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brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 1 BRIXIA SACRA MEMORIE STORICHE DELLA DIOCESI DI BRESCIA brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 2 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 3 Premessa Con questo numero riprende la consueta programmazione della Rivista dopo le pubblicazioni per il centenario. Restano i progetti avviati, alcuni – come quello sui vescovi – che procedono con inevitabili rallentamenti, al- tri che stanno giungendo in porto con regolarità. Per la fine dell’estate sarà disponibile l’edizione on-line dal 1930 al 1964 della Rivista, edita nella se- zione “archivio digitale” del sito dell’Associazione (www.brixiasacra.it). È inoltre in lavorazione il secondo “Quaderno”, dedicato ai missionari ca- muni dalla fine dell’Ottocento ad oggi, realizzato in collaborazione con l’Associazione Gente Camuna. Sono dunque molti e ricchi i contenuti raccolti sul presente numero, alcuni dei quali di assoluto valore ed originalità, altri con un carattere più divulga- tivo, ma sempre con rigore e robustezza scientifica. Si parte con l’inno “Ubi caritas et amor”, la composizione forse più nota del patriarca di Aquileia Paolino († 802), scritto in un momento molto difficile per la sua Chiesa, che si cantava nella liturgia del Giovedì Santo e che ancora oggi si canta in tutto il mondo cattolico con il titolo Dov’è carità e amore. La sua presenza nei manoscritti e nella liturgia bresciana conferma la comunione di una prassi antichissima, presto condivisa e fatta propria dall’intera cristianità. Un inedito percorso è poi offerto dalla devozione a santa Giulia, colti- vata nel grande monastero longobardo che reca il suo nome, esaminata at- traverso le rappresentazioni artistiche e l’iconografia della martire cartagi- nese. Non un semplice percorso nella storia dell’arte, ma nell’autoriflessio- ne religiosa del cenobio cittadino dal pieno medioevo a tutta l’età moder- na. Modello di santità e di eroica testimonianza, Giulia diventa così l’ar- chetipo della via verso la perfezione delle monache di San Salvatore, ideale di martirio incruento vissuto attraverso la normalità regolare della vita claustrale, quotidiana professione di fede costantemente rinnovata sui cor- 3 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 4 B RIXIA SACRA pi santi conservati nelle sacre arche, poste nella cripta della basilica mona- stica. Intorno al corpo della martire Giulia, le reliquie di santa Sapienza e delle sue mistiche figlie – le sante Fede, Speranza e Carità, personificazio- ne delle virtù teologali – divennero così il viatico sicuro per quelle donne votate a Dio lungo gli aspri sentieri dell’ascesi claustrale benedettina. Ma il binomio arte e fede torna con sfumature diverse anche in altri contributi: nella decorazione pittorica della chiesa conventuale di San Francesco a Brescia, nei rapporti professionali e stilistici dei molti taglia- pietre che hanno esportato le loro competenze tecniche in area trentina, nel corredo artistico che ha impreziosito le chiese di Acquafredda o nella linearità rigorosa della parrocchiale di Ostiano che sembra ricondurre alla progettualità del Bagnatore. Notizie di prima mano sono pure messe in lu- ce sul ministero asolano del vescovo di Termoli Vincenzo Duranti (Palaz- zolo 1509 - Asola 1570), e approfondimenti tematici sono condotti su Pie- tro Tamburini, sul beato Lodovico Pavoni e sui fondi dell’archivio parroc- chiale di Ospitaletto, mentre l’edizione del “diario” di don Giuseppe Cam- pana, scritto a cavallo tra Otto e Novecento, racconta dall’osservatorio particolare della Franciacorta le trasformazioni religiose e politiche che hanno segnato il Paese prima e dopo l’unità nazionale. A conclusione di queste brevi note introduttive, volentieri ci uniamo a don Armando Scarpetta, vice direttore dell’Archivio storico diocesano e da lungo tempo membro del Consiglio di redazione della Rivista, per il 40° anniversario di ordinazione sacerdotale (1971-2011), facendo nostre alcu- ne espressioni del vescovo mons. Luciano Monari: «Caro don Armando, ti auguro di cuore che la presenza di Cristo, che hai sperimentato e continui a sperimentare nella tua vita, sia il tuo sostegno nel servizio generoso alla Chiesa, nel modo che il Signore di giorno in giorno vorrà». Un ricordo non meno partecipato corre, infine, a mons. Cesare Mazzo- lari (Brescia 1937 - Rumbek 2011), missionario comboniano e vescovo di Rumbek (Sud-Sudan), stroncato improvvisamente da un malore mentre celebrava la messa. Dall’arrivo in Africa si è battuto per il riscatto dei bam- bini soldato, per la difesa dei poveri e dei profughi, schierandosi a fianco del popolo e testimoniando il vangelo senza compromessi. La Redazione 4 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 5 STUDI brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 6 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 7 GIAMPAOLO ROPA L’inno “Ubi caritas” di Paolino d’Aquileia Esegesi e storia di un messaggio Il «senso di freschezza, di pace, di amabilità, di serenità ingenua» che Pio Parsch, facendo eco all’ammirazione universale, esaltava nell’inno, allora adespoto, Ubi caritas (intitolazione dal ritornello, posto in un secondo tempo, con un ritocco, a introdurre il brano), è l’impronta e il dono, come oggi sappiamo per merito di Dag Norberg, di quel poeta fervido e comuni- cativo che si mostra Paolino d’Aquileia1. Ma il tono affabile e suadente – con qualche nota grave ed escatologicamente minacciosa – è solo un com- plemento, forse anche ingannevole, della composizione. Sotto il velo di una candida amabilità sta una dottrina lucida e compatta, strettamente fi- nalizzata. Il brano, come ci viene precisato ancora, fu composto da Paoli- no, divenuto patriarca di Aquileia dopo l’esperienza culturale presso Carlo Magno, per il sinodo di Cividale dell’anno 796: un’assise di forte impegno, con la quale il nostro rilanciava localmente la consuetudine dei concili pro- vinciali da tempo interrotta a seguito di guerre e turbamenti nell’area2. La fermezza ideologica e l’unità di ispirazione furono senza dubbio fa- vorite dalla natura dell’assemblea alla quale l’inno era destinato. Invero il brano non ha molto da spartire con i ritmi Alma vera ac preclara, indivisa ca- ritas e Christus rex, via, vita ai quali è stato talvolta accostato3. In queste composizioni, a parte la prolissità e il disordine formale, la carità è conside- 1 P. P ARSH, L’anno liturgico, IV, Milano 1950, p. 45: «C’è in questo canto un senso di fre- schezza, di pace, di amabilità, di serenità ingenua. È veramente il canto dei figli di Dio, del- la famiglia di Dio unita nella carità». Per l’attribuzione a Paolino si vedano D. NORBERG, La poésie latine rythmique du haut Moyen Âge, Stockholm 1954, pp. 87 sgg.; IDEM, L’œuvre poé- tique de Paulin d’Aquilée, Stockholm 1979, pp. 59 sgg. 2 NORBERG, La poésie latine rythmique, pp. 91-92; ID., L’œuvre poétique de Paulin, pp. 60-61. 3 Vd. il commento di K. Strecker in apparato all’edizione dell’inno Ubi caritas (nr. XXVII), in Monumenta Germaniae Historica (= MGH), Poetae Latinae Aevi Carolini, Han- nover-Berlin 1877 sgg., IV, 2, pp. 526-529; NORBERG, La poésie latine rythmique, p. 90, ecc. 7 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 8 B RIXIA SACRA rata soprattutto come servizio, onde la contrapposizione programmatica tra caritas e avaritia, tra generosità ed egoismo4. Nell’inno Ubi caritas, invece, l’accento è posto non tanto sull’operare quanto sul sentire, e cioè sulla co- munione degli spiriti, sull’unità degli intenti, sulla concordia. Trascinante è già l’esordio (offro l’assetto originario, con ritornello autentico): 1. Congregavit nos in unum Christi amor. Exultemus et in ipso iocundemur. Timeamus et amemus Deum vivum et ex corde diligamus nos sincero. Rit. Ubi caritas est vera Deus ibi est. È una specie di compendio programmatico. Vi traspare la lunga attesa che aveva preceduto l’assemblea nuovamente convocata e vi si legge il caldo in- teressamento per quanto doveva animarla, la caritas vera come sintetizza il ritornello, ora precisata in dilectio corde sincero fra i partecipanti. Con alla base, naturalmente, l’atteggiamento di amore e riverenza ispirato all’auto- revole formula Amor et timor Domini, sulla quale dovrò ritornare. Un’esperienza vissuta nella pienezza della gioia cristiana (exultemus uniti in Cristo e rallegriamoci in Lui): gioia elevante il piacere anche umano, tra- pelante dall’insieme dell’inno, di ritrovarsi e confrontarsi, collaborando al bene comune. C’è alle spalle tutta una cultura. Paolino mirava a cementare col suo brano una riunione delicata e impe- gnativa, ma seppe sollevarsi dall’evento immediato per un risultato di pura, intemporale preghiera. A una certa data l’inno fu assorbito fra i canti ad Mandatum del Giovedì Santo (il Mandato della carità connesso al rito del- la lavanda dei piedi). Percepiamo, grazie a Norberg, il sottile, nervoso indi- vidualismo della composizione entro un repertorio nel quale essa non si appiattì mai. D’altra parte l’uso liturgico, se rese generale la diffusione del brano, non ne monopolizzò certo la fortuna. La nutrita e ferma sostanza dottrinale era già divenuta in vari ambienti un messaggio e un codice di spi- ritualità; e così continuò a proporsi fuori dalla sfera rituale5. Finora l’indagine erudita si è applicata soprattutto a far uscire l’inno dall’anonimato: così, dopo le pagine del Norberg e il bilancio di Ezio 4 I testi in MGH, Poetae Lat. Ae. Carol., II, pp. 255-257 (ediz. Duemler): IV, 2, pp. 535- 536 (ediz. Strecker). 5 Vd. la nota 17. 8 brixia sacra_1_2011_brixia 07/03/2013 11.52 Pagina 9 G. ROPA, L’inno “Ubi caritas” di Paolino d’Aquileia Franceschini l’interesse scientifico è sensibilmente diminuito6. Ritengo che esistano ancora spazi d’intervento. Sollecitazioni provengono anche dagli studi precedenti (Wilmart, Schafer, ecc.), benché le relative propo- ste siano attributivamente delle strade chiuse7. Su quest’ultimo punto si direbbe che Wilmart fosse a un passo dalla verità, dal momento che riuscì non solo a datare il brano, ma ne intuì pure l’origine extraliturgica8.