Storia Naturale Della Birra
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Rob DeSalle, Ian Tattersall STORIA NATURALE DELLA BIRRA Illustrazioni di Patricia J. Wynne Traduzione di Gianni Pannofino Rob DeSalle, Ian Tattersall A Natural History of Beer © 2019 by Rob DeSalle and Ian Tattersall Originally published by Yale University Press Illustrations copyright © 2019 by Yale University All rights reserved Progetto grafico e copertina: Silvia Virgillo • puntuale Immagine di copertina: iStock / Getty Images © 2020 Codice edizioni, Torino ISBN 978-88-7578-906-0 Tutti i diritti sono riservati codiceedizioni.it facebook.com/codiceedizioni twitter.com/codiceedizioni pinterest.com/codiceedizioni INDICE Prefazione Parte I. Granaglie e lieviti Capitolo 1 La birra, la natura e l’umanità Capitolo 2 La birra nel mondo antico Capitolo 3 Innovazione e nascita di un’industria Capitolo 4 Culture della birra Parte II. Elementi di (quasi) tutte le birre Capitolo 5 Molecole essenziali Capitolo 6 Acqua Capitolo 7 Orzo Capitolo 8 Lievito Capitolo 9 Luppolo Parte III. La scienza della Gemütlichkeit Capitolo 10 Fermentazione Capitolo 11 La birra e i sensi Capitolo 12 Pance da bevitori di birra Capitolo 13 La birra e il cervello Parte IV. Frontiere, vecchie e nuove Capitolo 14 Filogenesi della birra Capitolo 15 Uomini della rinascita Capitolo 16 Il futuro della birra Bibliografia annotata A Erin e Jeanne, anche se preferiscono il vino Prefazione La birra è probabilmente la bevanda alcolica più antica al mondo ed è certamente la più importante sul piano storico. Inoltre, sebbene abbia goduto, in genere, di una considerazione inferiore a quella del vino, la birra nelle sue manifestazioni migliori offre ai nostri sensi e alle nostre capacità di fruizione estetica una ricchezza per lo meno pari a quella del vino. Anzi, più d’uno ha sostenuto che la birra non solo sarebbe teoricamente e praticamente più complessa della bevanda rivale, bensì anche suscettibile di offrire una più fedele traduzione delle intenzioni dei suoi produttori. Ciò non significa, ovviamente, che il vino non ci entusiasmi… come sarà risultato evidente – speriamo – ai lettori del nostro libro Il tempo in una bottiglia. Storia naturale del vino: il vino occupa un posto unico e importantissimo nell’esperienza umana e nella nostra vita quotidiana. Questo, però, vale senz’altro anche per la birra, sebbene sia chiaro che queste due bevande, per quanto complementari, siano allo stesso tempo radicalmente diverse e meritino entrambe di essere esaminate dal punto di vista della storia naturale. Da questa considerazione nasce il presente libro, e viene alla luce nel momento giusto, visto che quasi dappertutto i bevitori di birra stanno conoscendo una vera e propria età dell’oro. Certo, il recente fermento nel campo della birrificazione artigianale si è dispiegato sullo sfondo monolitico di un mercato di massa alquanto uniforme, che vende quantità esorbitanti di birra prodotta dai giganti mondiali del settore. Tuttavia, nei circuiti più innovativi del mercato si trovano tantissime varietà di birre prodotte con straordinaria inventiva. L’abbondanza di nuove e creative proposte ha avuto l’effetto di rendere più interessante il mondo della birra, ma anche più caotico, in un’orgia di offerte pressoché incomprensibile, presentate al consumatore attraverso un sistema di distribuzione arcaico che ostacola un più ampio accesso a molti prodotti di eccellente qualità. A volte, però, un po’ di anarchia può essere stimolante. Esistono numerose pubblicazioni che possono aiutare l’appassionato a orientarsi nel caos, anche se l’arte della birrificazione evolve così in fretta che solo per tenersi aggiornati occorre un impegno a tempo pieno. Qui, però, il nostro fine è tutt’altro. Noi ci proponiamo di mostrare quant’è complessa l’identità della birra, collocandola prima nel suo contesto storico e culturale e poi sullo sfondo del mondo naturale, in cui tanto i suoi ingredienti quanto gli esseri umani – che la producono e la bevono – si sono manifestati. In corso d’opera ci occuperemo di teoria dell’evoluzione, ecologia, primatologia, fisiologia, neurobiologia, chimica e un po’ anche di fisica, addirittura, nella speranza di permettere un più intenso apprezzamento del meraviglioso liquido – paglierino chiaro, bruno-nerastro o di una qualche sfumatura intermedia – che riposa nel bicchiere che avete davanti. Speriamo che questo viaggio sia per voi illuminante quanto lo è stato per noi. La stesura di questo libro è stata un’avventura molto divertente, ma ancora più divertenti sono state le ricerche preliminari, cui hanno contribuito tanti ottimi amici e colleghi che dobbiamo ringraziare. Tra questi, in particolare, Heinz Arndt, Mike Bates, Günter Bräuer, Annis Cordy, Mike Daflos, Patrick Gannon, Marty Gomberg, Sheridan Hewson- Smith e lo University Club of New York City, Chris Kroes, Mike Lemke (che vent’anni fa insegnò a Rob DeSalle l’arte della birrificazione domestica), George McGlynn, Patrick McGovern, Michi Michael, Christian Roos, Bernardo Schierwater e John Trosky. Vogliamo poi esprimere riconoscenza anche alle nostre birrerie newyorchesi preferite. Sono tantissime, e le prime che vengono in mente sono ABC Beer Company, The Beer Shop, Carmine Street Beers e Zum Schneider, anche se persiste il ricordo affettuoso e indelebile della vecchia Blarney Castle sulla West 72nd Street, con il suo incomparabile proprietario Tom Crowe. A questo punto della nostra carriera facciamo fatica a immaginare di realizzare un libro senza l’arte e il supporto morale di Patricia Wynne, che è sempre preziosa anche come collaboratrice oltre che come illustratrice. Grazie, Patricia, è stato un gran piacere lavorare con te a questo progetto e nel corso degli anni. Alla Yale University Press siamo particolarmente in debito con la nostra cara editor Jean Thomson Black, che tanto ha patito per colpa nostra e che, con la sua energia, il suo incoraggiamento e il suo entusiastico sostegno ha reso possibile questo libro. Vogliamo esprimere la nostra gratitudine anche a Michael Deneen, Margaret Otzel e Kristy Leonard per il contributo fornito nella realizzazione e nella discussione dei contratti, nonché a Julie Carlson per le sue eccellenti abilità redazionali e a Mary Valencia per l’elegante design del libro. Per concludere, ringraziamo come sempre anche Erin DeSalle e Jeanne Kelly per la pazienza, la tolleranza e il buon umore che hanno sempre dimostrato in tutte le fasi di gestazione del libro. Parte I Granaglie e lieviti Un connubio destinato a durare Capitolo 1 La birra, la natura e l’umanità Se una scimmia urlatrice può sbronzarsi allegramente, potremo ben farlo anche noi. “White Monkey” recita l’etichetta sulla bottiglia slanciata, come se l’eponimo primate avesse davvero presieduto, con le mani sugli occhi, ai tre mesi d’invecchiamento di questa Tripel alla belga in botti usate in precedenza per il vino bianco. A occhi aperti, abbiamo allentato la gabbietta metallica, fatto saltare il tappo di sughero da champagne e ammirato le bollicine che risalivano lentamente nella Ale color ambra dorata. Il profumo delle botti era delicatamente percepibile all’olfatto, ma la birra ha investito il palato con il classico gusto armonioso della Tripel, con le tonalità dolci del malto e una finitura decadente. Ci auguriamo che l’originaria scimmia urlatrice ubriaca abbia tratto dai suoi frutti di Astrocaryum fermentati anche solo la metà del godimento da noi provato! Gli esseri umani saranno anche le uniche creature capaci di fare la birra, ma – se diamo una definizione di “birra” sufficientemente ampia – non sono i soli a consumarla. Come potrebbe spiegare qualsiasi paleontologo assetato che abbia percorso i torridi paesaggi arabi avendo come unica prospettiva per la serata quella di una blanda “pseudobirra”, l’ingrediente chiave di questa meravigliosa bevanda è l’alcol etilico. Questa molecola, però, non ha nulla di intrinsecamente straordinario; anzi, la cosa più sbalorditiva è la sua ampia diffusione in natura. La si trova in abbondanza, per esempio, all’interno di gigantesche nubi intorno al centro della nostra Via Lattea, a proposito delle quali il collega Neil deGrasse Tyson ha parlato di «bar della Via Lattea». Nel famoso bar di Guerre stellari non c’è nulla di neanche lontanamente paragonabile, dato che – secondo i calcoli di Tyson – le molecole alcoliche presenti in questa nube galattica equivarrebbero a «cento ottilioni di litri di alcol purissimo». Purtroppo, però, le molecole di alcol offerte dal Milky Way Bar sono a tal punto meno numerose di quelle d’acqua che, nell’insieme, darebbero luogo a una bevanda a 0,001 gradi. Sarà meglio, allora, cercare un po’ più vicino a casa. E se è vero che i numeri, qui sulla Terra, sono meno strabilianti, i risultati sono molto più interessanti. Come spiegheremo nel capitolo 8, i lieviti che trasformano gli zuccheri in alcol sono onnipresenti nell’ambiente e non aspettano altro che di entrare in contatto con le materie prime. Inoltre, nell’ecosistema globale c’è una grande abbondanza di zuccheri su cui questi lieviti possono agire, soprattutto in virtù del fatto che, verso la fine dell’era dei dinosauri, alcune piante hanno cominciato a produrre fiori e frutti per attrarre impollinatori e disseminatori. La palma bertam della Malesia (Eugeissona tristis), per esempio, produce grandi fiori che essudano un nettare ricco di zucchero. Questo nettare fermenta spontaneamente e viene usato per produrre una bevanda aspra con una gradazione alcolica pari a 3,8 per cento in volume, che è più o meno pari a quella della birra tradizionalmente servita nei pub britannici. Questa abbondante risorsa ha attirato l’attenzione di una notevole varietà di abitanti della foresta, ma è particolarmente amata da un nostro lontanissimo parente: la tupaia dalla coda a piuma (Ptilocercus lowii). Durante la stagione della fioritura queste piccole creature (grandi come scoiattoli) si abbuffano per ore di nettare di bertam fermentato. In una singola “seduta”, una tupaia può assumere una quantità di alcol pari a quella di due pacchi di birre da sei, e senza dare il minimo segno di ebbrezza. Meglio per loro, perché l’habitat delle tupaie è pieno di predatori, e anche solo un momentaneo rallentamento dei riflessi può rivelarsi fatale.