I vespri siciliani Dramma in cinque atti

Libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier Traduzione ritmica italiana di Arnaldo Fusinato

PERSONAGGI

Guido di Monforte governatore di Sicilia per Carlo d’Angiò baritono Il sire di Bethune ufficiale francese basso Il conte Vaudemont ufficiale francese basso Arrigo giovane siciliano tenore Giovanni da Procida medico siciliano basso La duchessa Elena sorella del Duca Federigo d’Austria soprano Ninetta sua cameriera Danieli sisiliano tenore Tebaldo soldato francese tenore Roberto soldato francese basso Manfredo siciliano tenore

Soldati francesi, sei Giovinette, quattro paggi, Mestro di Cerimonie, Nobili d’ambo i sessi, quattro ufficiali, due Penitenti, un Carnefice, Siciliani.

Scena: Palermo Epoca: il 1282

Prima esecuzione: Parigi, Opéra, 13 giugno 1855

Verdi: I vespri siciliani - atto primo ATTO PRIMO

Scena I° Il teatro rappresenta la gran Piazza di Palermo. In fondo alcune strade ed i principali edifizi della città. A destra dello spettatore il palazzo di Elena. A sinistra l’ingresso ad una caserma con fasci d’armi. Dallo stesso lato il palazzo del governatore, a cui si ascende per una gradinata. Tebaldo, Roberto, Soldati Francesi, Siciliani, poi Bethune e Vaudemont. (Tebaldo e Roberto con parecchi soldati francesi hanno recato una tavola dinanzi la porta della caserma, vi siedono intorno e bevono. Siciliani e Siciliane attraversano la piazza, formano de’ gruppi qua e là, guar- dano biecamente i soldati francesi.)

[Coro] Ed è de’ suoi l’amor!

CORO (In questo mentre escono dalla caserma Bethune e (TEBALDO, ROBERTO, SOLDATI FRANCESI) Vaudemont tenendosi in atto famigliare) Al cielo natio, VAUDEMONT Sorriso di Dio, Così di queste mura Voliam col pensier Che chiamano Palermo, Tra i canti e i bicchier. Lo disse il General!… mio duce, è ver?… Con fronde d’alloro, Col vino e coll’oro (Barcollando alquanto e indirizzandosi a Bethune) Del pro’ vincitor Si premii il valor. Noi siam signori!

SICILIANI BETHUNE (a dritta ed a mezza voce) (ridendo) Con empio desio Olà! il tuo piè vacilla! Al suolo natio Soldato, ebbro tu sei! Insultan gl’iniqui Fra i canti e i bicchier. ROBERTO Oh dì di vendetta, Ebbro son io… d’amore! Men lento t’affretta, Ogni beltà mi piace! Ridesta il valor Ai vinti nel cor BETHUNE (sempre ridendo) TEBALDO È il siciliano (alzando il bicchiere) Geloso, e alter delle sue donne il core! Evviva, evviva il grande capitano!… ROBERTO ROBERTO (sempre barcollando) Di Francia orgoglio e primo per valor! Cor non v’ha che non ceda D’un cimitero alla vista! TEBALDO Fulmine in guerra… (a Tebaldo) Vedrai’ ROBERTO Mai non fere invano, 1 Verdi: I vespri siciliani - atto primo

TEBALDO VAUDEMONT Ma i lor consorti? E a dritto, ché il duce - fu troppo crudel!

ROBERTO BETHUNE Vincitor generoso Ah! taci: ad un soldato M’avran donna gentile e facil sposo Mal s’addicon tai detti!…

CORO DI FRANCESI: (Bethune saluta rispettosamente Elena e rientra Al cielo natio, ecc. nella caserma con Vaudemont).

CORO DI SICILIANI Scena III° Con empio desio, ecc. Detti, meno Vaudemont e Bethune. DANIELI Scena II° O dì fatale, La Duchessa Elena, Ninetta, Danieli e detti. Elena Giorno di duol, ove il nemico ferro vestita a lutto, appoggiandosi al braccio di Ninetta De’ migliori suoi figli e seguita da Danieli, attraversa la piazza venendo Il suol materno orbava! da sinistra e dirigendosi verso il proprio palazzo: ha un libro di preci tra le mani. È salutata con rispetto ELENA dai Siciliani, coi quali fami gliarmente si trattiene in (a parte): colloquio. Mio fratel, Federigo! o nobil alma! VAUDEMONT Fior che rio turbin svelse Qual s’offre al mio sguardo - del ciel vaga Nel suo primier mattino! stella? Morte, morte al crudel che la tua vita Troncava… E indifferente a tanto eccidio (A Bethune:) Qui stassi ognun!… Da me vendetta omai, O mio fratel, e sol da me tu avrai. Tra noi qual si noma - sì rara beltà?

ROBERTO BETHUNE Assai nappi vuotammo: or la canzone A lutto vestita - del prence sorella, Ci allegri… Il Siciliano Cui tronco fu il capo - ostaggio qui sta! Or mesta deplora - l’amato fratello… (alzandosi da tavola)

VAUDEMONT Canti le nostre glorie! (con vivacità) TEBALDO Amico allo Svevo - che tanto l’amò. Il pensi? Affetto fatale - che il sangue scontò! ROBERTO BETHUNE (completamente ubriaco) Quest’oggi ricorda quel dì doloroso… Per mia fé! canto gentile VAUDEMONT Fra queste belle chi sciorrà? All’ombra fraterna - invoca riposo. (Avvicinandosi barcollando ad Elena)

BETHUNE Fior di beltade, a te s’aspetta! or via..; (Sorridendo) E ultrice su noi - la folgor del ciel!

2 Verdi: I vespri siciliani - atto primo

NINETTA Coraggio, su coraggio, (a Danieli) Del mare audaci figli; Si sprezzino i perigli; Di noi che fia? È il gemere viltà! Al ciel fa grave offesa ROBERTO Chi manca di coraggio; Signor mi fe’ dei forti Osate! e l’alta impresa Il diritto, e al vincitor mal ti sottraggi! Iddio proteggerà! Non più s’indugi! olà! (Guardando con espressione il popolo che la cir- NINETTA conda) (Con isdegno e facendo atto di proteggere Elena) E perché sol preci ascolto? Perché pallido è ogni volto? Soldato! e tanto ardite!… Nel più forte del cimento Voi tremate di spavento? ELENA (Ritenendo Ninetta) Su, su, forti! al mugghiare dell’onda E agli scrosci del tuono risponda, Taci! Si desti il vostro ardor, Invitti cor! ROBERTO Coraggio, su coraggio, ecc. (Minaccioso ad Elena) Tu canterai!… Ovver… CORO DI SICILIANI (a parte e a mezza voce): ELENA A quel dir - ogni ardor (con calma) Si destò - nel mio cor. Udite!… Sospirar - è viltà! L’onta ria - vendichiam, (Roberto e Tebaldo coi Francesi hanno di nuovo Il servir - disprezziam, occupato il loro posto intorno la tavola: poco a poco E con noi - Dio sarà. il popolo siciliano s’avvicina ad essi, quasi circon- dandoli durante l’aria seguente) TEBALDO, ROBERTO, SOLDATI FRANCESI (bevendo senza prestare attenzione a quanto succede ELENA intorno ad essi): (avanzandosi sul limitare della scena): Di vin colmi i bicchieri In alto mare e battuto dai venti, Rallegrano ogni core, Vedi quel pino in sen degli elementi Raddoppiano il valore; A naufragar già presso? - ascolti il pianto Beviamo alla beltà! Del marinar pel suo navile infranto? ELENA [Cavatina] (con forza e guardando i Francesi che vêr lei si ELENA rivolgono) Deh! tu calma, o Dio possente, Santa voce dell’onore Col tuo riso e cielo e mar; A quei cori già parlò. Salga a te la prece ardente, In te fida il marinar! ELENA, NINETTA, DANIELI (con forza): Iddio risponde in suo voler sovrano: “A chi fida in se stesso il cielo arride. Coraggio, su coraggio, Mortali! il vostro fato è in vostra mano!”. Del mare audaci figli;

3 Verdi: I vespri siciliani - atto primo Si sprezzino i perigli, forte, Elena, Ninetta e Danieli). Iddio vi guiderà! Si vendichi l’offesa, Scena IV° Si spezzi il rio servaggio; Elena, Ninetta, Danieli e Monforte. Osate! e l’alta impresa Il ciel proteggerà! [Quartetto]

SICILIANI ELENA D’ira fremo all’aspetto tremendo, (con forza): L’alma mia raccapriccia d’orror Coraggio, su coraggio! O fratello! a te penso gemendo, Siamo del mare i figli: E vendetta sol spira il mio cor! Si sprezzino i perigli,. Iddio ci guiderà. NINETTA, DANIELI Sì, vendichiam l’offesa, Tace l’ira all’aspetto tremendo, Spezziamo il rio servaggio; Il mio seno s’agghiaccia d’orror! Osiamo! e l’alta impresa Al fratello ella pensa fremendo, Il ciel proteggerà! E vendetta già spira il suo cor!

CORO DI FRANCESI MONFORTE (sempre a tavola): (a parte) Più di cotal frastuono, D’odio fremon compresso, tremendo, D’urtati nappi il suono, Ma di sprezzo sorride il mio cor! Gradito a noi sarà! Fremin pur, ma divorin tacendo Col gioco e il vin l’amore La vergogna e l’imbelle furor! Scalda al soldato il core, Di sé maggior lo fa. Scena V° ELENA, NINETTA, DANIELI E CORO DI SICILIANI Gli stessi Arrigo arrivando dal fondo vede Elena e (animandosi mutuamente): corre a lei senza scorgere Monforte, che s’arresta Andiamo! orsù, coraggio, all’arrivo di Arrigo ed a lui s’avvicina lentamente. Si vendichi l’oltraggio, ARRIGO L’acciar risplenda - del prode in man! O donna! Corriam, feriam!

(I Siciliani con pugnali sguainati van sopra ai Sol- ELENA dati francesi: un uomo comparisce d’un tratto sulla O ciel! chi veggio? scalinata del palazzo del governatore: è solo e senza Arrigo!… e il crederò?… Tu prigioniero… guardie) ARRIGO TUTTI (con vivacità) (Arrestandosi spaventati) Ah! sì, tra cari miei, Egli! o ciel! Del mio destino incerti, in questo loco Libero io stommi! ELENA O furor!… Che mai vegg’io? ELENA, NINETTA Innanzi a lui paventa ognun… gran Dio! Oh! che di’ tu?

(Monforte getta uno sguardo con calma sulla turba ARRIGO e fa un gesto imperioso: fugge ognuno lasciando Tremanti deserta la piazza: non restano in iscena che Mon- 4 Verdi: I vespri siciliani - atto primo

Giudici pronunciâro equa sentenza! ELENA Cotanto osâro di Monforte in onta! Ahimè! che fia di lui?

ELENA, NINETTA MONFORTE Gioia! e fia ver? Ebben! non mi rispondi?

ARRIGO ARRIGO Sì, appieno assolto io sono! Ah! nol poss’io… nol vedi?… io non brando! E fu mera giustizia e non perdono. MONFORTE MONFORTE Sgombrate! (avanzandosi sorridente) Di sconoscente core (Ad Elena, Ninetta e Danieli) Segno è tuo folle ardir: omaggio a lui e tu qui resta Rendi di sua clemenza! (ad Arrigo) ARRIGO io tel comando! Meglio di’ ch’egli è lasso! al ferro il braccio Or manca ed alle faci, (Elena, Ninetta e Danieli entrano nel palazzo a Se non il core: e a fine dritta; Arrigo vorrebbe seguirli, ma s’arresta al Di colpir meglio, si riposa! cenno di Monforte).

ELENA Scena VI° (con ispavento) Monforte ed Arrigo. Ah taci! [Duetto]

NINETTA: MONFORTE Non osar!… Qual è il tuo nome?

ARRIGO ARRIGO E perché? - così il recasse Arrigo! Innanzi a me fortuna E a mia vendetta! MONFORTE Non altro? MONFORTE (Tranquillamente) ARRIGO Il tuo timor rinfranca: Il mio rancore Or lo vedrai! Ti è noto! al mio nemico Ciò basti! ARRIGO Dov’è? MONFORTE E il genitore? MONFORTE Qui stassi! ARRIGO Io genitor non ho! ARRIGO So che ramingo ed esule Traeva i giorni suoi Cielo! Lungi dal tetto patrio, Lontan dai cari suoi… 5 Verdi: I vespri siciliani - atto primo

MONFORTE Mi sento capace Or di tua madre narrami! Pùnisci l’ardir; Di giovane audace ARRIGO Ah! non è più colei! MONFORTE Già dieci lune scorsero, Dovrei punirti, incauto, Che lasso! io la perdei; Ma scuso un folle ardire! Or la ritroverò! ARRIGO (Mostrando il cielo) Pietade in te?

MONFORTE MONFORTE Io so che pria di perderla Sì! tacciono Del Duca Federigo In alma grande l’ire: T’accolse già la reggia… E per salvarti io voglio Offrire al tuo valor ARRIGO Eccelsa meta, o giovane, Sì,m’albergò la stanza Degna d’un nobil cor. Di quell’eroe!… Al sol pensier di gloria Fremere in sen tu dêi! MONFORTE Fellone! ARRIGO La gloria! - e dove mercasi? ARRIGO Su me vegliò magnanimo MONFORTE Tra le guerriere squadre; Sotto i vessilli miei! I passi miei sorreggere Vien tra mie schiere intrepide, Ei pur degnò qual padre; T’affida a’ mio perdon; Gli alti d’onore esempi Vieni, per me sei libero! Fu gloria mia seguir; Io per lui vissi e intrepido ARRIGO Per lui vogl’io morir. No, no! sì vil non son!

MONFORTE MONFORTE (guardando. Arrigo): (Ammiro e mi piace (Ammiro e mi piace In lui quell’ardir: In lui quell’ardir: Sarebbe capace Lo credo capace D’odiarmi e morir! D’odiarmi e morir! Non cura ritorte, Non cura ritorte, Disprezza il dolor: Disprezza il dolor; In faccia alla morte In faccia alla morte Sta saldo il suo cor!) Non trema il suo cor!)

ARRIGO ARRIGO No, no: d’un audace Va lieto il mio cor! Punisci l’ardir: Incontro alla morte Mi sento capace Disprezzo il dolor; D’odiarti e morir! Non curo ritorte, Non curo ritorte, D’odiarti e morir! Disprezzo il dolor; 6 Verdi: I vespri siciliani - atto primo

Incontro alla morte ARRIGO Va lieto il mio cor! E con qual dritto?

MONFORTE MONFORTE (Freddamente): Incauto! Adunque vanne! e immemore Il dissi, io voglio! va! La mia clemenza oblia! Ma, giovinetto, ascoltami: ARRIGO Odi un consiglio in pria! Non curo il tuo divieto, Là vedi quell’ostello! Legge il mio cor non ha.

(Indicando il palazzo di Elena) MONFORTE Temerario! quale ardire! ARRIGO Meno altier t’arrendi a me! Ebben? Non destarmi in sen quell’ire Che cadran su voi, su te! MONFORTE La soglia mai ARRIGO Non dei varcar di quello. Sono libero, e l’ardire Di grand’alma è innato in me! ARRIGO L’ira tua mi può colpire, E perché? Ma non tremo innanzi a te!

MONFORTE MONFORTE (in tuono misterioso) Freno al tuo folle ardire! E quella soglia non varcar giammai! Lo saprai! Io tel comando! Paventa che il tuo core Arda d’infausto amore! ARRIGO ARRIGO Tu? (Con sorpresa) MONFORTE O ciel! Sì! l’odio mio Fu ognor mortale… MONFORTE A me lo credi, ARRIGO L’amor ti perderà! E pure io lo disprezzo!

ARRIGO MONFORTE (Turbato) E morte avrai! Chi disse a te?… ARRIGO MONFORTE Per lei disfido io morte! Tu il vedi! Leggo nel tuo pensiero, (Sale i gradini del palazzo di Elena: batte: la porta Per me non v’ha mistero, si apre: Arrigo vi entra. Monforte lo guarda con Tutto a me noto è già: commozione, ma senza sdegno) Ah fuggi! io tel ripeto!

7 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo ATTO SECONDO

Scena I Una ridente valle presso Palermo. A dritta colline fiorite e sparse di cedri e d’aranci, a sinistra la Cappella di Santa Rosalia, in fondo il mare. Due uomini arrivano in una scialuppa e guadagnano la riva; il pescatore che la conduce si allontana. [Recitativo] Non teme e non l’aspetta Il barbaro oppressor. PROCIDA Santo amor; che in me favelli, (solo) Parla al cor de’ miei fratelli; Giunto è il fin di tanto duolo, O patria, o cara patria, alfin ti veggo! La grand’ora alfin suonò! L’esule ti saluta Salvo sia l’amato suolo, Dopo sì lunga assenza; Poi contento io morirò! Il tuo fiorente suolo Bacio, e ripien d’amore CORO Reco il mio voto a te, col braccio e il core! (a mezza voce) [Aria] Nell’ombra e nel silenzio Più certa è la vendetta; PROCIDA Non teme e non l’aspetta O tu, Palermo, terra adorata, Il barbaro oppressor. De’ miei verdi anni - riso d’amor, Alza la fronte - tanto oltraggiata, PROCIDA Il tuo ripiglia - primier splendor! Partite - silenzio, Chiesi aita a straniere nazioni, Prudenza ed ardir! Ramingai per castella e città: Ma, insensibili ai fervidi sproni, CORO Rispondeano con vana pietà! - Siciliani! ov’è il prisco valor? Partiamo - silenzio, Su, sorgete a vittoria, all’onor! Prudenza ed ardir!

(Manfredo e parecchi compagni di Procida appro- (Partono) dano colle barche e discendono dalla collina a PROCIDA diritta, e gli fan cerchio) (scorgendo Elena ed Arrigo) PROCIDA Alfin, diletti amici, (rivolgendosi a uno dei compagni) Io vi riveggo! Ai nostri fidi nunzio Vola di mia venuta, Scena II° E della speme che in lor cor ripongo. Procida, Elena ed Arrigo venendo dalla chiesetta a sinistra. (ad un altro) Tu va in traccia d’Arrigo: e lui previeni PROCIDA E la Duchessa ancora, (andando loro incontro): Che qui entrambi li attendo e tra brev’ora! Voi, Duchessa!… Arrigo!… (I due partono, gli altri si fanno intorno a Procida) ELENA Nell’ombra e nel silenzio È lui! Più certa è la vendetta; 8 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo

ARRIGO E sorga il giorno alfine Procida!… amico!… Che di novelli oltraggi Lo colmi il fero Franco, PROCIDA Ond’ei si desti e s’armi la sua mano! Il vostro servo!… ARRIGO ELENA (pensando) Nostra sola speranza! Può sorgere un tal giorno…

PROCIDA ELENA Bisanzio e Spagna scorsi, Le fidanzate coppie; Chiedendo ovunque aita! Che a piè dell’ara con solenne rito La cittade congiunge, ELENA Pretesto fian!… Di Pietro d’Aragona è nostro il voto? ARRIGO ARRIGO Popolo folto accorre… (con ansietà): PROCIDA Esso è per noi? E fa lievi i perigli! E forte in massa: il popolare ardore, ELENA Pur da scarsa scintilla acceso, in breve Che ti promise? Divampa! All’opra! alto è il disegno ed alto Io chiedo un cor che il mio desir coroni, PROCIDA Ed un braccio! Nulla Ancora; perché in nostro ARRIGO Favor la spada egli disnudi alfine, Ma quale? Vuole che insorga la Sicilia intera! A tal prezzo è per noi. - E la Sicilia PROCIDA È pronta? dite: che sperate omai? Il tuo!

ARRIGO ARRIGO Nulla! sommesso il core, Disponi! Impazïente freme, Ma incerta e lenta, o tutto o nulla teme (Procida parte a diritta)

PROCIDA Scena III° S’infiammi il suo disdegno E stretti e insiem concordi Arrigo ed Elena. Opriam! [Duetto]

ARRIGO ELENA Già lo tentai! scarso di forze (ad Arrigo dopo un istante di silenzio): Ancora, il popol dubbia! Quale, o prode al tuo coraggio, Potrò rendere mercé? PROCIDA

Ebben, dovremo ARRIGO Suo malgrado tentare Il mio premio è nell’omaggio Un colpo audace, estremo! 9 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo

Che depongo al vostro piè! ELENA Lo giuri? ELENA Del tiranno minaccioso ARRIGO L’ira in te nulla poté? Il giuro! O donna, io tel prometto: Lo giuro sull’onor! ARRIGO Con lui tutto… io sì… tutt’oso, ELENA E sol tremo innanzi a te! Il giuramento accetto: Da le tue luci angeliche Riposo sul tuo cor! Scenda di speme un raggio, E ribollir quest’anima Può di novel coraggio. Scena IV° O donna, t’amo! Ah sappilo, Elena, Arrigo, Bethune con seguito di parecchi Sol- Né voglio altra mercé, dati. Che il diritto di combattere E di morir per te. BETHUNE (ad Arrigo presentandogli una lettera) ELENA Cavalier, questo foglio Presso alla tomba ch’apresi, Il viceré v’invia! In preda al mio tormento, Non so frenare il palpito, ARRIGO Che nel mio petto io sento! (Leggendo con istupore) Tu dall’eccelse sfere, Che vedi il mio dolor, Un invito alla danza! Fratello, deh! perdonami S’apro agli affetti il cor! BETHUNE Eccelso onore ARRIGO Egli vi rende affè! Io ben intesi! tu non mi disprezzi! L’ardito voto del mio cor perdoni? ARRIGO Tu d’un soldato umile Ch’io non accetto. Non isdegni la fede E l’oscura miseria? BETHUNE Sì gran favor, signore, ELENA Delitto è ricusar. Il mio fratel deh! vendica, E tu sarai per me ARRIGO Più nobile d’un re! Pur lo ricuso.

ARRIGO BETHUNE Su questa terra misero, Solo e deserto sto! (Con alterigia) Ed in suo nome allora io vel comando. ELENA Via! ci seguite, e tosto! Il mio fratello vendica, Arrigo, e tua sarò! ARRIGO (Sguainando la spada) ARRIGO Ah! no: l’oltraggio Sì, lo vendicherò! Non soffrirò.

10 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo BETHUNE Scena VI° (Facendo un gesto ai Soldati che assalgono Arrigo e Elena, Procida, Giovani d’ambo i sessi discen- lo disarmano) dono dalle colline in abiti festivi al seguito delle Soldati!… dodici fidanzate. Ninetta è fra queste. D’altra parte s’avanza Danieli alla testa degli sposi Manfredo ed ELENA alcuni amici di Procida a lui s’avvicinano. Ninetta e Danieli piegano il ginocchio davanti a Elena, (A Bethune) chiedendole la benedizione. Qui hanno principio Che feste, o ciel! le danze, che vengono interrotte da Roberto e da Tebaldo che arrivano attraversando la scena alla BETHUNE testa di numerosi soldati francesi. Roberto accenna ai danzatori di continuare ed ordina ai soldati di (Mostrale Arrigo che i Soldati trascinan via) rompere le fila e di riposarsi. Questi prendono Compìto ho il mio messaggio parte alle danze, che si fanno più vive e più ani- mate. Roberto, situato alla sinistra dello spettatore, (s’allontana) vicino a Procida, contempla questo spettacolo con una curiosa emozione,.il dialogo seguente ha luogo Scena V° durante la tarantella. Elena, poi Procida. [Tarantella] ELENA ROBERTO Accoppiare il dileggio A tanto insulto è infame! Le vaghe Spose affè! son pur gentili! Arrigo… PROCIDA PROCIDA (A Roberto guardando le danzatrici) (Entrando in fretta ed accorgendosi del suo turba- Ed a voi care! mento) Sì turbata? ROBERTO Assai! ELENA All’empia reggia PROCIDA Lo trascinan!… (Sorridendo) Lessi nel pensier vostro! PROCIDA (con dolore) ROBERTO Ahimè! novello inciampo E chi sei tu? Al pronto oprar! In lui, Nel valente suo cor fidammo: or certo PROCIDA Egli è perduto! Vostro amico sincero.

ELENA TEBALDO (Con risolutezza) Cittadin! ben t’apponi! Ah! no: libero ei fia. L’onore il vuol! ROBERTO (Riguardando le Spose) PROCIDA Mira - son pur graziose! Silenzio! Tutto il popolo già muove e qui s’avvia.

11 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo

TEBALDO dere le loro donne: ma i Soldati mettono mano alle Quali beltà divine!… spade. Danieli ed i suoi compagni retrocedono spa- ventati e tremanti. Manfredo porta la propria mano ROBERTO all’elsa della spada, ma Procida lo arresta e gli fa segno di vegliare con lui alla difesa di Elena, che è Festose a nozze van! collocata fra loro all’estrema diritta del teatro)

PROCIDA ROBERTO, TEBALDO, SOLDATI (Alzando le spalle) Evviva la guerra, Evviva l’amor! Che importa? Per noi dalla terra Bandito è il dolor. TEBALDO E i loro sposi? (Alle donne:) Or già tu sei mia: PROCIDA È vano il rigor; (A mezza voce e con intenzione marcata) Sarebbe follia Eh! baie!… vincitori… Sottrarti al mio cor!

ROBERTO SICILIANA Ebben? (d’ambo i sessi): Su inermi tu stendi, PROCIDA Su donne l’imper! (A mezza voce) L’azione che imprendi Infama un guerrier! Tutto è concesso! È fero, spietato Chi irride al dolor; EBALDO T È un vile esecrato Rammenti tu quel quadro… Chi insulta all’onor!

ROBERTO ROBERTO Un quadro! Ah il ratto (a Ninetta che tenta sfuggirgli): Delle donne Sabine!… Calmati, gentil bruna!

PROCIDA NINETTA: Eran Romani! Ah! mi lascia!

ROBERTO ROBERTO (in tono allegro) Il timor discaccia ormai: Il tuo guerrier presto adorar saprai! Non cede al mondo intero In battaglia e in amor Franco guerriero! (A dritta parecchi soldati si sono avvicinati ad Elena. Procida e Manfredo hanno messo mano alla (La danza va sempre più animandosi. Roberto e spada per difenderla: la zuffa sta per accendersi) Tebaldo vanno a riunirsi ai loro compagni. Questi raddoppiano le loro galanti premure presso le ROBERTO giovani Siciliane. Ad un tratto e ad un segnale di (Ai soldati loro additando Elena e Procida) Roberto ciascuno di essi rapisce la propria balle- rina. Soldati che non ballavano, trascinano seco le Si rispetti costei! altre giovani donzelle. Roberto si è impadronito di A lui si serbi, amici, Ninetta, Danieli ed i giovani si muovono per ripren- Che consigli ci die’ tanto felici. 12 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo

(I Soldati si ritirano, ed il Coro riprende con mag- DANIELI, CORO gior forza) È ver! ROBERTO, TEBALDO, SOLDATI ELENA Evviva la guerra Evviva l’amor! (c. s.): Per noi dalla terra Onore al suo coraggio! Bandito è il dolor. PROCIDA (Alle donne:) I vili ognun sprezzò! Or già tu sei mia; È vano il rigor; DANIELI, CORO Sarebbe follia È ver! Sottrarti al mio cor! ELENA SICILIANA (a Danieli): Su inermi tu stendi, Su donne l’imper! Tu alma timorosa… L’azione che imprendi Infama un guerrier! PROCIDA È fero, spietato E colma di terror… Chi irride al dolor; È un vile esecrato ELENA Chi insulta all’onor! Lasci rapir la sposa… (I Soldati si ritirano conducendo seco loro le donne) PROCIDA Scena VII° (Guardando Danieli e gli altri con disprezzo) Procida, Elena, Manfredo, Danieli, Siciliani e Né uccidi il rapitor! fidanzati. Al tumulto succede il silenzio e l’avvili- Frenar si ponno… e timidi mento. Danieli e tutti i Siciliani collocati in cerchio Serbar l’oltraggio in cor?… nel mezzo del teatro cantano a voce bassa il Coro seguente, nel mentre che Procida, Elena e Manfredo ELENA osservano in silenzio e accompagnano i sentimenti Mentre col ratto insultano che successivamente agitano i Siciliani. Lor donne i vincitor? [Coro] DANIELI, SICILIANI DANIELI E CORO (crescendo fino all’ultimo grado di furore): Il rossor - mi copri - il terror - ho nel sen. Troppo già - favellò il dolor nel mio sen. Zitto ancor! - l’onta ria - divorar -mi convien. Ben è ver! - l’onta ria - vendicar - or convien! Pur mi par - sentir già - ribollir - nel mio cor Taccia ormai - la viltà! - Sento già nel mio cor D’un lion - che piagò - ferreo stral - il furor. - D’un lion - più fatal - ribollir - il furor.

ELENA PROCIDA, ELENA, MANFREDO (ai fidanzati mostrando Procida): Troppo già - favellò - il dolor - nel lor sen. Per lui non ebbi oltraggio! L’onta ria - che patîr - vendicar - or convien! Taccia ormai la viltà - Già poté -nel lor cor - PROCIDA D’un lion - più fatal - ribollir - il furor! Rispetto in lor parlò!

13 Verdi: I vespri siciliani - atto secondo Scena VIII° Tra le festose genti, Che voto al mio furore! In mezzo alle grida tumultuose che s’innalzano, una musica graziosa ed allegra si fa sentire. I Siciliani DANIELI corrono sulla sponda del mare e veggono avanzarsi una barca splendidamente adorna che costeggia (A mezza voce e tremante) la riva. Vaudemont, Ufficiali francesi, nobili Dame E spade avran! francesi e siciliane elegantemente abbigliate, sie- dono in essa. I battellieri indossano ricche livree. PROCIDA Dame adagiate su molli cuscini, alcune tengono alle mani chitarre, altre piglian rinfreschi, ecc. (A mezza voce) [Barcarola] E noi pugnali e core!

CORO CORO Del piacer s’avanza l’ora! (allegro e brillante sulla barca): Colle Grazie del tuo cielo, Del piacer s’avanza l’ora! Dio d’amor, deh! scendi ancora Colle Grazie dal tuo cielo, A far lieti i nostri dì! Dio d’amor, deh! scendi ancora Gaia in viso e senza velo, A far lieti i nostri dì! Qua’ la vaga Citerea, Gaia in viso e senza velo, Vieni a me, verace dea, Qual la vaga Citerea, Fresco è il vento e imbruna il dì! Vieni a me, verace Dea, Fresco è il vento e imbruna il dì! PROCIDA Portati in sen di così ricca prora, DANIELI, SICILIANI Ove si recan? (a voce bassa):

ELENA Troppo ormai - favellò - il dolor -nel mio sen! - Su corriam! - l’onta ria - vendicar -ci convien - Alla reggia, a festa! Agli acciar - va la man; - sento già -nel mio cor. D’un lion - più fatal - ribollir - il furor. - PROCIDA Ci adduca la vendetta PROCIDA, ELENA, MANFREDO Sull’orme loro! Troppo ormai - favellò - il dolor - nel lor sen! - L’onta ria - che patir - vendicar - or convien - ELENA Agli acciar - corron già; - poté omai - nel lor cor E come? D’un lion - più fatal - ribollir - il furor. -

PROCIDA (La barca continua la sua marcia, mentre Procida, Sotto larva fedele Elena, Manfredo, Danieli e i Siciliani stanno in Ignoto io mi terrò: qual folgor ratto gruppi a sinistra del teatro. Cala la tela) Piomberò sul tiranno,

14 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo ATTO TERZO

Scena I° Gabinetto nel palazzo di Monforte. Monforte solo MONFORTE Scena III° (seduto ad un tavolo) Manforte solo Sì, m’aborriva ed a ragion! cotanto [Aria] Vêr lei fui reo, che giunsi un dì a rapirla! E me odiava e fuggiva! e per tre lustri MONFORTE All’amplesso paterno il figlio ascose… In braccio alle dovizie, E lo nudriva nell’orror del padre! In seno degli onor; E me crudel poi chiami! Un vuoto immenso, orribile Regnava nel mio cor. (toglie dal seno un foglio) Ma un avvenir beato Foglio, che presso a morte Or s’apre innanzi a me, Vergò la fatal donna Se viver mi fia dato, Quanti affetti diversi in me richiami! Figlio, vicino a te! L’odio invano a me lo toglie, (Legge:) Vincerà quel fero cor, “O tu, cui nulla è sacro! se la scure Nel fulgor di queste soglie Sanguinosa minaccia Col paterno, immenso amot Il prode Arrigo, onor del patrio suolo, In braccio alle dovizie, Risparmia almen quell’innocente capo!”. In seno degli onor, Mio figlio! Un vuoto immenso, orribile Regnava nel mio cor. Ma un avvenir beato Scena II° Or s’apre innanzi a me, Bethune, e detto. Se viver mi fia dato, Figlio,vicino a te! BETHUNE Il cavaliero Scena IV° Ricusava protervo qui venirne, E qui fu tratto a forza! Monforte, ed Arrigo preceduto da due Paggi che si inchinano e si ritirano. MONFORTE ARRIGO Sta ben! Sogno, o son desto? umil E sollecito accorre BETHUNE Ognuno ai miei desiri, e d’un mio cenno Qual pena inflitta Lieto si mostra!

A lui sarà? (indirizzandosi a Monforte) Novel giuoco è questo MONFORTE Inver di strana sorte, Non cale; Se da te non m’aspetto altro che morte! Ei si rispetti e in alto onor si tenga. Or va, Bethune, e al mio cospetto ei venga! MONFORTE (Bethune parte) La speri invan! senza timore ormai

15 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo Libero in queste soglie L’ingrato core non ti colpì, Tu puoi chiamarmi ingiusto, Or di tua madre leggi 1’accento. E vane insidie contro me tramare! ARRIGO ARRIGO Che? di mia madre?… Difender la sua terra E nobil scopo. Io combatto un tiranno. MONFORTE Sì, ingrato, sì… MONFORTE Mentre contemplo quel volto amato, Ma da vil lo combatti. Benché velato - d’atro dolor; Colla spada io ferisco, e tu il pugnale L’alma è commossa - io son beato, Nell’ombra vibri! né oseresti, audace, Tutto ho ripieno di gaudio il cor! Fìssarmi in volto! ARRIGO (Guardandolo fissamente) (leggendo il foglio) Or mira! a te dinanzi Gioia! e fia vero? sogno o son desto? Senza difesa io sto! Cifre materne!… qui sul mio cor!

ARRIGO (gettando un grido) Per mia sventura! O ciel! che scopro?… arcan funesto Mi si rivela… fremo d’orror! MONFORTE O stolto, cui salvò la mia clemenza MONFORTE A sì dura mercé m’hai tu serbato? Ti credi generoso e hai core ingrato! (appressandosi ad Arrigo che rimane immobile e come annichilito) [Duetto] Ma fuggi il guardo mio, O figlio? MONFORTE Quando al mio seno per te parlava ARRIGO Pietà sincera d’un cieco error, Inorridisco! Quando un ribelle - in te salvava, Arrigo… nulla ti disse il cor? MONFORTE Non sai tu dunque qual mi son! ARRIGO (Alla sua voce rabbrividisco, ARRIGO Invan bandisco - il mio terror!) (O donna! Io t’ho perduta!) MONFORTE E al duol intenso che m’ange intanto, MONFORTE La giovin alma non palpitò? Il mio potere, Arrigo, E pur tu il vedi!… stilla di pianto Sconosciuto t’è dunque? Sul mesto ciglio per te spuntò! Monforte io son!

ARRIGO ARRIGO (A qual tormento nuovo, spietato, (O donna, Il crudo fato - mi condannò!) Io t’ho perduta!)

MONFORTE Ebben, Arrigo! se il mio tormento

16 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo

MONFORTE Del padre vincati la prece e il duol! So! che tu accenni, a te concesso fia Dal mio poter quanto domandi e speri. ARRIGO Titoli, onor, dovizie, Fuggir mi lascia, se è ver che m’ami, Quanto ambizion desia, Ad altro lido, ad altro suol! Io tutto a te darò! Ah! volare al tuo sen io pur vorrei, Ma non poss’io! ARRIGO Al mio destin mi lascia, MONFORTE E pago allor sarò! Chi te lo vieta, ingrato?

MONFORTE ARRIGO Ma non sai tu che splendida Lo spettro di mia madre, Fama suonò di me? Che tra di noi si pone. È il nome mio glorioso… MONFORTE ARRIGO (Con sommo dolore) Nome esecrato egli è! O figlio mio! MONFORTE ARRIGO Parola fatale! Insulto mortale! Suo carnefice fosti: e l’alma è rea La gioia è svanita Se vacillar fra voi tanto potea! Che l’alma sperò! Ombra diletta, che in ciel ripòsi Giustizia suprema! La forza rendimi che il cor perdé, Tremendo anatema Su me i tuoi sguardi veglin pietosi, Che un barbaro figlio E prega, o madre, prega per me! Sul padre scagliò! MONFORTE ARRIGO L’ardente prego del genitore Ah rendimi, o fato, È nulla, Arrigo, nulla per te? L’oscuro mio stato! Apri il tuo seno, ch’io t’apro il core. La speme è svanita T’arrendi alfine, o figlio, a me! Che l’alma sognò! Giustizia suprema! (Arrigo si toglie con impeto dalle braccia di Mon- Tremendo anatema forte che tenta ritenerlo, e fugge a sinistra. Monforte Che un figlio percuote, lo segue collo sguardo e con atto di dolore si allon- Che al padre imprecò! tana.) La scena cambia e rappresenta una magnifica sala MONFORTE disposta per una festa da ballo (cercando trattenerlo) Scena V° T’arresta, Arrigo! plachisi Gentiluomini e Dame francesi e siciliane, con Quell’ostinato core! maschere e senza, che vanno e vengono. Entra Mon- forte, preceduto dai suoi Paggi e dagli Ufficiali del ARRIGO palazzo. Egli si colloca sopra un seggio elevato, e fa Lasciami, o crudo, lasciami segno a ciascuno di sedersi. Il maestro di cerimonie In preda al mio dolore! viene a prendere i suoi ordini e dà il segnale per cominciare la festa. MONFORTE Invano, o figlio, crudel mi chiami, 17 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo [BALLO] (Procida ed Elena si tolgono la maschera) Tu qui, donna! oh! qual sorpresa! Si rappresenta davanti alla Corte di Palermo il Per voi gelo.di Spavento! ballo delle Quattro Stagioni. Un canestro sorge da Qui perché vi siete resa? terra; è formato d’arbusti verdi di piante che non crescono che d’inverno; le loro foglie sono coperte di ghiaccio e di neve. Dal seno dei canestro esce una ELENA giovinetta che rappresenta l’inverno, e che, respin- Per salvarti! gendo col piede il braciere che le sue compagne avevano acceso, danza per riscaldarsi. I ghiacci si PROCIDA sciolgono tosto al tiepido soffio dei zeffiri che fen- Ed ogni oppresso dono l’aria. L’Inverno è scomparso. La Primavera Vendicar. sorge da un canestro di fiori, cedendo poco dopo il luogo all ‘Estate, giovinetta che esce da un canestro ARRIGO circondato da manipoli di spighe dorate. Il caldo la (Con incertezza) opprime, e domanda alle Najadi la freschezza delle loro sorgenti. Le Bagnanti sono messe in fuga da Parla sommesso! un Fauno che salta fuori, precedendo l’Autunno. I Per me nulla ormai pavento, suoni del sistro e dei timballi annunziano i Satiri e le Sono libero… ma voi… Baccanti, le cui danze animate terminano il Ballo. L’ira sua temer dovete E fuggir gli sdegni suoi. [Finale III° - Coro]

PROCIDA CORO Sii tranquillo… il traditor… O splendide feste! O notti feconde Di danze gioconde, ARRIGO Di rare beltà! (Mostrando loro alcuni Francesi che entrano nella Son raggio celeste sala Quei vivi splendori Zitto! ci odono! (oh terror!) Che infondon nei cori Amor, voluttà! A3 (La folla si disperde negli appartamenti del palazzo (Allegramente e sul motivo della danza che echeggia e nei giardini: la scena resta vuota per un istante) nell’interno) O splendide feste! Scena VI° O notti feconde Arrigo viene da diritta, èseguito da Elena e da Pro- Di danze gioconde, cida, ambedue mascherati. Di rare beltà! Son raggio celeste PROCIDA Quei vivi splendori (a bassa voce ad Arrigo Che infondon nei cori Amor; voluttà! “Su te veglia l’amistade!” (Le Dame ed i Cavalieri entrano dal fondo. Arrigo, ARRIGO Procida ed Elena restano ancor soli per un istante (Cielo! il còr non m’ingannò?) sul davanti della scena, ma si ode sempre dai vicini appartamenti il suono della danza) ELENA “Su te veglia l’amistade!”. ELENA (ad Arrigo ed a mezza voce): ARRIGO In fra gli allegri vortici Ah! qual voce al sen vibrò! Delle intrecciate danze… 18 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo

PROCIDA PROCIDA (c. s) (ad Arrigo) Sotto le larve ascondono Tra pochi istanti qui! I fidi le sembianze… (Comparisce Monforte in mezzo a dame francesi e ELENA siciliane) (attaccando un nastro sul petto d’Arrigo) TUTTI: A tal di nastri serici O splendide feste! Nodo, ciascun fia noto! O notti feconde Di danze gioconde, Di rare beltà! PROCIDA Son raggio celeste Quei forti bracci intrepidi Quei vivi splendori, Non colpiranno a vuoto! Che infondon nei cori Amor, voluttà! ELENA E in brevi istanti vindici (Elena e Procida s’allontanano perdendosi nella Qui brilleranno i ferri… folla; mentre le coppie danzanti passeggiano nelle sale ed i rinfreschi sono d’intorno serviti. Monforte PROCIDA s’avvicina ad Arrigo, che si trova solo sul davanti Tra’ suoi feroci sgherri della scena) Monforte perirà! Scena VII° ARRIGO Monforte, Arrigo, poi tutti (spaventato) MONFORTE Gran Dio! (Chi’il salverà?) (ad Arrigo)

PROCIDA Di tai piacer per te novelli, pago Sei tu? (sorpreso) Impallidisci? ARRIGO (a mezza voce) ARRIGO Per te fatale aura qui spira, (c. s) Va! Intenderti MONFORTE Alcun potrebbe. Che temer degg’io Nelle mie stanze? ELENA E chi? ARRIGO Io dir nol posso!… eppure!… PROCIDA Ancor ti prego! vanne! (vedendo entrare Monforte e rimettendosi la Pavento pe’ tuoi giorni! maschera) Ei stesso! MONFORTE (Con gioia) ARRIGO E a mia salvezza or vegli e per me tremi? (A parte e tremante) Ah s’apre alfin quell’anima Al mio paterno affetto! (O giorno infausto!) 19 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo

Gli errori tuoi dimentico, ARRIGO Vien che ti stringa al petto! (scorgendo parecchi gruppi di Siciliani che vanno avvicinandosi) ARRIGO Già a te s’appressan… vedi! T’arretra! Già ti circondan… eccoli! Brillan gli acciar su te! MONFORTE (freddamente) PROCIDA Io resto allor! (ed i suoi circondano Monforte ed a voce bassa) Feriamo, questo l’ultimo ARRIGO Dì pei Francesi egli è. (con calore) A noi, a noi, Sicilia!… Incauto! e tu cadrai Segno a vendetta lor! ARRIGO Fermate! MONFORTE Non l’oseran giammai! MONFORTE Francia, a me! ARRIGO (Elena, che ha preceduto Procida, si è nel tumulto (portando la mano al.petto) lanciata la prima per ferir Monforte. Arrigo si getta Su questo segno… miralo!… innanzi a lui, facendogli scudo nel suo petto. A tal Io pur giurava… vista Elena s’arresta e con spavento lascia cadere il pugnale. I Francesi sono accorsi alla voce del pro- MONFORTE prio capo traendo le spade e facendogli corona). Invano! MONFORTE Segno del disonor! (A Bethune e Vaudemont) (Gli strappa il nastro) Tra ceppi, olà, si adduca ognun che fregio Io te lo strappo, insano! Orna simil.

(Gesto di sdegno d’Arrigo) (Mostrando il nastro di Procida) Fremi? - dei tradimenti La morte a lor! Costui Tutto l’orror tu senti; Il veggo! il franco sangue (additando Arrigo) Nel sen ti ferve ancor! Sia salvo! io pregio in lui Lealtà di nemico! ARRIGO (con calore) PROCIDA No, no, non è colpevole (a parte) Chi serve al patrio onor! (Oh tradimento!) Ma tu, deh! m’odi; involati; Ai voti miei deh! cedi; MONFORTE Vanne! Ei protesse i miei dì! svelò le trame Che varranno ai felloni il ceppo infame! MONFORTE Sperarlo è inutile!

20 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo

PROCIDA, ELENA, DANIELI E SICILIANI E viva a te splenda (mostrando Arrigo) La luce del sol! A voi l’infamia, Colpo orrendo, inaspettato! La gloria a me! Ei sì perfido, sì ingrato! Gli sia pena il suo rossor! ARRIGO Onta al vile, al traditor! (avvicinandosi ad Elena, a Procida ed agli altri Sici- (Con entusiasmo e sommo sdegno) liani) O patria adorata, Donna!… pietade, amici! Mio primo sospiro, Vi muova il mio dolor! Ti lascio prostrata Nel sangue, nel duol! PROCIDA, SICILIANI Il santo tuo spiro (respingendolo) Più bello s’accenda, No, no; mente l’iniquo Indietro il traditor! (mostrando Arrigo)

E fosca a lui renda MONFORTE La luce del sol! Io ti saprò difendere… A voi l’infamia, Lieto con me vivrai! La gloria a me. ARRIGO ARRIGO Nel mio petto esterrefatto (con accento disperato) Cessò il battito del cor! No! lasciami!… giammai! L’onta rea di tal misfatto Fa palese il mio rossor! PROCIDA Per colpa del fato (con sprezzo) Di sangue bagnato Ho il patrio mio suol! Or, che quell’empio - è scudo a te, O speme! il tuo spiro Di doppia infamia - segno sarai. Nel seno è già spento; Non veggo, non sento (Verso i compagni) Che lutto, che duol! A noi la gloria -la morte a te! A lor la gloria, L’infamia a me. PROCIDA, ELENA, DANIELI, SICILIANI: O patria adorata, FRANCESI Mio primo sospiro, Dio possente, a te la lode Ti lascio prostrata Salga umil dai nostri cor! Nel sangue, nel duol! Ché salvasti il sen del prode Il santo tuo spiro Dal pugnai de’ traditor! Più bello s’accenda, E fosca a lui splenda MONFORTE, FRANCESI La luce del sol! (ad Arrigo) A voi l’infamia, La gloria a me! Rivolgi ora grato A Francia il sospiro! ARRIGO Dell’Eden beato È specchio il suo suol! Per colpa del fato Più nobil desiro In preda al delirio, Il petto t’accenda, Di sangue bagnato 21 Verdi: I vespri siciliani - atto terzo Ho il patrio mio suol. Il petto t’accenda, O speme! il tuo spiro E viva a te splenda Nel seno è già spento; La luce del sol! Non veggo, non sento A voi l’infamia, Che lutto, che duol! La gloria a me! A lor la gloria, L’infamia a me! (A un gesto di Monforte, vengon trascinati via Procida, Elena ed i Siciliani. Arrigo vuol correre MONFORTE, FRANCESI dietro loro, Monforte il trattiene. Procida ed Elena Rivolgi ora grato lo respingono con disprezzo nel mentre ch’egli loro A Francia il sospiro! tende le mani in atto di supplicare. Oppresso, anni- Dell’Eden beato chilito, Arrigo vacilla e cade nelle braccia di Mon- È specchio il suo suol! forte) Più nobil desiro

22 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto ATTO QUARTO

Scena I° Cortile d’una Fortezza. A sinistra una stanza che conduce all’alloggio dei prigionieri. A diritta, cancello che comunica con l’interno della fortezza. Nel fondo, cresta merlata d’una parte delle mura, e porta d’in- gresso custodita da Soldati.

ARRIGO (Ascoltando) (presentandosi alla porta d’ingresso) Chi vien?… io tremo, appena ahimè! respiro! È di Monforte il cenno. È dessa!… a maledirmi ella si appresta! A maledirmi!… oh! sì, d’orrore io fremo! (I soldati lo lasciano entrare) Non mi lasciare alla mia cruda sorte! Grazia, grazia… perdono! Per suo voler supremo Men del tuo sprezzo a me fatale è morte! M’è concesso di vederli… a me li adduci!

(Un Ufficiale, al quale Arrigo avrà mostrato un Scena II° ordine, si allontana dalla porta a sinistra dello spet- Elena, uscendo dalla prigione a sinistra, condotta tatore) dall’Ufficiale, che le mostra Arrigo e si ritira. (guardando dal lato delle prigioni) [Duetto] Voi per me qui gemete In orrida prigion, diletti amici! ELENA Ed io, cagion dei mali vostri, in ceppi (avanzandosi e riconoscendo Arrigo getta un grido) Fra voi non sono! e vittima del fato, O sdegni miei tacete - fremer mi sento il core… Mal sottrarmi poteva al don fatale Forse a novel tormento - mi serba il traditore! Che m’avvilisce! O clemenza ingiuriosa! Vergognoso favore! ARRIGO Più della vita è caro a me l’onore! D’un indegno sospetto (supplichevole) Io vengo a discolparmi… ma vorranno Volgi il guardo a me sereno Essi vedermi?… udir le mie difese?… Per pietà del mio pregar; Empio mi crede ognuno; Mi perdona, o lascia almeno Son spregiato da lei, Che al tuo piè poss’io spirar! E in odio a tutti… io, vile per lor morrei! Giorno di pianto, di fier dolore! ELENA

[Romanza] (fieramente) Del fallir mercede avrai ARRIGO Nei rimorsi del tuo cor! Mentre l’amore Il perdono… a te?… giammai! Sorrise a me, Non lo speri un traditor! Il ciel dirada quel sogno aurato, Il cor piagato ARRIGO Tutto perdé! Non son reo! tremendo fato De’ loro sdegni crùdo il pensiero D’onta e lutto mi coprì; Fa in me più fiero Fui soltanto sventurato, L’atro dolor! Ma il mio cor giammai tradì! Il tuo disprezzo, Elena mia, È cruda, è ria ELENA Pena al mio cor! Non sei reo, ma accusi il fato,

23 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto

Che d’obbrobrio ti coprì; ARRIGO Preghi il cielo, sciagurato, Le sprezzo. È mio nemico. Che fai tristi i nostri dì!… Da lui vogl’io sol chiedere Del mio soffrir mercé, (con sdegno) Il don di poter vivere, Non fu tua mano, o indegno O di morir per te. Che disarmò il braccio Allor che il ferro in core ELENA Vibrava del tiranno? (con crescente emozione) Arrigo! ah! parli a un core ARRIGO Già pronto al perdonare; (con accenno di disperazione) Il mio più gran dolore Il padre mio! Era doverti odiare! Un’aura di contento ELENA Or calma il mio martîr Io t’amo! e quest’accento Tuo padre! Fa lieto il mio morir! Gli odi ci fûr fatali RRIGO A Al cor che indarno spera: Ahi! nodo orribile, Di sangue i tuoi natali Fatal legame è questo! Poser tra noi barriera! Mortale, orrendo vincolo Addio! ne attende il cielo! Per sempre a me funesto! Addio! mi serba fé! Eternamente a perdermi Io moro! e il mortal velo Mel rivelava il ciel. Spoglio, pensando a te. Che far dovea, me misero! In bivio sì crudel? ARRIGO Tu del fratello ai lemuri Pensando a me! Te stessa offrivi invano; Io di più feci: al barbaro Sacrificai l’onor! ELENA Or dolce all’anima ELENA Voce risuona, Che il ciel perdona (commossa) Al tuo pentir. O rio, funesto arcano Sfido le folgori O doppio mio dolor! Del rio destino, Se sincero è quell’accento, Se a te vicino Compatisci al suo dolor, Potrò morir! Tu, che vedi il suo tormento, Tu, che leggi in fondo al cor! ARRIGO Ma gli aborriti vincoli?… È dolce raggio, Celeste dono ARRIGO Il tuo perdono Già li distrusse amore! Al mio pentir. La vita ch’egli diedemi Sfido le folgori Ho resa al genitore; Del rio destino, Omai di me son libero; Se a te vicino Riprendo l’odio antico! Potrò morir!

ELENA Ma il nome, le dovizie?… 24 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto Scena III° MONFORTE Procida, Arrigo, Elena - Procida, scortato dai Sol- Un sacerdote dati, s’avvicina ad Elena, e s’avanza verso di lei, E il lor supplizio! mentre Arrigo si allontana, e mostrando l’ordine di cui è munito, accenna ai Soldati di partire. BETHUNE Il popol minaccioso PROCIDA Freme!… (a bassa voce ad Elena, e senza vedere Arrigo) Amica man, sollievo al martir nostro MONFORTE Questo foglio recò d’oltre le mura Le schiere in armi Della prigion! Nei destinati lochi Ai cenni miei sien pronte; il primo grido ELENA De’ ribelli segnal di strage sia! Intendesti? (prende il foglio, lo apre, e lo legge a mezza voce): “D’Aragona un navile BETHUNE Solcò vostr’onde, ed è già presso al porto T’intesi! Gravido d’oro e d’armi!…” (S’inchina e parte) PROCIDA (Con accento disperato) Scena V° Ed io gemo tra ferri! Detti, meno Bethune. Ah! del mio sangue a prezzo ARRIGO Potessi escirne!… un giorno solo… un’ora!… Che il mio voto si compia e poi si mora! (Vivamente a Monforte) Perché tai cenni? (Volgendosi e riconoscendo Arrigo) Ma chi vegg’io? - costui MONFORTE Perché miro al tuo fianco? Brevi istanti ancora, E giunta l’ultim’ora ELENA Per lor sarà. Il pentimento Quivi lo addusse! ARRIGO Di morte! PROCIDA Un nuovo tradimento! PROCIDA Il suo complice vedi! (con dolore)

(Mostrandole Monforte, che entra seguito da (O patria mia! la morte!! Bethune e da altri Uffiziali) Or che dal viver mio pende tua sorte!)

Scena IV° ARRIGO Gli stessi, Monforte, Bethune ed altri Ufficiali. (a Monforte) Perdono! io ten scongiuro. BETHUNE Grazia per loro, o me con essi uccidi! (interrogando Monforte, e mostrandogli Elena e Procida) ELENA I tuoi cenni, o signor! (a Procida con gioia) L’intendi tu? 25 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto

PROCIDA ELENA Colui che ci tradìa Addio, mia patria amata, Merta perir!… ma non pei lari suoi; Addio, fiorente suol! Io sciolgo sconsolata (ad Arrigo) Ad altra sfera il vol! Vanne, di tanto onore Io ti proclamo indegno! CORO (interno) ARRIGO Deprofundis ad te (Con un grido di sdegno) Clamavi, Domine! Ah!… PROCIDA MONFORTE (ad Elena) Da lor tanto oltraggio a te spettava, A terra, a terra, o figlia, Arrigo!… a te mio sangue!… Prostriamci innanzi a Dio!. Già veggo il ciel sorridere… PROCIDA (Stupefatto) ELENA Che? M’attende il fratel mio!

ARRIGO ELENA (A mezza voce) (a Monforte mostrandogli Elena e Procida inginocchiati) Suo figlio!… Pietà, pietà di loro, Sospendi il cenno, o qui con essi io moro! MONFORTE A te, che scegli ingrato MONFORTE Piuttosto morte che con me la gloria! (con sdegno) PROCIDA Tu reo, tu pur colpevole Lui!… suo figlio!… Or compiuto è il nostro fato! Audace assunto imprendi! E con qual diritto ai complici [Quartetto] Intercessor ti rendi? Ma, benché ingrato, al figlio Addio, mia patria, invendicato Ad altra sfera m’innalzo a voi! (con tenerezza) Io per te moro, ma disperato D’abbandonarti fra tanto duol! Tutto concedo e dono: Padre mi chiama, Arrigo, E ad essi e a te perdono! MONFORTE Sì, col lor capo sarà troncato ARRIGO A quell’ardire furente il vol; E dai ribelli - sarà purgato. O ciel! Gentil Sicilia - il tuo bel suol. MONFORTE ARRIGO Indarno un popolo Nella tua tomba - sventurata, Per me cangiossi - il patrio suol! (mostrando la folla che è entrata nella fortezza) Ma non morrai, donna adorata, Or mi cadrebbe al piè! O teco, il giuro, - morrò di duol! Ah! dimmi alfin “mio padre!” 26 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto

E grazia avran da me! PROCIDA (Ai Penitenti) ELENA Noi vi seguiam… (ad Arrigo): Ah! non lo dir e lasciami morire! (A Elena) A morte vieni! ARRIGO (con accento di disperazione) ELENA Ah! donna!… A gloria!

ELENA ARRIGO Il tuo pentire O donna!… O mio terror! Deh! sia costante almen! CORO DI DONNE MONFORTE Ah! grazia, grazia! (Con forza) CORO INTERNO Chiamami padre, De profundis!… E grazia avrai da me! (Il popolo, che è nel cortile della cittadella e dietro ELENA i Soldati, s’inginocchia e prega. Procida ed Elena Ah non lo dir! disprezza il suo perdono! preceduti dai due Penitenti si dirigono verso la gra- dinata. Arrigo si slancia verso Elena e vuol seguirla, ARRIGO ma è trattenuto da Monforte che si colloca tra loro) Che far! chi mi consiglia? PROCIDA, ELENA (Il cancello a dritta s’apre: si vede la gran sala di O mia Sicilia, addio! giustizia, alla quale s’ascende per parecchi gra- dini, ed in cui si vedono quattro Penitenti in atto di (Il Carnefice s’impadronisce di Elena; appena ella preghiera ed alcuni Soldati con torce in mano. Sul tocca la soglia della sala di giustizia, Arrigo getta primo gradino sta il Carnefice appoggiato alla sua un grido) scure) ARRIGO (Gettando un grido) O padre, o padre mio! Ma che vegg’io? MONFORTE MONFORTE O gioia! e fia pur vero? (con freddezza) (al Carnefice) La scure O ministro di morte Ha il carnefice in mano Arresta! a lor perdono! E attende il cenno mio! (Grido unanime di gioia. Procida ed Elena circon- ARRIGO dati dai Soldati discendono la gradinata e sono con- Cenno crudel, ingiusto, iniquo cenno! dotti vicino a Monforte) Né basti a mia clemenza. (Due Penitenti discendono i gradini e vengono a Qual d’amistà suggello prendere, l’uno Procida, l’altro Elena) Tra popoli rivali D’Arrigo e di costei io sacro il nodo.

27 Verdi: I vespri siciliani - atto quarto

ELENA ARRIGO (Con voce soffocata) (a Monforte) No! Deh! colma il nostro gaudio Cotanto in sen represso; PROCIDA E il sacro imen si celebri Doman! (Con voce soffocata)

Lo devi! la patria ed il fratello MONFORTE Da te il voglion, o donna: io tel consiglio! Quest’oggi stesso. Allor che al raggio fervido MONFORTE Temprato dalla brezza (Volgendosi al popolo) S’udrà squillare il vespero… Pace e perdono!… io ritrovai mio figlio! ARRIGO ELENA, ARRIGO O cara, o diva ebbrezza! O mia sorpresa! o giubilo Maggior d’ogni contento! PROCIDA È muto il labbro, e accento (Fra poco! o ciel terribile A esprimerlo non ha. Tu forza a me darai!) Omai rapito in estasi Da tanta gioia il core, ARRIGO S’apre al più dolce amore, (Con tenerezza:) È pegno d’amistà. Crederlo posso, o cara? Sei mia! MONFORTE, FRANCESI Risponda ogni alma al fremito ELENA D’universal contento: Di pace amai l’accento Sono tua! Ovunque echeggierà. Lieti pensieri in estasi PROCIDA Rapiscono ogni core: (Giammai!) Il serto dell’amore Coroni l’amistà. ELENA O mia sorpresa! o giubilo, ecc., ecc. PROCIDA, SICILIANI (Di quelle gioie al fremito, (Si recano dal corpo di guardia dei bicchieri e dei Al general contento, boccali: i Soldati francesi bevono coi Siciliani - Fra poco un altro accento Monforte s’incammina tenendo per mano Elena ed Tremendo echeggerà. Arrigo, Procida rimane circondato dai propri amici) Lo spensierato giubilo Si cangerà in dolore, Dai veli dell’amore Vendetta scoppierà)

28 Verdi: I vespri siciliani - atto quinto ATTO QUINTO

Scena I° Ricchi giardini nel Palazzo di Monforte in Palermo. In fondo gradinate, per le quali si arriva alla cap- pella, di cui si vede la cupola elevarsi al di sopra degli alberi. A diritta l’ingresso al palazzo.

CORO DI CAVALIERI O piaggie di Sicilia, (tra le quinte) Risplenda un dì sereno; Assai vendette orribili Si celebri alfine Ti lacerano il seno! Tra i canti, tra i fior Colma di speme e immemore L’unione e la fine Di quanto il cor soffrì, Di tanti dolor. Il giorno del mio giubilo È l’iri di pace, Sia di tue glorie il dì, È pegno d’amor. Sogno beato, caro delirio, ecc., ecc. Evviva la face Che accese quel cor! CORO: Evviva la gloria, L’affetto che inspiri Evviva l’amor! Seduce ogni cor! È serto di gloria CORO DI GIOVINETTE Il serto d’amor! Di fulgida stella Hai tutto il splendor! (Elena congeda le donne, che s’allontanano: in Sei pura, sei bella questo frattempo Arrigo discende pensieroso dalla Qual candido fior. gradinata in fondo) Di pace sei l’iri, Sei pegno d’amor, ARRIGO L’affetto che inspiri La brezza aleggia intorno - a carezzarmi il viso, Seduce ogni cor! E di profumi eletti - imbalsamato è il cor. È serto di gloria Più mollemente l’onda - con dolce mormorio Il serto d’amor! S’unisce al canto mio - nel riso dell ‘amor. Aranci profumati ruscelli e verdi prati, Scena II° Giungeste a indovinar - che amato sono? Le stesse. Elena in veste da sposa scende dalla gra- ELENA dinata del palazzo a diritta. Le giovinette le muo- Io sarò tua per sempre - per sempre t’amerò! vono incontro, offrendole dei fiori, indi Arrigo.

[Siciliana] ARRIGO Tu m’ami! caro accento onde rapito è il cor, ELENA Che il fato condannava a stenti del dolor! Mercé, dilette amiche, Il ciel tu mostri a me, colà ti vo’ seguir, Di quei leggiadri fior; Ed obliar con te l’atroce mio soffrir. Il caro dono è immagine O mio diletto amore! Iddio per me ti fe’; Del vostro bel candor! Celeste angiol tu sei, raggio di sol per me! Oh! fortunato il vincolo Che mi prepara amor; (Alcuni gentiluomini si presentano alla porta del Se voi recate pronube palazzo a diritta e vengono a cercare Arrigo, che ad Felici augurii al cor! un gesto di Elena si decide a seguirli) Sogno beato, caro delirio, Oh deh! per poco lasciami Per voi del fato l’ira cessò! Volare al padre mio; L’aura soave che qui respiro Sarò qui tosto reduce! Già tutti i sensi m’inebbriò. 29 Verdi: I vespri siciliani - atto quinto

ELENA PROCIDA Ah! presto riedi! - addio! Anch’esso!

(Arrigo entra nel palazzo a diritta) ELENA Ah! mai! Scena III° Procida che discende dalla gradinata in fondo, ed PROCIDA Elena. Ma sul tuo core, Ove già l’odio è spento, PROCIDA D’un Francese poté tanto l’amore? Al tuo cor generoso, D’un rio tiranno figlio… Donna, grata esser dee la nostra terra! Quest’amante…

LENA E ELENA Perché? Ei m’è sposo!

ROCIDA P PROCIDA: (con gioia e voce sommessa) E tu il difendi? Senza difesa Il nemico abbandona, ELENA Tutto fidente in noi, torri e bastite. Sì! Vestito a pompa e in braccio A gioia folle, ognuno PROCIDA Si dà in preda al piacer, lieto e festante. Tant’osi?

LENA E ELENA (Con inquietudine) Io l’oso! Qual ci sovrasta fato? (Vedendo Arrigo che esce dal palazzo a diritta) PROCIDA Eccolo, ei vien! (Con voce bassa:) PROCIDA Nulla ti sia celato! Non appena tu avrai O donna, che ti arresta? Mosso l’ardente sì, Va corri, mi denuncia! E del compito imene Il prezzo è la mia testa! I sacri bronzi dato avran l’annunzio, All’istante in Palermo e universale ELENA Il massacro incominci. (Con orrore) (Io gli amici tradire? No, no… ma pur… dovrei ELENA Uccidere lo sposo?… Ah! nol potrei!) Dell’ara al piede!… qui… dinanzi al cielo!… E la giurata fede?

PROCIDA Più sacra ella ti fia del patrio suolo? Tutto darei!…

ELENA Anche l’onore? 30 Verdi: I vespri siciliani - atto quinto Scena IV° Pietà, o fratello, del mio tormento, Reggi il mio spirito, calma il martir! Procida, Elena, Arrigo.

[Terzetto] PROCIDA (ad Elena) ARRIGO Del suol natale in tal cimento (appressandosi con gioia ad Elena, che abbassa il A te favelli il santo amor! capo) Pensa al fratello! col divo accento Ecco, per l’aura spiegasi Egli ti addita la via d’onor! Di Francia il gran vessillo; Ripete in suon di giubilo ARRIGO L’eco il guerriero squillo! Ah! parla, ah! cedi - al mio tormento. Pietà, pietade del mio dolor; ELENA Un sol tuo sguardo, un solo accento (a parte, con riflessione, senza rispondergli) Salvar mi ponno da tanto orror! “Non appena tu avrai Mosso l’ardente sì… ELENA (dopo aver guardato un istante Procida ed Arrigo in ARRIGO silenzio, s’avanza verso questi con commozione) Suonò l’ora sì cara… In fra di noi si oppone L’imen ci chiama all’ara!… Una barriera eterna! Del fratel l’ombra fiera a me comparve… ELENA La veggo!… innanzi sta!… grazia, perdono! (c. s) Arrigo!… ah!… tua non sono!

“E del compìto imene ARRIGO I sacri bronzi dato avran l’annunzio, Che dicesti? Il massacro incominci”.

(con sommo dolore) PROCIDA (Gran Dio!) O cielo! a qual partito M’appiglierò?. ELENA Quest’imeneo�Giammai si compirà! ARRIGO

(Guardandola) ARRIGO Ella trema! (Con disperazione) È pallido il suo fronte! Di tal terror quali ha motivi ascosi? O mio deluso amore! Ah! parla, o ciel! PROCIDA PROCIDA (Con furore) (A bassa voce ad Elena) (O tradita vendetta!) Sì, parla! se tu l’osi! ELENA [Largo del terzetto] Va! t’invola all’altar! Speranze, addio! (Morrò! ma il tolgo a crudo fato e rio!) ELENA (Sorte fatale! oh fier cimento! Posso immolarlo!… Io lor tradir!… 31 Verdi: I vespri siciliani - atto quinto [Finale del Terzetto] (a bassa voce) Di tuo fratello agli assassini or vendi ARRIGO La Sicilia e gli amici! M’ingannasti, o traditrice, Sulla fé de’ tuoi sospir; ELENA Or non resta a me infelice Ah! no, nol posso! Che poterti maledir! Ma non mentiva il labbro Tu spergiura, disleale, - Quando amor ti giurò! Mi piagasti a morte il cor!… Dunque addio, beltà fatale, (Con sfogo di tenerezza) Per te moro di dolor! Io t’amo, ed esser tua giammai potrò! ELENA No, non sono traditrice, ARRIGO Né mentirono i sospir! M’ingannasti, o traditrice, ecc., ecc. (Or non resta a me infelice Che salvarlo e poi morir! Scena ultima Non morrà quel cor leale, Io l’involo a reo furor! Detti, Monforte con tutti i Cavalieri Francesi e le Taccia il bronzo ormai fatale, Dame che escono dal palazzo a diritta. Precursor di Strage e orror!) ARRIGO

PROCIDA (correndo a Monforte) Tu fingevi, o traditrice, Deh! vieni; il mio mortale Di voler con noi morir, Dolor ti mova, o padre, il caro nodo Ma volgesti, o ingannatrice, Che io cotanto ambia, A rea fiamma i tuoi sospir! Del fratello al pensier, Elena�infrange! Onta eterna al disleale, Che tradì la fé, l’onor; MONFORTE La mia voce omai fatale Errore! invan ritrosa Su lui chiami il disonor! Pugni contro il tuo core: ei m’è palese

ELENA (piano ad Elena) (scorgendo la disperazione d’Arrigo che vuole allon- Lo credi!… l’ami!… egli ti adora; ed io tanarsi) Più a lungo il tuo disdegno (sorridente:) Io sopportar non posso! Che nomaste tiranno, vo’ per voi Tutto saprai!… per te disfido e sprezzo… Esserlo ancora; a me le destre, o figli!

PROCIDA (Unendo le loro destre) (Basso ad Elena che rimane interdetta) V’unisco, o nobil coppia! E l’infamia e il disprezzo. PROCIDA ARRIGO (In piedi sugli scalini del fondo e alzando la mano) Ebben, prosegui! il vo’ saper! E voi, segnal felice, Bronzi, echeggiate! PROCIDA (Forte) ELENA Prosegui! No, impossibil fia!

32 Verdi: I vespri siciliani - atto quinto

MONFORTE ELENA Di gioia al suon che lieto in aria echeggia, È il bronzo annunciator… Giura!… ARRIGO ELENA Di gioia! No!… mai!… nol posso!… ah! lassi voi! PROCIDA (Si sente la campana) (Con forza) T’allontana! va! fuggi! Di vendetta!

MONFORTE (Dall’alto della gradinata, e da ogni parte accor- E perché mai? rono i Siciliani, uomini e donne, con torce, spade e Pugnali) ELENA CORO Non odi tu le grida?… Vendetta! vendetta! Ci guidi il furor! MONFORTE Vendetta! vendetta! È il popol che ci aspetta. È l’urlo del cor!

(Procida ed i Siciliani si scagliano su Monforte e sui Francesi)

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