed è la studio- tura del popolamento e dalle lingue europee sa americana Riane Eisler. La seconda linea di passati e presenti, recherebbe la traccia di ricerca è invece più specificamente linguistica. stratificazioni successive, dovute a processi Molti specialisti di indoeuropeistica hanno rapi- migratori su vasta scala. Per Renfrew, tuttavia, damente condiviso quella che abbiano definito il processo migratorio più rilevante avrebbe la «seconda asserzione» di Gimbutas (“i Kurgan avuto luogo alcuni millenni prima degli scenari sono stati il veicolo di diffusione delle lingue studiati da Gimbutas. Sarebbe stato connesso indoeuropee”), quasi che fosse una sorta di ef- con il primo sorgere e la diffusione dell’agri- fetto soglia che desse corpo e connessione a coltura, e avrebbe preso le mosse dall’Anato- una serie di indizi già preesistenti, in parte ad- lia (odierna Turchia), a partire dal 6500 a.C. Nel dirittura sin dagli inizi del dibattito sulle origini 1984, con la pubblicazione di The Neolithic Tran- delle lingue e dei popoli indoeuropei. sition and the Genetics of Populations in Europe, Luigi Fra gli attori delle due linee di ricerca c’è Luca Cavalli-Sforza e Albertj. Ammerman furo- stata, e c’è, una certa difformità di obiettivi, se no i primi a dar forma compiuta all’idea che il non una vera e propria tensione. Chi segue la surplus demografico reso possibile dalla dome- prima linea di ricerca non sempre è interessato sticazione di numerose specie vegetali avreb- ai dettagli linguistici e archeologici, e talvolta li be innescato un processo di espansione di in- accetta come presupposti inanalizzati, come dividui e di collettività a lungo termine. Sareb- precondizioni per l’approfondimento degli uni- be così sorta un’»onda d’urto» che nel giro di versi sociali, mitici e spirituali. Viceversa, i lin- alcuni millenni avrebbe poi toccato le regioni guisti che hanno condiviso la seconda asserzio- meridionali, centrali e quindi anche occidenta- ne di Gimbutas spesso sono insoddisfatti da li e settentrionali d’Europa, trasformando radi- contrapposizioni troppo nette fra i due tipi di calmente (dato il numero di individui più ele- società e di civiltà, considerate semplificatrici e vato consentito dai nuovi modi di vita) la strut- in definitiva irrealistiche. In questo modo, si è tura del popolamento che si era andata for- sviluppata una tendenza volta a sfumare que- mando in Età paleolitica. Nel 1987, anno della ste contrapposizioni, e in genere a ridimensio- pubblicazione dell’edizione originale di Ar- nare il peso delle migrazioni in massa e delle chaelogy and Language, Renfrew non solo fece conquiste violente nel processo di diffusione proprio questo scenario, ma vi aggiunse un’i- delle lingue indoeuropee: dopotutto la situa- potesi autonoma di grande importanza: sareb- zione demografica dell’Europa del V e del IV be stato proprio questo lungo processo di millennio a.C. consentiva tutt’al più l’irruzione espansione demica a diffondere le lingue in- di piccoli gruppi o clan, e non certo gli impo- doittite (o indoeuropee che dir si voglia). Per nenti spostamenti delle epoche successive. La lui l’«Europa antica», nel senso di Marija Gim- ragione principale del successo linguistico e butas, avrebbe già parlato indoeuropeo, anche culturale dei popoli delle steppe non sarebbe se forse sotto forme ancora lontane dalle lin- tanto il dominio puro e semplice, quanto il gue storicamente attestate. Renfrew non nega prestigio anche se, a dire il vero, questo presti- che le civiltà neolitiche europee presentassero gio spesso sarebbe legato a strutture sociali di tratti unici, assai originali e non riscontrabili in tipo gerarchico (con la presenza di re e di capi), età successiva. Ma a suo parere gli evidenti alla diffusione della cavalleria, all’utilizzazione mutamenti sociali e spirituali che dividono le sistematica di armi di ferro. In ogni caso, a par- civiltà dell’Europa antica dalle civiltà indoeu- tire dalla stessa opera di Gimbutas, la prima li- ropee dell’Età classica sono da imputarsi a nea di ricerca si concentra soprattutto sui carat- scissioni e a sviluppi interni a una medesima Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 93 linea evolutiva, e non a un ulteriore stratifica- suo articolo del presente libro egli adotta un zione, dovuta a nuove migrazioni su vasta sca- modello che, per quanto riguarda la migrazione la. Su questo punto Renfrew si esprime in mo- dei popoli indoeuropei in direzione dell’Asia, con- do netto, negando che le evidenze archeologi- verge appieno con gli scenari di Gimbutas e di che in nostro possesso confermino grandi mo- Mallory: le lingue indoeuropee sarebbero state vimenti di popolazione dalle steppe a nord diffuse nell’altopiano iranico e in India proprio del Mar Nero verso Occidente. dalle popolazioni nomadi Kurgan provenienti Al pari di quella di Gimbutas, anche l’ipote- dalle steppe a nord del Mar Nero. Solo che si di Renfrew ha suscitato subito intense e mul- queste popolazioni Kurgan sarebbero a loro tiformi discussioni. Anche in questo caso, gli volta derivate da una migrazione più antica di oggetti del contendere sono più d’uno. Il primo agricoltori di origine anatolica (verso Nord-Est: interrogativo, naturalmente, è se la diffusione dall’Anatolia all’Ucraina attraverso i Balcani dell’agricoltura a partire dall’Anatolia e dal Me- orientali) che poi, nelle steppe ponto-caspiche dio Oriente abbia davvero determinato sposta- a nord del Mar Nero, si sarebbero adattati a un menti significativi di individui e di collettività, nuovo modo di vita e avrebbero assunto tratti e quali aree d’Europa questi spostamenti ab- sociali e culturali differenti, sulla base di parti- biano maggiormente coinvolto (Renfrew, in colari condizioni ecologiche e geoclimatiche. realtà, ritiene che migrazioni altrettanto signifi- Quelli che per Gimbutas erano assolutamente cative abbiano accompagnato anche la diffusio- opposti e separati (agricoltori neolitici vs. Kur- ne dell’agricoltura dal Medio Oriente verso l’E- gan) per Renfrew avrebbero invece fatto parte st – verso Iran e India – e forse anche verso l’A- di un medesimo processo evolutivo. frica settentrionale). In questo senso il lavoro Prima di riassumere alcuni aspetti delle li- di Renfrew si è saldato con quello di Cavalli nee di ricerca degli anni novanta, vogliamo sot- Sforza e Ammerman per definire un quadro tolineare come una delle conseguenze più inte- dell’Età neolitica del nostro continente che ne- ressanti di questi dibattiti sulle origini indoeu- gli anni novanta si è ulteriormente affermato, ropee sia stata e sia un immediato allargamen- conducendo ad affinamenti e a precisazioni to di prospettiva (e non solo sul piano geografi- (nel presente volume, sia Ammerman che Ren- co) rispetto alla questione delle radici delle ci- frew sottolineano come per talune aree d’Euro- viltà europee. Tale problema, infatti, è letteral- pa è possibile che la diffusione demica non sia mente impensabile senza una riflessione paral- stata così importante, e che abbiano prevalso lela sulle radici della civiltà indiana, né può ve- processi di diffusione culturale). nir disgiunto dagli sviluppi delle civiltà del Me- Molto più controversa, soprattutto da parte dio Oriente, laddove avrebbe avuto origine dei linguisti, è stata l’idea che i coltivatori neoli- quella rivoluzione agricola che poi si sarebbe tici parlassero davvero lingue indoittite. Al pro- diffusa sia verso Occidente, sia verso Oriente. posito, sono state addotte molte obiezioni. Ne Da questo punto di vista Europa, India e Medio riassumiamo alcune delle più generali: 1) la Oriente appaiono come tre poli di un’area assai prospettiva temporale delineata da Renfrew sa- ampia (una sorta di «Eurasia occidentale»), ca- rebbe troppo estesa; le affinità fra le lingue in- ratterizzata da antiche e intense circolazioni di doittite indicherebbero una loro differenziazio- lingue, miti, tecnologie, forme di vita. In partico- ne in età successive; 2) nell’Anatolia del II mil- lare, come si è detto, sia gli scenari à la Gimbu- lennio a.C. la civiltà hittita fu preceduta da lin- tas sia quelli à la Renfrew condividono oggi l’i- gue e civiltà non indoittite (hatti ecc.), il che dea che le lingue indoeuropee siano penetrate comporterebbe per lo meno una discontinuità in India attraverso le migrazioni dei nomadi della presenza indoittita nel suo focolaio origi- delle steppe ponto-caspiche in direzione sudo- nario (processo non impossibile, ma comunque rientale. Per itinerari forse molteplici (il Cauca- problematico); 3) il modello di Renfrew dell’ori- so, ma soprattutto le steppe a est del Mar Ca- gine anatolica sarebbe di sostenibilità ancora spio e la Siberia meridionale), essi avrebbero più ardua per spiegare tempi e modi di diffu- raggiunto l’altopiano iranico, le oasi dell’Asia sione delle lingue indoittite nel subcontinente centrale, i contrafforti e le valli del Pamir. Attra- indiano, nelle valli dell’Indo e del Gange, che è verso i passi del Hindu Kush e la valle dell’In- comunque una parte di enorme importanza do, alcuni gruppi si spinsero poi nel subconti- nell’intero puzzle indoeuropeo. Nel 1989 James P. nente indiano. Anche in quelle terre erano inse- Mallory pubblicò un altro contributo seminale, diati da tempo nuclei di popolazioni demografi- In Search of the Indo-Europeans, nel quale venivano camente importanti, caratterizzati da civiltà ur- discussi punto per punto gli scenari di Renfrew bane e agricole se non addirittura a vocazione e, in definitiva, veniva sostenuta una versione marittima. Solo a partire dal 1921 gli scavi ar- modificata dell’originaria ipotesi di Gimbutas. cheologici hanno iniziato a far luce su quella A tutte queste obiezioni si può rispondere, e che di queste civiltà è la più importante e diffu- Renfrew ha in effetti risposto. In particolare, nel sa. Sono state riportate alla luce le imponenti 94 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze rovine della città di Harappa e di Mohenjo-Da- cerche comparate indicano quanto lo studio del ro, distanti circa seicentocinquanta chilometri pensiero indiano (classico e moderno) possa lungo il corso del fiume Indo e tuttavia talmen- utilmente espandere i nostri punti di vista sulla te simili da far pensare a un progetto o a un go- filosofia e sulla scienza occidentali. verno comune. Il periodo della loro fioritura è Ma la storia delle relazioni fra India, Medio collocato dal 2500 al 1600 a.C. Oriente ed Europa è ancora più antica. In Me- Tradizionalmente, il declino della civiltà sopotamia, nell’Oman, nelle isole di Bahrein della valle dell’Indo veniva collegato con assal- sono stati rinvenuti gli stessi sigilli che i mer- ti distruttivi dei nomadi provenienti dall’Asia canti di Harappa e di Mohenjo-Daro usavano centrale. Oggi è più popolare attribuirlo a cau- per indicare le loro merci, insieme a ceramiche se geoclimatiche, fatte di inondazioni, di terre- e a frammenti di collane della medesima ci- moti, di deviazioni di corsi fluviali, della pro- viltà. Verso il 2300 a.C., in particolare, i testi gressiva desertificazione di quell’area che di- mesopotamici fanno menzione di tutta una se- venterà poi il grande deserto indiano di Thar. I rie di stati collocati più a Est e legati da relazio- primi nuclei indoeuropei si sarebbero insediati ni commerciali: di questi stati il più orientale, nell’area solo attorno al 1700 a.C., quando era- denominato «Meluhha», è con ogni probabilità no già presenti segnali disgregativi per la ci- situato nella regione dell’Indo. D’altra parte, gli viltà antecedente. In ogni caso i processi di in- scavi archeologici degli ultimi decenni hanno contro/scontro fra civiltà assai diverse che eb- disseppellito tutta una serie di centri agricoli bero allora luogo hanno lasciato profonde trac- dei millenni antecedenti, situati nell’altopiano ce nelle tradizioni e nelle religioni indiane clas- iranico e in Asia Centrale, tappe decisive per la siche e moderne, in cui troviamo stratificazioni diffusione dell’agricoltura a partire dal suo fo- e contrasti di culti, di miti e di valori almeno colaio mediorientale verso Oriente. pari a quelli del mondo greco e dell’Europa nel Una stimolante pista di ricerca è quella del- suo complesso. In particolare, dietro alla deno- le consonanze mitiche e spirituali fra l’India minazione generale di «induismo» si trovava e pre-ariana, l’Anatolia neolitica e l’Europa anti- si trova a tutt’oggi una grande varietà di culti ca (nel senso di Marija Gimbutas). In molte re- eterogenei, che hanno subito una notevole gioni dell’India, in effetti, gli scavi archeologici evoluzione interna. Nell’India antica e presente hanno portato alla luce immagini di dee madri troviamo certo un legame di fondo con i riti e i molto simili alle loro corrispettive europee. miti degli altri popoli indoeuropei, e in partico- E, proprio come il culto di Siva,´ anche il culto lare la personificazione delle forze della natura delle dee della fecondità e del potere genera- e la divinizzazione degli eroi. Soprattutto gli tore della Terra è sopravvissuto, sul suolo in- dèi del periodo vedico, come Indra, Varuna, diano, a tutti i rivolgimenti culturali e religiosi. Mitra hanno stretti legami con gli dèi iranici, Alcuni simboli spirituali, inoltre, sono partico- germanici, greci, latini. Vi sono però altri culti, larmente significativi perché assai diffusi in come quello di Siva,´ che appaiono autoctoni tutto lo spazio culturale che va dall’Europa an- dell’India, e che appare non trovano corrispon- tica all’India pre-ariana, attraverso l’Anatolia e denze evidenti nel mondo indoeurope. Ancora la Mesopotamia sumerica e protosemitica: in oggi il culto di Siva´ è praticato nella sua forma primo luogo la spirale e la doppia elica. più intensa nelle regioni meridionali dell’India, La spirale è il simbolo dell’evoluzione del- dove le lingue indoeuropee non si sono mai l’universo, dell’energia cosmica, del respiro, diffuse. Le rappresentazioni della divinità sco- dello sviluppo, delle potenzialità del divenire. perte nei siti archeologici di Harappa e Nell’arte del Mesolitico e del Neolitico (ritrova- Mohenjo-Daro della valle dell’Indo presentano ta in Francia, Irlanda e Inghilterra) rappresenta un «signore degli animali», accompagnato fra anche la trascendenza. Spesso è associata al l’altro dalla figura dell’elefante, il che ha fatto toro, le cui corna non sono altro che spirali sti- pensare che Siva´ e Gane´sa (il figlio di Siva´ dalla lizzate. Il toro e la spirale ebbero un grande va- testa di elefante) abbiano le loro radici in que- lore nella civiltà cretese del II millennio a.C., sto mondo pre-ariano. come è noto dalla figura del Minotauro, custo- Con la diffusione di lingue e civiltà indoeuro- de di un labirinto spiraliforme simbolo di ferti- pee, l’India, l’Asia Minore e l’Europa entrarono lità. Ad Argo e a Micene, nello stesso periodo, in un universo linguistico e culturale comune, le il toro era simbolo della regalità. Ma anche in cui connessioni interne appaiono evidenti. Da sigilli trovati in grande copia nella valle dell’In- questo punto di vista, la storia della filosofia do, la massima divinità era rappresentata con tradizionale è ingiustificabilmente parziale, per- bovini al suo fianco, o addirittura con pesanti ché ha preso in considerazione gli sviluppi di corna sul capo. E oggi il bianco toro Nandin è la un solo ramo di questo universo culturale, quel- cavalcatura rituale di Siva,´ che sta in paziente lo occidentale. Non vi è nessuna ragione di per- attesa davanti a tutti i templi a lui dedicati. petuare questa amnesia dell’India. Le prime ri- La doppia elica, da parte sua, è il simbolo Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 95 dell’intreccio delle dualità. Mostra come l’u- indiano, soprattutto nello stato dell’Orissa. Un nità, trasformandosi in dualità, raggiunga una forte sostrato Munda (o, almeno, «Para-Mun- nuova e più profonda unità. Esprime l’equili- da») sembrerebe infatti derivare da un’analisi brio attivo e la relazione creatrice che intercor- linguistica dei Veda, i testi indoeuropei più an- re fra due canali energetici differenti, e tuttavia tichi composti a contatto con il subcontinente interconnessi in ogni stadio del loro percorso. indiano. E dallo studio generale di tutti i sostra- La doppia elica assume frequentemente la for- ti vedici, appare chiaro che la diversità linguisti- ma di due serpenti gemelli attorcigliati l’uno ca dell’India antica era almeno altrettanto ele- all’altro. Doppie eliche e serpenti sono asso- vata di quella dell’India moderna: si deve pren- ciati sia a Siva´ che a , il dio arcadico dere in considerazione l’influenza sia di gruppi della rigenerazione che sembrerebbe apparte- attualmente presenti ai margini della regione nere anch’esso a strati mitici e spirituali assai (come le lingue tibeto-birmane) sia di gruppi remoti. Hermes fa fiorire la terra, fruttificare le estinti. Stimolanti sono anche le opinioni di piante, partorire le mandrie, portando sempre Bernard Sergent il quale, nel libro da lui dedi- con sé il kerykeion fecondatore, un bastone ser- cato alla genesi dell’India, si chiede se il buru- pentiforme. Il simbolo accompagnò anche gli shaski (che oggi è un enigmatico «isolato lingui- dèi guaritori dei Greci e dei Romani, rappre- stico» situato in una piccola regione delle mon- sentando la salute fisica, la buona condotta, la tagne del Pakistan settentrionale) non sia il re- saldezza morale. È giunto ai nostri giorni in for- sto di un gruppo che ha goduto in passato di ma di caduceo, simbolo delle categorie pro- un’estensione ben più ampia e addirittura se fessionali dei medici e dei farmacisti. l’etimologia (non indoeuropea) del fiume Indo L’evoluzione e la distribuzione geografica e quindi di India non abbia una connessione delle lingue sono esplorate per cercare paralleli proprio col burushaski. con queste consonanze espresse dai simboli e In ogni caso, l’ipotesi attualmente più accre- dai miti. Le lingue dravidiche sono oggi parlate ditata sull’origine dei popoli dravidici li vede prevalentemente nei quattro stati più meridio- discendenti di popolazioni che avrebbero rag- nali dell’India (Kerala, Karnataka, Andhra Pra- giunto l’India da Occidente attraverso l’altopia- desh, Tamil Nadu), le cui popolazioni costitui- no iranico, millenni prima dell’era delle migra- scono un blocco culturale relativamente omo- zioni indoeuropee (provenendo dal Medio geneo e ben distinto dalle culture prevalenti Oriente, o addirittura dal mondo mediterra- nell’India settentrionale. La presenza di alcuni neo). In particolare David McAlpin ha sostenuto tratti dravidici nelle lingue indoeuropee parlate che la lingua degli Elamiti, un popolo insediato in India nel passato e nel presente porta però a dal 2000 a.C. fino all’età delle invasioni arabo- pensare che le lingue di tale gruppo avessero islamiche nella regione immediatamente a est in passato una diffusione maggiore, e che fosse- della Mesopotamia (cioè l’odierno Iran sudocci- ro parlate in massa anche nel nord del subcon- dentale), è imparentata con le lingue dravidi- tinente indiano. Lingue dravidiche minori si tro- che, per cui si dovrebbe parlare di una famiglia vano ancora oggi nell’India nordorientale. E una linguistica più ampia, elamo-dravidica. L’esi- lingua dravidica, il brahui, è parlata nel Pakistan stenza di stretti legami fra Elam e valle dell’In- nordoccidentale ai confini con l’Afghanistan, a do è confermata anche da ritrovamenti archeo- migliaia di chilometri dal corpo dravidico cen- logici: statuette di argilla raffiguranti dee madri trale e non lontano dai siti originari della civiltà e tori sacri sono frequenti nelle regioni situate a della valle dell’Indo. È probabile, in realtà, che metà strada (nei luoghi dell’odierno Belucistan, il brahui derivi da una migrazione abbastanza la regione più occidentale del Pakistan, ai confi- recente a partire dall’India centrale, e tuttavia la ni con Iran e Afghanistan). Anche l’ipotesi di possibilità che lingue della stirpe dravidica fos- McAlpin, tuttavia, non incontra un consenso sero parlate dagli abitanti della civiltà della val- unanime: vi è chi sostiene che le strette relazio- le dell’Indo è oggi opinione abbastanza condi- ni fra elamita e lingue dravidiche debbano es- visa dagli studiosi. L’affermazione vale soprat- sere considerate più la testimonianza di con- tutto per la parte meridionale della civiltà del- vergenze areali, di uno stretto contatto geografi- l’Indo, corrispondente all’odierno Sind (Paki- co in remoti periodi storici, che di una vera e stan meridionale). Per quanto riguarda la parte propria parentela genetica. Ma questo rafforze- settentrionale, corrispondente all’odierno rebbe, invece che attenuare, la plausibilità che Punjab (diviso fra Pakistan e India), è invece lingue dravidiche fossero effettivamente parla- possibile che un ruolo rilevante sia stato gioca- te nel Medio Oriente antico e che le migrazioni to, al tempo della civiltà dell’Indo, da lingue im- dei popoli dravidici verso Est, dal Medio Orien- parentate con le attuali lingue Munda, di prove- te all’India, abbiano effettivamente apportato nienza indocinese (connesse alle lingue Khmer tecniche di coltivazione agricola, nonché pae- parlate in Cambogia) e che attualmente sono ri- saggi mitici e simbolici. Quanto all’origine ulti- strette alla sola parte orientale del continente ma delle lingue dravidiche, un’altra pista di ri- 96 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze cerca attualmente in corso è quella che cerca di La particolare collocazione geografica delle metterle in relazione con talune lingue africane: lingue afroasiatiche, molto estesa e quasi a for- in questo caso il Medio Oriente avrebbe avuto ma di stella, fornisce indizi per la ricerca del luo- la funzione di importante tappa intermedia. go della loro origine. È possibile che essa deb- Altre migrazioni della massima importanza ba collocarsi in qualche luogo dell’area attual- per la storia e gli sviluppi di quella che abbia- mente ricoperta dal deserto del Sahara. Que- mo definito «Eurasia occidentale» furono quelle st’area ha conosciuto negli ultimi millenni un for- che condussero ondate successive di Semiti, in te inaridimento, progressivamente accentuatosi: origine un gruppo di popolazioni nomadi situa- ancora al tempo dei Romani, la situazione geo- te nell’enorme area che va dalle steppe pre-de- climatica era assai diversa da quella attuale. In sertiche del Medio Oriente alle coste della pe- particolare, il periodo che va dal 5000 al 3500 nisola arabica, a insediarsi nelle zone fertili del- a.C. è noto come il periodo di un optimum clima- la Mesopotamia, della Siria e della Palestina. tico post-glaciale, nel quale tutte le regioni oggi Anche i Semiti hanno esercitato un profondo in- desertiche o semidesertiche che vanno dall’Afri- flusso sulle radici della civiltà europea. Da parte ca occidentale all’India (passando per Medio di popolazioni semite, soprattutto, furono fatti Oriente e Iran) conoscevano precipitazioni co- molti passi decisivi nel processo di elaborazio- piose e fiumi permanenti. La prima ondata se- ne della scrittura, che pur preesisteva al loro ir- mitica in Mesopotamia, che risale al III millennio rompere sulla scena. E semitiche sono le radici a.C., sarebbe forse da imputare proprio alla rot- e le origini delle tre religioni monoteiste che, tura di questo optimum climatico e ai primi effetti negli ultimi due millenni, hanno segnato la vita dell’inaridimento sulla penisola arabica. spirituale dei popoli del continente europeo, e Fra l’espansione dei popoli indoeuropei che oggi sono fatte proprie dalla gran parte dei (almeno come è stata delineata da Marija Gim- popoli indoeuropei (con ll’imporatante eccezio- butas) e l’espansione dei popoli semitici inter- ne delle aree, maggioritarie nel subcontinente corrono varie analogia. Entrambi i gruppi di indiano, di cultura e di tradizione induista). Se- popolazioni furono in origine gruppi nomadi e mitiche sono anche lingue di cultura del medio pastorali, il cui habitat era in zone steppiche; Oriente dal III millennio a.C. ai nostri giorni: l’ac- entrambi migrarono per migliaia di chilometri cadico (la lingua degli imperi assiro e babilone- e poi si insediarono nei grandi centri di civiltà se), l’aramaico, l’ebraico, l’arabo e così via. agricole e urbanizzate (in Mesopotamia, le pri- «Semitico», alla pari di «indoeuropeo», è una me ondate semitiche si sostituirono ai Sume- nozione originariamente linguistica, non cultura- ri); entrambe irruppero sulla scena dell’Asia le. Come i popoli che parlano lingue indoeuro- Minore e del Medio Oriente all’incirca nello pee, anche i popoli che oggi parlano lingue se- stesso periodo di tempo, alla fine del III e agli mitiche hanno origini, caratteri fisici, religioni, inizi del II millennio a.C. Entrambi avevano culture molto diverse fra loro. E, come le lingue strutture sociali gerarchizzate e basate sul pre- indoeuropee, anche le lingue semitiche note dominio del genere maschile. Assai simili furo- (passate e presenti) hanno molti tratti comuni, no anche i conflitti sociali e spirituali generati spesso rinvenibili a prima vista. È, quindi presu- dal loro incontro/scontro con le popolazioni mibile che la loro divergenza risalga a non molti agricole e urbane già insediate in Europa e nel millenni avanti Cristo. Le lingue semitiche pre- Medio Oriente. Anche nella Mesopotamia pre- sentano tuttavia tratti di parentela più remota semitica (presso i Sumeri, come presso gli Ela- con molte altre lingue che sono o erano parlate miti) il culto della Dea Creatrice aveva goduto sul continente africano. Tale parentela ha indot- di notevole importanza. Queste affinità fra In- to i linguisti a inserirle in una famiglia linguistica doeuropei e Semiti sembrano essere non ge- più ampia, in passato definita «camitosemitica» nealogiche, ma tipologiche. Ai modi di vita più e oggi «afroasiatica». Questa famiglia linguistica antichi che avrebbero caratterizzato i diretti è più diversificata di quella indoeuropea, quale eredi della rivoluzione agricola, dotati di un indizio di una storia più lunga e remota. Essa habitat fertile e ricco di risorse, si sarebbero a comprende, oltre alle lingue semitiche, le lingue lungo contrapposti e poi sovrapposti i modi di berbere, l’egiziano antico (che sopravvive solo vita, in qualche modo più rigidi, derivanti dagli quale lingua liturgica della chiesa copta), le lin- adattamenti della rivoluzione agricola (soprat- gue ciadiche (parlate, appunto in Ciad e poi nel tutto in forma di allevamento) in aree dalle Niger, nel Ghana, nel Camerun, nel Togo, e so- condizioni geoclimatiche più dure, e forse pro- prattutto in Nigeria). Comprende, inoltre, le lin- gressivamente sempre più dure. Da questo gue cuscitiche e le lingue omotiche, due gruppi punto di vista la narrazione biblica del dram- che, insieme alle lingue semitiche stesse, contri- matico conflitto fra il pastore Abele e l’agricol- buiscono alla grande diversità linguistica dell’E- tore Caino potrebbe nascondere una profonda tiopia, e più in generale della regione del Corno verità storica, tanto più che essa ha una preci- d’Africa (il somalo è una lingua cuscitica). sa corrispondenza nel mondo sumerico, in cui Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 97 vengono comparate le rispettive qualità dell’a- Caucaso, o la regione a est del Mar Caspio), nei gricoltore Enkimdu e del pastore Dumuzi. quali sarebbe avvenuta una prima esposizione Tornando a concentrarci dall’area più estesa dei pre-indoeuropei all’agricoltura. dell’«Eurasia occidentale» all’area più ristretta Anche Renfrew, da parte sua, ammette che i del continente europeo, vogliamo ora sottoli- processi di espansione degli agricoltori neolitici neare come le ricerche e le riflessioni prodotte (considerati veicolo delle lingue indoeuropee) dalla contrapposizione fra l’ipotesi di Gimbutas abbiano raggiunto relativamente tardi la parte e l’ipotesi di Renfrew abbiano negli anni novan- occidentale del continente europeo interagen- ta prodotto uno spettro di posizioni e di scenari do con un articolato paesaggio etno-linguistico molto ampio, che il lettore è invitato a scoprire non indoeuropeo che almeno in parte derivava e a seguire nella varietà delle argomentazioni dalle popolazioni del Paleolitico. In ogni caso, condotte nella seconda parte del presente volume qualunque modello e qualunque varietà si («Migrazioni indoeuropee. Controversie sulle adotti, il quadro che ne risulta non è semplice- origini e le linee di diffusione dei popoli del- mente bipolare, ma propriamente multipolare, l’Europa antica»). In particolare, emerge anche giacché si deve tener conto e valutare gli ap- una possibilità di pensare e di articolare insie- porti rispettivi: 1) dei popoli stanziati già dal- me le due ipotesi originariamente contrappo- l’Età paleolitica in varie aree del continente eu- ste. Il dato più evidente è che fra le migrazio- ropeo; 2) dei popoli affluiti dall’Anatolia o dal ni/espansioni analizzate da Renfrew e quelle Medio Oriente in Età neolitica; 3) dei popoli oggetto di studio di Gimbutas esiste un notevo- delle steppe ponto-caspiche (che negli scenari le scarto temporale e quindi, in astratto, en- à la Gimbutas si muovono in una doppia dire- trambi i processi potrebbero aver davvero con- zione – Oriente e Occidente – e negli scenari à tribuito a modellare il paesaggio etnico, lingui- la Renfrew in un’unica direzione verso Oriente); stico e culturale della civiltà europea. Il model- 4) di altre possibili migrazioni, per esempio dal- lo di Gimbutas, il cui nucleo è stato elaborato l’Africa settentrionale, che potrebbero essere prima delle ricerche di Ammerman e Cavalli- indicate dalla presenza di sostrati afroasiatici Sforza, dà in effetti come acquisita la diffusione nell’Europa Occidentale (come si è detto, per dell’Agricoltura nell’Europa antica ed è in qual- esempio, a proposito delle lingue celtiche); 5) che modo silente sulle sue cause e le sue mo- del contributo nell’Europa settentrionale e dalità: quindi lo studio di questo (più antico) orientale dei popoli uralici, che senz’altro occu- processo di diffusione non solo non contrasta pavano spazi più ampi delle età successive. con gli scenari da lei proposti, ma ne diventa un Anche sul piano propriamente linguistico completamento e una revisione oggi necessari. l’opposizione fra indoeuropeo e non indoeuro- Al contrario Renfrew considera irrealizzabile peo è stata maggiormente precisata ed elabo- l’articolazione dei due modelli sul piano fattua- rata, se non proprio relativizzata. La scoperta le dato che, come si è detto, nega l’esistenza di delle lingue anatoliche agli inizi dl Novecento importanti migrazioni Kurgan verso Occidente. è stata in fin dei conti un primo passo impor- Ma essa non è affatto un’impossibilità logica, tante in questa direzione: esse hanno mostrato nel momento in cui si ammetta che i Kurgan, importanti caratteri inattesi, che non si accor- provenienti dall’Anatolia e adattatisi con suc- davano con le visioni antecedenti delle lingue cesso al nuovo habitat delle steppe, abbiano indoeuropee, e il nuovo insieme che ne è deri- generato onde d’espansione sia verso Oriente vato (indoittita ) è risultato più ampio e com- (Asia) sia verso Occidente (Europa). A questa plesso di quello indoeuropeo tradizionale. Un ipotesi di articolazione fra i due modelli aderi- altro passo possibile in questa direzione è da- scono, nel presente libro, sia Martin Bernal che to dall’osservazione che i pochi resti di talune Alberto Piazza (quest’ultimo sulla base di alcuni lingue dell’antico mondo mediterraneo sem- dati della genetica, che poi verranno presi in brano presentare affinità con l’indoittita, ma esame): è possibile che il conflitto fra la civiltà più generiche di quelle che deriverebbero da dell’Europa antica e quella dei nomadi Kurgan strette relazioni di parentela. In particolare l’e- sia stato reale, ma che entrambe condividesse- trusco o la lingua dell’iscrizione nell’isola greca ro, almeno in parte, una comune matrice indoit- di Lemno (che molti, al contrario, ritengono de- tita. L’ipotesi, tuttavia, non è del tutto condivi- cisamente non indoeuropee) vengono spesso sa. Altre opinioni, più in linea con le idee origi- citate come candidate al ruolo di lingue defini- narie di Gimbutas, sostengono che l’origine dei bili come «peri-indoeuropee», presentanti cioè Kurgan (proindoeuropei) non abbia nulla a che caratteri ibridi indoeuropei e non indoeuropei: vedere con gli agricoltori anatolici: il loro luogo ma a tutt’oggi è impossibile decidere, soprat- d’origine non può essere l’Anatolia, e la loro an- tutto data la scarsità del materiale a disposizio- tica rotta di migrazione non può attraversare i ne, se questi caratteri ibridi dipendano da con- Balcani. Bisogna allora prendere in considera- tatti e convergenze oppure da lontane parente- zione luoghi più orientali (l’Alta Mesopotamia, il le genealogiche. Notiamo che il linguista ame- 98 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze ricano Joseph Greenberg, in maniera assai du- nealogiche e tipologiche di quanto non si so- bitativa, considera la possibilità che l’etrusco spettasse in un passato anche recente. sia un terzo ramo delle lingue indoittite, da È rispetto a queste considerazioni me- metter accanto alle lingue indoeuropee pro- todologiche che devono essere letti i contributi, priamente dette e alle lingue anatoliche. Abba- innovativi e ormai assai ricchi, che provengono stanza generale è in ogni caso l’ammissione, sia dalla genetica delle popolazioni. Non necessa- negli scenari à la Renfrew che in quelli à la Gim- riamente, infatti, essi conducono a uno sciogli- butas, che alcune antiche espansioni o migra- mento dei problemi posti nei dibattiti tradizio- zioni abbiano introdotto in Europa lingue certo nali, di ordine linguistico e archeologico; non indoittite, ma non strettamente legate alle lin- necessariamente equivalgono a una sorta di gue attualmente parlate in Europa: quindi di ti- esperimento cruciale in grado di discernere ciò po anatolico o anche con un grado di parentela che è vero da ciò che è falso. Ma certamente, più lontano, attualmente ignoto. Nel presente nel giro di pochi anni, hanno apportato molte libro, inoltre, Francisco Villar sostiene l’ipotesi conoscenze ulteriori che consentono di precisa- che la toponomastica e l’idronimia di vaste re il quadro in cui porre le antiche questioni, e aree dell’Europa sudoccidentale impongono di forse soprattutto ci invitano a porne di nuove. postulare almeno un ulteriore ramo indoeuro- I saggi degli esperti di genetica umana qui peo in senso stretto, che non equivale a nes- presentati nella prima parte del volume («Pensa- sun ramo noto dai tempi più recenti. re la storia d’Europa in una prospettiva planeta- Il quadro definito da forti opposizioni polari, ria. Intrecci fra genetica, linguistica, archeolo- eventualmente con sostituzioni massicce di lin- gia») mostrano una vasta gamma di modi, diret- gue e di culture, sembra dunque convertirsi ti e indiretti, attraverso i quali le loro ricerche nella figura di un cespuglio, un po’ come è av- possono esercitare influssi e stimoli sulle que- venuto in molti recenti dibattiti sull’evoluzione stioni tradizionali. Soprattutto, appare in primo biologica. Quella che emerge, cioè, è una figura piano l’importante risultato per cui, nella mag- fatta di molte ramificazioni, a vari livelli, in cui gioranza dei casi, il grado di divergenza lingui- solo una parte sopravvive nelle età successive, stica delle popolazioni umane è correlato al lo- e in cui per di più si assiste a uno sviluppo as- ro grado di divergenza genetica. Evidentemen- sai diseguale dei rami sopravvissuti, con enor- te, questa correlazione può oggi manifestarsi me crescita di alcuni e marginalizzazione di al- soltanto rispetto a popolazioni autoctone, o al- tri. D’altra parte, se consideriamo in dettaglio la meno che negli ultimi secoli abbiano goduto di situazione linguistica di molte aree del mondo una collocazione sufficientemente stabile. Non attuale (e ancor di più quella di tempi recenti, è questo il caso, per esempio, dei neri che abi- in cui non si era esercitato il grande effetto tano i continenti americani, discendenti di un omologatore della civiltà europea) notiamo la gran numero di stirpi africane proiettate nel presenza di stratificazioni multiple, di distribu- Nuovo Mondo agli inizi dell’Età moderna. Oggi zioni intrecciate, di coesistenza in aree relativa- essi conservano una buona porzione del loro mente piccole di lingue appartenenti anche a patrimonio genetico originario mentre, al con- famiglie e a genealogie assai lontane. Ciò rende trario, non hanno mantenuto praticamente nulla plausibile che la varietà linguistica dell’Europa del loro patrimonio linguistico: hanno adottato neolitica fosse più elevata di quella dei tempi le lingue dei colonizzatori europei (inglese, successivi, soprattutto in una situazione demo- spagnolo, portoghese, francese) del tutto irrela- grafica in cui i nuclei delle popolazioni erano in te con le lingue dei loro avi. La precisazione genere piccoli e ampi gli spazi che li separava- sottolinea come non vi sia alcun legame privile- no. Si impone quindi una certa cautela prima di giato e diretto fra patrimonio genetico e abilità postulare, come spesso inavvertitamente viene linguistica: le caratteristiche del genoma di un fatto, che l’Anatolia ai tempi della rivoluzione individuo non favoriscono né sfavoriscono il ap- agricola, o la zona a nord del Mar Nero nel mo- prendimento di una lingua particolare. Ogni in- mento dei primi sviluppi delle civiltà Kurgan dividuo può apprendere qualunque lingua di fossero davvero linguisticamente omogenee, e qualunque tipologia o di qualunque famiglia, a che le migrazioni che a noi appaiono veicolare patto che vi siano le condizioni sociali e cultura- culture materiali o tecniche comuni non siano in li appropriate per tale apprendimento. realtà che un risultato complessivo di sposta- La correlazione che esiste fra il grado di pa- menti di gruppi linguisticamente e socialmente rentela delle lingue umane e il grado di diversi- eterogenei. È significativo, comunque, che gli ficazione del patrimonio genetico delle varie studi sui vari sostrati, adstrati e superstrati del- popolazioni dipende invece dal fatto che in en- le lingue indoeuropee nel nostro continente trambi i casi è all’opera uno stesso meccanismo diano risultati paralleli a quelli delle lingue in- sottostante, un meccanismo di relativo isola- doeuropee nel subcontinente indiano nel sen- mento delle popolazioni in questione. Un pro- so, appunto, di maggior diversità e varietà ge- cesso tipico dell’evoluzione biologica è la co- Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 99 siddetta «deriva naturale». Se due popolazioni nere più rapidi, di quelli seguiti dalle divergen- di una medesima specie vengono separate da ze genetiche e molti altri eventi (sostituzione di vaste estensioni spaziali o da barriere geografi- lingue, intrusioni e migrazioni di popoli) avreb- che, è probabile che entrambe si trovino a pos- bero presto reso il quadro molto più sfumato. E sedere solo una frazione del patrimonio geneti- tuttavia uno dei più grandi risultati delle pio- co della specie originaria (tanto più ristretta, na- nieristiche ricerche condotte da Luigi Luca Ca- turalmente, quanto più è piccola la popolazio- valli-Sforza, Paolo Menozzi e Alberto Piazza sul- ne). Ed è altrettanto probabile che queste due la composizione e sulla variazione genetica del- frazioni non siano affatto identiche. Di conse- le popolazioni umane è stato quello di mostra- guenza, le due popolazioni così separate pos- re come sia possibile ricostruire un albero ge- sederanno patrimoni genetici differenti e diver- nealogico attendibile della nostra specie e an- genti, che inizieranno a provocare conseguenze che avanzare ipotesi precise riguardo alle scale macroscopiche nei caratteri morfologici e com- temporali e agli itinerari delle grandi migrazioni portamentali dei singoli individui. In molti casi, della nostra specie. In primo luogo, appare trac- con il procedere del tempo, la separazione di- cia di una protomigrazione originaria che avreb- venterà irreversibile: le divergenze di tipo ge- be condotto gruppi di Homo sapiens dalla loro netico alzeranno barriere riproduttive che im- culla africana sino all’Indonesia, alla Nuova Gui- pediranno la possibilità di ulteriori incroci fra le nea, all’Australia. Il preciso itinerario seguito da popolazioni in questione. Esse cesseranno di questi gruppi è ipotetico, ma probabilmente appartenere alla medesima specie, e si dovrà non si allontanò molto dalla fascia equatoriale e parlare di due specie differenti. Ora, se le diffe- dall’Oceano Indiano. Di conseguenza, i ponti di renze tra le popolazioni umane hanno molto a terra costituiti dalle tre grandi penisole dell’A- che vedere con la deriva genetica, nella storia sia meridionale (Arabia, India, Indocina) costi- della nostra specie questo meccanismo non ha tuirono importanti località di transito, e talune tuttavia prodotto le sue conseguenze ultime. In popolazioni antichissime di queste aree (come Homo sapiens tutte le differenze fra popolazioni gli indigeni delle Isole Andamane, i negritos (anche assai lontane) sono reversibili, una volta della Malesia o i Vedda di Srì Lanka) possono che esse entrino in contatto l’una con l’altra. essere i discendenti più o meno diretti di co- La linguistica parla di analoghi processi di munità che presero parte a questa migrazione. deriva linguistica. In una situazione in cui i Successivamente, vi è l’evidenza genetica di contatti fisici e culturali fra i diversi gruppi una biforcazione fra asiatici meridionali e asiati- umani erano relativamente rari, le popolazioni ci settentrionali, che dovrebbe indicare la pre- che originariamente parlavano una stessa lin- senza di un ramo che dall’Indocina e dall’Indo- gua, o comunque lingue affini, arrivavano a ef- nesia avrebbe puntato verso Nord piuttosto fettuare scelte fonetiche, morfologiche, sintat- che verso Sud, e dunque verso la Cina. In terzo tiche, lessicali sempre più divergenti, fino a luogo, si sono delineate due ulteriori linee di superare una soglia di irreversibilità: la fine popolamento, entrambe originatesi nell’Asia della possibilità di comprensione reciproca. centrosettentrionale. La prima avrebbe puntato Se il tempo della separazione è sufficiente- in direzione dell’Europa, mentre la seconda mente lungo, le divergenze sono tali da occul- avrebbe raggiunto le Americhe attraverso la re- tare persino le tracce visibili della parentela gione dello stretto di Bering e delle Isole Aleu- originaria fra le lingue così sviluppatesi. tine (in cui, nel corso dell’ultimo periodo glacia- Molti dati biologici oggi disponibili, insieme le, si trovava un vasto ponte di terra che con- alla constatazione empirica della possibilità di netteva l’Asia con l’America settentrionale). incrocio fra tutte le razze umane, sottolineano In tale quadro, la questione del popolamen- fortemente l’idea dell’unità e della monogenesi to originario dell’Europa si rivela intricata, an- biologica della specie umana. Alcune ricerche, che perché i dati genetici in nostro possesso come quelle condotte sul DNA mitocondriale di indicano la presenza di contributi di molteplici individui tratti da molte popolazioni, indicano origini, a partire dall’Asia come pure dall’Africa. in particolare che tutti gli esseri umani che at- La ricchezza delle radici etniche del nostro tualmente popolano la Terra discenderebbero continente si mostra ancora più evidente allor- da un piccolo numero di antenati, vissuti in Afri- ché si vogliano utilizzare le risorse della geneti- ca all’incirca 150 000 anni fa. A partire da questa ca per ricostruire la storia d’Europa in periodi sede originaria, la storia della specie umana sui più recenti (diciamo negli ultimi diecimila an- tempi lunghi sarebbe stata soprattutto la storia ni). Secondo le ricerche sviluppate da Luigi Lu- di una grande diaspora, una storia di separazio- ca Cavalli-Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piaz- ni successive che avrebbero condotto divergen- za, Silvana Santachiara-Benerecetti, il patrimo- ze sia di tipo genetico, sia di tipo linguistico. nio genetico delle popolazioni europee porte- Naturalmente le divergenze linguistiche avreb- rebbe la traccia sia delle migrazioni ipotizzate bero seguito ritmi e tempi assai diversi, e in ge- da Renfrew sia di quelle ipotizzate da Gimbu- 100 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze tas: delle migrazioni degli agricoltori neolitici lingue del nostro continente, la documentazione dall’Anatolia in direzione nordoccidentale, co- è più frammentaria, le parentele sono più opa- me di quelle dei nomadi delle steppe ponto- che, gli antenati comuni più remoti nel tempo. caspiche in direzione occidentale. E portereb- L’allargamento delle aree geografiche e dei be anche tracce rilevanti di altre migrazioni, tempi oggetto di studio della linguistica com- quali l’espansione ugrofinnica nell’Europa set- parata mette oggi alla prova un principio meto- tentrionale e persino l’espansione della civiltà dologico che sorgeva dalla generalizzazione di greca classica per il bacino del mediterraneo. una prospettiva emersa soprattutto dallo stu- Sembrerebbe quindi a portata di mano un qu- dio delle lingue indoeuropee. Era opinione dro più ampio in grado di comporre la contro- corrente che, in mancanza di testimonianze di- versia Renfrew-Gimbutas, nel senso di consi- rette dal remoto passato e data la progressiva derare effettivi e significativi entrambi i tipi di divergenza fonetica e semantica che caratteriz- migrazione. Ma naturalmente, le ricerche della za lo sviluppo di lingue affini, fosse possibile genetica non sono in grado di decidere univo- interrogarsi sulle parentele linguistiche e trac- camente quali tipi di lingue parlassero gli attori ciare alberi genealogici affidabili soltanto per di queste migrazioni. In questo senso, più che un spessore temporale di pochi millenni, non chiudere esse hanno ancora di più aperto i di- molto di più di quanto separerebbe il «pro- battiti in corso, come molte indicazioni nel pre- toindoeuropeo comune» dai nostri giorni. Con- sente volume ci daranno modo di vedere. travvenendo a questa prescrizione, Joseph Di per se stessi, inoltre, questi risultati del- Greenberg ha sostenuto che dall’apparente la genetica sono compatibili con molte iptesi caos linguistico dell’Africa sub-sahariana, del- circa l’origine e l’evoluzione del linguaggio l’Australia, della Nuova Guinea, dei continenti della nostra specie. Astrattamente parlando, americani, può emergere un ordine più profon- l’origine del linguaggio potrebbe risalire a un do, con una serie di parentele e di filiazioni in periodo successivo alle prime separazioni grado di ricondurre i moltissimi gruppi locali a geografiche di gruppi della specie umana. In poche grandi famiglie. Ciò a patto di tener pre- tale caso, alcune delle varie famiglie o superfa- sente che l’antenata comune potrebbe risalire miglie linguistiche oggi presenti nel pianeta a scale temporali ben più ampie (anche dell’or- avrebbero avuto origini e sviluppi indipen- dine delle decine di migliaia di anni) di quelle denti, in popolazioni e in aree geografiche dif- in gioco in ambito indoeuropeo, e a patto di af- ferenti. Tuttavia le ricerche genetiche di Caval- frontare le specificità delle condizioni etnosto- li-Sforza, Menozzi, Piazza e collaboratori con- riche ed ecologiche di queste aree, che impon- vergono piuttosto con un’idea oggi sostenuta gono di trattare in uno stesso tempo una gran- con una vasta gamma di argomentazioni da de quantità di materiale linguistico provenien- una particolare linea di ricerca linguistica: tutte te da lingue numerosissime e disparate. le lingue umane attualmente parlate sul piane- In uno stadio maturo della sua ricerca, ta avrebbero davvero un origine comune. Greenberg ha rivolto il suo approccio alla stes- Negli ultimi decenni, in effetti, i linguisti si si- sa questione delle parentele remote che po- no affrancati da alcune limitazioni conseguenti trebbero intercorrere fra la famiglia indoittita e all’origine stessa della loro disciplina, i cui primi altre famiglie linguistiche del mondo. Si è chie- sviluppi furono innescati proprio dal riconosci- sto cioè se sia possibile identificare, attraverso mento, alla fine del Settecento, della parentela opportuni procedimenti comparativi, relazioni fra le lingue della famiglia indoeuropea. Fino a genetiche che affondino le loro radici in un tempi assai recenti, le ricerche dei linguisti han- passato di molti millenni anteriore all’età del no privilegiato soprattutto l’analisi e la compara- proindoeuropeo comune. Nel recente Indo-Eu- zione di lingue scritte e di cultura, con un gran- ropean and Its Closet Relatives (2000), Greenberg ha de numero di parlanti, documentate copiosa- proposto il termine “eurasiatico” per indicare mente per lunghi periodi, dotate di parentele la superfamiglia (o phylum linguistico) che com- trasparenti e in grado d rinviare a un antenato prenderebbe la famiglia indoittita insieme alle abbastanza vicino nel tempo. Ma, in una buona sue possibili parenti prossime. Queste ultime metà del mondo, le condizioni linguistiche sono sarebbero: la famiglia uralico-yukaghira (con il o erano) assai differenti. L’Africa centrale e meri- finlandese, l’estone, l’ungherese, il lappone e dionale, l’Australia, la Nuova Guinea e i due altre lingue della regione del Volga e della Si- continenti americani sono (o erano) aree caratte- beria occidentale); la famiglia altaica (lingue rizzate da un’enorme frammentazione linguistica turche dell’Anatolia, dell’Asia centrale e della (se consideriamo le lingue native, aborigene). Siberia, lingue mongole, lingue tunguse dell’E- Qui le lingue sono in genere parlate da poche stremo Oriente); le lingue della Kamèatka e migliaia di individui, e intrecciate in modo tale della penisola dei èukèi; il gilyak (altra lingua che fra due comunità vicine può corrisponder parlata nell’Estremo Oriente russo); il gruppo una distanza linguistica enorme. Rispetto alle formato dalle lingue eskimo-aleutine; un altro Gianluca Bocchi - Genesi delle identità europee 101 gruppo che sarebbe formato dal giapponese, terrebbe la massima parte dei linguaggi ancora dal coreano e dall’ainu ( la piccola etnia, ormai parlati dalle popolazioni native dei continenti residuale, dell’isola di Hokkaido, la più setten- americani, dall’Alaska alla Patagonia) risultereb- trionale dell’arcipelago giapponese). Green- be per esempio connessa con le lingue che for- berg sostiene inoltre che è possibile individua- mano il gruppo eurasiatico di Greenberg. Di re tracce di relazioni genetiche ancora più re- contro, la famiglia na-dene (cioè la seconda mote, di parentele che risalirebbero ancora più grande famiglia delle lingue dei nativi america- indietro nel tempo, fra le lingue indoeuropee e ni, alla quale appartengono, fra l’altro, il navajo, le lingue kartveliche (o lingue caucasiche meri- l’haida e le lingue della famiglia athabaska del dionali, delle quali il georgiano è la principale Canada) mostrerebbe connessioni con la ma- esponente), fra le lingue indoeuropee e le lin- crofamiglia sino-caucasica, tanto che è stato co- gue afroasiatiche, fra le lingue indoeuropee e niato il termine «Dene-caucasico» per indicare le lingue dravidiche. In questo senso l’eurosia- nella sua massima estensione questo raggrup- tico sarebbe a sua volta un sottoinsieme di una pamento linguistico di origini assai remote. Per superfamiglia linguistica ancora più ampia, che di più, l’esame comparato di un gran numero di potrebbe essere definita come «nostratica». I lingue di tutte le aree del mondo, appartenenti contributi della terza parte del presente volume a famiglie linguistiche spesso assai distanti l’u- («Accanto all’indoeuropeo, oltre all’indoeuro- na dall’altra, ha condotto Merrit Ruhlen e John peo, prima dell’indoeuropeo. Prospettive di Bengtson a prendere in considerazione la pos- storia delle famiglie linguistiche») passano in sibilità di vere e proprie «etmologie globali». rassegna le piste di ricerca aperte da una pro- La presenza di alcuni termini con significati e spettiva di questo genere. strutture fonetiche affini in decine di lingue che C’è una direzione, grazie alla quale la com- appartengono a molte delle grandi famiglie lin- parazione tra le grandi famiglie linguistiche con- guistiche del mondo (talvolta provenienti da sente di lanciare sonde importanti per la storia aree lontanissime) potrebbero risultare il rifles- del popolamento del continente europeo. Già so del vocabolario e della semantica di una nella prima metà del Novecento, taluni studiosi protolingua originaria, oscurata ma non cancel- si erano chiesti se il basco e le lingue caucasi- lata dall’inesorabile fluire del tempo. In tal ca- che (cioè due gruppi isolati che oggi sono collo- so, l’ipotesi della monogenesi delle lingue cati ai due estremi del continente europeo) non umane troverebbe una solida conferma. fossero in qualche modo imparentati. Oggi Oggi, in effetti, sono in corso di elaborazione sembrano emergere gli indizi di una relazione parallela due alberi genealogici, che integrano più precisa fra il basco e le lingue caucasiche le ipotesi più affidabili relative alle parentele e settentrionali (che comprendono, fra l’altro, le alle connessioni storiche delle varie popolazio- lingue circasse, il ceceno, le lingue del Daghe- ni umane. Il primo è delineato a partire dalle af- stan, mentre il georgiano, come abbiamo detto, finità e dalle divergenze del genoma delle varie appartiene al gruppo delle lingue caucasiche popolazioni, il secondo tramite il ricorso ai me- meridionali, o kartveliche). Il fatto interessante todi della linguistica storica e comparata. Le lo- è che tali indizi emergono soprattutto perché ro relazioni non sono sempre dirette. E per talu- nel materiale di comparazione sono stati inseri- ne aree ed episodi le due ricostruzioni si disco- ti elementi che provengono da una famiglia lin- stano. Ma, nella maggior parte dei loro tratti ge- guistica esterna all’orizzonte geografico euro- nerali, i due alberi concordano: presi insieme, peo, quella sinotibetana, le cui esponenti prin- essi appaiono capaci di ricostruire gli spazi e i cipali sono il cinese, il tibetano, il birmano. Ç tempi delle maggiori biforcazioni nella storia stata così proposta una super-famiglia (o del popolamento del pianeta da parte della phylum) «sino-caucasica», nella quale il ponte specie umana. In questo modo l’incontro fra la fra Europa e Asia è assicurato dalla presenza di linguistica storica, l’archeologia preistorica e la lingue che fino a oggi apparivano enigmatiche genetica molecolare sta aprendo la prospettiva lingue isolate della Siberia (ket) o della regione concreta di costruire l’albero genealogico com- himalaiana (burushaski). Se confermata, questa plessivo di Homo sapiens, di disegnare una map- macrofamiglia rivelerebbe un’altra, antichissima pa il più possibile dettagliata della grande dia- traccia delle linee di popolamento dell’Europa spora planetaria. e del Bacino del Mediterraneo. Vi sono ulteriori indizi di connessioni remote o remotissime fra le grandi famiglie linguistiche Bibliografia del mondo, segni di diaspore, biforcazioni e se- parazioni, che quasi sempre trovano corrispon- – Alinei M. (1996), Origini delle lingue d’Europa, vol. I: La Teo- ria della Continuità, il Mulino, Bologna. denza negli sviluppi indicati dalle ricostruzioni – Alinei M. 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Si ringrazia la Bruno Mondadori per l’autorizzazione concessa alla pubblicazione del saggio introduttivo al volume «G. Bocchi e M. Ceruti - a cura di “Le radici prima dell’Europa. Gli intrecci genetici, linguistici, storici”, Bruno Mondadori, Milano, 2001». MARINO NIOLA Università degli Studi, Trieste TEORIA DI MADRI (Testo non pervenuto)

LAURA FARANDA Università degli Studi «La Sapienza», Roma NASCERE DUE VOLTE: L’AMBIGUO DESTINO DELLA GRANDE MADRE NELLA GRECIA CLASSICA (Testo non pervenuto)

LUCIETTA SCARAFFIA Università degli Studi «La Sapienza», Roma LA VERGINE COME CONTENITORE DEL SACRO (Testo non pervenuto) QUARTA SESSIONE TRANSITI

Sabato 25 novembre 2000 Coordinatrice Annamaria Tagliavini Biblioteca Nazionale delle Donne, Bologna

CATERINA ARCIDIACONO Fondazione Laboratorio Mediterraneo, Napoli SULLE TRACCE DELLA GRANDE MADRE MEDITERRANEA: IMMAGINI E ATTRIBUTI

Questo contributo intende esprimere l’attua- frontare un futuro diverso da quello delle no- lità e il senso di una ricerca sulle tracce della stre madri; la scoperta di radici misconosciute Grande Madre attraverso le osservazioni di di un femminile forte, fertile e potente. una viaggiatrice femminista, psicologa-anali- Negli stessi anni, a Roma, con alcune psico- sta, di cultura classica. loghe, avevamo costituito un piccolo gruppo di In questo significativo e coraggioso conve- autoconoscenza «Il sole nero» che studiava il gno organizzato da Milli Violante e l’intero pensiero clinico e psicodinamico in una pro- gruppo di Armonie esso vuole offrire un viag- spettiva di genere, partendo dalla riflessione gio tra reperti museali dell’area mediterranea sulla propria esperienza. Le donne della mito- alla ricerca di simboli e segni della Grande logia diventarono protagoniste dei nostri in- madre, che l’archeologia custodisce tra i resti contri. della storia, dando attenzione al rinnovato e Nel 1977, dopo la lettura di «Potere del ma- affascinante dibattito interdisciplinare nel triarcato» di Ida Magli quale giovane psicologa quale la tradizione junghiana, agli albori del junghiana in formazione e femminista con l’in- secolo, era protagonista. Il fine è l’arricchimen- tero gruppo apprendemmo che il matriarcato to dell’archivio della mente e della cultura, al- di Bachofen è indiscussamente mai esistito. Il la luce di nuovi eventi che fanno sempre più pensiero sul materno e sul femminile nella parte della storia e dell’archeologia oltre che storia delle donne si arricchì attraverso la co- del mito. Un percorso che parte dal neolitico noscenza di E. Harding. Fu un incontro profon- per affermare il bisogno di relazione, valore e do. La scoperta della donna vergine una in se legami del soggetto umano dove il concetto di stessa da lei descritta (1971) fu molto più pre- «adultità» proposto racchiuda in sé la capacità gnante dell’incontro con la Grande Madre di di essere autonomo e indipendente, ma anche Neumann, allora appena tradotto. L’autrice ci interdipendente e interconnesso con gli altri, aprì il mondo della individualità e autonomia cioè capace di mantenere i propri confini ma, femminile facendoci balenare la necessità di allo stesso tempo, aprirsi all’amore e all’incon- conoscere una storia altra, da parte delle don- tro, alla cura e al farsi carico delle persone ne anche rispetto alla mitologia. Ricordo poi, amate e del mondo in cui vive. letture di Graves, e Kerenyi attraverso note e Si tratta di un percorso nel materno pre- sotto-versioni del mito alla ricerca di fili invisi- classico-neolitico e paleolitico per condivider- bili, prospettive solo accennate. ne alcuni interrogativi e le fascinazioni che si Allo stesso tempo il viaggio tra i siti del ma- sono via via motivate andando oltre le rappre- terno, bacheche marginali di grandi musei, sentazioni e i canoni estetici del femminile opere neglette di piccoli e lontani musei mi ha della cultura greca classica. poi portato ad attraversare i territori dell’ar- L’intento è conservare e riproporre identifi- chetipo del mito e della storia, quasi moderna cazioni con una rappresentazione di femminile rabdomante sulle tracce di un femminile fe- forte, benefica e creatrice; mantenere la me- condo, fruttuoso e riconosciuto. moria di una costruzione sociale gilandrica La rappresentazione della grande madre è egualitaria in cui vi è spazio per il potere deci- occasione per un salto agli albori del preedipi- sionale delle donne; riproporre un sistema di co, nel regno delle fantasie primordiali, – valori in cui è attribuito riconoscimento alla URPHANTASIEN del rimosso originario del creatività e alla conservazione dei riti della na- modello freudiano –, nel mondo dell’Immagina- tura così come alle competenze e creazioni rio lacaniano, in quello dell’Archetipo junghiano, dell’ingegno umano. delle Preconcezioni bioniane; essa introduce al- Nel 1976 la pubblicazione in Italia del volu- dilà del rimosso materno, nell’inconscio abita- me Nato di donna di Adrienne Rich, nota poeta to da imago frutto di una rimozione originaria e femminista americana riportava al grande pub- di una successiva rimozione secondaria che le blico le scoperte di Çatal Hüyük, attribuendo ha esiliate dalla coscienza (Jung v. 9, CW). Per- alle figure steatopigiche ritrovate il valore di tanto ritrovarne tracce in raffigurazioni di epo- un femminile antico ritualmente riconosciuto. ca paleo-neolitica dà corpo al rimosso ance- Fu stupefacente. Era un nuovo orizzonte, un strale del genere umano. recupero della memoria sconosciuta per af- L’archetipo della grande madre porta lad- 108 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze dove le immagini sono «primordiali, in quanto no, si vogliono ritrovare dimensione collettive sono caratteristiche della specie e se mai si e individuali che hanno forza trasformativa e sono ‘originate’, la loro origine coincide quanto progettualità. La decostruzione, ricostruzione meno con l’inizio della specie stessa». (C.W. del mito ha lo scopo di navigare attraverso i vol. 9 p. 80) (1). vincoli culturali e storici delle immagini arche- Vegetti (1995a), come vedremo meglio più tipiche. Il concetto di archetipo e di inconscio avanti, trova nelle immagini del materno pri- collettivo intesi come prodotti specie specifici mordiale una generatività «asoggettiva indice culturalmente e naturalmente dati, ma non on- di un pre-umano altrimenti inesprimibile». tologicamente autoperpetuantesi, ci aiutano a Neumann è l’autore junghiano che ha dedi- comprendere come le dimensioni inconsce so- cato la propria attenzione al tema del mater- no radicate nella storia collettiva e nelle sue no arcaico ritrovando in diverse rappresenta- rappresentazioni. zioni arcaiche differenti espressioni e signifi- In questo senso il mito e la memoria vanno cati. Le immagini della Grande Madre in una interrogati per trovare risposta ai nodi irrisolti prima veste rappresentano, come per Vegetti dello sviluppo psichico a cui i diversi costrutti Finzi, la totalità irrelata e chiusa in se stessa, non riescono a trovare soluzioni adeguate. Pro- in una seconda forma, simbolizzata dal vaso babilmente l’incapacità tutta femminile ad es- contenitore sono, piuttosto, espressione di sere protagoniste attive nei processi decisio- accoglienza, di cura e di protezione ed infine nali, le difficoltà nella elaborazione della rab- assumono una dimensione legata alla trasfor- bia, il masochismo e l’invidia, insieme all’inca- mazione e separazione connessa all’immagine pacità delle donne a fare squadra insieme e a del vas trasformatore. Il vaso, dice Neumann, è mantenere rapporti di potere paritari trovano il simbolo per eccellenza del femminile e l’au- agio in una memoria collettiva che ha rimosso tore lo analizza nel gruppo dei simboli con- dimensioni di forza e creatività riferita alla po- nessi rispettivamente alla funzione del conte- tenza creatrice e innovativa del femminile. nere e del nutrire. «In quanto Grande Cerchio, Neumann aveva inteso realizzare un archi- il vaso è un contenitore, che protegge e dà si- vio degli archetipi attraverso i significati attri- curezza; ma è inoltre, anche il vaso nutriente buiti nelle diverse culture alla Grande madre, che procura al neonato e al bambino da man- e Gimbutas, come il museo delle donne di giare e da bere»; nel primo caso ha una fun- Wiesbaden a lei dedicato, hanno effettuato un zione focalizzata sulla conservazione dell’esi- repertorio delle raffigurazioni secondo le di- stente e poi invece sull’ampliamento e tra- verse tipologie di attributi: signora delle pian- sformazione (1956) (2). te, degli animali, delle acque, e più precisa- Diversi e contigui i simboli attribuiti dall’u- mente dei serpenti, del toro, degli uccelli. manità a queste differenti funzioni, di cui l’ico- Il focus del presente contributo è su due nografia della Grande madre neolitica e dei immagini che chiamerò la dea grassa e la dea ma- suoi attributi è espressione. gra, per designare la Vogliamo così riproporre l’interrogazione e più nota Venere stea- la riinterrogazione del mito, la scoperta di si- topigica, dalle forme gnificati pregnanti, nascosti nelle pieghe della abbondanti, altresì tradizione maschile, nella tradizione E. Har- detta Kallipigica e la ding, e delle Dee dentro di noi di Jean-Bolen e di donna simbolizzata tutte le analiste che hanno disvelato le rappre- dal Kevron (3) qui de- sentazioni femminili del mito. Una nuova epi- nominata del triango- stemologia è nell’uscire dalle rappresentazioni lo che attraversa si- classiche dell’imago della grande madre lente e misconosciuta profondamente limitate nella loro epifania da l’iconografia arcaica. un percorso culturale al maschile (Giani Galli- La prima immagi- no 1989); l’intento è,come afferma Faranda, ri- ne, a partire dalla Ve- cercare «le dimore del corpo femminile: spazi nus di Willendorf residuali di un’alterità rimossa, zone d’ombra (Fig. 1) del 20.000- e di confine che riflettono sagome sottratte al- 30.000 a.C. riporta la frontalità della visione» (1996, p. 2) per ritro- una forma forse ec- vare immagini proprie (Barducci, Codignola, cessivamente piena, Fig. 1 - Venus di Willendorf 20.000- op. cit. p. 71). Pertanto, in questo percorso vi- abbondante. È una 30.000 a.C. Museo di Storia Natura- sivo attraverso immagini dell’archetipo mater- figura dell’eccesso, le, Vienna.

(1) Con questo intendiamo dire che nell’inconscio vi sono predi- sposizioni innate (archetipi) a percepire immagini specie-speci- fiche. (3) Rappresentazioni a forma di V, quali simboli della dea Uc- (2) Op. cit. traduzione italiana del 1981, p. 53-55. cello. Caterina Arcidiacono - Sulle tracce della Grande Madre mediterranea: immagini e attributi 109 insolita e perturbante rispetto alle espressioni di misura e armonia che il femminile avrà nella cultura preclassica e classica. Pensiamo ad esempio, per differenza alle Kore votive di Ca- pua - per mantenere riferimenti alla Magna Grecia arcaica, alla Vittoria alata di Samotracia, e più vicino nel tempo alle divinità romane. È un’immagine che richiama attraverso l’ec- cesso, il concetto di pieno, ed è una figura che rimane per millenni pregnante e da tempo muta nel bacino mediterraneo. Dalla Venere di Willendorf possiamo passare a quelle di Çatal Hüyük (Fig. 2) e alle grandi figure di Malta (4), Fig. 3 - Figure stilizzate cicladiche: e ancora alle figure più stilizzate delle Cicladi a) 2800-2500 a.C.; provenienza Yortan, altezza cm. 11,3. (Fig. 3), fino alla Mater matuta (Fig. 4) della Ma- b) 2600-2200 a.C.; provenienza Cos, altezza cm. 13,1, Laffineur R., p. 16, gna Grecia arcaica a noi temporalmente più vi- Bruxelles, 1976. cina senza perdere il carattere del «troppo adulta si accompagna con una più giovane e pieno». sono insieme talvolta anche con un giovane maschio. Lo stesso genere di ritrovamenti sì è Fig. 2 - Çatal Hüyük, divi- nità assisa su un trono di avuto in altri siti dell’area anatolica, della Siria, leopardo 6000 a.C. (periodo del Libano, della Palestina. mesolitico).

Mellaart a Çatal Hüyük, (Konia), nella piana dell’Anatolia, ha rinvenuto straordinari reperti del VI millennio a.C. tra cui (5) figure femminili che propongono anch’esse il carattere del molto Fig. 4 - Mater matuta, Capua, Museo archeologico. pieno (Cfr. Fig. 2); in essi spesso una donna Il museo delle arti clicladiche ad Atene è un’ulteriore testimonianza della permanenza (4) Figure analoghe, per la pienezza delle forme e misure, si tro- delle «madri del troppo pieno» (6) prima descritte. vano ora ben catalogati nei reperti del museo della Valletta (Malta) – di recente ristrutturato e degnamente posto nel centro Esso raccoglie figure del 3 millennio a.C. cosid- della città, risalenti a circa il 3000 a.C.; sempre in questo museo dette a forma di violino, di non più di 10-15 è reperibile una grossa stele riportante un simbolo arboreo con cm. (Cfr. Fig. 3) prevalentemente ritrovate nelle una decisa connotazione femminile sacrale . Qui si custodiscono anche le statue di dimensioni megalitiche ritrovate nelle aree isole Cicladi dove è il sedere pieno a mantene- sacre; la più nota, la Grande dormiente, è accolta in un vaso, re l’iconografia del grasso. quasi in una sorta d’identificazione chiusa tra contenente e con- L’insieme della figura è molto elegante, ma tenuto. A Malta, anche per le altre dee, si tratta di figure impo- nenti poggiate su gambe sottili (Fig. 7-9 Arcidiacono 2000), non le caratteristiche della figura mantengono l’ec- incinte i cui tratti richiamano la ieraticità delle figure di Çatal cesso delle forme. Hüyük. È anche qui un femminile che esiste senza attributi, sta- Il troppo pieno delle prime rappresentazio- tico e irrelato nella rappresentazione di un corpo pieno, conte- nuto nelle gambe-vaso. ni femminili turba i canoni della cultura classi- (5) Si tratta di pitture vascolari rappresentati, tori e figure uma- ca in cui siamo stati educati. Le immagini del ne, statue e offerte votive; di cui, tra le tante, riporto a livello femminile arcaico sono oggi l’inevitabile riferi- emblematico la signora degli animali, trovata in una cesta per il gra- no del santuario A-II-, che rappresenta una figura assisa in trono, mento se si pensa alle grandi opere di Moore poggiata su due leopardi, nell’atto di dare la vita ad un bambino e alle forme piene e dissacratorie di Botero. che aveva forse lo scopo di promuovere la fertilità del grano (cfr. Fig. 2). (6) Cfr. Arcidiacono 2000. 110 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

L’immagine che richiama il concetto di pie- fisso nel vuoto, come quello della Sfinge. I loro no sembra essere pregnante nel bacino medi- occhi non vedono perché non hanno niente da terraneo. guardare: risiedono in se stesse, le grandi dee Vale per queste figure quanto Neumann af- non riconoscono nulla fuori di sé. È stato os- ferma sulla pregnanza del sedere e del trono. servato che esse tendono all’inorganico, con- «Questa sedentarietà, in cui il sedere è in anti- tengono la vita ma non sono vive: si ammanta- tesi con i piedi, simbolo del muoversi libera- no del divenire ma non mutano. Costituiscono mente sulla terra, rappresenta un legame par- l’esperienza, la sua condizione di possibilità ticolarmente stretto con la terra, come si dedu- ma non ne fanno parte perché la precedono. In ce anche dal simbolismo linguistico».. La paro- questo senso le dee cieche sono il perno at- la sedere ha la stessa struttura di possedere e l’e- torno al quale accade il movimento rotatorio spressione tedesca Wohnsitz (dimora) ha la della vita e della morte, ma di per se stesse, stessa radice. Nel rituale e nei costumi, sedersi esse non vivono né muoiono. Anche la ricchez- su qualcosa significa prenderne possesso. Ed anche il za di messi e di figli che testimoniano è per lo- trono assume di per sé le valenza e gli attribu- ro senza gioia, senza alcuna espressione di go- ti della regalità della grande Madre terra, su dimento, quasi che il processo generativo, cie- cui siede il re quando sale al potere. co e imperturbabile le attraversasse in modo Il pieno intenso del femminile arcaico, è or- impersonale. Molte hanno un tono piuttosto mai entrato nel repertorio della memoria. Se imponente, importante, sono rappresentate Çatal Hüyük è difficilmente raggiungibile, e come figure regali sedute su di un trono che Ankara che ne custodisce i reperti è una città coincide col loro stesso corpo, simbolo di po- fuori dei grandi circuiti turistici, è divertente tenza, più che di potere… Non inscrivibili in pensare che Vienna ha accolto la Venere di una dimensione storica dell’arte, queste figure Willendorf nel Naturhistorisches Museum e sacre risultano estremamente lontane, aliene che non lontano, si possono ammirare donne rispetto al nostro essere nel mondo, quasi pro- giganti di Botero nell’androne del Museo d’ar- venissero da un altrove immemorabile, da un te moderna, statue e donna-fontana di Moore non tempo. Nessuna donna vi si immedesima nei giardini di Karls Ressel vicino Karlsplatz. perché rappresentano l’alterità che è in lei, il Reperti più recenti di questa sommersa e radicalmente altro. La loro visione provoca un continua tradizione si hanno ancora nel VI se- effetto «perturbante» dove il massimo di fami- colo un po’ ovunque nel bacino Mediterraneo. liarità si rovescia come negli incubi nel massi- Tra tante voci sparse e sommesse, le più famo- mo di estraneità. Eppure in un certo senso es- se e imponenti sono le Matres matutae datate se ci contengono. Dinanzi alle Grandi Madri intorno al VI a.C. della vicina Capua, «figure siamo confrontati con contenuti mentali ante- dello sconcerto» (Cfr. Fig. 4) che Mancini, uno cedenti il soggetto e la sua economia pulsio- dei primi studiosi definì «rozze e mostruose sì nale … le informi statue capuane costituiscono che sembran rospi». Silvia Vegetti Finzi (1995) il tentativo di rendere visibile un fantasma le ha viste come: dell’origine difficilmente rappresentabile in al- «‘res’ cose senza tempo, sigillate nella mate- tre forme simboliche» (op. cit. 1995). ria, come rivela la loro struttura senza vuoti: le statue più primitive, rozzamente scolpite, so- no quasi stilizzate; mancano gli abiti o sono Il vaso e il triangolo per un’iconografia della donna appena abbozzati imprimendo qualche solco del troppo pieno e della donna del triangolo. nella materia tufacea, materia più o meno sca- bra che lascia scorgere gli inclusi e i vacuoli ca- L’altra figura simmetrica a quella fin ora de- ratteristici della pietra d’origine vulcanica. Gli scritta, che voglio qui introdurre è quella del archeologi che le hanno recuperate parlano di femminile stilizzato, del triangolo, del vaso ‘statue materiche’ proprio perché manca quasi espresso nella essenziale definizione dei con- completamente l’espressione del viso, così co- torni. È questo un motivo forte che si esprime me la gestualità del corpo. Queste enormi nel triangolo pubico, nel triangolo seni-pube, masse materne tengono in grembo neonati occhi-bocca e di cui con questo contributo vo- strettamente avvolti in fasce che diventano nu- glio sottolineare la presenza in molte epoche merosi (la maggiore ne regge venti), si riduco- e realtà euromediterranee. Esse sembrano af- no a covoni e mazzi di cereali che di umano fermare la rappresentazione di forme triango- hanno solo la testa che coincide con la som- lari in relazione a divinità femminili o come mità della spiga. Tra la madre e i suoi innume- espressione di loro attributi e simboli. revoli figli non vi è relazione alcuna: i suoi pro- Jung ha studiato con grande attenzione la dotti generativi le giacciono in grembo rigidi e simbologia della trinità. (Cfr. C.W., volume V, inanimati. In particolare il volto materno non VIII, IX, XI) Triadi divine sono all’origine del ha nulla di grazioso, di femminile, lo sguardo è mito in Mesopotamia e in Grecia e la stessa Caterina Arcidiacono - Sulle tracce della Grande Madre mediterranea: immagini e attributi 111

Creazione, l’origine nelle diverse tradizioni è Venezia negli anni ’90. sempre connessa con qualche dimensione Anche qui compaiono triadica. Platone nel Timeo e poi, Pitagora han- piccole figurette di cui il no affrontato il tema del tre e del quattro in triangolo è l’elemento ca- connessione alla bi e tridimensionalità della ratterizzante. materia. Anche la documenta- Scrive Jung: «Il tre appare di fatto come un zione degli scavi di Ebla adatto sinonimo per un processo di sviluppo riporta tracce di quella nel tempo, e costituisce con ciò un parallelo che chiamo donna trian- all’autorivelazione di Dio, come dell’uno asso- golo (Fig. 6). luto nello svolgimento del tre. Il rapporto della L’attenzione alla ico- triade con l’unità può essere espresso da un nografia della donna ma- triangolo equilatero: a=b=c, cioè dall’identità gra (8) con il pube trian- del tre, dove in ognuno dei tre angoli diversa- golare in bella mostra, mente indicati è data ogni volta l’ intera triade. prosegue riprendendo le Quest’idea intellettuale del triangolo equilate- descrizioni di figure egi- ro è una premessa del pensiero per l’immagi- ziane di epoca badaria- ne logica della trinità» (7). Questo passo mi na, cioè tra il 4500- porta a riguardare queste antiche figurine e a 3900/3800 a.C., rinvenute costatare che il triangolo pubico ha in esse for- ma equilatera. Fig. 6 - Mari, figurina femmi- Tuttavia nella tradizione cattolica, e non so- nile in bronzo, argento e oro del cosiddetto «tesoro di Ur» ca lo, la trinità, quale elemento eccelso della 2400 a.C. in: Ebla, Alle origini grandezza è proprio di dio padre-figliolo e spi- della civiltà urbana, Electa, Mi- rito santo che certamente non si coniuga al lano, 1995, p. 48. femminile. Il richiamo del tre va per eccellenza al dogma della trinità. E ad esso Jung ha dedi- cato il Saggio d’interpretazione psicologica nel Delta del Nilo (Fig. 7). Le della Trinità (1942/1948). schede di documentazione Il volume Linguaggio della dea del Petrie Museum descrivo- di Marija Gimbutas dà piena no una prima figura con pu- documentazione di reperti che be a triangolo, vita stretta e percorrono tutto il neolitico seno grosso, senza riferimen- dalle prime rappresentazioni a ti steatopigici (Rif. 19638, forma di V, chevron e chevron tomba Badari 5107); una figu- multipli quali simboli della ra con vita stretta, tratti stea- dea Uccello, databili fino all’ul- topigici, pube a triangolo e timo Paleolitico 18000-15000 braccia alzate a triangolo (rif. a.C.. 19637, tomba Badari 5227). Ad un’avvertita lettura della Numerose le ulteriori figuri- simbologia della Grande dea, ne con busto a triangolo e il Fig. 7 - Figura femmi- il triangolo assume diverse pube ben in evidenza (9). nile (predinastico (Na- esplicitazioni; è ad esempio Saltando ora a Creta ve- quada I), 4000-36000 a.C.. Da: Kemet. Alle evidente nella statuetta in ar- diamo che anche l’arte della sorgenti del tempo, Elec- gento della prima età del civiltà prepalaziale di (2600- ta, 1998, p. 140. bronzo (III millennio a.C.) cu- stodita nell’Anadolu medenìyetleri müzesi di Ankara ritrovata a Ha- (8) A Malta, regno della madre megalitica, nella baia dello sci- ∂ rocco, a Marsa-Xlockk, nel tempio di Tas-Silg, vi è traccia del cul- sano lan (Fig. 5). La figura del to della fenicia , generalmente rappresentata con l’icono- triangolo pubico, ripreso dalla grafia della dea magra, di cui al momento non riesco a trovare ri- Fig. 5 - Statuetta in fasciatura che evidenzia i seni argento, Hasanöglan, trovamenti specifici. Bisognerebbe meglio studiare la raccolta di anch’essa a forma di triangolo prima età del bronzo, reperti in situ. 3000 a.C., Anadolu (9) Tale continuità di temi può spaventare, in quanto la civiltà esprime un’iconografia ben di- Medenìyetleri Müze- dell’Egitto faraonico è stata sempre vista in una sorta di splendi- versa di quella fin qui espressa sì, Ankara. do isolamento – afferma Isabella Caneva (1998). In realtà ritrova- menti d’utensili in rame a Badari indicano che le popolazioni dalla iconografia del troppo dell’Alto Egitto avevano scambi commerciali con le culture del pieno. Sinai e della Palestina. Del resto anche per la regione di Badari, Il pensiero va ad una negletta bacheca del- vicino Assyut si tratta d’insediamenti stabili in villaggi dove già nel 4000 a.C., se non prima, lo sviluppo di un’organizzazione so- la grande mostra degli Ittiti a Roma, Palazzo ciale e la contemporanea diffusione dell’agricoltura furono il ri- sultato di rinnovate relazioni rese possibili dal nuovo tenore di vita che era condotto grazie all’allargamento delle comunità (7) V.11, CW, p.125, pp. 148-149. (Fekri A. Hassan 1989). 112 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

2000 a.C.) di Creta (Fig. 8), ci attraverso le braccia la continuità del triangolo riporta anche qui una figura e dei simboli ad esso connessi. che si caratterizza con il L’archeologo James Mellaart, dell’Università triangolo della zona pubica. di Londra, celebre scopritore di Çatal Hüyük, Continuiamo così il percorso ha sostenuto la continuità del tema della gran- attraverso il museo di Herak- de Madre Anatolica (Mellaart 1990) attraverso i lion (Creta) incontreremo secoli provandolo attraverso confronti tra affre- nella civiltà neopalaziale schi rinvenuti negli scavi e sculture coeve. Per (1700-145 a.C.) figure a brac- un’archeologia storica dell’immaginario, tutto cia alzate sia nella iconogra- questo è di emozionante fascino. fia cipriota e cretese sia nel- Seguendo l’autore le braccia in forma con- le famose donne con i ser- vessa prima descritte sembrano permanere penti - divinità ctonie di Cre- nella antica tradizione dei Kilim; il ché ci po- ta (Cfr. Fig. 9) e qui, a mio trebbe confermare la continuità del tema della parere, le braccia in questa triangolarità trasformatrice e creatrice, pur nel- posizione riprendono il mo- le sue variazioni tra le diverse culture del vici- tivo del triangolo neolitico. Il no Oriente. Ad un esame attento si potrebbe motivo unito agli uccelli ri- affermare che il triangolo varia nelle sue forme, torna nella civiltà post pala- ma che nel tempo il tema è mantenuto, ma de- ziale (1400-1100 a.C.) della potenziato. Se, a Cipro, la dimensione di forza Fig. 8 - Creta, Museo di dea dei papaveri, di quella autocentrata sembra mantenersi, almeno nelle Herakleion, civiltà prepa- con le colombe provenienti raffigurazioni presenti nel Museo di Nicosia co- laziale, avorio, fattura di tipo cicladico, 2600-2000 dal santuario di Gazi e quel- me altrove meglio esplicitato (Arcidiacono a.C., Creta, Museo di la con un uccello sulla testa 2000) nelle figure oranti dell’ultima cultura mi- Herakleion. proveniente da Cnosso (Cfr. noica sembra perdere di forza centripeta. Ana- Arcidiacono 2000). Lo stesso tema permane logo destino sembra aver avuto anche l’attri- nella dea di Karphi del periodo subminoico buto della testa di uccello che, come attributo (1100-1000 del femminile permane anche in epoca classi- a.C.) (10). Per ca, ma che è a noi, giunto, prevalentemente Sakellarakis nella accezione negativa (12). La potenza crea- (1989) è que- tiva associata al simbolo viene ricordata nel sto uno stile momento in cui toglie la vita e simbolizza il nuovo a Cre- pericolo. Ed anche qui varrebbe un richiamo ta che viene iconografico alla apertura alare quale richiamo chiamato alla triangolarità di un femminile, che simil- «stile della mente alla Parche, è oramai visto solo nella dea con le potenza della morte. braccia alza- Non si può qui sottrarsi ad una notazione te» ma il sen- strettamente nominale. Le figurine di Creta so non è precedentemente descritte, sono riportate an- chiaramente che da Neumann, quest’ultimo le descrive co- definito, an- me raffigurazioni della grande Madre. La guida che se la pre- del museo di Iraklion di Sakellarakis, così co- senza di uc- me le didascalie delle vetrine, parlano per la celli, e corna dea di Arkanes (cfr. Fig. 8) di «idolo femminile, dovrebbe, idolo fittile». Lo stesso dicasi per le descrizio- come già ni esposte in diverse mostre e altri musei. detto, presu- Questo sembra il segno di un’ennesima pre- mibilmente senza senza nome. riportare alla Fig. 9 - Dea dei serpenti. Dal santuario Centrale La permanenza o l’assenza dei segni e il va- del Palazzo di Cnosso. ca. 1800 a.C. Creta, Museo simbologia di Herakleion. lore ad essi attribuito è molto interessante. della dea E ben strano che il segno della trinità sia ri- madre. Neumann in realtà, aveva notato que- masto al femminile solo o prevalentemente sta permanenza delle braccia alzate ma l’attri- nelle Parche. Ovvero, che della grandezza del- buiva ad una dimensione orante o alla espres- la creazione l’attribuzione sia rimasta a figure sione di epifania di una divinità (11). Potreb- femminili solo nella dimensione terrifica di co- be, invece, seguendo il filo rosso del triangolo, loro che levano la vita . Dov’è l’inizio? essere piuttosto una modalità per mantenere In Neumann si coglie anche un riferimento

(10) Cfr. Arcidiacono 2000. (11) Cfr. op. cit. 1956, traduzione italiana del 1981, pp. 119-121. (12) Cfr. Neumann, op. cit. p. 149. Caterina Arcidiacono - Sulle tracce della Grande Madre mediterranea: immagini e attributi 113 ad una differenza tra triangolo inferiore e su- relato, del cavo contenitore e della trasforma- periore. zione. Tuttavia, ad uno sguardo più approfon- Accettare la distinzione che egli pone tra dito, sembra che il tutto risulti in qualche mo- trinità superiore e inferiore è già porsi in un do ipostatizzato e privo di parola. Forse è que- universo ove la cancellazione passa attraverso sta però una suggestione del tutto soggettiva. il depotenziamento. È già un sistema uranico, Nel pensiero psicoanalitico contemporaneo, che non potendo cancellare svilisce (13). la funzione contenitrice del cavo (16) materno Sembra così delinearsi un’oscillazione tra trova crescente valorizzazione (Cfr. Ferraro, superiore e inferiore, pieno e vuoto che scan- Nunziante Cesàro 1985) (17). Pur tuttavia, le at- disce i tempi e gli spazi del sacro. tribuzioni di significato allo spazio interno delle Ritornando al tema del triangolo vediamo donne, inteso come contenitore potente e atti- che in realtà Neumann aveva solo accennato a vo, stentano a trovare collocazione. Allo stesso questa duplice iconografia, ma il rilievo non tempo, i contributi d’origine junghiana sulla aveva comportato ulteriori riflessioni oltre l’in- funzione attiva e trasformatrice del vas conteni- vito ad approfondire il valore simbolico di tali tore avevano percorso il binario morto delle rappresentazioni (14). elaborazioni psicoanalitiche sul femminile per Per le dee dei serpenti di Creta, potrebbe trovare solo di recente diverso posizionamento dirsi invece che hanno mantenuto gli attributi e ridefinizione. (Arcidiacono 1995, p. 57-58). della Grande dea e la simbologia del vaso (ve- Il materno imponente delle immagini arcai- di la forma concava del grembiule), ma la loro che del troppo pieno è sì un patrimonio del descrizione sembra un segno ornamentale di nostro inconscio, ma è storia della nostra spe- leggiadria più che un attributo che ne caratte- cie umana e in questo senso è storia conte- rizza le antiche peculiarità. stualizzata. Mi viene in mente Winnicott quan- Un ultimo accenno do afferma «la teoria psicoanalitica si sviluppa alla Diana, mille seni di continuo e deve svilupparsi per un proces- di Efeso (Fig. 10) che so naturale piuttosto simile alla condizione forse è l’ immagine che emozionale dell’essere umano in esame. Non meglio esprime in c’è migliore esempio della necessità di una un’unica figura le tre prospettiva storica nella lettura della teoria dimensioni individua- psicoanalitica di quello che si riferisce alle pri- te da Neumann e che me radici della genitalità femminile». è rimasta presente sul- In questo senso la sotterranea presenza del la scena dell’iconogra- troppo pieno e la silenziosa assenza della figu- fia fin in epoca romana ra del triangolo non devono sorprendere. Si (15). Non era del resto può ipotizzare in questa ultima iconografia la Efeso il luogo per ec- presenza di una dimensione trasformativa del cellenza del culto del- femminile, di cui si sono nei millenni miscono- la fenicia Ishtar? sciute le tracce. La statua costitui- Dal viaggio tra bacheche neglette di grandi sce una sorta di unione musei e grandi insediamenti archeologici, il degli opposti. La forma viaggio tra le pagine di Jung, Neumann e quan- è lineare, ricorda sta- ti altri hanno trattato il tema, è stato un percor- tue dell’epoca preclas- so che in forma sotterranea ha accompagnato il sica, ha con sé il sim- mio lavoro di psicologa analista attenta alle bolo della città con il Fig. 10 - Artemide Efesia, alaba- variabili di genere. stro e bronzo, II secolo P.C., Museo trono murario che reca archeologico nazionale di Napoli. Mi auguro che anche le riflessioni di questo sulla testa, la dimen- sione trasformativa attribuibile alla ripetizione del motivo del tre è evidente nei seni del cor- (16) La dimensione del contenere e quella della trasformazione sono espresse dal triangolo e ad esso possiamo attribuire tutte po, è la misura dell’eccesso è data dalla ripeti- le funzioni trasformatrici del vaso descritte da Neumann «op. cit. tività infinita del seno. Insomma una figura che p. 55-56. E spesso i due temi compaiono insieme.» Il vaso, in contiene in sé il carattere del troppo pieno ir- termini primordiali, non è un ricettacolo passivo, è trasformato- re, attivo e potente (R.Briffault, The Mothers, pp. 473-474). Anche ne I king, il crogiolo è segno di trasformazione; è rotondo a imita- zione del cosmo; è chiuso; ha forma d’uovo. È una specie di ma- (13) Cfr. Arcidiacono 2000. trix o uterus. (14) 1956, tr. it. 1981, p. 98. (17) Bowlby afferma che compito del terapeuta è fornire al suo (15) Se ne hanno riproduzioni del 3-4 secolo P.C. in ampie aree paziente una base sicura; similmente, Winnicott descrive la neces- del bacino mediterraneo: se ne ha traccia in numerose riprodu- sità di holding e Bion di containing (Cfr. Bowlby, 1988, Una base sicu- zioni anche tarde del museo d’Efeso, in una copia d’alabastro e ra, p. 36. È sempre più condivisa l’ipotesi che la funzione tera- bronzo del II secolo P.C. nel più vicino museo archeologico di peutica dell’analista si componga di competenze cosiddette Napoli, o ancora nell’antica Gadara (in una raffigurazione in pie- maschili e femminili ( Cfr. Chasseguet Smirgel, I due alberi del giar- tra del II secolo P.C.) nel piccolo museo di Um queis (Giordania) dino, pp. 55; 64 e ss.; Mitscherlich, Über die Mühsal der Emanzipation, ecc. pp. 23-57 e Leonardi (cur), 994, Panepucci (cur.), 1994.) 114 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze lavoro possano essere contributo ad unire me- be essere di spiegazione alla silenziosa scom- moria e futuro del passato richiamando con oc- parsa della cultura euromediterranea del II chi di donna consapevole e psicologa-analista millennio, alla diffusione in forma recessiva, e le vestigia della tradizione junghiana per l’ar- sotterraneizzazione dei culti fino allora diffusi. cheologia del nostro immaginario e per la co- L’autore invita a evocare la presenza di una struzione di un futuro a misura di maschile e grande koinè mediterranea fondante di tutti femminile. gli sviluppi futuri risalente ad una comune ori- Tuttavia, prima di concludere il mio viaggio gine dell’epoca neolitica e che, in ogni caso, vorrei rivolgere alcune domande a studiosi di sembra attestare continui scambi nelle culture discipline affini quali ad esempio Louis Go- pre greca-egizia e assira (Comunicazione per- dart, archeologo, accademico dei Lincei, e la sonale, Creta 1996). moglie Anna Sacconi decifratori della lineare B Vorrei poter affermare che la Grande Madre di Tebe. Mi piacerebbe infatti sapere in che archetipica si inscrive in una storia dell’uma- modo gli studi di Marija Gimbutas quando nità più che in quella del mito. È possibile? parla di una cultura ricca e pacifica, abbiano Gimbutas con lo studio della diffusione ura- connessione con la cultura cretese. lica-indoeuropea della figura materna e Mel- Di certo gli affreschi (le fanciulle danzanti, i laart con le ipotesi sulla religione di Çatal delfini) di Knossos sono immagini di una so- Hüyük, danno un’indicazione in tale senso, che cietà complessa pacifica e civile totalmente di- non trova concordi studiosi e archeologi. Su versa da quella classica. questo argomento piacerebbe sapere il pen- La fine cruenta di questa civiltà è attribuita, siero di quegli studiosi oggi alle prese con la in un affascinante ipotesi al famoso terremoto cultura micenea e cretese. di Santorini che distruggendo le numerose na- In una prospettiva di società complessa, vi della thalassocrazia cretese alla fonda nel l’invito non è a seppellire un ordine simbolico porto dell’isola hanno irrimediabilmente com- maschile attraverso quel «di più» connesso al- promesso lo sviluppo ulteriore di tale civiltà. la capacità femminile di cura e procreazione, In questo senso sarebbe da leggere lo svilup- bensì il rifarsi alla proposta di un universo gi- po seguente della più rozza e dura civiltà mi- landrico che riconosca spazio e valore alle dif- cenea, da cui trasse origine la Grecia classica. ferenze dei sessi, nel superamento di un ordi- Il famoso terremoto di Santorini del 1500 ne asimmetrico di relazione tra gli stessi. a.C., fu un evento tra storia e mito che potreb-

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ANTONELLA BARINA «Istar», Venezia VIAGGIO NEI LUOGHI SACRI DEL MEDITERRANEO INSULARE (1988-1998)

Il viaggio nella contingenza del viaggiare), la memoria Il viaggio è la risorsa che più di ogni altra mi dell’altra anche in assenza (il saperla seguire garantisce fedeltà a me stessa, l’esperienza anche se distante), l’amore (frutto della condi- che mi rigenera e mi dà forza, senza mai delu- visione di momenti di grande apertura), lo dermi nelle sue diverse forme: istinto nomadi- scambio (abitudine alla condivisione generosa co, migrazione, fuga, esplorazione, pellegrinag- di informazioni e beni materiali), la coscienza gio, ricerca, scoperta, introspezione, estasi, fol- della propria relatività (legata alla conoscenza lia, turismo escluso. Quando gli occhi ripren- di contesti diversi dal proprio). Va da sè che dono, intatta, la propria capacità di vedere, e i nessun tesoro ci appartiene in eterno. Spesso sensi tornano allegri: questo per me è il viag- bisogna tornare a viaggiare per ritrovarlo un gio. solo istante. È quello che ci salva dalla banalità quoti- Il viaggio nei luoghi sacri delle isole del diana, un lusso e una necessità assieme. È Mediterraneo, però, è stato qualcosa di ancor l’eccezione non contemplata, la possibilità ul- più particolare, una sorta di viaggio iniziatico teriore che ci diamo quando sentiamo che legato ad esperienze di maternità. Il percorso quello che ci circonda non ci può contenere e del materno, i cui segni scolpiti nelle pietre che stiamo rischiando di perdere il rapporto rappresentano il comune denominatore delle con noi stesse. È il destino che riprendiamo in isole del nostro mare, costituisce infatti il mo- mano nel momento in cui solleviamo il baga- dello originario di ogni altro tipo di linguaggio glio che porteremo con noi. È la partita con cui iniziatico e di conoscenza. Per fare alcuni decidiamo di riaprire il gioco, il rischio che esempi, «il numero dell’iniziazione alchemica scegliamo di correre. Non c’è viaggio senza ri- è il nove, quanti sono i mesi della gestazione schio, perché vi è sempre inclusa la possibilità femminile umana, il numero del passaggio ad di non ritorno. Solo il turismo pretende di re- un altro ordine di vita è il 40, quante che viene stituire intatta, al ritorno, l’identità di chi si rispettato in tutto il mondo nella quarantena muove, ed è per questo che io non considero puerperale, la base dei doni magico-religiosi è il turismo una forma di viaggio, ma un pendo- il tre che è il numero delle età fisiologiche larismo indotto da una rete di obblighi legati femminili su cui si innestano le tre manifesta- alla stanzialità, cui si ritorna senza aver speri- zioni della dea della creazione…» (Istar, n. 6, mentato il gusto di perdersi. Questo gusto è 1992). Questa accezione del viaggio come per- altrettanto forte dell’estasi del ritrovarsi. Così corso iniziatico e creativo, che a me e ad alcu- il viaggio per me è l’esperienza limite attraver- ne di noi appare addirittura elementare, deve so la quale ci mettiamo nelle condizioni di ancora essere pienamente compresa, mi sem- perdere il nostro senso per ritrovarlo e accre- bra. Sono stata chiamata qui come «esperta di scerlo, di percorrere altre strade per ritrovare genere che si è occupata» del divino femmini- la nostra (ed includo nel viaggio anche forme le arcaico: anche altre donne sono andate in di abbandono dei livelli di realtà convenziona- questi anni, alcune in Italia e molte di più al- le, come ad esempio la lettura o la meditazio- l’estero, ricercando come me nel passato ele- ne, che non implicano necessariamente lo menti di definizione della propria identità spostamento fisico). simbolica. Ci sono le donne che vanno a pietre Vorrei anche nominare il rapporto con altre come Luisella Veroli e le Melusine e Paola Pa- viaggiatrici (come Eva Viani ed Etta Lisa Basal- rodi e Marina Martignone e che cercano nel della). Quanto più è profondo, tanto più il luogo la chiave di conoscenza e la scambiano viaggio è unico, originale, non omologabile a tra loro e con le altre, e tra queste Tiziana. Ci categorie altrui. Questo non è in contraddizio- sono quelle interessate all’aspetto mitopoieti- ne con il profondo legame che si instaura talo- co, come Gabriella Galzio e altre che si trova- ra tra viaggiatrici. Nelle condizioni di sopravvi- no oggi qui. Ci sono quelle più interessate al- venza cui a volte il viaggio espone si sviluppa- l’aspetto conoscitivo e divulgativo, come Lu- no qualità che la segregazione fisica e mentale ciana Percovich. Quelle che creano gemme e non consentono di coltivare. Tra queste, oltre paesaggi, come la vostra bolognese, Angela al coraggio necessario all’assunzione del ri- Marchionni, che invece non ho ancora visto o schio, la lealtà (esercizio di verità maturato le costruttrici di templi, come Cristina Casano- 118 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze va. Ci sono anche i fedeli della dea, come Ma- la cosa più affascinante è quando i risultati si rio Bolognese, che mediano i simboli arcaici contraddicono e devi ricominciare da capo e nella profonda leggerezza del trasmettere. Ci perderti di nuovo. Qui mi sento inoltre solleci- sono quelle che come Cristina Tacchetto la tata a sviscerare, a partire da me, anche gli dea l’hanno dentro di sé in forma giovane. aspetti politici sottesi al Viaggio nei luoghi sa- Quelle che sono giunte alla seconda età. Quel- cri del Mediterraneo insulare, indicandovi le che stanno consapevolmente agendo la ter- quali raccordi sono possibili con la materia che za. Ci sono quelle che prendono appunti e do- più universalmente viene definita politica. mani viaggeranno, sogneranno, scriveranno. Cercatrice sono stata, piuttosto, nell’accezione Quelle che diranno di noi. Quelle che attraver- pionieristica della cercatrice d’oro, dove l’oro, so noi diranno se stesse. Anch’io sono qui, come nelle migliori tradizioni, è il sapere, base semplicemente, a dire. Tuttavia, nel suo biso- prima dell’agire politico. O dovrei dirmi fuggi- gno di definirmi, l’organizzazione del conve- tiva, perché scappavo da un sistema segnico gno ha mostrato una certa oscillazione, tra la oppressivo, che non ho mai condiviso, verso qualifica di giornalista e quella di studiosa. La un’alternativa possibile? Al tempo stesso, ero prima è corretta dal punto di vista biografico, migrante, trasmigrante: l’emigrante di seconda ma non pertinente, perché mai alcuna azienda generazione, e per di più oriunda, quale sono, mi ha commissionato il viaggio, anzi, la serie di presa tra due terre, tra il Nord e il Sud, dedi- viaggi, che ho autonomamente compiuto nel cherà almeno una parte della propria vita a Mediterraneo, mossa da personali motivazioni cercare di conoscere quella più distante, che di ricerca. Tuttavia, l’impulso ad informare le rappresenta l’Altrove, che per me è il Sud ed il altre, ad ogni ritorno, su quello che avevo vi- mio Sud è nel Mediterraneo. Io ero partita alla sto, su quello che di insospettato c’era negli ricerca del Vello d’Oro, questa è la verità: e Altrove insulari, soddisfava anche una profon- quando l’ho trovato sull’albero ho capito che da vocazione professionale. La veste di stu- dovevo lasciarlo dov’era. Quando in una delle diosa, invece, è apparsa ad altri generica e for- ultime isole, a Minorca, ho trovato il frammen- se troppo impegnativa: vi ho facilmente rinun- to di una testina di marmo, sono tornata sui ciato, e in effetti il profilo di chi sta chino sul li- miei passi e l’ho posata di nuovo dove l’avevo bro non mi si addice, perché, pur disponendo raccolta. Questa è la prima differenza di gene- di una discreta biblioteca sul tema, io sono an- re, la differenza tra un argonauta e una donna data trovando direttamente nei diversi luoghi che viaggia. Ho passato molte conferenze (dal- sacri del Mediterraneo quello che cercavo. Ho la prima alla Statale di Milano nel 1991 all’ulti- anche valutato l’ipotesi di dirmi studente, poi- ma a Venezia, poco tempo fa) a spiegare nel ché la continua meraviglia, la stupefazione che dettaglio le singole scoperte, le tessere di un questi luoghi hanno suscitato in me – veri e mosaico che ci possono portare ad un quadro propri testi vergini per chi li visita ponendosi più unitario delle culture del Mediterraneo, ad interrogativi non ancora del tutto esplicitati – una maggior completezza storica che non rele- corrisponde all’esperienza di scoperta propria ghi nel preistorico tutto quello che non si rie- di chi si avvicina ad un testo per la prima vol- sce a capire. Ma in questo momento la mia ri- ta. Tuttavia, non avendo maestre né maestri, cerca si interroga su se stessa, approda alla anche questa definizione era inadeguata. consapevolezza che la giusta definizione viene Quando ho incontrato l’opera di Marija Gimbu- dall’oggetto stesso del mio fare, che in un pri- tas, ho ritenuto che lei sola, che aveva esperito mo momento, mossa da bisogno, ho chiamato ricerca a partire da sé e dalle proprie radici (è Pellegrinaggio e quindi, mossa da desiderio, frequente, infatti, il suo riferimento alla terra ho denominato Viaggio. lituana e alla propria tradizione materna), lei Il termine pellegrinaggio era appropriato. sola avrei potuto scegliere come madre simbo- Del pellegrinaggio il viaggio aveva anche il lica per l’amore che traspare dal suo lavoro di corredo essenziale, e l’urgenza. Sono sempre ricerca. Ed è per questo che proprio una sua partita di punto in bianco, sollecitata da un’i- citazione apre il primo resoconto del viaggio spirazione immediata. Nessuna presentazione pubblicato su Istar nel 1992. Ma nel breve spa- in loco, di solito soltanto una guida e una map- zio di tempo in cui ho realizzato questo e in pa del paese e un libro con i principali riferi- cui ho cominciato a cercare di entrare in con- menti mitologici ed archeologici conosciuti. tatto con lei, Marija Gimbutas – con mio gran- C’è sempre nei luoghi qualcuno che ti aspetta de dolore – è morta. Restava da definirmi ri- per farti da guida. Ci sono i segni. La prepara- cercatrice, ma questo confligge con attribuzio- zione cominciava sempre con la ricerca del ni universitarie e, del resto, tutto si potrebbe coltello, con cui da piccola in Sicilia ho impara- dire, ma non che io mi sia mossa con intenti to a mangiare servendomene come unica po- accademici e univocità metodologiche. Anzi: sata, del recipiente per bere, necessario come non uso un metodo, ma molti, e comparati, e «o tummolo», con cui nelle campagne siciliane Antonella Barina - Viaggio nei luoghi sacri del Mediterraneo insulare (1988-1998) 119 si attingeva l’acqua, del soprabito-tenda, que- le andavo ad incontrare, ma a sentir sorgere sto che indosso e che continuo a comprare dentro di me, ridandomi la mia personale ge- identico: è il terzo, ricordo dello «scappolaro», nealogia materna e facendomi incamminare l’ampio mantello di lana grezza che non faceva verso un più ampio sistema genealogico fem- passare una goccia d’acqua, di una piccola bi- minile. Ero anche, fin dall’inizio, e questo lo saccia per cose d’uso e ricambio, e della cintu- pongo come imprescindibile atto metodologi- ra in cui è riposto il denaro. Il bagaglio essen- co, cavia del bisogno di un immaginario altro, ziale, talvolta anche l’aria da profuga, sono la legato al mio genere e alle tappe della mia vi- condizione ottimale per sentire che aria tira ta. E che male c’è se ho tratto infinito piacere dove sei sbarcata. È infatti spesso nella prima da questi viaggi? accoglienza che si rivela il genius loci, lo spiri- Non so dire se fossi più fedele quando atti- to del luogo. Molte volte mi sono mossa con vavo la razionalità per capire le forme del divi- mio figlio piccolo. no femminile, o se fossi più razionale quando Per orientarmi, sono sempre partita dal mu- mi immedesimavo, con tutta spontaneità, nel seo archeologico locale, stupenda fonte di lin- ruolo di pellegrina. E poi, in ogni caso, perché guaggio. E vorrei chiedere che oggi i musei sia- avrei dovuto scegliere di viaggiare attivando no rimodernati mantenendo, nell’accostarvi il soltanto una parte di me, quella emozionale contemporaneo, anche l’assetto espositivo ot- oppure quella razionale, quando è proprio la tocentesco, di per sé testimonianza di un’epo- loro integrazione uno degli scopi dell’andare? ca, e che consente di leggere, tra i reperti, in- Infine, poiché non mi era possibile sceglie- numerevoli varianti, anziché sintetizzare in re tra pellegrinaggio e ricerca, il tutto tornò ad percorsi lineari le variazioni lessicali dei sim- essere, e rimase, semplicemente Viaggio. Istar, boli e inibire gli infiniti rimandi, come usa oggi la rivista multidisciplinare sulla nascita (1990- con tendenza più didascalica e di massa, mo- 1995), che è stata scelta in quest’occasione per dello Palazzo Grassi. Quelle varianti, quei ri- darmi una collocazione istituzionale, non è che mandi, sono necessari a chi, come me, si muo- una delle creature cui ho dato vita nel corso ve per scoprire autonomamente le connessio- del viaggio, una delle sue risultanze. ni tra i segni, per contribuire viaggiando, con la Viaggiatrice, quindi. propria curiosità, a ricostruire un passato che Ecco il componimento poetico che meglio riguarda tutte e tutti. esprime lo spirito con cui mi sono mossa. Da Poiché pellegrinavo liberamente (libera/ Materno Ancestrale, testo teatrale e raccolta mente) senza sapere esattamente verso dove, poetica: il pellegrinaggio era anche ricerca. Così oscilla- vo io stessa tra significati apparentamente op- CERCO LA DEA posti, soprattutto da fuori me ne veniva chie- Ah, Kekerè sta, o data, precisa definizione. La ricerca infat- Io cerco la dea che contenga la mia anima ti era ancorata alla volontà di riuscire a com- Una dea così grande grande da abbracciare I frammenti di me sparsi nel mondo prendere e descrivere in uno schema razionale Io cerco la dea che uccide senza uccidere i linguaggi ogni volta diversi, ma tra loro La dea mai nata da alcuno che fa nascere profondamente interconnessi, che mi trovavo La dea che lascia le sue tracce davanti nella complessità mitoarcheologica Ma non è mai passata di là delle diverse isole. A tratti, invece, abbando- Io l’ho cercata in forma di serpente Io l’ho cercata come uccello e pesce navo il rigore immedesimandomi nelle scoper- Io l’ho cercata con le sue mille teste te come fedele che veda nella sabbia le orme E tutte le volte che l’ho vista mi è sfuggita del suo dio (Patricia Monaghan nell’introduzio- Tutte le volte che l’ho udita non l’ho vista ne al suo «Dizionario» dà conto in modo esau- Io cerco la dea della forza delle donne riente di questo atteggiamento, necessario in Una dea giusta per i figli e per le figlie Cerco la dea del cielo e della terra un primo momento in presenza di molti dati Cerco la dea dei quattro elementi difficili da ordinare). Cerco la dea del sorriso e della memoria L’offerta che io portavo nei luoghi visitati Cerco la dea che chiude il cerchio della storia. era l’atto del viaggio stesso, la dedica del tem- (Antonella Barina, Per un teatro del vedere, po del viaggio, l’attenzione vigile alle signifi- Provincia di Venezia, Venezia, 1997) canze di un’entità destinataria, che, ad ogni nuova isola, da ignota andava rivelandosi man mano. L’atto del ricercare, la catalogazione di U viaggiu nomi e segni e immagini, era l’atto di venera- Il viaggio nelle isole del Mediterraneo si è zione e preghiera tributato. Il mare su cui mi compiuto, con andate e ritorni su Venezia, nel- muovevo era quello di Odisseo, ma le dee che l’arco di circa dieci anni, tra il 1988, anno della cercavo erano quelle rubricate per ninfe nel- nascita di Tobia, e il 1998, anno della nascita di l’ingrossarsi dei racconti scritti. Solo che io non Mita. Questa sorta di itinerario votivo, a partire 120 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze dal 1988, mi ha portato dalla Sardegna alla Si- contempla. cilia, e quindi a Gozo e Malta, a Creta, in Corsi- L’ipotesi di fondo, comunque, era che lavo- ca, a Cipro, all’Elba, e quindi a Minorca, Maior- rando su serbatoi simbolici – archeologici, mi- ca, con asimmetrici ritorni ed estensioni esplo- tologici o etnici – che non censurano il femmi- rative in India, in Africa, nel centro e sud Ame- nile fosse possibile un riscatto di genere, un rica, in Irlanda, e in luoghi poco conosciuti d’I- superamento della posizione di sacrificio in cui talia, avendo sempre come base Venezia. ancor oggi il femminile si trova. Vi sono tre A Mistretta («città di Astarte»), il paese di possibili atteggiamenti di fondo a questo ri- mia madre in Sicilia, «u Viaggiu», il viaggio, guardo. Uno, che definirei bachofeniano («Il che le donne compiono in certi periodi del- Potere Femminile»), caratterizzato dall’attribu- l’anno e in siti determinati, è «soprattutto il zione sentimentale e intuitiva, che attinge a cammino percorso dal paese al luogo sacro – strati profondi della memoria, ed afferma l’esi- non necessariamente un santuario – da parte stenza di un ordine matriarcale preesistente al di coloro che hanno un voto da sciogliere» patriarcato, deducibile in fondo anche attraver- (Salvatore D’Onofrio, U Liettu Santu - Un pelle- so lo studio della tradizione (secondo la legge grinaggio sui Nebrodi, Palermo, 1983). per cui, dove c’è un mostro, c’era una dea). Un Io ho cominciato a viaggiare nelle isole del altro, più scettico, ben esemplificato in un pic- Mediterraneo per desiderio di trovare, alla fi- colo libro di Ida Magli di cui non ricordo il no- ne, almeno un frammento di mito sulla crea- me, che induce ad una vigile attenzione su zione femminile. E ne sono venute fuori, di co- ogni suggestione matrilineare e incita a non se. Il viaggio, infatti, ha costituito una prosecu- farsi troppe illusioni su un’ipotetica età dell’o- zione dello studio sulle forme del divino, che ro, a non lasciarsi accecare dalla passione pri- avevo avviato molto tempo prima con lo stu- mitivista e a non ignorare le attuali condizioni dio sulle sirene (La Sirena nella mitologia, Pa- di soggezione cui in molte zone del mondo so- dova, 1980). Esaurito l’interesse per il mito di no costrette le donne, ma che dimentica però età storica, in cui il generare è sempre accom- che i segni persistono per millenni anche dopo pagnato da dolore (Il dolore delle dee madri, che le civiltà da cui nacquero si sono estinte. Mestre, 1986) e in cui si compie, nel procedere L’altro, il più corretto, a mio avviso, è rappre- dell’affermarsi della degenerazione del siste- sentato dall’esemplare ricerca gimbutasiana, ma patriarcale, una progressiva monstruosizza- che abbina i risultati dell’archeologia alle evi- zione del femminile in un divenire draconico denze mitologiche, avanzando le proprie ipo- (Sull’incontro con le dee madri, Venezia, 1984), tesi di lettura sul lessico arcaico, sul Linguag- esaurito quest’interesse sentivo il bisogno di gio della Dea, dal nome dell’opera di Gimbu- uscire dalle fonti scritte. Avevo infatti comin- tas, fino a comprovare l’esistenza in Europa di ciato a comprendere il linguaggio iconico delle una cultura gilanica. L’abbinamento tra archeo- madri neolitiche e paleolitiche (Le dee creatri- logia e mitologia è stato però sicuramente alla ci-La memoria mitologica, Venezia, 1990) e vo- base di molte scoperte: intervistato su Istar, levo verificare di persona cosa c’era dietro ai l’archeologo Orlandini ha raccontato di aver rimandi imprecisi alla dea cui testi di diversa cercato per anni un tempo di Demetra a Bitale- natura accennavano con un certo imbarazzo, o mi e di averlo infine trovato scavando nel luo- con troppo enfasi, bagnandosi appena le dita go dove settimanalmente, in prossimità di una in una falda troppo profonda. Quest’area se- chiesa, le donne del paese salivano portando i mantica è un programma rimosso della nostra piccoli su una spalla. Numerose statuette del memoria culturale (non inconscio collettivo, tempio raffiguravano donne con i figli (o le fi- semmai molto di più), dove, per contro, vige glie?) in spalla nella stessa posizione. l’irrapresentabilità del suo simbolo cardine, Personalmente, davanti ad un tempio mal- quello vulvare. Ero mossa anche da interesse tese o ad un pozzo sacro sardo, al di là della per le sopravvivenze di culti ancora a gestione lettura organicamente scientifica, nel ricono- femminile, attorno a cui si sviluppano forme di scere davanti a me un’immagine sacralizzata solidarietà e sopravvivenza tra donne. Quanto del mio proprio corpo, del corpo femminile, a queste, devo dire che ho fatto incontri più in- ho sperimentato esattamente una vertigine, tensi con donne sull’ultimo scoglio del triango- vertigine tanto più forte quanto più antica era lo d’India, in Benin (Nanà, prima madre, ultima la sete di riconoscimento ed affamato ne era dea, Lecce, 1991), nel Museo del Pelourihno di l’io. Nella pietra ovoidale di Monte D’Accoddi Bahia o all’Avana, piuttosto che a La Valletta o – un reperto allora neppure catalogato – ho vi- a Maon, a Matala o sulle coste di Scilla. Ma non sto l’uovo del mondo e la mia pienezza (ero mi sarei spinta tanto distante se quei viaggi di incinta), la vulva della dea nel pozzo di Santa approfondimento non fossero stati necessari Vittoria a Serri, la cervice in quello di Santa per capire il Sud che avevo dentro di me e che Cristina a Paulilatino, il suo grande corpo nella la cultura del Nord, dove sono cresciuta, non pianta del tempio di Ggantjia, il braciere di Antonella Barina - Viaggio nei luoghi sacri del Mediterraneo insulare (1988-1998) 121 pietra nel luogo dell’utero in quello di Tarxien, cosciente delle proprie potenzialità creative, trapezi vaginiformi in quello di Hagiar Qim, ho e, insieme, più in generale, della progettualità riconosciuto la pietra per nostra tradizione fa- politica femminile contemporanea. Le creatrici miliare terapeutica nelle campagne di mia ma- dell’universo, le signore dell’acqua e delle dre a Santa Maria vicino a Mistretta, ho intuito pietre, coloro che custodiscono i tesori della la dea il cui nome significa gravidanza nelle ca- selva e proteggono i suoi abitanti, determina- verne di Creta, l’ho vista eretta nelle pietre fit- no in coloro che han soggiaciuto volenti o no- te della Corsica vigilata da mucche bianche, lenti al simbolico maschile un piacevolissimo prigioniera, perfino, imbragata, nelle pietre e fecondo choc culturale. Attenzione, però: trasportate nel museo di Laconi per evitare possono indurre, com’è per il monoteismo ma- fossero trafugate. Com’è proprio di tutte le tra- schile, ad un senso eccessivo di onnipotenza, dizioni artistiche ed architettoniche, il signifi- di cui non parlerei se non l’avessi sperimenta- cato del reperto antico si accresce nel tempo to, possono sfuggire di mano, com’è per tutta di nuovi sensi aggiunti, di nuove proiezioni e la materia che ha attinenza con la sacralità e la fruizioni. Questo è legittimo, perché si inscrive magia, lo possiamo capire pensando anche nella libertà di lettura propria della fruitrice o soltanto alle forze che una breve terapia anali- del fruitore dell’opera. Imboccare questo filo- tica può scatenare. Il mio entusiasmo è stato ne di godimento mi appariva inoltre grande- temperato dal confronto con le amiche viaggia- mente interessante per ottenere un migliora- trici, che molte volte hanno protetto i miei ri- mento, un empowerment del femminile, esat- torni come quelle donne che vegliarono le Me- tamente nell’accezione che è stata data a que- nadi addormentate dopo una notte di traspor- sto termine durante gli incontri delle donne a to. Questo entusiasmo, dispendioso su altri Pechino nel 1995 (sia nella Conferenza Onu versanti, si è tradotto per me in illuminazioni che nel parallelo Forum delle Ong). Questo in ambiti disciplinari diversi: mi ha portato a per due ordini di motivi. riscrivere con attenzione «ginecoantropologi- La conoscenza di contesti in cui persisteva- ca» l’albero epistemologico partendo dal con- no evidenti tracce narrative – trasmesse con cetto di nascita (Istar è frutto di questo proces- modalità iconiche appartenenti ad una cultura so, del desiderio di dare parola al generare), a orale perduta (ma sappiamo bene come il fol- inventare e praticare i fondamenti di un’infor- clore restituisca come un negativo fotografico, mazione diversa (e questo ha segnato l’impe- a chi lo sappia leggere, le forme originarie) – la gno con le colleghe giornaliste, il rilancio dei conoscenza di questi contesti in cui il segno temi del linguaggio non sessista e del diritto donna non è in afflizione, poteva contribuire all’informazione che ha dato avvio alla nuova alla costruzione di un femminile più pieno e fase dei primi anni novanta), a riappropriarmi

Fig. 1 - Foro per offerte, tempo di Ggantia, Malta (Dal video «La pietra, la dea» di Antonella Barina, 1991). 122 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze mitopoieticamente delle metafore del mater- denze del pensiero della differenza, in cui la no per reimpiegarle nel dire me stessa e quel- forma dell’autorevolezza ha in parte sacrificato lo che mi sta attorno: Marghera, ad esempio, in la libera ricerca individuale. Penso, per altri poesia, video e saggi, come altre forme di versi, a tutte coloro che, contrapponendo valo- scrittura non mi consentivano di fare. Intendo ri simbolici e realtà sociale, non avevano il co- dire che la liberazione di significati rimossi ge- raggio di andare fino in fondo a se stesse a leg- nera nuove possibilità espressive, e questa gere le profonde contraddizioni del linguaggio, osservazione, vi prego di considerarlo, è di na- di scontrarsi con il suo, questo sì, terrifico po- tura semiologia e non psicanalitica. tere performante, e hanno a volte accusato le Il secondo ordine di motivi afferisce invece donne che vanno a pietre – ti piace, Luisella? alla convinzione che immettere questi ele- – di voler reinstaurare una mistica della fem- menti nell’immaginario sociale maschile e minilità. In molte la resistenza era, sotto sotto, femminile avrebbe potuto demonstruosizzare dovuta al persistere di un timor di paganesi- il femminile e quindi contribuire a curarne la mo, al substrato cattolico forse, ancor più che profonda ginecofobia, costituire quindi una laico. Un po’ più di fiducia sarebbe stato il ca- deterrenza alla diffusa violenza maschile, so di darla a chi, provenendo dalla pratica quella che, temendo la madre nera, la uccide femminista, si muoveva fin dall’inizio in un’ot- attorno a sé, e all’altrettanto diffusa violenza tica di genere con un bagaglio aggiuntivo di femminile, che la distrugge dentro di sé e nel- esperienza, motivazioni, intuizioni e, se non le altre. Per formazione semiotica, infatti, ten- altro, buona fede, che è la base per un’onesta devo a dare al segno tutta l’importanza che ricerca. Ma va detto anche che se non vi fosse merita, e ritenevo possibile che un intervento stata pressione al silenzio non avrei avuto lo segnico appropriato, la sua immissione in cir- stimolo di cercare rinascita, che senza le siste- cuito, potesse ridurre la carica emarginante matizzazioni di ordine filosofico prodotte dalla che sul piano politico con forza centrifuga differenza e senza le lotte sul sociale e all’in- espelle il femminile dalla sfera decisionale, terno delle istituzioni sarebbero meno chiari i ipotesi in sè non del tutto errata e che tuttora punti di riferimento propri della mia e di altre in parte mi affascina. Ma che deve essere la- ricerche di donne. È un invito a tutte noi, e a sciata alla sperimentazione delle libere arti e me stessa, al riconoscimento della complessità non può avere natura istituzionale, pena il suo e dei reciproci percorsi dell’altra. smarrimento o la sua deviazione. Le dee non Io mi sentivo pronta, come Istar, a risalire sono tornate per uniformarci. riappropriandomi dei miei Me (Istar la dea, Pa- dova, 1990), abbandonati durante la discesa VIAGGIO NEL VENTRE DELLA DEA nell’immaginario della realtà maschile. Ma era la stessa condizione femminile che, in questa «Il senso ultimo, e l’augurio, è che il viaggio nel Medi- terraneo sia l’occasione per rinascere alla storia e anzi riscoperta, avrebbe trovato riscatto. Che dopo per ricongiungersi, come le curve della spirale si suc- millenni di buio avrebbe conosciuto una nuo- cedono l’una all’altra, al punto in cui è stata spezzata e va stagione di fioritura. Un po’ troppo, davve- immaginarla possibile per il futuro». ro. E tanto più quanto nel procedere andavo (Antonella Barina, «Malta, Viaggio nel Ventre della Dea», incontrando le mie origini. Noi Donne, ottobre 1992) Ogni isola è stata stazione liturgica che ha rimandato alla successiva in un progressivo Volevo restituire al femminile una coerente svelamento del genius loci, della vocazione genealogia dell’immaginario, e in parte l’ho del luogo, dell’esservi vocata. Nelle fotografie fatto. In questo senso, ho proprio viaggiato che ho scattato, quasi mai appare figura uma- verso l’isola di Utopia, l’utopia del Rinasci- na. A volte, semmai, qualche animale, una mento femminile. E ogni volta che sono sbar- mucca bianca o una scrofa nera, comparse per cata in una di queste isole l’utopia ha trovato caso davanti alla pietra che stavo guardando, un luogo. uniche reali custodi del luogo, ierofanie mode- Non è stato sempre facile far capire quanto ste e potenti, riverberi a me destinati. La foto- la conoscenza e la rivisitazione del simbolico grafia la intendevo come scrittura di luce, nel arcaico possa costituire la base per una riap- procedere delle illuminazioni. Da fotos, luce, e propriazione segnica del, al, per il femminile. graphia, scrittura, scrittura di luce, trascrizione Vi sono state notevoli resistenze. Penso al tra- del numinoso. Quelle che ho scattato nel Me- visamento di quest’impostazione, al fatto che diterraneo raffigurano quasi esclusivamente in alcune sedi di donne è stata letta come ri- pietre, pietre grandi e pietre piccole. Fotogra- proposta acritica di modelli ruolizzanti, non ri- fate senza parametro di scala, raffigurano sem- tenendo forse di avere – nello studiarli – la for- pre unicamente lo stesso tempio, una monta- za di modificarli, forse per scarsa fiducia nel gna, una roccia, una pietra fitta, oppure una ca- proprio potere mitopietico. Penso alle diffi- verna attorniata da altre cavità più piccole, e Antonella Barina - Viaggio nei luoghi sacri del Mediterraneo insulare (1988-1998) 123 più piccole ancora, in un sistema modulare valorizzato soprattutto il periodo ellenistico e ininterrotto, una delle possibili raffigurazioni romano, con il risultato di lasciar privi di ogni dell’infinito che, per chi le legge, ha altrettanta tutela i non identificati, com’è il caso di molte riconoscibilità di una cattedrale gotica che cosiddette necropoli. svetta al cielo. È la teoria delle madri, la mag- Malta - Le grandi pietre dei templi maltesi gior parte ormai senza nome e senza tempo, presentano segni di cedimento e di sofferenza custodite in anfratti che restano segreti o che, agli agenti atmosferici. Nel sito di Mnaidra, come le madri di Castelluccio, soltanto oggi inoltre, le pietre sono frequentemente insoz- cominciano ad essere intese. zate con spray ad opera di sconosciuti. Creta - Anche qui siti di grande interesse so- ESISTEVA UN POPOLO no sguarniti di guardiania, quelli già scavati o Esisteva un popolo non ancora interessati da scavi, ma che, come è che amava le fonti il caso di alcune grotte sacre, costituiscono in sé e attorno alle fonti viveva importante testimonianza della tradizione stori- È un popolo ca e mitologica dell’isola. venuto prima degli altri eppure non ha nome Corsica - Appare evidente in questo caso Raccoglievano l’acqua un fenomeno di sottovalutazione dell’epoca nelle cavità della roccia pretorreana, ad esempio nel sito archeologico e in quelle stesse cavità di Filitosa, custodito in modo eccezionalmente accendevano i loro fuochi. Accudivano efficiente da privati, dove viene però conside- l’anima delle cose rata «cava» una zona che appare di grande in- Tutti dicono che la civiltà teresse mitoarcheologico. ci ha fatto un gran bene Cipro - L’edificazione selvaggia, soprattutto Io la penso diversamente lungo la costa, si sovrappone a luoghi di gran- Non ditemi che allora le donne morivano di parto de interesse paesaggistico, ma, anche, ad ele- Muoiono anche oggi menti d’interesse quali grotte e pietre, com- e durante la vita non vivono promesse o divelte fino a causare allagamenti Non ditemi che gli uomini e crolli facevano la guerra anche allora, Elba - Vale l’osservazione sopra esposta, perché la guerra oggi con l’aggiunta che alcuni luoghi dell’isola che é dappertutto appaiono interessanti dal punto di vista ar- Non cercate le contraddizioni cheologico non sono neppure sospettati di es- della mia piccola vita: sere tali. gli insulti della civiltà - Attorno ad uno dei circoli di pie- sono quelli di cui vi sto parlando. Maiorca tre più famosi del Mediterraneo, quello di Son Baulò, si è espansa un’ ondata di edificazioni, Appello per la tutela dei luoghi sacri del Me- dalla quale il circolo, ora circoscritto in pochi diterraneo dedicati alla dea madre. metri quadrati, è stato salvato per miracolo, Desidero lanciare un appello per la tutela ma decine di altre pietre sono state divelte. dei luoghi sacri (in particolare quelli delle iso- Minorca - Elogio alla piccola isola di pietra, le) del Mediterraneo dedicati alla dea madre, che ancora conserva un paesaggio quasi intat- parte dei quali ho avuto modo di visitare dal to. Tuttavia la cementificazione, dovuta al bu- 1988 al 1998. La ricchezza di emozioni e cono- siness turistico, avanza a passi da gigante in un scenza che ne ho tratto mi inducono ad una re- territorio non ancora sufficientemente investi- stituzione che si traduce in questo appello per gato dal punto di vista archeologico. la loro salvaguardia. Luoghi sacri che si sono In alcuni casi in questi luoghi, ho osservato conservati per millenni rischiano oggi di non veri e propri strazi dovuto a vandalismi sul pa- poter essere consegnati alle generazioni futu- trimonio archeologico, in altri ho registrato l’a- re, privandole di una parte importantissima vanzare dissennato di edificazioni turistiche o del nostro passato. Ecco gli scempi più signifi- abitative in luoghi che dovrebbero esserne cativi: preservati, molto spesso ho accertato che non Sardegna - Tutti i più interessanti siti dell’i- esiste guardiania di complessi all’aperto e sola necessitano di guardiania. Uno tra gli altri, questo quanto più i siti sono antecedenti alle lo stupendo allineamento di Genna Arrele, è culture classiche e quindi tanto più espressio- stato privato di alcune importanti pietre fitte e ne di una cultura differente ed originaria, in al- altre hanno dovuto essere trasferite in museo tri casi le istituzioni preposte segnalano loro perché non subissero la stessa sorte. stesse la necessità di intervenire per la manu- Sicilia - Non appare sufficiente lo sforzo di tenzione ordinaria e per la preservazione dagli identificazione dei siti appartenenti alla fase agenti dell’inquinamento atmosferico, in gene- più antica della storia dell’isola, di cui viene rale poi vi è una sottovalutazione dell’impor- 124 La Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze tanza dei luoghi dedicati alla dea che si tradu- alla sottovalutazione delle segnalazioni volon- ce in uno scarso investimento di ricerca, esplo- tarie provenienti da abitanti e viaggiatori. Tut- razione, individuazione di questi luoghi, che to questo appare molto preoccupante anche in restano pertanto in diversi casi sconosciuti e considerazione del fatto che in tutta l’area me- indifesi. diterranea sono venute meno quelle occupa- Causa di questa situazione è molto spesso zioni legate alla terra che costituivano indiret- l’assenza di specifica conoscenza delle cultura tamente una forma di tutela della conservazio- indicata da parte dei tecnici e dei funzionari ne del territorio. istituzionalmente preposti, ma lo sono anche La perifericità dei siti sul Mediterraneo ri- la frammentazione dell’area mediterranea in spetto al territorio delle diverse nazioni non diverse sovranità nazionali, e, all’interno di può continuare a motivare l’assenza di una let- queste, l’assenza di scambio tra discipline di- tura complessiva (e di genere) del comune pa- verse che, se integrate, darebbero risultanze trimonio mitologico e storico del nostro mare e eccezionali, la mancanza di comunicazione tra l’omissione di un’azione complessiva di salva- istituzioni quali università e soprintendenze, il guardia consapevole del suo valore. mancato coordinamento degli interventi, oltre

DICHE (Diche, dea della Giustizia, per le guerre degli uomini ha abbandonato la Terra)

Nel respiro che percorre ciò che vive Popoli senz’aqua Nel respiro che percorre ciò che vive Popoli senz’acqua Nella pelle della mia schiena Popoli senza mare Nella luce della mia mattina Scesero dalle terre fredde E nel capriccio della mia notte Cavalcando bestie domate Io sento una nota stonata Ci spinsero sulle spiagge Una ferita aperta nel mio corpo Con le spade spezzarono i vasi Pulsa di vermi umani Cantavano per distruggere In spregio alla mia interezza lordano la sabbia di fuoco e fiamme Ciascuno ha la sua ricetta avvelenano l’aria Ciascuno ha la sua ricetta E la dea che ha creato gli altri dei Per mandare avanti il mondo È diventata un dio Ognuno rimovendo La dea che ha generato l’universo Il pensiero delle donne È diventata un dio Così parlano solo di morte La dea che ha generato donne e uomini Tra loro s’intendono È diventata un dio Il pianeta gira e la terra muore Chiuso nei templi Fanno nascere coi ferri A generare la guerra Le loro creature Perché hanno paura Loro sapevano Della porta della vita Le inconosciute Qualcuno ha detto loro Che stanno dietro la vostra memoria Che è bene recidere Scritte nel rovescio delle vostre palpebre Subito il cordone Nelle venature delle foglie Per essere veri uomini Hanno in mente Vieni, Diche la lancia del progresso Figlia e sorella Un sentiero dritto Me stessa Che si spegne nel deserto Vieni Shalom, Amen, Salam Non è che un istante Nella storia delle stelle Il tempio in cui l’orrore (Antonella Barina, Estratti da «Materno Ancestrale» Deve esser consumato. Scritture a ridosso della Guerra del Golfo) TILDE GIANI GALLINO Università degli Studi, Torino (Dipartimento di Psicologia) DEE, DONNE, DRAGHI: L’INCONSCIO COLLETTIVO È (SOLO) MASCHILE, E NON LO SA

Nella teoria junghiana l’inconscio collettivo, simboli della psiche, e neppure di mettere in formato di immagini primordiali e di simboli, è dubbio i suoi interventi sul nostro agire quoti- costituito di miti e trame mitologiche, leggen- diano, ma piuttosto di chiarire alcuni suoi de, fiabe, presenti sia nelle antiche religioni sia aspetti per considerarne meglio le valenze e misurarne in quelle contemporanee, e si ripete sempre, l’effettiva oggettività. Così pure il discorso che se- pur con certe variazioni, in modo tale da rima- gue non è un discorso inteso a introdurre pole- nere fondamentalmente uguale nel tempo, nel miche nel confronto dei differenti atteggia- corso dei secoli, e uguale anche in luoghi o menti di uomini e donne, nostri contempora- paesi diversi. Si mantiene e si ritrova inoltre nei. Si devono tuttavia sottolineare – senza vo- nei sogni delle persone, sia pure con certe tra- ler ledere i sentimenti di nessuno – i gravi li- sformazioni che ruotano però a ripetizione at- miti e le pecche di una cultura che si è svilup- torno ai medesimi argomenti e mitologemi, an- pata solo al maschile, ed è profondamente ve- che in persone che dichiarano di non avere co- nata (ma sarebbe più appropriato usare il ter- noscenze specifiche di miti e leggende. mine «inquinata») di misoginia e di egocentri- La prima ipotesi che si può formulare, è che smo maschile. È un fatto che tutti noi abbiamo l’inconscio collettivo (pur operando a nostra ereditato una data cultura vecchia di millenni, insaputa) corrisponda semplicemente, e in che influenza tuttora ogni comportamento buona parte, alla nostra cultura collettiva, al umano. Ma nessuno di noi, uomini e donne di nostro immaginario collettivo, e soprattutto che i oggi, ne è in qualche modo responsabile. suoi contenuti siano stati determinati dalle si- Quello che ci sembra importante è piuttosto tuazioni naturali, storiche, sociali, culturali. arrivare a comprendere come agiscono quei Come è ovvio, su tali situazioni concrete e meccanismi psichici, diventati ormai automati- coagenti, si possono sviluppare infinite reazio- ci, e dei quali non ci rendiamo pienamente ni psicologiche, cognitive ed emotive insieme. conto, che condizionano profondamente la no- Si aggiunga ancora che i miti fondanti e princi- stra psiche, quindi noi stessi, e di cui l’incon- pali, connessi con le religioni, presentano tutti, scio collettivo potrebbe essere strumento in- indistintamente, una chiara relazione con la si- volontario, trasmettendoci immagini, archetipi tuazione che il bambino vive nei suoi primi an- e stereotipi che di fatto non sono obiettivi. ni all’interno della famiglia, e con le domande Ad esempio, le immagini femminili che ci che egli si pone fin da quando incomincia a co- vengono proposte o imposte dalla cultura, ap- noscere il proprio mondo (metaconoscenza). paiono quasi tutte in termini troppo negativi Già altri hanno affermato del resto, ad iniziare per poter essere considerate realistiche, basa- da Sigmund Freud, che proprio dalla situazio- te cioè sulla realtà dei fatti o dei comporta- ne di dipendenza dei bambini nei confronti menti. Potremmo ipotizzare che le rappresen- dei genitori, si sono create le figure di dèi e di- tazioni mediante le quali la donna viene de- vinità di tutte le religioni. scritta con peculiarità negative abbiano avuto Il bisogno di protezione e di fiducia, il «sen- inizio soprattutto dal periodo in cui è stata in- timento creaturale» che il bimbo vive rispetto trodotta la scrittura su carta o papiro o perga- al potere e alla sapienza dei genitori (dai quali mena. Si tratta infatti di rappresentazioni che dipende totalmente la sua vita, soprattutto si diversificano da quelle precedenti, in parti- durante l’infanzia), sarebbe dunque il medesi- colare da quelle dei popoli che avevano tra- mo sentimento che ha ispirato il pensiero mi- scritto i loro miti su tavolette di creta, o che tologico e religioso di tutti i tempi e luoghi. E avevano affidato i messaggi della loro fede e il medesimo sentimento creaturale ha deter- religiosità, alle statuine di creta e di ceramica, minato anche la credenza nelle divinità, nelle o alla trasmissione orale (1). Il transito dalle dee e negli dèi numinosi e tremendi, al cui vo- lere si soggiace. (Rudolf Otto, Il sacro, 1917, Fel- (1) È probabile che, prima del periodo storico vero e proprio (quello che viene studiato a scuola, partendo dagli egizi e dai trinelli 1966.) greci) e che appare ormai chiaramente assoggettato al potere L’intento che ci proponiamo con questo maschile, vi siano state altre culture, più influenzate dal potere contributo non è certo di criticare il concetto di e dal sapere femminile (questo non significa tuttavia ipotizzare un periodo di matriarcato). Come dimostrano migliaia di reperti inconscio collettivo, di cui tutti possiamo con- archeologici, nel neolitico (e già nel paleolitico, come è confer- statare la presenza attraverso gli archetipi ed i mato dalle sepolture e dai graffiti o dalle pitture delle grandi 126 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze religioni naturali (in cui le divinità erano tutte Dea, di Donna, di Drago o Serpente (3). Già femminili), alle religioni rivelate (in cui le divi- Erodoto (484 ca. - dopo 430 a.C.) scriveva che nità diventano maschili) ha segnato pesante- gli Sciti avevano come divinità una dea ser- mente l’immagine della Donna, che da Dea pente, e anche a Creta era adorata una Dea (immagine positiva) è diventata Drago (o altra dei Serpenti. Ma mentre attraverso Erodoto si immagine negativa). Nell’immagine del Drago- introduce (con stupore o con orrore) l’immagi- donna possiamo raccogliere e immagazzinare ne di una Dea che ha le sembianze di un serpente, infatti simbolicamente tutte le rappresentazio- in Omero, in un’epoca che si può definire pre- ni spregiative e volgarizzatrici della donna, che storica, la Dea viene rappresentata con reve- si possono ritrovare nei miti, nella letteratura, renza, in termini di adorazione: una Signora, nell’arte, nella scienza, nella filosofia, nella Donna e Dea, che è padrona assoluta del cosmo, dei medicina (soprattutto nella psichiatria), e nella venti, dei mari e delle fiere. E le statuine di cerami- cultura in genere (2). Di tale cultura maschile, ca, rinvenute a Creta, ce la mostrano mentre oggi dominante, tutti noi riceviamo un imprin- coraggiosamente tiene i serpenti in mano e li ting irreversibile fin dalla nascita. padroneggia (probabilmente per utilizzarne il Emblematica per la sua triplice immagine veleno nelle pratiche mediche). di Dea, Donna, Drago, è la figura di Melusina, fata Anche la fata medioevale Melusina, Dea e medievale che incarna in sé la complessa e Drago, viene sempre vista in connessione con ambigua, ambivalente, visione maschile sul le acque, come una delle tante Ondine o Ninfe femminile, inconscia e culturale. La sua imma- o Sirene: cioè come tante altre immagini fem- gine appare in modo ricorrente nell’immagina- minili create dalla fertile ma piuttosto ripetiti- rio collettivo, dai miti dell’antichità fino ai rac- va letteratura maschile. Ad esse ha fatto riferi- conti che caratterizzano il romanticismo tede- mento anche C.G.Jung, quando ha individuato sco. La leggenda della fata Mélusine non è in- uno degli archetipi più frequenti dell’inconscio fatti che l’ultima delle tantissime storie che collettivo: l’immagine primordiale della donna, hanno visto la donna nella triplice veste di fanciulla e madre. Nel suo studio sulla Core o Persefone, la fanciulla adolescente figlia della potentissima dea Demetra (Aspetto psicologico grotte come quella di Altamira) le religioni erano dominate in della figura di Core, 1941), Jung sottolinea infatti modo esclusivo da divinità femminili. E tali immagini o rappre- sentazioni mentali divine erano state determinate dal fatto che che: «Una variazione frequente /della Core, la «conoscenza» del segreto della vita e della sua riproduzione, che può essere insieme fanciulla e madre/ è la sembrava appartenere solo alla donna. Le divinità femminili, ‘danzatrice’, la cui figura è spesso plasmata con tutto il loro corredo di rappresentazioni mentali e di creden- ze tipiche delle religioni spontanee e naturali, verranno poi spo- sulla base di reminiscenze classiche: in questo destate (e anche rimosse dalle menti) a causa dell’avvento di un caso la fanciulla appare come coribante, mèna- potere maschile che ha influenzato la nostra cultura nei millenni de o ninfa. Non è rara la variante dell’ondina, il a noi più vicini, e che ha sostituito con la forza le immagini e le rappresentazioni mentali femminili divine e precedenti, con cui carattere soprannaturale è indicato dalla analoghe immagini maschili. La potenza e il prestigio attribuiti coda di pesce. La figura di Core, come la figura alle nuove divinità maschili sono dovuti di solito alla comparsa di madre, slitta spesso nel regno animale; la del testo scritto, e ad un profeta che afferma di essere ispirato dal- lo stesso dio maschio. Per questo si parla di religioni rivelate, in rappresentazione più comune è allora il ser- contrapposizione alle religioni naturali, le cui credenze venivano pente o l’orso o un animale mostruoso del tramandate per via orale o con immagini, essenzialmente con statue e piccole sculture. (2) Per approfondire gli aspetti mitici e religiosi (ma insieme let- terari) delle credenze e dei culti, trasformati da femminili in ma- incontra il giovane conte Raimondino e lo sposa. Nel giorno del schili si dovrebbe iniziare dai miti sumerici e babilonesi, come matrimonio la fanciulla fa sorgere dalla terra una cappella che ad esempio I poemi della Dea Inanna, e dalle più antiche storie del domina Lusignano, e nel giro di quindici giorni farà erigere lo mondo giunte fino a noi su tavolette di terracotta, soprattutto splendido castello di Lusignano. In seguito costruirà altri palaz- dalla regione del vicino e medio oriente. Si dovrebbero poi rie- zi, castelli con mobili d’oro e tempestati di diamanti, torri, chie- saminare le fondamenta della religione egizia, quella dell’isola se e abbazie, e metterà al mondo dieci figli, ognuno dei quali di Malta, e anche quella di Creta, culla della civiltà greca. E infi- presenta un «segno» o mostruosità fisica. Mélusine è anche ne giungere agli stessi miti greci, paragonando i poemi prece- un’ottima madre, educa i suoi figli, secondo principi cristiani, e denti con quelli ellenici, a cominciare da Esiodo (sec. VIII-VII due dei figli partiranno addirittura per le Crociate (in realtà la a.C.), e dalla sua Teogonia, in cui i comportamenti degli dèi e del- storia è situata in un periodo precedente le Crociate, ma il parti- le dee sono sempre considerati in un’ottica esclusivamente ma- colare serve per dare prestigio alla casata di Lusignano). Mélusi- schile (vedere anche Le opere e i Giorni). Ma in tutta la letteratura ne, che porta enorme ricchezza e prestigio ai Lusignano, aveva greca è evidente l’ispirazione misogina, riconosciuta ormai da posto un unico divieto a suo marito: non avrebbe mai dovuto qualsiasi studioso. Basti pensare alle tragedie di Euripide (485 vederla il sabato. Quando però i figli sono già grandi, Raimondi- ca.- 406 a.C.), e alle sue figure femminili, come Medea oppure le no, mal consigliato da un fratello geloso, decide di trasgredire il Baccanti. patto e un sabato va a spiare sua moglie che si trovava in una (3) La storia di Melusina è ormai ampiamente conosciuta ed è sala sotterranea e la vede nuda, con una coda di serpente. Dopo dovuta a due autori, Jean d’Arras (1387-1393) e il libraio-poeta la trasgressione Melusina abbandonerà il marito e Lusignano: parigino Coudrette (1401-05), che la pongono entrambi come secondo alcuni la sua pelle si ricoprirà di scaglie e le braccia si fondatrice della stirpe dei Lusignano, nobili del Poitou (La storia trasformeranno in ali, e lei stessa volerà via da un’alta torre del era stata scritta dal d’Arras per il duca Jean de Berry e per sua castello. Francois Eygun, Ce qu’on peut savoir de Mélusine et de son ico- sorella Marie). Un precedente può essere trovato negli Otia Impe- nographie, Pardes, Puiseaux, 1987. E inoltre, Laurence Harf-Lanc- rialia di Gervasio di Tilbury (1100 ca.) e nei suoi racconti sul fol- ner, Morgana e Melusina. La nascita delle fate nel medioevo, Einaudi, clore provenzale. In sintesi, Mélusine è una bellissima fata che 1989. Tilde Giani Gallino - Dee, donne, draghi: l’inconscio collettivo è (solo) maschile, e non lo sa 127 mondo sotterraneo: il coccodrillo, la salaman- Ondine. Questa si sarà configurata perché nel- dra, il sauro. La fragilità della fanciulla la espo- la psiche umana, contemporaneamente ai letterati ne ad ogni sorta di pericoli, per esempio quel- maschi che narravano storie di donne senz’ani- lo di essere divorata dal mostro o essere sacri- ma o che si trasformavano di quando in quan- ficata come vittima. Spesso l’innocente creatu- do in pesce o drago o serpente (storie che do- ra cade preda di orge sanguinose, crudeli, a vevano avere grande successo se venivano ri- volte oscene» (pp. 68-69). petute così spesso), c’erano anche donne che Proprio nel romanticismo tedesco, troviamo amavano rappresentarsi con la coda di pesce o molte figure femminili inventate ad hoc, o rici- di serpente, anziché con le gambe? Oppure, clate da modelli antichi, sempre però in termi- altro caso, esistevano donne che si trastullavano con ni negativi, e fra questi abbondano le silfidi, le l’idea che soltanto gli uomini possedessero l’anima? ninfe, le ondine, che risentono pesantemente E per quanto riguarda le conoscenze culturali, dell’impostazione misogina di fondo. Basterà quale impatto e significato può avere il fatto ricordare ad esempio l’enorme successo otte- che gli uomini fossero gli unici a poter scrivere nuto dal barone Friedrich de la Motte-Fouqué racconti che poi diventavano miti o opere di (1777-1843), con la sua Undine, pubblicata nel successo? Quali storie fantastiche, magari con 1811, trasformata in opera e musicata da E.T.A. immagini negative o parodistiche degli uomi- Hoffmann (1816) (4), e in seguito protagonista ni, avrebbero potuto scrivere le donne, se non di un famoso balletto da H.W.Henze e F.Ash- fosse stato loro impedito di imparare a leggere ton. Ricorrente nelle moltissime opere in cui e scrivere? E tanto meno di pubblicare le loro compaiono le Ondine, è il motivo della fanciulla opere? E perché gli uomini sembrano non aver che emerge in qualche modo dalle acque, se- sentito il bisogno di dissacrare la propria im- duce un giovane cavaliere, o un giovane stu- magine, così come dissacravano l’immagine dente che si innamora perdutamente di lei. della donna? Sia i racconti, che le opere, o i balletti, termi- Infine, soprattutto, questa mancanza, questa nano sempre con l’Ondina che trascina nell’ac- assenza di immagini negative (o ridicole, o assurde) del qua e alla morte il giovane imprudente che l’a- maschile, non rappresenta oggi più che mai una veva amata. Le varianti sono poche e non cam- grave carenza del nostro inconscio collettivo? Non si biano mai il tema di base: a volte ad esempio tratta di un angolo vuoto dell’inconscio collet- non si tratta di ondine, ma di anime di fanciulle tivo, di un angolo volutamente rimosso e rifiu- morte che assalgono giovani uomini che si la- tato, la cui misconoscenza può essere svantag- sciano sedurre e condurre a morire. In altri casi giosa per tutti, uomini e donne? E magari con- le donne-ondine non possiedono l’anima: è infat- tribuire al disagio che avvertono, forse loro ti proprio per questo che irretiscono i giovani stessi per primi, gli uomini nostri contempora- uomini. Soltanto riuscendo a sposarsi con uno nei? di loro potranno guadagnarsi l’anima. Come si è detto in precedenza, l’immagine A questo punto potremmo porci alcune do- del Drago-donna può essere usata come sim- mande a proposito dell’inconscio collettivo. La bolo di tutte le rappresentazioni in qualche prima domanda è: che cosa si intende davvero modo negative o ambigue della donna, che per inconscio collettivo? Collettivo significa soltan- possiamo ritrovare nei miti, nella letteratura, to che tutti possiamo ritrovare dentro di noi, nell’arte. Ma, abbiamo aggiunto, anche nella nelle nostre rappresentazioni mentali, queste scienza, nella filosofia, nella medicina e psi- immagini primordiali positive o negative che chiatria. L’atteggiamento spregiativo nei con- siano, perché l’inconscio collettivo corrispon- fronti delle donne ha avuto forme parossisti- de semplicemente alla nostra cultura collettiva, che nel corso dell’ottocento e in relazione con cioè al nostro immaginario collettivo? i primi tentativi di emancipazione da parte Oppure il termine collettivo, per poter essere delle donne. Non pochi filosofi e psichiatri si usato, dovrebbe avere un valore più esteso e profondo, sono assunti l’onere di scrivere saggi poderosi e per venire definito collettivo, un archetipo do- per esporre in forma teorica e scientifica la lo- vrebbe essersi davvero formato nel corso dei ro misoginia inconscia (di cui non erano evi- secoli e nei diversi luoghi geografici, a causa del dentemente consapevoli) ed i loro convinci- comune sentire di tutta una popolazione, indipenden- menti sull’inferiorità mentale delle donne. Ci- temente dal sesso di appartenenza e dalle conoscenze tiamo ad esempio Arthur Schopenhauer (1788- culturali di ognuno? 1860), ed il suo L’arte di trattare le donne, testé ri- Per quanto riguarda l’appartenenza di sesso, pubblicato da Adelphi, e anche Paul Julius prendiamo ad esempio l’idea-immagine delle Moebius ed il suo libro intitolato Sulla deficienza mentale fisiologica della donna (1900). Quest’ultimo, non parlava come letterato, ma come psichia- (4) Il nome completo è: Ernst Theodor Wilhelm, Amadeus, E.T.A. tra, e le sue affermazioni, considerate autore- Hoffmann (1776-1822). voli teorie scientifiche, hanno influenzato mol- 128 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze to il pensiero del primo Novecento. Si veda prensibili per l’uomo e persino per gli scien- questa citazione di Moebius: «Resta completa- ziati: un «dark continent» (10). mente dimostrato che, nella donna, sono me- Concludiamo ritornando al discorso dell’in- no sviluppate che nell’uomo porzioni del cer- conscio collettivo, per sottolineare un aspetto vello, le quali sono della massima importanza che fino ad ora – e la cosa sorprende – pare per la vita psichica, quali le circonvoluzioni del non essere stato preso in sufficiente conside- lobo frontale e temporale, e che questa diffe- razione. renza esiste fin dalla nascita» (5). Anche Freud Si è detto come poeti, letterati, e autori di è tornato nelle sue opere, in almeno due occa- storie mitiche e religiose, abbiano ripetuto per sioni, a citare il valore di questo saggio del secoli i medesimi stereotipi sulla donna (noi dottor Moebius (6). abbiamo introdotto come esempio quello del- Visto che si è parlato in precedenza delle la Dea-Donna-Drago, ma avremmo potuto indi- donne-pesce, che secondo gli scrittori, i pittori carne molti altri, sempre negativi nei confronti e gli psicologi del profondo, hanno una dimora delle donne, prese nella loro realtà). E si è fissa nell’immaginario collettivo e nell’incon- detto che le medesime rappresentazioni sfa- scio collettivo, possiamo ricordare una citazio- vorevoli della donna sono state prodotte da fi- ne di Schopenhauer che collega la donna al re- losofi e da uomini di scienza. Si potrebbe dun- gno ittiologico e marino: «Come la seppia, la que pensare che almeno questi ultimi siano donna si avviluppa nella dissimulazione e arrivati alle loro conclusioni sulla base di studi nuota a suo agio nella menzogna» (7). seri e approfonditi sulla mentalità e sugli at- Ma anche Sigmund Freud amava sin da gio- teggiamenti delle donne, prima di esprimere i vane collegare donne e pesci e rettili del ma- loro giudizi. Ma se leggiamo le loro opere, sco- re, in modo particolare quando parlava della priamo che proprio gli stessi psicoanalisti, a ragazza di cui era profondamente innamorato cominciare da Sigmund Freud, Otto Rank, Carl verso i vent’anni, e alla quale, quando ne scri- Gustav Jung, si sono formati sui grandi scrittori veva ai suoi amici, dava l’affettuoso nomignolo della corrente romantica, assorbendone incon- di ittiosaura (8). sapevolmente i modelli misogini, attraverso le Nella stessa epoca, Freud scriveva con con- modalità del pensiero egocentrico maschile, e vinzione: «La donna, per non parlare della ra- trasformando spesso in casi clinici, psichiatrici gazza, non ha in sé criterio etico, può solo o psicoanalitici, le visioni oniriche dei poeti. comportarsi bene rispettando i limiti della Daremo solo due esempi sintetici di queste consuetudine, osservando quello che la so- riflessioni maschili e «scientifiche». Abbiamo cietà ha riconosciuto come decoroso». Oppure, citato prima Paul Julius Moebius e il suo tratta- quando rimproverava ad un amico di avere to sull’Inferiorità mentale della donna. Il libro spriz- delle ragazze per amiche, indicava queste ulti- za livore nei confronti delle donne in genere, me come «persone senza freni, non in grado di ma il dottor Moebius ha il merito di spiegarci – capire il proprio scarso valore, predisposte per convinto che questa sia una spiegazione di va- natura alla vanità». Tutte, si intende, «caratte- lore scientifico – perché egli abbia acquisito i ristiche che si incontrano sviluppatissime nelle suoi convincimenti sul femminile. Ecco la chia- ragazze» (9). rificazione che egli offre, proprio mentre, nelle Freud ha poi sostenuto queste e simili teo- stesse pagine, dà informazioni scientifiche cir- rie sulle donne, attraverso studi cosiddetti ca il peso dei cervelli maschili e femminili: «scientifici» proseguiti per trent’anni, per con- «Ma perché, mi si domanda, tanto sdegno hai cludere alla fine che le donne erano incom- concepito contro la «donna nuova»? – Non cer- to per considerazioni personali, poiché io me ne stavo tutto solo e non ho più alcun deside- rio personale e, in verità, mai una donna nuova (5) Arthur Schopenhauer, L’arte di trattare le donne (a cura di Franco mi ha recato il minimo dispiacere. Ma dove Volpi), Adelphi, Milano 2000. Paul Julius Moebius, L’inferiorità davvero sono stato preso da sincero sdegno fu mentale della donna, Einaudi, Torino 1978, pag. 7. Il libro ebbe su- bito un grande successo e nel 1904 venne tradotto in italiano da all’apparire della Nora (Casa di bambola) di Ibsen» un altro psichiatra, Ugo Cerletti. (11). Moebius continua poi a parlare dei fatti e (6) «Ritengo che l’indubbia inferiorità intellettuale di tante don- misfatti di questa eroina come se si trattasse di una ne sia da imputarsi all’inibizione di pensare necessaria per la re- pressione sessuale». Sigmund Freud (1908), La morale sessuale civi- donna vera, e non di una invenzione poetica e teatrale le e il nervosismo moderno, Opere, vol. 5, Bollati Boringhieri, Torino, maschile, attribuendole gravi colpe, e chiaman- pag. 426. E inoltre, Sigmund Freud (1927), L’avvenire di un’illusione, Opere, Vol. 10, Bollati Boringhieri, Torino, pag. 477. (7) P.J.Moebius, op. cit. (8) Ittiosauro: rettile marino carnivoro del Mesozoico, con arti tra- (10) Sigmund Freud (1926), Il problema dell’analisi condotta da non me- sformati in pinne. dici. Conversazioni con un interlocutore imparziale, Opere, vol. 10, Bollati (9) Sigmund Freud, «Querido Amigo». Lettere della giovinezza a Eduard Boringhieri, Torino, pag. 379. Silberstein, 1871-1881, Bollati Boringhieri, Torino 1991, pagg. 78- (11) Paul Julius Moebius, L’inferiorità mentale della donna, op.cit., pag. 79. 49 e segg. Tilde Giani Gallino - Dee, donne, draghi: l’inconscio collettivo è (solo) maschile, e non lo sa 129 dola creatura degenerata perché abbandona i Schnitzler: non si rendeva conto fino in fondo propri figli. che Schnitzler si era ispirato o aveva copiato Moebius non è stato tuttavia l’unico studio- da lui. Al contrario, Freud individuava nei rac- so a comportarsi in tale modo, che del resto ri- conti di Schnitzler una conferma delle sue in- sale quanto meno ai tempi di Euripide. Quanti tuizioni «scientifiche». A sua volta ne ricavava studiosi dei costumi di uomini e donne, non si il convincimento di aver dato egli stesso una sono scagliati ad esempio contro Medea, nel giusta interpretazione del caso clinico, perché corso dei secoli, rimproverandole aspramente le vicende dei romanzi di Schnitzler, che egli il suo comportamento, e dando la netta im- stimava molto, apparivano così simili proprio pressione di non saper distinguere tra una ai suoi casi clinici. E scriveva altri casi, che Sch- donna in carne ed ossa, ed una eroina inventa- nitzler traduceva poi in Novelle e romanzi e ta a bella posta da una mente maschile come che Freud leggeva……… modello e archetipo da tragedia? Una simile A questo punto, in chiusura, possiamo ri- incapacità di compiere distinzioni tra realtà e proporci le domande già poste sull’inconscio fiction, tra mondo reale e immaginario maschile, collettivo, a cominciare dalla prima domanda: sembra aver raggiunto il suo culmine nell’Otto- che cosa si intende davvero per inconscio col- cento e inizio Novecento. Se si studia ad lettivo? E, in secondo luogo, se l’inconscio collettivo esempio la storia della Psichiatria, e si esami- assomiglia straordinariamente alla cultura collet- nano i casi psichiatrici, ci si rende conto che tiva, ed entrambi sono stati ispirati essenzial- molti casi psichiatrici (casi clinici che erano mente da un pensiero e da una riflessione che sempre femminili, casi di isteria, casi di dop- per secoli e millenni sono stati centrati esclu- pia personalità) non erano altro che una tra- sivamente sulla supremazia maschile, non do- scrizione di novelle di scrittori. E in certi casi vremo riconsiderare davvero questo strato addirittura esami psichiatrici di racconti lette- della nostra psiche? Facendolo magari alla lu- rari, analizzati quasi come se fossero stati veri ce della coscienza contemporanea? E se il nu- (caso classico, quello di Madame Bovary, dovuta mero di immagini primordiali sul femminile, all’immaginazione di Gustave Flaubert, 1857, e tutte al negativo, è esorbitante rispetto al nu- diventata oggetto di numerosi studi). mero degli archetipi maschili al negativo, non E, come se non bastasse: da dove traevano si dovrà esplorare se nella nostra psiche di uo- gli scrittori le situazioni ed il materiale umano mini e donne, gli angoli bui, le nicchie, le Om- che poi raccontavano nei loro romanzi? Come è bre, volutamente rimosse e rifiutate, non siano ovvio, dai casi psichiatrici, dai casi clinici letti davvero troppe, tanto da rendere più difficili, avidamente dagli scrittori, e poi riscritti con op- ambigue e complesse, le stesse relazioni fra di portune aggiunte creative: descrizioni fisiche noi, semplici esseri umani (13)? delle persone, del loro modo di vestire e gesti- re, e magari ambientazioni in paesaggi stranieri o anche esotici, che servissero a dare enfasi e pathos ai comportamenti dei protagonisti. Nel Novecento, uno dei casi limiti di una si- mile pratica è considerato quello di due per- sonaggi famosi: Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, e Arthur Schnitzler, romanziere di enorme successo. Entrambi viennesi, entrambi medici psichiatri e coetanei. Schnitzler leggeva con bramosia le opere di Freud e poi riversava i casi clinici di Freud nelle proprie novelle (12). Freud leggeva con frenesia i racconti di

(13) Per un approfondimento di tutte le tematiche trattate nel presente testo, si rimanda a: – Tilde Giani Gallino, La ferita e il re. Gli archetipi femminili della cultu- ra maschile, Raffaello Cortina, Milano, 1986. – Tilde Giani Gallino, Le Due Signore. L’archetipo della trasmis- sione della vita, Convegno Internazionale «La Grande Madre», Tori- no, 1988. – Tilde Giani Gallino, Le Grandi Madri: una introduzione al mito (12) Si veda ad esempio la famosa novella di Arthur Schnitzler, e all’archetipo, in Le Grandi Madri (a cura di T. Giani Gallino), Doppio sogno, Adelphi, Milano, 1997. Feltrinelli, Milano, 1989.

RAFFAELLA LAMBERTI Associazione «Orlando», Bologna DESIDERI E RAGIONI DI DIFFERENZA E PROPORZIONE TRA DONNE E UOMINI, IERI E OGGI

La prima cosa che voglio richiamare alla nostra nella violenza e nel conflitto. Riccardo II insce- attenzione è che un gruppo di donne che si è na l’altra faccia del potere, come del resto Lear, nominato Armonie ha convocato a Bologna, Città rispetto a Bolingbroke, il personaggio che gli è Europea della Cultura, studiose e studiosi, opposto e che lo vince. Re deposto, pensa alla libere ricercatrici, allo scopo di alimentare morte e ha chiara consapevolezza che la spada visioni diverse. ferisce da tutti e due i lati, anche da quello del- E certo queste studiose e studiosi e le libe- l’elsa. Ricorderete che, quest’ultima, era una re ricercatrici ci hanno dato non solo un patri- considerazione di Simone Weil. Dunque,il monio ingente di conoscenze, ma anche un richiamo di Shakespeare ha un senso in un forte sentimento di potenza e di bellezza. Io momento di crisi della politica, di dissoluzione devo fare qualcosa che è, come dire, contrad- del regno; sono versi che vengono opportuni dittorio, va controvento rispetto a quel che è oggi. Ci tornerò; pensiamo intanto che lo spazio accaduto qui: devo parlare del presente, e pubblico non solo tracolla, ma là dove è riem- quindi lo sguardo «lunghissimo» di cui abbia- pito, sembra colmo di interesse, management mo goduto per due giornate si deve contrarre; e di cose che non sono più il linguaggio della devo parlare del presente e della politica, ter- politica, nemmeno di quello maschile, nemme- reno tutt’altro che amabile, frequentabile, di no di quello alto maschile. Un’altra autrice, questi tempi. Lo devo fare, immaginando però Dava Sobel, cita Riccardo II e lo cita con questi che anche attorno alla politica sia possibile versi: qualcosa di vertiginoso, una «vertigine orizzon- tale», solo che noi considerassimo le nostre «Sento una musica, differenze, la nostra pluralità, le nostre indivi- ah, andate a tempo; quanto è aspra la musica dolce, dualità differenti. quando perde tempo e proporzione, Per parlare di politica, la figura che prendo a così è nella musica della vita umana». riferimento è quella di Antigone e la figurazio- (Riccardo II, Atto quinto, scena quinta). ne quella di una Antigone nella città. Il senso di questo si chiarirà in seguito, vedrete. Le conti- Dava Sobel non si riferisce alla crisi della nuità che in questi giorni siamo andate, sono politica del tempo di Shakespeare, ma ad andati cercando tutte e tutti, non potranno un’invenzione straordinaria per la navigazione, quindi essere le continuità del ritrovare la dea, avvenuta nel XVIII secolo e al suo lungo disco- o del ritrovare le dee, del ritrovare le madri. noscimento. Il suo libro ha tanto circolato e Forse qualcuno qui ha parlato di «ginandria»; tratta del calcolo delle longitudini che infine forse è più questo, anzi, dove voglio ragionare, salvò dal disastro tante vite umane che prima è più questo che vado cercando. nei mari si perdevano. Una storia reale di mappe, di misure necessarie a navigare che è «Per carità di Dio, sediamoci per terra appassionante non meno delle navigazioni di e raccontiamo tristi leggende di re morti, cui oggi si parla, quelle cosmiche e quelle vir- come furono alcuni deposti ed altri uccisi in guerra, tuali; e, dopo ieri, il pensiero per forza va a e alcuni oppressi dagli spettri di quelli che deposero». quella meravigliosa, fantastica immagine che ci (Riccardo II, Atto terzo, scena seconda) ha mostrato insieme donne ancestrali e navi- celle archetipiche. Dava Sobel quindi, parlan- Parto da una posizione classica sul potere e do di proporzione e parlando di strumenti che la sovranità e dalla critica che il femminismo, il consentono di navigare, a sua volta offre la figu- pensiero femminista, ha portato a tale potere e razione di come muoversi, di come cercare di sovranità. L’alto spaccato di questi versi è trat- muoversi, orientarsi in acque pericolose. to dal Riccardo II e dice della politica come Ma perché richiamare insieme con i classici vicenda di scacciate e violenze, di scontri, i sovrani dei classici, non è vero appunto che il domini e ossessioni cui opporre un raccontarsi femminismo li ha criticati, ha criticato il concet- in amicizia, quasi silenziosamente, dice to di sovranità? È vero. Però voglio riprendere Cristina Campo che cita questo brano per capi- il modo in cui la critica è stata affrontata da re cosa si possa in qualche modo opporre all’i- alcune, bisogna andare per grandi flash, altri- nevitabile, necessaria caduta della politica menti si va fuori dei tempi che sono dovuti. 132 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze

Prendo un bellissimo libro di Adriana Cavarero, giunture sono stati i luoghi emblematici per Corpo in figure, e richiamo la critica che viene riflettere su lotte di identità simmetriche, per fatta al corpo politico e alla teoria dei due quanto contrapposte. Ma non sono stati soltan- corpi, il corpo del sovrano fisico, e il corpo del to anni di conflitti di tale natura; sono stati anni sovrano simbolico, il corpo del sovrano re. d’intensa disincarnazione, e la potenza di que- L’idea, la pretesa, è che, mentre il corpo fisico sti giorni attorno ai corpi, attorno alla madre e del sovrano deve necessariamente arrendersi alla fecondità in questo senso, mi è sembrata alla morte, la sovranità possa continuare nel di grande rilevanza. Legata allo sviluppo delle corpo metaforico della regalità. Però, aggiunge tecnologie, della comunicazione e alle biotec- Cavarero, se si considera l’Amleto, chi soprav- nologie, la perdita del corpo certamente colpi- vive non nella vita fisica non è certo il regno, sce tutti ma le donne in modo particolarissimo. l’Amleto è uno dei drammi più carichi di morti Nomino soltanto, e sempre per flash, che cosa e di morte, chi sembra sopravvivere è l’imma- è diventata l’esperienza della gravidanza. Un gine di Ofelia. bel libro come quello di Barbara Duden sul Fondata sull’esclusione dei corpi femminili, corpo delle donne quale spazio pubblico l’ab- la politica avrebbe, diciamo, la possibilità di biamo letto in tante; ed effettivamente non c’è edificarsi soltanto se se ne distanzia, e tuttavia nessun confronto rispetto a una maternità Ofelia negata rimane più di quanto non riman- come poteva essere nella mia generazione, che ga la regalità. Tale è il ragionamento di Cavare- ancora si iscriveva in un rapporto pochissimo ro; e aggiunge che ciò accade per l’estraneità al mediato dalle tecnologie. Pensiamoci. Questa regno di Ofelia. È il punto che vorrei criticare, mattina si è parlato di impianti ed espianti dicendo di un’Antigone nella città, che vorrei, nella cosmogonia esiodea; ma pensiamo se come dire, superare. Ancora in quel libro la non è un immaginario post moderno che pre- figura di Antigone appare estranea alla città, siede agli stupri in Bosnia: le donne come puro tratta com’è dalla Zambrano, dalla Tomba di contenitore. Non parliamo dello stupro sempre Antigone – ricordiamo come nella Zambrano ed esclusivamente come frutto dell’eterna lotta Antigone non muoia quando la pietra tombale delle etnie; trovo particolarmente crudo un è messa contro lo spazio in cui viene rinchiusa. modo di pensare, che poi è proprio di tanto Comincia invece un proprio cammino spiritua- maschile ma non solo, grazie al quale sparisce le, un cammino dell’anima, liberata dai carichi dagli stupri il fatto che l’arma è un’arma ses- della vita e della città. suata, corporea: lo stupro si fa con un corpo, Troppo rapidamente: è ovvio che Antigone, più corpi contro altri corpi. E dagli stupri spari- figura continuamente ripresa, ha osservato le sce la stessa storicità: essi sarebbero una leggi della madre, della dea madre, cioè le vicenda eterna che riguarda la nostra specie. leggi del lutto e non la legge della città, poiché, se Creonte le ha imposto di non rendere onori Che contributo di senso può dare la presen- funebri al fratello, lei li ha resi: da qui la sua za differente delle donne nella città, come si condanna. Ma è proprio questa figurazione, promuove questa presenza, in che relazione presente in moltissima scrittura femminile, che sta con altre presenze? Aggiungo altri interro- mi piacerebbe contrastare. Certo, Antigone non gativi e prendo un percorso che chiamo «opzio- è al servizio di nessuno, nel mondo di ne realistica», seguendo alcune autrici. In un Zambrano; è al servizio della propria crescita, quadro di Nicolas Poussin, Le ceneri di Focio- della propria anima, della propria visione di ne raccolte dalla sua vedova, quadro del 1648, mondo e tuttavia appare chiaro che a Zambra- la moglie di Focione secondo come ci racconta no, e all’Antigone di Zambrano, poco importa Plutarco, china a terra fuori le mura della città, di una diversa città di donne e di uomini. La raccoglie le ceneri di suo marito condannato a mia proposta è piuttosto di riposizionare la morte, in un processo alla Socrate. Atene, la politica. Ciò comporta al tempo stesso un criti- città politica per eccellenza, le sta alle spalle; cismo radicale, ma fondato non su una identità mentre una fantesca sta attenta che non arrivi estranea che rischia di sottrarsi alle dinamiche nessuno perché la moglie di Focione, senza in atto e di fallire il proprio compito restitutivo nome, compie un atto illegale. Evidentemente e trasformativo, e una politica in cui le donne siamo di fronte ad un doppio della figura di siano parte della città. Antigone, un doppio più sbiadito. Vorrei fare un richiamo rapidissimo, perché non posso perder tempo: accanto al riaffermar- Davanti a New York oggi, in un’isoletta c’è un si di una pretesa neutralità e tecnicità della campo, che si chiama Pottersfield. È il campo in politica, sono accaduti altri fatti e segni forti di cui vengono messe le ceneri degli indesidera- cambiamento negli anni ’90, a partire dagli bili, i malati di Aids, quelli senza nome, i trop- scontri identitari per cui, per un lungo periodo, po poveri per avere funerale, che non vengono Ruanda, Bosnia e altre terre di temibili con- inumati. Un interrogativo diventa allora: qual è Raffaella Lamberti - Desideri e ragioni di differenza e proporzione tra donne e uomini, ieri e oggi 133 la città in cui Antigone non è sepolta viva fuori dimensioni di amicizia – lei così la chiamava –, dalle mura, la moglie di Focione non è nasco- e mi sembra importante poiché Varnhagen non sta, dove c’è posto per i morti e non solo per i si colloca tra le anime belle, si definisce al con- vivi, dove Antigone e la moglie di Focione sie- trario, come era del resto, «brutta, donna ed dono con noi? È il tipo di interrogativi che mi ebrea». Un vertice di sfortuna all’epoca; e sembra segnalare qualche continuità con ciò di appunto perché non si vuole «anima bella», cui abbiamo sentito in questi giorni. agisce, crea un luogo in cui s’incontrano gli Un’altra circostanza ci è familiare, l’esamino uomini e le donne del tempo, in una propor- ricorrendo a un testo prezioso di una delle zione paritetica, se vogliamo dire così; uno spa- donne ebree che vengo legge leggendo ormai zio pubblico diverso da altri più tipici della da anni, Gillian Rose. Scrive: «Non ho l’Aids, modernità, che oggi parrebbero non esistere tuttavia cerco di comunicare in egual misura quasi più. l’impasse, i limiti e le crudeltà delle cure alter- La riflessione di Luxemburg sulla politica native e della medicina convenzionale. Vorrei non monodimensionale è particolarmente di insinuare degli andamenti nella guarigione che rilievo; ancora resta lo spazio pubblico, l’idea non sono stati immaginati in nessun canone; del luogo in cui ci si incontra, l’idea della mol- vorrei opporre alla materialità fisiatrica della titudine che si incontra come moltitudine di medicina e all’avvolgente overdose di spiritua- individualità. Penso che tutta la polemica che lità delle guarigioni alternative, il lavoro d’a- l’ha opposta a Lenin, quando Luxemburg scrive more, il lavoro che sono venuta mappando, contro determinate forme dell’organizzazione, compiendo, ma soprattutto, necessariamente, della disciplina, perché non crede alla serialità, fallendo lungo tutta la vita». Gillian Rose è una alla massificazione, andrebbe veramente rilet- filosofa morta di cancro e scriveva queste cose ta E certamente Arendt le riconosce di avere ormai vicina alla propria morte. Per riposizio- aperto prima di lei una riflessione contro il nare la politica, quindi, la proposta è di rein- totalitarismo: come potrebbe non essere trodurre le emozioni, le passioni, le visioni essenziale oggi una riflessione post totalitaria accanto alle ragioni; reintrodurre le dimensioni che non scada nel neoliberalismo e non scada che aprono al lavoro d’amore e al lavoro del nella democrazia senza qualità, come quella in lutto. Uso lavoro in chiave hegeliana; per Hegel cui viviamo? Arendt afferma ancora che lavoro vuol dire attività, non il lavoro così come Luxemburg le ha dato attenzione al vivente, l’abbiamo visto e letto a partire dalla rivoluzio- Luxemburg era, fra l’altro, un’animalista appas- ne industriale e dopo. Qui rilevo delle conti- sionata, cosa che non si dice quasi mai. nuità con quanto sentito in questi giorni, dove l’impressione è stata che la più parte dei rela- Questa mattina abbiamo sentito parlare del tori abbia tenuto i piedi, o la voce, o la mente, pensiero rammemorante di Heidegger, autore in entrambe le posizioni: in quella delle pas- su cui mi sono laureata con passione e ammira- sioni e in quella delle ragioni, avendo ben zione. Tuttavia, vorrei richiamare l’attenzione chiaro il rapporto tra il mito e la ragione, come sul fatto che quell’autore che pure parla di già era stato visto da altri. Non affermo quindi, mondo, sulla traccia della fenomenologia, e come si potrebbe, che le passioni siano man- quando deve definire l’esserci nel mondo in cate nella politica preferita dagli uomini, ma autenticità, parla di «essere per la morte». che siano mancate le due passioni che sopra Hannah Arendt, sua allieva per certi versi ho nominato con parole e immagini di altre. fedele, quando deve definire la condizione umana e l’essere nel mondo parla di «natalità»; E per andare più a fondo e per dare una di doppia nascita, di individualità e di plura- risposta minima in positivo, prendo una tradi- lità, di farsi presenti agli altri ed alle altre; zione realistica opponendola all’altra sopra quale grimaldello critico rispetto ai pensieri vista dell’estraneità femminile alla politica. Mi globalizzanti e collettivizzanti è l’idea che riferisco a quelle pensatrici ebree, in gran parte siamo un’individualità entro una pluralità di tedesche, che configurano in qualche modo un viventi, che, nel momento in cui siamo indivi- pensiero diverso dalla modernità. Mi sta a dui, siamo anche pluralità. Perché questo filo- cuore che ci sia un pensiero diverso nella ne, quest’idea diversa della modernità? Perché modernità e della modernità. Considero Rahel una donna come Sheila Benhabib, ebrea di ori- Levin Varnhagen, passo, purtroppo rapidamen- gine turca, allieva di Habermas, leggendo te a Rosa Luxemburg, che pochi oggi leggono e Arendt ammonisce: state attenti, è vero che non arrivo ad Hannah Arendt e, poi, ad altre. si definiva femminista e non lo era, ma il libro Varnhagen, amica di Goethe, è una delle don- che ha portato sempre con sé era una biografia ne che hanno costruito spazio pubblico nel che ha voluto scrivere su Rahel Levin momento protoromantico; spazio in cui, accan- Varnhagen. Ed ancora: se la leggiamo, come to a decisioni pubbliche, si facevano vivere dice la studiosa nera afro americana Bell Hooks, 134 Il Mito e il Culto della Grande Dea, Transiti, Metamorfosi, Permanenze dalla periferia al centro, scopriamo che proprio Esposito, al suo pensiero della convivenza che quel libro e anche l’idea della politica come concentra altro pensiero a noi contemporaneo spazio in cui la relazione è centrale, è centrale su questi temi, e, innanzitutto, ad un’interpre- in Hannah Arendt. tazione etimologica innovativa e brillante della Perché insistere su questo aspetto? Chiudo comunità. Nel latino communitas vi è una parte su un concetto che, invece, ci viene da un uo- che capiamo subito: l’essere a molti, cum, avec, mo, Roberto Esposito. È il concetto di «libertà mit, with. Ma la parte da scoprire in «comunità» comune», libertà in comune. Ho l’impressione è munus, che vuol dire «dono» e «dovere» che ciò che è stato vivificante in questi due insieme. Dono e dovere insieme è ciò che in giorni, anche se era nello sfondo, anche se era qualche modo ho sentito in questi giorni dire con ferite, anche se segnalava la perdita della attorno alla divinità femminile, che donava ed proporzione tra donne e uomini, era l’orizzonte era autorevole, che imponeva obblighi donan- di una comunità, una civiltà che riprenda l’idea do. Generositas, guardate, viene da gigno, di libertà comune. Siamo stati capaci, donne e come genere, generazioni, genti. È questo che uomini, di farci sequestrare l’idea di libertà dal mi piacerebbe riattraversare, legando una poli- pensiero neoliberale; una cosa mostruosa, per- tica di donne a chiavi di generosità e genialità, ché è la libertà possessiva dell’individualismo per aggiungere un’altra parola, che possa con- possessivo. Cosa potrebbe voler dire pensare nettere generi, generazioni e genti provenendo altrimenti una «libertà comune»? Libertà essa stessa, ancora una volta da gigno, generare, comune e «proporzionata» per tutti i viventi, far nascere nel corpo e con l’ingegno. generi, generazioni, genti? Ricorro ancora a MOSTRA PRIMA DI EVA IMMAGINI DI CULTO DELLA GRANDE DEA NELL’ARTE PREISTORICA EUROPEA

MUSEO DELLA VITA BOLOGNA DAL 24 NOVEMBRE AL 15 DICEMBRE 2000

La mostra è stata realizzata con una selezione di un centinaio di reperti provenienti dalla collezione di calchi, di facsimili e di fotografie del Museo di Paleontologia Umana di Terra Amata, promotore a Nizza nel 1991 dell’esposizione Eves e rêves, sotto la direzione di Monique Goudet-Doucellier, con- servatore capo. Il percorso scientifico è a cura dell’Associazione Culturale Melusine di Milano sotto la direzione di Luisella Veroli. I testi descrittivi sono tratti dalla viva voce di Marija Gimbutas (dal video Il canto delle origini di Werner Weick e Andrea Andriotto, copyright TV Svizzera 1999) e dal libro di Luisella Veroli Prima di Eva. Viaggio alle origini dell’eros (Melusine La vita felice, Milano 2000).

L’Associazione Culturale Melusine dal 1987 si dedica allo studio di miti, riti e arche- tipi del femminile e promuove la ricerca della soggettività femminile in poesia e let- teratura. Con pubblicazioni, seminari, conferenze e mostre divulga in Italia l’archeomi- tologia.

a cura di Daniela Facchinato responsabile scientifica Luisella Veroli, Melusine, Milano in collaborazione con Museo di Paleontologia, Terra Amata, Nizza Finito di stampare nel mese di Marzo 2008