Matrice Insediativa
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ARGOMENTI TRATTATI MATRICE INSEDIATIVA Generalità CENTRI ABITATI E PATRIMONIO ABITATIVO STRUMENTI URBANISTICI COMUNALI CONSUMO DEL SUOLO AREE PRODUTTIVE • Principali aree produttive • Stabilimenti a rischio rilevante STRUTTURE TURISTICHE • Campeggi • Agriturismo • Alberghi STRUTTURE SCOLASTICHE STRUTTURE SANITARIE STRUTTURE COMMERCIALI Riferimenti legislativi PTCP Provincia di Campobasso – Progetto Preliminare 322 MATRICE INSEDIATIVA Generalità L'area interessata dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale comprende 84 Comuni, per una superficie complessiva di 2.908,76 Kmq (circa i 2/3 di tutto il territorio molisano) con una popolazione residente nel 2001 di 230.749 abitanti, pari al 71,74% dell’intera popolazione regionale, che si concentra però per circa il 53,7% in soli 9 comuni (Campobasso, Campomarino, Boiano, Guglionesi, Larino, Montenero di B., Riccia, Termoli, Trivento). La maggior parte del territorio è classificato come montano e la quota restante, ad esclusione della sola fascia costiera, è collinare. La quasi totalità dei centri abitati, di origine medioevale, sono situati nella posizione di crinale, ed hanno avuto, nel corso degli ultimi due secoli (XIX e XX), uno sviluppo edilizio-urbano ed insediativo intorno al nucleo originario; cosa che, quasi sempre, ha determinato lo svuotamento di quest’ultimo. Gli elementi più significativi delle analisi sviluppate, che consequenzialmente delineano anche i punti di forza e di debolezza e dell'area e gli orientamenti strategici del Piano, possono essere così riassunti: - un territorio, orograficamente e infrastrutturalmente molto svantaggiato, caratterizzato in massima parte dalla presenza di un gran numero di centri urbani di piccola e piccolissima dimensione, mal collegati, in progressivo spopolamento e con conseguente fortissimo invecchiamento della popolazione. Ne deriva, per un verso, una scarsa capacità di partecipazione al lavoro e quindi di generazione di reddito e, dall'altro, la necessità di prevedere sempre più consistenti interventi per lo sviluppo di servizi sociali; - un fenomeno di polarizzazione della popolazione e delle attività economiche nei pochi centri urbani di più elevata dimensione e a maggior sviluppo, che scontano però anch'essi pesantemente l'isolamento dalle principali direttrici di comunicazione del Paese; - tanti centri abitati, che, nella gran parte dei casi, sono di origine medioevale (quando non ancora precedente), ognuno dei quali avente una specificità di motivazione storica e tutti espressione di una tradizione contadina con proprie produzioni tipiche. Essi, specie durante i secoli XIX e XX, hanno avuto uno sviluppo urbanistico “extra moenia” del nucleo originario, il quale, con ed a causa delle ondate migratorie, ha subito un lento, quanto inesorabile, svuotamento. Ciò ha portato a forme di degrado del sistema edilizio abitativo ed al rischio di rovinare una parte fondamentale del patrimonio storico e architettonico. In via puramente identificativa ed esemplificativa, le elaborazioni relative alle abitazioni non occupate, in percentuale sul totale, è palese l’abbandono di PTCP Provincia di Campobasso – Progetto Preliminare 323 abitazioni in tutti i comuni minori dell’entroterra. Tale tendenza è confermata dal saldo naturale e migratorio in valore assoluto. - una struttura degli insediamenti produttivi che, escludendo la presenza dei piccoli centri di fondovalle, tra cui i cosiddetti Piani di Insediamento Produttivo (PIP), appare abbastanza puntualizzata e concentrata nelle zone medio-grandi di Termoli e di Bojano – Campobasso; - insediamenti per servizi di ricezione (esercizi alberghieri) che nella maggior parte risultano concentrati sulla fascia costiera; - l’esistenza di poli scolastici, relativamente alle strutture di scuola media superiore la cui offerta di formazione è limitata solo ad alcuni indirizzi, ma il cui ruolo assume forte rilevanza sociale. - una localizzazione delle strutture socio-sanitarie (poliambulatori, ospedali, distretti, 118), concentrata nei centri più densamente popolati. Ne è venuto fuori un quadro, da cui si evince la necessità di una razionalizzazione di programmazione e di pianificazione. CENTRI ABITATI E PATRIMONIO ABITATIVO Nei manuali di storia dell’architettura l’urbanistica italiana comincia col Rinascimento, ossia con i trattatisti: comincia insomma proprio con l’epoca nella quale le città non si creavano quasi più, ma se ne inventavano piante fantastiche sulla carta e se ne costruivano teorie. Ma “il faticoso cammino della creazione urbana era stato compiuto e già aveva saldo corpo l’organismo della vita cittadina, già la struttura della città possedeva una forma, già erano precisati schemi, esperienze, ordinamenti”. Solitamente gli urbanisti si sono occupati quasi esclusivamente di riconoscere, nella struttura dei centri minori, la natura e la qualità delle influenze dovute a determinati avvenimenti storici, sforzandosi di localizzare i punti nevralgici in cui il potere religioso e quello civile hanno impresso il loro segno, che invece sono l’affermazione di una razionalità che esprime, il gusto stilistico di un mondo culturale estraneo allo spirito della comunità. Lo dimostra la discontinuità evidente fra i pochi edifici cosiddetti civili e la folla degli altri che stanno nel tessuto edilizio quasi per loro conto, con volumi e modi costruttivi propri, e in una sequenza ritmica fluida di fabbriche. Tali concetti furono espressi da G. Samonà in un articolo intitolato “Architettura spontanea: documento di edilizia fuori dalla storia”. Finché questi centri non saranno letti criticamente, non ci sarà speranza di penetrare il relativo significato estetico. Nello studio delle tipologia delle città medioevali italiane dovrebbe PTCP Provincia di Campobasso – Progetto Preliminare 324 essere posta la premessa di accettare anche le formazioni urbane cosiddette spontanee oltre quelle sorte secondo un piano stabilito. Difatti una tipologia può costituirsi solo con l’identificazione delle caratteristiche strutturali urbane, la cui morfologia il più delle volte, genera il tipo urbanistico. Una classifica dei tipi urbani (per quanto astratta) può essere la seguente: A) Il tipo più semplice ed elementare è senza dubbio rappresentato dalla formazione urbana lineare nella quale la generatrice è rappresentata da una strada. E’ il caso di Gambatesa; Campolieto con una parte che poi si compatta tra chiesa e castello; Tufara che successivamente si compatta su due assi ortogonali di cui uno unisce chiesa-castello; ecc. Variante interessante del tipo a generatrice lineare è il tipo a fuso riscontrabile a Matrice, Toro, Macchia Valfortore, Riccia e Jelsi, ecc. B) Un altro tipo di bastide, diffusissimo in Francia, è a lisca di pesce, così si presenta in nucleo antico di Mirabello con una strada principale dalla quale di dipartono una serie di vicoli. C) Accanto a questi tipi tutti riconducibili a un fondamento originale quale quello lineare, ve ne sono altri completamente diversi, e cioè quelli che traggono origine dallo schema radiocentrico. La forma circolare, come del resto quella ortogonale, è talvolta dovuta a cause indipendenti dalla precisa volontà urbanistica, legata piuttosto a speciali condizioni che hanno favorito lo sviluppo spontaneo. Ma è sicuro tuttavia che il semplice contorno circolare dell’abitato, rappresentato spesso dal giro delle mura, costituisce in molti casi la più elementare espressione di uno schema circolare. Lo schema più semplice del prototipo radiocentrico è rappresentato dallo schema ad avvolgimento formato da un solo anello; è questo il caso di Monacilioni. Una variante, netta derivazione dalla disposizione concentrica, è quella rappresentata dallo schema a ventaglio riscontrabile a S. Giovanni in Galdo, Pietracatella, S. Giuliano di Puglia, ecc. Talvolta gli elementi radiali predominano su quelli anulari, suggerendo una ulteriore variante di tipo stellare o radiale che si chiude poi anularmente all’esterno, come accade per Sant’Elia a Pianisi, Campodipietra, Gildone, Colletorto, ecc. Questi centri sono spesso oggetto di un’azione di degrado e di manomissioni, che rischiano di rovinare una parte fondamentale del patrimonio storico–architettonico degli stessi velando significative testimonianze di “cultura insediativa”. I fenomeni di compromissione derivano, dunque, sia dallo spostamento di popolazioni verso aree più favorevoli, con conseguente abbandono delle abitazioni, sia da alterazioni, manomissioni, e trasformazioni dei caratteri insediativi ed architettonici anche se di limitata portata. PTCP Provincia di Campobasso – Progetto Preliminare 325 Tutto questo per quanto concerne gli aspetti riferibili alle risultanze dell’edilizia e della struttura propriamente architettonica dell’insediamento. La lettura, invece, del continuum risultante dalle varie stratificazioni sedimentate dalla Storia (le risultanze della ‘matrice’ propriamente storica peccano, per forza di cose, di sinteticità e/o di lacunosità) mostra che il territorio oggetto del PTCP è stato gestito: - in epoca romana, dai ‘municipia’ (che, a loro volta, già riprendevano ruoli e funzioni delle preesistenti ‘strutture’ sannitiche) di Bovianum (Bojano), Saepinum (Sepino), Terventum (Trivento), Fagifulae-Tiphernum (Montagano-Limosano), Larinum (Larino); - con il Cristianesimo dei primi secoli (fino al VI), dalle ‘diocesi’ di Bovianum, Saepinum, Terventum, Tiphernum (area ‘musanense-fagifulana’), Larinum e la non ancora localizzata con precisione Samnia; - in periodo greco-longobardo (VI-XI secolo), dai ‘gastaldati’