Catasto Onciario Albidona 1742-1745
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Turpe est in patria vivere et patriam non cognoscere” (Plinio) I QUADERNI DELL’ALTRA CULTURA RASSEGNA DI STORIA E TRADIZIONI POPOLARI DELL’ALTO JONIO COSENTINO Direttore: Giuseppe Rizzo – Redazione: Albidona (CS), Vico S. Pietro – tel. 0981.52066 e 0981.500192 Quaderno n. 39/marzo 2013 CATASTO ONCIARIO ALBIDONA 1742-1745 La Redazione dei Quaderni dell’Altra Cultura permette la riproduzione, integrale o parziale, dei propri elaborati ma chiede che siano citati gli autori degli scritti e la testata periodica degli stessi quaderni. CATASTO ONCIARIO DI ALBIDONA A cura di Giuseppe Rizzo 1 Per i lettori- Vi propongo un documento storico inedito dove è descritta la situazione sociale ed economica del nostro paese nel 1700. Il monaco cronista è di mia invenzione, invece, i documenti, le persone nominate, i luoghi descritti sono autentici, attinti dal Castasto onciario del 1743-45, il cui frontespizio reca l’invocazione I M I (in nome di Maria e di Gesù…) – Archivio di Stato di Napoli. Un cronista del 1745 in Albidona Il marchese Don Antonio Maria Castrocucco, una diecina di magnifici ricchi, un Clero pure ricco, 13 preti, 25 massari, 44 bracciali e il Castello ormai diruto Sua Maestà Carlo III ordina il Catasto onciario per conoscere e per tassare i sudditi del Regno di Napoli Sua Maestà Carlo III di Borbone1 ha emanato le prammatiche imponendo a tutti i comuni del Regno di Napoli di rivelare la situazione sociale ed economica di ciascuno abitante, perché, sebbene viviamo nella miseria e nell’abbandono, si devono pur pagare le tasse, e siamo appena usciti dal malgoverno spagnolo; comunque, anche sua Maestà viene dalla Spagna. Chi scrive questa cronaca è un frate domenicano del convento di Altomonte, dove visse il monaco filosofo Tommaso Campanella, che si fece 27 anni di carcere perché scriveva e parlava contro la “tirannia e l’ipocrisia”, contro gli occupatori Spagnoli, contro l’oscurantismo e la corruzione della Chiesa e a favore della libertà e della rinascita del Sud. Io, semplice frate della comunità domenicana, ho sempre amato la storia, perché la storia è lo specchio di un’epoca e di un paese. Quando mi chiudo nella mia cella faccio anche il cronista; mi piace conoscere le notizie dei paesi di Calabria, specie la situazione sociale, il cui degrado è abbastanza visibile. I nostri comuni hanno perso diversi abitanti perché sono stati falcidiati dalle carestie, dalle epidemie e anche dai terremoti. L’oppressione feudale tuttora vigente ha contribuito ad immiserire le nostre popolazioni. Verso Albidona – L’arciprete Don Liborio Certamente, il Catasto è un documento ufficiale importante, e io voglio rendermi conto della realtà di tutti i paesi della Calabria settentrionale, cominciando da Albidona, dove si raccontano antiche leggende, ma sono soprattutto curioso di visitare questo centro abitato dove pure stanno preparando il Catasto onciario. E’ il mese di giugno, e finalmente, posso mettermi in sella a uno svelto cavallo bruno e con la stella bianca in fronte; con questo cavallo viaggiavo anche nella neve !” Quindi mi dirigo verso i paesi dell’Alto 1 Carlo III dei Borbone di Spagna viene proclamato re di Napoli nel 1734; fu ritenuto un sovrano illuminato, perché con la collaborazione del ministro Tanucci, nel 1738 emanò la famosa Prammatica antifeudale, creò il Catasto conciario generale, ma la situazione sociale del regno rimase ancora… feudale. 2 Jonio e dopo aver guadato certi stagni della grande Piana della mitica Sibari, arrivo a Trebisacce, sita tra un limpido mare e il suo imponente Bastione. Passo la Fiumarella e mi dirigo verso Albidona, già descritta dal Barrio e dal Marafioti, storici calabresi del ‘600. In alcune pergamene dei monaci basiliani del 1100 sono citati i monasteri e le laure di Sant’Angelo al Piano Senise e di Santa Maria del Càfaro, nella vallata della fiumara Avena. Sprono spesso il mio cavallo perché sono proprio ansioso di raggiungere il paese che avrebbero fondato alcuni profughi della guerra di Troia e l’indovino Calcante, morto di crepacuore per aver perso una strana scommessa; qualche storico scrive che quel famoso veggente sarebbe stato seppellito lungo la costa jonica! E’ tutta in salita la carrabile che si snoda sempre Archivio don Giulio Rizzo lungo il ciglione delle colline, dove compaiono miseri “pagliari” e dove incontro contadini e custodi di bestiame quasi tutti malnutriti e vestiti di stracci. Una famiglia di contadini (anziani, giovani e bambini) mietono il grano. Finalmente, passo il valico della contrada del Tròdio e scorgo questo piccolo paese, poco prima di passare per la parte alta della Selva grande2: Albidona, che qualcuno asserisce sia l’antica Leutarnia3 , è un piccolo triangolo di case che poggia su tre conici monti di bianca roccia. Poco prima di raggiungere questo abitato vado a dissetare la cavalcatura a una sorgente che chiamano “a funtàna’u Cuorn”. Mi metto a riempire d’acqua fresca la mia borsa di pelle presa dal monastero di Altomonte e mi rinfresco pure la barba con una bella sciacquata. Durante la breve sosta alla fontana del Corno vedo arrivare alcuni giovinetti che devono abbeverare i buoi; uno di questi bovari, macilento e sdentato, mi dice che non può sconfinare nei pascoli Albidona in una china di Pino Genise dell’arciprete don Liborio: si tratta del reverendo Don Liborio Cordasco, ch’è forse fratello di Don Lonardo, l’agente del marchese Castrocucco. Don Liborio è molto ricco; possiede terre, uliveti, vigne e case nel paese, e ha pure molto bestiame. 2 Selva grande, che gli albidonesi chiamano “a Sua-grann”, era un grande bosco che, parzialmente ancora esiste e corrisponde alle attuali contrade Rosaneto e Crìstali. 3 Leutarnia. Narra la leggenda che dopo la guerra di Troia, alcuni profughi che ebbero ad affrontare le stesse peripezie di Ulisse, approdarono da queste parti e fondarono Albidona che chiamarono Leutarnia, e altri paesi (vedi Giovanni Fiore ed altri storici calabresi). Ma questo nome se lo contesero diversi paesi dell’Alto Jonio. 3 Trifòne di Paola, custode della cappella della Pietà Quando riprendo il cammino, mi fermo sotto la Cappella della pietà e trovo un altro malandato che dice di chiamarsi Trifòne di Paola4; mi sembra molto vecchio, però è di 52 anni; tiro dalla bisaccia una manata di fichi secchi con noci e mandorle, e un’arancia di Trebisacce, e Trifòne li accetta come una “grazia della Madonna”; mi ringrazia e mi dice: “Posseggo una piccola vigna alla contrada Pontàno ma non rende più niente; sono senza famiglia e ho chiesto di vivere in una delle stanzucce della casetta, accanto alla chiesa, dove faccio anche il sagrestano della Madonna addolorata; gli addolorati si trovano sempre insieme”. Ed eccomi in paese: nella strada detta di “Santo Pietro” vedo alcune donne anziane che chiacchierano e fanno calze davanti alla porta; guardando il mio manto religioso, pensano che io vada in cerca di qualche mio confratello prete e mi indicano la casa dove abita il sacerdote Don Pietrantonio Trionfo (o Triunfo). All’ingresso del paese guardo la cappellina di San Pietro5 e incontro il giovane medico Don Matteo Mutto, con un mazzo di carte sotto il braccio; si mostra assai rispettoso del mio abito monacale, mi fa entrare nella chiesetta dove si venera una statua a mezzo busto di San Pietro e mi fa vedere anche alcuni appunti del Catasto, ormai completato. La Commissione per l’importante documento è composta di dieci persone, delle quali solo due sanno scrivere: lo stesso Magnifico Matteo Mutto e il notaio Bernardo Manfredi, originario di Oriolo. Gli altri cinque Cappella della Pietà sono tutti segnati di croce, e sono: Lonardo di Rago, Michele Scillone, Lonardo Paolino, Geronimo Lategano, Pietro Scillone, Antonio Laschera e due esterni di Trebisacce: Giuseppe Micelli e Natale Lanza. Poi, ci sono i Deputati ecclesiastici, cioè gli incaricati per lo stato delle anime: D. Antonio cantore Scillone, D. Liborio Cordasco, D. Giovanni G. Rossi, Leggendo quelle note e quelle Rivele6 mi rendo conto della realtà storica e sociale di questo paese, dove in questi ultimi anni si sono alternati come sindaci Massenzio di Rago7, Lonardo e Salvatore d’Adduci, Lonardo Rago (Pro sindaco), Gabriele d’Adduci, quasi tutti massari di campo. Il paese è diviso in 7 contrade, o strade: Strada detta del Pozzo, con 12 famiglie (o Fontana del corno fuochi) che fanno 63 anime; Santo Pietro, con 14 famigli e 76 4 Trifòne: in Albidona si usa ancora questa espressione che sa di ingiurioso: Trifòne culla mazza mmàna. Trifone di Paola era un popolare personaggio popolare antico, che è realmente vissuto e di cui si parla ancora oggi, per schernire una persona disabile o povera, che per sopravvivere, si arrangia a fare il lavoro che gli capita, magari a menare la mazza col fabbro ferraio 5 La cappella di San Pietro si trovava nello stesso quartiere, all’imbocco della via che porta al rione Convento. Messa fuori uso la cappella, i privati ne ricavarono un piccolo orto recintato; successivamente, al posto dell’orticello fu costruito il garage del segretario don Ciccio Scillone, dal quale passò a Domenico Ippolito (Rizièro). 6 Le Rivèle del Catasto erano come la Dichiarazione dei redditi di oggi; iniziano tutte così: Io (nome e cognome), abito in casa della strada Castello, posseggo…. 7 Il primo Massenzio Rago è vissuto nel 1700, ed’è certamente costui che fece, per devozione, la Tavoletta lignea rinvenuta sul sottotetto della chiesa del Convento (nel 1956) ed erroneamente datata 1070. Ricompare nel 1778 in un atto del notaio Antonio Chipparo. 4 anime; Santo Antonio (rione del Convento), con 10 famiglie e 57 anime; S. Salvatore (del Salvatore), con 24 nuclei familiari 133 anime; la Piazza, con 14 famiglie e 77 anime; il Fronte dell’Arena, con 28 famiglie e 150 anime; il Castello, con 16 famiglia e 141 anime.