Il Talento Naturale E La Ricerca Dell'equilibrio. Il Guercino a Ferrara

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Il Talento Naturale E La Ricerca Dell'equilibrio. Il Guercino a Ferrara www.museoinvita.it numero 1/2015 www.museoinvita.it/ghelfi-guercino/ Il talento naturale e la ricerca dell’equilibrio. Il Guercino a Ferrara Barbara Ghelfi Il ciclo di conferenze Immagine e persuasione. Il Seicento a Ferrara si chiude con la figura di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino. Questa conclusione è in qualche modo d’obbligo. Com’è noto, Guercino è un pittore centese, ma ha svolto un ruolo di primo piano nell’ambito della pittura dell’ex capitale Estense nel Seicento ed è considerato uno dei massimi interpreti della pittura emiliana Barocca. Il suo percorso ha inizio a Cento dove nasce nel 1591, secondo i biografi egli studiò inizialmente da autodidatta per poi entrare, giovanissimo, nella bottega del tardo manierista centese Benedetto Gennari Senior. Secondo Malvasia, Guercino aprì la sua accademia del nudo nel 1616: qui insegnava a una ventina di scolari quello che lui non aveva mai imparato da nessuno. Il pittore che esercitò una prima e importantissima esperienza formativa sul giovane centese fu Ludovico Carracci, del quale a Ferrara si conserva La crocifissione con i padri del Limbo nella chiesa di Santa Francesca Romana (fig. 1). Ludovico, insieme ai cugini Annibale e Agostino, aveva fondato a Bologna nel 1582 l’Accademia degli Incamminati con l’intento di abbandonare il virtuosismo e l’artificio della pittura di maniera per approdare a un rinnovamento profondo e radicale della cultura figurativa basato sul ritorno alla natura. Sono memorabili le pagine dedicate da Roberto Longhi (1935) a questo argomento: «è palese che il movente dei Carracci è un movente lombardo inteso a scavalcare il cadavere del manierismo e a comunicare direttamente ad apertura non di libro, ma di finestra con lo spettacolo mutevole delle circostanze di natura». Dunque, lo stile dei Carracci è tutto nello stretto legame con la realtà quotidiana, una realtà che viene indagata attraverso l’utilizzo del disegno dal vero, ma anche mediante una profonda meditazione di tutta la tradizione rinascimentale: un’operazione di studio attento che li portò a fare propri l’equilibrio e l’armonia di Raffaello, la potenza e il vigore delle figure di Michelangelo, il cromatismo acceso di Tiziano e quella che la critica definisce la “struggente melanconia sensuale” di Correggio. Quindi i Carracci uniscono lo studio dei grandi maestri del Rinascimento all’indagine sulla realtà allo scopo di conferire maggior realismo e naturalezza alle loro composizioni. Non sorprende, quindi, che sia stato proprio Ludovico Carracci a celebrare per primo il talento del giovane Guercino. Mi riferisco a una lettera del 25 ottobre del 1617, indirizzata al poeta Ferrante Carli nella quale Ludovico afferma che «qua a Bologna vi è un giovane di patria di Cento che dipinge con somma felicità di invenzione, è un gran disegnatore e felicissimo coloritore, è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere, no dico nulla, egli fa rimanere stupidi i primi pittori». Per usare le parole di Andrea Emiliani, si tratta di una vera e propria esplosione di fiducia e una sincera ammirazione per il talento che veniva dalla provincia. Dopo le note biografiche dedicate al Guercino dai contemporanei – come Carlo Cesare Malvasia nella Felsina pittrice e Francesco Scannelli nel Microcosmo della Pittura, che ne sottolineano le disposizioni naturali e del tutto eccezionali –, in epoca moderna la riscoperta del pittore si deve a un grande studioso inglese: sir Denis Mahon. Andrea Emiliani, figura chiave della storiografia artistica emiliana, ha sintetizzato il lavoro svolto dall’amico sull’artista centese: «con saggezza, vocazione pertinace e lavoro instancabile» a partire dagli anni Trenta del Novecento Mahon ha riscoperto Guercino, mettendone a fuoco, attraverso il ritrovamento di dipinti e grazie a nuove scoperte documentarie, la biografia e le diverse fasi della carriera. Copyright © 2015 MuseoinVita | Rivista semestrale, Reg. Trib. di Ferrara n. 3 – 1/02/1995 | ISSN 2420-9597 Editore: Comune di Ferrara, Piazza del Municipio, 2 - 44121 Ferrara Si tratta di studi fondamentali per la ricostruzione del catalogo del pittore, coronati da due importanti mostre monografiche a Bologna nel 1968 e nel 1991. Secondo lo storico inglese, nel mettere a punto il suo stile giovanile Guercino, per naturale inclinazione votato a esprimere la pittura con una perfezione naturale e spontanea, non si limitò a subire l’influenza dell’arte di Ludovico – dal quale mutuò l’eloquenza dei gesti, l’atteggiamento dimesso e quotidiano delle figure, l’energia, il colorito ricco e intenso –, ma guardò con attenzione massimi artisti attivi ferraresi del tempo, cioè Scarselllino e Carlo Bononi. Baruffaldi narra che il centese, giunto a Ferrara nel 1619 per mettersi al servizio del cardinale legato Jacopo Serra, ammirò per ore e con «lacrime di giubilo agli occhi» le grandiose tele collocate da Carlo Bononi nel soffitto della Basilica di Santa Maria in Vado (fig. 2). Nel ciclo colpisce la grandiosità dell’impianto decorativo e la sapienza compositiva di Bononi che riesce a gestire scene estremamente complesse inserendo scorci arditi ripresi, in parte, da esempi di pittura veneziana, soprattutto da Tintoretto e da Veronese. Nella Basilica vadese Guercino poté ammirare anche la grande pittura a olio su muro nel catino absidale con l’Esaltazione del nome di Dio (fig. 3).Si tratta di un’opera straordinaria poiché accanto ai chiari riferimenti al Correggio nel gestire le figure in pose complesse, Bononi ricorre a una pittura per masse di ascendenza veneta. Il risultato e una scenografia di ampio respiro, con scorci potenti e un dinamismo fluido che rivela, oltre a un debito profondo verso i Carracci, anche l’attenta riflessione sugli esiti del parmense Giovanni Lanfianco, al quale si rifanno il luminismo instabile e l’intensa carica emotiva dei personaggi. Nella sua Officina ferrarese (1934) Roberto Longhi coglieva nel segno insistendo sugli elementi ferraresi e dosseschi dell’arte del Guercino. La conoscenza di Dosso Dossi è certamente mediata dalla visione delle opere di Scarsellino, il quale aveva modernizzato la tradizione ferrarese cinquecentesca a contatto con la pittura veneziana contemporanea, come è evidente in opere quali la Madonna con bambino e i santi (fig. 4) della chiesa di Santa Chiara. Scarsellino rispetto a Bononi rappresenta una “posizione” artistica diversa: una pittura alla veneta con una pennellata sciolta, veloce e più approssimativa, d’altra parte la critica sottolinea l’atteggiamento romantico di Scarsellino e la forte sensibilità per gli effetti atmosferici di luce contrastata. Questa sensibilità nei confronti della natura dovette colpire Guercino, e, d’altra parte, i suoi sfondi paesaggistici sono impensabili se non si tiene conto delle atmosfere che Scarsellino propone in questi stessi anni nei suoi dipinti. Così nel giro di pochi anni Guercino mette a punto uno stile nel quale combina il robusto naturalismo di Ludovico Carracci con spunti tratti dalla tradizione ferrarese, una sintesi di questa condotta moderna e originale si legge bene in quello che Denis Mahon considerava il suo quadro più ferrarese, cioè la Madonna col bambino in gloria, san Pancrazio e una santa monaca, eseguito intorno al 1615-16 per la parrocchiale di Renazzo (fig. 5). C’è una grande attenzione nella resa dei sentimenti e nella dolcezza con cui la Madonna accosta il Figlio a sé: un’umanità molto vicina e partecipe che richiama Ludovico Carracci. Il paesaggio alle spalle delle figure è, invece, di chiara ascendenza dossesca, si avverte poi la conoscenza dello Scarsellino nell’uso della luce e nella resa atmosferica. Di contro, la fattura levigata delle figure è più affine alla produzione di Bononi, e, in effetti, mi sembra che si possano istituire paralleli interessanti con la Madonna di Reggio con san Francesco e un santo vescovo conservato presso il Seminario Arcivescovile di Ferrara (fig. 6) che ho recentemente proposto di riferire al ferrarese. Non se ne conosce la collocazione originaria, ma si tratta di un’opera di Carlo Bononi che, come si vede dal confronto, presenta una stretta affinità con la pala di Renazzo sia nell’impianto compositivo che nell’idea di disporre i due santi in basso, nella foggia delle nuvole, nella resa del paesaggio. La gamma cromatica, la fattura e il senso dell’atmosfera sono gli stessi che Guercino adotta a Renazzo (l’opera è datata in modo differente da Giovanni Sassu). Quindi i due artisti certamente comunicano, lo testimoniano anche i documenti poiché sappiamo per certo che nel 1613 Guercino e Bononi lavorano insieme nella chiesa dello Spirito Santo a Cento al servizio dei canonici lateranensi, cioè lo stesso ordine che reggeva la basilica di Santa Maria in Vado a Ferrara. Guercino a Ferrara: le opere per il cardinale Serra Tra il 1619 e il 1620 Guercino è a Ferrara, dove soggiorna in Castello presso il legato Serra, per il quale esegue almeno cinque quadri destinati alla sua collezione privata. Dal punto di vista artistico, come ha precisato Mahon, fu un annus mirabilis per il pittore, diviso tra le richieste del legato e importanti commissioni per Mantova e Bologna. Per Jacopo Serra Guercino realizza lo straordinario San Sebastiano soccorso (fig. 7) oggi presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, acquistato negli anni Settanta del Novecento e considerato uno dei capolavori della sua fase giovanile. Qui sono evidenti tutte le www.museoinvita.it - 1/2015 2 caratteristiche che contraddistinguono questa fortunata stagione come la gamma cromatica intensa, calda e ricca, la
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